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EMILIA E MARCHE

NEL RINASCIMENTO
L'Identità Visiva della 'Periferia'

a cura di
Giancarla Periti

testi di
Maria Grazia Albertini Ottolenghi, Letizia Arcangeli,
C. Jean Campbell, Pier Luigi De Vecchi, Alessandra Galizzi KToegel,
Stanko Kokole, Giancarla Periti, Samo Stefanac, Alessandra Talignani

BOLIS EDIZION I
Realizzazione edilo1·iale
Bolis Edizioni

Reclazione
Sara Mazzocclù

Q11.esta pubblicazione è stata


realizzata con il comribulo eli

BANCA O POPOLARE
ITAUANA

in coperti/w
Alessandro Sforza Canzonier·e, particolare,
Genova, Biblioteca Civica Bcrio

© Copyright 2005 Bolis 8dizioni


PropricLà artistica letteraria riservata per tutti i Paesi
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Bolis Edizioni
via Emilia 25 - 24052 Azzano San Paolo BG
www.bolis. ws

Prima edizione dicembre 2005


ISBN 88-7827-1:39-X
SA~IO STEF'At\A('

Giorgio da Sebenico, Niccolò di Giovanni Fiorentino,


Giovanni Dalmata: tre protagonisti del Quattrocento
dalmata nelle Marche
Samo Stejanac

La disamina dei rapporti fra centri della produzione artistica ed ar ee provinciali o


periferiche risulta ampiamente trattata in contributi che indagano specifiche aree
geografiche e/o regionali in varie epoche storiche, mentre trova scarsa eco in Lma
'storia dell'arte' dal carattere più generale. Se questi testi menzionano le opere 'pro-
vinciali,' le corredano di dati poco aggiornati e bibliografie incomplete. Siffatta pre-
sentazione delle opere comporta un' erronea valutazione- che può traclursi anche
in sottovalutazione- tanto degli ambienti artistici provinciali, che dei maestri atti-
vi in quei luoghi, come delle loro creazioni. Nella coscienza degli studiosi sembra
ancora radicata la convinzione che Vtlole le innovazioni artistiche diramarsi attra-
verso Lm 'sistema a cerchi concentrici' che si espandono dal cenLro di produzione:
più distante si colloca geograficamente l'area provinciale, meno evidenti risuJLano i
leganti artistici col cent.TO, maggiore il ritardo cultmale e l'assorbimento delle novi-
là, mentre basso permane il livello qualitativo delie opere.1
In questo panorama, un caso particolare è costituito dai rappmti artistici ge-
neratisi tra Marche e Dalmazia nel Quattrocento. Sebbene la produzione figurativa
clelia Dalmazia tutLora occupi una posizione marginale nella leLteratura storico-ar-
tistica, presenta tuttavia episodi di significativo sviluppo in ambito architeLtonico e
scultoreo risalenti fino al periodo romanico con l'edificazione delle cattedrali e dei
monasteri beneclettiiti nelle città eli Zara, 1ì·ai:1 e Spalato, nonché eli dimore patri-
zie, tuttora in gran parte conservaLe. Architettura e scultura dalmata del periodo
coagularono e fusero influssi provenienti da varie regioni italiane: Puglia, Veneto,
Lombardia, Toscana e perfino la Provenza.~ 11 fiorire artistico sembra, però, inter-
rompersi nel 'l'recente, probabiJmenLe a causa dell'incerta situazione poli tica, ma
più verosimilmente perché la maggior parte dei 'grandi' cantieri era ormai in fase
avanzata o di compimenLo. Se hmHato risulta perciò il numero eli opere scultoree
di alto livello qualitativo, me1itano menzione l'An JL?.mciazione fiJmaLa da un mae-

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S. Sn:r-ANAC

stro 'Maw·o,' realizzata nella prima meLà del 'Iì·ecento per il Duomo di 1\aù, e 1~11-
llttllziata, ora nel Museo Diocesano di Zara . Ma quest.i esiti esteticameme e levati
sembrano clesLinati a rimanere solo momentanei episodi perché la maggior parte
delle opere trecentesche in Dalmazia fu importaLa da Venezia, oppure si tratta eli
prodotti di qualità mediocre: tutto ciò induce a dedurre che Je maestranze locali,
nonostame la continuata tradizione, non Jossero più in grado di produrre opere eli
qualità superiore.
Nel Quattrocento il volto della Dalmazia muLò profondamente sia sotto il pro-
lllo politico che culturale. Entro ill420, la maggior parte delle città dalmate, acl ec-
cezione di Dubrovnik, cadde sotto il dominio veneziano - ciò rende ragione del fa t-
lo che Dubrovnik non entri nella presente trattazione. In que l torno d'anni nelle cil-
tà dalmate era aLLi va la prima generazione eli umanisti: Giorgio Begna a Zara e Pie-
tro Cippico a 1ì·aù. Al contempo si registrò Lma vera e propria rinascita in ambito
architettonico, che coincise con l'avvio eli nuovi progetti eclilizi: la cappella per ospi-
tare l'arca eli San Simeone a Zara; una serle di cappelle per santi e beati locali aSpa-
lato; il Duomo (li Sebenico. La maggioranza dei maestri operosi in questi cantieri
non era però eli origine dalmata: agli inizi del XV secolo i maestri locali non erano
ancora in grado eli progettare e realizzare opere monumentali. 'Iì·a gli architetti e
gli scultori stranieri nutrita è la colonia dei veneziani e dei lombardi come Botùno
da Milano, Antonio Busato e Lorenzo Pincino attivi a Sebenico e Spalato, mentre
alcuni maestri provenienti dalla sponda occidentale dell'Adriatico furono attivi a Za-
ra: le ricerche eli Cvito Piskovié e lvo Petrìcioli ci harmo fornito, i11 particolare, da-
ti puntuali sui maestri operanti a Zara.a Uno dei prinù e più importanti artisti da
menzionare è Paolo eli Vanuzzi da Sulmona che fu abile architetto, ma modesto scul-
tore, attivo tra gli amli Ottanta del1ì·ecento ed i primi del Quattrocento. 'Iì·a le sue
opere clocmnentate si annoverano: la tomba del vescovo zaratino Niccolò Matafaro
datata 1386; il presbiterio della chiesa eli Sau Michele de l 1389; la sacrestia della
chiesa di San Salvatore del 1398 (queste ultime pure a Zara) e la facciat·a deJJa col-
legia ta ne lla vecchia città di Pago del 1392. Tl progetto più significativo che gli fu
afCiclat.o è la cappella di San Simeone nel la chiesa eli Santa Maria Maggiore a Zara.
Paolo da Stùmona ne venne nominato protomaestro nel 1398; e nel nuovo contrat-
to, stipLùato nel 1400, si precisa che nei successivi tre anni il maestro non dovesse
asswnere nessmm altra commissione.~ Tuttavia, il maestro non portò a termine i la-

.JU
Giorgio da Scbenico, Niccolò di (1iovmmi Fiorenrino, Giovanni Dalmata

vori perché probabilmente venne a mancare, infatti il con tratto stipulato nel1400
costituisce l'ultima testimonianza della sua attività. Nell'anno successivo, venne no-
minato protomaestro Nuzio Ucinelli cla Fermo, la cui attività, seppur documentata
a Zara fino al l413, risulta tultora sfuggen te, ad eccezione della cappella eli San Si-
meone.;; Documenti testimoniano come fosse coinvolto nelJ'esportazione eli pietra
dalmata nelle Marche e come operasse a Zara con l'aiuto eli due lapicicli Jermani,
nonché di maestri dalmati. Nell413 Nuzio vem1e altresì nominato protomaestro del-
la Cattedrale di Fe rmo, ove ancora si avvalse della collaborazione di lapicidi clalma-
Li: questa presenza delle maestranze dalmate a Fermo costituisce LUla delle prime
lestimmùanze deUa loro attività sulla sponda occidentale clell'Aclriatico nel Quattro-
cento. Non risulta, tuttavia, che a questi maestri fosse ro affidati significativi proget-
ti in ambito architettonico o sctùtoreo.
Nel 1441 si registrò un primo passo verso una nuova fisi onomia delle botteghe
dalmate in coincidenza del cambiamento del protomaestro del Duomo eli Sebeni-
co.'; Responsabili del progetto ciel Duomo sebenicense erano stati, dall431, i vene-
ziani Antonio di Pier Paolo Busa.to e Lorenzo Pincino che, nell 441, vennero licen-
ziati con l'accusa di aver commesso innumerevoli errori nella cosLruzione e eli aver
sprecato troppi denari. La fabbrica del Duomo vemìe interrotta, ma 'gli errori nel-
la costruzione' non sono da ritenersi l'unica ragione per l'esonero e l'interruzione
<lei lavori. Sin dall'inizio, i procuratori sebenicensi intendevano ottenere dalle au-
torità veneziane il permesso eli allungru·e il presbiterio del loro Duomo: l'ambizione
era eli costruire w1a vera e prop1ia Cattedrale con Lranselto e cupola. li protomae-
stro del Duomo di Sebetùco nonùnato nel 1441 proveniva eia Venezia, ma era di ori-
gine dalmata, cioè Giorgio eli Matteo da Zara. più noto nella letteratura croata co-
me Juraj Dalmatinac. mentre in quella italiana come Giorgio da Sebenico. Forma-
tosi nella bottega veneziana di Giovamù e Bartolomeo Buon. Giorgio moclifìcò radi-
calmente il progetto del Duomo di Sebenico, allargando e rialzando il coro, collo-
cando il battisLero sollo l'abside me ridionale ed innalzando le quattro colonne per
sostenere la cupola. ManLcnne la carica eli protomaestro fino alla morte nel 1473,
lasciando il Duomo purtroppo incompiuto per le frequenti interruzioni del cantie-
re dovute a pestilenze e a mancanza di finanziamenti. Non clisp01ùruno, perciò, di
clementi sul'ficienti per rìcostnùre la fisiononùa della Cattedrale secondo il proget-
to di Giorgio da Sebe1ùco. L'importanza del maestro in Dalmazia va com.unque ben

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oltre tale intervento a Sebenico: gli si deve riconoscere sopra ttuU o il merito di aver
veicolato lo stile eli Bartolomeo Buon, senza dubbio lo stile piLLavanzato a Venezia
negli mmi Quaranta, nell'architettura locale. Giorgio rimase fedele alla maniera del
suo maestro, ma non ne fu semplice imitatore: già nella prima fase della costruzio-
ne della Caneclralc, nella zona inferiore delle absidi introdusse nuovi elementi co-
me le fint e nkchie scanalatc concluse col motivo deiJa conchiglia; la sua mano è
inoltre facilmente ricm10scibile anche nei capiL<'lli con foglie, più ricche e movimen-
tate, rispetto alle soluzioni eli Bartolomeo Buon. Dal punto di vista dell'innovazione
stilistica degna eli interc>sse è pure l'attività scultorea di Giorgio da Sebcnico. Le sue
principali opere degli anni Qumanta. il soffitto ciel battistero sebenicense e le arche
del beato Haincrio c eli Sant'Anastasio a Spalato, rivelano w1o spiccato interess€' per
le novità di Lorenzo Ghiberti, Luca clelia Robbia, Pisanello e Donatello: è stato di
recente dimostrato come Giorgio adoperasse frequentemente figure, o addirittura
interi gruppi eli figure, copiate eia opere <li questi maestri e dall'antichità classica,
riuscendo, comunque, a comporre in moclo intclligcme le nuove scene e pcrfmo acl
inventare nuove iconografie, come nella scena clel.\lartirio del beato Rainerio.'
8 noto altresì che Giorgio da Sebenico si servisse eli numerosi aiuti: fin dai pri-
mi anni della Slta permanenza in Dalmazia awva allesti to una grande bottega nel-
la quaJe, accanto agli allievi, operavano, a contratto, maestranze indipendenti con
proprie botteghe: il loro stile risulta fortemente influenzato dalle opere di Giorgio,
sebbene molti avessero imparato il mestiere da scultori locali prima dell'arrivo del
maestro. Ciò climost ra l'importanza di Giorgio da Scbenico nella formazione clelia
versione dalmata elci go Lico fiOJ·it o veneziano, w1 linguaggio che si rintraccia so-
prattutto nelle forme decorative dell'architettura ci,ilc in Dalmazia, prodotte fin
nel tardo Quattrocento. Si può altresì notare che i pitt capaci tra gli allievi e segua-
ci eli Giorgio. cioè And rea AJessi, Giovanni Pribislavié, Haclmilo Ratkovié, ne imita-
rono lo stile anche in opere ove C'lementi rinascimentali erano abbinati alla sintas-
si architctl onica del maC'sLro. Nelle l\larche la situazione era ben diversa: escluso
il ducato di Crbino che non può far parte della preseme trattazione, la regione non
aveva né significative maestranze locali, né una vera e propria 'via maestra' dì svi-
luppo clell'archiletlura c della scultura in pietra nel Quattrocento. I progetti di mag-
gior respiro erano affidati a maestranze straniere, spesso toscane: il caso più cat-al-
teristico è> il portale della chiesa di San icola a Tolentino. costruito, lra il 14:32 e
Giorgio da Scbcnito, Niccolò eli Giovanni Piorcnlino, Giovanni Dalmata

ill435, da Nanni eli Bartolo. Altro esempio è la basilica di Loreto, dove Giuliano da
Maiano è responsabile della fisionomia della basilica.
Sicurame nte p iù rilevante del contributo elci Loscani nelle Marche è quello dei
maestri dalmati. Il loro ruolo è stato già ampiamente riconosciuto lanto che Luigi
Serra fa riJerimento acl una 'corre nte clalmato-veneta' nella scultura marchigia.na, e
non a torto.:; Alla metà del Quattrocento le capacità delle botteghe dalmate erano
cresciute a tal punto da poter offrire servizi anche a possibili committenti sull'altra
sponda dell'Adriatico: e non si trattava solo della fornitura di marmi dalmati. li pri-
mo protagonista dalmata nelle Marche fu senza dubbio Giorgio da Sebenico. Per
comprendere appieno le circostanze che hanno condotto l'a rtista a lavorare sull'al-
tra sponda clell'Aclriatico, bisogna tornare al suo progetto per iJ Duomo di Sebeni-
co: sebbene nel 1441 , col primo contratto per la costruzione del Duomo, fosse fat-
to divieto al maestro di assumere aJtre commiss ioni, negli amli seguenti tale clau-
sola probabilmente venne am1ulJara. Le frequenti interruzioni della fabbrica impe-
dirono al maestro eli portare il suo progetto a compimento, sebbene egli abbia rico-
perto la carica eli protomaestro per pii:1 eli trent'anni , ma ben poco venne edilicato
fino alla sua morte: i muri perimetrali delle navate laLcraU e rano infatti già stati rea-
lizzati nella prima fase; nell'interno solo il completamento delle arcat.e, fi110 al fre-
gio eli foglie, si può assegnare a Giorgio da Sebetlico, menb·e il coro non era avan-
zato oltre le semicupole delle absidi laterali. in una valutazione sulla personalità di
Giorgio da Sebenico architetto occorre tener presenti questi dati per evitare eli for-
mtùare interpre tazionj errate, spesso presenti nella le tteratura critica - anche in
quella recente - che vuole il maestro autore del progetto della Cattedrale nel suo
insieme ancor oggi visibile. ln realtà non abbiamo nessun indizio per ipotizzare che
i suoi successori abbiano continuato l'eclificazione del Duomo di Sebe11ico secondo
il suo progetto.
Dopo aver lavorato negli anni Quaranta a Spalato, Pago e Zara, w1a prolun-
gata interruzione dei lavori a Sebe1lico condusse Giorgio da Sebenico acl Ancona
dove, quasi contemporaneamente, gli vetmero affidaLi due importa11ti progetli . Il
primo è la facciata della Loggia dei MercantL conmlissionata nel 1451 e probabil-
mente terminata intorno al 1454 (fig. 3.1) . ~ Uno dei procura l ori clelia fabbrica, aJ
quaJe è riconosciuto anche il merito dell'impiego eli Giorgio, era il nobile anconita-
no Dionisio Berlincasa: secondo il cronista locale Lazzaro Bernabei. Giorgio e ra sta-
s. STEF.-\1\ \C

t o autore ciel progct t o d i costruzione o ricostruzione elci palazzo Benincasn. 1" Nel-
lo stato attuale il palazzo, tuttavia, non presenta clementi in comune con altre ope-
re architenonichc del maestro- fatto salvo per la cornice eli una porta cd uno stem-
ma; inoltre 11011 sono state rinvenute ca rte d'archivio che possano collfennare le
parole deJ Bem abci. La costruzione della Loggia clei McrcanU risulta invece ben
documentala: nei documenti leggiamo che Giorgio ha pn's<'ntat.o. in occasione del-
la stipula del con t ratto, i disegni; inoltre è noto che ahhia eseguito la maggior par-
te dei lavori nelle c<we di pietra in Dalmazia. mentre la linilura eli estese parti ar-
chitettoniche, nonché della decorazione scLùtorea, venne afliclata al suo collabo-
ratore Andrea Alessi. 11
La Loggia elci Mercanti coslit uiscc- come tutte le opere a nconit ane ciel mae-
stro- una delle opere architettoniche pitt importanti di Giorgio da Sebenico. Diver-
samente dal Duomo sebcJùcense. dove il maestro a\'e\'a introdotto elemenl i nuO\'Ì.
la loggia anconitana risulta più in linea col repertorio decorativo della bottega eli
Ran olomeo Buon: la maniera eU articolare le lesene, gli archi, le Iùcchie <' lr guglie
corrisponde allo slilc di Porta della Cél rla a Venezia. La decorazione scultorra clel-
Ia Loggia, con quattro statue rappresentanti le Virtù e lo stemma della città eli An-
cona. ben si inserisce nello sviluppo della scultura di Giorgio in Dalmazia: le virtù
risultano fra le pill monumentali opere eli Giorgio da Sellc1ùco. Sebbene i documen-
ti riv<'lino che Ancl r<>a Alessi avesse completato La li statue che il maesl ro aveva so-
lo 'clisgrossato,' la loro iltvenzione si cleve cmmmque a Ciiorgio. La rappresel\tazio-
nc della Carità è qu<'lla che maggiormente ha attirato l'al t enzione degli studiosi (fig.
:3.2). Si tratta eli uno dci pochi nudi fcnuninili dell'epoca c finora non è st<lto il1cli-
viduato il modello al quale l'artista si è rifatto: la Carità è solitamente paragonata
alla 'Rea Silvia' della Fonte Gaia eli .Jacopo della Quercia, ma quest'ultima potè so-
lo servire come fonte d'ispirazione; la Cari là ristùta infaU.i mollo più evoluta e la sua
posilura si p uò accostare ad opere eli Donatello. Le a ltre tr<' rappresentazioni d i Vir-
tù. Fortezza. Giustizia c Speranza sono state piuttosto trascurate negH studi. sep-
pur meriterebbero approfoncUra ricerca. Le personilicazioni presentano corazze e
sono awolte in drappeggi pesanti: si polr<>bbe pensare che la F01tez.:::a el i Porta clel-
Ia Carta fosse sPrvita come fonte d'ispirazione per Giorgio, ma nessuna delle figu-
re anco1ùtane ne è' la copia. La resa clr;>i copricapi delle figure (Giustizi(( e Spercm-
za presentano elmi, mentre laForfe.:::zo la pelle eli leone) rendono iJ loro carattere

Il
Giorgio da Scbcnico, Niccolò di Uiovanni Fiorentino, Giovanni Dalmata

più anticheggiante, mentre la mano appoggiaLa al fianco della Giustizia fa eli nuo-
vo pensare a simili soluzioni donatelliane , non però alle opere giovanili, bensì a quel-
le mature come il Dauid bronzeo.
In contemporanea alla Loggia dei Mercanti, Giorgio da Seben.ico e la sua bot-
tega realizzarono il portale della dùesa di San F rancesco alle Scale (Iig. 3.3) se-
condo un modello monumentale fortemenLe ispiralo dalla Porta della Carta: la ti-
pologia dei due pilastri con n icchie, fregi e guglie ripete fedelmente quella del por-
tale veneziano, mentre l'unico elemento non appartenente al repertorio decorati-
vo di Porta della Carta è la cuspide in forma di grande baldacchino trapezoidale.
Questo elemento non è comunque del tutto estTaneo alla sintassi del gotico fiori-
to veneziano: un simile baldacclùno ornava fino all'incendio n el Cinquecento il gran-
de balcone di Palazzo Ducale . Anche in questo cantiere Giorgio da Sebenico si av-
valse eli aiuti ed ai suoi collaboratori si deve probabilmente ascrivere la decorazio-
ne scultorea. Come nel caso della Loggia dei Mercanti, la scultura non è stata suf-
ficentemente sottoposta al vaglio critico: se la stalua eli Santa Chiara è probabil-
mente opera autografa del maestro. le altre statue- San Ber?/OJ'diuo, Sant'An-
tonio di Padova e ,)'rrn Lorlovico eli Tolosa- e la ltmetta con la raffigurazione eli
Scm Francesco che l'iceue le stimmate rimangono un problema attributivo. La lo-
ro qualità inferiore potrebbe testimoniare trattarsi di opere eli bottega: non cono-
sciamo, c01mmque, il valore artistico di Giovanni Pribislavié, collaboratore di Gior-
gio da Sebenico, frequentemente ricordato nei documenti della costruzione del por-
tale. Esaminandone le poche opere scultoree in Dalmazia, non si può tuttavia con-
cludere che Pribislaviéfosse scultore capace di concepire e realizzare figure in sca-
la momunentale. 1 ~
Le prime due opere anconitane eli Giorgio da Sebenico, la Loggia e il portale
di San Francesco, si devono considerare le sue opere architettoniche più impor-
tanti sia per il rnancato completamento del Duomo sebenicense, sia per una serie
eli altre ragioni. Per poter valutare appieno il valore dell'arte di Giorgio da Sebeni-
co è anche fondamentale tma revisione dei caratteri dell'architettura veneziana in-
torno al1450, che dimostri come le opere anconitane di Giorgio non risultassero
stiJisticamente ritardatarie rispetto al canone dell'arte veneziana degli am1i Qua-
ranta: non c'è infatti traccia eli uno stile più avanzato nell'architettura veneziana
degli anni Quaranta e primi anni Cinquanta. Un portale monumentale e ricco di

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decorazione come quello eli Porta della Carta non venne mai più edificato a Vene-
zia, ove non si registrano nemmeno architetture montJmc nLali dal carattere simi-
le a qurliE' di Bartolomeo Buon: anche Santa Maria clcll<1 Carità, uno dei suoi mag-
giori progetti degli armi Quaranta, si distingue per un portale ben più modesto. Il
portale eli San Francesco risulta infatti l'unica opera influenzata dagli stilemi del
'gotico fiorito,' che risente quindi df'lla struttura e clecorativismi eli Porta della Car-
ta. on si può, tuttavia, accusare l'autore Giorgio da Sebenico di aver copiato que-
sto moclrllo perché egli, in modo intelligente, ha inserito nel portale eli San Fran-
cesco il g rancle baldacchino, ottenendo così un effeuo eli maggior plasticità. Esa-
minando il sistema de lle lcscnc si evince, inoltre, che Ba rtolomeo Buon non lo ave-
va più introdotto 11elle sue opere s uccessive a Porta della Carta, mentre Giorgio
da Srbenico lo utilizzava regolarmente. Ciò potrebbe anche indurre acl assegnare
a Giorgio da Sebenico un merito maggiore nel progetlo di Porta della Carta stes-
sa. '' .r\ncora più interessante risulla essere la Loggia: in tutto il territorio venezia-
no non si trova loggia pubblica così ricca nella decorazione arc-hitettonica e sctù-
torca. Se si considera l'eccellente abilità del maestro e quella eli aiuti e sottoposti
nello scolpire elementi decorativi, si può concludere, e senza troppo esagerare, che
queste:' opere rappresentano, nonosta nte l'apparentemente tarcla cronologia, il cul-
mine del 'gotico l'iorito.' 11
Nel 1460, Giorgio da Sebenico firmò il contratto per la cost ruzione del porta-
le della clùesa degli agostiniani (fig. 3.4). 1·i Questa opera, completata non prima
del l.f9:3 dai maestri .\lichele da ~lilano e Giovaruù da \'enezia, 11' è nota soprattut-
to per la monumentale rafligurazione di Sam'Agostino nella h me t t a, una figura col-
ma eli plasticità ed espressione. L'an:hitetlura del portale, invece, sf'gna l'inizio del-
l'evoluzione dei principi a rchite ttonici di Giorgio da Srben ico, con l'introduzione
eli c lem0nt i 'aU'antica' accanto a quelli del 'gotico fiorito .' Da l momento che il por-
tale' eli Sant'Agostino non è stato completato da Giorgio e che le modifiche attua-
le nella seconda fase della costruzione non sono correllétnlenle valutabili, risulta
complessa la ricostruzione clrll'insieme secondo il progetto originario del maestro
dalmata. È verosinùle pensare che la fonte d'ispirazione principale fosse un'opera
<li Bartolomeo Buon: l'Arco Foscari collocato all'interno d0l cortile di Palazzo Du-
ca le. 17 Le smniglianze sono però non troppo evidenti, linùtandosi all'idea di un'aper-
tura a tutto sesto con una colon na per lato. Le aggitmte al port aie, condotte a tcr-
Giorgio da Sebenjco, Niccolò eli Giovanni Fiorentino, Gio,·anni Dalmola

mine nella seconda fase, sono senza dubbio i pilastri lombardeschi ai lati e nelle
nicchie dell'ordine superiore e, con ogni probabilità, anche la cornice che divide i
due piani. Si devono invece forse ascrivere al periodo eli Giorgio da Sebenico il fe-
stone che incornicia la lunetta, nonché le colonne scanalate coi capitelli pseudo-
corinzi: queste ultime costituiscono le prime colonne anticheggianti di Giorgio. La
principale caratteristica del portale eli Sant'Agostino è dunque una fusione cti due
stili (maniera gotica e quella 'all'antica') In seguito, negli anni Sessanta, il maestro
operò in uno stile puramente 'all'antica,' abbandonando l'int.ero repertorio decora-
tivo gotico: Lale cambiamento radicale di stile è ben evidente anche nella parete
nord del coro del Duomo eli Sebenico, finito prima del 1468, forse come esito di
modelli, fortemente ispirati dalla tradizione antiquaria padovana, gim1ti a Giorgio
tramite il genero Giorgio Schiavone, allievo dello Squarcione. 18 lnLeressante è an-
che osservare l o sviluppo clell'architettw·a a Venezia nei tardi anni Cinquanta e pri-
mi anni SessanLa: opere archi tettoniche dal carattere eclettico eli Bartolomeo Buon,
quali il portale eli SS. Giovanni e Paolo, il coronamento dell'Arco Foscari e - secon-
do me - anche la tomba del doge Francesco Foscari denunciano un mutamento eli
stile simile a quello occorso nella produzione di Giorgio da Se benico. Anche la cll.ie-
sa eUSan Zaccaria testimonia un simile eclettismo. Questo confronto dimostra, ciLm-
que, che lo stile di Giorgio da Sebenico non era ritardatario rispetto al canone ar-
chitettonico sviluppatosi a Venezia nemmeno negli aruù Sessanta. Il prinlo a rchi-
tetto di formazione rinascinlentale a Venezia è Mauro Codussi attivo da11468. An-
che sull'altra sponda clell'Aclriatico, in Dalmazia, gli esiti ar chitettonici e scultorei
non risLùtano essere ritardatari rispetto a quelli dei centri maggiori: i primi docu-
menti che testinloniano la presenza di un arcll.itetto e scultore dalla formazione
pienamente rinascimentale, cioè Niccolò eli Giovanni Fiorentino, risalgono alla me-
tà degli anni Sessanta.
La vita eli Niccolò di Giovanni Fiorentino è ben documentata, rna solo a parti-
re clal l 464, quando lo scultore risiede .in Dalmazia,19 mentre la formazione artisti-
ca e l'attività giovru1ile sono tuttora dibattute. La mancanza eli documenti relativa-
mente al periodo antecedente l'arrivo in Dalmazia eli Niccolo' di Giovarmi ha porta-
to gli studiosi acl elaborare varie ipotesi critiche: se occorre preliminarmente sgom-
brare il campo dall'erronea identificazione eli Niccolo' eli Giovanni con Niccolò Ccc-
cari proposta da AcloUo Ventmi./0 vale la pena dì ricordare che l'ipotesi eli una pro-
S. STEF \.\\l'

ILmgaLa dimora ciel maestro a Venezia, prima dell'arrivo in Dalmazia, è stata avan-
zata da Ann€' ~larkham Schulz.J 1 La t esi che Niccolò di Giovamli fosse il più signifi-
caLivo SClùtorc a Ve11ezia tra il 1457 e ill467 non trova però confenna nel confron-
to fra opere veneziane a lui assegnate - la tomba Fosc:ari, le statue dell 'Arco l"osca-
ri, le tombe di Orsato Giustinian e Vittore Capello ecc. -e quelle clocmnentale in
Dalmazia. La recente scoperta del l esi runenLo eli un certo Niccolò di ser Giovanni
da Tigule del 1462 da parte della Schulz sembrm·a aver risolto il problema.:!:! Rima-
ne, tu l Lavia, aperta la q uestione clell'iclentificazione di Niccolò eli ser Giovanni da
Tigtùe con iccolò di Gio,·anni che nei ctocw11enti dalmati non è mai norninalo co-
me Niccolò eli 'ser' Giovamu, ma sempre ricordato come fiorcnlino. Secondo l'ipo-
tesi di ricostruzione della Schulz, nel1502 Niccolò aveva otlantaquatt ro anni, men-
tre è noto che il maestro fu eletto nel 1502 protomaestro clelia fabbrica della chie-
sa eli Sama Maria in Valverde a Sebenico e che negli anni successivi, fino al 1506,
ricevette pagamenti per vari lavori, inclusi numerosi fomimenti eli pietre dalle ca-
ve dell'isola eli Brazza (Brac·).~:1 Sembra poco probabile, anche se possibile, che un
maestro ottuagenario potesse ancora lavorare la pietra nelle cave: per avvalorare
l'ipotesi clelia Schulz occorrerebbe dunque qua lche ulteriore prova. Considerando
il caratt ere donatelliano delle sctùture eli Niccolò, già notato da Venturi aJrinizio del
Novecento, ed i molti c lementi lì o reni in i nelle sue architetture, osservati da l lans
Folnesics. si potrebbe pensare ad un periodo eli apprcnclimento di Niccolò di Gio-
varuli nella bonega fiorentina di Donatello.~•
il primo documento sulla presenza di Niccolò in Dalmazia risale al 1464, quan-
do gli fu affidata la costruzione della cappella dei SS. Bemarclino e Stefano nella
chiesa francescana a Scbenico.:!r, Nel dicembre clcl 1467, Niccolò è per la prima vol-
ta documentato a 'I'raù cd aut o rizzò il suo socio Andrea AJessi a finnare il contrat-
to per la costruzione clel ia Cappella del BeaLo Giovanni Orsini nel Duomo.~'; TI con-
tratto ve1me stipulato nel gennaio 1-!68, ma la costruzione si prolungò llno alla fi-
ne degli anni Ottanta, memre la decorazione scultorea non venne mai completata
secondo il progetto originario. ~ 7 L'interno eli questa cappella ris ulta tutto ra uno de-
gli ambienti pilt suggestivi ciel Quattrocento. L'architettura testimonia una buona
conoscenza dei principi contemporanei e probabilmente pure dei tesli teorici di
Alberli. ma la qualità principale dell'opera risulta l'armonioso rapporto tra archi-
Lettura e decorazione sc ultorea.~~ Dal l475, Niccolò fu protomaesLro del Duomo

18
Giorgio da S~·hPnko, Niccolò di Uiowmni PiorcnUno, Giovanni Dalmata

sebenicense: la situazione finanziaria si era sLabibzzal.a a Sebenico negli ultimi de-


cenni del QuatLrocento e Niccolò riuscì a portare la costruzione quasi a compimen-
to. Chiaramente, il merito per l'attuale forma della chiesa si deve a Niccolò che do-
vette adattare il progetto alle parti già preesistenti: l'esito architettonico finale ha
forti impronte toscane , ma non è del tutto privo di influssi veneziani o meglio di-
re coclussiani . Una soluzione originale- e probabilmente possibile solo in Dalma-
zia - risu1La la forma del Letto con gran eli lastre eli pietra che formano, aJ contem-
po, anche la volta a botte all'interno. Accanto a questi due progetti, nel corso dei
quarant'anni trascorsi in Dalmazia, Niccolò compì numerose opere minori come por-
tali, altari, tombe, nonché singole s ta Lue e rilievi: il variabile livello qualilativo eli
tali rnanufaLt.i dimostra come il maestro operasse attraverso un'ampia bottega con
allievi capaci eli scolpire figme secondo il disegno del maestro.
Una prolungata interruzione nell'edificazione della Cappe\Ja Orsin.i condusse
Niccolò eli Giovamti ecl il socio Andrea Alessi nel 1473 a lavorare per gli agostinia-
ni nelJ'isola di San Nicola alle 'Jì·emit i .~t~ n monw11entale portale della chiesa Santa
Maria al Mare ha una struttura con doppie colonne corinzie ai lati e si ispira, come
molti portali rLnascimentali, all'Arco dei Sergi a Pola, pur non ripetenclolo leLLeral-
mente. La chiesa vem1e gravemente danneggiata già ne l Cinquecento per un assal-
to clei tmchi e della ricca decorazione scultorea pochi pezzi risultano tuttora leggi-
bili. Un rilievo cliscrettamente conservato è quello raffigurante l'Assunzione della
Vergine : la forte impronta clonatelliana nella composizione, nonché l'iconografia to-
scaneggiante- infatti deriva dalla Consegna clelia ;;;aera cintola - rivelano l'origi-
ne fiorentina del maestro. L'opera è alb·esì nota perché Niccolò eli Giovanni e An-
drea Alessi dovettero fare causa al priore del convento per ottenere il pagamento
promesso: questa vicenda si proltmgò fino al 1480 con conseguente conflitLo fra i
dite maestri c cessazione della loro collaborazione.=Jrt
Nella primavera del 1474, quando i lavori alle ' l.'remit.i e rano già terminati e la
causa giudiziaria col priore non ancora all'orizzonte, sembra che gli agostiniani aves-
sero impegnato Niccolò per un altro progetto: l'arca eli San Nicola a Tolentino (fig.
3.5). Non sussistono carte d'archivio a1 riguardo o l'ipotesi dell'intervento del mae-
stro a Tolentino si basa su dati stilistici e storici. L'arca di San Nicola, in forma eli
mensa d'altare, con statua del santo soprastante, è staLa attribuita a due diverse
mmù: secondo la maggioranza degli studiosi l'arca è da awicinare all'opera di Ago-

4~J
s. sn:~~-\~A< '

sUno di Duccio, mentre la statua è stala assegnala sia a maestranze locali'11 che al-
l'a noJùmo maestro venezia no;'u ma si è anche fatto rife rimento a qualche seguace
di Donatrllo,=~' 1 a Giorgio da Sebenico·H e recentemente pe rfino a Pietro Torrigi ano.:J~,
La mia ipotesi è che l'arca e la statua sono opere coeve e elle ne è loro aut ore Nic-
colò di Giovamù Fiorentino. 1" Sul lato destro dell'arca è inciso ' 1474,' datazione che
indubbiamente indica l'anno di esecuzione. L'arca ha numerosi punti in comune con
opere architettoniche di iccolò: i fori tondi, incorniciati con ghirlande, fatmo pen-
sare alle finesb·e della Cappella Orsini, mentre l'orname nto vegetale sui pilastri ri-
pete fedelmente q ue llo clegUord ini superiori del portale alle '[ì·enùti. La statua stes-
sa presenta tutte le cara t.tcrislichc c la qualità delle mjgliori opere autografe eli Nic-
colò (fig. 3.6). La postura e il sisLrma del drappeggio sono paragonabiU a queiU del-
le sta tu(' clelia Cappella Ors ini. soprattutto al C1~isto dell'Ascensione, mentre iJ mo-
dellato del viso è in sintonia, nonostante la ruversa espressione, a quello mSan Sr>-
bast ia110 dell'omonimo oratorio a 1ì·aù. scolpito nei tardi anni Settanta. La datazio-
ne al 1474 consente di ben inserire la statua anche nella produzione mNiccolò: sti-
lislicamente costilUisce cerniera tra le sue prime opere in Dalmazia dei tarcU anni
Sessanta e quelle p iù mature degli anni Ottanta. Non SlJSsisLono inoltre documenti
che testimonino altri impegni cie l maestro nel 1474 e che possano, perciò, essere in
collisione con la sua atlività <1 Tolentino.
Un problema interessanl<.' il1 riferin1ento aU'ru·ca eli San Nicola è legato alla com-
JTlitlenza. l numerosi stemmi eli Pietro ~lellini (o MHlini) e le iscrizioni sull'ru·ca eli-
mostrano che questo avvocato romano avesse finanziato l'opera. 17 Questo suo ruo-
lo non sembrerebbe però aver delcnninato la scelta dell'artista se è verosimiJe pen-
sare per tm conuniltenle romano un rutista attivo a Roma. Sembra piuttosto che a
Tole nlino la cornmitlenza Mell ini sia stata limitata al finanzimncnto. Probabilmen-
te arte fici della scelta di Niccolò l'uro110 gli agostiniani C'he a rficlarono al maestro la
presi igiosa conmlissione clcl l'arC'a sulla base deilavori cl H' Niccolò aveva appena com-
piuto per i confratelli alle Trem il i.
La statua eli San icola costituisce una delle più belle opere sctùtoree del
Quattrocento nelle .\lru·che, nonché un'aggiunta estremamente significativa al ca-
talogo di Niccolò eli Giovanni. on solo è l'unica statua con policromia conservata,
ma anche Lma delle opere autograJe eli miglior qualità del maestro. La statua non
e ra prevista per essere alloggia la in Lma nicchia e ciò dimostra q uanto Niccolò fos-

f'>O
Giorgio da St'bmi!'o, ~iccolò di <:io\'anni Fiorentino. Gio\'anni Dalmata

se abile nel concepire statue completamente liberate dal la cornke architettonica:


inoltre, per quanto riguarda il movimento della figu ra ottenuto fra mite un contrap-
posto accentuato, con giro ed inclinazione della testa ecl il gioco delle mani. la sua
importanza non si limita all'opera stessa: esaminando la statuaria prodott a nei pli-
mi sette decen ni cl0l Quattrocento, troviamo poche figure in abito sacerdotale- abi-
to la cui resa poneva limiti aJla libertà dello scultore - che abbiano raggiunto laie li-
vello eli plasticità e eli movimento.
Se Niccolò di Giovanni Fiorentino era dalmata per adozione, Giovanni Dalma-
ta era dalmata per nascita: era eli origine croata come dimostra il cognome Dukno-
vié. Il percorso artistico eli Niccolò risulta, però, più 'clnlmata· rispetto a quello di
Giovanni Dalmata che cliventò uno dci protagonisti della scultura romana, al qua-
le furono affidale presligiose commissioni quali tombe cardinalizie, nonché il mo-
nwnento funebre di Paolo n. egli anni Ottanta lavorò anche alla corte di Mattia
Corvino. re eli l"ngheria. mentre non abbiamo dali certi sulla sua permanenza nel-
la natale ciLLà di TJ·aC1. U carattere delle sue opere induce acl ipotizzare un soggior-
no a 1ì·aCt negli anni Ottanta, con una permanenza maggiormente prolungata nei
tardi armi della sua vita, anche per avN stabilito una bottega in Dalmazia. Nel pe-
riodo tardo il livello qualitativo delle opere del Dalmata era in declino. ma l'artista
era ancora apprezzalo su emrambe le sponde clell'Aclrialico e perfmo a Roma, co-
me dimostra la tomba che eseguì per Gio\'anni Antonio Lomellino. Nel 1508 scol-
pì, probabilmente' a causa clelia morte eli Niccolò el i Giovarmi , il Sau Tommaso per
la Cappella ciel beato Giovanni Orsini a TI.·aù , statua clf bole nell'invenzione, nonché
ncU'csecuziOJIC. 1
1(

Simile è il carattere della tomba del beato Girolamo Giannelli per il Duomo di
Ancona, probabilmente eseguita intorno al 1509 ( lìg. :3.7). r.• Anche nel caso della
tomba Giannel li non si tratta di una commissione marginale, ma di un monumento
funebre per una persona venerata, dunque, w1a lipologia vicina a quella dell'arca.
La tomba del Giannelli non sembra essere stata l'un ica opera del Dalmata acl Anco-
na: gli sono stati att ribuiti due portali, uno tuttora nel convento eli San F'rancesco
c l'altro collocato nel ~luseo Civico. Per entrambi permangono dubbi circa l'attribu-
zione, che non sono tuttavia tali da cspungerli dal catalogo eli Giovanni Dalmata. T
due portali non sono datati, ma non si può escludere l'ipoLesi che Giovanni abbia
lavorato ad Ancona prima del 1509. Un'altTa opera avvicinata al DalmaLa, seppm

51
con qualche riserva, da Luigi Serra 1" ed in seguito piì1 decisamente eia I<runo Prija-
telj.~1 è il sarcofago, in origine parte clelia Lornba del beato Gabriele Ferretti: soprat-
tutto il rc~pe rt orio decoralivo ciel sarcofago avvalora l'ipotesi attributiva. La delibe-
ra del papa nel 1489, che consentì la venerazione del Ferretti - bratificato, però,
nel SeLtec:ento- pone nn termi111lS post q11em per l'esecuzione della tomba. <·he
probabilmente non è di molto posteriorr. c conseguirebbe, quindi, un soggiorno,
non documentato, di Giovanni Dalmata acl Ancona prima del 1500.
Le operr marchigiane di Giorgio da Sebenico, Nicc-olò di Giova1mi F'loren lino
e Giovamù Dalmata costituiscono significativa dimostrazione degli strcl.t.i contaLtl
artistici tra le due sponde dell'Adriatico nel Quattrocen to. Per Worgio da Sebeni-
co, il periodo anC'onilano rappresenta altresì una delle tappe piì:I feconde del suo
percorso artistico, mentre l'arca a Tolentino significò per Niccolò eli Giovanni un
episodio, seppLu· breve, ritagliato fra progetti maggiori. Non conosciano a sufficirn-
za l'attività eli Giovrumi Dalmara nelle ~!arche per poter trarre conclusioni. Per la
presente trattazione nodo importante rimane la questione del ruolo giocato da que-
sti tre maestri nello sviluppo della produzione artistica nelle f11Jm·che. Nel pieno Quat-
trocento mancavm1o nelle' .Marche botteghe <.li lapickli loc:ali elle potessero svilup-
pm·e un'architettura e scultura tipicamente 'mardùgiane:' le sculture sparse sul t.er-
rilorio risuJtano essere eli ma no eli maest ri provenienLi da altre regioni. Fra gli scul-
tori ed i lacipicli 'foresti' i dalmati erano molto apprezzati dai committenti marchi-
giani. Le comnùssioni loro affidale erano prestigiose, cioè interventi nei piì:I impor-
l an ti monumenti della regione: nel caso eli Giorgio da Scbenico si tratta di progct-
t i arclùteltonici di prim'ordine- un edificio pubblico e due portali monumentali,-
memre a Niccolò eli Giovrumi Fiorentino e Giovanni Dalmata fu affidalo l'aiiE'sti-
mento delle arche di santi e beati, c:onm1issioni a ltrettanto significative. Non risul-
ta difficile nemmeno spiegare la sceiLa eli artisti dalmati da pa rte eli committenti
marchiglani: non solo l'allività di Giorgio da Sebcnico negli anni Quaranta, ma an-
che i continuati contatti mantenuti con la sponda occidcmalc clrll'Adrialico- l'm·-
Lista era anche mercante - convinsero i conmlittenti locali sulla bontà della loro
scelta. Nel caso di Niccolò di Giovanni FiorE'ntino fu probabilmente decisivo il suo
operato per gli agostiniaJù alle Tremiti. come del resto la sua carica eli protomae-
stro della Cappella del beato Giovanni Orsini a Traù per orientare i con mùt l enl i a
Tolentino in suo favore. Sebbene Giovanni Dalmata fosse anziano, la sua fama era

52
Giorgio da SPiwnico. Niccolò di Giovanni Fiorentino. Giovanni Dalmata

viva come autore di tombe cardinalizie c di quella eli Paolo n, nonché clei lavori per
~latlia Corvino. Che le più importanti opere nelle Marche siano state realizzate clai
clé"l lmati nel Quattrocento induce a rifleLLere infine sul paracligma 'centro e la pro-
vincia:' le Marche erano geograficamente più vicine ai maggiori centri della produ-
zione artistica collocati nella penisola appemùnica, mentre gli artisli che vi opera-
rono provenivano eia una regione più distante. Si evint(' quindi come la teoria 'dei
cerchi concentrici' non trovi nelle ~ l arche compiuta applicazione.
Il Quattrocento costituì un'('poca di grande fioritura clell'architettura e della
scultura in Dalmazia. Nel secolo successivo, purtroppo, la situazione mutò radical-
mente. Niccolò di Giovanni e Giovamù Dalmata ebbero numerosi allievi, ma nessun
vero successore capace eli conlinum·c la loro tradizione e eli aclat t.are la propria ma-
niera nlle mutate corrcnli slllisliche. Dal punto di vista pol itico, inoltre, la tradizio-
ne clei liberi comwù. m1cora viva nel Quattrocento, ha ceduto il passo al centrali-
smo veneziano, causando la provincializzazione della Dalmazia. Seppur in queste
awerse circostanze. l'attività delle maestranze dalmate c le loro opere raggiunsero
la sponda occidentale, in Puglia c in Basilicata, ove sono tuttora visibili gli ultimi
echi del Quattrocento dalmata: intorno alla metà ciel Cinquecento, maestri clalma-
li furono in1piegati neHa costruzione della collegiata eli Mola eli Bcu·i che presenta
diversi clementi h1 comune col cl uomo di Sebenico. '2 Un forte inllusso dalmata è al-
tresì rintracciabile ncUa CappE'IIa dell'Am1Lmziata nel Duomo eli Matera, costruita
intorno al 1530: non si tratta alt ro che di una copia della Cappella del beato Gio-
\'anni Orsini a 1hù. ma in dimensioni ridotte.-~'1
s. sn:r.\t>.,\1'

.Monte di Pietà a F'<•rmo. Non su!:òsistonu pur-


troppo dati suflic:imti per Hccettarc la rrmlizio-
L Per la Dalmazia - o per la sponda orien- nalc Glllribuzione eli quest'ullim<1 opera a Gia-
1aie dC'Il'Aclriaùco in gen!'ralc - sono molto in- como eli Giorgio Schia\'OilC' !cfr. 'epi (1990):
dicativi i tol1lributi di .studiosi slovcni (' croa- 1551, documentalo a F'cn no pt•r la prima vol-
ti pubblicati intorno alla mt>L<ì del Novecento, ta nel 1-185, c due muti dopo inc·aricato con la
fortemente influenzali dalla ·scuola eli Vienna' eonm1issionc dei clul:' alt ari per lo srcssa chie-
di Alois Rei~l. lleinrich \\'olfOin c Max 0\·orak: sa: Grigioni ( 1906): 121-22.1ì.lltavia.l'opera li-
Stelè ( 1940): Karaman ( Hl6:3). vela sLreLti IL•gami ('On lo stile di Giorgio da Se-
2. Sui caraueri dell'arte romanica in Dal- benko. almC'no pC'r quanto riguarda il ricchis-
mazia, si vcd;1: Hi.illcr ( 1989) pas.sim. simo fogliame della corni('e, nonché del capi-
3. Pisko\'ié (1959): Petricioli (ID8!3). tello d(']la bifora 'alla ven~>ziana' rollocal·o so-
4. Petridoli (l H8:3): l ;32-:34. pra il pottalf'. La df'corazione sc·ultorca meri-
5. PE>tririoli (l mn): -HJ-50. [(>rebbe WlO studio più di't tagliato. m<•ntre i11
6. Studi fondamentali, che tracciano lE' fasi questa sede basw sottolineare che il moti\'o
eli costruzione del Duomo eli SPbenico e sono <!C'Ila Madonna prolPtt ric·c col manto non è
l'OITCdali dalla maggior parte dei documenti ignoro alla C'Crc·hia tli Giorgio da ScbeniC'o c dei
noti. riman~ono quplli Frey (H)I:3): 1- 16!:1 t' suoi suc·cessori (per es. il porLalr dC'lla colle-
Folnesics Cl H14): ::!7-196). Stù duomo di Scbc- giata di Pago; il riliC'\·o nella clliE'scna t·osidct
nico la monografia piC1re('\"nte è la tesi di dot- la 'gospa ocl zvonika' a Spalato) . Va rrC'bl>c la
torato di ~larkO\'il: (200~). pena eli intcrrogarsi anC'hc suJI'idmlita' eli Gia-
7. Kokoll:' (1989): 155()7. como eli Giorgio Schiavone: si potrcbb!' pensa-
S. Serra ( 19:3-!): 1-1=3-51. re ad tm figlio del pium·c squarcionesco Gior-
9. L<l bibliogral'i a sull'alt ività di Giorgio a d gio Sc·hiavonc (Juraj Gulinovit'), pure di Scbf'-
Ancona è molto ampia c mi limito a citare so nico. l)ai cloc·utnE'nli risulta che:' l'artista cbh<'
lo una selC'zione ciP i conLribu l i: Gianulz;t.i solo 1111 figlio iiiE'gitt imo, Luca, ed una figlia, pu-
(189-1): :397-·~5-1: \'cnturi ( 19H>): -13-50: Serra re illegittima (KolC'nclié (l!l20): 18-1). Sembra
( 1934); Piskovié ( HJ84- 1985): 9:3-146; Chiap- .:;i~JtiJicativo aggiungrrc cht? Giorgio Sd1ia\'O·
pitli di Sorio (199:3): 2!)7-79: ~1ariano (199:3): ne (.Juraj Culinovié) era il genero di Giorgio da
(H-7:3; Mariano (HJ95): 8:388. Scbenico. PC'r il suo carattere srilistico, il por
10. l:kmahf'i (1870): Hi2. tale cl0l ~lonlP di Pil•tà a F'crmo potJ·C'bbe da
11. Fre_ y ( 19 1:3): 15:3-5-1, doc. 98. tarsi in un periodo anteriore agli mmi Ott<mla,
12. Per un profilo artistico su Pribislavié, si quando Giacomo eli Giorgit> è ric:orclat o m•i do-
veda: Piskovié (1979-1982): 1lH-·Il. cumenti: talt> datazione ben si adallerC'bhe l'OI
13. Il primo studioso ehc ha in l uiio il possi- Lesto del do(·urncnto relntivamcltlc alla c.: om-
bile tontrihulo di Uiorgio da Sebcnico al pro- missione degli altari a ma<>stro Giacomo, do\·c
,l(ctlo architC'llonico cliPoi'IO della Ca l'la, noll- si parla del nuovo C'dil'icio di Sontn Maria del-
c·hé ck•LI'AIIdt'OIIe Foscari è stato F'olnesics la Carità, come era il nomC' della detta dtiesa
(191-1): 58-60. prima clE-11 522..
L-l. Nella lt•tteratura crilica H•ngono t<ùvol- 15. Gianuizzi (189-1). doc. 1:3.
ta collegate' a Giorgio da Schcnico altre cluC' 16. Queste due statu<>, il Beato A{Josli11o
opere' marchigiane: una t<>sta fcnuninile chE' si 1't'ioufi c Sau Semplicia11o. finora non han-
trova nella cripta elci Dtwmo eli Ancona [rfr. no atlirato l'attenzione dt•gli studiosi. ProblE--
SE-rra (19:34): 1471 c la lunetta del portale del ma irriso lt o~ l'identificazione d C'i due maestri.
Giorgio da Sel>enico, :-Jiecolò eli Gio\·anni Fiorc>ntino. Gionumi Dalmara

tiPi quali si potrebbe coUocarc la formazioHe :31. Serra ( l 92-I- IH25): :3G7: Serra ( 19:J.J):
m•lla rrrchia di Pietro Lombardo. La figura di 150.
San Sempliciano richiama in quakil!' modo le 32. Venturi ( Hl l 0): 1:3-50.
op!'n' tli Giovanni Suora. ma 1Jg11j proposta 33. Mi(ldcldorr ( l !J(i6). Copia clallilosc:rit lH
idt•ru ifit'al iva con Giovan11i da VPrwzia <:OI1l· si trova nella hihliot cn1del Kunsthistoriseh es
por1Prt'hlw un'indagine più approfondiLa (13uo- lnstitut i11 F'lon•nz, <·cm segnatura J 2612.
ra t•ra nativo di Osteno nel Ticincse, ma po- 34. Rima (W5.J): 12=3-12.J; Zampeni (1956):
tn•hlw PsserC' stato considerato '\·<'n<.•ziatlo· ad 21:3-21-1.
\ncona). 35. Ciardi Ouprc' Oal Poggeno (199.J):
l i. Lo studio più esausth·o rim<tne la diss~·r­ 2:39--18.
tazione di Pincus ( 1976). 36. Stt>f<lmH· (l H89): 51-67; Stel'anac
18. (:li c ~t'menti figma1 i\ i cd ar('hit et t onici (HJ96a): :3-1:3.
di origine' padovana rintracciabili nt>llP tarde 37. L'idcnl itil tli PiPtro i\lillini era già stata
opc•n• di Giorgio sono stali ind ividuat i da .Ja- incliviclual<l da Verrl uri ( l 9 l G). Sulla COilllll il -
ll<'l l ltifl l.'r c Stanko Kokolc: t liifler (l DRD): 1enza di qucsl o H\'Vo<·At o romano è' di recen-
278-70: Kokole {1986-1987): 229 .J6: Kokole te int ervenuta Corbo ( 1995): 121-53. Per 1<1
( l !187): 55-7:3. lllaJl<:<Utza dci dati sl oriri in riferin1clllo all'ar·-
19. llilj<' (2002): i -18. ta rli San Nicola la si udiosa si limita a menzio-
20. \'t•nturi (1908): 113-21: l'unico docu- narla (p. l :30) SI'IIZa proporre una soluzioni'
nwnto padonmo che testimonia come Nic<·o- attributiva.
ln <'<x·<·ari fosse menzionato col nome ciel pa- 38. Pisk<Wi<: ( Hl.JO): -1-1.
dn· \ntonio rende inutile qualsiasi ultcrion• 39. Roll (IH9-1): l fl7-G-I.
diM·ussionl.' sull'argomento (Sart ori ( 1976): -10. Serm ( 19:1-1): l ·18--l9.
118). -H. Prijat eU ( tnn:n: 2D:1-m.
21. MarkJtam Sc:hulz ( 1978). -12. Piskovir ( tnG l): 5-15.
22. ~ larkharn Sc:hulz (1990): 7-IH-m:Z. -13. Van(evié' ( I!H):)): 2!i!:J-4 1; Stcfamw
23. ('uzcla ( 1996): 100. {1996h): 1-11.
2 t. ln partitolare su questo aspNt o si \'Nia-
rur Folncsits ( 1915): 187-97: Stcfana<· ( 199!3):
Pl7-:ZIO.
2.). Hilj{' (2002).
:26. Il l'ontral t o è stato per la prima volta
puhhli<"ato da Kolcndié ( 192.J): 70-78.
n La drcorazionc scultorea non 0 stata mai
<'OillJllPiata. C'dal momento che il corpo <lrl bea-
"' i• stat o trasl'<'rito nella cappPlla non )Winr<l del
lfi·l·l, l'intt'rno è stato sol toposto acl alcuut• 1110-
ditkh{' nrl Seicento e nel SE>rtt>r<'nlo, eomiWE'·
sa la sistt•rnazionc barocca dell'arca dd lwato
t:iovmuù Orsini.
28. St cfauat ( 1996b): l 2:3--12.
2!1. 1\oiPIUiié (1926): 20!)-J -1.
:30. 1\olt•mli<' (1926): Praga ( HJ2fl-l !)!30):
~l :,!:l.

55
s. STEf.\.\:\('

Fig. :t l Giorgio da St'lwnko, L oggi(l dei Mr'I'Ca 111 i. Ancona. Discg11o eli Dagobcrt Prcy (l Hl 3).
Giorg io da Sebenko, Nkr:olè> eli Giovanni Fiorrnl ino, Giovann i Dalmata

Fig. :3.2 Giorgio rla SehPnico, La Catitrì. Ancona, Loggia dei Mercanti.
f'ìg. :3.:3 Giorgio da SC'l><>rùco. Portale Ancona. S. F'nmccsco alle Scal<'.
(iiorgio da Sf'h<'ni<·o, iccolò di Giovanni Fiorentino. (ìio\'anni Dabnatn

Fig. :3.4 Giorgio da Scbcnico, Portale. Anc·ona, Sam'Agostino.


s. sn~~, \N •\t ·

Fig. :3}) Niccolò di Giova m Li Finrcnl ino, J;(/ rm eli S. N i co/(( da Tofr>11/ i 110.
Tolentino (~1('), 13asili<:n di San N irol<l.

c; o
Giorgio da SPbeniro. Niccolò di Giovanni Pion·ntino. Oiovmmi Dalmata

F~. :3.1i Ni<'roli> di Gion111ni Fior<'ntino, S. Siro/a do Tolt>IIIÌIIO, pal1irolar<' dell'Arta di Snn 1'1/ieola.
Tol<'nlino (~K') . Basili<-a eli San Niç-ola.

61
S. STEF\'\ \( '

Fig. :3.7 Giovan11i Dalmata, 7hlll/)(l d<'i T3eato Gi rofa mo Gia 1/llf'll i, particolare. An<·ona. Ouomo.

'')
(l-

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