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R E S T A U R O 25 2013

Rivista dell’Opificio delle Pietre Dure


e Laboratori di Restauro di Firenze

Centro Di
OPD Restauro
Rivista dell’Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze
25 2013

Soprintendente Hanno collaborato a questo numero Ditta Futura Automazioni, Scandicci


Marco Ciatti Stefania Agnoletti, Gianna Bacci, Vito Castaldo
Direzione Fabrizio Bandini, Fabio Bertelli, Silvia Benassai, Claudio Gulli, storici
Maria Cristina Improta, Giancarlo Roberto Boddi, Marco Brancatelli, dell’arte
Lanterna, Patrizia Riitano Annalena Brini, Giancarlo Buzzanca, Lillina Di Mucci, archivista
Comitato di redazione Ezio Buzzegoli, Andrea Cagnini,
Isidoro Castello, Francesca Ciani Passeri, Restauratori privati
Alfredo Aldrovandi, Fabio Bertelli,
Roberto Boddi, Giancarlo Buzzanca, Marco Ciatti, Susanna Conti, Shirin Afra, Daniele Angellotto, Paolo
Marco Ciatti, Cecilia Frosinini, Francesca Alberto Felici, Cecilia Frosinini, Belluzzo, Mirella Branca, Ottaviano
Graziati, Maria Cristina Improta, Monica Galeotti, Stefania Giordano, Caruso, Federica Favaloro, Jennifer
Clarice Innocenti, Carlo Lalli, Giancarlo Clarice Innocenti, Giuliana Innocenti, Di Fina, Martina Fontana, Chiara
Lanterna, Maria Donata Mazzoni, Anna Diane Kunzelman, Carlo Lalli, Gabbriellini, Mari Yanagishita, Bruna
Mieli, Letizia Montalbano, Sandro Maria Rosa Lanfranchi, Giancarlo Mariani, Anna Medori, Mattia Mercante,
Pascarella, Simone Porcinai, Laura Lanterna, Paola Ilaria Mariotti, Cristina Nencioni, Isabelle Pradier,
Speranza, Isetta Tosini Maria Donata Mazzoni, Anna Mieli, Francesca Rossi, Guia Rossignoli, Filippo
Letizia Montalbano, Rosanna Moradei, Tattini, Andrea Vigna
Simone Porcinai, Sandra Ramat, Elvira D’Amicone
Redazione Perla Roselli, Chiara Rossi Scarzanella, Già direttore coordinatore archeologo
Fabio Bertelli Andrea Santacesaria, Oriana Sartiani, presso l’ex Soprintendenza al Museo delle
Laura Speranza, Isetta Tosini, Francesca Antichità Egizie
Ufficio Promozione Culturale Toso, Luigi Vigna, Giuseppe Zicarelli
Daria Del Duca, Giuliana Innocenti,
Susanna Pozzi, Angela Verdiani Collaboratori esterni
Soprintendenza speciale per il Patrimonio
Direzione e Redazione Storico Artistico ed Etnoantropologico e Direttore responsabile
Opificio delle Pietre Dure per il Polo Museale della città di Firenze Ginevra Marchi
Via Alfani 78, 50121 Firenze Lia Brunori
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opd.promozioneculturale@beniculturali.it Antoine M. Wilmering Stampa
Università degli Studi di Parma Alpi Lito, Firenze marzo 2014
Direttore Scientifico delle collezioni
e del Museo universitario del Dipartimento Pubblicazione annuale
S.Bi.Bi.T. ISSN 1120-2513
Roberto Toni Prezzo di copertina
Università degli Studi di Firenze e 110,00
Dipartimento di Ingegneria Civile e Abbonamenti
Ambientale e 85,00 (Italia) e 110,00 (estero)
Pietro Capone, Carla Balocco
Distribuzione e abbonamenti
Facoltà di Lettere Centro Di
Museologia e Critica Artistica e Lungarno Serristori 35, 50125 Firenze
del Restauro tel. 055 2342666 / fax 055 2342667
Isabella Bigazzi edizioni@centrodi.it
Enea Roma www.centrodi.it
Pietro Moioli, Claudio Seccaroni
Università degli Studi di Brescia
Alessandro Porro, storico della medicina
Clémence Chalvidal, stagista presso il
Laboratorio di Restauro delle Oreficerie
Davide Dallatana, tecnico museale
Maria Baruffetti, Stefano Casu, Giulia Errata corrige: nel numero 22 (2010),
Autorizzazione del Tribunale di Firenze Basilissi, Arianna Vecchierelli, allievi del l’appendice all’articolo Il restauro di due
n. 3914 del 16.12.1989 terzo anno della SAF dell’Opificio capolavori orafi del Seicento dedicati alla Vergine
Iscrizione al Registro Operatori Maria. Musealizzazione o ritorno alla liturgia: le
di Comunicazione n. 7257 Darya Andrash e Federica Innocenti, diverse scelte operative in fase di restauro,
Associato all’Unione Stampa chimiche, collaboratrici esterne del di Martina Fontana, Clarice Innocenti, Cinzia
Periodica Italiana Laboratorio Scientifico Ortolani, è stata redatta da Stefania Giordano.
Editoriale 7 Editoriale (con alcune riflessioni teoriche sul concetto di manutenzione)
Marco Ciatti
Contributi 15 Venere, Amore e Gelosia di Agnolo Bronzino: tecnica di realizzazione e restauro
Marco Ciatti, Francesca Ciani Passeri, Chiara Rossi Scarzanella, Andrea Santacesaria,
Carlo Lalli, Darya Andrash, Federica Innocenti
37 Il restauro dello Spellato del Museo dipartimentale S.Bi.Bi.T. dell’Università di
Parma. Biomateriali e tecnologie innovative per la valorizzazione della ceroplastica
settecentesca. Progetto MIUR, Legge 6/2000 - ACPR_00312
Chiara Gabbriellini, Isabelle Pradier, Francesca Rossi, Guia Rossignoli, Davide
Dallatana, Alessandro Porro, Laura Speranza, Roberto Toni
53 Le ventuno sculture di Jacques Lipchitz restaurate dall’Opificio in vista della
mostra L’arte di gesso nel Palazzo Pretorio di Prato
Chiara Gabbriellini, Rosanna Moradei, Francesca Rossi, Laura Speranza, Filippo Tattini
Note di restauro 67 Consolidanti organici ed inorganici nanostrutturati per la conservazione di reperti
archeologici tessili. Ricerca ed applicazione
Susanna Conti, Elisa Bracaloni, Isetta Tosini, Mauro Matteini, Maria Rosaria
Massafra, Paolo Matteini, Roberto Pini
81 Osservazioni e ricerche sulle due vetrate oscurate del ciclo della Biblioteca
Laurenziana di Firenze e realizzazione della loro retroilluminazione
Rosanna Moradei, Daniele Angellotto,Vito Castaldo
89 The Getty’s Panel Paintings Initiative: an overview
Antoine M. Wilmering (con un’appendice di Marco Ciatti)
99 Sui tessuti dipinti della Madonna di Citerna. Ipotesi sulla simbologia e ricostruzione
dei motivi tessili
Isabella Bigazzi, Laura Speranza
109 Documentazione grafica digitalizzata tra Open Standard e Closed Proprietary Formats
Giancarlo Buzzanca
123 La manifattura Cantagalli e i rivestimenti in maiolica della Chiesa Russa
Ortodossa e del Museo Stibbert
Shirin Afra, Lia Brunori, Andrea Cagnini, Monica Galeotti, Simone Porcinai
131 Il controllo della luce nei laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure.
Un problema di comfort, sicurezza e restauro
Carla Balocco, Pietro Capone, Roberto Boddi
147 Il restauro della scultura lignea policroma di Francesco di Valdambrino
rappresentante Santo Stefano: un problema metodologico
Maria Donata Mazzoni
155 Indagini sui dipinti per la Camera Borgherini
Ezio Buzzegoli, Diane Kunzelman, Pietro Moioli, Claudio Seccaroni
167 La cappella interna all’ex monastero di Santa Verdiana: il caso complesso
dell’intervento conservativo della parete di fondo
Maria Rosa Lanfranchi, Giancarlo Lanterna, Anna Medori
189 Ricerche sulla pittura murale staccata Sant’Anna e la cacciata del Duca di Atene
Alberto Felici, Giancarlo Lanterna, Paola Ilaria Mariotti
201 Le teste in bronzo della Cantoria di Donatello: aspetti conoscitivi e conservativi
Stefania Agnoletti, Annalena Brini, Andrea Cagnini, Maria Donata Mazzoni,
Simone Porcinai
213 Studio morfologico delle lamine metalliche negli arazzi e metodologia di pulitura
Gianna Bacci, Federica Favaloro, Isetta Tosini
232 Quattro gruppi plastici della prima metà del Settecento a Villa la Quiete di
Firenze. Notizie storiche, tecniche e di restauro
Shirin Afra, Mirella Branca, Mattia Mercante, Laura Speranza, Filippo Tattini
243 Il cantiere di Sassuolo per la messa in sicurezza delle opere colpite dal sisma 2012:
l’esperienza del cantiere didattico
Francesca Ciani Passeri, Letizia Montalbano, Alessandra Ramat, Andrea Santacesaria,
Oriana Sartiani
251 L’integrazione degli smalti nel restauro delle oreficerie: un paradosso della conservazione
Jennifer Di Fina, Martina Fontana, Clarice Innocenti, Mari Yanagishita
Schede di restauro 264 Il restauro della Croce astile trecentesca del Museo Diocesano di Pistoia
Cinzia Ortolani, Clémence Chalvidal, Andrea Cagnini, Simone Porcinai
275 Il restauro di una Croce d’argento del 1616 conservata presso il Museo Diocesano di
Pistoia
Bruna Mariani, Cinzia Ortolani, Maria Baruffetti, Stefano Casu, Giulia Basilissi,
Arianna Vecchierelli
282 Il Reliquiario di Montalto o di Sisto V, dal Museo Vescovile di Montalto Marche
Paolo Belluzzo, Andrea Cagnini, Clarice Innocenti, Simone Porcinai
289 Jusepe de Ribera: Martirio di San Bartolomeo
Mariarosa Sailer, Silvia Benassai
297 Il Grande Scheletro di Clemente Susini datato 1805. Restauro e montaggio di una
scultura monumentale in cera del Museo della Specola di Firenze
Shirin Afra, Laura Speranza, Filippo Tattini
304 Il restauro della statua in marmo Amore che apre il cuore con una chiave d’oro del
Giardino di Boboli
Isidoro Castello
308 Intervento di restauro su un mosaico pavimentale romano dal Museo Nazionale di
Villa Guinigi di Lucca
Francesca Toso, Luca Rocchi
317 Il restauro del dipinto Sirene di Max Klinger appartenente alla Fondazione
Romana di Firenze
Francesca Ciani Passeri, Chiara Mignani, Chiara Rossi Scarzanella
324 La Testa di Leda del Castello Sforzesco fra Leonardo e Francesco Melzi
Cecilia Frosinini, Claudio Gulli, Letizia Montalbano, Francesca Rossi
Archivio storico 343 E pluribus unum. I fondi documentari dell’antico e del moderno Opificio delle
Pietre Dure
Lillina Di Mucci, Anna Mieli, Stefania Giordano
363 Le immagini dall’Archivio Storico dell’Opificio e i restauri egizi di Fabrizio
Lucarini: le pitture di Iti e la cappella di Maia
Fabio Bertelli, Elvira D’Amicone, Luigi Vigna
Tecniche artistiche 377 “Tòcca e cuscino”. Reliquie mediorientali dal Reliquiario del Battista: osservazioni
e approfondimenti sulla tecnica artistica
Susanna Conti, Cristina Nencioni
Attività dell’Opificio 393 Restauri eseguiti dal II semestre 2012 al I semestre 2013
2012-2013 a cura di Giuliana Innocenti, Perla Roselli
409 Notiziario
Archivio storico

Le immagini dall’Archivio Storico dell’Opificio e i restauri egizi


di Fabrizio Lucarini: le pitture di Iti e la cappella di Maia
Fabio Bertelli, Elvira D’Amicone, Luigi Vigna

Un fortunato ritrovamento la sua allieva e moglie Giorgina Giorgi, avevano uti-


Il primo lavoro che mi fu assegnato quando arrivai lizzato per diversi anni alcuni ambienti dell’Istituto
all’Opificio nel lontano gennaio 1986 in qualità di come loro laboratorio. Inoltre nei laboratori dell’Opi-
“documentalista” fu il riordino dell’Archivio Storico. ficio presso la Fortezza da Basso, dove erano conflu-
In un articoletto sul secondo numero della prima se- iti materiali provenienti dal Gabinetto Restauri della
rie di ‘OPD Restauro’, indicando i risultati di questo Galleria degli Uffizi, si erano ritrovate due scatole di
lavoro ricordavo una “sezione dell’Archivio fotografi- documenti lasciati da Ugo Procacci che contenevano
co, comprendente un migliaio di lastre fotografiche proprio materiale riguardante l’attività dei Lucarini.
risalenti ad un periodo di circa trent’anni a cavallo Qualche tempo fa Luigi Vigna, restauratore presso il
del secolo, conservate in vecchie scatole per materiale settore di restauro archeologico dell’Opificio, mi par-
fotografico” (F. Bertelli, L’Archivio storico dell’Opificio lò della partecipazione di Fabrizio Lucarini alla spe-
delle Pietre Dure: politica amministrativa e attività di dizione archeologica in Egitto organizzata da Ernesto
restauro, ‘OPD Restauro’, 2, 1987, pp. 115-120). Le Schiaparelli nel 1906. Mi tornarono allora alla men-
lastre erano raccolte in due grandi casse di legno nel- te le lastre fotografiche che riproducevano immagini
la soffitta dell’Opificio dove le ritrovai mentre stavo analoghe. Una breve ricognizione permise subito di
cercando i vecchi registri dell’Istituto. Nell’anno suc- stabilire che le lastre si riferivano proprio alla spedi-
cessivo, insieme a Carlo Sisi, decidemmo di togliere le zione di Schiaparelli e alle pitture murali della tomba
lastre dalle scatole dove erano conservate e di disporle di Maia, staccate in quella spedizione e portate in Ita-
in contenitori più adatti alla loro conservazione, le lia; un’altra serie di foto riproduceva le pitture della
stampe trovate insieme alle lastre furono raccolte in tomba di Iti, dopo il restauro eseguito da Lucarini,
otto grandi album. I soggetti erano i più varii, come durante la loro esposizione in una mostra a Firenze
descrivo nell’articolo citato, ma alcune lastre si distin-
guevano nettamente dalle altre perché riguardavano
una spedizione archeologica in Egitto e una mostra di
pitture murali egiziane, cosa davvero insolita che mi
aveva colpito. Al momento non facemmo ricerche per
cercare di capire la provenienza del fondo.
Successivamente con l’aiuto del fotografo Paolo To-
voli riuscimmo a fare una stampa di tutte le lastre e
poiché una parte di esse riproduceva dipinti conserva-
ti presso gli Uffizi e altri musei fiorentini e notando
che su alcune scatole era riportato il nome “Fabrizio
Lucarini” si ipotizzò che le foto fossero appartenute al
noto restauratore attivo presso la Galleria degli Uffizi
nei primi decenni del Novecento. Non solo le foto-
grafie corrispondevano infatti a dipinti famosi da lui
1. In primo piano le due parti staccate dell’affresco con l’Annunciazione
restaurati ripresi spesso prima e dopo il restauro, ma del Botticelli. Sullo sfondo una delle pitture murali staccate dalla Tomba
i più anziani dell’Opificio ricordavano che Lucarini e di Maia (Archivio fotografico Opificio Pietre Dure).

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Archivio storico

nel vecchio convento di Sant’Apollonia nel 1924, pri-


ma che fossero spedite al Museo Egizio di Torino dove
sono tutt’ora conservate. Infine una foto di estremo
interesse mostra una delle pitture estratte dalla tomba
di Iti insieme all’affresco dell’Annunciazione del Botti-
celli, staccato da Lucarini e da sua moglie nell’edificio
in via della Scala a Firenze, occupato dai Minorenni
Corrigendi. Si tratta dunque di una foto posteriore
all’epoca dello strappo, il 1921 (fig. 1).
[Fabio Bertelli]

Note egittologiche e storiografiche su due scoperte


e due restauri di inizio Novecento
Le pitture delle cappelle di Iti e Maia afferiscono ai
programmi decorativi dell’architettura funeraria priva- 2. la cappella di Maia (a sinistra) e quella dell’architetto Kha (a destra)
ta dell’antico Egitto. Sebbene la loro riscoperta appar- prive della copertura a piramide, andata perduta (Archivio fotografico
Opificio Pietre Dure).
tenga alla storia del Museo Egizio di Torino dei primi
decenni del secolo scorso, restauro ed esposizione le nel pavimento della cappella conduce alla camera sot-
collegano alla figura del restauratore Fabrizio Lucarini. terranea con il sarcofago e il corredo. Maia era vis-
Lucchese ed attivo a Firenze in particolare nel settore suto alla fine della XVIII dinastia, presumibilmente
dei dipinti, lo Schiaparelli lo individua quale collabora- dopo il regno del faraone Amenhotep IV-Akhenaton
tore probabilmente a seguito della permanenza a Firen- (1352-1336 a.C.), quando l’Egitto era divenuto una
ze come direttore del Museo Egizio dal 1880 al 1894. grande potenza internazionale.2
Il suo intervento viene richiesto già per il restauro del- Le pitture di Iti sono più antiche di sei secoli e risal-
le tombe dipinte della regina Nefertari e del Principe gono al Primo Periodo Intermedio (2150-2100 a.C.),
Amonchepeshef, scoperte nel febbraio 1903.1 che coincide con la crisi politica alla fine dell’Antico
Le pitture di Maia sono riportate alla luce poco pri- Regno. In lotta per la supremazia i governatorati lo-
ma del 15 febbraio 1906, data dell’eccezionale ri- cali si organizzano in confederazioni a danno dell’au-
trovamento del corredo intatto della tomba di Kha, torità centrale. Le pitture di Iti sono una significativa
in prossimità di quella di Maia (fig. 2). La località è documentazione di questi eventi. La struttura è la
Deir el-Medina, sede del villaggio e della necropoli tipica architettura a pilastri delle tombe del III e del-
degli operai delle tombe reali delle Valli dei Re e del- la prima metà del II millennio a.C. (Antico e Medio
le Regine. Il proprietario, Maia, aveva la qualifica di Regno), scavate nella montagna a ridosso della fascia
“scriba dei contorni”, cioè “pittore”. La struttura della di terreno fertile lungo il Nilo; dal porticato si accede
cappella è la tipica architettura funeraria privata te- agli ambienti di culto e pozzi conducono ai vani ipo-
bana del Nuovo Regno: un cortile cintato dà accesso gei con il sarcofago e gli oggetti di corredo (fig. 3). La
alla cappella con volta a botte, sormontata da piccola scoperta avviene tra il 14 e il 22 gennaio 1911 nella
piramide di mattoni con estremità in calcare dipinto necropoli di Gebelein, 30 km a sud di Tebe e la cap-
di giallo o rivestito da lamine auree evocanti il sole, pella appartiene ad Iti, “capo delle truppe” della città.3
garante di vita eterna; un pozzo aperto nel cortile o In entrambi i casi si tratta di pitture su supporto mu-

3. Ricostruzione assonometrica
digitale della cappella di Iti con la
collocazione delle pitture (© disegno
di Alberto Rocchia in collaborazione
con Elvira D’Amicone e Luigi
Vigna, in E. D’Amicone, La vita
quotidiana cit., p. 46, fig. 42).

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Archivio storico

4. Le pitture di Maia dopo il distacco nell’accampamento della Missione


archeologica italiana (Archivio fotografico Opificio Pietre Dure).

rario di mattoni di fango misto a paglia, rifinito con


strati di mota ed intonaco con fondo color giallo oro
nella cappella di Maia e grigio chiaro in quella di Iti.
La tecnica è del tipo a tempera con pigmenti impasta-
ti a leganti e stesi a secco, caratteristica della tradizio-
ne artistica egizia.4
Nel caso di Maia le foto dell’Archivio Storico dell’O-
pificio restituiscono inedite immagini con i preparativi
per il trasporto ed il rimontaggio nel museo in prossi-
mità della sede espositiva. Le pitture sono riconoscibili
nell’accampamento della Missione archeologica italia-
na (fig. 4). Individuiamo i seguenti sei soggetti, di cui
riportiamo le originarie collocazioni (figg. 5a,b,c):
1. Maia e la moglie seduti a mensa e scena di offerta
su due registri (parete di fondo della cappella e nn.
1-2 in figura);
5a,b,c. Le pareti di fondo, sinistra e destra, della cappella di Maia con la
2. cerimonia del funerale con trasporto del sarcofago collocazione dei soggetti delle pitture (disegno di Mario Crivello in M.
su slitta (parete sinistra, terzo registro dal basso e n. 1 Tosi, La cappella cit., 1994, p. 70).
in figura);
3. navigazione sul Nilo in pellegrinaggio ad Abido in forzo in previsione del trasporto. La seconda immagine
risalita a vele spiegate da Abido a Tebe (parete sinistra, mostra le pitture ricomposte nella struttura “a cappella”
primo registro dal basso e n. 6 in figura); (fig. 6). Sullo sfondo è visibile la chiusura in testata del-
4. figura di lamentatrice (parete sinistra a lato dell’in- la Galleria al primo piano del museo, realizzata in legno
gresso); e vetro-ferro con modanature ispirate all’architettura
5. imbarcazioni sul Nilo in pellegrinaggio ad Abido egizia. Riconoscibile in una foto degli allestimenti sto-
seguendo la corrente del Nilo da Tebe ad Abido (pa- rici del museo, viene datata “attorno al 1910”, così che
rete destra, primo registro da basso e n. 5 in figura); rimontaggio ed esposizione delle pitture risulterebbero
6. cappella funeraria con offerte (parete destra a lato effettuati quattro anni dopo il ritrovamento, dato che
dell’ingresso e n. 3 in figura). ci riserviamo di verificare, soprattutto per la presenza
Listelli di legno riquadrano le scene con funzione di rin- della figura maschile.5 Riteniamo di identificarla con

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Archivio storico

su dei telai presso a poco come quelli della tomba di


Maia” e suggerisce quale “buona precauzione di co-
prirli con vetro, ma ciò si potrà decidere anche a lavo-
ro finito”. Dall’epoca della scoperta a quella dell’espo-
sizione passano tredici anni per logistica e “pel molto
lavoro che incombeva al Prof. Lucarini”.9 Per le stesse
ragioni il distacco delle pitture avviene nel 1914, poi-
ché nel 1911 il Lucarini non può recarsi in Egitto,
così che lo Schiaparelli comunica al Rosa, suo assi-
stente nella conduzione degli scavi dopo la morte del
Ballerini, che avrebbe dovuto “ricoprirle subito, aven-
do cura di mettere contro le pitture della carta gialla
e terriccio fine in modo che le pitture non abbiano
da soffrire”.10 Alla fine del lungo lavoro, le pitture fu-
6. La cappella di Maia ricomposta nella Grande Galleria del primo piano rono esposte nel maggio 1924 e una prima presenta-
del Museo Egizio (Archivio fotografico Opificio Pietre Dure). zione fu organizzata a Firenze presso il Cenacolo di
Sant’Apollonia. È lo stesso Lucarini ad occuparsene,
il Ballerini, conservatore nel museo dal 1902 al 5 mag- documentandola con le fotografie recuperate presso
gio 1910, data della morte e quindi terminus ante quem l’Opificio.11 Le pitture messe in mostra sono trentasei
per la foto, per cui proponiamo che “attorno al 1910” ed il Lucarini specifica di aver cercato di rispettare la
debba essere inteso almeno come 1909-inizio 1910.6 collocazione originaria per quanto concesso dalla sala
Notiamo con interesse la colorazione bianca della fascia e che alla pittura è associata l’immagine prima del re-
sottostante la sottile banda nera a finitura e piano di stauro “perché nessuno possa supporre che le lacune,
posa delle scene; la sua presenza, documentata anche che si trovano nei dipinti, siano dovute alle operazioni
dalle foto dell’epoca dello scavo conservate nell’Archi- di distacco dal muro e di trasporto su tela”.12 Sempre
vio Storico della Fototeca del Museo Egizio di Torino, dalla stessa comunicazione sappiamo che il Gabinetto
si connota di eventuali sviluppi di indagine conoscitiva Fotografico delle Gallerie aveva realizzato anche ripre-
a fronte dell’attuale situazione, caratterizzata dalla co- se fotografiche nella stessa scala di proporzione e che
lorazione azzurra in corrispondenza delle scene navali.7 su eventuale richiesta sarebbero state spedite al mu-
È un dato che ci riserviamo di verificare come possibile seo “per la ricostruzione, in piccola scala, dei ruderi
intervento spurio non afferente al restauro Lucarini e al della tomba, o per altro”.13 Relativamente alle pitture
momento di ignota realizzazione sulla base dell’esame esposte sulle pareti di Sant’Apollonia identifichiamo i
della documentazione dei restauri museali al momen- seguenti soggetti, che riportiamo nella sequenza pre-
to limitata al periodo 1980-2006. Specifiche indagini disposta dal Lucarini, specificando l’originaria collo-
analitiche potremmo supportare il lavoro d’archivio cazione (cfr. assonometria supra riportata).14
con i loro dati scientifici. A. Parete della sala di Sant’Apollonia con la porta
Sorte diversa ebbero le pitture di Iti, nonostante l’i- d’ingresso (figg. 7-10)15
potesi iniziale prevedesse di ripristinare la struttura (da sinistra a destra)
a porticato. Ne siamo a conoscenza grazie alla lette- 1. uomo con antilope (registro superiore) e asinaio
ra scritta dal Lucarini allo Schiaparelli il 14 maggio (registro inferiore) = pilastro 16 del porticato;
1915: “Esclusa la possibilità di ricostruire la tomba 2. trasporto del raccolto a dorso d’asino fino ai silos
di Gebelein, credo che resterà altro che fare dei ruderi = parete est del corridoio in posizione a nell’assonome-
delle pitture di essa altrettanti quadri da appendersi tria: l’ampia lacuna in prossimità del lato destro corri-
alle pareti e, se lo spazio lo permette, nell’ordine stesso sponde alla cavità nella quale era collocata la stele fune-
in cui si trovavano nella tomba”.8 Nella stessa lettera raria di Iti, smurata in fase di rimozione della pittura;
il Lucarini comunica di aver inviato “con piego a par- 3. imbarcazione = parete tra I e II camera in posizione
te, le misure dei singoli pezzi, i quali verranno fissati b2 nell’assonometria;

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Archivio storico

7. Lucarini nella mostra delle pitture di Iti 8, 9. La parete A della sala con la sequenza
a Sant’Apollonia e alla sua destra le foto del delle pitture di Iti (Archivio fotografico
restauro della cappella di Maia (Archivio Opificio Pietre Dure).
fotografico Opificio Pietre Dure).

4. mandriani con tori = parete tra II-III camera in Nelle pitture 10 e 11 Iti e la moglie guardano verso l’e-
posizione c nell’assonometria; sterno ad accogliere gli offerenti e i familiari in preghiera
5. Iti seduto nel cortile di casa, dove due antilopi come documentato anche dalla fotografia dell’epoca dello
mangiano da una scodella = parete tra III e IV camera scavo;16
in posizione d nell’assonometria; 12. sacrificio di bue e offerte di antilopi e pesci del
6. Iti e Neferu nella loro abitazione con scene di cu- Nilo (tre registri) = parete lunga a destra nella camera
cina e attendenti al cospetto di Iti = parete tra IV-V centrale;
camera in posizione e nell’assonometria; 13. nascita e allattamento di vitellini (due registri) =
7. Iti seduto e arcieri al suo cospetto = parete tra V-VI parete a destra dell’ingresso della camera centrale.
camera in posizione f nell’assonometria; Le figure volgono verso l’interno, dirigendosi verso Iti e
8. macellazione del bue (primo registro) davanti al la moglie;
sarcofago (secondo registro) = parete a sinistra dell’in- 14. presentazione di offerte = spessore del muro del
gresso della camera centrale; vano d’ingresso a destra;
9. offerta di coppia di bovini (primo registro) e uo- 15. offerta di antilope = spessore del muro del vano
mini e donne con le braccia alzate in movimento di d’ingresso a sinistra;
danza (su due registri) = parete lunga a sinistra nella 16. gruppo di gru = parete del corridoio tra I-II ca-
camera centrale; mera in posizione b1 nell’assonometria: la pittura era
10. Iti con la moglie Neferu e lista di offerte = parete posizionata nella stessa area dell’imbarcazione (cfr. su-
di fondo della camera centrale/lato sinistro; pra n. 3).
11. Iti con Neferu e servitore che offre una coscia di B. Parete della sala opposta ad A (figg. 11-12).
bue = parete di fondo della camera centrale/lato destro. (da sinistra a destra)
17. attendenti con i loro levrieri al servizio di Iti = parete
10-12. Le pareti A e B della sala con la sequenza delle pitture di Iti
tra VII e VIII camera in posizione h nell’assonometria;
(Archivio fotografico Opificio Pietre Dure). 18. Iti con il suo arco = pilastro 3;

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Archivio storico

19. soldati con scudi = pilastro 4;


20. ippopotamo = pilastro 7;
21. Iti e levrieri = pilastro 8;
22. Iti vincitore di un Nubiano = pilastro 9;
23. Iti nel cortile di casa con levrieri = pilastro 10;
24. Iti e il suo levriero in riposo = pilastro 11;
25. tre figure maschili nude in ginocchio = pilastro 12;
26. asinaio con asino = pilastro 13;
27. asinaio con asino e asinello = pilastro 14;
28. lavorazione di sarcofago (registro superiore) e asi-
naio (registro inferiore) = pilastro 15;
Oltre le pitture riportate in elenco non riusciamo ad
identificare gli altri otto riquadri nelle foto della parete
B. Potremmo fare un’eccezione forse per una pittura
con soggetto non definibile, associabile all’esemplare
soprastante la scena di Iti con gli attendenti (n. 11) o
quello che precede la composizione con l’ippopotamo
(n. 20) o il riquadro di Iti vincitore del Nubiano (n.
22).17 Il suo recupero nei depositi del museo è avve-
nuto nel corso dei lavori di riallestimento del 2006 in
occasione della XX edizione delle Olimpiadi invernali
e probabilmente la pittura non è stata mai esposta,
perché priva della citata copertura in vetro caldamen-
te consigliata dal Lucarini.18 Un elenco con soggetti e
misure da lui redatto riporta le modalità seguite per
predisporre le pitture alle cornici ed informa sugli
otto temi non reperiti: “Gambe di vacca con vitello”,
“Gambe di uomini, ecc.”, “Piedi di uomo e zampe
di bue”, “Due uomini”, “Uomo seduto”, “Resti di fi-
gure”, “Tre donne” e “Testa d’uccello” (figg. 13a,b).19
Confronti sono in corso con il Giornale di scavo del
Rosa, che descrive accuratamente i soggetti dipinti
nella cappella.20 L’invio a Torino delle trentasei pitture
è attestato anche dalla documentazione di spedizione
della ditta Giovanni Ambrosetti e dal testo della citata
lettera di Lucarini a Schiaparelli a conclusione della
mostra di Sant’Apollonia. È probabile che le ridotte
dimensioni, la minore leggibilità e le logistiche spa-
ziali abbiano condizionato la loro esposizione, deter-
minandone lo smarrimento nelle vicissitudini museali
compreso il periodo bellico. Le immagini delle foto
scattate in occasione della mostra a Sant’Apollonia ce
ne restituiscono almeno il formato.
[Elvira D’Amicone]
13a,b. Lista delle pitture con i soggetti, le misure e le indicazioni relative
alle cornici, conservata all’Archivio di Stato di Torino (© Archivio di
Stato di Torino).

368
Archivio storico

Le esperienze di restauro di Fabrizio Lucarini di pietra, in genere di calcare, data la natura geolo-
sulle pitture egizie di Maia e Iti, gica di gran parte della montagna egiziana almeno
note tecniche e biografiche fino ad Esna. Diversamente nel caso delle pitture di
Le immagini fotografiche emerse dall’Archivio Stori- Maia ed Iti furono asportate solo le superfici pittori-
co dell’Opificio attinenti l’attività di restauro del Lu- che con positiva applicazione della tecnica “di distac-
carini nel campo delle pitture egizie hanno consentito co dal muro e trasporto sulla tela”.24 Memoria della
di riprendere ed aggiornare un percorso di ricerca da complessità dell’intervento rimane nella lettera scritta
vari decenni rimasto aperto ed in merito al quale si dallo Schiaparelli al Ministero della Pubblica Istruzio-
riteneva fossero andate perdute o addirittura non esi- ne in data del 5 giugno 1924, nella quale si sottolinea
stessero memorie documentali. La presente nota vuo- la “difficoltà del riporto su tela, trattandosi di pitture
le essere una breve sintesi dell’attuale stato dell’arte a a tempera”, citazione presente anche nella precedente
distanza di circa un secolo e al tempo stesso intende sezione storico-culturale e riproposta per la sua im-
riaccendere l’interesse per una grande figura del re- portanza. Per valenza artistica e storica emergeva evi-
stauro toscano purtroppo finita un po’ nell’oblio e dente l’importanza del monitoraggio dell’evoluzione
che fra i vari interventi si occupò di opere eccezionali dell’equilibrio conservativo degli interventi effettuati.
come La Gioconda a seguito del rinvenimento a Firen- A tale scopo venne avviata una ricerca documenta-
ze dopo il furto.21 le, finalizzata a ricostruire procedure e materiali im-
piegati a suo tempo per valutare tempi e dinamiche
La vicenda conservativa del fondo pittorico di Maia del degrado ed ipotizzare soluzioni compatibili per
ed Iti al Museo Egizio prima del reperimento della un modello di progetto pilota di manutenzione pro-
documentazione fotografica presso l’Opificio grammata sul significativo fondo pittorico. La docu-
I primi approcci conoscitivi ai restauri ed alla figura del mentazione fotografica e cartacea risultò scarsamente
Lucarini avvennero negli anni ottanta, quando quale esaustiva in merito ai quesiti riguardanti i materiali e
referente per il laboratorio di restauro della Soprin- le procedure degl’interventi in Egitto e le successive
tendenza Antichità Egizie di Torino, chi scrive dovette fasi di allestimento a Torino. Per questa ragione l’am-
occuparsi di limitati interventi di manutenzione con- bizioso progetto fu ridimensionato a percorsi manu-
sistenti in micro-fermature e puliture superficiali delle tentivi ordinari in attesa di dati a supporto del piano
pitture delle cappelle di Maia e di Iti, resesi necessarie di più vasto respiro. Gli elementi emersi dalle imma-
a seguito di monitoraggi espositivi.22 Lo stato di con- gini dell’Archivio Storico dell’Opificio, il confronto
servazione dell’insieme delle cromie, supporti tessili e con le foto delle campagne fotografiche in museo ed il
lignei si presentavano nel complesso abbastanza stabi- carteggio presso l’Archivio di Stato di Torino, hanno
li. Inoltre il fatto che la rimozione ed il recupero delle fornito risposte ad alcuni quesiti, facendo ripartire la
pitture fossero avvenuti ai primi del Novecento nel ricerca.
deserto egiziano con gli inconvenienti logistici, tecnici
e climatici inerenti un tale contesto, confermavano la
maestria dell’autore ed incrementavano l’interesse per la
conoscenza delle tecniche e dei materiali utilizzati. Altro
elemento da considerare era la peculiarità dell’operazio-
ne, poiché in ambito archeologico egizio l’asportazione
di superfici dipinte avveniva tramite distacco compresi
i sottostanti substrati preparatori, inclusa parte della
struttura parietale. A questa pratica si era attenuto lo
stesso Schiaparelli per le pitture di Gau el-Kebir, ulte-
riore importante fondo pittorico del Museo Egizio.23
Da questo tipo di prelievi derivano frammenti o bloc-
chi con substrato preparatorio più o meno spesso in 14. Impasto di mota e paglia per supporti pittorici parietali da una
relazione allo status della sottostante parete o soffitto tomba della necropoli tebana (archivio privato).

369
Archivio storico

Breve digressione sulle pitture egizie e peculiarità su un foglio bianco. Si tratta di un sottile ed unifor-
dell’intervento del Lucarini nella cappella di Maia me strato di stucco, spesso equivocato con gesso, ma
Le stesure cromatiche di entrambe le cappelle differi- in realtà a base di carbonato di calcio con eventuali
scono da quelle su supporto lapideo, esemplificate dal inclusioni sabbiose e granulometria che tenderebbero
citato contesto pittorico di Gau el-Kebir. Nel caso di a suggerire lavorazioni attigue alla calce spenta.25 La
Maia ed Iti le pitture furono realizzate su un materia- tecnica di realizzazione delle pitture è “dipinti murali
le ben più deperibile, aderente al seguente schema. Il a tempera” secondo la definizione dello stesso Fabrizio
primo substrato, più grossolano, è costituito da mota Lucarini (lettera Firenze, 23 maggio 1924) (fig. 15).26
impastata a frammenti minerali e pagliuzze vegetali Le pitture della cappella di Maia, un piccolo ambiente
con funzione di reticolo strutturale; aderisce alla strut- con volta a botte e volumetria di circa 3 m³, furo-
tura portante, costituita da muri o soffitti in mattoni no staccate e trasposte “dalla tela provvisoria alla tela
crudi e paglia e contribuisce ad eliminare irregolarità stabile” già a Deir el-Medina dopo la scoperta e ri-
nella roccia, riempiendone i vuoti (fig. 14). Il primo montate all’Egizio di Torino intorno al 1910 come
strato, anche il più spesso, costituisce il medium strut- dalla ricostruzione cronologica conseguente alla foto
turale e microclimatico fra le irregolarità del muro e dell’Opificio.27 Le immagini testimoniano con niti-
la struttura a grana più fine del secondo substrato, che dezza l’avvenuta trasposizione delle pitture sulla “tela
oltre ad essere più sottile, risulta spesso composto da stabile” nel campo della missione archeologica ed il
argille più raffinate sempre impastate a fibre vegetali. successivo rimontaggio con la struttura lignea portan-
Sul terzo ed ultimo strato si traccia e dipinge come te, conforme a quanto visionato da chi scrive nei ci-
tati monitoraggi conservativi. Per tale struttura lignea
lo scrivente aveva ipotizzato il pioppo come tipo di
legno utilizzato, per analogie morfologiche e spesso
ricorrente per similari strutture di supporto in ambito
artistico per le sue doti di leggerezza, buona resistenza
e notevole stabilità dimensionale. È una componente
che a suo tempo chi scrive non aveva avuto modo di
testare analiticamente e che comunque sarebbe im-
portante verificare. Le modalità tecniche adottate per
il reticolo ligneo, gli assemblaggi e le centine rivela-
no ingegnosità, maestria e sensibilità conservative in
un’epoca in cui le soluzioni tecnologiche relative ai
tensionamenti fra dipinto e cornice sono agli albori e
quanto realizzato dal Lucarini costituisce un interes-
sante esempio per pitture su tela con superfici piane
e curve. Occorre infine precisare che almeno sino al
settembre 2009 non risultano attestazioni d’eventuali
regolazioni d’assemblaggi dell’intelaiatura lignea per
supplire ad ipotetici ritiri o dilatazioni delle tele e tan-
to meno interventi sulle medesime, opzioni che forse
era stato dato per scontato non fossero a posteriori
necessarie, visti gli angusti spazi dell’allestimento,
poco idonei ad ergonomie di lavoro. Se non risulta-
no interventi successivi sulla struttura di rimontaggio
delle pitture, qualche dubbio è emerso in relazione
alle pitture, come evidenziato già nel testo di inqua-
15. Nota spese del restauro delle pitture di Iti del 23 maggio 1924 dramento storico. Le foto con le pitture trasportate
conservata all’Archivio di Stato di Torino (© Archivio di Stato di
Torino). sulla “tela stabile” in situ e poi allestite in Museo te-

370
Archivio storico

16a,b. Lettera del 1 agosto 1923


con indicazioni sulle procedure di
intervento, conservata all’Archivio
di Stato di Torino (© Archivio di
Stato di Torino).

stimoniano la costante colorazione chiara del piano di Le pitture di Iti e il loro restauro fiorentino
posa delle scene, comprese quelle con le imbarcazioni. Diversamente dalle foto delle pitture di Maia, quelle
La stessa situazione è documentata dalle foto di scavo delle pitture di Iti non sono stereofotogrammetriche
del tempo della scoperta e quindi prima dell’interven- e non documentano scoperta e recupero in Egitto, ma
to di distacco-strappo. Ne desumiamo continuità di l’esposizione in anteprima a Firenze nel maggio del
conservazione del registro cromatico di tono chiaro, 1924 presso il Cenacolo di Sant’Apollonia. La manife-
presumibilmente bianco, attualmente limitato ad al- stazione concludeva la lunga fase di restauro finalizzata
cune parti, mentre le fasce sottostanti le imbarcazioni all’allestimento nel Museo Egizio di Torino. Il carteg-
riportano un’accesa tonalità di azzurro e la citazione gio Lucarini-Schiaparelli reperito presso l’Archivio di
del moto ondoso con il caratteristico zig-zag vertica- Stato di Torino integra la documentazione fotografica
le.28 Stupisce la presenza della stessa tinta sul piano di recuperata presso l’Opificio con interessanti dati tecni-
posa della cappella funeraria, la cui dislocazione è la ci di tipo conservativo, da cui si evincono componenti
necropoli, situata nel deserto.29 Al momento non ab- della personalità del Lucarini di notevole modernità
biamo riferimenti, che auspichiamo di reperire con la metodologica e didattica. Rispetto alle pitture di Maia,
consultazione delle campagne fotografiche preceden- pertinenti ad un relativamente piccolo ambiente, il ci-
ti gli anni ottanta. Un’ultima annotazione riguarda clo pittorico di Iti occupava la più estesa metratura
le caratteristiche delle stampe fotografiche rinvenute del lungo corridoio porticato con la camera di culto
in Opificio, che per quanto attengono alle pitture di centrale. Inizialmente l’esperienza di rimontaggio del-
Maia sono doppie e che per tipo di immagine e for- le pitture di Maia indirizzò verso analoga soluzione,
mato rimandano a positivi di lastre stereofotogram- esclusa probabilmente per la complessità strutturale,
metriche.30 Il prosieguo della ricerca tenderà a reperire dalla ricostruzione dei pilastri del porticato a quel-
il tipo di visore per una restituzione visiva in 3d, utile la delle pareti interne con la camera centrale (lettera
per acquisire ulteriori dati. del 14 maggio 1915).31 Nella stessa lettera il Lucarini
esprimeva perplessità anche sulla possibilità di reperire
una metratura adatta all’esposizione con “l’ordine in

371
Archivio storico

17a,b,c. Lettera del 6 dicembre 1923 con le indicazioni sulle cornici, gono fra il contorno irregolare dei vari pezzi di pittura
conservata all’Archivio di Stato di Torino (© Archivio di Stato di
Torino).
ed il margine dei telai, che sono rettangolari; e ciò allo
scopo di nascondere la tela ove manca la pittura, e dare
cui si trovavano nella tomba”. In effetti il totale delle l’illusione che questa sia ancora sul muro” (lettera del
tele era “di N° 36 dipinti murali a tempera” con misu- 1 agosto 1923) (figg. 16a,b). La scelta soggettiva più
re variabili da un minimo di circa 30x50 cm a superfici comoda e semplice sarebbe stata quella d’integrare le
medie intorno a 100x80 cm e dimensioni massime di lacune con un tono bianco che richiamasse l’ultimo
200x120 cm per uno sviluppo complessivo di circa 40 substrato, ma per rispetto archeologico delle stesure
m.32 A fini progettuali di recupero conservativo in con- originali residue il Lucarini sceglie di rifarsi cromatica-
temporanea con il riallestimento delle pitture nel 2006 mente al rigore oggettivo del supporto murario e sia-
chi scrive iniziò il rilievo grafico per lo studio di fatti- mo decenni prima degli scritti di Cesare Brandi. Il fat-
bilità della ricostruzione originariamente ipotizzata dal to avvalora l’ipotesi che avesse a disposizione una certa
Lucarini e dello Schiaparelli. Le foto dell’esposizione quantità di campioni terrosi del muro, elemento che
in Sant’Apollonia con le tele in successione secondo la andrà preso in considerazione nell’eventualità di futuri
collocazione nella cappella confermano il rispetto per interventi conservativi sulle pitture di Iti. Con identi-
la contestualità archeologica, componente condivisa ca sensibilità e rispetto il Lucarini si confronta con le
con lo Schiaparelli, i cui allestimenti museali confor- cornici per l’esposizione finale, per le quali ritiene utile
tano questa impostazione, esemplificata dalla presen- “adottare un modello semplice, che non avesse legame
tazione del corredo di Kha con modalità di richiamo colle pitture, perché anche i profani vedessero subito
alla situazione originaria.33 Con analoga sensibilità il che non sono dipinti nati per esser messi in cornice.
Lucarini affronta il tema della memoria dello status Il vetro, s’intende, dovrà esser messo in modo che non
conservativo, così che nell’esposizione di Sant’Apollo- tocchi il dipinto” (lettera del 6 dicembre 1923) (figg.
nia ogni “quadro” è affiancato dalla relativa foto, in 17a,b,c). Il concetto è ripreso nelle indicazioni inviate
modo che le lacune non siano interpretate come danni allo Schiaparelli per la realizzazione delle cornici insie-
dovuti alla rimozione “di distacco dal muro e di tra- me alla lista delle pitture con le misure e l’indicazio-
sporto su tela” (lettera del 7 marzo 1924).34 Analoga- ne della “Posizione originaria”.35 Vi si specifica che il
mente le finiture si limitano a “riempire, colla stessa dipinto “dovrà rimanere interamente visibile quando
terra di cui era formato il muro, le lacune che riman- sarà posto in cornice. Perciò tutto intorno a ciascun

372
Archivio storico

18a,b,c,d. Lettera del 10 maggio


1924, conservata all’Archivio di
Stato di Torino (© Archivio di
Stato di Torino).

dipinto è stato posto un regolino di un centimetro e difenderli dal contatto con l’aria e rendere ai colori la
mezzo di larghezza, che servirà di appoggio e rimarrà loro naturale vivacità”. Altrettante informazioni vor-
nascosto dal battente della cornice”. Testimonianza di remmo avere sui materiali usati oltre quanto indicato,
questo regolino è nella pittura recuperata nei deposi- ma purtroppo la documentazione reperita non dice
ti, non a caso priva del vetro di copertura a conferma molto di più. Unica eccezione la citata nota spese del
del fatto che non dovette essere mai esposta.36 Quanto 23 maggio 1924, che con riferimento ai compensi ri-
fosse importante per il Lucarini ridurre al minimo gli porta l’impiego di “foderatori ecc. e dei falegnami per
interventi, limitandoli ad essenziali componenti con- la costruzione dei telai” per un costo pari a Lire 7.500
servative eventualmente anche a vantaggio dell’opera, e alla voce “Spese incontrate per la provvista dei mate-
lo deduciamo sempre dalla citata lettera del 1 agosto, riali occorsi al lavoro” cita: “mussolina, tela, colla, car-
in cui il restauratore lucchese specifica che: “Ai dipinti ta, caseina, legname, chiodi, carbone ecc. ecc.” per un
verrà data qualche leggerissima mano di paraffina per costo pari a Lire 2.500.37

373
Archivio storico

Proseguendo le ricerche, non disperiamo di trovare Ringraziamenti


ulteriori dati per una più approfondita conoscenza Si ringraziano i colleghi Giuseppe Zicarelli per la rielaborazione
digitale delle immagini fotografiche, Anna Mieli e Stefania Gior-
di un intervento di restauro così poco invasivo e così
dano dell’Archivio Storico e Fabrizio Bandini direttore tecnico del
duraturo nel tempo, testimonianza di vecchia scuo- settore Pitture Murali.
la sempre valida nella complessa vicenda della storia Un particolare ringraziamento a Maria Barbara Bertini, direttrice
del restauro. Vi riconosciamo la figura di un illustre dell’Archivio di Stato di Torino, per l’autorizzazione alla pubblica-
protagonista di indubbio valore e di straordinaria mo- zione dei testi e delle immagini del carteggio Lucarini-Schiaparel-
destia, prossimo a divenire il primo direttore di un li, conservato presso la sede dell’istituto (Prot. 6100 28.28.00-102
del 15 novembre 2013).
istituto romano finalizzato al restauro, se altri fattori
non l’avessero negato come documentato da quanto Note
scrive nella citata lettera del 10 maggio 1924 (figg. 1) Sulla collaborazione con lo Schiaparelli e la partecipazione alla
18a,b,c,d). Qualche decennio dopo verrà istituito l’I- Missione dello Schiaparelli già a seguito della scoperta della tom-
CR. Tuttavia quanto accaduto non gli impedì di con- ba della regina Nefertari cfr. B. Moiso (a cura di), Ernesto Schia-
parelli e la tomba di Kha, Torino 2008, pp. 226 e 284-286 con
tinuare nell’ azione formativa direttamente a Firenze, scheda a cura della collega Gloria Rosati; più in generale sulla
dove – come egli stesso scrive nella lettera – “pre- figura del Lucarini cfr. G. Giorgi, Un artista lucchese dimenticato:
si ad istruire dei giovani nell’arte del restauro, e ciò il restauratore del celebre ritratto di Monna Lisa, ‘Notiziario Storico
senza nessun compenso; anzi pagando io gli alunni Filatelico’, Lucca marzo-aprile 1975, n. 157, pp. 3-8. Alla do-
del lavoro che facevano per me. Ed ho sempre dato cumentazione delle pitture della regina lavora anche il Bartocci,
pittore originario di Jesi e trasferitosi in Alessandria d’Egitto, dove
a chiunque me le chiedesse tutte le istruzioni relati-
diviene ispettore del Museo Greco-Romano (E. Breccia, Le rovine
ve all’arte stessa; al contrario degli altri, che tengono e i monumenti di Canopo. Teadelfia e il tempio di Preferôs, Bergamo
gelosamente nascosti i loro pretesi segreti”.38 Esperto 1926, p. 9; M. Agostinelli, Ricordo del prof. Mariano Bartocci, ‘Jesi
artefice di restauro ed appassionato maestro, dal suo e la sua valle’, settembre 1970; e B. Moiso, Ernesto Schiaparelli
stesso scritto sappiamo che fu anche sponsor dei pro- cit., pp. 121, 123, 227).
pri lavori. Infatti continuando nella lettura il Lucarini 2) Sulla scoperta e le pitture cfr. le monografie di M. Tosi: La
cappella di Maia, Torino 1969; Una stirpe di pittori a Tebe, 1971-
così si esprime: “Finora ho fatto volentieri quello che 1972; e La cappella di Maia. Un pittore a Deir el-Medina, Torino
le mie deboli forze mi permettevano, e se le forze stes- 1994.
se lo consentiranno, tenterò di portare qualche altro 3) E. d’amicone, La vita quotidiana nell’antico Egitto. Vivere
piccolo sasso per la costruzione dell’edifizio destinato come al tempo di Iti e Neferu, la “Bella”, Torino 2006, in occasione
a difendere le opere d’arte; che è, purtroppo ancora del riallestimento con la riproposizione dell’originaria sequenza
nell’ambiente di culto centrale.
lontano dal suo compimento. Ma le mie forze indivi-
4) Sulla tecnica pittorica e i pigmenti utilizzati cfr. il manuale
duali sono piccole, e in questi ultimi tempi, colle re- dedicato all’antica tecnologia egizia e successivi aggiornamenti
strizioni che si è imposto il Governo, sono ridotto, in- (A. Lucas, J.R. Harris, Ancient Egyptian Materials and Industri-
sieme a mia moglie, a lavorare pei privati, e spendere es, London 1989, pp. 338-366, e Paul T. Nicholson, Ian Shaw,
una parte del ricavato per mandare avanti i lavori delle Ancient Egyptian Materials and Technology, Cambridge 2000, pp.
Gallerie”.39 A più di ottant’anni dalla morte questo 103-120. Al tema ha dedicato una monografia la scrivente (E.
D’Amicone, I colori degli Egizi, Novara 1995), e in particolare
scritto vuole essere anche un dovuto riconoscimento sulla conservazione cfr. S. Colinart, M. Menu, La couleur dans
alla persona e al collega, cui le pitture di Maia e di Iti la peinture et l’émaillage de l’Egypte ancienne, Bari 1998, e W.V.
devono quella continuità museale, che dota la colle- Davies (ed.), Colour and Painting in Ancient Egypt, London 2001.
zione torinese di straordinarie esperienze di recupero 5) Sulla struttura di chiusura della galleria cfr. S. Curto, Storia del
conservativo applicate ad eccezionali contesti dell’an- Museo Egizio di Torino, Torino 1990, fig. 42.
6) Biografia del Ballerini in A. Sesana, Francesco Ballerini: l’uomo
tica pittura egizia.40
e l’archeologo, atti della giornata di studi L’Egitto a Como. Francesco
[Luigi Vigna] Ballerini (1877-1919) e la sua eredità (Como, 9 ottobre 2010),
a cura di A. Consonni, T. Quirino, A. Sesana, Como 2012, pp.
9-20.
7) Cfr. la foto della cappella in M. Tosi, La cappella cit., 1994,
p. 4, fig. 4.
8) Il documento è conservato presso l’Archivio di Stato di Torino,

374
Archivio storico

che si ringrazia per la cortese autorizzazione alla citazione. Per la di Stato di Torino, che si ringrazia per la cortese autorizzazione
sua importanza nell’attività del Lucarini, l’impegno nel restauro alla riproduzione fotografica.
delle pitture della cappella è citato anche in P. Artoni, Contributo 20) Sul Giornale del Rosa e la sua utilità documentaria in relazio-
per una storia del restauro a Mantova: Dante Berzuini (1866-1935) ne alle pitture di Iti, cfr. E. D’amicone, La vita quotidiana cit.,
a Palazzo Te, ‘Postumia’, 21, 2010, 3, p. 147, nota 26 = www. p. 42, figg. 35-36.
univr.ut/documenti/AllegatiOA/allegatooa_24951.pdf [data di 21) Sulla figura del Lucarini e relativa bibliografia si rimanda alla
accesso: 5 ottobre 2013], dedicato al restauro di Palazzo Te di precedente nota 1.
Mantova, cui prestò la sua opera anche il Lucarini. 22) In particolare ci si riferisce alla scena reperita nei depositi ed
9) La citazione è tratta dalla comunicazione dello Schiaparelli al esposta per la prima volta nella mostra La vita quotidiana nell’an-
Ministero in data 5 giugno 1924 (Prot. 8336), conservata nel ci- tico Egitto. Vivere come al tempo di Iti e Neferu, la “Bella”, dedicata
tato carteggio presso l’Archivio di Stato di Torino, che si ringrazia alle pitture di Iti ed allestita al Museo Egizio nella primavera del
per la cortese autorizzazione. 2006 (L.Vigna, La vita quotidiana cit.), come riportato nel testo
10) La lettera, spedita dallo Schiaparelli al Rosa da Torino in data a firma D’Amicone.
13 febbraio 1911, è conservata nel citato carteggio all’Archivio di 23) La scoperta era avvenuta nel 1905 ed aveva procurato al mu-
Stato di Torino, che si ringrazia per la cortese autorizzazione alla seo centinaia di frammenti, in parte asportati ed in parte recupe-
citazione. rati a terra a seguito dei danni subiti in antico. Al loro recupero
11) L’Archivio di Stato di Torino conserva copia delle stesse foto conservativo era collegato un progetto espositivo in seguito non
inviate allo Schiaparelli in data del 1 ottobre insieme all’informa- realizzato e integrato da diagnostica del colore (G. Chiari, E. D’A-
zione di altra serie di immagini “in una stessa scala di proporzio- micone, L. Vigna, Analisi di pigmenti egizi delle tombe rupestri di
ni” ad opera del Gabinetto fotografico delle Gallerie e disponibili Gau el-Kebir, ‘PnDPadova 97’, pp. 869-877; E. D’Amicone, L.
per eventuali utilizzi da parte del museo torinese; di tale invio Vigna, Analysis of pigments and painting technique in the rock-cut
l’Archivio conserva anche la busta con timbro di arrivo apposto tombs at Qau el-Kebir, in S. Colinart, M. Menu, La couleur cit.,
dall’Ufficio Postale torinese in data 3 ottobre. pp. 43-48; G. Chiari, E. D’Amicone, L. Vigna, Non destructive
12) Le specifiche dell’esposizione sono illustrate nella lettera scrit- X-ray diffraction analysis using Goebel mirrors: an application to
ta dal Lucarini allo Schiaparelli il 7 marzo del 1924 in fase di Egyptian pigments and glasses, in S. Colinart, M. Menu, La couleur
finitura del lavoro e in quella successiva del 10 maggio a fine ma- cit., pp. 87-94).
nifestazione. I due documenti sono conservati presso l’Archivio di 24) La citazione è tratta dalla nota spese delle pitture di Iti, invia-
Stato di Torino nel citato carteggio. Il testo della comunicazione ta dal Lucarini allo Schiaparelli in data 23 maggio 1924, riprodotta
del 10 maggio è interessante perché relaziona anche sui rapporti nella figura 15 del presente contributo. Il documento è conservato
Lucarini-Ministero per l’organizzazione di una futura scuola di nel carteggio Schiaparelli-Lucarini all’Archivio di Stato di Torino, che
restauro romana, l’attuale ICRCPAL. si ringrazia per la cortese autorizzazione alla pubblicazione. Per il ter-
13) Cfr. la precedente nota 11; un modellino fu realizzato molto mine “distacco” del Lucarini non bisogna equivocare con quanto si
tempo dopo, nei più recenti anni del dopoguerra (S. Curto, Storia indica in ambito tecnico contemporaneo nel caso dell’asportazione
cit., p. 26, fig. 48), ma la sequenza delle pitture è invertita, pro- degli affreschi inclusi i substrati di supporto, mentre attualmente
babilmente per incomprensione delle indicazioni poste sul retro quanto da lui operato sarebbe piuttosto considerato uno strappo.
delle cornici, e le coppie dei coniugi nella cappella guardano erro- 25) Su tale problematica cfr. A. Lucas, J.R. Harris, Ancient Egyp-
neamente verso l’interno. Tali verifiche sono state possibili grazie tian Materials cit., s.v. gypsum, plaster; Paul T. Nicholson, Ian
all’accurato riesame della documentazione fotografica d’epoca, Shaw, Ancient Egyptian Materials cit., s.v. gypsum, plaster; E.
delle indicazioni riportate dal Lucarini nella sua corrispondenza D’Amicone et al., Cartonnages in tela e papiro stuccati e dipinti,
e delle descrizioni del Rosa, assistente dello Schiaparelli, nel Gior- e inchiostri: due capitoli del progetto “Colore”, in Il Papiro di Ar-
nale di scavo del 1911, anno della scoperta delle pitture. temidoro, atti del Convegno Internazionale di Studio (Rovereto,
14) Cfr. fig. 3. 29-30 aprile 2009), Atti della Accademia Roveretana degli Agiati,
15) La fig. 7 mostra anche il Lucarini, e sulla parete alla sua destra ser. VIII, vol. IX, fasc. II, 2, a cura di L. Canfora, pp. 173-192.
sono affisse le foto della cappella di Maia e del suo restauro, la 26) Cfr. la precedente nota 4.
precedente attività che aveva reso preziosa la collaborazione con la 27) La data del 1910 si desume dalla struttura lignea al fondo del-
missione di scavo italiana in Egitto. la sala del museo con la cappella in fase di rimontaggio (cfr. testo
16) E. D’amicone, La vita quotidiana cit., pp. 44-45, figg. 38- precedente a firma D’Amicone) e la citazione della tecnica usata,
41, che mostrano chiaramente l’orientamento della coppia verso analoga a quella impiegata per le pitture di Iti, è tratta dalla citata
l’esterno nell’atto di accogliere i visitatori come di prassi da parte nota spese in figura 15.
dei “padroni di casa” e la sequenza effettiva delle scene. 28) A titolo esemplificativo si rimanda alla figura 6 del testo a
17) L. Vigna, La vita quotidiana. Temi inerenti la conservazione, firma D’Amicone; M. Tosi, La cappella, cit., 1994, figg. 4 e 7-8,
in E. D’Amicone, La vita quotidiana cit., pp. 54-55, figg. 46-47. pp. 4 e 6-7; e S. Curto, Storia cit., fig. 108 (colorazione bianca);
18) Cfr. p. 370. S. Curto, L’antico Egitto nel Museo Egizio di Torino, Torino 1984,
19) L’elenco, composto di due pagine con disegno finale fa parte fig. p. 193 (in basso); M. Tosi, La cappella, cit., 1994, fig. 11 p. 42
del citato carteggio Lucarini-Schiaparelli, conservato all’Archivio (colorazione azzurra).

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Archivio storico

29) La raffigurazione è nel registro inferiore all’estremità della pa-


rete laterale destra (M. Tosi, La cappella, cit., 1994, fig. 26, p. 53).
30) Cfr. figg. 3 e 6 del testo precedente a firma D’Amicone.
31) Cfr. il precedente testo a firma D’Amicone.
32) La misura è riportata anche dal Lucarini nella lettera del 10
maggio, scritta allo Schiaparelli come relazione dell’esposizione e
citata nel testo a firma D’Amicone (nota 12).
33) Le ridotte dimensioni dell’ambiente espositivo erano state
valutate per evocare il piccolo ambiente in cui gli oggetti erano
stati riportati alla luce. Non mancano altre testimonianze quali
le sale dedicate agli scavi di Assiut con il campionario completo
dei materiali ivi rinvenuti e di suggestiva bellezza, dalla grande
statuaria al micromondo ricreato dai modellini di uomini e donne
al lavoro come da loro esposizione in museo in E. D’Amicone,
Sculture di legno e corpi immortali, in Egitto mai visto, catalogo della
mostra (Trento, Castello del Buonconsiglio, 30 maggio-8 novem-
bre 2009), a cura di E. D’Amicone e M. Pozzi Battaglia, Trento
2009, fig. p. 131.
34) Lettera citata anche nel testo a firma D’Amicone e riferimento
alla sua nota 12.
35) Il documento è riportato anche nel testo a firma D’Amicone
con relativa foto alla figura 13b.
36) Su questa particolare pittura si rimanda a quanto scritto nella
precedente nota 22.
37) Per il documento si rimanda alla figura 15. Le spese totali
compreso il trasporto dall’Egitto a Torino (Lire 5.000) ammon-
tano a Lire 15.000.
38) Per il documento si rimanda alla nota 12.
39) Più volte il carteggio Lucarini-Schiaparelli cita le sue attività
presso il Gabinetto delle Gallerie, che peraltro non vollero auto-
rizzarlo ad assumere la direzione della Scuola di Roma (lettera del
10 maggio 1924); tale impegno fu anche una delle ragioni della
lunga durata del restauro, come si evince dal citato carteggio.
40) Ricordiamo che Fabrizio Lucarini nacque a Livorno il 20
maggio 1861 e morì a Firenze il 1 agosto 1928.

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