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Università degli Studi di Genova

Scuola di Scienze Umanistiche


Corso di Laurea Triennale in Conservazione dei beni culturali
Storia della Fotografia con elementi di catalogazione
Prof. Alberto Terrile
Flavia Boragina
Matricola: 3921403

Robert Capa: La storia in bianco e nero.

Robert Capa fotografato da Ruth Orkin, Parigi, 1952

1
“Se le vostre foto non sono abbastanza buone, non siete abbastanza vicino.”
Parole dette da una delle pietre miliari del fotogiornalismo del ‘900 il fotoreporter Robert
Capa, pseudonimo di Endre Erno Friedmann (1913-1954) e che racchiudono,
probabilmente, lo scopo di tutta la sua vita trascorsa sui campi di battaglia al fianco di
soldati e di persone travolte dalla distruzione della guerra.
<<La tecnica del fotoreporter non è molto diversa da quella di qualsiasi altro operatore
fotografico; ma quell’abilità, quella temerarietà,quella prontezza di saper cogliere immagini
insolite[...] che si esigono da lui, fanno del suo lavoro un ramo speciale. Cogliere l’istante
preciso in cui far scattare l’otturatore diventa istintivo. Basta un secondo di esitazione e il
servizio è perduto.>>1 Così Newhall definisce i primi fotografi che grazie all’invenzione
della lastra a mezzatinta negli anni
Ottanta dell’Ottocento iniziano a
collaborare con i giornali e le prime
riviste illustrate (come la Illustrated
American: prima rivista nata per
servirsi esclusivamente di fotografie)
dando così vita alla figura del
fotogiornalista.
Il fotogiornalismo si propone di dare
informazioni sui fatti di cronaca
tramite fotografie affiancate da un
testo prodotto del lavoro di nuovi
fotografi e giornalisti direttamente
sul campo che quindi necessitano di
una apparecchiatura più leggera e
maneggevole messa a loro
disposizione grazie alle innovazioni
tecnologiche. A loro favore gioca
anche lo sviluppo dei trasporti che
rendono possibile l’arrivo in agenzia
in tempi brevi del loro servizio e la
relativa commercializzazione dei
rullini nonostante i rischi insiti nel
viaggio. Come dice lo stesso Capa:
“In genere uno scoop dipende sia
dalla fortuna che dalla rapidità nella
trasmissione delle foto, tant’è che la maggior parte degli scatti non significano nulla appena
il giorno dopo la loro pubblicazione.”2 Nasce quindi un tipo di fotografia che si discosta da
ogni genere precedentemente emerso nella sua storia; la necessità di cogliere l’attimo
obbliga i fotoreporter a far uso di macchine come la Leica usata proprio da Endre per il suo
primo incarico ottenuto dalla Dephot di Berlino, città in cui approda dopo essere stato
esiliato dall’Ungheria nel 1931 a causa della sua adesione a gruppi antifasciti schierati
1
Beaumont Newhall, Storia della fotografia, 1984, Einaudi
2
Robert Capa, Leggermente fuori fuoco,2015, Contrasto. Cfr, Cap: 6. Pg: 108.

2
contro il regime protofascista dell’ammiraglio Miklos Horthy. Grazie al direttore Simon
Guttam che vede in lui grandi potenzialità come fotografo passa da essere un semplice
fattorino ad assistente di camera oscura e infine ad ottenere un incarico importante come
quello appunto di fotografare la conferenza di Lev Trotzki a Copenaghen il 27 novembre
1932, sembra che quel giorno il servizio di polizia temendo un attacco stalinista vietasse
però l’ingresso alle vistose attrezzature fotografiche e inoltre ogni tipo di ripresa su ordine
dello stesso Trotzki ma Endre portava con se una piccola Leica e come disse lui stesso anni
dopo: “ a nessuno venne in mente che io potessi essere un fotografo”, così riuscì a scattare
inquadrato dal basso la foga e la gestualità oratoria di quel leader ‘aniconico’. 3
L’emergente fotografo, per le sue origini ebraiche, non ha il tempo nemmeno di gustarsi il
successo a causa dell’ascesa al potere di Hitler. Dopo l’incendo al Reichstag del 27 febbraio
1933 riesce ad ottenere i documenti per tornare in Ungheria dove però rimane solo fino
all’autunno per trasferirsi poi a Parigi. Qui, e più precisamente nei caffè di Montparnasse, la
sua vita e carriera subisco una svolta decisiva: fa la conoscenza di altri fotografi di cui
diventa amico come Andrè Kertèsz, David Seymour (detto “Chim”) e Henri Cartier-Bresson
( con i quali fonderà la Magnum, una cooperativa di fotografi che ancora oggi è una delle
più importanti agenzie fotografiche del mondo) ma soprattutto fa la conoscenza di Gerda
Phorylle, anche lei profuga tedesca. Lei batte a macchina le didascalie delle sue foto mentre
lui le insegna a usare la macchina fotografica. Di li a poco si innamorano e danno inizio ad
una collaborazione che cambierà totalmente la carriera di Andrè (così si fa chiamare arrivato
nella capitale francese). Nel 1936 le vendite scarseggiano e così decidono di fondare una
società composta da tre elementi: Gerda segretaria e respondabile commerciale, Andrè
assistente di camera oscura e Robert Capa grande fotogiornalista americano (che in realtà è
lo stesso Endre).

Ritratto di Gerda Taro che lavora alla macchina da scrivere, Parigi, Francia, 1936. (Dal web).

3
Roberto Andreotti, L’altra vita di Robert Capa, 2015, Il Manifesto

3
Helena Janeczek, premio strega 2018 per il romanzo La ragazza con la leica, ha svolto degli
studi proprio sul loro rapporto: in un intervista del 23 agosto 2018 sul quotidiano La Verità
in merito a Gerda e al loro primo incontro afferma: “aveva lo spirito innato
dell’imprenditrice. Quando conobbe Andrè Friedmann, intuì che il giovanotto dietro a
quell’aspetto dimesso, lo sguardo da tombeur de femme e i modi timidi per farlo, era un
talento naturale, cui mancava quella marcia in più per imporsi all’attenzione.
Fu così che applicò, con notevole intuizione per l’epoca una efficace strategia di
marketing.”
Lei stessa cambiò il suo nome in Gerda Taro per l’assonanza con Greta Garbo e per
omaggiare un giovane artista giapponese che in quegli stessi anni si trovava a Parigi: Taro
Okamoto. Come testimonia l’amica di Gerda, Ruth Cerf, anche il nuovo pseudonimo di
Endre è ispirato al cinema, ambiente a cui poi lui stesso si avvicinerà : “Capa” si ispira al
nome di Frank Capra famoso regista di Hollywood mentre “Robert” si rifà all’attore Robert
Taylor che per altro nel 1936 interpreta l’amante proprio di Greta Garbo nel film Camille
[Margherita Gautier].
Grazie a questo escamotage le fotografie di Capa spopolano rendendo il misterioso
fotografo famoso, quando l’inganno viene scoperto Andrè decide di assumere il nome di
Robert Capa e di dimostrarsi all’altezza della sua fama.
Nel Luglio del 1936 Gerda e Robert incaricati dalla rivista settimanale Vu partono alla volta
della Spagna per documentarne la rivoluzione appena scoppiata, dalla quale Gerda non
tornerà mai: nel 1937 mentre Capa si trovava a Parigi viene travolta da un carro armato
della resistenza in ritirata a Brunete nei pressi di Madrid, il giovane fotografo non si
riprenderà mai del tutto dalla morte della sua amata che poco prima aveva rifiutato di
sposarlo in nome della sua libertà.
Da qui ha inizio la sua brillante carriera che lo vedrà negli anni successivi coinvolto su
molteplici campi di battaglia in numerose guerre (per essere precisi ben cinque: la sopra
citata Rivoluzione Spagnola, la resistenza cinese all’invasione giapponese, la Seconda
guerra mondiale, la Prima guerra arabo-israeliana e la guerra in Indocina) nessun altro
fotoreporter aveva mai dato una prova di coraggio tale e una capacità empatica di vivere il
suo tempo4.
Durante la rivoluzione spagnola riesce a scattare la foto che lo renderà famoso in tutto il
mondo come fotoreporter, una delle foto più controverse e discusse di tutto il novecento e
forse ancora oggi: Il miliziano colpito a morte pubblicata per la prima volta il 23 settembre
1936 sulla rivista Vu e successivamente su Life e su altre migliaia di riviste divenendo una
delle foto di guerra più famose mai scattate.

4
Robert Capa, 2015, Leggermente fuori fuoco, Aosta, Contrasto srl.

4
Ph: Robert Capa, Il miliziano colpito a morte, Cerro Muriano (Cordova), Spagna, 5 settembre 1936.

Questa foto è stata a lungo al centro di una diatriba sulla sua autenticità e molti sono stati
gli storici e studiosi che hanno analizzato ogni dettaglio riguardante lo scatto di quel
miliziano che negli anni Novanta fu riconosciuto come Federico Borrell García, ucciso da un
proiettile sparato dai franchisti a Cerro Muriano.
Nei primi anni Settanta è lo storico e fotografo Ando Gilardi a schierarsi contro l’autenticità
della foto, in seguito allo studio dei negativi originali, soprattutto per il luogo in cui è
dichiarato lo scatto; infatti secondo ricerche condotte da un quotidiano di Barcellona, El
Periodico de Catalunya, la foto sarebbe stata scattata a 50 km di distanza nel villaggio di
Espejo e soprattutto non vi furono scontri armati tra le due parti nel periodo indicato.
A sostegno sempre della stessa tesi di inautenticità si schiera anche lo studioso Jose
Manuel Susperregui nel suo libro Sombras de la fotografia (Ombre della fotografia)
sostenendo che il formato della foto doveva appartenere per forza ad una fotocamera
Rolleiflex probabilmente appartenuta alla sua compagna Gerda in quanto Capa in quel
periodo faceva uso di una Leica o più tardi di una Contax. Entrambe le macchine
producono negativi non compatibili con quello del miliziano.
A favore della veridicità dello scatto invece si schiera il biografo di Capa Richard Whelen
che tramite le sue ricerche ha confermato l’identità del miliziano ma soprattutto il giorno e
il luogo della sua morte che sembra essere persino registrata negli archivi ufficiali. A
mettere fine, forse, a tutte queste polemiche nel 2013 fu la scoperta e pubblicazione da

5
parte del Centro Internazionale di Fotografia (fondato dal fratello Cornell Capa nel 1974 a
New York) di un’intervista del 1947 in cui lo stesso Capa spiega il modo in cui ha scattato la
foto in questione.5 Tutte queste
ricerche a favore o contro la
veridicità di questo scatto non
hanno minimamente scalfito il suo
significato simbolico. Un’immagine
triste quasi patetica ma allo stesso
tempo carica di sentimenti gli stessi
che animavano i rivoluzionari
spagnoli e che analogamente al
miliziano, alla fine della guerra,
cadranno sotto i colpi del fascismo
di Franco. Un caso differente ma
sotto certi aspetti analogo si può
riscontrare nello scatto di Joe
Rosenthal del 23 febbraio del 1945
la celeberrima Flag raising on Iwo
Jima, non vi sono sicuramente dubbi sul luogo o sull’autenticità dello scatto,
semplicemente vittima di un malinteso, non rappresenta però il vero momento in cui fu
issata la bandiera ma analgamente al miliziano di Capa è diventata un immagine indelebile
nella storia simbolo della vittoria americana nel pacifico. Grazie alla fama acquisita con gli
scatti spagnoli e dopo la morte di Gerda ottiene
nuovi incarichi che lo porteranno prima in Cina
(resistenza contro l’invasione giapponese) e
successivamente nel 1939 di nuovo in Spagna per la
capitolazione di Barcellona. In Cina inizia quella
che sarà la linea guida della sua fotografia. Il
servizio infatti non si dedica solo alla
documentazione degli atti di guerra ma sembra
essere molto più legato a tutto ciò che essa porta
con se e il modo in cui incide sulle persone
coinvolte. Le sue foto non mostrano soltanto
morte e sangue sui campi di battaglia ma anche il
loro contesto: la distruzione, la paura e il dolore
sui volti degli uomini e delle donne o addirittura,
come nel caso del Soldato bambino l’assoluta
mancanza di espressione, che nel suo
silenzio e immobilità rendono forse ancora
più forte il suo dramma: privato della sua giovinezza e forse ormai incapace di ridere e

5
Robert Capa 1947 Radio Interview, dal sito: https://www.icp.org/news/robert-capa-1947-radio-interview

6
piangere come ogni essere umano, in contrapposizione alla gioia che pervade lo scatto dei
bambini che giocano spensierati nella neve nonostante la tragedia che li circonda.

Ph: Robert Capa, Bambini che giocano


nella neve, Hankou, Cina, marzo 1938
(Courtesy International Center of
Photography, Magnum Photos)

7
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e l’avanzata tedesca Capa è costretto a
fuggire dall’Europa per rifugiarsi negli Stati Uniti
dove svolge alcuni servizi per conto di Life
(Messico, elezioni presidenziali). Tornato a New
York però è considerato “potenziale nemico
straniero”6 essendo di origine ungherese e
sprovvisto di una documentazione chiara, infatti
avrà difficoltà ad uscire dal paese quando la
rivista Collier’s gli affiderà un incarico speciale
riservandogli un passaggio per l’Inghilterra su un
convoglio di trasporto di aerei americani. Da qui
inzia la grande avventura che lo stesso Capa ci
racconta nel suo libro Slightly out of focus
(Leggermente fuori fuoco) al seguito delle truppe
Alleate in Nord Africa e successivamente lo
sbarco in
Sicilia con
conseguente
liberazione
del sud
Italia. A
questo
periodo
appartiene
un’altro
scatto
iconico:
Contadino
Siciliano
indica a un
Robert Capa, Contadino siciliano indica a un ufficiale americano la direzione presa dai tedeschi,
ufficiale la Sicilia, 4-5 agosto 1943 (Courtesy International Center of Photography, Magnum Photos)
direzione
presa dai tedeschi. Nonostante la revoca dell’incarico da parte di Collier’s decide
comunque di continuare a seguire l’avanzata degli alleati in prima linea documentando
così la presa di Troina, consapevole che i suoi scatti avrebbero potuto non essere mai
pubblicati tantomeno pagati. Lui stesso racconta: “Troina fu dura. [...] Era questa la prima
volta che seguivo un attacco dall’inizio alla fine ma fu anche l’occasione per scattare alcune
ottime foto. Erano immagini molto semplici. Mostravano quanto noiosa e poco
spettacolare fosse in verità la guerra.”7 Una guerra fatta di piccoli paesi distrutti dai
bombardamenti e di persone comuni che nelle loro misere condizioni sono fotografati da
6
Robert Capa, 2015, Leggermente fuori fuoco, Contrasto srl, capitolo 1 pp 23
7
Robert Capa, Leggermente fuori fuoco, 2015, Contrasto srl. Cfr. Cap; 6. Pg: 108

8
Capa con una sensibilità e solidarietà che risulta radicata in ogni singolo scatto. Uno dei
suoi collaborati, lo scrittore John Steinbeck parlando di lui e del suo lavoro disse: “Capa
sapeva cosa cercare e cosa farne dopo averlo trovato. Sapeva, ad esempio, che non si può
ritrarre la guerra, perchè è soprattutto un’emozione. Ma lui è riuscito a fotografare
quell’emozione conoscendola da vicino”. Presa Troina riceve la notizia dalla rivista Life di
essere stato assunto lasciando così indietro “il nemico alieno” che a suo dire “era coinvolto
in questa guerra molto di più di quanto potesse esserlo un fotoreporter regolarmente
accreditato da Life.”8 A differenza degli altri fotografi Capa si trova quasi sempre in prima
linea a richiare la vita per i suoi scatti. Con l’avanzare degli Alleati raggiunge Napoli di cui
documenta la liberazione sempre fedele al suo stile immortalando la tragica situazione
riuscendo a farne emergere una dignità che neanche la guerra è riuscita a portargli via.
Nel maggio 1944 è a Londra, città in preda alla febbre dell’invasione, tra centinaia di
corrispondenti di guerra dodici vennero scelti per seguire le prime forze di invasione e solo
quattro di essi erano fotografi: uno di questi era Capa. Nell’estate dello stesso anno il porto
di Weymounth ospitava navi da guerra, da carico e da trasporto truppe: tutto era pronto
per il D-Day. “Il nostromo abbassò il portellone corazzato anteriore e lì, in mezzo a
sbarramenti d’acciaio che spuntavano
dall’acqua in strani arabeschi, apparve una
sottile linea di terra avvolta nel fumo: la

Ph: Robert Capa,In coda per l’acqua in una via di Napoli, ottobre
1943, International Center of Photography/Magnum

nostra Europa, la spiaggia “Easy Red”[...] “I


soldati immersi fino alla cintola, i moschetti
pronti a sparare, le difese d’acqua anti
invasione e la spiaggia avvolta nel fumo: tutto
ciò, per un fotografo, era davvero più che
sufficiente. Mi fermai qualche istante in
plancia per scattare le mie prime, vere
immagini dello sbarco. Il mare era gelido e la
spiaggia ancora lontana un centinaio di metri.
Mentre intorno a me fioccavano proiettili che
bucavano l’acqua, mi diressi verso la barriera
d’acciaio più vicina”9
Durante lo sbarco Capa riesce a scattare, con
la sua fotocamera Contax, 106 fotografie, i
rullini vennero inviati il giorno stesso a Londra
Ph: Robert Capa, Le truppe alleate si imbarcano sulle vedette in alla redazione di Life ma, come racconta il
rotta verso le spiagge della Normandia, Alba del D-Day 6
giugno1944 fotografo, purtroppo furono rovinate dalla
fretta di un assistente di camera oscura un po’ troppo emozionato che in fase di
8
Robert Capa, Op. Cit. Cfr, infra.
9
Robert Capa, 2015, Leggermente fuori fuoco, Contrasto srl, cfr, cap: 9, pg:167

9
asciugatura aveva alzato troppo la temperatura rovinando così l’emulsione. Di 106 scatti su
4 rullini dell’unico fotoreporter che aveva
assistito e documentato il famosissimo D-Day ad Omahh Beach ne rimasero otto a detta di
Capa sgranati e sfuocati dal calore, in realtà furono undici (un solo rullino) diventati famosi
con il nome “Magnificent eleven”.

Ph: Robert Capa, Sbarco delle truppe americane a Omaha Beach, Normandia, 6 giugno 1944 (Courtesy International
Center of Photography, Magnum Photos)

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Seguirà ancora le truppe alleate fino alla liberazione di Parigi dove il 22 maggio 1947 fonda
insieme a Henri Cartier-Bresson, George Rodger e David Seymour l’agenzia Magnum con
sede a Parigi e a New York dedicandosi alla formazione di nuovi reporter. Successivamente
diventerà una della maggiori agenzie al mondo dando rilievo alla singolarità di ognuno dei
suoi fotografi fondando la forza del gruppo nella creatività e nelle imprese individuali.
Nonostante in questi anni abbia problemi di salute nel 1948 è a Tel Aviv per documentare
la nascita dello Stato di Israele e nel
1954 viene invitato come ospite

Ph: Robert Capa, Sulla strada da Nam Dinh a Thai Binh, Vietnam, 25
maggio 1954 (Courtesy International Center of Photography,
Magnum Photos)

dall’editore Mainichi in Giappone da qui parte per quello che sarà il suo ultimo viaggio
sempre sotto incarico di Life per documentare la Prima Guerra Indocinese. Il 25 maggio
1954 di ritorno con una squadra di truppe francesi da una missione, allontanatosi dal
convoglio per scattare delle foto scelse decisamente il punto sbagliato: una mina antiuomo
pone fine alla vita di uno dei più brillanti fotoreporter mai vissuti e preso ancora adesso ad
esempio per i suoi canoni estetici ed etici. Reso famoso dai servizi fotografici di guerra
grazie alla sua personalità estroversa e giocosa caratterizzata da uno humor ebraico e da
una lingua tutta sua che ironicamente i suoi colleghi e amici chiamavano “Capese”, durante
la sua vita entrò in contatto con molte delle personalità del momento emergendo in tempo
di pace anche come ritrattista. Durante la Rivoluzione Spagnola ad esempio conosce Ernest
Hemingway con cui stringe un’amicizia molto stretta tanto da chiamarlo “papà”
(soprannome attribuitogli durante la guerra) e rapporto che manterrà per tutta la sua vita.
Ph: Robert Capa, Ernest Hemingway e il figlio Gregory, Sun Valley, Idaho, ottobre 1941 (Courtesy International Center
of Photography, Magnum Photos)

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Successivamente ritrarrà anche personalità artistiche come Picasso e Matisse.
Nonostante la sua fama sia
ampiamente riconosciuta in bianco e
nero durante l’ultimo periodo della
sua vita dal 1941 fino alla sua morte
sperimenta la pellicola a colori
soprattutto durante il periodo passato
a New York (dopo aver ricevuto la
cittadinanza americana) si avvicina
all’ambiente hollywoodiano
realizzando diversi ritratti di attori e
attrici celebri ma anche per qualche
scatto della Seconda Guerra
Mondiale, alcune delle prime
fotografie vennero pubblicate su
riviste le altre addirittura non furono
mai stampate fino alle prime mostre
Ph: Robert Capa, Humphrey Bogart e Peter Lorre sul set di “Il tesoro del nuovo “Capa a colori” organizzate
dell’Africa“, a Ravello, Italia, aprile del 1953. dal Centro Internazionale di
Fotografia che le presenta con queste parole: “Guardando la carriera di Capa attraverso le
sue fotografie a colori ci vengono forniti nuovi spunti di riflessione sulla tenacia con cui il
fotoreporter documentò i suoi viaggi in un’epoca dominata dal bianco e nero. Anche se
non c’era mercato per le fotografie di guerra a colori, Capa usò regolarmente la pellicola a
colori insieme a quella in bianco e nero. Le immagini a colori della sua carriera nel
dopoguerra contengono poco della gravità politica dei suoi racconti di guerra, mentre
riflettono una visione più pacifica e prospera del mondo“. Immagini che stupiscono con le
loro tinte pastello decisamente lontane dalla morte e dalla distruzione dei campi di
battaglia ci mostrano un’altra faccia dell’uomo temerario e pronto a tutto per mostrare la
verità. Quest’ultima punto fondamentale della sua intera carriera. Più cerchiamo di
conoscere la figura di Robert Capa sia essa giornalista, fotoreporter, ritrattista o scrittore
più rimaniamo stupiti di quanto abbia messo nel suo lavoro una sensibilità rara e vera sia
nei momenti più drammatici che in quelli più leggeri lasciando così un marchio indelebile
non solo nella storia della fotografia ma proprio nella Storia.

Bibliografia:
 Robert Capa, 2015. Leggermente fuori fuoco, Aosta: Cortina editore.
 Roberto Andreotti, 2015, L’altra vita di Robert Capa, Il Manifesto.
 Beaumont Newhall, 1984, Storia della fotografia, Einaudi.
Sitografia:

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 Intervista a Helena Janeczek:
http://www.artslife.com/2018/08/23/gerda-taro-robert-capa-ntervista-helena-
janeczek/
 Sito ufficiale Magnum Photography:
https://www.magnumphotos.com/photographer/robert-capa/

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