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La moda futurista si manifestò alcuni anni più tardi rispetto alla pubblicazione di Filippo Tommaso Marinetti

del Manifesto del Futurismo, avvenuta nel 1909 sul quotidiano parigino Le Figaro, ma introdusse comunque
un cambiamento determinante per l'innovazione del costume del '900.

Il manifesto della moda futurista è stato pubblicato nel 1914 da Giacomo Balla con il titolo “Le vetement
masculin futuriste” Dopo l'attentato di Sarajevo il manifesto venne ripubblicato in Italia con il titolo “Il
vestito antineutrale” che si apriva con la frase: "glorifichiamo la guerra, sola igiene del mondo."

Successivamente viene pubblicato da Volt, nel 1920, il Manifesto della Moda femminile Futurista.

Il vestito diventa il “medium” perfetto tra arte, vita e propaganda futurista. L’abito viene considerato dal
movimento come un segno linguistico capace di esprimere sia uno stile di vita sia i concetti chiave del
movimento futurista.

I futuristi volevano eliminare “quei tratti noiosi e borghesi ormai troppo ottocenteschi”. Ecco che, allora,
viene introdotta la geometria nell’abbigliamento per abolire il rigore borghese; i vestiti, come anche i loro
dipinti e le loro sculture, devono trasmettere vitalità, i colori devono essere brillanti, le linee dinamiche, il
movimento del corpo deve essere favorito, non ostruito.

L’abito futurista deve essere scioccante e provocante, anti-borghese, oltre ad essere pratico adattabile
ad ogni attività di vita, ma anche igienico e, ovviamente, confortevole.

L'entusiasmo per la modernità, esaltato attraverso i nuovi miti della macchina, della velocità, dell'elettricità
e della tecnologia, coinvolse anche la moda. Gli artisti quindi contrapposero a quello che Balla definiva un
aspetto "desolante funerario e deprimente" del modo di vestire abituale, abiti colorati e vivaci, con effetti
di asimmetria e dinamismo.

Negli anni dopo la guerra gli artisti futuristi aprirono in diverse città italiane nuovi laboratori in cui
attuarono un'ampia produzione di oggetti di arte applicata che andavano dall'arredamento, al design, alla
moda.

Giacomo Balla disegnò diversi tessuti, capi di abbigliamento e accessori sia maschili che femminili, come
camicie, scialli, cinture, ventagli, borse, cappelli.

Si trattava di capi che esprimevano un atteggiamento anticonformista, senza la volontà di una


progettazione finalizzata alla produzione industriale di serie. Componente fondamentale del lavoro dei
futuristi, nella moda come negli altri campi dell'arte, era la sperimentazione e l'innovazione.
A Firenze Thayath (nome d'arte di Ernesto Michahelles) inventò la tuta, simbolo distintivo del futurismo: un
indumento da infilare intero, con abbottonatura davanti e cintura che poteva essere abbinato a una giacca
e un cappello diversi a seconda delle occasioni. A partire dal 1921 egli iniziò una produttiva collaborazione
con l'atelier francese di Madeleine Vionnet, che durò quattro anni. Infatti dalla collaborazione tra Thayaht e
la Maison Vionnet (casa di moda parigina fondata nel 1912), viene elaborato un altro dei punti cardine della
moda del ‘900: il taglio in sbieco.

Un'altra delle più famose creazioni della moda futurista è il gilet ad assemblage, realizzato in diverse
versioni da Giacomo Balla e Fortunato Depero negli anni Venti, con composizioni geometriche e colori a
contrasto.

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