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Arrviviamo al consumo del griffe: un gruppo di giovani crea una subcultura giovanile
milanese, i PANINARI, che si identificavano in bomber Moncler, scarpe Timberland, jeans
Levi’s, stivali Durango, zaini Invicta,…->moda autoctona. Il pubblico giovanile, in quanto
mantenuto dai genitori ha una possibilità di spesa maggiori rispetto alle altre fasce di
pubblico. Anche qui omologazione. Questo perché in piazza Liberty a Milano c’era un “Al
Panino” luogo in cui andare a mangiare l’hamburger con le patatine e coca-cola (cultura
americana). Alla base di questo c’è una volontà di distinguersi e di anti conformarsi alla
massa/gruppo. In Francia è l’idea di Jean Paul Gaultier e Thierry Mugler, fere cose che
possono essere anche volgari, dei divertisman (divertimenti) per dare un messaggio, le
sfilate diventano spettacoli che tutti guardano, gli anni 80 sono la base per gli anni 90, in cui
va bene tutto e il contrario di tutto. Jean Paul Gaultier con i profumi da donna “classique” e
uomo “le male” che ancora una volta portano l’idea di corpo all’ennesima potenza. La moda
con Mugler va ancora una volta oltre al pensiero conformista. Nel 1984 Martin Margiela
diventa assistente di Jean Paul Gaultier e lancia la sua linea, crea dei capi a partire
dall’assemblaggio a partire da cose vecchine, in disuso, rovinate. Nel 1988 6 studenti (i 6 di
Anversa) della royal Accademy di moda di Anversa si diplomano e vengono invitati a
presentare durante il British Bridal Show. La moda è vista come costume, lo studio è
sull’abbigliamento, sul vestito, sul suo significato, è una scuola che mischia questi studi. I 6
si diplomano e rappresentano il successo. La strategia funzionò: la stampa britannica si
accorse di loro, restò realmente impressionata dalle loro creazioni che cominciò a celebrarli
come talenti emergenti e, per semplificare, li battezzò The Antwerp Six (I Sei di Anversa). I
loro nomi? Dries van Noten, Ann Demeulemeester, Dirk Van Saene, Walter Van
Beirendonck, Dirk Bikkembergs e Marina Yee. Moda come diffusione di un messaggio.
Giorgio Armani è uno stilista che ha ragionato a 360 gradi per la costruzione dell’unità del
brand, si tiene conto dell’identità finale del prodotto, in base al marchio che ha. Armani negli
anni 80 interpreta l’aria milanese, ovvero la purezza e semplicità. La giacca destrutturata di
Armani è un innovazione tipologica che ha rivoluzionato l’abbigliamento maschile, sempre
presente e atemporale, io mi identifico e rappresento attraverso essa. Lo stile di un brand si
modifica, l’identità è qualcosa che permane e non è soggetta alla variabilità, eternamente
contemporaneo. Giorgio Armani è assieme a Chanel colui che ha pensato l’abbigliamento in
questa maniera. L’identità vuol dire che tutte le cose vendute sotto il brand Armani deve
avere lo stesso identico standard di identità, tutti gli elementi devono essere identitari.
Anni 80/90 la SWATCH è un caso emblematico per di progetto di un prodotto che cambia il
significato. L’orologio è l’oggetto che identifica l’uomo che conta il tempo. Con la swatch non
esiste più il tempo che conosciamo, diventa divertimento perché modifica l’oggetto, non è
più prezioso, indica LO STATO D’ANIMO. Per la prima volta viene realizzato in plastica,
diventa strumento di espressione della personalità della persona che lo indossa. Diventa
prodotto di collezione, si mette in scena un oggetto di identità stilistica o autodeterminazione.
Il fatto che io stilisticamente progetto un prodotto è il mio lavoro, però lo personalizzo per
cambiare il suo significato.
Gli anni 90 portano la moda a diventare globale, si mette in discussione ogni stagione cosa
viene prodotto ogni stagione stessa, questo perché vi è l’evoluzione del contesto sociale,
economico, questo perché la moda rappresenta la persona. Negli anni 90 le questioni
ambientali iniziano a diventare argomento di discussione, come anche il concetto di vintage
come oggetto di valore. Sono anni di crisi economica e come tutti gli anni di crisi la moda
riflette su se stessa i cambiamenti.
Attraverso generi musicali vengono lanciati i brand, come per il grunge. In questi anni
cambia il modello economico della moda, quello del fast fashion ovvero mettono sul mercato
le copie a basso prezzo.
Nel 1995 la fondazione A-POC di Miyake è uno dei primi progetti che parla di design,
disegno piazzato risparmiando materiale, quindi si parla di sostenibilità. Questa è una sorta
di meta-design per cercare di sensibilizzare sulla moda, il cartamodello diventa la base di un
capo di abbigliamento.
Si parla di CROSS FERTILIZATION per indicare l’interdisciplinarità tra diverse aree del
sapere umano. Quello di cui abbiamo parlato ora, il lifestyle diventa il vecchio modello,
cambiando il concetto di moda e abbigliamento. Per tagliare un tessuto magari uso un
processo che viene dalla meccanica. La cross ridetermina la creazione dell'abbigliamento.
La cross significa prendere da diversi ambiti e inserire nella moda per produrre qualcosa di
innovativo.
Contemporaneamente in tutto il mondo vengono prodotti gli stessi capi di abbigliamento, c'è
un puro consumo del prodotto.
Quello che finora abbiamo definito come lifestyle, con il nuovo secolo diventa una modalità
per produrre una famiglia di prodotti diversi. Un'identità di brand viene costruita per essere
riconoscibile attraverso diversi prodotti. Cade il concetto di moda connesso solo
all'abbigliamento.