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Vivienne Westwood fu importante per il suo pensiero anticonformista e per la sua necessità

di esserlo. Fu importante perché coscientemente utilizzò l’abbigliamento come strumento di


protesta per un comportamento generalizzato negli anni 70, che si conformano/adeguano ad
un comportamento che deve rappresentare la maggioranza. Questo discorso del
conformismo e perbenismo è il comportamento principale della società che evita tutti gli
scandali e i problemi. In questa fase il movimento punk, una delle tante subculture in uno dei
tanti quartieri di londra, con il valore di aver sollevato la questione del sentirsi diversi rispetto
al conformismo che la collettività impone. Aprì il suo negozio SEX, e introdusse il concetto di
brutto ed imperfetto, che ritroveremo nella cultura del grunge. Era ciò che i giovani avevano
bisogno in quel momento. Il concetto dell’imperfezione è qualcosa che riguarda l’idea che
sta alla base degli anni 70, coincide con la questione dell’anti conformismo, andando oltre
ciò che la società determina. Saggio “il sistema moda”. Idea di creare collezioni che vadano
contro quel conformismo, Maria Antonietta, per cui le filature di Lione dovevano produrre
tessuti ogni mese. L’idea è fare a pezzi il conformismo, cercando di instaurare nei giovani
l’idea di non fermarsi mai ad un pensiero uguale e non individuale. Il logo di Vivienne è molto
importante, sono simboli che vengono visti al contrario, sfera con croce sopra, simboli
maschile e femminile, con al centro il potere della donna con l’opposizione dell’idea di
sottostare all’uomo, con intorno il simbolo della palla che danno alle incoronazioni, simbolo
del potere ad esempio religioso della chiesa cattolica. Questo diventa il nome del brand,
simbologie messi insieme per il suo logo. Altro elemento fondamentale: prendere tutti gli
elementi della cultura tessile inglese, scozzese e farne un simbolo di anticonformismo, es. il
tartan, utilizzati in maniera anticonvenzionale per farne un simbolo di anticonformismo.
(Alexander McQueen rivisiterà questi tessuti di tartan) Si arriva agli anni 80, in cui i simboli,
che potevano essere o astratti o nomi rappresentando degli anni definiti dall’edonismo,
l’essere bello esteticamente è stato il filo rosso di questi anni e nascono tutti una serie di
brand in cui lo scopo non è tanto inserire prodotti ma che abbiano come fondamento il logo
come più importante da vedere. Più si esibisce il logo più il brand è importante. Nei paesi del
mediterraneo nascono canali tv commerciali, negli anni vengono introdotti una serie di
programmi che non parlano dei problemi politici/economici del paese. La tv commerciale
importa una serie di sceneggiati/serie tv e portano nel pubblico un’idea iper-particolare di un
contesto locale diverso da quello italiano, si racconta della società americana, punto di
riferimento di ogni cultura. Questo rappresenta il fatto che le persone vedono in maniera
diretta uno stereotipo della cultura americana. Durante questo periodo si affermano brand
che rompono con quella modalità che abbiamo visto fino a quel momento e iniziano a vestire
le pubblicità logati. Negli anni 80 si parla di LIFESTILE, appartenenza ad una griffe, non solo
nell’abbigliamento, il potere della marca oltre quella stessa marca. Il brand deve considerare
prodotti che non c’entrano con l’abbigliamento che produce. Per l’Italia il grande punto di
riferimento è il fatto che è diventata lei stessa punto di riferimento per l’abbigliamento
elegante e fatto bene, negli anni 70/80 le fiere internazionali (Milano fashion week di adesso)
sono presentazioni fatte si per il mercato locale ed internazionale ma soprattutto globale. La
francia rimane il luogo dell’alta moda, l’Inghilterra è legata al punk e anticonformismo, gli usa
non ci sono ancora.

I protagonisti della moda italiana a Milano sono principalmente 4: Gianni Versace,


Gianfranco Ferrè, Giorgio Armani e Krizia, probabilmente i più rivoluzionari dal punto di vista
delle aziende tessili in industrie internazionali. Giovani che trasformano il prodotto tessile in
prodotto internazionale, poi diventeranno delle superstar con stili diversi. L’abbigliamento
prêt-à-porter dei grandi magazzini viene curato nel dettaglio tipico dell’alta moda. La moda
italiana si concentra su un segmento di mercato medio. La moda italiana non è
standardizzata ma ogni stilista mette la propria identità, he può essere inventata, e questo
diventa elemento identitario e riconoscibile sul mercato locale ed internazionale.

Arrviviamo al consumo del griffe: un gruppo di giovani crea una subcultura giovanile
milanese, i PANINARI, che si identificavano in bomber Moncler, scarpe Timberland, jeans
Levi’s, stivali Durango, zaini Invicta,…->moda autoctona. Il pubblico giovanile, in quanto
mantenuto dai genitori ha una possibilità di spesa maggiori rispetto alle altre fasce di
pubblico. Anche qui omologazione. Questo perché in piazza Liberty a Milano c’era un “Al
Panino” luogo in cui andare a mangiare l’hamburger con le patatine e coca-cola (cultura
americana). Alla base di questo c’è una volontà di distinguersi e di anti conformarsi alla
massa/gruppo. In Francia è l’idea di Jean Paul Gaultier e Thierry Mugler, fere cose che
possono essere anche volgari, dei divertisman (divertimenti) per dare un messaggio, le
sfilate diventano spettacoli che tutti guardano, gli anni 80 sono la base per gli anni 90, in cui
va bene tutto e il contrario di tutto. Jean Paul Gaultier con i profumi da donna “classique” e
uomo “le male” che ancora una volta portano l’idea di corpo all’ennesima potenza. La moda
con Mugler va ancora una volta oltre al pensiero conformista. Nel 1984 Martin Margiela
diventa assistente di Jean Paul Gaultier e lancia la sua linea, crea dei capi a partire
dall’assemblaggio a partire da cose vecchine, in disuso, rovinate. Nel 1988 6 studenti (i 6 di
Anversa) della royal Accademy di moda di Anversa si diplomano e vengono invitati a
presentare durante il British Bridal Show. La moda è vista come costume, lo studio è
sull’abbigliamento, sul vestito, sul suo significato, è una scuola che mischia questi studi. I 6
si diplomano e rappresentano il successo. La strategia funzionò: la stampa britannica si
accorse di loro, restò realmente impressionata dalle loro creazioni che cominciò a celebrarli
come talenti emergenti e, per semplificare, li battezzò The Antwerp Six (I Sei di Anversa). I
loro nomi? Dries van Noten, Ann Demeulemeester, Dirk Van Saene, Walter Van
Beirendonck, Dirk Bikkembergs e Marina Yee. Moda come diffusione di un messaggio.

Giorgio Armani è uno stilista che ha ragionato a 360 gradi per la costruzione dell’unità del
brand, si tiene conto dell’identità finale del prodotto, in base al marchio che ha. Armani negli
anni 80 interpreta l’aria milanese, ovvero la purezza e semplicità. La giacca destrutturata di
Armani è un innovazione tipologica che ha rivoluzionato l’abbigliamento maschile, sempre
presente e atemporale, io mi identifico e rappresento attraverso essa. Lo stile di un brand si
modifica, l’identità è qualcosa che permane e non è soggetta alla variabilità, eternamente
contemporaneo. Giorgio Armani è assieme a Chanel colui che ha pensato l’abbigliamento in
questa maniera. L’identità vuol dire che tutte le cose vendute sotto il brand Armani deve
avere lo stesso identico standard di identità, tutti gli elementi devono essere identitari.

Anni 80/90 la SWATCH è un caso emblematico per di progetto di un prodotto che cambia il
significato. L’orologio è l’oggetto che identifica l’uomo che conta il tempo. Con la swatch non
esiste più il tempo che conosciamo, diventa divertimento perché modifica l’oggetto, non è
più prezioso, indica LO STATO D’ANIMO. Per la prima volta viene realizzato in plastica,
diventa strumento di espressione della personalità della persona che lo indossa. Diventa
prodotto di collezione, si mette in scena un oggetto di identità stilistica o autodeterminazione.
Il fatto che io stilisticamente progetto un prodotto è il mio lavoro, però lo personalizzo per
cambiare il suo significato.

Gli anni 90 portano la moda a diventare globale, si mette in discussione ogni stagione cosa
viene prodotto ogni stagione stessa, questo perché vi è l’evoluzione del contesto sociale,
economico, questo perché la moda rappresenta la persona. Negli anni 90 le questioni
ambientali iniziano a diventare argomento di discussione, come anche il concetto di vintage
come oggetto di valore. Sono anni di crisi economica e come tutti gli anni di crisi la moda
riflette su se stessa i cambiamenti.

Attraverso generi musicali vengono lanciati i brand, come per il grunge. In questi anni
cambia il modello economico della moda, quello del fast fashion ovvero mettono sul mercato
le copie a basso prezzo.

Nel 1995 la fondazione A-POC di Miyake è uno dei primi progetti che parla di design,
disegno piazzato risparmiando materiale, quindi si parla di sostenibilità. Questa è una sorta
di meta-design per cercare di sensibilizzare sulla moda, il cartamodello diventa la base di un
capo di abbigliamento.

Negli anni 90 il capo di abbigliamento deve mettere in mostra la funzionalità, in questo


periodo Patrizio Bertelli lancia Luna Rossa. La costruzione dell’identità di brand parte dal
contesto di evoluzione, tipo per lo sport, nella vela parte dalla particolarità del materiale che
deve essere resistente, e qui nasce una collezione di abbigliamento e non solo. Dal 2001,
con il crollo delle torri gemelle, socialmente ed economicamente cambiano gli equilibri tra chi
vende, chi produce e chi guarda. Quello che si fa da quel momento è ?, ovvero più cose da
diversi ambiti con una tipologia di taglio che viene da diversi settori, si i inserisce la
tecnologia nella produzione dell’abbigliamento.

Si parla di CROSS FERTILIZATION per indicare l’interdisciplinarità tra diverse aree del
sapere umano. Quello di cui abbiamo parlato ora, il lifestyle diventa il vecchio modello,
cambiando il concetto di moda e abbigliamento. Per tagliare un tessuto magari uso un
processo che viene dalla meccanica. La cross ridetermina la creazione dell'abbigliamento.
La cross significa prendere da diversi ambiti e inserire nella moda per produrre qualcosa di
innovativo.

Contemporaneamente in tutto il mondo vengono prodotti gli stessi capi di abbigliamento, c'è
un puro consumo del prodotto.

Quello che finora abbiamo definito come lifestyle, con il nuovo secolo diventa una modalità
per produrre una famiglia di prodotti diversi. Un'identità di brand viene costruita per essere
riconoscibile attraverso diversi prodotti. Cade il concetto di moda connesso solo
all'abbigliamento.

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