Sei sulla pagina 1di 2

I distretti industriali sono legati alla fase di industrializzazione italiana dopo il 1950, grazie ai

grandi finanziamenti del piano Marshall, per trasformarsi da aziende quasi manuali,
manufatturiere in aziende industriali.

DUE PAROLE: stilista e designer. Siamo in Italia negli anni 70, si è creato il sistema
industriale, e nelle aziende vengono chiamati dei giovani, che studiavano in università
oppure cresciuti alla bottega. Siamo in un periodo storico in cui c’è forte spinta verso
l’industrializzazione ma anche un grande bacino di laboratori e piccole aziende che si
specializzavano in un lavoro. Questo fa si che tanti giovani formati in sartorie vengono
chiamati dalle aziende per capire cosa fare dei loro prodotti.

Viene chiamato Giorgio Armani che si divertiva a realizzare le vetrine per la rinascente, e gli
viene proposto da Cerrotti di disegnare una linea maschile di nome Hitman.

Oppure Gianfranco Ferrè che si laurea al politecnico in architettura con Franco Albini che si
divertiva a creare dei gioielli finti che vendeva e regalava alle sue compagne di corso, viene
chiamato nel 74 a disegnare una collezione di Trench per l’azienda San Giorgio, in pratica
dei signor nessuno che venivano chiamati per lavorare nelle aziende. Questi giovani
avranno un grande successo perché ci sono grandi sostegni economici disponibili, e perché
siamo in un paese in cui il comportamento è rigido, fatto di apparenza e quindi queste
rivoluzioni giovanili vanno contro l’idea perbenista che vede il bravo ragazzo/a non indossa
nulla di scostumato. Questo fa si che i giovani possono sperimentare cose che altri non
avrebbero fatto, e nasce la figura dello stilita, parola che viene inventata per Walter Albini.

Lo stilista era un giovane creativo che ha la capacità di inventare linee completamente


diverse, per brand anche totalmente diversi. Lo stilista designer non è necessariamente un
sarto o un disegnatore, ha competenze di taglio (sarto), disegno, per curare la realizzazione
di un progetto articolato con all’interno il momento di ideazione, produzione e consumo.

Gianfranco Ferrè è un designer di questo tipo, con grande capacità di progettare soprattutto
camicie, che sembrano strutture architettoniche.

L’altra grande designer fondamentale è Nanni Strada che non ha studiato all’università ma
fu una grande curiosa e rivoluzionaria rispetto a ciò che si sarebbe dovuto fare da ragazza di
brava famiglia. Il suo più grande successo “il manto e la pelle” per la prima volta studia un
sistema tuta che non è altro che una serie di tubi con cuciture. Lei vince il compasso d’oro
nel 1974. Figure geometriche 2D che indossate diventano 3D, utilizza un processo
aziendale per un capo di abbigliamento, in modo da ampliare il mercato.

I designer di moda iniziano a dialogare per il concetto del “durare nel tempo” non solo
economicamente ma dal punto di vista identitario, questo accade nel settore
dell’abbigliamento e nel settore d’arredo. Ad esempio, alcune aziende tessili iniziano a
realizzare tessuti per arredamento. Nella parola progettazione c’è intrinseca la parola
produzione, e lo stilista designer ci danno questa rivoluzione ovvero capo di abbigliamento
come processo complesso che porta a realizzare un capo che rimarrà nel tempo, perché
avrà un valore. Nel 1986 progetta la collezione “Torchon” ovvero realizzata unicamente in
lino, perché basata sullo stropicciarsi. Questo è rivoluzionario, pensato per tutte le persone
in viaggio, si va oltre il capo. Arriviamo ai giovani designer giapponesi Miyake e Kenzo, che
formarono la scuola dell’avanguardia giapponese della moda internazionale. Quando
arrivano questi nuovi designer cambia la prospettiva di chi lavora in Europa, perché cambia
la tradizione, come l’uso dei colori. Il concetto di identità è importante, momento di grande
rottura. Ognuno ha una caratteristica, un modo di lavorare totalmente diverso. M. è uno dei
primi che porta collezioni con plissettatura, per far vedere che la piega che si muove con il
corpo. Reu Kawakubo fu una delle meno note con uno stile “post hiroshima look” perché
senza colore e molto scarno. Il fatto di lavorare con un idea di sottrazione è innovativo e anti
convenzionale. Yamamoto importante per il discorso di identità dell’abbigliamento/moda, egli
lavora per un’eleganza suprema, asimmetrica e pulita.

Ultima grande sperimentatrice, a Londra, Vivienne Westwood, con cui l’abbigliamento


diventa strumento politico, di protesta. Lei è la rappresentante dell’antimoda, che glorificava
l’imperfezione, il brutto e il “fatevelo da voi”, lo stile PUNK. Manifesta il contro rispetto all’idea
di vestito per bene nel 1970, questo lo ritroveremo negli anni 90 in modo che il brutto e il
poco curato diventa il focus ripreso in quegli anni. Si va contro l’idea della cultura statica ed
elegante della famiglia reale. “L’unico motivo per cui disegno moda è fare a pezzi la parola
conformismo”.

Potrebbero piacerti anche