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Archeologia delle Provincie Romane

1. Concetto di Provincia – Formazione del dominio provinciale – Amministrazione


• Il termine provincia applicato al potere di un magistrato indicava grossomodo quella che può essere definita la
sfera di competenza , avesse o no quest'ultima una base territoriale. Il termine si applicava in particolare a
magistrati rivestiti di un imperium, normalmente consoli o pretori.
• Nel tempo andò ad identificare la sfera di competenza del magistrato fuori dall'Italia, con una conseguente
circoscrizione territoriale e amministrativa.
• Per i romani questo concetto è distinto ed antitetico rispetto a quello di Roma e Italia.
• Nelle provincie è diversa la condizione degli abitanti rispetto a quella dei residenti in Italia che godono di vari
benefici. I cittadini esteri sono sudditi, dedictii, non hanno cioè diritto di cittadinanza, amenochè non gli sia
dato da una particolare concessione senatoria, imperiale o della magistratura.
• Il suolo in virtù del diritto di conquista è proprietà dello stato.
• Le prime provincie furono le Grandi isole del Tirreno: Sicilia (dopo la prima guerra punica 241 a.C. - provincia
nel 221) e poco tempo dopo Corsica e Sardegna.
• La seconda guerra punica determinò nel 197 la formazione delle due provincie iberiche della Hispania Citerior
e Ulterior.
• Nel 168 vennero create quelle di Macedonia, insieme ad una porzione dell'Illirico, che dopo la distruzione di
Corinto, arrivò a comprendere tutta la Grecia.
• Nel 146 la sconfitta di Cartagine determinò la nascita della provincia dell'Africa.
• Nel 133 Attalo di Pergamo lascia in eredità a Roma il suo regno facendo nascere la provincia dell'Asia.
• Nel 120 nasceva la Narbonense e, forse al tempo di Silla, la Cisalpina a nord del Rubicone e della Magra.
• Le grandi campagne militari di Silla, Lucullo e Pompeo in oriente estendono il dominio romano a un
significativo territorio dell'Asia: dal Ponto Eusino fino a sud dell'Amano e del Tauro e da cui derivano le
provincie della Bitinia e del Ponto, della Siria e della Cilicia. Allo stesso tempo si forma la Cirenaica e Creta.
• Ceseare nel 46 aggiunge la Numidia (Africa Nova) e la Gallia Comata fino a Reno.
• Augusto ad Azio annetté l'Egitto nel 31.
• Dopo la pacificazione Augusto stesso istituisce alcune nuove provincie: quelle delle Alpi Marittime e Cozie,
della Rezia e del Norico, della Dalmazia, della Lusitania, della Pannonia, della Galazia.
• Da Tiberio a Traiano, in vari tempi e modi, seguono conquiste, annessioni e sdoppiamenti di vari territori: le
Alpi Pennine, le Germanie, le Mesie, la Dacia, la Britannia, la Tracia e l'Epiro, la Cappadocia, l'Armenia, la
Licia e la Panfilia, l'Arabia, l'Assiria, la Mesopotamia, le due Mauretanie.
• Il regno di Traiano segna la massima espansione dell'Impero (117) ed è adottato come momento di riferimento
per lo studio delle provincie. Dopo la sua morte comincia l'abbandono di molte aree.
• L'amministrazione delle provincie fu regolata in diversi modi. Distinguiamo tre momenti: dalle origini ad
augusto, da Augusto a Diocleziano e fino alla caduta o a Giustiniano.

- L'amministrazione provinciale nella repubblica.


• L'ordinamento provinciale risente da un lato della mancanza nel diritto pubblico romano di un concetto chiaro
dei rapporti tra governo centrale e provinciale; dall'altro della riluttanza ad istituire per quest'ultimo
magistrature nuove che non s'inquadrassero nei principi fondamentali della repubblica.
• L'istituzione delle prime provincie è seguita dalla costituzione di due pretori amministratori della giustizia e
quattro incaricati del governo di ogni provincia, tutti annuali. Ma quando le provincie aumentano e le guerre
diventano numerose e tengono i magistrati a lungo impegnati in terre lontane, si introduce la prorogatio imperii
che permette al magistrato di mantenere il proprio mandato scaduto l'anno, in qualità di pro pretore o pro
console. In questo modo veniva meno uno degli aspetti fondamentali della magistratura repubblicana:
l'annualità della magistratura.
• L'assegnazione delle provincie veniva effettuata dal senato a seguito dell'entrata in carica dei magistrati ma, dal
123 una lex sempronia de provinciis propsta da Caio Gracco stabilì che prima anora dell'assegnazione delle
cariche si stabilissero le provincie di competenza di quelle cariche, mediante sortitio.
• Una nuova prorogatio imperii per più anni , stravolse ancor di più una situazione sempre più tesa per via anche
delle sempre crescenti guerre civili, fino al riassetto del principato Augusteo.
-Da Augusto a Diocleziano
• La riforma iniziata nel 27 a.C da augusto dà all'amministrazione e al governo delle provincie un ordinamento
particolare; le provincie vengono divise in due gruppi, uno facente capo al senato e l'altro al princeps.
• Autori come Strabone, Cassio Dione e Svetonio ci testimoniano che la ratio di questa divisione era il principio
che nella prima tipologia provinciale rientrassero quei territori che, orami pacificati, non avevano nessuna
necessità di un presidio militare, e nella seconda quelle che, essendo ancora zone calde, il princeps riservava
alla propria giurisdizione, avendo egli il comando dell'esercito.
• La nomina dei goverantori delle provincie del primo gruppo spettava al senato che li sceglieva tramite
sorteggio o talvolta extra sortem tra i senatori che aveano già rivestito consolato o pretura: tra gli ex-consoli,
quelli delle provincie più importanti, Asia e Africa; tra gli ex-pretori gli altri; entrambi avevano il titolo di
proconsules.
• Un lustro passava generalmente tra l'esercizio della magistratura a Roma e quella in provincia. Quest'ultima
durava generalmente ma poteva essere prorogata di un anno o due, raramente per un periodo più lungo.
• In virtù dell'imperium proconsulare maius, concessogli dal senato nel 23 a.C, il princeps interveniva
frequentemente nella scelta dei goverantori delle provincie e nell'amministrazione di quest'ultime.
• Per le provincie imperiali, l'imperatore nominava direttamente i governatori che erano perciò considerati suoi
delegati: legatus Augusti pro praetore, che egli sceglieva tra gli appartenenti al rango senatorio e in specie tra
gli ex consoli, quelli delle provincie maggiori, tra gli ex-pretori, gli altri. La durata del loro governo non era
stabilita ma constava di più anni.
• Accanto a tali provincie ve ne erano altre che potremmo definire ad ordinamento speciale: l'Egitto ed alcune
provincie minori particolari per natura, piccolezza, povertà, arretratezza di vita o per costituzione precedente
all'occupazione di Roma.
• In queste provincie il governatorato era riservato ai membri dell'ordine equestre, strettamente legati al regime
imperiale.
• In Egitto il governatore era un Praefectus, uno dei più alti uffici della carriera equestre. Nelle altre provincie vi
erano dei procuratores.
• I governatori nelle proprie provincie poseggono tutti i potreri: civili, militari, amministrativi, salvo quei diritti
sanciti o nella legge costitutiva della provincia o concessi dal senato dall'imperatore.
• Nell'esercizio delle sue molteplici funzioni il governatore è coadiuvato da altri magistrati e funzionari:
-Per l'amministrazione finanziaria nelle provinicie senatorie: questore; imperiali: uno o più procuratori
-Per l'amministrazione civile e giudiziaria nella repubblica ha dei contubernales, nell'impero dei legati: questi
nelle provincie senatorie sono i legati propraetore, scelti tra parenti ed amici. Nelle imperiali legati legionum e dal II
sec. I legati iuridici per la giustizia.
-Per tribù e distretti ancora mal sottomessi vi sono praefecti di rango equestre con funzioni sia civili che militari.

- Dopo Diocleziano

• Con l'ordinamento dioclezianeo viene meno la somma integrale dei poteri voluta da augusto.
• Il nuovo ordinamento si basa sui seguenti principi:
1. frazionamento delle antiche circoscrizioni in aree più piccole
2. raggruppamento di provincie in diocesi e di diocesi in prefetture del pretorio
3. gerarchia di funzioni e gradi fra i capi delle province e quelli delle diocesi e delle prefetture
4. divisione tra potere civile e comando dell'esercito.
• Viene meno la netta distinzione che precedentemente aveva contraddistinto l'Italia dalle province: da una parte
si assiste all'acquisizione di parità dei diritti di queste ultime; dall'altra all'abolizione di privilegi per l'Italia, ove
viene applicata una giurisdizione similare alle altre province.
• Non possiamo dire quando esattamente maturò la riforma dioclezianea, essa infatti ebbe dei precedenti nel
governo di Gallieno e non fu in seguito applicata uniformemente in tutto l'impero, ma per gradi. Era
certamente compiuta nel 300 alla redazione della Lista di Verona (Laterculus Veroniensis) che ci tramanda
l'elenco delle provinicie esistenti divise per diocesi (89).
• Ogni provincia ha un governatore civile che, a seconda del grado è detto praeses, corrector o consularis,
tranne quelli dell'Asia, dell'Africa e dell'Acaia che hanno il titolo di proconsul.
• Accanto al governatore civile vi è quello militare, dux, se nella provinicia vi è un presidio.
• Le province sono raggruppate in 13 dioceses a capo di ciascuna delle quali vi è un vicarius o vices agentes
praefecti pretorio; questi dipende a sua volta dal praefectus del pretorio, in numero di 4. Eccezione fanno i 4
proconsules che fanno capo direttamente all' imperatore.
• I duces son talvolta sostituiti per una gruppo di province da un comes o dipendono da esso, ma in generale
rispondono ai prefetti del pretorio o ai magistri militum , capi supremi dell'esercito imperiale.
• La notitia Dignitatum degli inizi del V, annuario delle cariche civili e militari dell'impero, ci testimonia che in
tale periodo l'ordinamento dioclezianeo è sostanzialmente attivo nelle linee generali. Grado a grado esso viene
meno in Occidente e in Oriente continua con parziali mutamenti fino a Giustiniano che ta il 535 e il 538
effettua una riforma che per certi aspetti riporta all'antico: soppressione delle diocesi, poteri uniti, più province
confinanti sotto un unico governatore. Ma le riforme giustinianee hanno un'applicazione varia ed incerta, oltre
che di breve durata, fino alla riorganizzanzione bizantina in temi.

-Costituzione delle province; condizione delle città; assemblea provinciale

• Nella repubblicala costituzione delle province è deliberata formalmente dal popolo su proposta di un
magistrato, ma è il senato che ne assume l'iniziativa e il magistrato è accompagnato nella proposta da una
commissione di 10 senatori.
• Alla costituzione il magistrato stesso emana una legge che detta le norme fondamentali di amministrazione
provinciale: condizione della città, fisszione di tributi, metodi di riscossione, cricoscrizioni amministrative e
giudiziaria etc. La legge prende il nome dal magistrato.
• Nell'impero è l'imperatore che procede alla costituzione della provincia e ne fissa i caratteri amministrativi.
Questo perchè nell'impero, a differenza della repubblica, cambia la condizone delle città. Infatti quelle che
prima della conquista avevano intrattenuto rapporti di amicizia e alleanza con Roma erano considerate città
foederate. Tale rapporto era possibile anche con altre città da gratificare. Ad altre era riservato il titolo di città
libere, in quanto giuridicamente inferiori ma meritevoli di riguardo. Anch'esse erano sottratte all'autroità del
governatore, mantenvano la sovranità territoriale e potevano continuare a reggersi con leggi, magistrati e
tribunali propri per i propri cittadini. Potevano coniare moneta ma solo bronzea. Se esenti da tributi erano
immunes.
• Tutte le altre città erano stipendiariae pur avendo una certa autonomia e magistrati propri, ciò avveniva per
tolleranza più che per una legge.
• Gli abitanti di tutte queste tipologie di città erano detti peregrini, non romani.
• Vi erano poi quelle con diritto di cittadinanza (piena o minore-ius Latii), per essere fondate da deduzione di
coloni, coloniae, i per aver ricevuto collettivamente il diritto di essere annoverate tra i municipia. Esse vantano
ordinamento uguale alle città in Italia.
• Nella repubblica nè colonie nè municipi sono numerosi, mentre nell'impero città libere e foederate man mano
scompaiono, tranne che nelle provincie orientali.
• Le città provinciali si riducono a tre tipologie: stipendiariae, municipia e coloniae. Alcune ricevono lo ius
italicum e godono dell'esenzione dal tributum soli.
• Con l'editto di Caracalla del 212 tutti gli abitanti dell'impero divengono cittadini romani.
• L'impero cercò di conservare in alcune provincie l'organizzazione tradizionale o di adottarne una
corrispondente al carattere delle popolazioni conquistate o alla natura della regione: nelle Gallie si mantenne
l'ordinamento cantonale o per civitates proprio dei Celti, altrove quello per tribù; in Siria principati e stati
sacerdotali autonomi.
• Queste condizioni venivano registrate alla fondazione della provincia nella formula provinciae.
• Diversa la forma provinciae, ossia la carta catastale con indicazione dei confini e delle proprietà.
• Città e popoli nelle province avevano un consiglio di rappresentanza, detto concilium o commune la cui orgine
è da ricercarsi nelle provincie greco-orientali in assemblee con carattere religioso: principale compito era
celebrare ogni anno con cerimonie e ludi il culto di Roma e di Augusto. Ma discutevano anche altre questioni e
le esponevano al governo tramite legati.
• Capo dell'assemblea era il sacerdos o flamen provinciae con carica annuale rinnovabile o conferita a volte a
vita.
• L'assemblea generalmente era una pre provincia ma vi erano delle eccezioni e si riuniva nel capologuo di
provinicia o nel centro religioso maggiore ove si trovava l'ara di Roma e Augusto. In Asia un quelle città che
vantavano il titolo di metropolis.
• Tali assemblee persistono anche nell'ordinamento dioclezianeo, una per provincia.

2. Storia, ordinamento, fisionomia delle singole province

-Sicilia
• Con la pace del 241 e la fine della prima guerra punica Roma conquista gran parte dell'isola.
• Nel 221 i romani mandano un pretore. Con la presa di siracusa ne 212 Roma ne assume il domino. La
residenza del pretore fu Siracusa e gli furono assegnati due questori uno dei quali risiedette a Lilibeo.
• Due rivolte determinate dagli aspri rancori delle guerre puniche, dal regime latifondiario introdotto dai
vincitori e dalla trasformazione economica del mediterraneo afflissero la provincia: la prima nel 136 condotta
da Euno e domata nel 131 da Rupilio; la seconda 104-100 si concluse con la vittoria di Manio Aquilio.
• La lex Rupilia diede definitivo ordinamento alla provincia e distinse le città in foederate (Messana,
Tauromenium, Netum) e liberae et immunes (Centuripae, Halesa, Halicyae, Segesta, Panhormus) da un lato, e
decumanae e censoriae dall'altro: le prime dovevano pagare una decima dei prodotti, le seconde avevano il
territorio definito come ager publicus e appaltato da censori. I cittadini di entrambe erano peregrini.
• Famoso i governo di Verre ( 73-71) per le malversazioni a danno dei siciliani difesi da Cicerone.
• Durante le guerre civili l'isola fu per Pompeo ma nel 49 passò a Cesare; alla morte di questi Antonio in base ad
una disposizione del morto diede la cittadinanza romana ma poco dopo venne revocata.
• Nel 36, dopo Nauloco la Sicilia fu affidata al Senato ed Augusto i dedusse una serie di colonie militari e
concesse la cittadinanza alle città preesistenti.
• L'unificazione romana portò all'assimilazione dele stirpi autoctone (Siculi e Sicani) e degli immigrati fenici.
Resistette invece l'elemento greco specie nella parte orientale.
• All'infuori di un saccheggio Franco nel 280 a. C la Sicilia non fu toccata dai barbari fino all'arrivo dei Vandali
che ne occuparono la parte occidentale. Con il trattato del 476 tra Odoacre e Genserico tale concessione fu
limitata alla sola Lilibeo.
• Sotto dicleziano era governata da un corrector mutato poi in consularis.
• Alla fioritura artistica del periodo greco succede il periodo romano con monumenti assai più modesti. Romani
sono edifici quali anfiteatri o acquedotti.

-Sardegna e Corsica

• Frequentate dai romani per ragioni commerciali già prima della guerra cartaginese.
• Nel 244 con il pretesto della rivolta dei mercenari di Cartagine, Roma le occupò.
• Nel 221 un pretore fu creato per le due isole.
• Solo alla fine del II secolo Roma riesce a pacificarne le genti indigene delle coste, mentre nell'entroterra ancora
sommosse.
• Augusto la assegna al Senato ma frequenti le riforme nell'ordinamento:
• Nel 6 d.C. a causa di vardi torbidi, l'imperatore la affidò ad un procurator che poi vediamo con il titolo di
praefectus. Nello stesso periodo forse la cosrica ebbe un prefetto proprio.
• Nel 67 Nerone la cedette al senato in cambio dell'Acaia; Vespasiano la riportò all'imperatore.
• Traiano la affida ad un proconsole fino alla fine del II secolo quando in governatore è e resta un membro
dell'ordine equestre con il titolo di procurator et praefectus o in seguito praeses.
• Dopo Diocleziano ognuna ha un praeses dipendente dal vicarius urbis Romae.
• Tutto il territorio fin dalla conquista fu dichiarato ager publicus e soggetto al pagamento sia della devima che
dello stipendium.
• Nessuna città ebbe l'autonomi comunale. La prima concessione fu quella id Cesare a Cagliari, quindi Sulcis e
Tharros municipia, Turris Libysonis, Cornus e Uselis colonie.
• In Corsica due colonie militari: Mariana e Aleria.
• Fuori dalle grandi rotte furono sempre considerate luoghi al margine ove relegare in esilio gli avversari e i
condannati.
• Tolleranza romana e conservatorismo fecereo permenere molte tradizioni fenicie fino alla fine dell'età antica.

-Province Alpine

• Con tale definizione ci si riferisce alle due province delle Alpes Cottiae e delle Alpes Maritimae costituite da
Augusto nella zona delle Alpi occidentali a cavallo del crinale.
• Le popolazioni delle valli non avevano mai riconosciuto la sovranità di Roma fino al clientelarismo del re
Cozio che ottenne, forse da Cesare, la cittadinanza.
• Augusto ridusse militarmente in soggezione tali popolazioni assicurandosi tutto l'arco alpino e formando le due
piccole province che affidò ad un praefectus e più tardi ad un procurator.
• Le popolazioni furono ordinate a civitates e lasciate nelle condizioni di stipendiariae. Alcune in seguito
ottennero il diritto romano e i vici divennero municipia: Segusio, Ebrodunum, Brigantium.
• Dopo Diocleziano le Alpes Cottiae furono risteritte al territorio ad oriente della catena mentre le marittime
comprese solo la pars occidentalis.
• Nel secondo secolo appare una terza provincia quella delle Alpes Atrectianae et Poeninae comprendente l'alta
valle del Rodano, il Vallese, parte della Rezia, con Octodurum come capoluogo e governata da un procurator.
Diocleziano ne muta il nome in Alpes Graiae et Poeninae.

-Province Galliche
Narbonense

• Interessi politici e economici portarono ad un precoce rapporto tra Roma e la colonia greca di Massilia
attraverso cui entrò in contatto con i popoli liguri e celti della Gallia meridionale: Salluvi, Arverni e Allobrogi.
• Vinti questi popoli tra 123-121, la regione venne ordinata a provincia con capitale Narbo Martius.
• Numerose ribellioni e minaccie dalle tribù galliche vicine e le invasioni dei Cimbri e dei Teutoni, sconfitti da
Mario nel 102, turbarono l'ordine della provincia.
• Il proconsolato di Cesare diede un impulso positivo alla regione con lo sviluppo dei centri cittadini e la
deduzione di colonie militari ad Arleate, Arausio, Baeterrae, Forum Julii e con la concessione del diritto latino
a molte altre.
• Augusto continuò l'operae nel 27 essa fu tra le provincie imperiali ma cinque anni dopo fu retrocessa al senato.
• Un proconsole governava a Narbona dove si raccoglieva un'assemblea provinciale.
• La quadrigesima Galliarum, imposta doganale, la univa alle alte province della Gallia, da cui tuttavia si
differenziava per la forte impronta di romanità.
• Con Diocleziano fu spezzata in due e poi tre province minori; la Viennensis, la Narbonensis prima e scunda.

Tres Galliae

• Con la presa di Alesia nel 52 a.C Cesare estende il dominio di Roma a tutta la Gallia ma questa non avrà un
suo definitivo ordinamento fino al 16-13 a. C con Augusto.
• Venne quindi divisa in tre province corrsipondenti alle tre grandi partizioni già individuate da Cesaere: in base
alle tre grandi tribù che l'abitavano: quelle più omogeneamente celtiche al centro e verso nord-ovest
costitunente la Lugdunensis; quelle iberiche di su-ovest l'Aquitania e quelle cetlo-germaniche del nord-est la
Belgica.
• Ognuna ebbe un proprio governatore risiedente a Lugdunum, Brudigala e Augusta Treverorum. I procuratores
addetti alle finanze estesero spesso la giursdizione a più di una provincia o a tutte e tre insieme.
• Le tribù celtiche avevano un' unica assemblea così come, almeno inizialmente, le tribù iberiche
• Con la costituzione delle due Germanie ad oriente la Gallia venne smilitarizzata fino almeno al terzo secolo
quando ripresero le incursioni dei germani.: solo una coorte urbana risiedeva a Lione.
• Claudio, in un discorso tenuto al senato, patrocinò la concessione della facoltà di accedere al senato e alle
magistrature a coloro tra i galli che avevano la cittadianza.
• Alla morte di Decio i Franchi e gli Alamanni perpretarono scorrerie in tutta la Gallia fino ai Pirenei.
• Gallieno li affronta ricacciandolial di là del Reno e acquisendo il titolo di restitutor Galliarum.
• Postumo si proclama iperator Galliarum e instaura un regno che durerà fino al 273.
• Nel 275 una nuova incursione dei barbari viene respinta da Probo e a queste tensioni si aggiunge la rivolta del
ceto rurale dei Bagaudi che entrano in lotta con i proprietari terrieri e le città e, alleandosi con i Germani
vengono sconfitti da Massimiano e poi da Costanzo Cloro che reprime la secessione di Carausio.
• Con Diocleziano le Gallie costituirono una delle quattro grandi prefetture del pretorio che comprendeva la
Britannia, la Spagna e la Germania.
• Sotto il prefetto stavano dapprima due vicarii uno per la diocesis Galliarum e uno per la diocesis Viennensis
corrispondente alla narbonense. Poi furono riunite; le singole province spezzate in parti minori indicate con
semplici numeri d'ordine e governate da un consularis o un praeses. Due rationales, uno summarum Galliarum
e uno rei private Gallias, provvedevano all'aministraione finanziaria.
• Il quarto secolo vede altre numerose invasioni: Vandali, Alani, Suebi, Burgundi; Visigoti che nel 415 con il re
Vallia ricevono l'Aquitania.
• Nel 430 Ezio riconosce come federari i Franchi che dal nord, dalla Schelda, si stanziano nella Somme e i
Burgundi nella Savoia.
• Nel 451 Ezio ferma l'invasione Unna ai Campi Catalaunici.
• Tra il 486 e il 506 Clodoveo conquista riunifica il paese in una nuova nazione non più romana: la Francia.
• Tuttavia la romanità della Gallia non si estinse mai portando a quel processo di acculturazione che darà vita
alla cultura tutta unica della civiltà romano-gallica.

-Province Iberiche

• Le vicende della seconda guerra punica portarono Roma al possesso di una parte dell'Iberia, una a settentrione
a cavallo dell'Ebro, una a meridione fra il Baetis e l'Anas.
• Nel 197 le due aree furono costituite provincia, ognuna con a capo un pretore con residenza a Nova Carthago e
Hispalis.
• Con la rivolta dei Celtiberie la distruzione di Numanzia da parte di Scipione l'Emiliano, nel 133, si procedette
ad un nuovo ordinamento della provincia citeriore .
• La guerra di Sertorio e la crisi repubblicana ebbero un impatto saliente sulla romanizzazione della regione che
potè dire conclusa solo a seguito della battaglia di Filippi dopo la qualc comunque vi erano ancora da
sottomenttere le tribù della Cantabria, delle Asturie e della Galizia. L'opera si concluse solo nel 19 a.C.
• La penisola fu divisa in tre province, una senatoria (Hispania Ulterior o Baetica), e due imperiali (Hispania
Citerior o Tarraconensis e la Lusitania tutte governate da pretori.
• Le province spagnole furono tra le più tranquille dell'impero da cui l'esiguità del presidio romano con pochi
corpi e una solo legone nella Tarraconense che dal presidio conservò il nome (Leòn).
• Ingente l'apporto, per l'economia dell'iimpero, della Spagna per le risporse minerarie ed agricole mentre più
limitate le industrie.
• Primo mutamento amministrativo fu quello del prinicpio del III secolo con la costituzione della provincia
autonoma dell'Asturia e Callaecia.
• Con Diocleziano fu divisa la Tarraconensis che si divise in due con la Carthaginensis.
• Nel IV anche le Baleari formarono un provincia a sè che, insieme alle altre cinque formavano la diocesisi
Hispniarum, comprendente anche la Mauretania Tingitana e posta alle dipendenze del prefetto del pretorio
delle Gallie.
• Nel V secolo Eurico re dei Visigoti fonda una monarchia resasi presto indipendente. L'arianesimo dei
conquistatori staccò la Spagna dalla fede di Roma solo momentaneamente perchè nel523 ci fu un ritorno al
cattolicesimo.

-Britannia

• I primi contatti si devono a Cesare che nel 55 e nel 54 passò in Britannia ottenendo che i popoli meridionali
pagassero un tributo ed avessero un re scelto da Roma.
• Sebbene il tributo non debba essere durato a lungo, l'amicizia tra i popoli fece sì che i romani si potessero
intromettere nelle guerre interne al paese facendosi strada verso la conquista.
• La spedizione, pensata da Caligola ma intrapresa da Claudio, riuscì ad assicurare tra il 43-44 la parte sud-
orientale dell'isola al dominio di Roma. Tale dominio fu lentamente esteso negli anni successivi.
• Venne fondata la colonia di Camolodunum e i centri commerciali di Londinium e Verulamium.
• Sotto il governo si Svetonio Paolino, nel 59, la conquista dell'isola di Mona, centro del culto duridico, e le
violenze dei romani, provocarono una rivolta generale di cui fu anima la sacerdotessa regina degli Iceni
Budicca. Svetonio e il legato Petilio Ceriale ne repressero l'insurrezione nel 61 d.C
• Negli anni successivi il dominio di Roma si estese fino alla Caledonia, sotto il governatorato di Agricola.
Questi, richiamato da Domiziano, fece ritirare le truppe dalla Caledonia. Il limite della provincia fu stabilito
quindi nel vallo di Adriano, condotto da mare a mare.
• Antonino Pio intraprese una nuova guerra contro i popoli a nord del Vallo adrianeo, costruendo una seconda
fortificazione che tuttavia fu abbandonata al tempo di Commodo.
• Continuarono le inquietudini della popolazione tanto che Settimio Severo, che già aveva pensato di dividere la
provincia in due minori, si recò personalmente sull'isola ove morì nel 211 ad Eburacum
• Con Diocleziano la Britannia venne divisa in prima e secunda, una Maxima Caesariensis ed una Flavia
Caesariensis; più tardi si aggiunse la Valentia. Erano rette da consulares o praesides dipendenti da un vicarius
Britanniarum che riferiva al prefetto del pretorio delle Gallie.
• Il IV secolo è contrassegnato da crescenti torbidi delle popolazioni locali e da invasioni dei popoli esterni:
Picti, Scoti, Sassoni e Franchi.
• Ad inizio V le comunicazioni con Roma vengono definitivamente tagliate dalla grande invasione della Gallia
da parte dei popoli germanici e i Britanni si trovano a dover provvedere loro stessi alla propria difesa.
• Nel 410 Onorio sanzionò il distacco da Roma.
• Lo stato costante di tensione conservarono sempre al governo e all'amministrazione il carattere di
un'occupazione militare in cui importanti erano le sedi delle legioni.
• Importanti nel IV per lo sviluppo della vita del paese furono le grandi proprietà e ville rustiche.

-Germania

• Le due province Superior e Inferior, costituite da Tiberio, non compresero mai tutta la regione che dai romani
era chiamata Germania.
• Nel 16 a.C Augusto concepiva l'idea di una vasta operazione militare per unificare tutta la regione muovendo
dal Reno e dal Danubio.
• Dal 12 al 9 a.C Druso combattè vittoriosamente ma in quell'anno venne a mancare e l'unificazione era lontana
sebbene dall'imperatore non venne meno un atto che presagiva la volontà di dare anche alla popolazioni
germaniche un centro politico analogio a quello dato alle tribù galliche, attraveso la fondazione nel territorio
degli Ubii sulla sinistra del Reno di un'ara dedicata a Roma e ad Augusto.
• Tiberio dall'8 al 7 raccolse l'eredità di Druso con una serie di campagne per consolidare le nuove terre fino
all'Elba. Ma bastò che egli lasciasse il comando a generali inetti quali Quintilio Varo perchè le tribù
germaniche insorgessero e l'insurrezione, capitanata da Arminio, terminasse con la terribile disfatta della selva
di Teutoburgo nel 9 d.C.
• I piani di conquista sembrarono ripresi da Germanico fra il 14 e il 16 ma il suo richiamo da parte del nuovo
imperatore troncò ogni futura conquista della regione.
• Il comando del Reno che comprendeva un esercito di otto legioni, ridotte nel II secolo a 6 e a 4, benne
spezzato in due e si formarono le due province.
• I legati che ne avevano il comando erano di rango consolare e risiedevano a Mogontiacum e Colonia..
• Dove il confine non era costituito dal fiume vi era un limes fortificato che difendeva la provincia dai barbari,
• L'ordinamento dioclezianeo lasciò immutata la Germania Inferiore ma divise inla superiore in Germania
Prima e Maxima Sequanorum, comprese nella diocesi delle Gallie.

-Rezia

• Occupata durante le campagne di Augusto per mettere in sicurezza i confini settentrionali dell'Italia.
• Costituita provincia autonoma sotto Tiberio con il nome di Retia et Vindelicia e poi semplicmente Retia.
• Nei primi temi provincia procuratoria e il magistrato risiedeva ad Augusta Vindelicorum. Dopo Marco Aurelio
egli fu sostituito da un legato.
• Di carattere prettamente militare ebbe pochissimi centri urbani: Augusta, Cambodunum, Brigantium.
• Importanza per le strade che l'attraversavano facendone una regione particolarmente delicata per la difesa
dell'Italia e per lo spostamento delle truppe da occidente ad oriente.
• Diocleziano la divise in Raaetia I e II unita alla diocesi dell'Italia.
• Augusta nel V secolo fu occupata dai barbari.

-Norico

• Regione sita a nord-est dell'Italia, abitata da celtilliri, costituiva un regno che, nell'ultimo periodo repubblicano
era amico di Roma.
• Nel17 fecero atto di sottomissione a Roma e i poteri del re indigeno furono trasferiti ad un procurator regni
Norici.
• Divenne una provincia procuratoria fino a Marco Aurelio che mise in comando un legato.
• Ebbero ordinamento municipale Virunum, ove risiedeva il governatore, Teurnia, Celeia, Aguntum, Iuvavum da
Claudio.
• Diocleziano la divise in noricum mediterraneum e ripense.
• Principale ricchezza miniere di ferro e piombo.

-Province Illiriche

Dalmazia

• Dalla metà del III a.C si sforzò di affermare la propria supremazia sulle tribù illiriche i cui atti di pirateria
nuocevano ai movimenti sull'adriatico.
• A seguito di queste guerre istituirono prima un protettorato e poi nel 167 a.C un domino romano stabile nel
basso Adriatico. Questo era tuttavia solo un presidio militare affidato al governatore della Macedonia o della
Gallia Cisalpina.
• Per tutto il secondo e metà del primo secolo si assite a guerre volte alla capitolazione dei Dalmati e dei Liburni,
eventi che si intrecciarono con la guerra civile tra Cesare e Pompeo.
• Cesare voleva forse farne una provincia per sè ma tale disegno fu attuato solo con Augusto che nel 27 a.C la
pose tra le province senatorie.
• Le insurrezioni di Dalmati e Pannoni nell'11 indussero il princeps a prendere sotto di sè il controllo della
provincia. Tiberio combattè contro gli insorti vittoriosamente ma una seconda campagna fu necessaria tra il 6e
il 9 per debellare la rivolta.
• Il governo fu affidato ad un legato imperiale con sede a Salona e il territorio diviso in tre distretti o conventus
• Per la finanza aveva un suo procurator anche se per i redditi delle miniere continuò a far parte del distretto
illirico.
• Con Diocleziano fu divisa in due province Dalmatia e Praevalitana con capitale Salona e Scodra.

-Pannonia

• La Pannonia per quanto già ocupata da prima fu annoverata tra le province imperiali solo dopo la grande
insurrezione dei popoli danubiani del 6-9 d.C. Accanto ai castra militari sorsero insediamenti che raggiunsero
presto il rango di municipia: Carnutum, Vindobona, Aquincum, ma tale diritto fu concesso anche a centri
indigeni dove si erano stabiliti mercanti e veterani romani quali Siscia, Savaria, Sirmium.
• Traiano la divise in due province una superiore ed una inferiore, la prima con un legato consolare, la seconda
un pretorio divenuto anche'esso consolare con Marco Aurelio.
• Alla fine del III secolo la pressione di barbari divenne così forte che nemmeno le difese sul fiume riuscirono a
contenerli e la provincia divenne teatro di sanguinose battaglie facendone un luogo privilegiato per
l'acclamazione di molti imperatori.
• Diocleziano dive le due Pannonie in due province minori: la superiore in Prima e Savia, l'inferiore in Secunda
e Valeria, rette tutte da consulares e formanti la diocesis Pannoniarum dipendente dal prefetto del pretorio
d'Italia.
• Alla fine del IV le violente incursioni dei Quadi e dei Goti travolsero le linee romane e dopo la sconfitta di
Valente ad Adrianopoli nel 378 la Pannonia venne persa.
• Sirmio fu l'ultima cittò a cadere sotto gli Unni nel 441.
• Fu a carattere prevalentemente militare con notevoli attività mercantili lungo le grandi via di passaggio tra
occidente e oriente. L'influenza romana più sentita su nella parte occidentale in sostrato celtillirico che aveva
prodotto la civiltà di La Tène non priva di vitalità artistca, da oriente non furon assenti influssi greci.

-Mesia

• I romani raggiunsero questa regione dalla Macedonia e dalle valli del Danubio. La regione dell'occupazione fu
l'impedire ai popoli che abitavano questa terra (Dardani, Mesi, Triballi, Scordisci, Geti e Bastarni), di invadere
le zone limitrofe.
• Le campagne volute da Augusto tra il 29 e l'11 a.C., portarono la conquista sino al Danubio ma, la provincia
vera e propria, dapprima un presidio militare, , fu costituita solo successivamente e affidata ad un legato di
rango consolare, ad opera probabilmente di Tiberio nel 15 d.C, riunendo ancche la Macedona e l'Acaia.
• Con Claudio, che restituisce autonomia alle ultime due, la Mesia prende stabilmente forma estendendosi dalla
Pannonia al Mar Nero e comprendendo la Scitia minore.
• I Flavi promossero, in questa parte dell'impero, un grande attività militare, specie sotto Domiziano che divise
la Mesia in due, superiore o occidentale e inferiore o orientale, separate dal corso del Ciabrus
• Dopo la conquista della Dacia, la Mesia potè godere di relatica tranquillità.
• Diocleziano la frazionò in Mesia Superiore, Margensis o Prima e in, Dardania e Inferiore o Secunda e Scythia.
Le prime due riunite nella diocesi Moesiarum e le altre nella Tracia.
• E' una delle province più variegate per territorio e popoli in essa contenuti.
• Di carattere prevalentemente romano la parte occidentale lungo il Danubio per via dei castra militarium, di
carattere greco nella pars orientalis, caratteristica che molto si riscontra nei monumenti soprattutto funebri e
onorari: il più celebre è il Tropaeum Traiani.
• Municipia e colonie sono esigue.

-Dacia

• I Daci abitavano, come gli affini Geti, lungo il basso corso del Danubio, in particolare a nord di esso.
• Sotto Cesare il re Burebista era riuscito ad estendere la propria influenza a tutte le tribù e a esercitare pressione
sul confine presidiato della Mesia.
• Al tempo dei Flavi i conflitti si acquiscono anche per via da un lato ,della presenza di Decebalo, un re Dace
energico e intelligente, dall'altro per la sempre maggior influenza esercitata dai romani sulla rgione.
• Nell'85 i romani subiscono dure sconfitte ma, nononstante una nuova campagna sembri procedere felicemente,
Domiziano, minacciato da altre tribù germaniche, decide di scendere a patti con Decebalo e ritirare le truppe.
• Le ostilità riprendono con Traiano che in due campagne (101-102 e 105-106), conquista il paese riducendolo a
provincia romana.
• I confini sono a sud il corso del Danubio, a nord una linea che va da settentrione di Prolissum fino al Prut,
confine orientale, e ad ovest il territorio libero degli Jazigi.
• Il governo fu affidato ad un legato imperiale di rango pretorio che risiedeva a Sarmizegetusa.
• Già sotto Adriano la provincia fu divisa in Dacia superior (Transilvania) e Dacia inferior (Valacchia) alle
dopendenze di un procurator augusti
• Marco Aurelio la divise ulteriormente in tre distretti: Dacia Porolissenis, Apulensis e Maluensis, governate
ognuna da un procurator e tutte insieme dal legato o consularis daciarum trium.
• Unico per tutte e tre il concilium.
• Fiscalmente faceva parte del distretto Illirico.
• Dopo la conquista numerosi coloni giunsero dall'Italia, dalla Siria, dalla Pannonia e dalle regioni illiriche.
Questi contribuirono alla latinizzazione della regione.
• Notevole sviluppo l'ordinamento municpale: colonie Sarmizegetusa, Apulum, Maluese, Potassia, Romunla,
Drobeta. Municipia Porolissum e Tibiscum
• Poco tranquilla per le spinte dei popoli vicini.
• Già dalla seconda metà del III secolo Aureliano abbandonava tutta la regione a norde del Danubio e costituiva
a spese della Mesia, la Dacia ripensis con Serdica come capolugo.

-Tracia

• Il regno Odrisio, sin dopo la battaglia di Pidna, era passato sotto il protettorato di Roma e tale rimase fino a
quando Claudio tra il 44 e il 46 costituì la provincia affidandola ad un procuratore imperiale.
• Con Traiano il procuratore fu sostituito da un legato di rango pretorio residente a Perinto.
• La proincia andava dal Nesto alle rive del Ponto e dall'Egeo ad oltre la catena dell'Emo.
• Sede del xoinon fu da principio Filippopoli.
• La regione al momento della conquista aveva ancora carattere prettamente rustico con poche città di stampo
greco. Le popolazioni erano riunite in tribù e villaggi raggrupati per strategie.
• Il dominio romano favorì la diffusione delle città attraverso colonie e diritti municipali, oltre che con la
formazione di vai emporia lungo le grandi strade di comunicazione tra occidente e asia.
• Attraverso queste diriettrici penetrò la lingua greca.
• Dalle tribù roma attinse truppe ausiliarie sebbe scarso fu il presidio della provincia fino al III secolo quando
divenne teatro di guerra tra roma e le popolazione transdanubiane.
• Nel 251 i Goti invasero Filippopoli e nel 378 scondissero Valente ad Adrianopoli.
• Con Diocleziano fu divisa in quattro province e compresa nella diocesi che comprendeva Mesia inferiore e
Scizia.
• Contesa tra imper d'oriente e occidente, rimase al primo e fuinse da antemurale della capitale, affidata nel VI a
due vicarii e costituita come tema.

-Macedonia

• Sconfitto nel 168 a.C. Perseo a Pidna , il regno di Macedonia ebbe fine ma ciò non determinò l'annessine della
regione alla potenza romana. Lo stato venne spartito in 4 repubbliche federali che durarono circa 20 anni.
• Nel 146, domata da Cecilio Metello Macedonico la rivolta dello pseudo-Filippo, la regione assunse
l'ordinamento provinciale e fu affidata ad un governatore residente a Tessalonica il quale aveva potere fino al
Danubio e al Mar nero e a tutta la penisola balcanica .
• Da Augusto in poi si divisero l'Acaia, l'Epiro e le province danubiane.
• Fu affidata al senato sotto un proconsole di rango pretorio ma venne all'imperatore per un breve periodo, dal 15
al 44 d.C perchè ne potesse dedurre alcune colonie: Dion, Pella, Filippi, Dirrachio.
• L'impronta della macedonia rimase comunque greca e considerata tra le province più ricche per le larghe
proprietà terriere, le miniere, il commercio sulla via Egnazia.
• Le invasioni del III secolo ad opera dei Goti ne ruppero la tranquillità.
• Diocleziano la divise in due circoscrizioni minori la Macedonia prima e la secunda o salutaris ad occidente,
ognuna sotto un consularis alle dipendenze del vicario della diocesis Moesiarum.
• Tessaglia e regioni adriatiche si separarono da esa.
• Il monumento più importante è l'arco di Galerio a Salonicco cui è connessa la chiea di S.Giorgio.

-Epiro

• Adriano o Antonino Pio distaccarono dall'Acaia le due regioni dell'Epiro e dell'Acarnania costituendo una
provincia che, dato il suo scarso valore economico e il territorio montuoso affidarono ad un procuratore
imperiale.
• Ad essa furono affidate anche le isole Jonie
• Poche le città, quali Azio e Butroto. Scarsa partecipazione alla vita dell'impero,
• Diocleziano la divide in due: Epiro vetus.
-Acaia

• Sconfitti gli Achei a Leucoperta e distrutta Corinto nel 146, la Grecia fu sottomessa e riunita alla Macedonia,
sebbene alcune regioni e città, come Atene, mantennero la libertà per perderla poi man mano sotto Cesare e
Silla.
• Ricostruita Corinto quale colonia romana, ad opera di Cesare, si avviò un processo di rpresa per l'Acaia che
venne ordinata a provincia nel 27 a.C da Augusto, che inserì anche la Tessaglia e l'Epiro.
• Il suo governo venne lasciato al senato con un proconsole di rango pretorio residente a Corinto.
• Mutamento di questo governo si ebbe solo con la riannessione della macedona tra il 15 e il 44 e quando
Nerone restituì la libertà ai greci sottratta loro nuovamente da Vespasiano.
• Il domini di Roma non cancellò la grande cultura greca, anzi, Roma ne fu in qualche modo contaminta .
• Continuarano a sussitere le leghe sacre tra cui quella anfizionica e Adriano costituì la nuova lega del
Panellenio.Molti imperatori lasciarono copiosi segni del proprio favore e spesso in molte città a caratteri
spiccatamente greci si aggiungono dettagli o concezioni romane.
• Le invasioni del III secolo non la risparmiarono e sotto Gallieno Atene ed altre città furno prese e saccheggiate
da Alamanni e Goti (395) Alarico.
• La provincia di Acaia, cui Domiziano aveva sottratto le Cicladi rimase tale fino al VI.

-Creta e Cirene

• Il regno di Cirene venne dato in eredità a Roma nel 96.a.C da Tolomeo Apione. I romani presero beni reali
restituendo la libertà alle città.
• Tuttavia le lotte di potere interno li obbligarono ad intervenire nuovamente sulla scena circa vent'anni dopo nel
75, obbligando il senato a darne un ordinamento provinciale.
• Qualche anno più tardi le campagne di Q.Metello Cretico e Pompeo contro i pirati, diedero a Roma il possesso
di Creta che, insieme a Cirene, costituirono una provincia.
• Donata da Antonio a Cleopatra Selene, fu riconoquistata da Ottaviano che nel 27 la diede al senato sotto il
potere di un proconsole pretorio residente a Gortina e Cirene.
• Sebbene fossero unite sotto un unico magistrato rimasero amministrativamente divise ed ebbero consigli
separati, sebbene in Cirenaica ci fosse un piccolo presidio come deterrente contro le popolazioni libiche.
• Il cirenaica abbiamo poi da ricordare la grande insurrezione dei Giudei sotto Traiano e duramente repressa da
lui stesso e da Adriano.
• Entrambe le due regioni conservarono ordinamenti ellenici.
• Diocleziano ne fece due province distinte aggregate a diocesi diverse: Creta alla Mesia, Cirene a quella
d'Oriente.
• Creta rimase un tema bizantino la cirenaica fu sempre più esposta alle invasioni dei libici.
• Questa fu divisa in Pentapolis e Sicca. I governatori risiedevano a Tolemaide.
• Giustiniano cercò di ridare floridezza al paese ma con scarsi risultati e nella metà del VI fu occupata dagli
Arabi.

-Cipro

• Pertinente al regno dei Tolomei d'Egitto l'isola era sotto il governo quasi indipendente del fratello di Tolomeo
Aulete.
• Nel 58 una legge promossa da Clodio ne decise l'annessione a Roma. Essa fu annessa alla provincia di Cilicia e
Cesare e Antonio la resituirono a Cleopatra ma dopo Azio venne recuperata.
• Nel 22 Augusto la distaccò dalla Cilicia e la affidò ad un proconsole di rango pretorio residente a Pafo.
• All'ordinamento precedente fondato sulle città stato si sostituì quello comunale. Plinio nel ricorda quindici che
si riunivano in assembela.
• L'avvenimento più notevole è la rivolta degli Ebrei scoppiata sotto Traiano. Un'altra fu capitanata da Calocero
magister camelorum al tempo di Costantino.
• Sotto Giustinianto era ancora provincia dipendente dalla prefettura d'Oriente.
• Gli Arabi la occupano nel 648.

-Asia

• Primo possesso lasciato in eredità al popolo romano da Attalo III di Pergamo nel 133 a.C.
• La provincia fu costituita solo da Manio Aquilio dopo la vittoria del pretendete Andronico. Tuttavia essa non
comprendeva tutte le regioni dell'antico regno di cui, alcune, furono aggregata ad altre province o cedute a
regni amici o clienti.
• La ricchezza della regione vi attrasse presto numerosi Italici appaltatori e commercianti la cui avidità era
favorita dai governatori romani. Un forte malcontento serpeggiava tra greci e non greci e quando Mitridate
ordinò la strage degli Italici ben 80000 ne furono uccisi.
• La fine della guerra mitridatica nell'84 e le riforme d'ordinamento volute da Silla contribuirno a deprimere
l'economia della regione. Solo con Augusto le sorti dell'Asia tornarono a migliorare con un periodo di pace e
prosperità initerrotto almeno fino alla metà del III secolo d.C.
• Fonti di tale prosperità: agricoltura, commercio (strada reale), alcune industrie lana e tintoria.
• Augusto la affidò ad un governatore exconsole insieme a tre legati e un questore. Alcuni procuratori
provvedevano alle rendite dovute al fisco.
• Per la giustizia la provincia era divisa in quattro distretti, nove al tempo di Plinoo.
• Alcune città al momento della loro costituzione furono ordinate foederate, altre libere. Poco a poco anche
queste divvennero stipendiariae cui però era lasciata la libertà di avere proprio ordinamento giuridico,
magistrati propri e propria amministrazione. Organi di tale amministrazione erano l'assemblea e il senato ed
inseguito i loghistai e eirenarches.
• Colonie solo Pario e Alessandria Troade.
• Le federazioni releigiose furono mantenute e rispettatre dai romani che tuttavia crearono l'assemblea per il
culto di Roma e Augusto.
• Non ebbe presidio militare stabile in quanto pacifica fino alla guerra tra Settimio Severo e Pescennino Nigro.
• Sotto Gallieno scontri con Sapore re di Persia e poco più tardi contro i Goti.
• Diocleziano la divise in sette province: Asia, Caria, Isole, Lidia, Frigia prima o Pacatiana, secunda o salutaris,
Ellesponto. Tutte dipendenti dalal diocesi Asiana.
• Mutamenti successivi furono apportati da Giustiniano e da altri imperatori bizantin.
• Gli insediamenti asiatici conservano forti tracce di romanizzazione.
• Grandemente attiva la scuola scultorea di Afrodisia i musei di Smirne e di Efeso e le scuole mediche di Efeso e
Pergamo.
• Il cristianesimo si sviluppò sin dai tempi apostolici con S. Paolo e S.Giovanni Evangelista.

-Ponto e Bitinia

• Annesse a Roma inseme: la Bitina per il testamento di Nicomede nel 74 e il Ponto per la vittoria su Mitridate
nel 66 da parte di Pompeo. Nel Ponto solo la parte orientale fu provincia mentre le terre orientali furno affidate
a stati amici fino a Nerone e ad i Flavi che li annessero tutti.
• La Bitinia era molto più avanzata per l'ellenizzazione e l'organizzazione cittadina. I romani favorirono questo
processo in entrambe le regioni.
• Rispettati furono i due grandi santuari di Zela e Comana con caratteri di regni quasi sacerdotali.
• Furono fondata molte città con nomi di principi della casata imperiale (Germanicopoli, Claudiocopoli) sebbene
poche con titolo e costituzione di colonia.
• Nelle repubblica fu governata da un propretore; Augusto ne fece una provincia senatoria retta da un
proconsole pretorio coadiuvato da vari procuratori.
• Era l'obbligatorio ponte tra occidente e oriente e base di rifornimento principale contro i Parti.
• Ricevette per cui cure particolari da Traiano e Marco Aurelio che la mutò in provincia imperiale.
• Ciascuna parte aveva la propria assemblea a Nicomendia e Amastri. Bisanzio ne faceva parte.
• Da Diocleziano venne divisa in Bitinia e Onoriade e Diosponto, Ponto Polemoniaco e Armenia minore.
• Vari scrittori greci del periodo romano sono originari di questa provincia: Dione Crisostomo, Arriano, Cassio
Dione, Strabone.

-Galazia

• Costituita provincia da Augusto nel 25 a. C dopo la morte dell'ultimo re Aminta e governata da un legato
imperiale pretorio.
• Formata anche dall'Isauria, la Pisidia, la Licaonia e nel tempo dalla Plafagonia e dal Pontus Galaticus e
Polemoniacus) e l'Armenia Minore.
• Vespasiano la riunì alla Cappadocia e l'affidò ad un legato consolare .
• Traiano ricostitutì della Cappadocia e dei due regni pontici un regno autonomo.
• Adriano distaccò l'Isauria e parte della Licaonia annesse alla Cilicia.
• Tali frequenti e disomogenei cambiamenti si spiegano anche per l'eterogeneità etnico-culturale della regione.
• Ogni regione aveva la propria assemblea e più che l'ordinamento comunale durò quello tribale celtico, almeno
in Galazia. Nelle altre regioni numerose furono le colonie di veterani ma tutta la provincia fu tra le meno
romanizzate.
• Diocleziano la divise in Galazia prima e salutars.

-Cappadocia

• Regno cliente di Roma sin dal principio del II a.C., divenne provincia romana al tempo di Tiberioe affidata ad
un procuratore imperiale che gestì l'organizzazione tradizionale della regione in strategie.
• Vespasiano vi trasferì ingenti forze militari e mutò il governo in un legato consolare con sede a Mazaca-
Ceasera
• Montuosa, scarsamente popolata e poco accessibile, rimase sempre ai margini della vita dell'impero e solo di
prevalente interesse militare.
• L'urbanizzazione fu poca e la popolazione rimase divisa in villaggi ove, sotto il beneplacito di Roma, rimasero
a governare piccoli capi indigeni.
• Diocleziano la divise in due: C. Prima e secunda dipendenti dalla diocesi Pontica.

-Licia e Panfilia

• La confederazione Licia fu in ottimi rapporti con la tarda repubblica e mantenne una formale indipendenza
fino a Claudio. La Panfilia venne ereditata grazia al testamento di Attalo III, aggregata prima alla Cilicia e poi
alla Licia quando quest'ultima fu ordinata definitivamente provincia sotto Vespasiano nel 74.
• Governata da un legato imperiale di rango pretorio sostituito più tardi da un proconsole a nomina senatoria.
• Regione tranquilla e non ebbe grande sviluppo perchè fuori dai grandi traffici.
• Centri principali Side, Attaleia, Patara e Xanto.
• Xoinon licio e panfilio.
• Diocleziano la lasciò unità ma essa fu divisa da Costantino.
• Si conservano nelle città maggiori numerosi monumenti romani.

-Cilicia

• Sconfitti i pirati ad opera di Pompeo, la loro rocciosa casa, la Cilicia fu sottomessa a Roma, almeno per la parte
montuosa, mentre la parte bassa fu ceduta a Pompeo dal re Tigrane di Armenia.
• Nel 62 divenne provincia e tra i suoi primi governatori ci fu Cicerone.
• Dopo alcuni mutamenti territoriali Vespasiano la affida ad un legato imperiale pretorio.
• La capitale era Tarso e altre città Selinunte (Traianopoli) e Soli-Popmeiopolis, in cui si conservano resti
romani.
• Arcadio la divise in tre circoscrizioni minori: C.prima, secunda con capitale Anazarba e Isauria con capitale
Seleucia.
• Cilicio di pelo di capra

-Siria e Palestina

• Alla battaglia di Magnesia nel 189 a.C., il conflitto tra Roma e il regno Seleucide appare già segnato in favore
della prima.
• Ci vorrà tuttavia un secolo nel 62 a.C. Perchè la Siria, sotto Pompeo, divenga provincia romana.
• Vastissimo il territorio che dalle catene del Tauro e dell'Amano giungeva fino al deserto arabico e fino alle rive
dell'Eufrate.
• Solo la bassa e media valle dell'Oronte saranno alle dirette dipendenze di Roma. Il resto rimarrà affidato
all'autonomia dei piccoli stati indipendeti: Commagene, Giudea e principati sacerdotali di Damasco, Emesa,
Calcide e le città Fenicie costiere.
• Augusto ne fa provincia imperiale con un esercito di tre, poi quattro, legioni per fungere da baluardo contro i
Parti.
• La Giudea dopo la conquista e la distruzione del tempio di Gerusalemme da parte di Tito nel 70, divenne
provincia imperiale sotto un legato così come la Commagene e quasi tutti i principati sacerdotali.
• Unico stato indipendente la Palmira, punto d'incontro nel deserto tra romani e Parti.
• Le vittoriose campagne di Traiano contro di loro e la costituzione elle nuove provincie orientali, sembrano
attenuare l'importanza politica della Siria, fino all'abbandono successivo delle suddette province da parte di
Adriano.
• Ciò ne ristabilisce il valore strategico. Sotto Marco Aureli e Lucio Vero i Parti irrompono fino ale porte di
Antiochia.
• Settimio Severo la divide in due Coelesyria i Siria Maior e Syria Phoenice
• L'avvento altrono con Giulia Domna dei re.sacerdoti di Emesa, determina un largo diffondersi delle tradizioni
e dei culti siriani in occidente.
• Alla metà del secolo la minaccia partica si fa più pressante ed essi invadono la Siria.
• Valeriano è sconfitto e fatto prigioniero e la difesa è assunta dai principi di Palmira Odenato, Vaballato e
Zenobia che si proclamano indipendeti da Roma.
• Aureliano batte Zenobia e la conduce prigioniera a Roma.
• Diocleziano rafforza la frontiera e costruisce al strata Diocletiana; lasica inalterata la sua organizzazione che
solo da Costanzo Cloro è mutata in distretto a sè con il nome di Augusta Euphratensis.
• A inizio V è divisa in cinque provincie.
• Nel VI Persiani e Arabi premono maggiormente che prima della metà del VII è perduta.
• Di grande importanza economica e culturale con importanti centri culturali quali Antiochia, Seleucia,
Laodicea, Apamea, Berito, Tolemaide. Ben poche le colonie romane.
• Fiorneti alcune industrie, quali porpora e vetro, curata l'agricoltura e vivace il commericio
• Da questa regione provenivano anche molti autori retori, storici, giuristi, filosofi: Luciano, Taziano, Massimo
di Tiro, Filodemo, Appollodoro di Damasco ecc.

-Armenia

• Distinte dai romani in maiore e minor, la seconda entrò a far parte dei domini di Roma già con Pompeo ma
spesso fu aggregata con i piccoli stati che si vennero variamente a formare in queste zone.
• Solo tra Nerone e Vespasiano venne unita definitivamente alla Cappadocia.
• L'Armenia Maggiore rimase indipendente fino al II secolo e contesa tra Roma e i Parti.
• Traiano la invase nel 114 riducendola a provincia e riunendola allo stesso governatore della Cappadocia.
• Nel 117, morto Traiano, fu ricostituita regno indipendente da Adriano sia pure stato cliente.
• Giustiniano la riunì all'impero.

Mesopotamia e Assiria

• La campagna di Traiano contro i Parti portò alla conquista sia delle regioni tra il Tigri e l'Eufrate, sia di quelle
oltre, l'Adiabene. Dell' una e dell'altra vennero costituite due province.
• Alla morte di Traiano, Adriano seguì un diverso indirizzo politico le abbandonò e le restituì ai Parti.
• L'Assiria non fu mai più rioccupata mentre la Mesopotamia, almeno nella parte occidentale con Edessa, fu
riacquisita dai romani in seguito alla pace conclusa nel 165 dopo la guerra con M. Aurelio e L.Vero.
• Settimio Severo allargò e organizzò la conquista estendendola a tutta la Mesopotamia fino al Chaboras e ad
una liena nord di Hatra e facendo di esser due province aventi come governatori funzionari di rango equestre ,
procuratore o praefecti.
• Le seguenti guerre con i Parti e i Sassanidi ne mutaron gli assetti.
• Con la pace del 363 seguita alla campagna di Giuliano, Roma dovette rinunciare a tutta la pars orientalis della
regione.
• Tra VI e VII riprese la pressione persiana che determinò òa perdita definitiva della provincia.

-Arabia

• Il regno Nabateo era già entrato a far parte della clientela di Roma al tempo di Pompeo e tale rimase fino al
tempo di Traiano che nel 105 ordinò al legato di Siria, Cornelio Palma, di entrare in arabia e, deposto il re,
costituirne la provincia.
• Capitale ne fu Petra. Anche Bostra fu molto importante e divenne il centro della provincia settentrionale
quando nel III secolo fu divisa in due.
• Ad oriente er difesa da una frontiera fortificata ed era attraversata da numerose strade che favorivano i
commerci con il profondo oriente.
• Forte il contrasto con i nomadi del deserto e le popolazioni cittadine che i romani fecero governare da etnarchi
e filarchi.
• Prima della metà del VII la diffusione dell'Islamismo e l'inizio delle conquiste arabe segnarono la fine del
Cristianesimo e il suo distacco dall'impero.

-Egitto

• Entrato nel dominio romano con la morte di Marco Antonio e Cleopatra.


• Augusto gli diede un ordinamento particolare e lo affidò ad un prefetto equestre e ai senatori era vietata persino
l'entrata.
• Accanto al prefetto stavano uno iuridicus e idiologus sostituito più tardi da un rationalis, oltre ad alcuni
procuratores.
• Base dell'amministrazione era la forma provincialis di cui possediamo un frammento papiraceo.
• Al prefetto spettava il comando dell'esercito costituito da tre legioni, ridotte poi ad una. Egli risiedeva ad
Alessandria che insieme ad altre città quali Tolemaide e Antinoopoli godevano di autonomia rispetto alla
provincia.
• Augusto ne mantenne la divisione in quattro nomi con a capo un stratego e in tre epistrtegie. Tale ordinamento
rimase invariato anche in periodo dioclezianeo.
• Fu sovente turbato da torbidi interni e più raramente da incursioni di Etiopi.
• Tra le cause dei torbidi: insofferenza di disciplina della popolazione, irrequietudine degli alessandrini, contrasti
con gli Ebrei, lotte dinastiche e dispute filosofiche.
• Provincia produttrice: cereali, vino, papiro, marmi, vetri etc. Esportati in tutto l'impero.
• Diocleziano lo divise in tre, poi quattro province: Aegyptus Iovia, Herculia, Tebaide e Augustamnica.,
aggregati alla diocesi d'Oriente.
• Teodosio ne fece una a se stante sotto un praefectus Augustalis e tale rimase fino a Giustiniano che la dicise in
cinque eparchie.
• Il basso impero è contrassegnato da lotte tra Cristiani e pagani.
• Blemmi, Persiani e Arabi minacciano i confini e nel VII è conquistata da questi ultimi.

-Province Africane

Africa e Numidia

• Con la distruzione di Cartagine nel 146 si costituì la provincia dell'Africa con goverantore ad Utica.
• Di estensione assai limitata comprendeva uno stretto territorio.
• La ricchezza era l'agricoltura e insieme alla sua favorevole posizione cominicò ben presto ad intessere rapporti
commerciali e politici con l'Africa e Roma.
• Caio Gracco tentò di far rinascere Cartagine nel 123 ma fallì.
• La guerra giugurtina (111-105) non portò alcuna espansione.
• La vittoria di Cesare a Tapso (46) determinò l'annessione della Numidia detta Africa Nova con capoluogo
Zama. Sallustio ne fu primo governatore.
• Augusto nel 27 le riunì in una sola e il governo era affidato ad un ex-consolee riuniva anche il comando
militare.
• Risorta Cartagine ad opera di Cesare e Ottaviano, la residenza del proconsole fu stabilita qui e la città ne
divenne la capitale.
• Caligola nel 38 divise i due poteri e trasferì quello militare al elgato della legione di stanza a Lambaesis.
• Così nacqu la Numidia che ebba ordinamento proprio solo con Settimo Severo.
• L'indebolirsi della potenza dell'impero e i riflessi delle lotte per il trono determinarono nel III secolo una
ripresa di spirito di indipendenza da parte degli indigeni..
• Diocleziano frazionò l'Africa in tre province minori: Zeugitana, Bizacena e Tripolitana. La Numidia in
Cirtensis e Militiana che insieme alle due Mauretanie facevano capo al prefetto del pretorio dell'Italia.
• Con Costantino la Numidia tornò ad essere una provincia sola. Il restante ordinamento dioclezianeo rimase
immutato fino all'invasione vandala del 429 e ricalcato poi da Giustiniano dopo la sua riconquista nel 534.
• Alla fine del VI il prefetto dell'Africa è sostituito dall'esarca.
• A metà del VII gli Arabi cominciano le prime incursioni fino allo stanziamento definitivo dopo la
fondamentale battaglia di Sufetula nel 647 e la fondazione di Kairuan nel 670.
• Solo con la seconda invasione dell'XI si spense ogni traccia romana.
• Produzione di ceramica; produzione letteraria: Miucio Felice, Tertulliano, Agostino, Arnobio.

Mauretania

• L'intervento di Bocco nella guerra giugurtina fu il primo contatto di Roma con qusta regione. Un secondo re
dal medesimo nome aiuta Cesare nella campagna contro i pompeiani.
• Questi morendo nel 33 lasciò il regno ad Ottaviano che lo tenne per otto anni e poi nel 25 ne fece uno stato
cliente dandolo a Giuba II.
• Il figlio Tolomeo fu fatto uccidere nel 40 da Caligola e il suo stato ordinato da Claudio in due province
Caesariensi e Tingitana con du procuratores a governarle e che risiedevano a Cesarea e a Volubilis.
• Vi furono dedotte colonie di veterani e fu concessa la municipalità a cittò già esistenti ma solo sulla costa o
nell'immediato retroterra ove la romanizzazione potè avvenire seza problemi.
• Con Diocleziano la Caesariensis fu divisa in due province di cui l'orientale fu detta Sitifense dal capoluogo,
ambedue governate da praesides.
• Gli stretti rapporti della Tingitana con la penisola iberica la fecero riunire con la diocesi della Spagna.

-Gentes Externae

• Venivano così indicate tutte quelle popolazioni fuori dai confini dell'impero con cui i romani avevano per lo
più rapporti di guerra che di pace.
• Nonostante ciò non vennero mai meno i rapporti commerciali come testimoniato dalle ricerche archeologiche.

2. Le province occidentali – Problemi generali

Urbanistica e urbanizzazione
• La più durevole acquisizione della conquista romana è rappresentata dall'urbanizzazione del Mediterraneo
occidentale.
• Molti studiosi hanno spesso sopravvalutato tale fenomeno anche seguendo una certa linea di fonti che la
esaltavano (Virgilio, Rutilio Namaziano).
• La città romana appare ancora di recente, il centro incontestato di tutti i valori dei conquistatori, testimone
della pace e della civiltà, della prosperità e dalla pace di cui era latrice Roma.
• Le vestigia nelle varie province hanno certamente contribuito a questa visione che si pone come antitetica al
nomadismo e all ruralità delle aree conquistate.
• Recentemente si è andata lentamente affermando una tendenza inversa che vede nella città romana il mezzo
per lo sfruttamento dei un retroterra da questi conquistato, puro e semlice strumento di oppressione in una
prospettiva definibile come coloniale.
• Nello studio delle città romane vanno superate entrambe queste visioni aprioristiche.
• Bisogna analizzare in che modo invece, a partire da Augusto, sia stato messo in moto il controllo di un così
ampio territorio non dimenticando come, in questo processo, l'urbanizzazione abbia svolto una parte
fondamentale.
• Abbandonata la politica di espansione preventiva applicata all'inizio del II sec. a.C, Augusto e tiberio si
preoccupano prioritariamente di organizzare le province e questo, nelle regioni occidentali, presupponeva la
necessità di creare degli interlocutori, da creare ex-novo in grado di diffondere e far rispettare le leggi romane.
• La struttura amministrativa della civitas in occidente non corrispondeva spesso ad una realtà urbana
propriamente detta. Essa è in primo luogo una divisione territoriale dotata di relativa autonomia e
corrispondente per quanto possibile ad un'unità etnica. E questo è particolarmente evidente per province che
non hanno un'occupazione cittadina se non nel periodo romano.
• In quelle di più antica occupazione le civitates corrispondono ad un numero di importanti città, tra cui il
capoluogo, nelle seconde invece, nemmeno il capoluogo può definirsi propriamente una città!
• Inoltre senza generalizzarne il concetto, spesso l'estensione di una civitas è inversamente proporzionale alla
ricchezza del proprio territorio e alla densità dell'abitato.
• Il modello ispiratore di Augusto sembra essee quello applicato da Pompeo per la creazione della provincia
della Bitinia e del Ponto nel 65.
• Egli aveva definito 11 circoscrizioni amministrative dette politeiai e le aveva ttribuite ad altrettante città o
centri antichi. Tal modello era stato concepito per una regione di tradizione ellenistica e non poteva essere
sistematicamente applicato a qualsiasi regione.
• In questo senso l'applicazione di tale modello non avvenne uniformemente in tutto l'impero ma ebbe molte
varianti regionali, più o meno temporanee grazie anche all'elastica mentalità romana.
• Il compito di un responsabile romano nel sistemare una città civitas conquistata era non solo la creazione di un
centro di potere e controllo ma, a lungo termine, quello di convertire gli spiriti. Una manipolazione dei notabili
sedotti da un nuovo stile di vita che porti loro dei vantaggi.
• Tale trasformazione doveva anzitutto essere socio-economica che attiri la popolazione ad un stile di vita
urbano. Roma in certi casi fu troppo anticipartice in talune regioni che non erano pronte ad accogliere lo stile
di vita ubrano e, in generale, più cauta quando si trattava di fondare città ex-nihilo.
• L'organizzazione urbana delle tre Gallie permette di inquadrare gli aspetti principali di questa politica in cui
pragmatismo e rigore si fondono positivamente. Confrontando i dati del De bello Gallico di I a.C. Con quelli
della produzione successiva del I d.C., notiamo che i centri passano da 11 a 60 non perchè i romani costruirono
in età imperiale una cinquantina di insediamenti in distretti in cui prima non vi erano, ma perchè in molti casi
proprio l'occupazione romana non aveva prodotto brusche cesure con la cultura degli oppida gallici: alcuni
erano stati mantenuti e ampliati, altri per posizione incontrollabile o difficilmente collegabile alla rete stradale,
erano stati abbandonati.
• Di colonie fondate in questo periodo, 3, ne abbiamo poche proprio a dimostrazione che l'obiettivo non era
quello di imporre un nuovo gruppo dirigente quanto piuttosto quello di un'integrazione rapida.
• Un' altro tipo di ratio era quella di sfruttare quelle città che erano ben collegabili formando una rete stradale
che unisse il mediterraneo alle regioni settentrionali e l'occidente all'oriente.
• Analoghe considerazioni possono essere fatte per l'Africa settentrionale.

Definizione giuridica e morfologia urbana

• La terminologia antica solo apparentemente è ricca e precisa, anzi si rivela ambigua in quanto fondata su criteri
labili ed eterogenei.
• In latino non esiste una parola che traduca il concetto di città nel senso moderno, economico e demografico.
Ma una serie di vocaboli di natura pressocchè giurdica.
• Al primo posto incontriamo le Urbes: secondo Varrone sono città fondate secondo rito etrusco e la cui cinta è
stata tracciata con l'aratro. Il perimetro consacrato (orbis), si concretizza nel pomerium, limite all'interno del
quale si possono prendere gli auspici urbani. Tale titolo è all'inizio riservato alla sola Roma e alle dirette
emanazioni del populus romanus, le colonie. Ma Varrone osserva come questa norma venga utilizzata solo
dagli autori più antichi. L'utilizzo più largamente usato è verso quelle città con vocazione direttiva e
centralizzatrice.
• Al secondo posto abbiamo la nozione di Oppidum: rimanda a realtà non omogenee che incontra anche il
discrimine da fare tra pratiche di archeologia moderna e tradizione antica. La prima intende per oppida quei
centri fortificati d'altura anteriori alla romanizzazione e spesso abbandonati a seguito di questa. Essi sono
tipicamente illirici, iberici e gallici. Gli autori latini invece intendono agglomerati di secondaria importanza
non necessariamente posti in maniera strategica.
• Ad un livello inferiore si trova il Vicus: villaggio, un agglomerato di vocazione prettamente agricola che
tuttavia mantiene una certa funzione amministrativa.
• I Fora, soprattutto diffusi in Olanda e in Svizzera, oltre che in Francia meridionale, designano, almeno
inizialmente un luogo riservato ad una fiera stagionale. Essi sono diretta iniziativa del potere come traspare dai
loro nomi e sorgono per la maggior parte tra fine repubblica e inizio impero lungo i più importanti assi stradali,
in regioni in cui era in corso il processo di romanizzazione. In momenti successivi possono essere sede di
colonia.
• Nell'organizzazione degli insediamenti comunque il posto più alto lo mantengono quelli di diritto romano, le
colonie: i cittadni romani inviati secondo la pratica della deductio per fondare una città avente Roma come
modello, punto di appoggio del nuovo potere. Propugnacola imperii.
• La fondazione prevede l'espulsione di genti indigene perchè spesso non è una creazione ex-novo.
• La scelta del sito non è dettata solo da preoccupazioni strategiche ma anche da motivi economici. Doveva
esistere una sorta di remuneratività al di sotto della quale non si reputava utile mettere in moto un sistema
coloniale.
• Il prestigio della colonia, centro di potere amministrativo, economico e religioso è talmente alto che spesso
molte città cercano di assurgere a tale titolo. Casi del genere sono: Italica e Utica.
• Diverse sono le colonie di diritto latino perchè non comportano un trasferimento della popolazione e formano
delle società aperte che garantiscono ai propri magistrati annuali l'accesso alla piena cittadinanza.
• Queste città sono trla le più socialmente fluide d'occidente e molte diverranno grandi capoluoghi.
• Il sistema di cui beneficiavano svincola l'acquisizione della cittadinanza da qualsivoglia atto clientelare e il
loro ordo decurionum appare come uno dei più affidabili e inclini all'evergetismo.
• I municipia di diritto latino o romano erano più liberi istituzionalmente, quantunque per diventare tali avessero
bisogno all'inizio di eleggere un collegio di magistrati annuali da due a quattro membri. Ma da claudio in poi si
affermerà un principio di maggiore libertà che farà mantenere i magistrati locali.
• Non è chiara con esattezza la prassi della municipalizzazione delle province occidentali all'inizio dell'impero.
L'atto necessitava di una collaborazione da parte della società indigena e questo, nelle province occidentali non
era molto facile, anche per via della scarsa tradizione urbana.
• Il termine municipium appare estraneo al vocabolario delle Tre Gallie e la civitas indicava piuttosto la
comunità giuridico-territoriale.
• Tuttavia nel corso dell'impero, anche grazie all'operato di alcuni imperatori, molte città evolsero verso questo
tipo di ordinamento.
• Il problema che si pone è di capire quanto urbanistica e architettura siano state influenzate dallo status
giuridico di ogni città. Natura e sontuosità delle infrastrutture possono dipendere almeno in parte dai privilegi
di una data comunità? E viceversa i dati archeologici possono illuminarci sull'ordinamento giurdico particolare
di dati siti?
• Un tentativo in questo senso si può provare cercando di osservare la superficie inscindibile dal problema del
popolamento. Nel programma di urbanizzazione di Roma le dimensioni di un centro non hanno importanza,
ciò che conta è la sua funzione.
• E' difficile definire una media delle superfici delle città, che sia universalmente valida. In Gallia le città munite
variano in un rapporto di 1 a 5, con una superficie che varia dai 400 ai 200 ettari.
• Quelle aperte, molto numerose oscillano tra i 50 e gli 80.
• Da queste cifre è sbagliato trarre delle conclusione affrettate sulla popolazione effettiva in primo luogo perhcè
le superfici comprese entro le mura di rado coincidono con le aree effettivamente abitate, in quanto le muro
spesso nel loro andamento si innalzano su siti di difficile occupazione; in secondo luogo perchè la cinta urbica,
quando fortemente geometrica rischia di diventare troppo piccola, come nel caso di alcune colonie di veterani.
• Qualsiasi stima della popolazione urbana si rivela arbitraria.
• Pur conoscendo l'effettiva ampiezza della superficie, resterebbe il problema della densità e come linea generale
è sempre meglio abbassare le stime degli archeologi del secolo scorso.
• Altro problema che si pone è quello di una classificazione in termini più chiari della attrezzatura e della
morfologia di una città.
• Riguardo le colonie la risposta sembra semolice in quanto le deduzioni almeno in primo tempo devono
distinguersi da città in cui lo svilippo non è stato regolato. Esse sole inoltre avevano tutti quegli edifici
amministrativi necessari per la gestione del potere., per i quali erano necessarie regole imprescindibili:
assialità, gerarchia degli spazi e dei volumi.
• Il carattere empirico della pratica romana tuttavia determina varianti a seconda dei casi, che falsano gli schemi
teorici.
• La continuità d'uso degli insediamenti nell'occidente romanizzato ha spesso obliterato talune evidenze.
• Certo il carattere di colonia sarebbe più facilmente riscontrabile nei siti d'antica fondazione italica visto che
questi non possedevano alcun organo di autonimiaed erano dirette emanazioni di Roma ma, studi recenti hanno
messo in luce degli sviluppo diversi a seconda che la colonia fosse di dirtto latino o romano, nel tracciato della
rete stradale, nei rapporti stabiliti tra foro e arx.
• Ma nel periodo in cui, in ambiente provinciale, si registrano le prime fondazioni, tali caratteristiche non sono
così nettamente evidenti.
• La diversità delle situazioni non compromette l'omogeneità dell'apparato architettonico del potere, solo
cambiano le abitudiine della varie etnie romanizzate, vi sono condizionamenti topografici, varie le disponibilità
economiche dei notabili, e più raramente le esigenze religiose.
• Esistono poi dei casi limite in cui lo status giuridico non ha nessun riscontro alla realtà urbana cui si riferisce
(municipium Bassianae).
• Al contrario abbiamo vici gallo-romani con un apparato architettonico invidiabile per molte colonie: Alesia.
• Tre problemi meritano la nostra attenzione:
• 1- presenza e significato di una rete ortogonale di strade, facenti capo a due grandi direttrici. Questo è valido
per la maggior parte delle colonie ma spesso esse insistono su agglomerati ove fu impossibile fare tabula rasa.
Colonia quindi è una città ove, più che altrove, si riesce ad individuare traccia della centuriazione.
• 2- Cinta urbica. Alemeno in età augusteale mura non sono più concepite in termini esclusivamente difensivi ma
sono un elementro che definisce e rende prestigiosa una città. Per questo ci si chiede se la cinta fosse associata
ad uno status giuridico. Nella maggior parte delle province occidentali le mura sono piuttosto rare prima delle
invasioni del II secolo e molte colonie di veterani che sono state per molto tempo o per sempre prive di mura:
Iulia Carthago fino al 425. Le considerazioni arbitrarie vanno escluse ma una sola regola sembra valere: senza
l'autorizzazione imperiale non si potevano costruire mura e questo è detto chiaramente dalle epigrafi e dai testi
giurdici.
• 3- il Capitolium elemento essenziale di ogni città romana nelle province. Per il suo valore religioso,
architettonico e centripeto esso è fondamentale nell'organizzazione dei centri monumentali. Ma la prassi che
faceva del tempio il legame tra Roma e le città delle province non si applica in occidente e il capitolium viene
presto sostituito dal tempio dinastico dedicato ad Augusto e a Roma e poi al culto imperiale.Tali santuari sono
cotruiti ovunque e spesso nei più svariati edifici. A partire dal I secolo il culto imperiale tende ad eliminare
quelle differenze che potevano ancora esistere tra i vari tipi di fondazioni urbane.
• Nel II secolo la situazione resta immutata come dimostrano le città dell'Africa che conoscono una straordinaria
fioritura di capitolia dedicati alla triade capitolina in questo periodo. Questo avviene non per un indebolimento
del culto imperiale, quanto piuttosto per un'assimilazione ormai definitiva dell'imperatore a Iuppiter Optimus
Maximus.
• Anche se non possiamo arbitrariamente far corrispondere statuto giuridico particolare ed organizzazione
urbanistica, non dobbiamo sottovalutare il fatto che, una volta elevata di status una città, assistiamo ad un
miglioramento qualitativo e quantitativo della comunità ed un più avanzato livello di romanizzazione.

-Potere centrale, notabili e città

• Molte colonie cesariane e triumvirali acquistano un'importanza urbanistica solo in età augustea o giulio-claudia
e prendono corpo definitivo solo in età flavia.
• Il volto di una città, sia di antica fondazione che di nuova, può rimanere immutato per vari decenni.
• Una città romana non può prendere corpo unicamente per volontà del potere centrale e una deduzione
coloniale può dar vita ad uno stanziamento modesto. Un prgetto urbanistico rimane tale solo fin quando non si
realizzano due condizioni: una socio-culturale consistente nell'emergenza di una classe di notabili fortunati,
grossi proprietari terrieri, che vogliano essere leali a Roma; l'altra politco-amministrativa che riguarda il
sistema instaurato da Roma grazie al quale i notabili godono di un certo potere e possono muoversi in vista
della propria promozione eprsonale all'interno della città.
• In certi casi i romani si mossero con grande sollecitudine in questo senso (Agricolo, viaggi di Augusto e
Agrippa). Agli interventi imperiali contribuivano anche le calamità naturali per le quali l'imperatore
intereveniva con mezzi assistenziali (Antonino Pio).
• Anche i governatori provinciali potevano intervenire per una qualche impresa ediliza meritoria, in una
qualsiasi città della propria provincia.
• S'instaurava così il cosiddetto rapporto di patronato che legava fortemente una città al potere di un singolo
munifico individuo.
• Dove i notabili locali non erano ancora pronti ad assumere questo ruolo, spesso il patronato veniva assunto dai
membri della famiglia imperiale.
• Aiuti di questo tipo però rimangono un fatto imprevedibile e per la maggior parte sono i notabili locali,
ricordati nella documentazione epigrafica, che si accollano parte o tutto il costo di interventi che quasi sempre
vanno oltre le possibilità del tesoro municpale, anche nei casi in cui si ricorra a summae honorariae.
• Nonostante ciò, alle volte, l'evergetismo privato spontaneo può non riuscire a coprire interamente le somme
promesse dal patrono e alla sua morte le spese ricadono sugli eredi.
• In una società in cui gli investimenti erano rari, la spesa del proprio partrimonio era il modo migliore per
conquistare la fiducia dei cittadini ed intrapredere la carriera municipale. Altri atti invece rientravano negli
omaggi destinati al culto imperiale.
• A Thugga, città peregrina dell'Africa proconsolare, tre sole famiglie hanno garantito in 80 la costruzione del
centro monumentale: i Gabinii, i Marcii e i Pacuvii. Anche a Leptis Magna in cui peristono tradizioni
neopuniche, assistiamo allo stesso processo.
• A questo punto bisogna introdurre il concetto di programma, non una meccanica di ripetizione di modelli
fissati, ma una serie di rapporti funzionali tra componenti di uno stesso gruppo.
• In questo modo si spiega come a partire dall'età giulio-claudia , tanti fora presentino delle sequenze
monumentali che risultano costituite da elementi analoghi distrubuiti in base alle medesime esigenze di
assialità.
• Molti fattori che hanno portatoa questa normalizzazione: l'intervento del potere provinciale che in qualche
modo controlla l'ediliza pubblica; l'aemulatio municipalis, una sorta di rivalità tra città vicine di uguale
importanza ma con diverso status giuridico;
• Due soluzioni si possono evidenziare a questo proposito: raggruppare per temi le componenti dell'urbanistica
provinciale, sebbene ne derivi un prodotto arbitrario; l'altra è l'esemplificazion antologica con cui classificare i
casi in basre ai contesti geografici, giuridici e formali in modo da avere il vantaggio di trattare per ogni sito
tutti gli aspetti senza tuttavia sfuggire al rischio della dispersione che può far perdere certe costanti.

3. Le province occidentali: situazioni storiche, progetti e razionalizzazioni

-Ampurias e Glanum: la più antica urbanistica romana a contatto con gli stanziamenti ellenistici
d'Occidente
• Pochissimi elementi ci permettono di confrontare l'attività edilizia romana tra fine repubblica e inizio impero
della Spagna e della Gallia, con la tradizione urbanistica ellenica degli insediamenti di antica fondazione
realizzati lungo le coste di questa regione.
• In due siti tuttavia possiamo seguire il modo di assorbimento e obliterazione totale di un antico centro ellenico
nel processo di romanizzazione.
• Le ricerche sul sito di Ampurias hanno mostrato come la Neapolis greaca delVI secolo sorta sul golfo di Rosas,
si sia sviluppata sin dall'età imperiale senza particolari distruzioni. Essa si è sviluppata lungo un campo di
legionari, quello di M. Porcius Cato. Lo schema è rigidamente ortogonale con insulae rettangolari di 1x2 actus.
Il centro monumentale conserva un tempio, certamente capitolino, con porticus su tre lati e sottostante
criptoporticus di fine II, inizi I a.C. Il tempio domina una piazza quadrangolare , il foro su cui si affacceranno
via via nel tempo basilica e botteghe.
• L'organizazzione della città, strettamente legata alla centuriazione rurale, è intimamente connessa
all'organizzazione del territorio, per via dell'affermarsi, nello stesso periodo, di un nuovo metodo di
sfruttamento agricolo fondato sulle villae rusticae.
• L'unificazione giuridica del nucleo della città romana risale al terzo quarto del I a.C. Ricevette lo statuto
municipale e il suo toponimo stando alle fonti numismatiche fu Emporiae, al plurale, indicante il suo duplice
carattere.
• Da questo momentolo spazio della città greca venne privatizzato. La stessa agorà venne sommersa da case,
botteghe e officine, perdendo la propria funzione amministrativa a vantaggio del foro. Il culto principale si
sposta dal Serapeo a Capitolium.
• La città greca diventa il centro residenzale della città romana che, sviluppando molte case ad atrio e peristilio,
acquista un tessuto meno serrato della precedente.
• A Glanum, piccola città ellenizzata del retroterra marsigliese, furono impiegati diversi sistemi che portarono ad
un vero e proprio seppellimento della città precedente. Il centro monumentale all' inizio del I secolo a.C., era
formato da una piazza trapezioidale circondata da portici e di un bouleterion quadrangolare.
• A partire dal 40 a.C avendo ottenuto il titolo di colonia, si assiste ad un progressivo mutamento architettonico
con la costruzione dei primi due santuari il cui peribolo invade il bouleterion. Il foro viene costruito tra il 30 e
il 20 e nei suoi lavori viene distrutta l'agorà. Nei primi anni del I d.C. viene ampliata e copletata da una curia
absidata e da un tabularium.
• Parallelamente abbiamo una romanizzazione dei santuari già esistenti
• A parte questo non abbiamo altri tentativi di regolarizzazione: il quartiere delle case ellenistiche romane
invariato.
• Ciò che possiamo capire da questi due insedimenti è che la romanizzazione degli insediamenti preesistenti non
comporta necessariamente la realizzazione di un tessuto ortogonale. La geometria ubanistica è determinata
dalla possibilità di poter definire degli spazi gerarchizzati e assicurare un'efficacedistribuzionedelle strutture
della nuova ubanizzazione. Nel resto della città se vi è una razionale e sufficente distribuzione dello spazio,
non viene apportata nessuna modifica.

-Le città di Augusto nella Gallia Narbonense e Tarraconense

• La Gallia transalpina è la regione occidentale più precocemente urbanizzata. Questo non solo per via delle
precoci conquiste ma soprattutto per la recettività dell'ambiente socio-culturale da tempo ellenizzato nelle aree
più vicine alla costa.
• L'integrazione delle aristocrazie indigene avviene qui più rapidamente che in altri luoghi e si manifesta in
molteplici modi, dall'adozione del latino alla romanizzazione delle magistrature locali.
• Assume un significato particolare con la comparsa nel I a.C., della casa di tipo italico. Oltre a questo la
documentazione archeologica ci informa della presenza di una classe media molto progredita se sensibile alle
mode provenienti dall'Italia (tombe con fregio dorico di Narbona)
• Tuttavia, nonostante le imponenti vestigia ancora oggi visibili, sono pochissime le città per le quali ad oggi si
rileva un impianto ortogonale. (pianta di Orange tale solo per ricostruzioni teoriche).
• Due città in particolare ci possono aiutare a ricostruire le dinamiche dell'urbanizzazione della regione:
• 1-Iulia Arelate Sextanorum fondata nel 46 da Claudius Nero per conto di Cesare, venne popolata con i veterani
della legio VI e insediata sulla riva sinistra del Rodano, dopo aver relegato i vecchi occupanti dall'altra sponda.
Nonostante comprendesse non oltre i 40 ettari, di cui non tutti occupati, la struttura dell'insediamento sembra
aver seguito criteri di razionalizzazione degli spazi. Inoltre se consideriamo che la data degli edifici più
importanti foro, teatro e arco, è tra il 25 e il 10, possiamo presumere che gli inizi della loro realizzazzione
fossero tra il 40 e il 30 e non tanto lontani dalla fondazione della colonia. L'insieme monumentale del centro
Arles resterà immutato per tutta l'età alto imperiale.
• La colonia di Augusta nemausus che, stando a Strabone godeva di uno statuto speciale, ricevette, forse in età
augustea il titolo di colonia.
• Pur non avendo il dirittto romano ebbe un posto privilegiato nell'organizzazione provinciale entrando spesso in
concorrenza con l'effettivo capoluogo, Narbona.
• Augusto fu particolamente sollecito con la città dotandola di una cinta muraria, così come lo furono i suoi figli
adottivi, come testimonia la documentazione epigrafica.
• Grazie agli studi sulla centuraizione del territorio limitrofo sappaimo quali fossero le intenzioni per questa città
negli ultimi decenni a.C.La città augustea fu pianificata minuziosamente anche senza la presenza delle grandi
strade e nonostante il tracciato irregolare delle curve di livello.
• Il programma edilizio sembra articolarsi attorno a due centri abbastanza distanti fra loro: il luogo sacro di
tradizione della fonte perenne del Mont Cavalier, con istallazioni risalenti al 25 a.C, ed un foro prossimo al
centro abitato pripriamente detto. Inoltre a Nimes abbiamo una delle formule più tipiche di strutturazione
monumentale che vede la corrispondenza di un centro religioso con il teatro della città.
• Le considerazioni fatte sulle città narbonensi sono completate dalle informazioni sulla tarraconense che,
all'inizio dell'età imperiale si trova in una situazione molto simile a quella della gallia meridionale.
• Tarraco divenuta capitale provinciale nel 27 a.C., conserva molte più chiare tracce dell'organizzazione
urbanistica neoimperiale rispetto a Narbona. Base delle operazioni militari dei romani in Spagna dal III secolo
in poi, aveva una pianificazione urbanistica che precedeva l'età augustea. Si conosce a malepena il corso delle
mura che inglobavano la collina tarraconnense. Nella città bassa si apriva il foro repubblicano e vi verrà
costruito il teatro, inoltre si concentrava qui la maggior parte dell'abitato. Nella cittàalta vi era il capitolium e
un complesso monumentale di grandi dimensioni che ben rappresentava il centro amministrativo e religioso
della provincia. Inoltre possedeva un'organizzazione tripartita in cui la divisione delle funzioni era sottolineata
dalla distribuzione su tre livelli differenti gerarchicamente enfatizzati dalla posizione dell'edificio di culto. Una
tipologia che sembra riscontrabile in altri centri tra cui Ancyra e Cesaraugusta.

-Urbanistica di fondazione e sistemazioni evergetiche nell'Africa proconsolare

A) Cartagine

• Il sito di cartagine costituische un campo d'indagine privilegiato essendo al più importante creazione urbana
imperiale. Per essa abbiamo la possibilità di poter combinare informazioni storiche abbondanti e dati diretti
relativamente precisi che ci permettono di ricostruire il progetto globale dei fondatori e i modi in cui esso è
stato realizzato.
• La colonia di Concordia Iulia Carthago venne fondata all'interno di un progetto di ricostruzione delle due città
distrutte nel 146. Essa venne fondata nel 44 e si estendeva a N e ad O dell'antica acropoli della Byrsa..
• Divenuta capitale della provincia d'Africa tra il 40 e il 39 a scapito di Utica, incorse nelal collera di Lepido,
pontefice massimo e governatore della rovincia fino al 36, il quale allegando alla violazione del del territorio
consacrato agli dei, si scatenò contro i coloni.
• Per questo nel 29 si ebbe una nuova deduzione e ai coloni iniziali si aggiunsero i perioeci abitanti della
periferia..
• La città si potè estendere fino al mare e abbraccia la Byrsa e questo permise la costruzione di un porto degno
del passato cartaginese.
• Saumagne ci restiutisce nel sua stuido uno spazio quandrangolare della città che, sebbene non sia mai stato
contestato, va sicuramente rivalutato in alcuni suoi aspetti, ricordando l'empirismo dei suoi fondatori.
• I nuovi coloni fecero tabula rasa della città antica e riutilizzarono le case di III e II. Questo riutilizzo attenua di
molto l'originalità del tracciato romano. L'agorà punica sarà in un primo momento il foro romano situato tra i
porti e l'acropoli e come liena marittima si mantenne quella della Cartagine ellenistica. I romani sembra quindi
che abbiano seguito un sistema di allineamento più antico.
• Ma mentre i Puni avevano sempre mantenuto la pendenza naturale della Byrsa, i romani la trasformano in
un'ampia spianata rettangolare percorsa solo dal cardus maximus.Ciò avvenne anche per dei motivi religisi, i
romani infatti si premurarono di rispettare il divieto che proibiva per l'eternitò qualsiasi stanziamento umano su
quel suolo e in questo modo si garantirono di non occupare livelli già occupati dai puni.

B) Utica

• L'impianto della città nell'ultima fase punica sembra aver avuto uno schema simile ai quartieri marittimi di
Cartagine ereditato dall'urbanistica ellenistica: esso prevedeva isolati con lato lungo parallelo alla linea di costa
e inseriti in un tessuto ortogonale.
• Nel terzo quarto del I secolo appaiono i quartieri nuovi che invadono le necropoli puniche e ricalcano lo stesso
tipo di lottizzazione precedente; al di là delle mura, ad S e O dell'abitato vengono costruiti un circ, un teatro e
un piccolo anfiteatro.
• Alla fine dell'età repubblicana quando ottenne lo statuto municipale e d il titolo di Iulia essa possedeva un
reticolo ortogonale. Fino allinizio dell0erò imeriale il volto della città rimane immutato.
• Nel II secolo l'urbanistica acquist aun tono più ambizioso di cui è certamente responsabile l'imitatio
carthaginis: le terme di Antonino a Cartagine influenzarono le grandi terme di Utica, così come la costruzione
di un nuovo teatro ma soprattutto l'apertura di una grande via con portici laterali che sconvolge la disposizione
dei quartieri vicino la spaiggia.

C) Leptis Magna

• Grande quantità di iscrizioni e resti archeologici che ci permettono di analizzare le varie fasi della città. LE
più antiche testimonianze risalgono all'età augustea quando la città era ancora peregrina. Essa diviene
municipio solo nella seconda metà del I secolo d.C. e con Traiano diventa colonia con diritto Romano.
• A partire dall'ultimo decennio del I secolo a.C, i notabili locali, sommariamente romanizzati avviano un
gigantesco processo di rinnovamento dei propri centri civici e religiosi, mentre vengono costruiti nuovi
quartieri popolati da monunmenti dinastici.
• Nel giro di circa 20 anni vengono costruiti un macellum, un teatro un chalcidicum dedicato al Numen Augusti,
tutti edifici che rappresentano i punti di forza del nuovo quartiere ad O del forum vetus avente isolati delimitati
per strigas.
• Questa politica edilizia precocemente avviata dalle grandi famiglie che anticipavano i tempi rispetto alle
effettive esigenze del potere centrale, dovette spingere al città ad espandersi verso O. L'impresa monumentale
più importante del II secolo è la costruzione delle terme di Adriano con orientamento N-S.
• In uno spazio così fortemente scandito da sequenze monumentali, non era facile trovare luogo per edifici di
rappresentanza e quando Settimi Severo volle rendere omaggio alla propria città natale dovette realizzare una
vera e propria nova urbs nel settore nordorientale. Tale programma comprendeva tutti gli elementi necessari ad
una nuvoa città ed era caratterizzato da gigantismo e unità compositiva. L'abilità dell'architetto che portò avanti
il progetto risiede nella continuità assoluta che è riuscito a mantenere tra insulae della città vecchia e il nuovo
sistema basato su una platea rettilinea.

-Le città della Gallia Belgica

• In tutti i siti ampiamente scavati risulta evidente il processo di ubranizzazione iniziato nell'ultimo ventennio del
I secolo a.C., che interessò un territorio caratterizzato da un abitato sparso.
• Nonostante i pochi resti individuati in siti come Metz, Reims, o Namur e l'esistenza di una toponomastica
celitca ben precisa, è difficile postulare l'esistenza di insediamenti organizzati e a carattere permanente sul sito
di future città gallo romane. Nessuna struttura celtica comunque sopravvisse all'inizio dell'età imperiale. Solo
alcuni complessi cultuali hanno dato orgiine ad impianti duraturi (santuario di Grand)
• Assistiamo quindi per la maggior parte a fondazioni ex-nihilo o che hanno fatto tabula rasa delle preesistenze.
• In un contesto ove le èlites dovettero avere un po' di tempo per abituarsi alla realtà urbana, lo spirito di
emulazione non dovette giocare un ruolo fondamentale in prima battuta.
• L'iniziale impianto dipende quindi dal rispetto di regole forse trasmesse dalle tecniche militari mentre
l'organizzazione dello spazio è determinata dai bisogni concreti delle comunitò indigene.
• Lo sviluppo di queste città nei primi tre secoli dell'impero costituisce un fenomeno importante.
• La creazione di nuovi agglomerati è dettata dall presenza della nuova rete stradale voluta da Agrippa dettata da
preoccupazioni militari; essa prevedeva due assi, entrambi partivano da Langres e uno si dirigeva a nord verso
la manica, l'altro ad est verso il Reno, entrambi erano collegati da un asse mediano che passava da cittò come
Tongres e Cassel.
• Tutti i centri sorti lungo queste assi, e quindi voluti dal potere centrale non sono riusciti a trasformarsi in città
nel giro di pochi decenni. Pochi gli impinait che hanno restituito in età augustea un tracciato di una certa
ampiezza.
• La caratteristica essensiale dell'ubranistica di queste regoni consiste in una spiccata predilezione epr
l'ortogonalità. Amiens, Metz, TreviriBoulogne ecc..mostrano un ordine che, per quanto non riconducibile ad un
unico modello mostra un piano prestabilito.
• Ciò è ancora più sorprendente se pensiamo che queste sono comunitò che non erano affatto predisposte alla
mentalità urbana. All'interno di queste trame il rigore è accresciuto maggiormente dalla presenza di
compisizioni assiali. Tali lunghe sequenza monumetali sono posteriori alla fine del I secolo e riferibili per lo
più alla seconda metà del II secolo.
• Con l'acquisizione del diritto latino e la lenta assimilazione dei notavili locali, le capitali di civitates hanno
assunto sempre più un quadro amministrativo sul modello italico.
• Altro elemento fondamentale nello sviluppo di questi insediamenti è il culto imperiale, fortemente
rappresentato, insieme agli onnipresenti edifici termali e ludici.
A) Amiens

• Capitale degli Ambiani a noi molto nota per i vari studi e le recenti pubblicazioni di Massy.
• La pianificazione urbanistica ha avuto diverse fasi.
• La decisione di fondare Samarobriva sembra essere stata presa negli anni successivi al soggiorno di Augusto in
Gallia nel 27 a.C.
• Il primo reticolo non sembra avere a che fare con un impianto legionario sebbene la presenza delle truppe sia
plausibile per la costruzione della strada di Boulogne.
• Nella quadrettatura urbana sono distinguibili due settori: un nucleo di circa 40 ettari formato da isolati di
125X105 in prossimità della riva sinistra della Somme e un'area più ampia di circa 160 ettari con isolati
quadrati di 160 m.
• Questi due settori fanno pensare che la città si sia sviluppata in due momenti diversi, forse la prima vicina alla
fine del regno di Augusto e la seconda alla metà del I secolo.
• Non vi è traccia dei due assi maggiori, inoltre al strada di Agrippa e quella che dalle terme arriva all'anfiteatro,
tagliano delle insule senza nessuna regolamentazione urbanistica.
• La sua natura relativaemente uniforme garantisce paradossalmente la flessibilità dell'impianto dei complessi
monumentali poichè non attribuisce ad alcun settore della città un posto privilegiato.
• Il foro viene costruito tra il 60 e l'80 d.C., con una scansione tripartita che se premeditata sarebbe una delle più
precoci d'occidente. Infatti lungo l'asse longitudinale da O a E, si sviluppa una piazza porticata alle spalle della
quale si aprono le botteghe, quindi vi è uno spazio aperto con al centro un podio, probabilmente di un tempio e
infine degli ambienti di stoccaggio. All'estremità viene costruito un anfiteatro, rispettando così quella tendenza
ad accentrare su un asse tutti gli efigici pubblici legati all'attività culturale, giudiziaria ed economica, legame
organico tra santuario ed edificio per i munera o i ludi.
• Con questa strutturazione ad Amiens viene modificato tutto il tessuto sud-occidentale della città e ciò si spiega
solo se pensiamo a problemi legati al culto imperiale.
• Inoltre le strade, almeno quelle pià importanti, non erano così spoglie ma avevano, come dimostrano le tracce,
portici in legno.
• Lo scarto cronologico tra la progettazione dell'impianto ortogonale e la costruzione dei primi complessi
monuentali è breve, l'età flavia, apogeo per Samarobriva, è anche il periodo in cui viene terminata la divisione
del terreno e in cui avviene la realizzazione dei progetti che modelleranno al città. Una forte vitalità non viene
meno per tutto il II secolo nonostante, in età antonina, si abbia una contrazione dell'abitato che tuttavia,
nonostante queste presenze monumentali, non compie mai nessun salto di qualità.

B) Treviri

• Ancora avvolti nell'ombra gli esordi di questa città che nel III-IV secolo sarebbe divenuta un'importantissimo
centro politico-commerciale della Gallia settentrionale oltre che capitale per qualche decennio.
• La carta vincente di Treviri era la sua posizione sulla piana alluvionale non allagabile della Mosella.
• Augusta Treverorum venne forse fondata dal princeps tra 16 e 13 a.C., e qualche elemento invero sembrerebbe
testimoniare questo, come la costruzione di un ponte datato 17 a.C, e la presenza di un monumentum dedicato
ai Caesares ricordato su un'iscrizione. Tale dedica databile tra il 4 e il 14 d.C, attesta la presenza di un abitato
formatosi attorno ad un Bezirk, una piazza centrata su un edificio dinastico, cuore della città.
• Schindler ha dimostrato che non esiste una edificio precendete e che l'abitato fu creato in una zona vergine
secondo un disegno e un programma ben preciso
• Distinguiamo varie fasi dello sviluppo urbanistico: tra il 20 e il 70 d.C, ma soprattutto a partire nel regno di
Claudio, il reticolo si articola su due assi che si incrociano ad angolo retto, entrambi costeggiati da due fasce di
insulae strette e rettangolari, mentre gli altri isolati tendono ad essere quadrati. Tale impianto tiene conto dei
problemi idro-orografici e per questo la città tende a non espandersi verso O sulla parte inondabile della città.
In questa fase la città non supera gli 80 ettari. Non sappiamo quale fosse l'aspetto del centro monumentale della
città. Tale sistemazione è legata al rango di caput civitatis e al titolo di colonia sotto Claudio e Vespasiano. Ad
un periodo di poco successivo sono riferibili i rifacimenti di due centri cultuali, uno di Altabachtal e l'altro di
Lenus-Mars che, al pari dell'anfiteatro sono utlizzati per le assemblee cittadine.
• I grandi programmi edilizi sono tutti riconducibili al II secolo d.C esono coerenti con i programmi di I , segno
di un progetto urbanistico univoco. Gli isolati si allungano in direzione E-S con l'inglobamento della necropoli
di I secolo e la messa in opera, sull'asse del decumano di un'imponente sequenza monumentale con singoli
componenti solidali tra loro: un ponte di pietra , le terme dette di Santa Barbara. Anche il foro viene
completamente rimaneggiato con un area che raddoppia quella iniziale assicurando un legame tra piazza e
complesso palaziale in cui è riconoscibile la sede del procuratore e dei servizi finanziari della Gallia Belgica e
delle due Germanie. Grazie a questi edifici la parte occidentale del foro acquista importanza e viene dotata di
un triplice portico a due navate che è riferibile ad una struttura religiosa, forse peribolo di un tempio dei
Caesares.
• Ultima espressione dell'attività edilizia è la realizzazione delle mura costruite tra il 180 e la fine del II secolo
• Quando nel 293 diventa residenza imperiale viene lanciato un nuovo programma edilizio che rispetta il
precedente piano urbanistico. Il palazzo su cui verrà costruita la cattedrale, occupa due isolati dell'angolo N-E
della rete stradale, mentre viene costruito un nuovo edificio termale all'estremitò orientale del grande asse
scandito a partire dal ponte dalle terme di S.Barbara e dal foro. Queste terme non furono mai finite per via del
trasferimento della capitale e della regressione economica della regione nel IV secolo.
• Solo con Valentiniano I riprenderà l'attività edilizia ma con un radicale cambiamento del progetto, simbolo del
mutamento dell'edilizia nel tardo impero.

C) August e Avenches

• Il territorio degli Elvezi è dominato da problemi di ordine militare; la campagna del 16-15 contro i Reti, la
sottomissione della zona a nord delle Alpi e il progetto augusteo di conquistare la Germania, fanno di
quest'area una zona di cerniera particolarmente importante per l'amministrazione romana.
• Stretta tra due colonie, August e Nyon, questa civitas occupa un posto a se con dei problemi urbanistici ben
precisi.
• Le due città più importanti, la colonia cesariana di August e la capitale di Avenches mostrano simili dinamiche
di sviluppo.
• In entrambe non è stato rilevato un impianto precedente alla media età augustea, fatto sorprendente perchè
l'iscrizione di L.Ottavio ad August, conferma la data del 44-43 a.C per la prima fondazione coloniale dovuta a
Munatius Plancus. Forse le guerre civili possono essere state un motivo di ritardo tra il programma coloniale e
l'effettiva deduzione dei veterani.
• Lo stesso avviene per Avanches la cui creazione è stata messa in relazione con l'abbandono dell'oppidum di
Mont Vully.
• In entrambe le prime costruzioni sono in legno e terra e non si conoscono edifici pubblici databili intorno ai
primi 50 anni di vita.
• Tra la fine del regno di Claudio e l'età neroniana cominciano ad apparire le strutture in muratura che
costituiscono questa inizale architettura in opera a graticcio e torchis su fondazioni a ciottoli. Solo in etò flavia
diventa sistematico l'uso della pietra.
• Queste scelte riguardano un fenomeno economico che interessa l'intera regione: se è vero che nel 47 d.C, si ha
l'inaugurazione della strada del Gran San Bernardo, lo sviluppo della regione sarebbe da riferirsi ad un
affrancamento commericiale e culturale, forse anche per la presenza di tecnici militari per la costruzione delal
strada.
• Il rango di colonia comunque non pare abbia influito sul processo di petrificazione dell'abitato di Aventicume
che già dal periodo Vespasianeo era già avviato.
• La costruzione delle mura attorno al nucleo ubranizzato sembra invece essere collegabile al rango coloniale.
• Le mura di August sembrano essere state costruite dopo la deduzione.
• In entrambi i casi l'impianto ortogonale è da riferire all'impianto orginale.
• Gli spazi riservati ad edifici pubblici hanno dovuto aspettare vari decenni per essere edificati e l'edilizia privata
ha ignorato per molto tempo le strutture in muratura.
• Per gli edifici monumetali siamo più informati per August che per Avenches; il foro di quest'ultima occupava
du einsulae centrali e non è stato scavato completamente. Il suo rifacimento si data alla fine del I secolo e
sembra dipendete dall'acqusizione della colonia. Il tempio forense qui non era un capitolium per via di un
acroterium di Minerva, mentre ad August si.
• Alla metà del II le due città vengono dotate di complessi cultuali secondari: ad August esso si trovava
affrontato ad un teatro di fornte al quale si trovava un edificio di culto celtico sostituito nel 150 da un temenos
che inquadrava un tempio esastilo. Tale imponente complesso era in diretto rapporto con il foro circondato su
tre lati da botteghe.
• Analoga situazuione nello stesso periodo si riscontra ad Aventicum in cui viene eretto il santuario detto del
Cigognier, un grande temenos con portici soprelevati.
• La presenza di entrmabi i santuari non si può spiegare solo con la voltontà, tipica di età antonina, di
raddoppiare gli spazi pubblici, quanto dalla comunq ricerca di una continuità processionale tra tempio ed
edificio ludico entro quel programma ludico-religioso rientrante nel culto imperiale.
• I fora non erano più sufficienti per queste cerimonie periodiche cui partecipava tutta la popolazione.

-Il ruolo svolto dall'esercito negli insediamenti urbani della Germania inferiore. Colonia e Xanten.

• Entrambe le colonie sono essenziali per capire il ruolo fondamentale dell'esercito nella pianificazione
urbanistica.
• La prima, Colonia Claudia Ara Agrippinensis fu capitale della Germania Inferiore a partire da Domiziano, la
seconda, Ulpia Traiana si trovava 100 km a nord sul Reno.
• Entrambe sono state precedute da un insediamento più antico, interamente controllato dalle legioni che ne
influenzarono, tramite la castramentatio, la planimetria.
• All'origine vi è un trasferimento di genti germaniche, ritenute fedeli, al di qua del Reno: Ubii e i Cugernii. Non
si ricorrda il momento preciso della creazione di cittò ma la loro presenza è attestata a partire da Augusto
dall'oppidum Ubiorum, riferibile al Colonia.
• La funzione di questo s'impone rapidamente con la fondazione dell'imporantissimo ara regionale ad Augusto e
Roma, luogo di riunione per le future e irrealizzate province germaniche.
• L'oppidum già in età augusteo-tiberiana aveva una rete stradale ortogonale, nucleo della città coloniale, non si
sa esattamente se vi sia stato un'esatta sovrapposizione della città con l'accampamento. Una conferma a
quest'ipotesi o almeno all'idea di una contiguità e parziale sovrapposizione si ha dal I libro degli Annali di
Tacito che parla della sedizione delle legioni sul Reno alla morte di Augusto.
• La deduzione della colonia intorno al 50 d.C, comporta un restringimento dell'area precedentemente occupata
dall'oppidum. Circa un terzo della superficie ubrana sarà occupato da edifici pubblici. Le dimensioni di questo
insediamento, quasi doppie rispetto a quelle di città a medesimo ordinamento in Itailia settentrionale, Gallia
Narbonense e Britannia, fanno intendere che i veterani vennero ad aggiungersi agli incolae senza soppiantarli.
• Le strade più importanti sono dotate di portici già dal I secolo e molto più larghe rispetto alla media delle
strade occidentali. Le insulae sono generalmente di forma rettangolare tranne che in periferia ove seguono
l'andamento curvilineo delle mura. Dalla sistemazione del foro sappaimo poco tranne che sicuramente nella
sua zona occidentale vi era un'area sacra forse riferibile all'ara Ubiorum la cui presenza spiegherebbe il
decentramento del capitolium a S-E dello spazio urbano. Circondato da un temenosi il capitolium dominava il
fiume con un alto frontone .
• Al centro della città un miliarium aureum indicava il punto di partenza delle grandi vie .
• La colonia di Xanten ci dà delle notizie complementari. L'insediamento civile ben distinto dalle canabae
costituiva sicuramente l'oppidum della civitas Cugernonum.
• Traiano lo trasformò in colonia di veterani tra il 98 e il 105, ricostruendolo completamente. La città presenta
una 40ina di insulae entro una cinta quadrangolare ove abitarono sia veterani che incolae.
• Nella parte sud-orientale si registrano alcune irregolarità dovute alla volontà di mantenre certe strutture
dell'oppidum.
• Sosprendente l'integrazione egli edifici pubblici nella rete ortogonale di insulae: terme, foro e capitolium
s'innestano senza difficoltà negli isolati, manca il teatro mentre è attestata la presenza di un anfiteatro
all'angolo orientale delle mura, come spesso avviene nelle fondazioni militari.
• Lungo le strade si trova un tipo di portico particolare che si trova anche in contesto completamente diverso,
Thimgad, provvisto di colonne di pietra e costituentie la facciata delle insulae. Essi inoltre assicurano l'unità
plastica della strada rispetto alle quale sono percepiti come animazione architettonica degli isolati.

-Le colonie traianee dell'Africa. Thamugadi e Cuicul

• Timgad offre una visione più chiara dell'urbanistica ortogonale. Bisogna capire perchè nel 100 d.C, Traiano
abbia voluto offrire questa immagine esemplare di urbanistica negli altipiani ai piedi degli Aurès, un territorio
ancora poco controllato.
• Due iscrizioni ricordano che la colonia fu fondata per mezzo della legione III Augusta, ma questo non
significa che essa sia sorta su un insediamento miltiare precedente.
• Vero è che presenta caratteristiche simili agli accampamenti militari: pianta rettangolare tendente al quadrato,
aderenza al circuito delle mura , osservanza assoluta del modulo degli isolati, , assi mediani più larghi rispetto
alle altre strade, apertura dello spazio civico all'incrocio degli assi .
• Divisa in 132 isolati di 20 m di lato; in questa divisione origianria furono subito previsti gli spazi dedicati agli
edifici pubblici: 4 insulae per le terme, 1 per il mercato, 1 per la biblioteca. Il teatro, costruito 50 anni dopo la
deduzione dela colonia sembra aver avuto uno spazio riservato a S del foro.
• Lo stretto legame tra le insuale e la strada è sottolineato dalla presenza di portici che fiancheggiano i due assi
principali, con colonnati solidali agli isolati. Tale schema è totalmente opposto a quello delle platee greche ove
i colonnati avevano il compito di nascondere i diaframmi e le discontinuità tra gli edifici.
• Il centro civile di timgad non presenta il rigore nella distribuzione degli spazi che invece contraddistingue altri
agglomerati meno organizzati: la piazza del foro ha l'aspetto di un quadriportico cui tutt'intorno si dispiega un
complesso che non sembra frutto di un progetto unico; a est la basilica occupa solo una parte del lato corto del
foro per lasciare spzaio ad un isolato abitativo; ad O la splendida curia, il tempio e gli antistanti rostri non si
trovano sull'asse mediano e il tempio sembra un santuario dedicato all'imperatore fondatore.
• Questo assetto risulta molto presto inadatto e sorpassato rispetto alla realtà storica del II secolo e dopo 50 anni
si è costretti a costruire extra muros. Prima della fine del secolo si procede a demolire la cinta urbica per
guadagnare spazio e si vengono ad impiantare quartieri nuovi che non rispettano l'impianto generale.
4.Le province occidentali. Elementi strutturali

-Il foro ed i suoi annessi nell'ambito dei tessuti urbanistici: l'immagine che la città vuole offrire di se
stessa

• Il foro è lo spazio pubblico per eccellenza e rappresenta, specie negli insediamenti d'occidente il luogo ove si
concentrano tutti i simboli della dignità municipale, amministrativi, religiosi che definiscono il paesaggio
urbano e attraverso le quali si ha coscienza di appartenere ad una comunità.
• E' una vera e propria memoria della città che deve custodire i segni della res publica locale, della sua autonimia
e del suo rapporto col potere centrale.
• E' tuttavia uno spazio chiuso, prendendo spunto dall'ormai affermata tradizione della piazza ellenistica
porticata e ciò crea un paradosso tra la necessaria apertura verso l'esterno e la progressiva
monunmetalizzazione che determina un crescente isolamento strutturale.
• Il foro, alemeno idealmente, è un posto eletto; anche se non occupa il centro geometrrico della città deve
aprirsi in uno dei punti focali ove convergono o si incrociano gli assi più importanti. Ma non è sempre così e
nei rari casi in cui è possibile riconoscere l'impianto di fondazione del foro, se ne scoprono lo spirito con cui p
stato edificato ed i progettisti.
• Spesso il foro occupa l'incrocio di vie che non sono le principali, allora è un elemento unificatore; altre volte
ancora è posto in posizione eccentrica per via della planimetria difficoltosa dell'insediamento.
• E' da abbandonare l'idea che le esperienze urbanistiche dell'Italia settentrionale si siano trasferite
automaticamente alle province occidentali ed in particolare alla Gallia Narbonense. Gli studi fatti sui fora di
questa regione dimostrano che la fase di sperimentazione era lungi dall'essere compiuta .
• All'inizio dell'impero l'organizzazione delle piazze pubbliche nelle colonie o nei municipia occidentali ha dato
luogo a ricerche specifiche a seconda della situazione. La basilica civile a deambulatorio periferico attorno ad
una navata centrale stenta, ad esempio a trovare una formulazione definitiva. Allo stesso modo i templi che
vengono aggiunti non assumono dall'inizio l'aspetto di un'aedes su podio circondata da una porticus triplex e
situata sull'asse longitudinale del foro, davanti la basilica.
• Vi sono anche numerose altre varianti e alla fine del I secolo d.C, la comune chiusura in una disposizione
gerarchica del foro e del suo annesso cultuale si realizza molto di rado e prevale per la maggior parte nelle
regioni settentrionali.
• Un modello che integrasse gli edifici religiosi con quelli amministrativi doveva essere realizzato in breve
tempo all'interno di un sistema in cui l'autonomia municipale era inconcepibile all'interno al di fuori di una
stretta subordinazione ad un potere centrale sempre più sacralizzato.
• Un legame strutturale di questo tipo assume un aspetto importantissimo nell'ambiente provinciale imperiale. Le
soluzioni più efficaci, semplici e razionali saranno le più adottate. In Britannia, ove non vi era la tradizione
urbana e l'esercito fu fortemente impegnato per molto tempo, si adottò un'urbanistica fortemente improntata
sulla castremazione; in Gallia, il celeberrimo bloc-forum si attua per le stesse preoccupazioni sostanziali.
• Si hanno, nelle province occidentali, delle composizioni architettoniche che garantiscono l'unità strutturale di
spazi fortemente specializzati, pur mantenendo un'effettiva separazione, soluzione fra le più originali.
• I quartieri ove sorgono queste piazze chiuse divengono i principali centri della vita collettiva e si cerca di
riunirvi edifici ludici, mercati alimentari ecc.
• Diffuso solo in Africa il modello di duplicazione delle piazze, legato ad un'urbanistica ridondante, che
determina quasi sempre l'abbandono della piazza più antica.

-La casa nella città

• Le diversità delle situazioni e dei contesti si riflettono anche nel rapporto tra abitato e urbanistica.
• La casa privata sottoposta a regole meno severe rispetto ai monumenta, non contribuisce a definire la struttura
ubranistica della città
• Tuttavia sia che si tratti di una sopravvivenza anteriore alla fase romana, che del risultato di una lottizzazione
all'interno della quadrettatura, la casa modella la fisionomia di molti quartieri.
• Nelle province occidentali la casa risponde ad una subordinazione planimetrica e funzionale all'interno del
tessuto ortogonale questo impone una serie di condizionamenti teorici: sito, dimensioni e orientamento.
• Nella pratica però ci si accorge che le vie secondarie che percorrono le insulae e che non sono regolate dal
diritto pubblico, spesso dividono la pianta catastale in funzione delle più svariate esigenze.
• Le insulae nel corso degli anni vengono a perdere il carattere modulare, ma non è infrequente il caso contrario
in cui i centri che sembrano seguire direttrici di sviluppo spontaneo, col passare del tempo sviluppino la
necessità di una regolarizzazione dei lotti e questo man mano che si regolarizzazano le strade pubbliche.
• Ma l'archittettura privata dipende più o meno anche dalle infrastrutture pubbliche cui hanno accesso, una
dipendenza meno stretta rispetto a quella percepibile nelle città moderne. In città prive di acquedotto la cisterna
privata diventa un bene essenziale econdiziona la stessa organizzazione interna della casa. Anche all'interno
dello stesso sito la distribuzione dell'acqua non è uniforme e lo stesso fenomeno si manifesta riguardo i
collettori fognari.
• Più difficile è il problema dell'identificazione dei quartieri artigianali, soprattutto riguardo la loro articolazione
rispetto agli assi viari e ai complessi monumentali e se la loro presenza influiva e in che modo sulle strutture
colelttive e sulla viabilità
• Altro problema è conoscere la distribuzione e le sceltre abitative di nobili e non nelle varie province. Per un
ricco personaggio l'occupazione dello spazio è l' unico segno tangibile della sua promozione sociale, reale o
aspirata, con abitazioni che ostentassero il proprio status e le cui parti pubbliche duplicassero quelle private.
• Questo carattere ibrido delle abitazioni delle classi dirigenti è una delle cause del costante ricorso allo schema
greco-italico, qualche che sia la regione.
• Le caratteristiche erano l'ampiezza dei peristili e dei giardini viridiaria, che li avvicina a veri e propri spazi
pubblici. La duplice funzione è spesso sottolineata dal doppio ingresso, uno porticato per la clientela, uno più
discreto per la famiglia. Gli ambienti si dispongono su atria o peristili più piccoli.
• La domus di tipo romano, inaccessibile alla massa della popolazione, aveva effetivamente conquistato i
notabili di tutte le province occidentali e ciò non dipese solo dalla prosperità economica ma anche dalla
Adlectio dei notaili alla vita senatoriale. Tutto questo ha bisogno di un grande spazio all'interno della città e le
occupazioni di suolo pubblico, l'assorbimento di più lotti o insulae contigue era frequente.
• Per avere un'idea chiara della sistemazione di un isolato cittadino bisognerebbe essere in grado di seguire tutte
le trasformazioni che nel corso dei secoli hanno interessato la struttura e l'estensione della casa.
• Un tipo di quartiere destinato ad una classe dirigente e una quadrettatura regolare non possono coesistere in
modo durevole su ami settori amenochè il tessuto urbano non sia così predisposto sin dall'inizio.
• Purtroppo nessuna delle città delle province occidentali ha restituito un'unità pluriabitativa a sviluppo verticale.
• Se en deduce che la quadrettatura più rigorosa si applica alle case e alle abitazioni modeste o agli stabilimenti
artigianali, rispetto a quanto sia applicabile alle abitazioni dei notabili. Nelle regioni nord occidentali, il
sistema dei premia militiae ha lasciato segni evidenti. Per contro grandi domus tendono a spezzare i quadri
troppo costrittivi.

6.Le province orientali. Realtà e idoeologia dell'urbanistica romana

• A partire dal II secolo a.C., Roma, stabilmente proiettata nel bacino orientale del mediterraneo, era entrata in
contatto con territori in cui il fenomeno urbano era fortemente radicato e si era espresso con forme brillanti.
• La problematica quindi risulta diversa rispetto alle province occidentali
• Il contesto orientale dal primo assalto di Mitridate fino alla guerra tra Antonio e Ottaviano era stato sottoposto
a violentissimi scontri e sistematiche estorsioni. Atene viene saccheggiata nell'86 a.C, per essersi schierata con
il re del Ponto fino alla parziale ricostruzione ad opera di Pompeo; anche il Peloponneso deve al sua
devastazione alle truppe di Cassio Longino e di Antonio.
• Le città dell'Asia invece erano vittime della rapacità dei pubblicani che le facevano impegnare i monumenti per
pagare le enormi tasse imposte da Silla e per mantenere le truppe romane.
• Segni di questo sono visibilissimi all'indomani della battaglia di Azio quando Augusto inizia la restauratio.
• Questi avvenimenti portarono all'inevitabile decadenza di tutta una serie di insediamenti minori, un processo
che, iniziati in età ellenistica, continuerà per tutta l'età imperiale.
• La Periegesis di Pausania descrive come alla seconda metò del II secolo i centri monumentali di alcune città
erano in totale abbandono.
• Le deduzioni coloniali di Cesare ed Augusto non erano riuscite a determinare un'inversione di tendenza anche
se avevano il duplice scopo di ravvivare la vita economica e dotare il proletariato italiano o i soldati
smobilitati.
• Molte colonie quali Patrasso, Heracleia Pontica ed altre servivano proprio a questo scopo. Esse hanno
determinato una concentrazione dell'abitato e accelerato la scomparsa di molti stanziamenti anteriori, un
sinecismo vero e proprio.
• La volontà di rinnovamento delle province orientali manifestata dai collaboratori di augusto a partire dalla sua
renovatio, non verrà mai meno.
• Contributi fondamentali allo sviluppo urbano furono, con il ripristino della pace, l'introduzione
dell'amministrazione provinciale, il rigore e la correttezza contrastanti la corruzione e l'avidità dei governatori
repubblicani.
• Ciò favorì a breve termine una propsperità senza precedenti, almeno per quelle città che godevano di una
buona posizione; il panorama invero è molto più vasto e comprende città altre dai grandi porti come
Nicomedia, Mileto, Smirne ed Efeso, in cui spesso si sviluppa un artigianato diversificato che tratta prodotti
del retroterra ove sorgono importanti città carovaniere del calibro di Palmira, Gerasa, Dura-Europos, Bostra.
Ancora vi sono centri specializzari nelle produzioni industriali quali Tarso per quella Tessile, Arados per la
porpora, Taso, le città della Frigia e del Proconnenso per l'estrazione e la lavorazione del marmo.
• Tutti questi centri commerciali spesso poi hanno responsabilitò amministrative o religiose e conoscono uno
sviluppo tale che comporta un sensibile aumento della popolazione e della loro attrezzatura urbana.
• Questa Felicitas temporum, laetitia publica, che viene richiamata da molte epigrafi e panegirici altoimperiali,
non ebbe lo stesso effetto su tutte le categorie sociali. Enormi fortune furono basate sul possesso di ampi
terreni .
• Sembra che a partire dall'inizio del II secolo la piccola proprietà tenda a scomparire, fagocitata dalla grande
proprietà concentrata nelle mani di una aristocrazia non residente, originaria di Atene, Corinto, Patrasso e
Italia.
• Le imprese industriali appartenevano a dei domini della classe senatoria italica o romana, o facevano parte dei
possessi dell'imperatore.
• Ciò ha comunque moltiplicato le possibilità dell'evergetismo locale conferendogli dimensioni inusitate.
• Questa si è andata a sommare alle risorse della città e alla pratica dell'onorario decurionale che se bastavano
alla manutenzione urbanistica, mal rispondevano alla sforntata ostentazione e pianificazione di alcuni progetti
monumentali cittadini.
• Per capire questo concetto è indispensabile valutare tre fattori: La predilezione per molte città storiche
orientali, di svariati imperatori, che comunque operavano interventi mirati destinati solo a quelle città che
effettivamente sarebbero riuscite a risollevarsi; l'aemulatio municipalis che l'Oriente, terra classica della vanità
municipale, non lesinò di intraprendere; la diffusa influenza del modello romano, senza che però cadiamo nella
trappola di vedervi delle riproduzioni sistematiche dei complessi monumentali dell'Urbe. Abbiamo cos'ì
l'introduzione di elementi tipici della romanità senza che essi sconvolgano la sistemazione d'impronta
ellenistica.
• La creatività e le varianti regionali dell'architettura monumentale di prestigio non vanno sottovalutate in quanto
la ricchezza della tradizione ancestrale trova in queste varianti una grande possibilità di sviluppo con soluzioni
che appaiono uniche nel mondo romano (tempio di Zeus-Asclepio nel santuario Esculapio a Pergamo).
• E tuttavia non bisogna trascurare gli squilibri che le costruzioni di tali complessi monumentali determinarono e
che non incontrarono sempre il favore della popolazione locale.
• Non sempre quindi l'arricchimento architettonico di una città corrisponde ad una sua crescita economica.

-Le città dell'Acaia

Atene

• Al situazione di Atene alla fondazione del principato è tutt'altro che brillante: privata del suo ruolo di capitale
non sfugge alle ritorsioni di Ottaviano per i partigiani di Antonio.
• La sua autonomia interna è fortemente limitata come dimostra il trasferimento del grande altare di Zeus dalla
Pnyx all'agorà, sempre più sommersa dai simboli del potere romano.
• Dopo il saccheggio dell'86 Atene è economicamente impoverita e molto meno vivace eppure rimane, agli occhi
della classe dirigente romana, l'urbs attica per eccellenza e il suo prestigio alla fine della repubblica, continua
ad attirare giovani rampolli dell'aristocrazia romana.
• In età imperiale il suo prestigio viene rivalorizzato grazie alle scelte formali compiute dalla prima architettura
imperiale che rilancia la moda del neoclassicismo ricercando i propri modelli nei monumenti attici di V e IV.
• Si capisce come l'evergetismo privato non si mostri prima del periodo di Erode Attico ricchissimo precettore e
amico di Marco Aurelio.
• Tra Augusto e Adriano le trasformazioni si inseriscono in una straordinaria continuità che, attraverso numerosi
rimaneggiamenti, porta in luce un programma imperiale.
• L'attenzione del potere si rivolse al centro antico della città, l'agorà.
• Le attività commerciali vennero spostate verso est. L'agorà nota come di Cesare e Augusto fu proggettata nel
47 a.C ma ufficialmente inaugurata tra l'11 e il 9. Consiste in un ampio quadriportico in marmo dell'Imetto e
del Pentelicodietro le cui colonne si aprono le botteghe. La connsessione con le aree circostanti è data da un
propileo a O, a S da una scalinata d'accesso e ad E da un ingresso tetrastilo.
• Possiamo immaginare che l'agorà fosse legata al culto dinastico per l'alto livello dei materiali impiegati e delle
strutture realizzate e soprattutto per la statua di Lucio Cesare usata come acroterio nel drontone del propileo.
• La duplice funzione, commerciale e dinastica sipega la disposizione della piazza tradizionale intimamente
legata alla prima.
• La nuova sistemazione fu intrapresa da Agrippa che voler lasciare sul terreno una chiara testimonianza del
fatto che l'architettura pubblica era ormai diretta emanazione del potere di Roma. Egli infatti fece costruire
nello spazio centrale dell'agorà il suo Odeion, imponente e in posizione dominante, nel punto d'incontro tra
Odeion e Hephaisteion vi era il santuario di Ares, cerniera tra i due edifici.
• Gaio Cesare non modifica il complesso ma ne rafforza la funzione dinastica ponendovi una statua della propria
immagine eroizzata così come il fratello dominava l'agorà romana.
• Ma il legame vero e proprio tra le due piazze si realizzerà solo in età traianea, infatti una sorta di immobilismo
è presente per tutta l'età giulio claudia.
• Dal II secolo si susseguono trasformazioni a ritmi incalzanti; La grande via delle Panatenaiche che dal Dipylon
raggiungeva i propilei tagliando a metà la piazza viene fatta assurgere ad una dignitas spropositata cui si
distacca, vicino alla Stoà di Attalo una strada dello stesso tipo ancora più lussuosa .
• Atene rientra così nel novero di città dotate di plateiai. Questo tentativo apre le porte all restaurazioni adrianee.
• Adriano molto affezionato alla città volle dotare Atene di un apparato di rappresentanza degno dei più
importanti centri dell'impero senza trascurare i precedenti rifacimenti e lo spirito da cui erano animati.
• Ultimò il tempio di Giove Olimpio nel 132 ma ne fece un santuario del culto imperiale assimilando se stesso
al padre delle divinità. Questo imponente edificio dotato di tutte le componenti prestigiose della cultura
ellenistica divenne il centro di una vera e propria neapolis il cui solenne ingresso è sottolineato dall'arco di
Adriano.
• Dopo di lui Erode Attico vi fece costruire l'immenso stadio panatenaico e gettando un ponte sull'Illissos
perfettamente in asse con la pista dello stadio realizzerà l'unità di questo grande quartiere periferico.
• Adriano concluderà il complesso augusteo con la realizzazione della celebre Biblioteca, un alto qudriportico
simile al forum Pacis.; di recente è stato scoperto un altro edificio adrianeo la basilica situata in prossimità
dell'angolo N-O del portico di Attalo.

B) Corinto

• Dopo aver condiviso con Cartagine la distruzione nel 146 la città scompare per via di saccheggi e confische.
• Nel 44 a.C rinasce sottoforma di colonia romana per volontà di Cesare. E' difficile per noi dire se si trattasse o
meno di un insediamento con una pianificazione rigorosamente geometrica. Ma siamo comunque in grado di
apprezzarne il centro amministrativo e religioso che si impiantò su un sito non vergine ma con ampie
possibilità di scelta.
• Capitale amministrativa dell'Acaia tornò presto ad essere un grande centro economico e finanziario grazie ai
porti di Lechaion sul golfo di corinto e Cenchreae sul golfo di Saronico. Cesare aveva accordato alla città la
presidenza dei giochi Istmici facendone un centro religioso di primo piano.
• La nuova agorà nella città bassa occupava un avvallamento ai piedi della collina si cui si ergeva il tempio
arcaico di Apollo. Si volle creare una cesura con i programmi precedenti e venne modificata del tutto
l'organizzazione del centro monumentale con una maggiore attenzione alla specializzazione degli spazi.
• Ma il sito scelto non era libero da strutture precedenti tra cui un ippodromo e un portico. La prima
preoccupazione dei nuovi abitanti fu la regolarizzazione del terreno e furono costruitre una serie di botteghe
aperte verso N che fungevano da sostegno verso S, recanti al centro una grande tribuna per arringare il popolo.
• Nelle vecchie taberne della stoà ellenistica si installarono gli uffici e i servizi della colonia tra cui il bouleterion
e degli agonoteti. Si procedette all'inizio dell'età augustea alla costruzione di un Tabularium.

-L'urbanistica monumentale di prestigio in Asia Minore

A) Efeso

• Città della ionia in cui l'avvento del priincipato determinò le più dense conseguenze.
• Nel 29 vien designata quale centro amministrativo dell'Asia a spese di Pergamo.
• Circondata da 8 Km di mura la città occupava la costiera ai piedi del monte Pion e del Koressos.
• Lisimaco vi aveva imposto uno schema ippodameo che però non fu applciato in modo rigoroso.
• L'attestazione del potere centrale si concentrò sulla viabilità sull'approvigionamento idrico. Allo stesso
Augusto si deve il finazioamento di due acquedotti. Ma i suoi interventi sull'agorà acquistano un significato
particolare. Nei primi decenni dell'età imperiale la piazza, posta nel punto più stretto della valel, viene
completamente riorganizzata: il lato N venne occupato da uno stretto edificio basilicale dedicato ad Artemide,
Augusto e Tibero. Essa era dotata di un chalcidium in cui si ergevano le colossali statue di Agusto e Livia.
Addossato al muro settentrionale vi era un piccolo temenos rodio circondante un doppio podio, altare ufficiale
ri Roma e di Cesare. La posizione di questi tra il Pritaneo e il bouleterion dimostrano l'intenzione di integrare il
nuovo potere con le tradizioni antiche.
• Il gruppo basilica Aedes Augusti, acquista in questa città un'espressione originale che pur restando nella
tradizione locale si pone come elemento unificante di tutta la piazza al cui centro viene edificato un tempio
periptero forse dedicato ad Augusto.
• Il complesso dell'agorà viene trasformato in un Sebasteion e più tardi in età antoniniana il tempio di artemide
accoglierà il culto imperiale.
• Secondo lo schema già visto per Corinto un grande peribolo viene costruito in prossimità dell'Agorà dove a
fine I si ergerà un tempio di Domiziano dedicato dopo la damnatio memoriae a Vespasiano divinizzato..
• Questo cuore della città ricevette la sua chiusura definitva e monumentale con Augusto. Anche le porte, vie
d'accesso alla città, sembrano degli archi di trionfo.
• La chiusura di questo spazio ha determinato un fenomeno di agglomerazione della sua periferia.
• In età traianea la famiglia dei Polemaeni costruì in prossimità della porta sud-orientale la biblioteca di Celso la
cui scena frons rappresenta le possibilità dell'architettura monumentale dell'Asia tra 110 e 135 d.C.
• Altra struttura sosprendente è il portico Verulanus immensa palestra inquadrata da colonne che delimitano gli
xysoti costruita in età adrianea, simbolo della polifunzionalità di questi monumenti.

B) Mileto

• Sito estremamente difficile da valutare per quanto riguarda le trasformazioni. E' probabile che l'organizzazione
generale risalente al piano regolatore del V a.C. Sia stata immutata fino ai primi secolo della nostra era.
• Lo schema ad L che dal porto dei leoni si estende sino al porto del teatro resta invariato e ltre agorai
continuano ad essere i centri di attività civica e commerciale.
• I grandi santuari della città il delphinion e il temenos di Atena, non vengono soppiantati da alcuna nuova
fondazione.
• C'è da notare che la città non era gravata da responsabilità amministrative nella provincia d'Asia, pertanto i
simboli del potere non sono frequenti come ad Efeso.
• In età augustea si registra la costruzione di un grande monumento all'ingresso del porto dei leoni; di forma
triangolare viene considerato una commemorazione di Azio.
• Nonostante ciò un cittadino d'età ellenistica proiettato nel II d.C, non avrebbe risconosciuto la propria città.
• Assistiamo ad un'accentuazione della dimensione verticale, al susseguirsi di sequenze monumentali e teatralità
delle facciate degli edifici.
• I più consistenti interventi riguardano la parte settentrionale della via processionale collegante il delphinion al
santuario di Didyme.
• La superficie occupata da questi edific rimane sensibilmente inferiore a quella occupata dagli stessi ad Efeso.

C) Side

• Non mostra tracce di un piano regolatore ma ciò non impedice l'organizazzione formale planimetrica e la
specializzazione dei quartieri.

-Quadriportici, basiliche e aule imperiali in Asia Minore

• La corte peristilio è senza dubbio l'elemento più ricorrente nel paesaggio urbano dell'Asia Minore ma anche
quello che può assumere le più svariate forme e funzioni: agorà, mercato, palestra, temenos.
• La tendenza a nomralizzare gli spazi pubblici non si afferma solo in età imperiale, ma già in età ellenistica le
monarchie avevano sviluppato un tipo di piazza più regolare rispetto a quello delle poleis greche.
• La chiusura monumentale di tali spazi, ameno di un motivo religioso non seguiva la loro definizione
planimetrica.
• La chiusura della piazza è conseguenza della crescente specializzazione degli spazi pubblici e della maggiore
distanza tra le agorai commerciali, civili e amministrative.
• Ma gli schemi adottati senza dubbio rispecchiavano quelli che in quel momento si andavano affermando a
Roma e a quei modelli delle più grandi città orientali.
• La soluzione più frequente in Asia per definire ed orientare meglio lo spazio pubblico erq auella di chiudere il
lato più importante con una stoà basilikè, versioni ampliate di un portico laterale e questo va inserito
nell'ambito del fenomeno di annessione degli orgnai propri del foro tradizionale. La stoà basilikè fa il suo
ingresso alle prime forme del culto imperiale.
• La natura centralizzatrice di questi spazi non poteva a lungo tollerare un tipo di sistemazione che tagliava fuori
dai grandi assi che componevano lo schema quadrangolare.
• Ciò che succede alla stoà basilikè sono le sale imperiali o marmoree, palestre connesse ad impianti termanli del
II-III secolo d.C. I ginnasi erano considerati nelle città ellenistiche come delle vere eproprie agorai e ciò non
può che potenziarsi in età imperiale con la polivalenza degli spazi.
• La struttura basilicale non scompare del tutto ma viene riservata ad edifici di secondaria importanza.

-Apamea di Siria

• Roccaforte dei Seleucidi, con acropoli naturalmente fortificata, faceva parte insieme a Laodicea, Antiochia e
Seleucia di una potente tetrapoli.
• Con la riduzione della Siria a provincia nel 64-63 da parte di Pompeo, l'acropoli venne distrutta ma la città
continuò a prosperare per la fertilità delle piane interne della valle dell'Ornote.
• La sua immediata ricostruzione fu voluta dal potere romano, dopo la rovinosa distruzione di un terremoto nel
115 d. C.
• Un grande platea avrà una funzione generatrice dell'urbanistica nel II secolo e sui suoi dintorni sorgerà la città.

7. La città imperiale

-La formazione del modello

• Nel mondo antico era valida l'equazione per cui civiltà equivaleva ad ubranizzazione e quest'ultima ad un
ordinamento giuridico.
• La definizione di città politico-sociologica quale nucleo sociale e culturale estrapolato dalla dimensione tempo-
spazio, risale ad una tradizione ellenica già antica che aveva le sue formulzaioni più esplicite in Erodoto e
Tucidide: sono gli uomini che fanno una città.
• Ma in un passo del De Republica di Cicerone troviamo consolidato il concetto romano-imperiale che il vincolo
della città fosse di natura eminentemente giuridica e nel De Officiis la società viene scomposta in una serie di
cerchi concentrici in cui la città si inserisce tra la famiglia e lo stato. L'analisi ciceroniana è ancot più rilevante
se consiederiamo che essa è l'unica che presenta come articolazioni interconnesse le forme con cui di volta in
volta si volle riconoscere il fenomeno di città: la città di pietra e la città di uomini, piani che nella tradizione
risultano distaccati o subordinati paratatticamente.
• Roma, nella sua espansione, possedeva già un modello città già fortemente consolidato ma che le necessitava
per la riorganizzazione dei territori conquistati; la città inoltre diventava sempre meno mezzo di partecipazione
alla vita collettiva e sempre più strumento d'integrazione secondo una gamma di doveri, diritti e privilegi.
• Il modello della città romana si esportò e si riprodusse secondo molteplici varianti associate a esigenze
funzionali e a contesti socio-economici via via diversi, in cui tuttavia è possibile riconoscere un comun
denominatore almeno per la prima età imperiale (I-II secolo)
• Le città vennero disciplinate, ridefinite e gerarchizzate secondo specifici criteri di status giuridico, sociabilità e
cultura, incanalando le molteplici tradizioni con le quali il modello urbano veniva in contatto e attuando difatto
un vero e proprio piano regolatore.
• L'amministrazione imperiale romana finiva di fatto con l'identificarsi nei governatori provinciali e con il loro
collaboratori circa duecento ufficiali civili in un impero, al tempo di augusto, che contava intorno ai 50 60
milioni di abitanti.
• Essi non erano uomini preparati ma membri delle famiglie romano-italiche che nel loro cusus honorum
passavano attraverso molte esperienze militari e civili e che quinidi si trovavano a svolgere incarichi politici
generali; il resto veniva lasciato nelle mani dei locali.
• Ma proprio per l'interesse eminentemente politico di roma verso questi territori, si esigeva, ove necessario, che
si creassero o rinsaldassero strutture atte a sorreggere la pax romana. Le civitas, furono proprio atte a gestire
questa rete capillare di rapporti amministrativi e finanziari dell'ecumene.
• Nelle aree dove ci si trovò con realtà urbane già avviate, sifece perno su di esse, dando nell'insieme
un'impressione di grande autonomia. E ciò, per l'oriente, non si allontanava troppo dal vero visto che l'impero
adottò una politica molto prudente incoraggiando lo sviluppo della vita cittadina di tipo ellenistico e rarissimi
furono le deduzioni di veterani. Le amministrazioni cittadine si conservarono pressocchè intatte nelle loro
forme esistenti, fungendo da tramite politico e fiscale fra popolazioni e governatore.
• Roma pretese solo una cosa in cambio della propria non ingerenza: la concordia, la pace in ogni città da cui le
aristocrazie urbane risultarono blandite, garantite e rafforzate nei propri monopoli di potere.
• Nelle aree di nessuna tradizione urbana, l'impero svolse sulla lunga durata un'opera di urbanizzazione intensa
creando o rifondando insediamenti secondo schemi giuridici e urbanistici già sperimentati che si integrarono di
volta in volta in base alle necessità razionali dei territori in cui si inserivano.

-Gerarchie politico-giuridiche

• A partire da Cesare ed Augusto la creazione di città conobbe una forte accelerazione destinata ad incrementare
sotto Flavi e Antonini e, nelle province africane sotto i severi.
• Tra i primi effetti della conquista vi fu la scomparsa di numerose borgate indigene, non senza contraccolpi
determinati da una ristrutturazione per la maggior parte agraria e commerciale, oltre che tributaria del
territorio.
• Le città venenreo suddivise gerarchicamente secondo elargizioni di status giuridico corrispondente ai rapporti
di privilegio e dipendenza rispetto al potere romano che mise in atto un patriottismo locale incoraggiando
volutamente la competizione tra città e rafforzando un lealismo che, a livello di élites cittadine, si basava sulla
ambizione personale.
• Le popolazioni soggiogate facevano capo a città peregrnae, straniere, sottomesse alla legge di Roma che
pagavano un'imposta sui beni immobili e mobili detta stipendium o tributum, nonchè un tributum capitis per
ogni abitante adulto.Essi non potevano sposare chi godeva della cittadinanza romana, nè darsi direttamente al
commercio, per non parlare di altre limitazioni in materia di giustizia, eredità, affrancamento ecc.
• Solo per concessione imperiale individuale o dopo venticinque anni di servizio militare, potevano acquisire la
cittadinanza romana e per questo i notabili locali potevano affermarsi solo negli ambiti della propria città.
• Accanto a queste città vi furono alcune che poterono fregiarsi di onori speciali come avere un appellativo
imperiale (Bracara Augusta), o altre che ebbero il titolo ci civitas libera et immunis, con libertà di controllo
amministrativo del governatore ed esenzaione dai tributi.
• Altre ancora, più privilegiate furno dette alleate, teoricamente alla pari con Roma, autonome sotto ogni aspetto
della giurisdizione interna.
• Al di sopra delle città peregrine stavano poi due classi privilegiate sopra ogni altra: i municipi di diritto latino e
romano che si richiamavano alla situazione delle città italiche, e le colonie.
• I municipia spesso si sovrapposero ad agglomerati già esistenti e i loro cives godettero degli stessi privilegi e
diritti dei cittadini romani.Solo chi rivestiva la carica di magistrato municipale acquisiva la carica di cittadino
romano con la propria famiglia, privilegio dapprima mantenuto sotto controllo ma che poi, con Adriano fu
esteso a tutti i memebri dei senati municipali, una mossa politica molotoefficace per l'assimilazione e
l'integrazione delle élites.
• Le colonie invece rientravano nel sistema di incorporamento territoriale. Tutti i loro cittadini godevano di
diritto latino o romano e i loro notabili potevano fare carriera a Roma. Se sottoposti allo Ius Italicum essi
venivano anche sentati dai tributi.
• Alcune colonie furono prive di deuzione esogena e furono dette onorarie in quanto centri urbani già esistenti
promossi per volontà del princeps in segno di onore. (Valence e Vienne, Asido, Leptis Magna, Italica e Utica.
• Ma già nel secondo secolo d. C, come ricordato da Gellio nel caso di Preneste, sembra che il processo di
uniformazione dei diversi statuti giuridici fosse già largamente avviato e sembrava più diluito il sottile gioco di
autonomie e gerarchie tra i più grandi centri.
• Quindi, secondo un processo lento le città peregrine in occidente andarono via via scomparendo riassorbite dal
sistema municipale.
• L'oriente continuò a mantenere una formale autonomia urbana.
• Dopo la costituzione di Caracalla nel 212/14 i termini come municipium, oppidum, colonia e cc. Si
svuotrarono sensibilmente di significato e vennero usati come accezioni intercambiabili
• Fino all'avanzato II secolo assistiamo a alternanze significative nella politica imperiale nei confronti delle città
provinciali in rapporto agli orientamenti dei vari princeps.
• Si deve tuttavia ricordare che, nonostante l'ordinamento cittadino fosse il modello diffuso dall'impero,
esistevano aree, soprattutto marginali organizzate secondo modelli politici, culturali ed economici differenti.

-Le non-città

• All'interno dei territori organizzati civicamente vi erano molti insediamenti che non erano riconosciuti come
tali: insediamenti indigeni preesistenti alla conquista o collettività di cittadini romani che Roma non ritenne di
valorizzare come centri coordinatori.
• Questi, secondo la definizione di Isidoro di Siviglia, erano vici, xastella e pagi, accomunati dalla qualità di
modesti abitati attribuiti ad una civitas e per la quale avevano funzioni di incontro e di mercato o di difesa.
• Difficile se non impossibile definire le differenze giuridiche fra questi tipi di agglomerati: pagus poteva sia
riferirsi ad una circoscrizione territoriale che raggruppava un certo numero di città indigene sia la suddivisione
stessa del territorio di una colonia o di un municipio, oltre che un'area o un agglomerato assegnato a
viritanamente nel territorio di una città peregrina. Fondamentale nella definizione del pagus è il concetto di
divisione territoriale rurale.
• Vici, castella e oppida furono invece borghi collocati sotto un capoluogo all'interno anche della medesima
civitas. In alcuni casi essi avevano diritto di giurisdizione e amministrati da propri magistrati , talora assistiti
da un consiglio di seniores e da un curator rei publicae locale.
• L'esplorazione archeologica ci dice che spesso ad un modello indigeno nei vici si andò sostituendo via via
un'urbanistica romana che convisse con il primo. E fra il I e il II cominciano a dotarsi di monumenti e più
avanti anche mura .
• Gli studiosi li prendono come gradi diversi di un processo omogeneo e qualitativamente peculiare elemnti
urbanogeni che si evolvettero mutando anche il proprio statu giuridico.
• Tale meccanismo di promozione della vita urbana non si esaurì in età imperiale più avanzata nonostante la crisi
della città su tanto ha insistito la storiografia moderna Si conoscono nel III-IV numerosi villaggi innalzati a
città e diverse città declassate a villagi. Ciò è interessante per capire quali città fossero nei registri ufficiali di
cui disponevano i funzionari soprattutto per ragioni finanziarie
• L'appiattimento di tutte le variabili entro un singolo modello generico che già andava configurandosi nel II
secolo ha qui il suo punto di arrivo nel significato giuridico-amministrativo di katalogis di comunità soggette
ad un determinato regime fiscale valido per tutte.
• Ma da un punto di vista delle singole cittadine si mantennero certi caratteri salienti legati all'idea tradizionale
di città.

-Anatomia e fisiologia dei rapporti esterni

• Per decisione di Roma certi agglomerati esistenti vennero lasciati o promossi a capo di un territorio nel quale
avevano una posizione dominate. Il quadro politico perciò risultò profondamente modificato sia nei rappoprti
interni ad ogni singola realtà, sia nelle modalità di rapporti che ciascuna intratteneva con le altre.
• Le città erano incasonate in realtà provinciali presieduta da un governatore proconsole o legato propretore,
personaggio eminente dell'ordine senatorio circondato da uno staff militare e/o civile con un tabularium
gestito da liberti imperiali che svolgeva primariamente la funzione di controllo fiscale attraverso censimenti.
Egli possedeva inoltre una cassa provincialein cui confluivano le imposte, un tribunale che esercitava la
giustizia; il diritto romano veniva imposto solamente per le questioni fondamentali, mentre per le questioni
meno importanti si esercitava la giustizia locale.
• Alla metropoli provinciale faceva capo anche l'amministrazione dei beni imperiali, delle miniere, dei pedaggi
doganali e delle imposte indirette gestite da personaggi di rango equestre.
• Al ruolo amministrativo centrale si aggiungeva, per via di una forza centripeta esercitata dai funzionari
imperiali, anche il rilievo del ruolo economico. Non a caso questi centri di potere furono più tardi le prime sedi
vescovili.
• Talvolta, per molteplici ragioni, si suddivisero le sedi dei funzionari in varie città all'intenro di una stessa
provincia. In questi casi si determinò un equilibrio di poteri che portò ad una maggior articolazione e
complessità delle realtà urbane di quel territorio.
• Sin dalla tarda repubblica la maggior parte delle province risultò divisa in certo numero di distretti territoriali
che a partire dai Flavi vennero chiamati conventus facenti capo a città.
• La presenza del potere nelle città a capo dei conventus portò a diverse conseguenze a seconda del grado di
urbanizzazione e popolazione della provincia.
• Nella reciproca intefereza di fattori politici e amministrativi le cittò non poterono trasformarsi sensibilmente
durante l'impero.
• Relativamente blandi i rapporti delle varie città con il capoluogo provinciale, intermittenti e facoltativi con
quelle città sedi di contus. Limitate e deboli le occasioni di amalgama a raggio più ampio offerte dai coniclia,
communia o koinè. Questi, seppur connotati da caratteri politico-religiosi legati al culto imperiale presentavano
varianti da provincia a provinicia ma non esercitarono mai una vera e propria attività legislativa o fiscale. Pur
fungendo in alcuni casi da mediatori tra città provinciali e goverantori.

-Strutture politiche e autonomia municipale

• La legge garantiva il funzionamento delle magistrature locali, annue, gerarchizzate, collegiali, duoviri,
quattuorviri, edili che i occupavano della manutenzione delle strade e degli edifici pubblici, organizzacano
giochi e feste, controllavano il corretto approvigionamento dei mercati, questori con funzioni finanziarie.
• Magistrati e giudici locali si identificavano nell'esercizio della giustizia e nei compiti di polizia giudiziaria.
• Sfere e modalità di azione dei magistrati municipali erano definite da una normativa amministrativa di portata
locale basata su una lege comiziale comune.
• Uscendo di carica questi magistrati entravano a far parte a vita del senato municipale o curia o ordo modulato
sull'esempio di Roma. Cento centodieci membri, più raramente trenta cinquanta.
• Chi accedeva alla magistratura, al decurionato o a qualche sacerdozio era tenuto al pagamento di una summa
honoraria variabile che veniva speso in donativi alla cittadinanza detti sportulae, scaglionati secondo quote
direttamente proporzionali al rango dei magistrati.
• Per entrare nella curia era richiesta anche l'origo, apaprtenenza alla cittadinanza locale ma si conoscono
numerose deroghe.
• I decreti dei senati municipali riguardavano atti giuridici e religiosi del culto sia cittadino che imperiale,
conferimenti i donori, scelta di delegati per ambascerie alla corte ecc.
• Man mano sempre più il ruolo del popolo nell scelta dei magistrati sembrò farsi marginale e i senati
subentrarono nella designazione rispondendo in alcuni casi a postulationaes e auspici del popolo.
• Vi era quindi una forte vitalità anche nei piccoli centri.
• Vi sono indizi interessanti che lasciano intravedere realtà complesse , imprevedibili risorse di adeguamento
assai lontane dalla visione di una realtà imperiale che riesce ad appianare e a centralizzare.
• Soprattutto in abito fiscale fu necessario il ricorso ai curatores rei publicae il cui ruolo si sviluppò di pari passo
con la sua integrazione alla carriera municipale come incarico gestito localmente.
• Purtuttavia l'autonomia di questi funzionari locali era ben lungi dall'essere distrutta e nel IV secolo altri
funzionari di nomina imperiale con compiti locali vennero assorbiti nell'ordinamento cittadino.

-Funzioni economiche, religiose, culturali: i riscontri morfologici

• Gli squilibri finanziari endemici sempre presenti potenzialmente nelle amministrazioni cittadine,
discendevano dalle caratteristiche strutturali di queste. Le città infatti non disponevano dei mezzi istituzionali
per affrontare le spese in qunato res publicae autonome.
• Le entrate normali venivano dalle rendite delle proprietà cittadine, da imposte indirette per l'uso di acquedotti
o bagni pubblici, da eventuali dazi portuali, da summe honorariae, da fondazioni, lasciti e legati.
• Mancava qualsiasi tassazione municipale diretta considerata segno di servitù incompatibile con i caratteri
tradizionali della città.
• Per ogni spesa straordinaria si faceva affidamento sulle risorse dei privati o dell'imperatore e dei suoi
rappresentanti.
• Il carattere aleatorio di questo meccanismo non permetteva alle città di svolgere una politica finanziaria vera e
propria.
• L'aumento esponenziale delle città nei primi due secolo dell'impero causò anche una contrazione dei profitti.
• Il patriottismo locale fece delle munificenza civica o evergesia, uno stile di vita, espressione di quell'amor
civium esaltato in tante iscrizioni. Ma l'organizzazione dei giochi, lacostruzione di grandi monumenti, le
distribuzioni di cibo o altro, da parte dei privati, si basavano su un'ideologia prettamente politica ed era
proprio a livello politico che raccoglievano i propri frutti.
• I benefici dei maggiorenti, per quanto sempre molto utili ad allentare la tensione sociale, erano destinati al
popolo non tanto perchè fosse bisognoso, ma in quanto corpo politico votante che acclamava e sosteneva i
propri patroni,
• La politica evergetica trovava inoltre alimento in misto di etica civile, motivazioni religiose, ma soprattutto
philotimìa, amore per il proprio prestigio, anche postumo. Essa si nutriva di competitività che spingeva a
dilapidare fortune per assicurarsi l'euphemìa, la popolarità.
• Ma la competitività, com scrive Brown, si nutre di concorrenti numerosi e aperti e man mano che le élites
cominciavano a stringersi intorno a pochi e che si apliava il divario tre ricchi e poveri, anche questa
munificenza cominciò a lasciare sempre meno tracce. Questo invero è anche segno di un lento cambiamento
di mentalità per cui ricchezza e philotimìa andavano verso altre direzioni.
• In questo senso la civiltà urbana era in crisi e determinante fu l'intervento imperiale. Il peso del patronato del
princeps comportava quasi una violenza dall'alto, un impatto profondo nella realtà cittadina e le città traevano
un vantaggio quanto mai maggiore tanto più riuscivano a entrare in rapporto privilegiato con il princeps.
Sovvenzioni per l'ediliza pubblica , remissioni fiscali e contributi vari.
• Si ritorna quindi al concetto di città vetrina dotata di mura, torri, porte monumentali che fino al III secolo non
ebbero funzione difensiva, città con sovrabbondanze d'acqua, segno di prosperità.
• Un urbanesimo funzionale in quanto monumentalizzato in base ai bisogni politici, religiosi e culturali.
Componenti fisse furono: foro, basilica, botteghe, tempio del culto imperiale, terme, ginnasio, teatro,
anfiteatro, circo. Gli imperatori, rispetto agli optimates repubblicani, furono dei grandi patrocinatori e seppero
bene che i giochi, oltre che essere un'anticoagulante rispetto alla possibile aggressività dei popoli erano una
stupefacente amalgama fra culture diverse i cui effetti si irradiavano anche in aree extraurbane.
• Tempo dopo le necessità difensive determinarono la necessità di cinte murarie persino nei vici.
• Spesso sembra esserci una stretta corrispondenza tra aspetti urbanistici e ordinamento giuridico e vi è, come
dimostrato da evidenze archeologiche un rilancio edilizio proprio in concomitanza dell'acquisizione di un
titolo onorifico imperiale da parte di una città ( Lilibaeum-Colonia Helvia Augusta)
• Gli spazi monumentali occuparono nelle città porzioni assai più cospicue rispetto a quelli abitativi e questa
enfasi data a luoghi del vivere comune faceva si che si allentasse la tensione delle differenziazioni sociali,
funzione che più tardi passerà ai vescovi evergeti e alle architetture cristiane.
• Sempre al fervore della vita urbana nelle aree pubbliche va collegata l'assenza nelle città romane di quartieri
occupati da gruppi socialmente o etnicamente differenziati; al massimo si ebbero quartieri distinti per
funzioni, come gruppi di artigiani.
• L'imperatore er ail solo autore di pubblica letizia e di pubblici cerimoniali in tutto il mondo romano, per
evitare che l'evergetismo mettesse in ombra il nome del princeps.
• Nel III secolo si passa da un'età d'equilibrio ad una di ambizione e dal benevolo patronato alla potenza. E
talvolta la volontà d'affermazione fa ricorso alle armi nelle competizioni di città dell'Asia Minore o del Nord
Africa.
• Per contro Roma, man mano che andava perdendo il proprio carattere di unicità, andò sempre più acquisendo
un volto municipale, affidandosi alle evergesie ludiche, edilizie e annonarie della nobiltà senatoria locale.
• Ai notabili provinciali ciò che ora importava di più era la carriera imperiale e i loro sforzi evergeti si
concentrava su Roma, Milano, Costantinopoli o in altre residenze della corte e degli uffici governativi, non più
luoghi pubblici ma in dimore private, spesso suburbane. Addiritturanel IV si dovette emanare una legge che
impedisse ai governatori provinciali di svolgere le proprie attività giudiziare nelle proprie domus.
• Solo alcuni grandi proprietari cristiani continuarono ad occuparsi di evergesie cittadine e nel contempo
l'autorità imperiale più volte intervenne tra IV e V per regolamentare l'utilizzo di fondi per il mantenimento di
mura cittadine o altre strutture di pubblica utilità deputandovi un terzo o un quarto delle rendite delle terre
cittadine.
• Questa crisi dell'evergetismo ebbe naturalmente caratteri diversi nelle varie aree dell'impero: a fine IV
incontriamo ancora evergeti efficienti nell'Africa di Agostino, nella Siria di Giovanni Crisostomo verso cui
questi si scagliavano polemicamente soprattutto per quel che riguarda gli aspetti ludici legati alla vecchia
mentalità pagana
• Più che da una crisi economica il tramonto dell'evergetismo nacque da una crisi dello spirito civico.

-La dinamica città-territorio e la pseudomorfosi della città tardoantica

• Le città vivevano quasi esclusivamente di rendite fondiarie drenate alle campagne circostanti, che si trattasse di
proprietà municipali o private.
• La vocazione della città fu essenzialmente agraria sebbene abbiamo casi di città che vissero di commerico o
artigianato, e i ceti emergenti protagonisti furono quindi mercanti e bottegai (grandi centir come Alessandria,
Tarso, Seleucia, Palmira ecc.).
• Nell'età imperiale la maggior parte dei ricchi, grandi proprietari terrieri, traevano la propria ricchezza dala
campagne e si vivevano in città ed investivano sia nel settore agricolo che urbano.
• La città era un coagulo di vita sociale intrinseco allo sviluppo della vita agricola.
• Le relazioni tra spazio urbano e rurale si rivelano spesso dinamiche positive a vantaggio di entrmbi i soggetti.
• Gli itenrari finanziari tra città e territorio erano molteplici e i grandi possidenti terrieri spesso furono un
tutt'uno von i negoziatores e questi poterono spesso essere utilizzati anche del commercio al minuto. La
nobitlà terriera concentrò spesso nelle proprie mani l'esercizio di varie botteghe specialmente nell'oriente
greco.
• Questi imprenditori futono anche proprietari di grandi flotte , finanzieri e prestatori di denaro ad interesse tanto
a privati quanto a comunità cittadine.
• La città rimase sempre il quadro delle operazioni monetarie e dell'attività finanziaria del territorio, fulcro di
quel processo che a poco a poco integrò l'economia monetaria dell'impero in un unico sistema.
• E' sempre meglio provata archeologicamente la presenza di circolante anche nei villagi enelle fattoria e nele
transazioni dei ceti contadini.
• Tra il IV e il V le fonti cominciano a parlare della fuga dei ceti artigiani verso i latifondi all'ombra dei potenti .
• LE nundinae stesse per lungo tempo ebbero luogo per la maggior parte nelle città o nei vici del territorio e
quando certi proprietari imprenditori cominciarono a prospettare la possibilità di istiturine fuori città per
meglio commercializzare i prodotti , nelle proprie campagne, e ne chiesero l'autorizzazione, l'opposizione delle
autorità municipali fu assai vivace.
• Fino al V secolo e oltre in ogni caso la circolazione economica, sociale e culturale tra città e campagne
permane nell'insieme vivace e soprattutto i notabili locali non cessarono mai di trattenersi per periodi più o
meno prolungati nelle loro dimore di campagna che spesso ornarono con monumenti funebri, statue o
iscrizioni ricevute in omaggio dal popolus cittadino o dai collegi urbani.
• Nell'impero avanzato anche i funzionari imperiali, oltre a quelli cittadini circolano nelle campagne con una
certa frequenza in quanto il rapporto tra città e campagna passa attraverso il rigido sitema introdotto da
Diocleziano-Costantino che tende a controllare tutto dai vertici: governatorie funzionari che si spostano tra le
varie civitates.
• Tutto ciò è segno di un polarizzarsi dell'attenzione governativa verso le strutture paganico-rurali, con
conseguente loro rivalorizzazione.
• La presenza dell'aristocrazia nelle campagne dell'impero dovette essere importante in ogni momento a
prescindere dai doveri inerenti gli affari municipali.
• Il cambiamento profondo verso il tardo impero si attuò attraverso un inversione del peso delle due entità:
a poco a poco le campagne acquisirono sopravvento e centralità a livello economico-fiscale, e per conseguenza
a quello politico-culturale.
• Prime avvisaglie di ciò si erano avute nel II-III secolo con le rivolte in egitto e in gallia. Nelle campagne tese a
spostarsi il fulcro economico dei potentes che, a partire dal IV, vi costruirono ville grandiose cui vennero
subordinati servizi, attività artigianali, movimenti di mercanti e di navi, rete viaria e presenza culturali.
• Potenti sono chiamati i membri di questa ristrettisima cerchia cui guarda anche l'amministrazione post-
dioclezinea tentando di affondare le sue propaggini burocratiche nel grandi latifondi.
• Per i vertici del potere l'impero è fatto di subiecti, provinciae e populi ed è a costoro che si rivolge il codice di
Teodosio del $38.
• Tuttavia in questa trasmutazione dei rapporti amministrativi e di gerarchie è la città che riguadagna peso
rispetto alle partizioni imperiale i cui contorini smarriscono operatività e significato man mano che il poter
centrale perde forza.
• Nei luoghi ove le tenisoni militari sono più forti, l'accentuazione policentrica si coglie con maggior chiarezza.
• Nelle città romane di V-VI lo scenario monumentale, ove ne sia rimasta traccia, sembra essere poco cambiato,
ma si sono trasformate le strutture interne e le funzioni, decomposte, svuotate o snaturate le istituzioni
municipali nelle loro sopravvivenze, tanto che Giustiniano sancirà nelle aree bizantine la definitiva legale
collocazione dei vescovi come agenti civili imperiali.
• Solo l'Africa sopravvisse fino ai Vandali o agli Arabi, come baluardo d'istituzione municipale affatto scisse dal
quelle delle chiese locali.
• Ciò che contava nell'assetto urbanistico erano le strutture difensive, questo distingueva un centro abitato
cittadino dalle campagne già al tempo di Cassiodoro mentre si definiva Squillace civitas ruralis perchè priva di
mura.
• Questo porta a compimento la pseudomorfosi delle città.

8. Roma e il suo Impero: Istituzioni, economia, religione

-Dal princeps all'imperatore

• L'oligarchia senatoria, come restaurata da Silla, non era riuscita a risolvere i grandi problemi sociali, politici ed
economici che affliggevano Roma da un secolo ne ad impedire che gli ambiziosi tentassero colpi di stato.
• Inoltre il problema degli itlaici integrati nella cittadinanza dopo la legge Plauzia Papiria dell'89 a.C, non era
ancora stato affrontato con tutta la serietà dovuta in quanto, l'introduzione degli italici richiedeva
necessariamente delle novità nella corpo giuridico amministrativo tradizionale.
• Nella stessa Roma la cecità delle élites nei confronti dei problemi economici della plebe urbana si mescolava
alla lacerazioni interne allo stesso gruppo per i giochi del potere supremo e del governo delle province. Questa
lotta si era accresciuta con l'aumento da parte di Silla dei magistrati inferiori e con l'integrazione progressiva
delle éelites italiche. Le possibilità del consolato si riducevano per chiunque.
• Queste tensioni si tradussero nell'impossibilità di condurre una vita politica tranquilla a seguito dei continui
attentati ai costumi istituzionali.
• In questo quadro s'inseriscono le iniziative pressocchè private di personaggi quali Pompeo, Crasso e Cesare cui
il senato, con una serie di compromessi, conferì il potere di crearsi un'immensa rete di clientele negli
accampamenti delle legioni, nelle colonie dei veterani e a Roma ove le risorse delle loro vittorie gli permetteva
di elargire doni alla plebe urbana, fulcro dell'agitazione politica.
• Dopo il 49 l'impotenza delle élites fu sancita dalla vittoria di Cesare che poteva permettersi di far capire al
senato che, se non avesse voluto occuparsi della repubblica con lui, egli avrebbe potuto far a meno del senato.
• Egli non aveva un programma di potere globale, non all'inizio almeno. Così iniziò tutta una serie di di riforme
ambiziose si cui siamo poco informati.
• La morte di Cesare non risolse nulla e le contraddizioni insormontabili che laceravano la repubblica si
scatenarono in tutta la loro violenza e il senato venne a patti con uomini che non volevano in nessun caso
rispettare il gioco tradizionale delle istituzioni: Marco Antonio, Lepido e Ottaviano.
• Dopo la divinizzazione di Cesare e la caduta degli ultimi tradizionalisti a Filippi, essi si preoccuparono di
risolvere le proprie rivalità.
• Antonio tentò d'imporsi con, stile e innegabile talento, come successore di Pompeo o di Cesare. Egli si dedicò
innanzitutto a ricostruire molto efficacemente la configurazione delle province e dei regni alleati in Asia
Minore e nel Vicino oriente e si lanciò persino nel tentativo di conquista dell'impero partico.
• Tale politica di grandezza esigeva sacrifici da tutti e non affrontava nessino dei grandi problemi della res
publica se non attraverso la corsa alla conquista che troppo richiamava la figura di re ellenistico.
• All'aversario Ottaviano, che all'epoca nel 44 aveva solo un nome, un padre adottivo, pretese sull'eredità ed
un'intelligenza acuta quanto versatile, Marco Antonio lasciò i compiti ingrati come le distribuzioni di terra ai
veterani smobilitatiil cui effetto fu disastroso sulle città italiche depredate.
• Tra il 43 e il 38il giovane Cesare fu spinto a intravedere le aporie del governo romano e a intuire un certo
numero di via per uscirne fuori, anche aiutato dall'orrore che le guerre civili avevano instillato nei romani e in
tutti i cittadini dell'impero. Sostenuto dall'affetto dele truppe cesariane e spinto dalla stanchezza di tutti gli
eserciti dopo Azio e Alessandria, Ottaviano potè riportare la pace, il consenso delle élites e la fine delle guerre
delle proscrizioni, dei tributi eccezionali e didicarsi alla restauratio, compito affidatogli nel plebisicto dei tre
anni precedenti.
• Quest'opera si prolungò fino al 14 d.C. e si concluse con l'istiuzione dell'impero o principato.
• L'analisi degli aspetti formali del potere imperiale e della loro evoluzione mostra che questo regime non può
essere descritto in maniera statica come se fosse stato creato tutto in una volta .
• Il primo approccio alla nascita del principato parte dal punto di vista del diritto pubblico defindendo il quadro
giuridico della posizione del princeps e dell'esercizio dei suoi poteri.
• Il governo della res publica dovrebbe essere concepito non come una monarchia, ma come una diarchia, una
divisione delle responsabilità esercitata in nome del popolo, tra il princeps e il senato.
• Il princeps sarebbe diventato la fonte sovralegale del diritto e un padrone assoluto.
• La comprensione del principato dipende dal quadro giuridico del governo imperiale e vanno descritti anzittuto
gli aspetti istituzionali essenziali dell'avvento di Augusto.

-L'età triumvirale (44-28)

• Questi anni furono contrassegnati dagli atti di forza e dall'adozione di straordinari poteri e privilegi che misero
in difficoltà, quando non sospesero la vita politica di Roma. Elezioni disturbate quando non manipolate dai
triumviri e òe decisioni impotranti strappate al senato con minacce.
• Interessanti sono le decisioni dei triumviri e i poteri legali che detenevano in quanto conteneti in nuce la figura
istituzionale del princeps.
• Dopo mesi di riavvicinamenti e scontri tra repubblicani e Cesariani, nel dicembre del 44 i repubblicani
decisero di dividere il fronte cesariano giocando Ottaviano contro Marco Antonio.
• Il 1 gennaio del 43 il senato accordò al giovane Cesare di soli 19 anni un imperium di propretore
accompagnato dalle insegne consolari e dal diritto di sedere in senato tra i questori, di prendere parola, di
votare con i consolari e poter aspirare al consolato dieci anni prima dell'età legale.
• Il 7 gennaio del 43 ebbe i fasci e gli auspici. Dopo la battaglia di Modena in cui morirono entrambi i consoli in
carica, il giovane Cesare decise di riavvicinarsi a Marco Antonio.
• Rafforzò la propria posizione reclamando il consolato il 19 agosto del 43, e lo divenne con Q.Pedio. Come
primo atto fece votare una lex curiata che confermava la propria adozione come figlio di Cesare. Pedio con una
legge sua omonima fece perseguire gli assassini di Cesare.
• Le cose peggiorarono e i triumviri si incontrarono a Bologna nell'ottobre di quell'anno e nell'illegalità più
assoluta si divisero il potere con il titolo di tresviri rei publicae constituendae e dividendosi l'amministrazione
delle province.
• Cesare e il suo collega rinunciarono al consolato che fu assunto da amici di Antonio e sotto la pressione di
quest'ultimo e di Lepido, furono redatte delle liste di proscrizione con obbiettivo tutti i loro nemici.
• Il 27 novembre del 43 il plebiscito del tribuno P.Tizio conferì valore legale al triumvirato accordanto ai tre una
durata di 5 anni, un potere uguale a quello dei consoli per la restaurazione della repubblica. Essi avevano anche
il diritto di proporre candidati alle magistrature e di consultare il senato.
• Le Gallie Cisalpina e Transalpina, eccetto la Narbonense, furono affidate ad Antonio, quest'ultima e le Spagne
a Lepido; l'Africa, la Sicilia e la Sardegna al giovane Ottaviano. L'italia in comune.
• Dopo la vittoria di Filippi nel 42 questi accordi subirono una difficile prova e le province furono ridistribuite :
Antonio mantenne la Gallia Transalpina e ottenne il mandato di governare le province di lingua greca. Lepido
ottenne la Narbonense e l'Africa e Cesare il giovane le Spagne, Sardegna e la Sicilia. Egli inoltre fu incaricato
di sistemare i veterani smobilitati, 50-60000 uomini.
• Le espropriazioni determinarono un forte tumulto che, sotto la spinta di L.Antonio, terminò in un bagno di
sangue a Perugia nella primavera del 40.
• Dopo tale conflitto i triumviri erano pronti alla rottura ma, sotto la pressione delle truppe cesariane fecero pace
a Brindisi nel settembre del 40.
• Antonio mantenne tutte le province ad est di Scodra, Ottaviano le province latine ad eccezione dell'Africa che
fu attribuita a Lepido. Ottaviano fu inoltre incaricato di fermare le scorrerie di Sesto Pompeo mentre Anotnio
avrebbe dovuto affrontare i parti per vendicarsi della disfatti di Carre.
• Ottaviano in seguito a questa pace, ottenne un'ovazione e assunse il titolo di imperator.
• L'estate successiva dopo i gravi tumulti provocati a Roma dalla carestia a causa del blocco navale di Sesto
Pompeo, fu concluso con esso la pace di Miseno, attraverso cui Sesto ricevette la Sicilia, la Sardegna e la
Corsica, in cambio dell'impegno a sgomberare tutte le basi in Italia e al levare il blocco.
• Dal 31 dicembre del 38, quando sarebbero dovuti finire i poteri dei triumviri, si pose un problema: finchè
rimanevano al di fuori del pomerium essi li avrebbero conservati perchè, come da consuetudine, attendevano i
successori.
• Nella primavera del 37 i triumviri si incontrarono a Taranto e decisero di prorogare i propri poteri per un nuovo
lustro e Cesare tenne a far approvare dal popolo questa proroga.
• Dopo le vittorie del 36 Ottaviano riuscì a cattivarsi le simpatie delle truppe di Lepido e a inviare quest'ultimo
in esilio a Circei dove irmase per 24 anni.
• Trionfalmente accolto a Roma Ottaviano proclamò la fine delle guerre civili e lo sgravio delle imposte pià
pesanti.
• Gli anni seguenti furono impiegati dai due triumviri per rafforzare la loro posizione e portare avanti i propri
compiti: l'uno la soluzione del problema dei veterani e il ristabilimentio dell'ordine pubblico in Italia, l'altro la
riorganizzazione delle province di lingua greca e la preparazione della guerra partica.
• Ottaviano seppe guadagnare non solo la fiducia dell plebe, delle legioni ma anche delle élites romane e
italiche, perdonate e spesso omaggiate con cariche. Parallelamente si lanciò in un'impresa di denigrazione della
figura di Antonio.
• Egli riprese le ostilitò difatto con la riunione del senato cui andò accompagnato dai propri soldati: avrebbe
riunciato ai poteri solo Antonio avesse fatto altrettanto. Ciò portò alla fuga di 300 senatori da Antonio e
all'apertura del testamento di quest'ultimo. Esso, secondo fonti filoaugustee avrebbe contenuto disposzioni
riguardanti la repubblica che scandalizzarono i romani al punto che i senatori neutrali e gli amici di Antonio,
presero a schierarsi dalla parte di Ottaviano.
• Queste prime manufestazioni del consensus universorum, furono confermate dalla decisione unanime di senato
e popolo di far decadere Antonio dal consolato, dal triumvirato e dichiarando guerra a Cleopatra.
• Per mascherare i proprio poteri e tenere fedeli le sue province Ottaviano utilizzò estendendola, la pratica del
giuramento di fedeltà al comandante, non solo alle truppe ma a tutta Italia e a tutte le province.
• Dopo le vittorie di Azio nel 31 e Alessandria nel 30 Ottaviano ottenne nuovamente il consenso sottoforma di
numerosi onori: il senato gli concesse la corona ossidionale e il trionfo su Cleopatra. Archi di trionfo a Bridisi,
Roma e il tempio del divo Giulio furono ornati con i rostri di Azio. Giochi votivi peteterici per la salvezza del
principe e tre feste annuali furono indetti per commemorare gli anniversari delle vittorie e la nascita di
Ottaviano. In occasione di banchetti pubblici o privati una libagione era offerta al genio dell'imperatore Cesare.
• Nel 30 il senato conferì lui lo ius auxilii dei tribuni a titolo vitalizio accompagnato dal diritto di grazia, che gli
dava la facoltà di aggiungere il proprio voto nel caso di una condanna con voto di maggioranza, e
dall'autorizzazione a protare il prenomen imperator.
• Il primo gennaio del 29 tutti giurarono di riconoscere e osservare tutte le disposizioni prese dall0imperatore
Cesare. Fra gli altri onori si scrisse il suo nome tra inni dei Salii e il diritto di proporre ai sacerdozi quanti
candidati avesse voluto.

-Il principato di Augusto (27-14)

• A più riprese sia Antonio che Ottaviano avevano promesso di restituire i poteri ma dpo il 29, senza cedere il
suo primato, Ottaviano cominciò la restituzione degli stessi che durà a lungo.
• Egli avviò un censimento del popolo e una lectio senatus. Alla fine dell'anno pubbliò un editto che annullava
tutte le disposizioni illegali e contrarie al diritto prese durante il triumvirato.
• Qualche giorno più tardi ebbe luogo la restituzione della res pubblica al senato e al popolo per la quale
Augusto rimaneva un semplice console, investito però dell'imperium.
• Il 13 gennaio del 27 propose al senato la riununcia ai poteri straordinari e il senato lgli concordò la corona
civica ob cives servatos.
• Il 15 -16 gennaio senato e princeps elaborarono un senato consulto che definiva i termini di una divisione dei
poteri e delle province e segnava la nascita dell'impero.
• Il senato avrebbe amministrato direttamente le province attraverso proconsoli di rango consolare o pretorio
estratti a sorte secondo il metodo tradizionale. Il princeps aveva l'incarico di governare per dieci anni la Spagna
con la Betica, Le Gallie, la Siria e di comandare le truppe dislocato in queste province in virtù del suo
imperium consolare.
• La res publica in qunato regole tradizionali del governo del senato e del popolo, era stata ripristinata: il
governo era stato ridato al senato e al popolo, i fasci consolari si alternavano, le elezioni avevano nuovamente
luogo e i magistrati avevano ritrovato le proprie prerogative come il senato che veniva regolarmente
consultato.
• Mommsen ha ipotizzato che, avendo Augusto difatto ristabilito il sistema sillano dei poteri consolari, il senato
e il popolo avevano conferito al princeps un imperium proconsolare che lo abilitava a comandare tutte le
truppe e amministrare le province a lui attribuite. Tuttavia dopo aver ricevuto nel 29 il diritto di portare insegne
e titolo imperiale a vita, il princeps poteva esercitare il potere in base ad una semplice decisione del senato.
• Questa tesi è osteggiata da Kromayer e Pelham che affermano che Augusto regnasse in virtù di un imperium
maius nelle province senatorie.
• In seguito al senatoconsulto e alla legge sulla divisione delle province il senato gli diede l'appellativo di
Augusto preso in prestito dalla sfera augurale e legato al dominio dell'auctoritas, e designava un individuo che
aveva una felicità e una capacità d'azione eccezionali. Dotato del massimo della forza sacra.
• Lo stesso 16 gennaio del 27 egli potè apporre vicino alla statua e all'altre della vittoria, uno scudo che
enuemrava le sue virtù cardinali: il coraggio nel combattimento e l'energia nella vità pubblica, la clementia
verso i vinti e verso i nemici, la iustitia e la pieats verso popolo e dei.
• Infine gli venne concesso il diritto di commendatio, raccomandare i candidati alle elezioni.
• Negli anni seguenti la situazione rimaneva confusa e anche nella cerchia di Augusto rimanevano delle tensioni.
La crisi scoppiò nel 23 in seguito ad una cospirazione e ad una grave malattia di Augusto, dopo la quale decise
di rinunciare al consolato. In cambio di questo gesto il senato e il popolo gli accordarono a titolo vitalizio la
tribunicia potestas accompagnata dal diritto di convocare il senato e di poter effettuare una relatio ad ogni
seduta. Egli difatto manteneva il potere in quanto promagistrato e non si sarebbe estinto attraversato il
pomerium, anzi sarebeb stato superiore a quello dei governatori provinciali.
• Come detto da Cassio Dione esaiei kathàpan, una volta per tutte, quindi sottratta dalle regole usuali
dell'esercizio dell'imperium proconsolare.
• I poteri di Augusto non crebbero quasi più dopo il 23 e l'imperium proconsolare fu rinnovato nell'8 e nel 3 e 13
d.C. L'ultima funzione importante fu il pontificato massimo nel 12.
• Nel 22 rifiutò la dittatura a seguito di una carestia ed un'epidemia e accettò la cura annoae per organizzare
l'approvigionamento di Roma.
• Nel 19 accettò una cura legum et morum per resturare i costumi politici e solciali e una censoria potestas. La
prima si tradusse nelle leges Iuliae del 18; la seconda gli permise una nuova lectio del senato ridotto a 600
membri . Quindi gli furono accordati i privilegi onorifici dei consoli e fu preceduto ovunque e sempre da 12
littori e in senato sedeva su una sedia curule tra i due consoli.
• Alla sua morte una legge conferì l'imperium proconsolare per cinque anni a Tiberio completato con
l'assunzione della tribunicia potestas per cinque anni nel 6.

-L'investitura del Principe dopo Augusto

• Augusto preparò le modalità della successione che obbediva ad uno scenario formale molto stretto,
indipendentemente dalla parentela, dalla nascita, o dal potere politico
• Due teorie si confrontano sull'investitura del nuovo princeps: per Mommsen il potere imperiale basandosi
sull'imperium proconsolare e sulla potestà tribunizia richiedeva due atti, l'acclamazione impetatoria da parte
delle truppe e del senato e il conferimento della potestà tribunizia dal popolo. Tutto è compreso nella lex de
imperio Vespasiani.
• Kromayer ritiene si che il titolo d'imperator derivasse da un imperium che perdurava anche oltre il pomerium,
ma che tale potere derivasse da un conferimento comiziale come i grandi imperia della declinante repubblica;
questo, oltre che dal regolamento del 27, quello del 23 e dalle disposizioni del 13 d.C per la successione di
Tiberio, sarebbe comprovato dalla laudatio Agrippae, in base alla quale l'imperium maius del collega è
conferito da una legge.
• Forse allora in un primo tempo i soldati acclamano il princeps associato eventualemtne al potere del suo
predecessore, poi il senato approva questa procedura chiamando imperator, colui il quale è stato acclamato
dalle truppe, quindi decide di convocare i comizi e lo fa anche eleggere console membro di tutti i collegia
sacerdotali e pontefice massimo. Questo non avveniva in un'unica forma ma anche in diversi senatoconsulti.
• Quindi uno dei magistrati convoca i comizi che si acccordano su tutti i poteri e una legge investe il princeps
dell'imperium proconsolare, un'altra gli accorda la potestà tribunizia e l'ultima gli conferisce una serie di
prerogative ereditate da Augusto e dai suoi predecessori.
• Tra i decreti del senato e i voti dei comizi si fa passare un certo periodo di tempo pressappoco corrispondente
al trinuntinum 23 giorni.
• Tale processo d'investitura si mantenne tale fino al principio del III secolo.
• Queste tappe ci dimostrano come il principio dell'investitura fosse ben diverso da un sistema monarchico e i
poteri del princeps venivano accordati dal popolo su proposta del senato.
• Le prime violazioni flagranti dell'invesitura sono testimoniate un po' prima del III secolo: già Settimio Severo
si era arrogato il diritto di divinizzare Commodo; Eliogabalo prese e portò i nomi, i titoli e i poteri imperiali
prima di averli ricevuti dal senato, pur facendo attenzione a farseli attribuire successivamente; Massimino il
Trace fece a meno dell'approvazione del senato. Ciò testimonia il cedimento rapido del sistema organizzato
sotto i colpi delle agitazioni di fine II inizio III.
• Ma a queste procedure pubbliche e civili, faceva anticipo una procedura messa punto da Augusto che vedeva
come elemento fondamentale e necessario per l'investitura, una procedura privata: l'adozione che preludeva o
corrispondeva eventualmente al conferimento di magistrature e poteri. Essa durò quasi fino al III secolo e si
evolvè sempre più da una parte verso una sistematizzazione verso i futuri principi, dall'altra verso una
politiczzazzione della parentela.
• L'ultima tappa dell'adozione si raggiunse quando Settimio Severo si legò alla famiglia imperiale con una
filiazione fittizia che ne faceva il fratello di Commodo e il figlio di Marco Aurelio. L'adozione si trasformò
presto in un atto politico.
-I poteri del princeps

• La potenza del princeps si basava tanto su elementi sociali quanto su poteri e privilegi. La base sociologica si
basava su una rete di clientele che tendeva progresivamente a comprendere tutti i cittadini e i pregrini.
• Augusto, divenuto arbitro unico della competizione politica, si assicurò di ottenere le clientele di tutte le altre
famiglie e accrescere tale rete di relazione in pochi anni a tutto l'impero.
• Non bisogna tuttavia sopravvalutare l'importanza di queste relazioni sia perchè non ve n'è traccia nelle fonti ,
ma anche perchè questo patronato universale privava di ogni significato il sneso stretto della clientela. Venne
così organizzata una nuova pratica.
• Si formò una nuova rete intermedia di legami clientelari che s'inscrivevano in qualche modo all'interno del
patronato imperiale dal momento che i nuovi patroni sotenevano la parte mediatrice tra il princeps e i protetti.
• Particolarmente reale invece era il giuramento di fedeltà pro salute honore victoria, derivato dal giuramento
pro salute Caesaris e dal giuramenti del 32 che legava strettamente soldati, magistrati, senatori, cittadini e città
all'imperatore e ai suoi discendenti.
• Nelle province occidentali riprendeva una tradizione antica essendo indirizzato alla famiglia imperiale mentre
in quelle orientali i giuramenti di fedeltà furono riadatti al contesto e al culto imperiale.
• Con il proprio patrimonio personale l'imperatore era un patrono che poteva mantenere personalmente i propri
obblighi ; ai beni già considerevolmente ampi si aggiungevano, con le confische e le guerre di conquista,
immensi domini coronati dagli enormi proventi della provincia d'Egitto.
• Tale patrimonio, per quanto considerato pubblico, permetteva di avere ingenti messi per donazioni di vario
genere, oltre che assicurare approvigionamenti ove la plebe urbana si mostrava pericolosa.
• A tutto questo si aggiungeva l'auctoritas del princeps, fondata sul valore dei suoi avi e sulle sue personali virtù
pubbliche e i successi ottenuti. Il princeps prevaleva su tutti.
• Questo però gli derivava tutto dal popolo e non si dovrebbe pensare che il voto dei comizi fosse puramente una
clausula o un'apparenza, nè bisogna pensare che il princeps fosse un magistrato come tutti gli altri; la sua
potenza di fatto rendeva vano ogni confronto con lui.
• L'imperium proconsolare: implicava il comando dell'esercito; si differenziava da quello repubblicano in quanto
vitalizio; era illimitato, ossia svincolato dal superamento del pomerium e si estendeva a tutte le province
dell'impero anche a quelle senatorie in virtù del principio che nessun potere era superiore ad esso. L'italia e
Roma erano escluse da questo imperium. Tuttavia potendo disporre di truppe per la propria difesa, il princeps
poteva introdurre in Italia e a Roma corpi per la sua personale difesa e per quella dell'urbe. Il potere
proconsolare si manifestava come un potere civile e militare andando dall'arruolamento delle truppe al conio
delle monete. Tutte le operazioni militari si svolgevano sotto gli auspici del princeps e solo lui o i coreggenti
potevano celebrare il trionfo. Il potere coercitivo che egli esercitava gli permetteva di possedere una
giurisdizione civile e penale in prima istanza e, per il suo potere maius, in primo appello; egli tuttavia
giudicava raramente e solo i casi gravi.
• La potestà tribunizia: Non faceva dell'imperatore un tribuno della plebe , erano suoi colleghi solo coloro che
esercitavano come lui l potestà, i coreggenti. Tale potere era vitalizio rinnovato ogni anno il 10 dicembre. Oltre
alla sacrosantità, questa attribuiva al princeps un potere temibile: in virtù del diritto di auxilium essi potevano
reprimere gli abusi e proteggere la plebe. Poteva inoltre convocare il senato e il popolo per proporgli leggi.
• Mentre in italia e nelle province aveva un potere ineguagliato, nella stessa Roma, quando non era console, egli
beneficiava solo dei poteri della potestà tribunizia e di certi aspetti dell'imperium proconsolare, ma era privo di
tutta una serie di poteri civili dei magistrati e di altri che spettavano al popolo e al senato.
• Gli furono dati per ragioni onorifiche o per colmare i suoi vuoti di potere, tutta una serie di privilegi come
quelli che completavano il suo potere a Roma: diritto di convocare il senato senza restrizioni di presiederlo e
trattare con esso e quello di estendere il lomote pomeriale; poteva raccomandare magistrati che avevano la
precedenza su altri durante le elezioni e beneficiava di una clausola detta discrezionale che gli accordava di far
tutto ciò che era nell'interesse della repubblica e dei privati, diritto di emettere costituzioni. Egli godeva inoltre
di tutte le esenzioni legali di cui avessero potuto beneficiare i sui predecessori, soprattutto riguardo le leggi del
diritto privato che stabilivano dei divieti, come quelo sul matrimonio, l'adozione, le eredità e i lasciti, ma anche
il diritto sulle sepolture o le leggi sui brogli elettorali.
• Egli poteva inoltre concludere i trattati, diritto inizialmente del senato. Ancora poteva convocare i comizi
centuriati, possedeva la nominatio dei candidati ai sacerdozi, il diritto d'immagine nei luoghi pubblici, d'effige
sulle monete.
• Possedeva inoltre poteri religiosi: avendo l'imperium proconsolare poteva trarre gli auspici, diritto che essendo
assoluto annulava le contese degli auspici discordi. Egli poteva anche agire religiosamente in nome del popolo
e quindi officiare sacrifici pubblici, pronunciare voti, dedicare offerte e investire il senato di questioni
religiose.
• Tale potere religioso superava quello dei magistrati in qunato vitalizio e il suo primato era completo.

-La rappresentazione del potere imperiale


• Questo potere superiore e permanente di controllo, d'iniziativa e di governo male si conciliava con le tradizione
romane; così Augusto definì empiricamente con l'aiuto dei privilegi, degli onori e con concetti religiosi la
nozione del potere imperiale collocandola a poco a poco tra la monarchia e e il regime repubblicano, tra il
potere di un magistrato e quello di un semidio.
• Cesare da principio si presentava come difensore della tradizione romana e italica e la Roma governata da
Augusto si voleva devota, virtuosa e pacifica.
• Questi propositi furono presi come programma e manifesto dai Cesariani e sviluppati per fondare la superiorità
e l'eccellenza del potere imperiale.
• Da qui tutta una serie di simbologie e rappresentazioni del potere: Augusto ottenne di portare il sotume
trionfale nella vita pubblica, e lo si era autorizzato ad indossare ovunque e sempre la corona di alloro della
vittoria, la toga trionfale bianca ricamata d'oro. Inoltre nella vita pubblica portava la toga pretesta dei
magistrati e sacerdoti e in alcune occasioni il paludamentum che con la spada lo indicava quale detentore
dell'imperium. A ciò si aggiungeva il fatto di essere preceduto sempre da 12 littori, scorta completeata, dagli
Antonini in poi, da portatori di fiaccole e un braciere.
• In senato poteva sedersi sia sulla tribuna dei consoli, su sedia curule, sia fra i tribuni della plebe. Ai giochi era
seduto tra i magistrati su di un seggio d'oro rialzato.
• La sua dimora era contraddistinta da segni che rimandavano alle sue gesta e alle sue qualità: due allori in
ricordo dei trionfi, inquadravano la porta, sormontata da una corona civica di quercia per celebrare al sua
clemenza verso i vinti.
• Tutti questi simboli appartenevano alla tradizione in quanto posseduti ad altri grandi trionfatori prima di
Augusto.
• Sul piano storico Augusto richiamava l'era arcaica e la figura del re fondatore Romolo e fu mobilitato, insieme
a questo, un altro piano ideologico, quello della famiglia e dell'autorità del padre romano. Ad ogni banchetto si
versava una libagione al suo genio, come si faceva per ogni padre di famiglia,
• A questa definizione istituzionale del potere si aggiunse un insieme convergente di rituali e rappresentazioni
che definivano i princeps e le sue azioni in termini religiosi.
• Sin dal periodo triumvirale il giovane Ottaviano riconduceva la propria parentela con la figura del divus Iulio e
dopo Azio, alle spontanee forme di giuramento seguirono anche manifestazioni di culto legate alla sua
ascendenza. Nel 30 furono crati dei giochi quadriennali che celebravano la vittoria di Azio e nel 29 il suo nome
fu inserito in quelli degli inni dei sacerdoti Salii e giorni di ganrde festa furono quelli degli aniversari delle sue
grandi gesta, commemorati con servizi religiosi. Tali feste erano indirizzate agli dei ma associavano alla
gratitudine per l'assistenza divina, l'intervento del princeps.
• Queste caratteristiche sovrumane venivavano sottolineate dalla presenza nella sua casa di piante sacre come
l'alloro apollineo o la quercia gioviana.
• Al temrine di un'evoluzione tricentenaria il potere imperiale poteva a tutti gli effetti essere definito come una
monarchia sotto la penna di Cassio Dione anche se non significa esattamente potere assoluto .

-Il princeps e la res publica

- Isitituzioni tradizionali del popolo romano

• L'invenzione del principato non edev'essere intesa come l'invenzione di nuove istituzioni np come la
restaurazione di istanze intattive.
• I comizi: La vita comiziale continuò anche durante il triumvirato. Sebbene minati dalla possibilità dei triumviri
di designare una parte e persino tutti i candidati i comizi proseguirno. Non sappiamo in che modo
funzionassero durnate l'impero, ma conosciamo relativamente bene il funzionamento dei comizi centuriati che
eleggevano i magistrati dotati di imperium, i consoli e i pretori. La procedura elettorale consisteva nell'estrarre
a sorte nella prima classe la centuria prerogativa, quella che votava per prima, e il cui voto era ritenuto
presagire il risultato finale, poi veniva il turno di tutta la prima classe chiuso dal voto delle 19 centurie equestri.
Dopo questi votavano le altre classi, tenendo presente che le operazioni venivano sospese dipo che si era
raggiunta una maggiornaza di 97 centurie su 193. Continuarono ad esistere acnhe all'alba del III secolo.
• I magistrati: Tutte le magistrature tradizionali furono mantenute come elementi del modello di riferimento che
legavano Roma alla modernità. Le magistrature permettevano anchealle élites esterne di iscriversi in una
continuità storica. Anch'esse continuarono a funzionare fino all'alba della crisi di III secolo. Si dividevano in
due gruppi a seconda che i senatori dipendessero dal popolo o dall'imperatore: nella prima istanza essi erano
scelti in senato per le funzioni del cursus onorum; altrimenti erano direttamente eletti dal princeps.
1. Il vigintivirato: L'accesso alla carriera senatoria fu regolato da Augusto nei primi anni di principato. Per
accedere alla questura bisognava aver ricoperto una carica nel cosiddetto vigintisexvirato. Le magistrature
minori erano elettive, ma nell'impero divennero su nomina imperiale, tuttavia non ne sappiamo nulla, Le 20
cairche comprendevano i triumviri capitali, monetari, i quattuorviri per la manutenzione delle strade e i
decemviri per la risoluzione delle contese. I primi, dopo aver perso la propria importanza a vantaggio dei
prefetti dei vigili, assistevano consoli e pretori nell'eserizio delle funzioni giudiziarie.
2. La questura: comprendeva già responsabilità importanti.Il numero dei questori fu ridotto da augusto a venti. Le
loro competenze riguardavano tanto Roma quanto l'Italia e le province. Essi entravano in funzione il 5
dicembre. Prima tra le loro responabilità era la pavimentazione delle strade di Roma; Claudio sostituì questo
con l'organizzazione dei giochi gladiatori. Essi erano due questori di Augusto, due urbani, quattro dei consoli, e
undici provinciali.
3. L'edilità e il tribunato della plebe: dopo due anni gli ex questori, se non erano patrizi, si presentavano all'edilità
o al tribunato della plebe. I patrizi erano esonerati perchè non potevano in nessun caso essere tribuni. I sei
edili, tre curuli e tre plebei, erano incaricati fino all'11 a.C della gestione degli archivi del popolo depositati
nell'aerarium. Dalla fine della repubblica avevano perduto il potere d'inchiesta penale e sotto il principato
erano incaricati di sorvegliare la vita pubblica della città di Roma, sorvegliare il commercio pubblico, curare il
controllo dei pesi e delle misure, quello delle vendite, l'organizzazione dei processi civili relativi al
commerciomnei mercati, la sorveglianza dei prezzi e delle quantità delle derrate, soprattuto il grano e attendere
all'esecuzione delle decisioni pubbliche riguardanti le consegne delle derrate per conto della repubblica. I
compiti frumentari furono loro tolti da Augusto per essere affidati a prefetti frumenti dandi, prima di essere
assunti dall'imperatore in persona rappresenatato dal prefetto dell'annona. Le loro competenze di polizia furono
assunte dal prefetto della città. Secondo compito era quello di sorvegliare le strade, le piazze e gli edifici
publbici, far in modo che gli abitanti degli alloggi che davano sui luoghi pubblici rispettassero certi obblighi
con l'assistenza di magistrati minori incaricati della manutenzione. I dieci tribuni della plebe sono i magistrati
che perdettero gran parte del loro potere con l'avvento del principato. Con i loro poteri d'intercessione eveto,
oltre che con il diritto di agire dalla parte del popolo e dello stesso senato, erano stati un temibile contropotere
nella repubblica, capaci di bloccare e intralciare seriamente l'azione degli altri magistrati.
4. La pretura: Alcuni giovani senatori lanciati nel cursus honorum era qui che venivano eliminati perchè solo
diciotto dei venti vegintiviri o questori potevano essere eletti a questa carica sempre che avessero raggiunto i
trent'anni. Otto, poi sedici sotto Augusto e infine 18 tr Tito e Nerva. Quelli che possedevano un imperium
avevano competenze giudiziarie per i processi tra i privati ad eccezione dei due paertores che custodivano il
tesoro pubblico fino all'ecopca di Claudio. Le diverse competenze che sopravvissero fino al Iii secolo erano
estratte a sorte ma, in virtù di un privilegio particolare, certi pretori potevano scegliere prima dell'estrazione a
sorte. Essi pubblicavano ogni anno prima del loro ingresso in carica un editto che precisava le regole generali
con le quali avrebbero deliberatoe questi editti divennero le regole fondamentali del diritto privato romano. Il
pretore urbano applicava il diritto nei casi che riguardavano i cittadini; il pretore peregrinus in quelli che
riguardavano affari combinati tra roma e peregrinio tra questi e i cittadini. Tutti continuarono a presiedere le
corti di giustizia specializzate (quaestiones) e ricevettero nuove comeptenze. Praetor hastarius che dirigeva la
corte dei centi uomini che deliberava sulle successioni. , ancora un altro presiedeva la corte che doveva
deliberare le questioni tra il fisco imperiale e i privati.. Accanto a queste, soprattuto il pretore urbano, aveva lo
stesso potere esecutivo dei consioli eseguendone gli ordini o in loro assenza.
5. Ex pretori: indonei ad esercitare l'imperium essi rivestivano altre cariche prima di raggiungere l'antica
amgistratura suprema. Un periofo più o meno lungo separava l'anno della pretura dall'elezione al consolato. Si
approfittava dello statu relativamente libero e della competizione per assegnare incarichi amministrativi e di
comando. Le cariche pretorie si dividevano in due categorie: un certo numero erano attribuite poco dopo la
gestione della pretura, altre solo alla fine della carriera pretoria e portavano generalmente al consolato. Quelle
meno prestigiose concernevano compiti civili e si espletavano nella funzione di legati di qualche proconsole,
altri erano responsabili delle strade in Italia o della distribuzione del grano pubblico. Ancora altri servivano
come curatori di città. Più importante la funzione di assistente di un legato di Augusto propretore che dirigeva
una delle province imperiali. Quella più importante era il comando di una legione.. Se l'ex pretore riceveva uno
degli otto proconsolati di provincia senatoria egli riuniva poteri civili e militari.
6. Il consolato: i più brillanti ex pretori raggiungevano il consolato che fu da Augusto in poi suffeto essendo
quello rodinario riservato ai principi, ai consoli per la seconda terza volta o ai figli di consloari. Il consolato
aveva perso il suo antico primato anche per la moltiplicazione dei consoli suffeti. Dei loro poteri essi
mantennero solo il diritto d'intercessione contro i pretori nei processi civili o contro le pene decise dai tribuni
della plebe e il diritto di ricorrere in appello. La giurisdizione penale fu estesa da augusto, giursidizione che
riservava i casi di senatori e cavlieri. Ritrovarono la capacitò di pronunziare sentenze capitali aRoma e farle
eseguire dai littori sotto la direzione dei loro questori. Conservavano il diritto di agire per conto del popolo e
del senato nei limiti imposti all vita comiziale, e disponevano del tesoro e dei beni pubblici. Fra le cariche
religiose quelle di celebrare i voti pubblici compiuti in nome del popolo.
7. I consolari: il consolato era diventato una magistratura più o meno specializzata che abilitava i senatori a
esrcitare successivamente un imperium più completo così le carriere di alcuni consolari, i più dotati, favoriti
amici del principe continuarono oltre questo gradino. LE funzioni consolari si organizzarono rapidamente
secondo un ordine costante e regolare: curatela degli edifici sacri e dei luoghi pubblici, curatela del letto e delle
rive del Tevere, curatela degli acquedotti; dopo aver ricorperto queste cariche il consolare poteva essere
assegnato ad una provincia imperiale con il titolo di legato di Augusto propretore. Esisteva una gerarchia tra le
province a seconda della tradizione e dell'entità di truppe che si trovavano lì come guarnigione.La prefettura
urbana fu annoverata tra le magistrature fino al III secolo.
8. Personale amministrativo dei magistrati: Ogni magistrato poteva contare su legati quand'era proconsole o su
scribi e apparitori pagati dal tesoro. Egli si faceva aiutare da liberti personali e amici che lo consigliavano nel
corso delle sue udienze all'interno di un consilium. I consoli spesso interrogavano il senato o uno dei quattro
collegi sacerdotaliper esaminare grandi problemi che gli si ponevano. I principali apparitori stabili erano gli
scribi, i littori e i viatores. I primi assistevano la maggior parte dei magistrati e assegnati al tesoro pubblico
erano incaricati di contabilità pubblica dei pubblici archivi. I littori invece erano assegnati ai magistrati dotati
d'imperium, avevano il compito di camminare avanti al magistrato allontanando la folla, facendo rispettare al
precedenza e far rendere gli onori al magistrato, procedevano agli arresti o alle esecuzioni decise dal
magistrato; i viatores erano per quei magistrati privi di imperium. Ogni magistrato aveva poi un banditore e un
vittimario, un aruspice, un pullario e un suonatore di flauto. A tutti questi si aggiungevano degli attendenti
minori per i lavori di cancelleria.
• Da questo elenco si nota che tutti i magistrati avevano perso la loro autonomia, dipendendo più o meno
direttamente dal principe. In un primo tempo esse mantennero la propria libertà d'azione solo nell'esercizio
quotidiano delle loro funzioni ma anche su questo piano vennero progressivamente a trovarsi sotto l'ala del
princeps che li controllava attraverso curatori o prefetti. Quelli che persero maggior potere furono consoli e
tribuni i quali diventarono gli uni magistrati locali dell'Urbe, gli altri dignitari destinati all'eserciziodi
responsabilità elevate. I poteri amministrativi avevano subito una specializzazione ed un accorpamaento.
Tuttavia le mgistrature inferiori, nella misura in cui cessavano di essere strumenti politici, erano utilizzate più
efficacemente di prima.
• Il senato: come le altre grandi istituzioni repubblicane, continuò ad esercitare il proprio ruolo tradizionale. La
sua funzione fu rafforzata in certi campi ma la sua preminenza assoluta era terminata. Ciò non significa che il
princeps governasse da solo ma che egli utilizzava le competenze del senato tanto per calcolo politico quanto
per pragmatismo. Composta da tutti gli exmagistrati e dagli adlecti il senato contava intorno ai 600 membri.
All' assenteismo del senato vi pose rimedio augusto abrogò una norma la quale richiedeva che nessun decreto
del senato potesse essere votato se erano presenti meno di 400 membri; nel 9 fece votare una legge che
regolava le sessioni del senato stabilendo sessioni a date prefissate, quorum e multe per assenteismo. Le
riunioni si facevano alle Calende e alle IDI e in tali giorni non avrebbe potuto tenersi alcuna corta che
richiedesse la presenza dei senatori. Essi si riunivano per lo più nel foro, nella curia Iulia ma poteva riunirsi
anche in qualsiasi spazio inaugurato, templum entro il limite di un miglio.
• Il senato poteva tener seduta e prender decisioni solo se convocato da un magistrato superiore, convocazione
che veniva fatta per iscritto o attraverso un banditore. La seduta cominciava all'alba e dal momento in cui era
arrivato il magistrato convocante e terminava al più tardi al calar della notte ma in certi casi potevano durare
parecchi giorni. Le sedute erano pubbliche e obbedivano ad un certo numero di regole e procedure complicate
codificate in parte dalla Lex Iulia del 9. La seduta cominciava con un sacrificio di incenso e vino offerto alle
divinità tutelari del santuario in cui si riunivano e alla vittoria quando si tenevano nella curia. Il magistrato
convocante aveva preso gli auspici e sacrificato. Se nessuno indirizzava ringraziamenti al principe o al senato e
nessun senatore richiedeva la parola per invitare il magistrato che presiedeva a investire i senatori di un affare
non previsto il magistrato presiedente illustrava al senato le proposte che giudicava necessarie, partendo dagli
affari religiosi.
• Il principe aveva il privilegio della prima proposta, quindi il presidente interrogava i senatori a partire dal più
anziano, subito dopo aver consultato l'imperatore.
• Una volta adottato il senatoconsulto doveva essere redatto da una commissione di sei senatori e depositato nel
tesoro di Saturno, tuttavia persino a questo punto l'opposizione dell'imperatore o di un tribuno della plebe era
ancora possibile.
• Il ruolo del senato, sebbene la procedura non sia praticamente mai cambiata, sembra si sia limitato rapidamente
all'elezione dei magistrati proposti dal princeps, mantenne la responsabilità delle finanze della repubblica.
Mantenne inoltre gran parte della propria competenza diretta riguardo il mantenimento dell'ordine a Roma e in
Italia, almeno fino al I secolo.
• Il tribunale del senato aveva una cattiva reputazione perchè anche se il senato non era necessariamente
sensibile all'indulgenza riguardo gli altri senatori, i querelanti di statuto inferiore non trovavano sempre i mezzi
giusti per perorare le proprie cause.
• Organizzazione della giustizia: I magistrati romani, soprattutto i pretori avevano rapporti stretti con la giustizia,
autorizzavano e supervisionavano i processi, fissavano ed applicavano le pene, ma raramente giudicavano. Sul
piano civile e penale l'iniziativa della querela e il processo erano lasciati alle parti private. Il giudice delle
cause civili era un privato, senatore o cavaliere a meno che il caso non fosse di competenza dei centumviri.
Nelle cause pensali gravi il processo era rinviato dal magistrato ad una delle corti competenti presiedute in
genere da un pretore ma in cui accusa e difesa erano privati.
• Questo sistema rimarrà tale fino a circa il II secolo. Accanto a queste pratiche giuridiche c'era a livello locale in
ogni città dell'impero un sistema particolare ora riproduceva il sistema romano, ora rispondeva a regole
proprie.

- Le religioni
-Principi Generali

• Non si può parlare di religione romana, ma di religioni. Ad eccezione degli ebrei e in seguito dei cristiani, tutti
i cittadini dell'impero erano membri di parecchie religioni e, essendo la vita religiosa comunitaria, queste si
praticavano a tutti i livelli della società. I cittadini partecipavano ai culti locali della loro patria, ai culti
domestici, ai culti dei collegia della propria professione e ad altre forme religiose. Tutte queste manifestazioni
rispondevano però a principi globalmente identici.
• Le religioni erano un fatto sociale e un romano ne osservava i precetti innanzitutto perchè apparteneva ad un
ambiente sociale e non per scelta intellettuale. Agli occhi degli antichi non vi era distinzione tra vita sociale e
religiosa, atto religioso e atto pubblico; ogni comportamento o atto sociale, comprendeva anche un
comportamento o un atto religioso-
• La città era il luogo del sincretismo tra dei e uomini. La religione pubblica non era una religione di Stato ma
concernente le strutture istituzionali della res publica. Questa religione non veniva imposta a nessuno ma
s'imponeva da se a tutti coloro che avevano diritto di cittadinanza e per questi non implicava generalmente una
partecipazione attiva.
• Il culto pubblico veniva tuttavia unicamente celebrato a Roma ed anche qualora si trovassero a Roma i cittadini
non erano forzati a partecipare al culto e questo non soltanto in ragione del loro numero o perchè bisognasse
solo celebrare obbligatoriamente certi rituali prescritti, ma perchè i ruoli attivi spettavano ai magistrati e ai
sacerdoti. Essi regolavano il diritto sacro e partecipavano regolarmente ai banchetti sacrificali. Tutti gli altri
partecipavano ai giochi sacri, compravano la carne per il sacrificio o contemplavano le immagini.
• Le religioni romane erano anche molto ritualistiche, non richiedevano atti di fede esplicita e non
comprendevano iniziazioni o dottrine; l'unica dottrina rimandava ad un calendario liturgico, con rituali
prescritti.
• Contenuto essenziale della maggior parte dei culti tradizionali , il rituale non esauriva l'esperienza religiosa.
Alcuni culti integrati nel pubblico, ufficialmente inseriti a Roma o ben tollerati, comportavano spesso
iniziazioni e una teologia più o meno strutturate, ma anche in questo caso non bisogna opporre radicalmente
queste pratiche al ritualismo tradizionale, essendo le prime spesso circoscritte e limitate ad ambienti sociali
precisi: Mitra all'esercito e ai liberti, ecc.
• Tutte queste religioni si trovavano un po' ovunque nell'impero e i romani potevano praticarle, offrendo al
cittadino un contrappunto al ritualismo tradizionale ortopratico e un accostamento più coinvolgente al divino.
• Le religioni romane erano anche politeistiche e ogni comunità aveva il proprio pantheon; alcune divinità
esercitavano la sovranità sulle altre e nessuna divinità aveva il compito di provvedere a tutto ma ognuna aveva
un ambito ben definito che non poteva essere confuso con altre.

-I culti pubblici

• Sul finire delle guerre civili l'organizzazione del culto di Roma era in pessime condizioni. Alcuni sacerdozi non
venivano occupati da decenni e molti templi erano in cattivo stato. Augusto, divenuto princeps, rimise in
ordine le istituzioni religiose restaurando o ricostruendo con proventi dei bottini i templi danneggiati, facendo
rioccupare i sacerdozi vacanti e definendo il loro status sociale per la maggior parte dei quali era senatorio.
• Queste riforme, fatte gradualmente, culminarono nel 12 con la sua elezione a pontefice massimo e rimasero in
vigore fino al III secolo.
• Le responsabilità sacerdotali vennero affidate a magistrati e a senatori i quali avevano facoltà di esprimersi in
materia religiosa. Almeno fino al I le elezioni dei sacerdoti erano fatte su base comiziale anche se i senatori
operavano una preselezione decisiva.
• I padri di famiglia officiavano ogni anno i parentali assumendo in quel momento la funzione di sacerdoti
pubblici.
• I sacerdotes propriamente detti assicuravano la celebrazione di una parte dei grandi riti pubblici e assistevano i
magistrati nello svolgimento dei loro doveri sacerdotali. La sola funzione strettamente riservata a loro era la
gestione e la produzione del diritto sacro.
• I quattro sacerdozi più importanti avevano questa capacità per tutti i riti comunitari mentre gli altri per il
rispettivo campo rituale.
• Raccolti in collegi i sacerdoti si dividevano in due gruppi chiamati maggiori e minori in ragione di competenze
e dell'elezione comiziale di cui beneficiavano solo i quattro collegi più importanti, quelli minori venivano
reclutati all'antica per semplice cooptazione.
• I collegi più importanti erano nell'ordine gerarchico: pontefici, auguri, quindecemviri e septemviri. Il primo
comprendeva 16 pontefici, un re dei riti sacri, tre flamini maggiori di Giove, Marte e Quirino, tre pontefici
minori e una decina di falmini minori. I 16 auguri, tutti senatori avevano il compito di definire ritualmente gli
spazi qualificati per l'esercizio delle funzioni pubbliche, profane e religiose (templa) e di esercitare il diritto
degli auspici. I 19 quindecemviri dei riti sacri di rango senatorio esercitavano il diritto sacro di tutti i culti
celebrati secondo il rito greco e officiavano alcuni culti celebrati secondo il rito greco, conservavano inoltre i
libri sibillini e li consultavano per ordine del senato alla ricerca di una profezia per risolvere i conflitti con il
cielo. I 10 septemviri di rango senatorio avevano la più alta autorità sui banchetti rituali e sulle processioni in
occasione dei grandi giochi.
• Accanto a questo esistevano sodalizi arcaici come quello dei 20 feciali, incaricati delle relazioni del popolo
romano e dei suoi dei con i popoli stranieri; i 20 sodales Titii di cui non conosciamo la funzione; 12 fratelli
arvali che celebravano il culto di una divinità, Dia, legata al ciclo agrario e alla rappresentazione della
devozione dei signori di Roma; i 20 sodales Augustale e i membri creati in concomitanza con le apoteosi
successive celebravano i culti dei loro imperatori divinizzati; i 12 salii effettuavano processioni legate
all'arcaica stagione della guerra; i 12 luperchi celebravano i Lpercalia di corsa intorno al palatino.
• Le liturgie comprendevano feste regolari iscritte sul calendario ufficiale in cui vi erano celebrazioni legate al
ciclo agrario, al ciclo della guerra, al movimento del mese o dell'anno. Queste liturgie erano accresciute da riti
occasionali, atti di ringraziamento, trionfi, formulazioni e scioglimenti di voti.
• Il centro di questi rituali era il sacrificio che comprendeva numerose varianti a seconda del dio interessato, del
rito (greco, romano o etrusco), secondo la circostanza e il tipo di offerta.
• Una delle grandi trasformazioni del dispositivo rituale nel principato consisteva nella neutralizzazione del
sistema auspicale grazie all'imperium proconsolare di cui godeva il princeps che non era secondo agli auspici
di alcun altro magistrato, almeno all'esterno di roma.
• Egli fu posto su un piano di parità con tutti gli altri sacerdoti e al di sopra di essi. Egli poteva nominare i
candidati alle elezioni sacerdotali e oltre il loro numero legittimo e divenne pontefice massimo.
• Ma elemento più caratteristico della religione pubblica del principato fu la divinizzazione di alcuni imperatori
e il culto reso loro. L'imperatore vivente non riceveva mai un culto, si sacrificava al suo geniomo al suo
numen, in quanto potenza creatrice. Il princeps non era né uomo né dio, il suo status si avvicinava a quello di
un santo cristiano.
• Nei paesi latini un culto reale si rivolgeva ai divi e alle loro mogli defunte mentre in terra greca questa forma
era rara. Essi venivano invocati nelle celebrazioni sacre anche se dopo gli dei.
• Il culto imperiale non era esclusivamente un ritualismo sociale e politico in quanto ad esso non so possono
applicare gli stessi concetti che applicheremmo ai moderi culti.
• Nelle città colonie o municipi abbiamo una forma in miniatura del culto di Roma cui si aggiungono culti locali.
Le città peregrine incece godevano di una maggior autonomia religiosa e avevano propri dei, propri sacerdoti e
proprie tradizioni. La presenza dei romani in queste città aveva due risvolti religiosi: il politeismo che
circondava necessariamente l'amministrazione romana portava a scontri in contesti monoteisti; nelle altre città
oltre allo sviluppo di un culti imperiale la presenza romana causava problemi relativi allo statuto dei santuari e
dei cimiteri. Inoltre vi era la creazione in gran parte spontanea di culti che riunivano ogni anno tutte le città in
una data provincia ai divi o ai principi regnanti, amministrato dai flamini e dai sacerdoti di Roma e Augusto
inviati da ogni città.
• Politeistico e non dottrinale il sistema religioso romano era tollerante verso le forme di pratiche religiose
provate.

-L'Esercito

• Abbondanza e varietà di fonti di storici, tecnici, giuristi. Inoltre nell'ambiente militare era diffusa la pratica di
far incidere iscrizioni tanto ufficiali quanto private.
• L'esercito aveva un ruolo fondamentale ed era composto da corpi diversificati per organizzazione,
reclutamento e paga.
• Augusto costituì un esercito permanente costituito da cittadini e peregrini.
• Legioni: composte esclusivamente da cittadini romani. Riportato progressivamente da 60 a 18 legioni fu
incrementato a 25 alla morte di Augusto. Otto scomparvero dal 69, sciolte dopo sedizioni o grandi disfatte e
16 vennero create per soppiantare tali perdite.
• La legione era composta da 10 coorti di fanti la prima delle quali era due olte più importante delle altre e da
una di 120 cavalieri. L'effettivo globale sarebbe di circa 137-150000 uomini. In tempo di pace incomplete
• Sotto la repubblica l'esercito romano contava una minoranza di cittadini e la riorganizzazione augustea
mantenne il doppio reclutamento con unità sussidiarie che venivano pagate di meno. Esse fornivano la fanteria
leggera e la cavallerie oltre ad alcune truppe specializzate come gli arceri. Le unità contavano circa 500 uomini
ma alcune più importanti, le coorti miliari associavano fanti, cavalieri e ali. Ciascuna unità ausiliaria aveva un
nome specifico che faceva riferimento al popolo da cui proveniva e all'imperatore che l'aveva costituita.
• La marina: dopo Azio Augusto collocò le sue due flotte più importanti a Miseno e a Ravenna , furono poi
create flotte secondarie nel mediterraneo orientale, sul mar nero, sulla manica, sul reno e sul danubio. Era un
corpo abbastanza screditato a causa dello status inferiore delle sue truppe.
• Le truppe di stanza a Roma erano molto disparate riguardo a reclutamento, ruolo e prestigio, la loro
consistenza numerica variò molto e sis tabilizzò a 10000 intorno al II secolo d.C. Settimio Severo raddoppiò il
numero con una legione di stanza ad Albano.
• Le coorti pretorie, inizialmente nove, erano innanzitutto la guardia del principe ma fornivano anche un
serbatoio per i quadri. A questi si aggiungevano varie guardie imperiali: cavalieri batavi o germani, esploratori,
equites singulares, corpi incaricati della polizia segreta e della gendarmeria militare. Le coorti urbane erano
responsabili della polizia e se ne contavano 3 da 500 uomini; i vigili con sette coorti, di origine sociale
modesta fungevano da guardie notturne e vigili del fuoco.
• I diversi corpi di truppe erano destinati ad un settore determinato e la parte principale dell'organico stazionava
in un accampamento. Da qui se ne distaccavano gruppi portanti il vexillum del corpo che venivano usati
all'abbisogna per missioni particolari o per lavori come costruzioni di strade e monumenti, senza indebolire
l'area a cui erano assegnati.
• L'organico era costituito da due categorie molto diverse la prima degli ufficiali superiori i cu posti erano
riservati ai senatori e ai cavalieri, la seconda subalterni erano riservati ai militari di carriera.
• Gli ufficiali superiori erano senatori, magistrati o ex magistrati. In epoca imperiale il legato che governava la
provincia era anche a capo dell'esercito. A trent'anni compiuti i legati avevano percorso il cursus fino alla
pretura e ricopriva tale incarico per due o tre anni. Un senatore di norma non esercitava più di un comando di
legione ma poteva assumerlo nuovamente come governatore.
• I legati erano assistiti da sei tribuni di cui uno, il laticlavio era un futuro senatore di circa vent'anni . Gli altri
erano cavalieri più anziani ma di esperienza militare diversa. L'ordine equestre forniva anche capi delle truppe
ausiliarie.
• Le coorti erano comandate da un prefetto così come le ali, ma le coorti miliari e quelle dei cittadini romani
erano comandate da un tribuno.
• Da Vespasiano in poi la gerarchia divenne stabile: prefetture di coorte, tribunato di legione o coorte, prefettura
d'ala.
• L'esercito d'Egitto ebbe sempre uno statuto particolare e le legioni erano dirette da membri equestri.
• Gli ufficiali subalterni formavano il vero organico i centurioni comandavano centurie da 80-90 fanti ei
cavalieri legionari. I decurioni le torme da 30-40 cavalieri. Ogni legione aveva circa 60 centurioni tra questi
l'élites era rappresentata dai centurioni prima di prima fila, dai primpili e da un prefetto d'accampamento. La
carriera da centurioni era lunga e durava intorno ai vent'anno con spostamenti ogni 3-4 anni. Le promozioni
dipendevano più dal rango d'ingresso nell'esercito che dall'anzianità.
• I soldati arruolati tra i 18 e i 20 anni erano in servizio, a seconda delle unità in venti poi venticinque anni. Non
tutti partivano dallo stesso punto e alcuni partivano tra gli esonerati già subito dopo l'addestramento. Non
esistevano tabelle di promozione predefinita e tutto dipendeva dagli atti di eroismo e dalle raccomandazioni.
• L'esercito romano non fu mai una forza d'occupazione che controllasse settore per settore l'Impero. Tuttavia si
poneva il problema della pace interna soprattutto fino ai Flavi. Tacito ci dice che gran parte delle forze erano
sul confine renano e danubiano, ma anche in zone pacificate come la Spagna. Sappiamo che in questi casi le
truppe si trovano in tali luoghi per particolari ragioni di insurrezioni in province poco tranquille o di recente
pacificazione. Le province inermes non erano completamente sguarnite, così come le province senatorie , una
coorte di stanza in Asia, un'altra in Macedonia, una coorte urbana a Cartagine insieme ad un distaccamento
della III legione Augusta.

-L'influenza romana sull'impero

-L'occupazione dell'impero

• Portando l'estensione dell'impero a quelli che al tempo erano i confini più estremi, Augusto si concentrò sulla
stabilizzazione del dominio romano in modo da sfruttare più razionalmente i territori dominati e questo venne
fatto attraverso tutta una serie di censimenti, esplorazioni e viaggi, elaborazione di carte geografiche e ricerche,
oltre che operazioni di accatastamento.
• Censimenti: erano compiuti con intenti diversi; essi permettevano di organizzare le città non soltanto
attraverso l'inventariazione delle ricchezze, ma anche grazie alla classificazione dei cittadini ripartendone
diritti e doveri.
• Da ciò derivava che la censura era la magistratura più prestigiosa a Roma e nei municipia romani.
• La registrazione dei vinti dava anche un'idea del trionfo di Roma sugli avversari e regolava i loro tributi.
• Tali operazioni però presuppongono tutto un sistema amministrativo, operazioni lunghe, tenuta di archivi tanto
localmente quanto nei capoluoghi, oltre che a Roma.
• I censimenti generali dei cittadini, realizzati ogni 5 anni, si erano interrotti con le lotte della guerra civile. La
loro macchinosità spiega come mai non siano stati ripresi sino a Claudio, censore tra il 47-48 e poi con
Vespasiano e Tito, censori tra il73-74. Da Domiziano in poi tutti gli imperatori furono censori a vita e non
fecero più censimenti generali. Solo certe riorganizzazioni giustificarono censimenti particolari.
• Dalla fine della repubblica spettò ai magistrati locali trsmettere i risultati dei censimenti a Roma.
• Censimenti provinciali: Il tributum capitis e il tributum soli presupponevano una conoscenza statistica dei
territori occupati. A seguito dell'occupazione si eseguiva un censimento il più famoso rimane quello della
Palestina nel 6-7. Sotto Augusto in Egitto si fecereo 14 censimenti fino al 257-258. D'altronde non erano così
necessari se le cittàà svolgevano regolarmente quelli quinquennali. Le operazioni erano dirette dal governatore
provinciale aiutato dai cavalieri mentre per le tre Gallie, ogni provincia veniva affidata ad un censore consolare
superiore al governatore del pretorio.
• Delimitazioni e suddivisione a scacchiera del mondo: Il censimento delle ricchezze esigeva che i diritti delle
persone o delle comunità sui terreni fosse indiscutibile. Anche se i terreni provinciali erano proprietà del
popolo romano o dell'imperatore, Roma non spossessava giuridicamente i proprietari amnochè non fossero
minacciati i propri interessi.
• Quindi era opportuno delimitare con precisione territori della collettività e beni delle persone anzittutto nelle
regioni in cui le popolazioni erano mal sistemate o i cui diritti non erano precisati. In tutte le province tali
divisioni venivano fatte in nome dell'imperatore il quale affidava l'incatico ad un goverantore o ad un giudice
responsabile.
• Furono assegnate frontiere precise a determinate comunità magari poco evolute e le delimitazioni potevano
anche andare di pari passo con assegnazione di nuovi territori a comunità assoggettate, alcune venivano
assegnate su richiesta , altre deportate magari in zone impopolate con l'abbligo di dare tributi e ausilii militari.
• Gli accatastamenti: La fondazione di una colonia non si limitava solo all'impianto di una nuova comunità ma
implicava la restrutturazione completa del territorio conquistato. A partire da due assi fodamentali il territorio
veniva parcellizzato ortogonalmente che sotto l'impero era fondata sulla centuria (706x 710 m di lato),
operazioni affidate a geometri agrimensori che nelle province erano ceneralmente militari.
• I paesaggi costruiti in questo modo si adattavano tuttavia alle condizioni locali e, soprattutto la ricerca recente
ha messo in luce tutta una serie di soluzioni originali e specifiche adottate dai romani a seconda dei problemi
che si trovavano ad affrontare. Inoltre, contrariamente a quanto si pensa, solo le zone destinate alla
colonzzazione erano soffette alle pratiche di accatastamento.
• Tra le vaire acquisizioni cui erano destinati i territori di Roma, una parte spettava all'imperatore, personalmente
a capo di proprietà immense: campi, miniere, saline, cave, fornaci per mattoni ma, ad eccezione dell'Egitto, è
difficile tracciarne un quadro per la mancanza di documentazione. Dopo la morte di Nerone queste proprietà,
facenti capo al patrimonio imperiale, divennero in parte pubbliche. Antonino Pio fece una distinzione tra beni
imperiali e beni ch conservavano il carattere di res privata.

-L'amministrazione delle province

• Le province senatorie: Raccoglievano essenzialemente le zone ricche e civilizzate dell'impero; la divisione tra
province imperiali e senatoriali ebbe fluttuazioni fino al I secolo d.C. A partire dai Flavi si stabilizzò. Le
province erano governate da senatori promagistrari proconsoli che restavano in carica per un anno. Quelli di
Asia e Africa avevano rivestito il consolato per un minimo di 12 fino a 15 anni mentre gli altri erano solo di
rango pretorio e normalmente avevano gestito la pretura per 5 anni.
• Le province imperiali: regioni in origine non del tutto pacificate, povere o afflitte dalle guerre a parte frange
come la Spagna Tarrconense mediterrnaea o la Siria. In seguito allo sviluppo economico gran parte di esse
colmò il proprio deficit senza però cambiare statuto. I governatori erano senatori di rango pretorio detti legati
di Augusto propretori.
• Le province equestri: Augusto lasciò fuori dall'impero come proprietà personale amministrata da cavalieri il
regno d'Egitto. Anche lo statuto dell'antico regno norico doveva essere molto simile. Prefetti equestri erano
incaricti delle zone militari come i distretti alpini. Il regno di palestina inizalmente era affidato ad un cavaliere
ma dipendeva dal legato di Siria. Stessa cosa si ritrova più tardi in Dacia quando viene divisa in tre province da
Adriano al principio del regno di Marco Aurelio. I governatori equstri portavano il titolo di prefetto o
procuratore, il primo con connotazione militare e il secondo indicante il legame personale tra il funzionario e il
princeps. I due titoli potevano essere associati come nel caso della Sardegna. Fin dal secondo secolo certi
goverantori di qualsiasi ordine erano detti presides.
• Limiti e creazione delle province: Le province corrispondevano raramente ad unità etnico-culturali o storiche
ma in oriente regioni storiche più piccole potevano conservare la propria coesione all'interno di una provincia
che era eventualmente formata da due distretti: Bitinia e Ponto, Creta e Cirenaica, Licia e Panfilia. In
occidente le frontiere risultavano molto più artificiali soprattutto perchè mancavano stati omogenei e perchè il
potere romano aveva cercato di spezzare le antiche solidarietà.
• Le frontiere interne disegnata da Augusto si rivelarono spesso stabili in particolare quelle delle province
senatorie e i confini romasero stabili con pochissime modificazioni fino alla fine del II secolo circa. Le
modifiche più importanti si riscontrano nelle province meno civilizzate e in Anatolia.

-Gli stati vasalli

• L'impero non si limitava alle province ma le guarnigioni potevano anche essere di stanza all'estero e nell'età
repubblicana la provincializzazione era solo una delle forme dell'egemonia. Si ritrovano perciò nell'impero,
stati clienti che nell'ottica romana erano satelliti dotati di un'autonomia interna e su cui l'influenza romana si
esercitava secondo regioni ed epoche in molti modi a seconda dei rapporti di forza, delle intenzioni degli
imperatori ma anche in virtù della natura degli stati in questione.
• Ai lati della molteplicità di tipi troviamo il regno di Armenia, ove la presenza romana era solo nominale e i
principati parti integranti delle province, come la Siria la cui autonomia era confondibile con quella delle città
favorite.
• Il solo punto in comune era l'indubbia supremazia di Roma che escludeva parità e reciprocità.
• Il controllo indiretto fu soprattutto usato in oriente soprattutto alla fine della repubblica sugli stati ellenizzati.
Successivamente con l'impero i clienti erano per lo più territori/federazioni arretrati socialmente e
politicamente.
• I sovrani di questi stati erano pedine su una scacchiera in cui roma fissava le regole. I loro domini erano
considerati mandatari del popolo romano e il loro potere molto precario e la trasmissione del potere agli eredi
non era mai garantita. Ogni politica estera era loro negata e tutte le reti di solidarietà erano avallate o suggerite
da Roma.
• Anche il loro campo d'azione all'interno era limitato e il re poteva essere convocato a Roma per render conto
ed essere giudicato. Essi inoltre pagavano tributi e fornivano sostegno militare a Roma controllando ampie
zone di frontiera e allegerendo il peso militare Romano.
• I dinasti autoctoni avevano maggior capacità di gestire le proprie popolazioni che magari erano estranei al
mondo graco-romano ma essi, per una pacificazione duratura, dovevano procedere alla civilizzazione dei
propri territori e al tampo essa coincideva con l'urbanizzazione. Essi fondarono città e le abbellirono
costruendo monumenti dal gusto ellenistico. Alcuni inoltre erano spiccati intellettuali e la loro affermazione e
successo politico potrebbe spiegare l'assorbimento dei loro stati ormai sufficientemente civilizzati.
• La politica poi dei diversi imperatori, che può essere in parte spiegata dalle loro simpatie ed inimicizie,
influenzarono grandemente questi stati.
• Per gli stati e le federazioni di popoli al di là del reno i romani praticarono una politica che, anche a causa della
lacunosa documentazione, risulta molto ambigua. Essi si sforzarono di metterli uno contro l'altro e tenerli
divisi attraverso sussidi e foederazioni di popoli.

-Statuti di persone e comunità

-Cittadinanze

• Cittadinanza locale: Lo statuto degli abitanti dell'impero era diverso a seconda della città di cui facevano parte.
La cittadinanza locale era ottenuta secondo le regole del diritto della città: in quella di diritto romano i liberti
acquisivano l'origine del proprio patrono. La cittadinanza era trasmessa dal padre e non era legata alla
residenza e ciò causava situazioni complesse. Un cittadino straniero poteva essere semplicemente proprietario,
residente di fatto, o avere la condizione privilegiata di residente incola, ognuna delle quali comportava diritti e
obblighi differenti.
• Gli incolae potevano avere alcune responsabilità nella loro sede di residenza e votare nelle assemblee popolari
ma come regola generale al vita civica era riservata ai cittadini.
• Solo l'imperatore poteva modificare lo statuto originale e trasferire qualcuno da una città all'altra ma le città
potevano accordare la cittadinanza che si aggiungeva a quella di origine.
• Solo il romano godeva del pieno diritto giuridico.
• Onomastica del cittadino: il nome dei peregrini rifletteva i costumi locali. Normalmente era unico ed
eventualmente seguito dal nome del padre e talvolta da quello del nonno, come in Africa. I tria nomina dei
romani erano riservati e indicavano subito lo status di cittadino romano. Al prenome e al nome gentilizio si
aggiungeva un soprannome detto cognomen. Quando la cittadinanza era assunta a titolo personale si assumeva
il nome gentilizio del protettore che aveva ottenuta la naturalizzazione o il nome dell'imperatore che li aveva
favoriti.
• Alla fine della Repubblica tutti gli italici liberi erano diventati cittadini romani. Il problema si pose quando la
cittadinanza fu concessa a tutti i provinciali membri di città peregrine. La tavola di Banasa ci ha dimostrato
come si concedesse la cittadinanza salvo il diritto di tribù senza diminuzione delle imposte e dei canoni dovuti
al popolo romano e al fisco imperiale.
• Il cittadino romano godeva dello ius honorum almeno fino a Claudio e la possibilità di essere, in campo penale,
giudicati davanti al tribunale imperiale. Più che per privilegi aleatori, il godimento del diritto privato romano
giustificava la volontà di ottenere la cittadinanza. Il conubium richiedeva che ambo le parti fossero romane
perhcè i figli acquisissero la cittadinanza.
• La cittadinanza era poi uno status che faceva assurgere chi la otteneva al rango del popolo dominatore
dell'ecumene e conferiva un brevetto di civiltà.
• L'integrazione degli stranieri avvenne anche sotto l'impero con diverse modalità: i figli di un matrimonio
legittimo romano i cui genitori fossero cittadini o il padre godesse del conubium, nascevano cittadini; una
cittadina trasmetteva il proprio status a figli di padre ignoto mentre il figlio nato da un matrimoni legittimo con
un latino o un peregrinus seguiva lo statuto del padre. Adriano aggiunse che i figli di una cittadina e un latino
erano cittadini. Un romano che affrancava uno schiavo ne faceva un memebro della famiglia e quindi cittadino.
Il servizio militare e l'amministrazione di una città di diritto latino assicuravano la cittadinanza. Da Claudio gli
ausiliari peregrini e latini dopo un lungo servizio ottenevano la cittadinanza.
• I civli memebri di una comunità peregrina potevano ottenere la cittadinanza solo a titolo personale. Vi ernao
poi i casi di cittadinanza usurpata.

-La politica imperiale

• La fine della repubblica e Augusto: gli storici sono divisi sullo spirito della politica condotta da Cesare e dal
suo successore perchè spesso è difficile distinguere ciò che si deve a ciascuno dei due: una Iulia potrebbe
essere stata creata a da l'uno o dall'altro. Il primo avrebbe voluto una integrazione rapida con gli Italici, il
secondo avrebbe bloccato questo processo e sostenuto la dominazione romano-italica.
• Tiberio condusse una politica senza slanci e continuò la politica delle concessioni perpetue di Augusto in
maniera selettiva.
• Claudio crea una rottura con la politica imperiale che ormai apriva la strada alle integrazioni delle élites
provinciali. I suoi provvedimenti tesero a moltiplicare le strutture civiche, municpali e coloniali e diffiondere la
cittadinanza senza per questo banalizzarla. Il suo merito piùimportante due quello di organizzare secondo il
modello romano zone di recente integrazione come il Norico e la Mauretania oltre che la Britannia con
fondazione di colonie attraverso cui egli voleva favorire l'acculturazione e l'assimilazione.
• Nerone è una cesura voluta soprattutto dai suoi consiglieri all'inizio del suo regno. Alcune popoli alpini gli
devono la cittadinanza ma la sua politica è molto tradizionale.
• Vespasiano rinnovò la politica di Claudio e tutta la dinastia flavia dal 69 al 117 si mostra caratterizzata da una
politica omogenea. Questo periodo vide tra gli ultimi insediamenti di veterani e parallelamente alla
colonizzazione essi si mostrarono interessti nel promuovere le comunità locali: collettività di statuto inferiore
furono organizzate in cittadinanze, fondazione di nuove città in Anatolia e Palestina; Vespasiano concesse il
diritto latino a tutta la Spagna. In Africa il più liberale fu Traiano.
• I provvedimenti di Adriano rivelano la volontà di rilanciare e accrescere il numero delle promozioni collettive
senza che però vi sia una rottura con la politica di Claudio. Ultime fondazioni di colonie di popolamento: Aelia
Capitolina, Mursa in Pannonia. Da questo momentoin poi le colonie saranno antiche comunità promosse. Sotto
Adriano 14 municipia Aelia in Africa e otto in Pannonia, altri in Rezia, nel Norico, nella Mesia Superiore, in
Dacia.
• Il regno di Antonino segna ua pausa. Marco Aureli aabbandonò questo conservatorismo pusillanime e, con
Commodo tornò alla politica Adrianea.
• La Costituzione Antoniniana del 212 attribuì la cittadinanza a tutti i cittadini e, gli imperatori africani e siriani
ridussero numerose ineguaglianze istituzionali politica che man mano fu seguita dino a Gallieno, una politica
di promizione delle collettività.
• In occidente queste promozioni riguardavano soprattutto l'Africa e la Dacia come gli statuti coloniali si
Aquincum e Carnutum, lo ius Italicum a Leptis Magna. La rottura più netta fu in oriente in Egitto le metropoli
dei nomi ricevettero istituzioni quasi poliadi e Alessandria riebbe la sua Boulè. InGiudea Severo e d Eliogabalo
crearono comunità cittadine in zone rimaste fino ad allora sotto amministrazione diretta e promossero
generosamente le grandi città della Siria e della Mesopotamia recentemente annesse.
• La storiografia si esprime per lo più negativamente su quest'opera denunciandone il carattere artificioso senza
effetti reali ed enfatizzandone gli aspetti livellatori. Sebbene la promozione non privasse dalla pressione fiscale
, i diversi privilegi che ne derivavano influivano nel bilancio dell'impero e tuttavia l'idea di un livellamento va
respinta perchè le promozioni erano sempre rivolte in senso onorifico ad una minoranza.. Tuttavia il
cambiamento di statuto fu sicuramente innanzitutto voluto dalle città come confermato dalla stagnazione
giuridica di città anatoliche d'impronta ellenistica ove la salvaguardia del passato ellenico era inconciliabile
con lo statuto e le istituzioni della comunità romana.
• La costituzione riguardava le persone non le città ed concedeva una cittadinanza ormai svalutata e già
posseduta da parecchi individui e comunque gli esclusi rianevano in gran numero infatti perchè gli humiliorres
accedessero alla cittadinanza, occorreva che la città fosse colonia e l'unico modo all'infuori di questo era il
servizio militare.
• La costituzione si rivolgeva a tutti i cittadini stranieri esclusi i deditizi: i peregrini deditizi erano i popoli
sconfitti che si erano arresi a discrezione e ai quali era stata rifiutata la sopravvivenza di ogni loro istituzione, il
loro statuto era il più basso possibile.
• L'intento di Caracalla era quelllo di estendere a tutti il pagamento della tassa sull'eredità dovuta dai soli
cittadini e il cui valore era stato raddoppiato

-La Società
-La popolazione dell'impero

• L'insufficente documentazione impedisce ogni certezza sulle popolazioni dell'impero; le fonti più precise si
prestano a coclusioni contraddittorie. L'autorità romana disponeva di informazioni in cifre ma queste
conducono sempre a discussioni.
• Riguardo la sperzanza di vita l'utilizzo bruto delle iscrizioni funerarie fornisce dati irrealisticie il rinnovo
generazionale non avrebbe potuto essere assicurato se le famiglie fossero state così poco feconde come
lasciano intendere gli epitaffi. La durata media di vita di 30 anni, data dal giurista Ulpiano, trascurava la
mortalità infantile , e questo comportava un alto tasso di fecondità con matrimoni precoci e celibato poco
diffuso.
• La struttura della faiglia variava molto in base alla clase sociale d'appartenenza. Ci sfugge il comportamento
della parte essenale della popolazione ma si può ammettere che per glia bitanti liberi, in particolare nelle zone
rurali, la norma fosse una copoa che produceva tuanti figli quanto la fecondità della donna permetteva.
• Per gli ambienti romano-italici si conosce il comportamento delle élites che secondo la mentalità romana
esaltava le famiglie numerose e la continuità familiare ma il nome prevaleva sul sangue. La famiglia riuniva
schiavi e liberti così come tutti i discendenti in linea maschile di un ascendente vivente.
• Il modello familiare romano non era quello largamente usato; gran parte della popolazione contraeva legami
illegittimi o comunque precari. Il diritto romano stabiliva l'età minima per il matrimonio a 12 anni per le
ragazze e 14 per i ragazzi
• La società romana era dicotomica e divisa in honestiores e humiliores. I primi detengono onorabilità, prestigio
ed influenza conferiti loro dalla buona reputazione dall'esercizio di occupazioni onorevoli; Il rango dipende
dalla propria nascita e dal patrimonio: il padre trasmette la propria dignitas ai figli. L'esercizio di certe
profesioni, reati o delittio cattivi costumi fanno perdere fama.
• Gli humiliores lo sono per nascita, attività, carattere e sono inadatti alle responsabilità e la lorocondizione
leggittima è la dipendenza.
• I ceti dirigenti si dividevano in ordini: L'ordine senatorio era composto da 600 senatori propriamente detti,
dalle mogli e dai loro discendenti per tre generazioni, al massimo alcune migliaia di persone e l'integrazione di
una nuova famiglia dipendeva solo dall'imperatore.
• L'ordine equestre era subordinato a quello senatorio d la sua struttura era diversa . Il cittadino romano che
fosse di nascita libera e possedesse almeno 400000 sesterziaveva diritto di portare l'anello d'oro dei cavalieri e
sedersi in teatro nelle 14 file previste dalla legge giulia theatralis, ma l'ingresso nell'ordine dipendeva solo
dalla volontà imperiale. L'ordine riuniva solo gli uomini
• I decurioni non formavano un ordine omogeneo propriamente detto.
• La struttura del ceto dirigente dell'Impero non può essere analizzata con un unico criterio di differenziazione
sia esso giuridico, di prestigio, delle funzioni, della ricchezza. All'interno di uno stesso ordine infatti un
individuo poteva avere un'eterogeneità di queste caratteristiche.
• Li si può ripartire in due livelli: in cima un'arisotcrazia numericamente inferiore che, alla fine della repubblica,
meritavano il nome di domi nobiles e che in seguito furono definiti primi. Essi, se non monopolizzavano tutte
le funzioni, erano i veri dirigenti delle cittadinanze e si accaparravano i posti di alto prestigio sul piano locale o
provinciale. Al di sotto si trovavano gli altri buoni cittadini decurioni, vetereani, membri delle professioni
liberali, a questo gruppo possono essere uniti dei plebei grossi commercianti e trasportatori ed alcuni ricchi
liberti facenti parte degli augustales, personaggi che svolgevano mansioni importanti sebbene privi di dignitas.
• Alla testa di tutti vi era l'aristocrazia senatoria di cui tuttavia non possiamo tracciare delle differenze nette.
• Dopo la fine della repubblica, incapaci di assicurare direttamente il controllo politico e militare sui propri
domini, i romani portarono avanti una politica d'incentivazione delle élites locali a garanzia di stabilità. Gli
imperatori fecero questo anche in nome della Concordia che si sentivano in diritto di far regnare.
• L'eterogeneità dello strato dirigente si rifletteva sulla diversità delle carriere che ci è difficile ricostruire anche
per via della parzialità delle fonti. La carriere sicuramente dipendeva dalla ricchezza e dall'ambizione dei
notabili ma nelle cittadinanze di tipo romano erano nettamente gerarchizzate e implicavano un cursus
determinato.
• Augusto aveva fissato a 25 anni il minimo di età per diventare magistrati e consiglieri, tuttavia si riscontrano
decurioni e magistrati più giovani in tutte le ere: nomine illegali giustificate dalla penuria di canditdati e
elezioni di figli di grandi notabili o liberti.
• Ma riguardo la direzione dell'impero, che non comprendeva più di 600 memebri, quali erano i criteri di scelta?
Non sappiamo molto a riguardo ma sicuramente le qualità morali e un'esperienza in generale da buon
cittadinosrebbero stati gli unici requisiti. Le nomine inoltre sarebbero dipese dal peso dei suffraganti e dal
favore imperiale.

--Il sistema schiavistico


• Di difficile comprensione è il tema del sistema schiavistico sul ancor oggi vige un'accesa discussione. Gli
schiavi erano presenti in tutti i settori della vite economica e poche attività erano specificamente servili. Gli
schiavi fornivano l'essenzale mano d'opera nelle grandi aziende agricole la cui organizzazione tendeva alla
razionalità. In questi luoghi le condizioni di vita erano le più diverse: i braccianti agricoli in certe proprietà
toscane lavoravano incatenati, mentre i pastori godevano di più autonomia. Altri ancora venivano affittati a
piccoli artigiani.
• Tuttavia anche le forme schiavistiche più compiute come la villa rurale, utilizzavano salariati liberi ma questi
ultimi rappresentavano una mano d'opera di completamento durante i grandi lavori, reclutata tra i piccoli
coltivatori dei dintorni, tra gli abitanti delle città vicine o gli immigrati stagionali. Considerando tutto l'impero,
questa tipologia non può essere considerata un una soluzuione di ricambio generalizzata.
• Lo sviluppo del colonato è stato a lungo considerato come una conseguenza della crisi del sistema schiavistico
in Italia anche legato ad un cambiamento nelle produzioni. La presenza del colonato in Africa spiegherebbe il
dinamismo dell' agricoltura. Il termine comprendeva i lavoratori agricoli in genere ed in particolare i fittavoli,
ch epagavano una rendita parziaria in natura e dovevano delle corvè. In Italia le fonti ci dicono che esistevano
condizioni varie: Se non vi era una gestione diretta della terra un proprietario poteva sfruttarne una parte ed
affittarne il resto o appaltare una proprietà sia in blocco sia spezzettata in piccole dipendenze.
• I coloni locatari potevano essere sia piccoli imprenditori familiari liberi, sia ricchi personaggi conductores che
sfruttavano la terra per mezzo di schiavi o la subaffittavano a piccoli agricoltori.
• I generi di rendite erano mlto diversi e la partecipazione dei proprietari all'impresa variava considerevolmente:
alcuni erano possidenti puri, altri fornivano schiavi, animali, attrezzi e sorvegliavano da vicino il lavoro dei
coloni.
• Accanto a queste forme abbiamo anche gli insolvibili ed i legati che offrivano la propria forza lavorativa per
rimborsare pendenti o prestiti.

-L'attività economica

• La maggior parte della produzione agricola era destinata all'autosufficienza o veniva consumata dalle città nei
dintorni. Le richieste di prodotti manufatti invece erano in genrale soddisfatte dall'artigianato locale e
regionale. La debolezza del potere d'acquisto della maggior parte della popolazione, limitava gli scambi.
• Una parte dei prodotti redistribuiti proveniva dai beni imperiali e dalle imposte.
• Roma e l'esercito erano i più grandi consumatori ma non si devono dimenticare le grandi metropoli, soprattutto
in Oriente; oltre a questo vanno considerati tutti gli elementi necessari al vivere civile ed all'affermazione
sociale.
• Il regime alimentare dei buoni cittadini doveva essere mediterraneo e comprendeva quindi la triade grano, olio
e vino, anche nelle zone non produttrici.
• I limiti delle fonti ci impediscono di avere un'immagine chiara degli interventi imperiali sull'economia; alcuni
studiosi suppongono che il controllo fosse esercitato solo in certi settori mentre in altri prevalesse una politica
di laissez-faire. Quando era in gioco l'interesse della comunità si ricorerreva al dirigismo spinto. Gli interventi
imperiali si inserivano in crisi più ampie in cui sembravano messe in discussione la stabilità ed il corpo sociale
dello stato.
• L'asse principale mediterraneo era sostanzialmente sud-nord, con roma quale ccanalizzatrice e accentratrice
delle importazioni; tuttavia già a partire dal II secolo assistiamo all'apertura di nuove frontiere commercilai
come quelle che si attivarono sul reno e sul danubio e che da occidente raggiungevano l'oriente.
• La decandeza della produzione italiana era un luogo comune in tutto l'impero. Le produzioni di ceramica
aretina furno attive per circa un trentennio, a partire dal 15 a.C., soppiantate poi dalle produzioni galliche e
africane.
• Gallia: vino, ceramiche
• Africa del nord: grano, olio, ceramiche, vino e garum, pesce

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