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AUTORE: Cristian Rapicetta, Elisabetta Nardi, Spartaco


Mencaroni
TITOLO APPUNTO: ANTIDEPRESSIVI
DISCIPLINA: Farmacologia
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2001
UNIVERSITA’: PERUGIA

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nell’Appunto. L’Appunto è stato pubblicato con il consenso dell’Autore e come tale è soggetto a Copyright
dell’Autore stesso.

CAP 4 FARMACI ANTIDEPRESSIVI


4.1 FISIOPATOLOGIA DELLA DEPRESSIONE
I disordini affettivi sono condizioni caratterizzate da alterazioni del tono dell’umore, di solito non associate a
disturbi del pensiero. Di gran lunga il disturbo affettivo più comune, la depressione può essere di intensità e
gravità variabile, da una condizione molto lieve, ai limiti della normalità, ad una situazione grave di
depressione psicotica accompagnata da deliri e allucinazioni.
Le manifestazioni più comuni della depressione sono:
• Sensazione persistente di disagio, apatia, pessimismo
• Bassa autostima, senso di colpa e inadeguatezza
• Indecisione e perdita di motivazione
• Ritardo del pensiero e dell’azione
• Disturbi del sonno e perdita di appetito

La depressione esiste in due forme, bipolare e unipolare, a seconda che si accompagni o meno a stati
maniacali transitori. Le due forme si manifestano ad età diverse e in modi leggermente diversi rispondo al
trattamento farmacologico.
In particolare, la depressione bipolare sembra avere una componente familiare.

Alcune malattie sembrano essere direttamente coinvolte nella patogenesi della depressione: questo in parte è
spiegabile con la depressione associata alla condizione di malattia, alla disabilità e anche all’effetto dei
farmaci somministrati. In parte però si pensa che queste condizioni influiscano direttamente, anche se in
modo non ancora noto, nella neurotrasmissione del SNC.
• Disordini cardiovascolari
• Malattie del collagene
• Stati di deficit funzionale
• Malattie endocrine
• Malattie infettive gravi
• Tumori
• Disordini metabolici
• Malattie neuropsichiatriche

Alcuni farmaci possono favorire la depressione. Alcuni fra queste classi:


• Antinfiammatori e analgesici
• Antibiotici
• Antipertensivi
• Sostanze attive sul SNC (alcool)
• Ormoni
La teoria patogenetica monoaminergica della depressione
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Questa teoria, formulata nel 1965 e ripresa successivamente fino ad anni recenti (1992) imputa la
depressione ad un deficit della trasmissione monoaminergica (5HT e NOR) nel SNC, e la mania
all’eccessiva attività di questa trasmissione.
Questa teoria si basa su due capisaldi: uno è la tendenza della depressione, specie quella bipolare, ad avere
una trasmissione familiare, l’altra è una serie di evidenze farmacologiche in cui alcuni farmaci che giovano
alla depressione aumentano la trasmissione monoaminergica.
In realtà alcune di queste evidenze sono in accordo con la teoria, altre non lo sono affatto:

In accordo
FARMACO MECCANISMO EFFETTO
Triciclici Inibiscono la ricaptazione di NOR +
IMAO Aumento accumulo di catecolamine +
α-metiltirosina Diminuzione della sintesi di catecolamine -
Metildopa e reserpina Diminuzione dell’accumulo -
Elettroshock Risposta adrenergica e serotoninergica +
In contrasto
FARMACO MECCANISMO EFFETTO
Amfetamine Blocco della ricaptazione Vago
Cocaina Diminuzione della ricaptazione Vario
Triptofano Aumento della sintesi di serotonina ?
Antagonisti α e β adr Diminuzione degli effetti della NOR Vario
Levodopa Aumento della sintesi di NOR Nessuno
Iprindolo Nessun effetto sulle monoamine +

La teoria sembra comunque in linea di massima confermata, soprattutto perché le evidenze negative che sono
state portate sono semplicistiche: non è detto infatti che l’aumento di un precursore provochi
necessariamente la liberazione di una maggior quantità di neurotrasmettitore.
Invece recentemente si sono avute evidenze della presenza di un effetto legato non alla neurotrasmissione,
ma ad uno stato differente di responsività dei recettori.

Alcuni studi biochimici hanno confermato l’esistenza di diminuzione dei cataboliti delle MAO nel siero dei
pazienti affetti da depressione. Sono però correlazioni statisticamente deboli, e rese ancora meno valide da
due motivi:
• Ci sono molti fattori che possono influenzare la concentrazione di questi metaboliti
• Molti depressi seguono terapie che influenzano tale concentrazione

Studi funzionali hanno cercato di correlare la carenza di una trasmissione monoaminergica con la
disfunzione ipofisaria: infatti è noto che i neuroni ipotalamici che sintetizzano i RF per l’ipofisi lo fanno
sotto la stimolazione con NOR e 5HT. In realtà, sebbene sia certo che nella depressione c’è spesso una
riduzione del GH e un aumento della prolattina (ormoni rispettivamente favoriti e inibiti nel rilascio dalle
monoamine), queste alterazioni non sono specifiche né correlate alla depressione.

Le principali obiezioni alla teoria monoaminergica sono quindi:


• Presenza di farmaci attivi sulla concentrazione delle monoamine che non hanno effetto sulla depressione
• Presenza di farmaci antidepressivi che non influiscono sulla trasmissione monoaminergica
• Ritardo dell’effetto dei farmaci antidepressivi, che sembra legato più alla downmodulation dei recettori
piuttosto che all’aumento della concentrazione di monoamine
• In numerosi studi, la depressione e la mania presentano le stesse alterazioni biochimiche
4.2 CLASSIFICAZIONE E AZIONE DEGLI ANTIDEPRESSIVI
• Triciclici: diminuzione della ricaptazione di NOR e 5HT
• MAO inibitori (i-MAO)
• SSRI: inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina
• Aminochetoni: diminuzione della ricaptazione di NOR e DOP
• Triazolopiridina: diminuzione dell’uptake di 5HT
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• Tetrociclina: antagonista α2 presinaptico


• Litio: agisce come stabilizzante dell’umore e viene usato specialmente nel controllo della depressione
bipolare

I recettori coinvolti sono:


• α2-adrenergici
• β-adrenergici
• 5HT-ergici
• dopaminergici
• muscarinici
• H1

Infine, esistono alcuni test che permettono di valutare l’attività dei farmaci antidepressivi sulla base della
loro attività nei confronti delle monoamine:
• Potenziamento degli effetti periferici della NOR: aumento della contrazione del muscolo liscio in
risposta a stimoli simpatici
• Potenziamento degli effetti centrali delle amfetamine (i-MAO e TCA)
• Antagonismo della depressione indotta da reserpina
• Blocco della ricaptazione in vivo delle monoamine
Generalità sul meccanismo d’azione
Non è stata ancora formulata una teoria convincente che possa rimpiazzare quella monoaminergica. Si è però
osservato che durante la terapia con antidepressivi si hanno delle modificazioni nel SNC che si instaurano in
un tempo lungo, paragonabili a quello dell’effetto terapeutico. Si è pensato quindi che i due fenomeni
possono essere direttamente correlati:
• Downregulation di recettori α2 e β adrenergici
• Downregulation di recettori 5HT
Non si è ancora messo in evidenza il ruolo di questo nella terapia della depressione. Esiste poi l’evidenza che
molti farmaci antidepressivi, ma non tutti, si legano a dei siti di legami ancora sconosciuti.
Insomma siamo ancora decisamente in alto mare.
FARMACI ANTIDEPRESSIVI TRICICLICI (TCA)
Sebbene siano i farmaci più usati nella terapia della depressione, questi composti non rappresentano la
terapia ideale di essa, in quanto sono lenti nell’instaurare l’effetto terapeutico e non sono privi di effetti
collaterali.
Derivati dalle fenotiazine, sono stati sintetizzati come potenziali neurolettici, ma si dimostrarono privi di
effetti sulla schizofrenia e di grande efficacia, invece, nella depressione.
Sono tutti farmaci con una struttura triciclica che però ha incorporato un settimo atomo nell’anello centrale.
Questo fa perdere alla molecola la struttura planare che aveva.

Amine terziarie:
• Impramina
• Amitriptilina
• Clomipramina
Queste vengono rapidamente metabolizzate ad amine secondarie, altrettanto attive, che possono essere anche
somministrate come farmaci direttamente:
• Desipramina
• Nortriptilina

Data la lenta eliminazione, la presenza di metaboliti attivi, i numerosi effetti collaterali e l’efficacia limitata
alla metà dei trattamenti, si tratta di farmaci estremamente difficili da manovrare.
Meccanismo d’azione
Il principale meccanismo è il blocco della ricaptazione di NOR e 5HT dalle terminazioni nervose del
SNC. Molto meno efficaci sulla ricaptazione della dopamina. E’ difficile capire se e quale delle due
molecole che aumentano abbia un effetto nella depressione, anche perché i metaboliti, che spesso sono più
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attivi del farmaco, tendono ad avere una selettività nei confronti della NOR o della 5HT, difficilissima da
valutare.

Inoltre, importante per l’effetto terapeutico sembra essere la loro capacità di provocare downregulation dei
recettori β adrenergici e 5Htergici.

In aggiunta a questo, i TCA interagiscono con recettori per 5HT, ACH e istamina, effetti che con tutta
probabilità sono responsabili degli effetti collaterali anziché della azione antidepressiva.
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali compaiono principalmente nel paziente non depresso e all’inizio del trattamento. In
seguito, quando si instaura l’effetto antidepressivo, essi tendono a scomparire. Alcuni di questi effetti
possono essere pericolosi.
• Sedazione Æ interazione con H1
• Xerostomia, offuscamento della visione, costipazione e ritenzione urinaria Æ interazione con M
• Ipotensione posturale, causato da tutti i TCA Æ interazione con α
• Occasionalmente mania e convulsioni

Nell’intossicazione acuta (i TCA costituiscono uno dei metodi di suicidio più comuni) abbiamo:
• Iniziale eccitazione e delirio, accompagnati da convulsioni
• Segue come e depressione respiratoria, che si protraggono anche per alcuni giorni prima dell’inizio del
recupero
• Aritmie cardiache e FV (eziologia sconosciuta)

Molti farmaci possono dare interazione con i TCA:


• Per il legame alle proteine plasmatiche di questi composti, farmaci che competono con tale legame
devono essere evitati nella terapia con TCA: aspirina e fenilbutazone
• Inoltre il loro metabolismo epatico microsomiale può essere inibito da molti composti: neurolettici e
alcuni steroidi
• I TCA potenziano gli effetti di alcool per motivi ancora non chiariti. Bere con i TCA da una grave
depressione respiratoria
• Interagiscono con i farmaci antipertensivi
Farmacocinetica
Assorbiti rapidamente per OS, legame intenso all’albumina (90-95%). Sono legati ai tessuti extravascolari e
il loro Vd risulta molto ampio (10-50 l/Kg). Hanno quindi una lenta eliminazione e la bassa presenza di essi
nel plasma, per di più in forma legata, rende la dialisi inutile nell’intossicazione acuta.
Il metabolismo epatico, che consiste nella demetilazione che trasforma le amine terziarie in secondarie e
nella idrossilazione dell’anello, produce metaboliti dotati di attività variabile. Tali metaboliti vengono infine
coniugati con acido glucuronico ed escreti con le urine.
L’emivita di eliminazione è dunque lunga, da 10 a 80 ore a seconda dei composti. Si accumulano ancora di
più negli anziani.
La relazione fra concentrazione plasmatica ed effetto terapeutico non è lineare, e la finestra terapeutica è
molto ristretta.
Indicazioni cliniche
• Depressione endogena, pazienti agitati e ansiosi e disturbi del sonno
• Apatia (farmaci con minor effetto sedativo come l’imipramina)
• Attacchi di panico
• Stati fobici e ossessivi
• Dolore neuropatico
• Enuresi nei bambini
INIBITORI DELLE MONOAMINOSSIDASI (I-MAO)
Primi farmaci antidepressivi introdotti, sono stati ampiamente superati dai TCA, e attualmente sono usati
come farmaci di seconda scelta o di associazione.
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I composti disponibili sono tutti inibitori irreversibili con effetto duraturo e nessuna capacità di riconoscere
le isoforme dell’enzima, quindi con molti effetti collaterali. Di recente si hanno evidenze di composti più
selettivi e reversibili, e l’interesse per questi composti è in crescita.

Le MAO, presenti in tutti i tessuti, sono di due tipi:


• MAO-A: ha come primo bersaglio la serotonina, e la sua inibizione spiega in larga parte gli effetti
antidepressivi degli I-MAO.
• MAO-B: ha come substrato preferenziale la feniletilamina, viene inibito selettivamente da farmaci attivi
nella terapia del Parkinson come la selegilina (deprenil).

La maggior parte degli I-MAO inibisce entrambi non selettivamente, ma sia l’attività antidepressiva che gli
effetti collaterali dipendono dall’inibizione delle MAO-A.
Tali enzimi, localizzati principalmente nei mitocondri, sono poco importante nella inattivazione delle
catecolamine delle terminazioni nervose periferiche (hanno solo un ruolo marginale), ma diventano
importanti nella degradazione delle amine assunte con la dieta1, e nella inattivazione delle amine
endogene.
Classificazione e azione
Molte sostanze con struttura simile a quella della feniletilamina agiscono come inibitori delle MAO, ad
esempio anche l’amfetamina.
La maggior parte dei composti dotati di una azione importante contengono un gruppo reattivo che permette
di legarsi covalentemente all’enzima, causando una inibizione della durata di diverse settimane che richiede
la risintesi di enzima libero.
I composti sono:
• Fenelzina, Iproniazide (gruppo idrazinico)
• Pargilina e Selegilina (gruppo proprargilaminico)
• Tranilcipromina (gruppo ciclopropilaminico)
• Moclobemide (unico che agisce come inibitore competitivo ed è relativamente selettiva per le MAO-A):
è il farmaco più nuovo e migliore.

La loro inibizione è molto poco selettiva, e inibiscono anche molti altri enzimi del metabolismo. Questo
spiega l’interminabile lista di interazioni farmacologiche importanti con gli I-MAO.

Dal punto di vista farmacologico le I-MAO hanno essenzialmente un solo effetto: l’aumento di NOR,
Dopamina e 5HT nel cervello. A differenza dei TCA non aumentano la quantità di neurotrasmettitore
rilasciato nell’attività delle sinapsi.
Aumentano però l’effetto di amfetamine e tiramina: infatti questi composti sono simpaticomimetici che
spiazzano la NOR dalle vescicole, causandone una fuoriuscita prima nel citoplasma e poi fuori dalla sinapsi.
L’inibizione delle MAO aumenta la quantità di monoamine nel citoplasma e quindi aumenta questo effetto.

Questi effetti sul metabolismo delle amine sono presenti rapidamente, anche dopo una sola
somministrazione, e, importante differenza con i TCA, si manifestano completamente anche nei soggetti
non depressi; l’effetto antidepressivo, però, si sviluppa solo dopo un certo tempo, a conferma del fatto che
non è la concentrazione di monoamine ad essere efficace, ma la downregulation dei recettori.

Infatti, appare sempre più evidente che al pari dei TCA l’effetto chiave degli I-MAO non sarebbe un
aumento delle monoamine, ma una tardiva downregulation dei recettori 5HTergici e β-adrenergici.
Effetti collaterali
• Ipotensione posturale: paradossale effetto comune a tutti gli I-MAO, che si spiega con il fatto che la
presenza in circolo di un numero elevato di amine, anziché aumentare la NOR nelle sinapsi la spiazza
dalle vescicole e quindi ne riduce la liberazione in risposta agli stimoli barocettivi.
• Eccitazione del SNC: tremore, eccitazione, insonnia e ad alti dosaggi convulsioni
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L’assunzione di formaggio e di altri composti contenenti tiramina, un substrato delle MAO, contemporaneamente agli
inibitori delle MAO può provocare una reazione detta Cheese Reaction prodotta proprio dall’aumento della tiramina
assunta. Per la spiegazione della Cheese Reaction vedere il testo.
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• Aumento del peso corporeo: con aumento dell’appetito. Può essere molto importante
• Effetti atropino-simili: xerostomia, offuscamento della visione, ritenzione urinaria, irrequietezza
• Epatotossicità grave: rara, meno di 1:100000. Sconsigliato uso negli epatopatici
Interazioni con altri farmaci e con composti assunti con la dieta
Principale limitazione all’uso, sembra in declino nei farmaci di nuova concezione.
• Cheese Reaction: assunzione di composti contenti tiramina, che solitamente viene metabolizzato dalle
MAO nel fegato, assieme a I-MAO. Il risultato è un effetto simpaticomimetico di ipertensione acuta
con cefalea pulsante e a volte perfino emorragia intracranica. La tiramina è contenuta in molti cibi: nei
formaggi stagionati e nel lievito sembrano presenti le dosi critiche di almeno 10 mg.
• Ipertensione grave con agenti simpaticomimetici indiretti.
• Associazione TCA – I-MAO: a causa probabilmente del semplice effetto sinergico, induce una cheese
reaction molto più facilmente. Di per se l’associazione da eccitazione e iperattività.
• Petidina: analgesico oppiaceo che da una grave iperpiressia con agitazione e ipotensione
Uso clinico
• Depressione grave e refrattaria agli altri trattamenti
• Depressione atipica con caratteristiche isteriche
• Fobie
• Selegilina (MAO-B inibitore selettivo) nel Parkinson.
INIBITORI SELETTIVI DELLA RICAPTAZIONE DELLA SEROTONINA (SSRI)
L’insieme di SSRI e degli antidepressivi atipici sono un gruppo di farmaci nuovi con minor effetti collaterali
(soprattutto minor effetto sedativo, muscarinici ed effetti sul cuore). Questi composti, assieme agli
antidepressivi atipici, anch’essi di nuova ideazione, non danno la cheese reaction, ed hanno in genere effetti
più rapidi.
• Fluoxetina (lunga emivita, un solo dosaggio giornaliero)
• Fluvoxamina
• Paroxetina
• Sertralina

Hanno un efficacia non superiore a quella dei TCA come antidepressivi, e una stessa latenza di azione, ma
dimostrano una maggior selettività nell’inibire la ricaptazione della serotonina rispetto alla NOR, ed hanno
un profilo di effetti collaterali decisamente diverso dai TCA, cosa che ne costituisce il miglior vantaggio.
• Mancanza di effetti colinergici e cardiovascolari
• Non causano aumento del peso corporeo
• Bassa tossicità acuta
• Nessuna reazione con i componenti della dieta

Hanno però altri effetti collaterali specifici:


• Nausea, anoressia, insonnia
• A volte priapismo
• La Fluoxetina da disturbi del GE, effetti antimuscarinici, epatotossicità, aumento dell’aggressività.
• Comparsa della sindrome serotoninergica (ipertermia, rigidità muscolare e collasso cardiocircolatorio)
che si manifesta nella associazione con I-MAO
Inoltre interferiscono con il metabolismo di molti farmaci attraverso l’inibizione del p-450. Il fatto che siano
più sicuri permette comunque di somministrarli anche a pazienti psicotici che potrebbero usarli a scopo
suicida. E’ possibile infatti dare al paziente il farmaco bastante per una settimana, che non è letale nemmeno
se ingerito tutto insieme.
ANTIDEPRESSIVI ATIPICI
Cos’ chiamati perché non si conosce esattamente il meccanismo d’azione, sono farmaci legati
strutturalmente ai TCA, dei quali hanno alcune azioni biochimiche. In genere il loro utilizzo è vantaggioso,
dato che sono stati prodotti per avere:
• Minor effetti collaterali
• Minore tossicità da sovradosaggio
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• Rapida insorgenza dell’effetto


• Efficacia nei pazienti che non rispondono ad IMAO o TCA

In genere comunque l’effetto antidepressivo non è migliore di quello dei triciclici.


Possono essere distinti in due gruppi:
• Composti a struttura non triciclica ma con effetto simile ai TCA: nomifensina e maprotilina. Hanno
effetto sul blocco della ricaptazione della NOR ma non della 5HT. La nomifensina ha effetto sulla
ricaptazione della DOPA.
• Composti che non influenzano la ricaptazione delle monoamine: Mianserina e Iprindolo. Di questi
composti non è conosciuto il meccanismo d’azione, forse la mianserina inibisce il recettore α2
presinaptico, riducendo l’inibizione della liberazione di NOR stessa.
LITIO
Il litio è un farmaco stabilizzante dell’umore che ha effetto nel controllare la fase maniacale della
depressione bipolare, anche se è attivo in misura minore nella unipolare.
Infatti limita le oscillazioni dell’umore, e quindi previene l’insorgenza della mania e della depressione. Se si
somministra durante un attacco acuto di mania, il litio non previene però l’insorgenza di una successiva fase
depressiva. Siccome nel controllo della mania esistono farmaci neurolettici più attivi e più sicuri, l’utilizzo
del Litio è limitato alla profilassi a lungo termine della depressione bipolare.

Il litio è efficace alla concentrazione plasmatica di 0.5-1 mmol/l, mentre al di sopra di 1,5 diventa tossico. La
finestra terapeutica è molto ristretta. Non si sa assolutamente come i suoi effetti biochimici noti possano
influire nel controllo dell’umore.
• Si sostituisce al sodio nella sodio/potassio ATPasi, ma non esce dalla cellula velocemente come il sodio.
Determina quindi uno stato di depolarizzazione cellulare con avvicinamento del potenziale di
membrana a soglia.
• Aumenta il turn over della NOR e 5HT nel cervello
• Diminuisce la produzione di c-AMP in risposta agli ormoni
• Inibisce la via del PI
E’ probabilmente l’effetto su questi due secondi messaggeri che in qualche modo giustifica l’effetto
antidepressivo.
Effetti collaterali
• Rene: poliuria, diminuzione della funzione tubulare e della concentrazione dell’urina. Viene riassorbito
attivamente e compete con il sodio
• SNC: debolezza, tremore, segni extrapiramidali
• Metabolismo: ipotiroidismo, gozzo, diabete insipido, aumento di peso, alterazione del metabolismo
glicidico
• CV: allungamento del QRS, alterazione del nodo del seno
• GE: pesantezza, gonfiore, nausea e diarrea
• Cute: acne, rash, discromia, papule, perdita di capelli
• Intossicazione acuta (da 1,5 a 3-5 mmol/l): confusione Æ blocco motorio Æ coma Æ convulsioni e
morte
Farmacocinetica
Problematica perché l’escrezione è in due fasi: una renale rapida, circa il 50% della dose assunta, che si ha in
12 ore, e il restante sempre renale, ma nelle due settimane successive. Questa quota rappresenta il litio
accumulato dentro le cellule. Con una assunzione regolare, è necessario un periodo di due settimane perché
si raggiunga lo stato stazionario. L’intervallo terapeutico molto ristretto impone un attento monitoraggio.
Interazioni importanti:
• Tiazilici accumulo di litio
• FANS accumulo di litio
• Antibiotici accumulo di litio
• Antidepressivi accumulo di litio
• Broncodilatatori aumento dell’escrezione
• Digitale aumento rischio di aritmie
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• Ca++ antagonisti aumento dell’escrezione


• Insulina aumento tolleranza al glucosio
• Neurolettici aumento della tossicità dei neurolettici
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