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Italo Svevo PDF
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La Vita
Ettore Aron Schmitz nasce nel 1861 a Trieste (che all’epoca faceva parte dell’impero asburgico)
da una famiglia benestante di origine ebraica, quinto di otto figli: il padre Francesco Schmitz,
funzionario dell’impero, è di origine austriaca, la madre Allegra Moravia, è di origine italiana. Il nome
d’arte dello scrittore allude a questa duplice radice etnica e culturale: Italo per il legame con l’Italia e
Svevo (da Svevia, regione tedesca) per il legame con il mondo tedesco.
Fin da bambino studia l’italiano e il tedesco e nel 1873 a dodici anni va a studiare, con i fratelli,
in un collegio tedesco in Baviera, per apprendere materie utili per intraprendere l'attività commerciale
di famiglia. Lì rimane per cinque anni, dove studia anche la letteratura tedesca e russa. Tornato a Trieste
all’età di diciassette anni si iscrive presso l’Istituto Superiore di Commercio “Revoltella”, volendo il padre
avviarlo al commercio, ma continua comunque le sue letture dei classici tedeschi.
Il tracollo finanziario nel 1880 dell’azienda di famiglia lo porta a cercare lavoro, che trova presso
una filiale triestina della Banca Union di Vienna, dove lavora per ben diciotto anni. Nello stesso anno
inizia la collaborazione con L'Indipendente, giornale triestino di chiara impostazione irredentistica e di
vedute socialiste, e si dedica alla lettura dei grandi classici francesi (Balzac, Flaubert, Zola) e italiani
(Boccaccio, Machiavelli, Carducci): le ore libere le occupa studiando, la sua vocazione non è il commercio
e nemmeno il lavoro da impiegato, bensì la letteratura.
Nel 1892, con lo pseudonimo di Italo Svevo, pubblica a sue spese il suo primo romanzo Una vita,
che non ha successo. Nel 1896 sposa Lidia Veneziani, figlia di un grosso industriale produttore di vernici
e, dopo alcuni anni, entra a lavorare nella ditta del suocero. Viaggia molto in Francia e Inghilterra per
lavoro e amplia così il suo orizzonte culturale, diventando un imprenditore che coltiva la passione per il
violino e per la letteratura. Nel 1898 esce un secondo romanzo, Senilità, il quale, come il precedente,
non ha successo, per cui decide di abbandonare la letteratura, definendola addirittura "ridicola e
dannosa cosa".
Per i viaggi all'estero, Svevo sente la necessità di migliorare il suo inglese e per questo frequenta
un corso alla Berlitz School di Trieste nel 1905, dove insegnava lo scrittore irlandese James Joyce. I due
diventano amici e Joyce lo incoraggia a riprendere l’attività letteraria e a scrivere un nuovo romanzo. Nel
1908-1910, grazie al cognato che aveva sostenuto una terapia con Freud, viene a contatto con la
psicanalisi.
Poiché durante la guerra la fabbrica dei suoceri viene requisita, Svevo riprende l’attività
letteraria. Il romanzo La coscienza di Zeno esce nel 1923 e inizialmente non ha alcuna risonanza, ma
Svevo lo invia a Joyce, che lo diffonde in Francia e in Europa, mentre viene ignorato in Italia, fino a
quando Eugenio Montale ne afferma la grandezza, scrivendone una recensione positiva sulla rivista
“L’Esame”: scoppia così il "caso Svevo" e finalmente la critica italiana si accorge dell’originalità
dell’autore triestino. La sua attività letteraria prosegue con la stesura di molti racconti, pubblicati
postumi, e commedie (ben tredici), rappresentate con scarso successo. Il quarto romanzo, Il vecchione o
Le confessioni del vegliardo, rimane incompiuto a causa della morte dello scrittore, avvenuta nel
settembre 1928 nell'ospedale di Motta di Livenza (Treviso), in seguito ad un incidente stradale.
Le opere
Oltre a Una vita, Senilità e La coscienza di Zeno, Svevo aveva intenzione di scrivere un quarto
romanzo avente di nuovo come protagonista Zeno e che sarebbe stato intitolato Il vecchione o Le
confessioni del vegliardo. Di quest’opera abbiamo solo dei frammenti dai quali si può ricavare che tema
centrale sarebbe stato il rapporto tra vita e letteratura per arrivare a concludere che la
“letteraturizzazione” dell’esistenza sarebbe l’estremo risarcimento al male di vivere.
Ci rimangono invece alcuni saggi (su Trieste, su Joyce), diverse opere di teatro che la critica ha
costantemente ignorato, nonché un certo numero di racconti, tra cui “L’assassinio di via Belpoggio”,
“Argo e il suo padrone”, “La morte”, “Corto viaggio sentimentale”, e moltissimi altri scritti (alcuni
perduti), alcuni pubblicati con lo pseudonimo di Ettore Samigli, che vanno dall’età giovanile sino agli
anni successivi alla pubblicazione de “La Coscienza di Zeno”. Anche per questi racconti manca una
tradizione critica.
L’ideologia
Svevo è un intellettuale non professionista, diviso tra la passione per la letteratura e una
“normale” vita borghese. Entrato in contatto con la cultura positivista e con le teorie di Darwin, si rende
conto ben presto del condizionamento che la società esercita sulle vite degli uomini e orienta così il suo
pensiero politico verso idee socialiste e marxiste. Tuttavia non credeva nella possibilità di una
La figura dell’inetto
Mentre negli ultimi anni dell’800 in Italia dominava la figura dell’esteta superuomo
dannunziano, con Svevo all’esteta si contrappone la figura dell’inetto, ruolo centrale nella sua narrativa.
È una nuova figura di eroe per la letteratura italiana, che ha certamente dei precursori in personaggi
della narrativa russa, per esempio in Dostoevskij, ma in Svevo diviene figura centrale.
Che cosa è l’inettitudine? Tutti i personaggi di Svevo sono incapaci di affrontare la realtà. Dalla
vita sono eternamente sconfitti. Sono malati nella volontà, abulici; sono dei vinti senza grandezza,
perché l'inetto esclude la lotta. Per questo nel rapporto con la realtà fingono, mancano di autenticità, si
autoingannano, si creano degli alibi, delle giustificazioni. La loro è una malattia della coscienza che li
porta a rifugiarsi nella fantasticheria o nella menzogna, ma la vita li stritola sempre.
L’inetto sveviano si sente inadatto a vivere poiché non riesce ad aderire alla vita, non ha valori
in cui credere, non ha scopi, non ha un ruolo nella società in cui riconoscersi, quindi non riesce a dare
un senso alla propria vita. Nello stesso tempo è caratterizzato soprattutto dal velleitarismo, dalla
sproporzione tra le sue ambizioni e le sue capacità, dalla sua tendenza a vivere più con la fantasia che
nella realtà. È perciò pieno di inibizioni, di frustrazioni, avverte la sua inferiorità e subisce gli eventi,
non li domina.
Egli dunque è un eroe in senso negativo, è colui che soggiace passivamente ai condizionamenti
ambientali e alle pulsioni dell’inconscio che lo privano di ogni possibilità di scelta. Egli è un abulico, un
essere privo di forte volontà, più incline alla contemplazione che non all’azione. L’inetto è malato di
quella malattia che è il disagio del ‘900: l’incapacità di provare sentimenti, che provoca nell’uomo un
intenso alone di tristezza e di infelicità.
L’inetto, quindi, è sempre un eroe sconfitto che potrebbe apparire al pubblico molto simile ai
personaggi vinti rappresentati da Verga, ma esiste una notevole differenza: mentre la sconfitta dei
Le Principali Opere
Una vita
Scritto nel 1893, è il primo romanzo di Svevo con cui l’autore comincia a maturare una sua visione della
vita e dell’uomo. "Una vita" è un romanzo tardoverista che mette ben in evidenza la figura dell'inetto. Il
protagonista è Alfonso Nitti, impiegato in banca, che vede le sue ambizioni sociali e letterarie frustrate
dalla meschinità dell’ambiente di lavoro e dal ruolo subalterno a cui è condannato dalla nascita. Una
breve relazione con Annetta, la figlia del principale, pare aprirgli prospettive diverse, ma nel momento in
cui gli si presenta la possibilità di sposarsi, preferisce rinunciare per non andare in contro a troppe
responsabilità. Tuttavia, non contento della sua scelta, alla fine del romanzo si suicida, andando in
contro a quello che è il naturale destino dell’inetto. Alfonso mette inoltre ben in evidenza l’incapacità
dell’uomo di conciliare i gesti esterni con i sentimenti interni, quindi c’è estraneità a qualsiasi gesto
esteriore che abbia importanza per gli altri.
Senilità
Scritto nel 1897, la novità strutturale è più scoperta. Il protagonista è Emilio Brentani, un impiegato poco
meno che quarantenne, anche lui sognatore con passate velleità letterarie, conosce una bella e procace
popolana, Angiolina Zarri, che diventa la sua amante, coinvolgendolo anche sul piano sentimentale.
Angiolina, creatura incolta e primitiva, bugiarda e istintiva, non si lascia condizionare da Emilio che ne
vorrebbe elevare la condizione socio-culturale. Intanto la sorella del protagonista, Amalia, si innamora di
Stefano Balli, amico di Emilio a cui era stato chiesto un consiglio riguardo Angiolina; Amalia, non
contraccambiata rinuncia alle sue velleità e, dopo una malattia, muore. Anche Emilio, alla fine del
romanzo, dopo la sua delusione amorosa, capisce di aver fallito nel campo più impegnativo della vita e,
quindi, decide di continuare la sua vita in una condizione di Senilità, cioè di vecchiaia e di rinuncia
all’amore e ai sentimenti; ciò testimonia la sua inettitudine e la sua malattia morale tipica dell’uomo
del’900.
La coscienza di Zeno
È del 1923 e con questo romanzo Svevo raggiunge la notorietà. L’autore immagina che Zeno racconti la
sua vita al dottor S per cercare di guarire dalla sua nevrosi e questo per dispetto, pubblichi le sue
memorie nel momento in cui il protagonista decide di interrompere la terapia.
La struttura è fatta di 8 parti: la prima è la prefazione e in essa Svevo immagina che il dottor S esprima le
sue opinioni di disprezzo a riguardo del protagonista. La seconda parte è il preambolo in cui Zeno parla
della sua malattia e dei motivi che lo hanno portato a frequentare il dottore S. Sia Zeno che il medico
non sono affidabili, contribuiscono a peggiorarsi a vicenda e quindi il romanzo è affascinante perché è
ambiguo e riesce a rappresentare la realtà nella sua complessità, evitando di far prevalere un punto di
vista sull’altro.
Seguono altri 5 capitoli che trattano della vita di Zeno: in "Il fumo" sono raccontati i pietosi tentativi di
smettere di fumare, anche se in realtà non era questa l’intenzione del protagonista. In "La morte del
padre" Zeno approfitta della condizione di infermità del genitore per accusarlo di essere il principale
La donna e l’amore
Una delle caratteristiche principali della figura dell’inetto in cui l’uomo in questo periodo si
immedesima, è l’incapacità di provare sentimenti verso gli altri. I personaggi rappresentati da Svevo
quindi, non riusciranno mai ad avere una relazione duratura, anche perché vogliono evitare quelle ovvie
responsabilità derivanti da un matrimonio.
Per esempio, l’amore di Alfonso per Annetta in "Una vita" è semplicemente un’occasione per elevarsi da
quella condizione di inferiorità a cui il protagonista deve sottostare fin dalla nascita.
L’amore di Emilio e Angiolina in "Senilità" è invece un amore trasgressivo, un sinonimo di gioventù,
quindi un tentativo per rimanere giovani. Tuttavia questo amore occasionale procura a Emilio una
grande delusione dovuta a continui inganni, tradimenti e bugie. La sua reazione è quella di ritirarsi in
una condizione di Senilità, di vecchiaia, quindi di rinuncia all’amore stesso.
Un’eccezione è però quella di Zeno, in "La coscienza di Zeno", per cui amore significa matrimonio. Infatti
lui riesce a sposarsi, anche se non con la donna che ama. Questa donna è Augusta ed è colei che si fa
molto influenzare dalle convenzioni del periodo, che sente in maniera molto netta la separazione tra il
fidanzamento, in cui non sono consentite le troppe effusioni che invece Zeno propone, e il matrimonio,
che è invece il sigillo dell’amore. Inoltre Augusta è, agli occhi di Zeno, l’immagine della salute che si
contrappone alla sua condizione di malattia. Tuttavia nel corso del romanzo, questa contrapposizione
viene meno, infatti Zeno capisce che la sua condizione è una condizione generalizzata, quindi non è lui
che bisogna curare, ma bensì sono la moglie, e tutte le persone come lei, che devono guarire dalla
salute.
Una curiosità è costituita dal fatto che i personaggi femminili di Svevo hanno tutti nomi che iniziano per
"A". Particolarmente evidente risulta il contrasto salute-malattia, rappresentato rispettivamente da
Augusta e Zeno e sottolineato dalle iniziali dei nomi.