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Marzo 1821 di Alessandro Manzoni

Lode Marzo 1821 fu scritta da Alessandro Manzoni in occasione dei moti carbonari piemontesi
nel marzo del 1821. Il 13 marzo del 1821 il re Vittorio Emanuele I abdic in favore del fratello
Carlo Felice; in attesa dellarrivo del nuovo re, la reggenza fu assunta dal principe Carlo Alberto,
che concesse la Costituzione. I patrioti esultarono e sembrava che lesercito dei Savoia stesse per
varcare il Ticino ed entrare in Lombardia per aiutare i patrioti a liberare il Lombardo-Veneto
dalloppressione austriaca.
Manzoni si lasci prendere dall'entusiasmo del momento e scrive la poesia in tre giorni, tra il 15 e il
17 marzo del 1821. Le speranze per, vennero vanificate sia dallarrivo di Carlo Felice in Piemonte
che non segu loperato del reggente, sia per la dura repressione della polizia austriaca che
stronc linsurrezione.
Nel timore di una perquisizione della polizia, il Manzoni nascose o forse distrusse il manoscritto
dellode. Qualche copia venne conservata da amici e grazie a c potette essere pubblicata nel
1848 a cura del Governo provvisorio di Milano, formatosi in seguito al successo delle Cinque
Giornate che facevano ben sperare per una felice conclusione della lotta per la liberazione dallo
straniero.
Nellode accanto a motivi storici, politici e di esaltazione della lotta per la libert dallo straniero
appare la presenza di Dio, che aiuta luomo a combattere non solo per il riscatto personale dal
peccato, ma, in senso pi universale aiuta anche a combattere per la liberazione della patria
oppressa dallo straniero.
Lode un appello alla libert di tutti i popoli; ma anche un appello contro ogni forma di violenza;
un invito ad abbandonare la via del male per seguire quella del diritto dei popoli. Linvito rivolto
a quei popoli e a quei governi che solo qualche anno prima avevano lottato per liberarsi
dalloppressione napoleonica. Dio protegge gli uomini oppressi, e come aveva gi protetto il popolo
tedesco (accomunati agli austriaci), appunto allepoca della lotta contro loppressione napoleonica,
cos avrebbe protetto gli Italiani.
Manzoni dedic lode a Teodoro Koerner, patriota e poeta romantico tedesco, autore di drammi e
canti patriottici contro loppressione napoleonica, morto combattendo contro linvasore nel 1813.
Marzo 1821 si compone di tredici strofe di otto versi ciascuna. Nella strofa iniziale Manzoni mette
in rilievo la solennit del giuramento dei Piemontesi, i liberatori che hanno varcato il Ticino, a cui fa
eco, nella seconda strofa il giuramento degli altri forti, i Lombardi.
Nella terza e quarta strofa Manzoni sottolinea l'inscindibilit tra l'Italia e gli Italiani: cos come
impossibile separare gli affluenti dal fiume in cui sfociano (Chi potr della gemina Dora, della
Bormida al Tanaro sposa, del Ticino e dell'Orba selvosa, scerner l'onde confuse nel Po, versi. 1720), allo stesso modo i cittadini sono inevitabilmente legati alla propria patria.
Dopo il richiamo alla prigionia passata, l'autore si rivolge agli stranieri, cercando di manifestargli
l'ingiustizia che perpetuano, attraverso l'immagine dell'Italia che tutta si scote, dal Cenisio alla
balza di Scilla (versi 45-46), e ammonendoli per aver tradito il giuramento (il giuro) compiuto,
quello cio di rispettare il principio di nazionalit.
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Nella settima strofa sfuma il movente politico e storico per lasciare il passo alla tematica eticoreligiosa. Di fronte alla realt storica prevale la volont superiore del Dio che padre di tutte le
genti (verso 69). Gli oppressori conobbero l'oppressione, venendone liberati dalla giustizia divina.
Allo stesso modo, lo spirito di fratellanza e lamore chiama tutti i popoli ad essere liberi
Nella decima strofa Manzoni rivolge un canto d'amore all'Italia, raffigurandola come un'unica
nazione, divisa solo dalle contingenze storiche. Il finale di Marzo 1821 esprime, come logica
conseguenza, la speranza di una vittoria definitiva, in modo che l'Italia sia al convito de' popoli
assisa (verso 94); in caso contrario pi serva, pi vil, pi derisa / sotto lorrida verga star (versi
95-96).
Marzo 1821
Alla illustre memoria
di
Teodoro Koerner
poeta e soldato
della indipendenza germanica
morto sul campo di lipsia
il giorno XVIII dottobre MDCCCXIII
nome caro a tutti i popoli
che combattono per difendere
o per conquistare
una patria
Soffermati sullarida sponda
vlti i guardi al varcato Ticino,
tutti assorti nel novo destino,
certi in cor dellantica virt,
han giurato: non fia che questonda
scorra pi tra due rive straniere;
non fia loco ove sorgan barriere
tra lItalia e lItalia, mai pi!
Lhan giurato: altri forti a quel giuro
rispondean da fraterne contrade,
affilando nellombra le spade
che or levate scintillano al sol.
Gi le destre hanno strette le destre;
gi le sacre parole son porte;
o compagni sul letto di morte,
o fratelli su libero suol.
Chi potr della gemina Dora,
della Bormida al Tanaro sposa,
del Ticino e dellOrba selvosa
scerner londe confuse nel Po;
chi stornargli del rapido Mella
e dellOglio le miste correnti,
chi ritorgliergli i mille torrenti
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che la foce dellAdda vers,


Quello ancora una gente risorta
potr scindere in volghi spregiati,
e a ritroso degli anni e dei fati,
risospingerla ai prischi dolor;
una gente che libera tutta
o fia serva tra lAlpe ed il mare;
una darme, di lingua, daltare,
di memorie, di sangue e di cor.
Con quel volto sfidato e dimesso,
con quel guardo atterrato ed incerto
con che stassi un mendico sofferto
per mercede nel suolo stranier,
star doveva in sua terra il Lombardo:
laltrui voglia era legge per lui;
il suo fato un segreto daltrui;
la sua parte servire e tacer.
O stranieri, nel proprio retaggio
torna Italia e il suo suolo riprende;
o stranieri, strappate le tende
da una terra che madre non v.
Non vedete che tutta si scote,
dal Cenisio alla balza di Scilla?
non sentite che infida vacilla
sotto il peso de barbari pi?
O stranieri! sui vostri stendardi
sta lobbrobrio dun giuro tradito;
un giudizio da voi proferito
vaccompagna a liniqua tenzon;
voi che a stormo gridaste in quei giorni:
Dio rigetta la forza straniera;
ogni gente sia libera e pra
della spada liniqua ragion.
Se la terra ove oppressi gemeste
preme i corpi de vostri oppressori,
se la faccia destranei signori
tanto amata vi parve in quei d;
chi vha detto che sterile, eterno
saria il lutto dellitale genti?
chi vha detto che ai nostri lamenti
saria sordo quel Dio che vud?
S, quel Dio che nellonda vermiglia
chiuse il rio che inseguiva Israele,
quel che in pugno alla maschia Giaele
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pose il maglio ed il colpo guid;


quel che Padre di tutte le genti,
che non disse al Germano giammai:
Va, raccogli ove arato non hai;
spiega lugne; lItalia ti do.
Cara Italia! dovunque il dolente
grido usc del tuo lungo servaggio;
dove ancor dellumano lignaggio
ogni speme deserta non :
dove gi libertade fiorita.
Dove ancor nel segreto matura,
dove ha lacrime unalta sventura,
non c cor chenon batta per te.
Quante volte sullalpe spasti
lapparir dun amico stendardo!
quante intendesti lo sguardo
ne deserti del duplice mar!
ecco alfin dal tuo seno sboccati,
stretti intorno ai tuoi santi colori,
forti, armati dei propri dolori,
i tuoi figli son sorti a pugnar.
Oggi, o forti, sui volti baleni
il furor delle menti segrete:
per lItalia si pugna, vincete!
il suo fato sui brandi vi sta.
O risorta per voi la vedremo
al convito dei popoli assisa,
o pi serva, pi vil, pi derisa
sotto lorrida verga star.
Oh giornate del nostro riscatto!
Oh dolente per sempre colui
che da lunge, dal labbro daltrui,
come un uomo straniero, le udr!
che a suoi figli narrandole un giorno,
dovr dir sospirando: "io non cera";
che la santa vittrice bandiera
salutata quel d non avr.

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