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numero 3 anno V 23 gennaio 2013


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L.B.G. CASA. IMU. SIAMO ALLULTIMO ERRORE? Walter Marossi ELEZIONI REGIONALI. SANGUE E ARENA Marco Dal Toso PER VINCERE IN LOMBARDIA: UNA VOCE DA ETICO PierVito Antoniazzi LISOLA CHE "AVANZA" UN QUARTIERE PARADIGMA Renzo Riboldazzi NOTE SUL PGT: LUOGHI URBANI TRA GOVERNO E DISEGNO DELLA CITT Giancarlo Consonni URBANISTICA: BENI COMUNI E GOVERNO BREVE Andrea Bonessa LIBRI O NON LIBRI. THAT IS THE QUESTION Romolo Buni VIGORELLI: A CHE PUNTO LA NOTTE? Rita Bramante INNOVAZIONE PER LA SOSTENIBILIT Giulia Mattace Raso CARO MARAN, DIPENDO DA TE VIDEO OGNI GIORNO DAL COMITATO ELETTORALE

SUGGERIMENTI MUSICALI Rogues Gallery FATHOM THE BOWL Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA Marco Santarpia e Paolo Schipani
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CASA. IMU. SIAMO ALLULTIMO ERRORE? Luca Beltrami Gadola


Quando si dice la ciliegina sulla torta. LIMU in ordine di tempo lerrore pi recente, non lultimo t emo, a proposito della politica sulla casa. Ho paura che la complessit del problema o gli errori del passato lascino poche speranze per il futuro. Chi scriver la sua storia, qui ci limitiamo solo ad alcune note, non potr non concludere che si sono commessi due ordini di errori: ingiustizia fiscale e cattiva allocazione di risorse pubbliche. Da sempre i governi italiani, ma soprattutto dal Fascismo in poi, hanno cercato di radicare nella cultura delle persone il concetto che il possesso e non luso - della casa fosse il primo obbiettivo che ogni cittadino, ogni famiglia dovesse perseguire. Anche i Padri Costituenti indirettamente intervennero sulla questione con larticolo 47 della Costituzione prevedendo che la Repubblica debba favorire il diritto alla propriet dellabitazione, con misure che possano aiutare le persone pi bisognose ad avere un alloggio in propriet e, quindi, rendendo concreto questo diritto. La previsione costituzionale si spos perfettamente alla cultura italiana e lalternativa della casa come bene duso non ebbe alcun successo. A sancirne la morte definitiva fu la legge n 392 del 1978 (Equo canone), che con lintento di proteggere gli inquilini dallesosit dei padroni di casa ottenne come primo risultato la scomparsa del mercato degli alloggi in affitto e il contestuale aumento dei prezzi delle case in acquisto. La prima ingiustizia: chi era in equo canone stava in un ventre di vacca chi era fuori si doveva adeguare. Da allora una sottile ingiustizia fiscale. Se, com giusto, si deve tassare il reddito delle persone tenendo conto in deduzione del soddisfacimento dei bisogni elementari quali il vitto e lalloggio, per la componente alloggio a parit di reddito chi era in equo canone se la cavava assai meglio. Chi pagava un affitto vedeva il suo reddito spendibile assai falcidiato dal costo della pigione. Questa ingiustizia si perpetuata in tutti i provvedimenti di legge a favore della casa, garantendo laccesso in propriet con infinite forme di agevolazione e con i relativi oneri a carico della collettivit tutta. Giusto sarebbe stato, salvo un piccolo dettaglio: laccesso a questo tipo di edilizia era legato alle condizioni economiche dellacquirente al momento dellacquisto e tale vantaggio sarebbe stato permanente anche quando, come succedeva dopo pochissimo tempo dallacquisto, il reddito sarebbe aumentato anche in maniera vistosa. Laltra ingiustizia legata alla vendita del patrimonio pubblico di edilizia residenziale. I prezzi di alienazione fissati per legge nei confronti di chi occupava lalloggio erano larghissimamente al di sotto dei valori di mercato, con la paradossale situazione che spesso loccupante, proprio perch aveva goduto di un canone di favore fin tanto che era locatario, aveva potuto accumulare i risparmi necessari allacquisto. Di queste situazioni di favore hanno goduto moltissimi ma non certo tutti quelli che ne avrebbero avuto diritto. Se esaminassimo con cura tutti i provvedimenti di legge riguardanti la casa, vedremmo che questa sorta dingiustizia di fondo serpeggia ovunque. Veniamo allultima: lIMU. Ecco che in questa messa cantata che la campagna elettorale sono tutti arrivati al Confiteor e la riforma o labolizione dellIMU il cavallo di battaglia prediletto. una tassa. Tra Padoa Schioppa che disse che le tasse erano bellissime ma spieg male il suo pensiero - e Berlusconi che di fronte ai Cadetti della Guardia di Finanza afferm che quando le tasse superano una certa soglia un diritto evaderle, sappiamo chi vinse la partita. Ma con lIMU si son fatte ingiustizie e follie al punto che con il sopraggiungere di questa imposta le Aziende Regionali di Edilizi Residenziale si svenano per pagare tutte le imposte arrivando a Milano allassurdo che ALER su 17.000 alloggi (la fascia protetta ossia un terzo del suo patrimonio) incassa un canone medio di 669 annuale e d allo stato 595 euro, che se togliamo la quota di morosit in pratica siamo sotto zero. Anche gli alloggi a canone sociale non sono messi molto meglio: pi fortunati danno allo Stato un terzo dei ricavi di pigione, teorico perch andrebbe anche qui dedotta la morosit. Cosa ci dobbiamo aspettare ancora? Ho limpressione che non sia solo una questione di destra o sinistra, che come sappiamo esistono ancora ma di scarsa conoscenza della realt, di nessuna capacit di prevedere e di non saper resistere dallusare i soldi dello Stato per favorire ora un segmento della societ ora laltro. Purch amici. La lottizzazione dei beni comuni.

ELEZIONI REGIONALI: SANGUE E ARENA Walter Marossi


Come in tutte le elezioni regionali e non, il primo esercizio del centro sinistra sono le recriminazioni preventive. Il candidato non ha appeal, la campagna partita tardi, il programma ipertrofico, le liste sono brutte con pochi candidati di spicco, i manifesti sono inguardabili, manca il coordinamento, i soldi sono pochi (dimenticandosi che i rimborsi elettorali regionali sono ricchissimi), Pisapia ha deluso, etc. Il secondo esercizio compulsare nervosamente i sondaggi infischiandosene del fatto che con un margine di errore del 3% su 1000 interviste (superiore cio alla consistenza della pi parte dei partiti in lista), un numero di indecisi pari a un quarto degli elettori, una tradizione meneghina (rileggetevi i sondaggi su Pisapia) non brillantissima, gli stessi non valgono di pi delle previsioni dei bookmaker di "febbre da cavallo". Terzo esercizio, il principale, resta comunque il ragionare di elezioni come se fossimo ancora negli anni '80 anni un tempo additati al pubblico disprezzo oggi considerati quasi un esempio con il sistema elettorale proporzionale e i vecchi partiti ideologici, rimuovendo che si tratta di elezioni presidenziali. La sindrome maniaco / depressiva / compulsivo / ossessiva del centro sinistra non tiene conto di alcuni semplici fatti: 1) la legge elettorale regionale e anche quella nazionale prevedono che le elezioni si vincano con un solo voto in pi degli avversari e che si possa governare con una maggioranza di eletti anche se si rappresenta poco pi di un terzo degli

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elettori, ergo inutile rincorrere strategie di ricerca del consenso perfette occorre concentrarsi sul pochi maledetti ma subito 2) alle regionali del 2010 vot il 64,63% degli elettori, alle politiche del 2008 l'84%, la contemporaneit del voto riporter al seggio elettori "regionalmente assenteisti", ergo la campagna elettorale si gioca su un elettorato che ha privilegiato il dato politico su quello amministrativo, che ha scarso interesse per le vicende regionali che tutto sommato abbastanza soddisfatto della gestione degli anni passati. 3) la visibilit dei candidati e dei temi regionali non sar centrale nella campagna elettorale oscurata dalla competizione nazionale ergo sar una campagna elettorale difficile che dovr battere non solo il centro destra ma anche la disattenzione, occorrer alzare la voce pi che lavorare di cesello. Il centro sinistra parte con un handicap teorico di circa 20 punti percentuali al lordo del declino di immagine del PDL, della Lega nord e del formigonismo. Il compito difficile ma enormemente facilitato dalla discesa in campo di Albertini. Nonostante infatti l'uomo venga presentato come un icona dell'indipendentismo amministrativo e Cacciari lo volesse candidato al posto di Pisapia, Albertini, resta per l'elettore (che ha una memoria molto pi lineare di quella del politico) un uomo del centro destra e a esso sottrarr voti, un numero di voti certamente superiore a

quelli che ottenne Pezzotta due anni fa. Non che ci volesse uno scienziato per intuire questo semplice fatto, tant' che Monti lo ripete urbi et orbi. La seconda facilitazione che ingroiani, di pietristi, comunisti moderati (ebbene si esistono anche loro), socialisti berlusconiani pentiti, arancioni vari, che alle politiche hanno altre opzioni alle regionali si ritrovano dietro Ambrosoli, peccato aver perso per strada con scelta masochistica i Radicali per ridicole questioni di nomi. Ringraziando Albertini / Di Stefano per l'aiuto, il problema centrale del centro sinistra recuperare quanti pi voti possibile nell'area degli indecisi e contrastare il pi possibile il rischio Grillo, il principale ostacolo sulla strada della vittoria. Qui entra in gioco la scelta degli assets principale della campagna elettorale. Vale la pena ricordare che in Lombardia si registra il pi alto differenziale tra i voti al presidente e i voti alle liste, l'ultima volta furono pi di mezzo milione. Meno rilevante il peso del voto disgiunto. Ergo la figura del candidato centrale per convincere indecisi e dubbiosi. Liste e listarelle cos come i candidati, assatanati di preferenze, contano poco o nulla se il candidato moscio. Su questo terreno Ambrosoli solo. I partiti lombardi sono strutturalmente deboli e subordinati a Roma e alle elezioni nazionali quindi poco utili quando si parla di vision anche se indispensabili quando si parla di

organizzazione. Le primarie inoltre hanno evidenziato con le candidature Kustermann / Di Stefano che il moderatismo di Ambrosoli incontra una certa freddezza nel popolo della sinistra, freddezza nient'affatto ridotta dalla presentazione di una lista civica dalla gestione quanto meno difficile. L'uomo Ambrosoli diventa dunque determinante. Sull'immagine del candidato si vince o si perde. Per ora partito bene: misurato, composto, capace di respingere l'illusione di clonare la campagna milanocentrica di Pisapia che partiva con un handicap enormemente pi favorevole, attento alla societ civile ma non solo a quella della Zona 1. C' tuttavia un per: non scalda, troppo freddo e asettico. Ha un po' troppo l'aria del primo della classe in quarta ginnasio. Purtroppo le scelte dell'elettorato sono solo in parte motivate dalla ragione, per molti vale l'aforisma anarchico: "La competizione elettorale la continuazione del tifo sportivo con altri mezzi ... " ergo bisogna "rinsanguare" il candidato, la politica anche "sangue e merda" diceva un ex ministro delle finanze. La folla degli spin doctor, dei comunicatori, dei semiologi, degli intellettuali organici, dei matres penser, dei sondaggisti, degli addetti stampa, degli attacchini, degli opinion leader, dei blogger di cui abbonda il centro sinistra lombardo per favore glielo ricordi, manca un mese al voto.

PER VINCERE IN LOMBARDIA: UNA VOCE DA ETICO Marco Dal Toso


La guerra dei sondaggi sullesito delle elezioni regionali in Lombardia incominciata, cos come la campagna elettorale. Un dato, per, certo: il vero favorito alle elezioni regionali Lombarde Roberto Maroni sostenuto dalla ricostruita alleanza elettorale Pdl-Lega. Per diverse ragioni storiche, culturali (in Lombardia nasce il berlusconismo e il secessionismo integrale di Miglio) politiche; non in ultimo, linconsistenza della sinistra lombarda sconfitta, spesso, sotto il profilo del senso comune e dellegemonia culturale individuale e collettiva. Bizzarra la politica italiana; la Giunta Regionale di Formigoni cade dopo la sfiducia leghista e a seguito delle indagini della magistratura milanese che contestano a un Assessore regionale il voto di scambio con settori della criminalit organizzata. Formigoni, successivamente allo scioglimento del consiglio, dichiara di non voler pi governare con la Lega e offre la disponibilit a sostenere la candidatura neo-centrista di Albertini; dopo laccordo nazionale stipulato fra lex presidente del consiglio e Roberto Maroni, lattuale Presidente della Regione rientra nei ranghi dellalleanza di centro-destra e con lui la maggioranza del movimento di Comunione e Liberazione. Le giravolte politiciste di Roberto Formigoni interessano poco ai dieci milioni di cittadini che abitano in Lombardia e che producono circa un quarto del prodotto Interno lordo dellintero paese. Secondo dati della stessa Caritas sono due milioni i cittadini lombardi al di sotto della soglia di povert. Le tattiche politiciste non interessano ai settecentomila pendolari che imprecando usano i treni regionali e non interessano agli oltre cinquecentomila lavoratori e lavoratrici che, nella recessione della crisi economica, sono coinvolti in processi di ristrutturazioni aziendali perch in cassa integrazione, licenziati o vicini al licenziamento nella versione simulata del motivo economico (cos come previsto dallattuale controriforma sul mercato del lavoro voluta dallex ministro Fornero e dal governo Monti). Non interessano soprattutto a quelle lavoratrici madri che lasciano il lavoro, perch non riescono a conciliare i tempi della loro vita con i tempi del lavoro. Non interessano ai piccoli e medi imprenditori che, oggi, rischiano il fallimento delle proprie aziende. Questa la situazione socioeconomica della nostra Regione; anche per questo necessario ri-

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badire che il centro-destra della Lombardia (nella versione barbaro sognante, ciellina o liberista) ha fallito. Lidea di mantenere sul territorio lombardo il 75% delle risorse fiscali (oggi al 66%) avvicinerebbe, sotto il profilo istituzionale, la Lombardia alle regioni a statuto speciale che, alla luce della riforma del titolo quinto della Costituzione, dovrebbero invece rivedere i numerosi privilegi oggi riconosciuti dallordinamento. Se le Regioni ordinarie limitrofe (pensiamo a quelle del Mezzogiorno) scegliessero la stessa strada proposta da Maroni (quella della secessione economica), ci si chiede con quali risorse lo Stato finanzierebbe la difesa, la giustizia e/o lordine pubblico che, notoriamente, sono ai sensi dellart.117 della Costituzione materie di competenza esclusiva statale. E ancora; quale coesione, giustizia economica e solidariet potrebbero esserci in un paese economicamente spaccato e nel quale le aziende lombarde continuerebbero a vendere i loro prodotti anche nel mezzogiorno del paese? Il paese si salva solo se sar unito; insieme. A sinistra, la sfida stimolante seppur impegnativa. Ambrosoli, il candidato civico alla Presidenza, dovr saper parlare allintera societ lombarda a partire dalla tutela degli ultimi e delle fasce sociali pi deboli.

Per tornare a vincere anche in Lombardia necessario trasmettere passione, intelligenza politica, capacit di ascolto e di inclusione, conoscenza dei problemi, proposte concrete realizzabili per la loro risoluzione. Passione, soprattutto, senza pregiudizi nei confronti dei partiti che lealmente sostengono Ambrosoli e che possono, nonostante tutto, fornire idee e persone che possono aiutare Ambrosoli e la coalizione di centro-sinistra a raggiungere un risultato storico. Condivido le parole di Giuliano Pisapia intervistato il 16 gennaio da Radio Popolare ricreare lentusiasmo che manca, essere protagonisti del cambiamento, costituire comitati a sostegno della candidatura di Ambrosoli. La sinergia fra buona politica e cittadinanza attiva pu (anzi deve) essere vincente. Nel maggio del 2011, a Milano, stato cosi. Con tempi e modalit diverse ovviamente, quella meravigliosa esperienza, pu riprodursi a livello regionale. Da parte nostra (lista Etico Per unaltra Lombardia a sinistra), limpegno quello di convincere la stragrande maggioranza dei cittadini lombardi indecisi; lo faremo, come nostro costume, strada per strada porta a porta (furono queste le parole rivolte da Enrico Berlinguer ai militanti del partito comunista italia-

no nel suo ultimo comizio, a Padova nel giugno del 1984) proponendo i nostri contenuti programmatici e quelli della coalizione. Modifica radicale dello statuto regionale con estensione dei diritti civili e dei migranti, reddito di cittadinanza per inoccupati e disoccupati con indicazione delle risorse reperibili per il suo finanziamento, mobilit e crescita rispettosa dellambiente, legge regionale di contrasto alle delocalizzazioni produttive, sostegno pubblico delle politiche industriali, legalit dellazione amministrativa (buon andamento, imparzialit e trasparenza della stessa), lotta alla criminalit organizzata attraverso il controllo nella gestione dei rifiuti, delle bonifiche ambientali e della filiera dei sub-appalti, difesa della scuola pubblica con rilancio delle risorse a essa destinate, riorganizzazione della burocrazia regionale, difesa della sanit pubblica con conseguente eliminazione degli sprechi accertati sotto il profilo del bilancio regionale e delle Asl. Molti di questi punti programmatici, sono gi contenuti nel programma del patto civico a sostegno della candidatura di Umberto Ambrosoli. un primo risultato. Anche in Lombardia si pu cambiare. Naturalmente, con passione.

LISOLA CHE AVANZA UN QUARTIERE PARADIGMA Pier Vito Antoniazzi


Non c solo Monti che sale . C anche il quartiere Isola di Milano. E non parlo solo dei grattacieli (le tre torri di Unicredit, la pi alta delle quali, con la cuspide a spirale arriva a 231 metri, il Bosco verticale di Boeri, e altri ancora), parlo anche di un quartiere storico che avanza. Non avanza solo nel senso che avanzato dalle trasformazioni urbanistiche della metropoli (e spesso i piatti avanzati il giorno dopo sono pi buoni, come le lasagne che fanno la crosta). La sua conformazione di inizio secolo (case con appartamenti di taglio piccolo, botteghe artigianali singole che sono divenute negozi di vicinato, monumenti attrattivi come il Santuario della Fontana o la Fonderia Napoleonica, spazi culturali come due teatri) ha consentito un mix sociale straordinario. Nelle case (molte in affitto sia pubbliche che private) si sviluppato un ricambio generazionale "soft". Agli anziani si sono affiancati i giovani (single, coppie, coppie con un figlio compatibilmente col tipo di unit abitative). La tradizione artigianale dellIsola si trasformata in una rete di negozi e laboratori, studi professionali, imprenditoria giovanile. I pubblici esercizi (ristoranti, bar, locali, pasticcerie, ecc.) si sono sviluppati con alcune punte deccellenza ma senza avere il carattere invasivo e totalizzante di altri quartieri (quelli della movida per intendersi). Tutto ci in parte un fiume spontaneo che si incanala negli argini di un tessuto urbano precostituito, ma in parte frutto dellazione cosciente di alcuni soggetti. Il soggetto pi robusto che ha lavorato alla creazione della nuova Isola (denominata Porta Nuova) stato Hines Italia condotta da Manfredi Catella. Si pu continuare a discutere su questo enorme intervento urbanistico (lo ha fatto il 10 gennaio lEspresso con un articolo di Enrico Arosio che evidenzia limprinting statunitense neokennediano della progettazione della multinazionale immobiliare di Chicago) che prevede un parco di 9 ettari che far da connettivo tra vecchia Isola e Porta Nuova , diversi grattacieli, una grande piazza su cui si affacceranno la sede centrale di Unicredit (4000 dipendenti e anche la loro galleria darte), libreria Feltrinelli, palestra Virgin, etc , una straordinaria attenzione alla sostenibilit energetica e allaccessibilit pedonale e su ferro (treni, passante, metro). Ma una cosa non si pu negare: si sta realizzando unopera controcorrente che ci sta dando il nuovo centro, la nuova piazza di Milano. Ora si tratter di vedere se il vecchio e il nuovo si parleranno. Se le diversit urbanistiche e sociologiche costituiranno una ricchezza attrattiva di cultura, lavoro, turismo

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www.arcipelagomilano.org oppure se ogni soggetto andr per la sua. Da questo punto di vista c un altro soggetto (plurale e un po frammentato) che ha il suo baricentro nel quartiere storico. Tra le miriadi di associazioni, cooperative, comitati dellIsola voglio raccontare delliniziativa delle associazioni commercianti per due motivi, il primo che le conosco essendone stato protagonista, la seconda che pur essendo iniziative piccole e con risorse ( un eufemismo) limitate, hanno un significato emblematico di un modo di intendere e praticare la vivibilit e il miglioramento del quartiere. LAssociazione Borsieri Garibaldi e lAssociazione Isola Revel fanno parte del Distretto Urbano del Commercio (DUC ISOLA) promosso dal Comune (Assessorato Attivit Produttive) e a cui partecipano Unione del Commercio, Consiglio di zona 9 e Fondazione Catella. dunque un tavolo di confronto tra vecchio e nuovo e una piccola cabina di regia. Nel luglio e a settembre con I gi oved allIsola le associazioni hanno sperimentato isole pedonali temporanee in occasione di eventi molto partecipati e diffusi. Nel mese di dicembre il DUC Isola ha realizzato: luminarie omogenee in tutto il quartiere (60 punti dal 1 dicembre al 6 gennaio); due mercatini di Natale in via Borsieri (6 e 23 dicembre); posizionamento di due alberi di Natale su strada; affissione sugli alberi di decorazioni di carta con scritte sullamicizia e la solidariet ideati e realizzati dagli alunni di seconda elementare della scuola di via Dal Verme; concorso miglior vetrina di Natale a cui hanno partecipato circa 25 negozi. Tutte iniziative a basso costo ma ad alto gradimento partecipativo, con creazione di legame tra soggetti del quartiere, con incoraggiamento alla reazione alla crisi da parte degli operatori economici. Tutto questo mentre nella piazza Gae Aulenti si realizzava; mercatino di Natale tirolese, pista del ghiaccio per tutti, alberi e ulteriori addobbi luminosi, Befana dei bambini. I prossimi avvenimenti previsti allIsola sono: Festival Internazionale di clown a febbraio, Fuorisalone ad aprile, Ahum jazz Festival a maggio, ancora giovedi allIsola a giugno e luglio, fuorisalone della moto a novembre. Insomma lIsola vive di socialit, di cultura, di dialogo e continua ad attirare pubblico dallarea metropolitana e oltre. Con il suo mix di storia e futuro, di case di ringhiera e di grattacieli, di vita in strada e di spazi pubblici, lIsola potrebbe essere il paradigma del nuovo abitare, il modo nuovo di riprenderci la citt. Di sicuro una sfida aperta. E in epoca di crisi non poca cosa.

NOTE SUL PGT: LUOGHI URBANI TRA GOVERNO E DISEGNO DELLA CITT Renzo Riboldazzi
Il nome lo lascia intendere: Piano di Governo del Territorio, come a dire: non uno strumento che esprime semplicemente un progetto delle forme e delle funzioni per un determinato ambito territoriale ma un piano per il suo governo. Qualcosa che dovrebbe indicare una direzione, una guida politica o morale (vocabolario Treccani), una strategia per la gestione politicoamministrativa del territorio comunale. Fin dalla denominazione, il sostituto del vecchio piano regolatore sembra dunque lasciare in secondo piano il disegno dei luoghi urbani: delle strade che quotidianamente percorriamo, delle piazze ove vorremmo sostare, di ci che inevitabilmente vediamo intorno a noi. La cosa non priva di logica. I tempi lunghi delle trasformazioni urbane e territoriali e dunque il possibile mutamento delle condizioni economiche, politiche e sociali nel quale ogni intervento ha una sua ragion dessere nonch il coacervo di norme, vincoli e interessi con cui ogni piano urbanistico deve fare i conti richiedono strumenti flessibili, di indirizzo, in grado di garantire appunto il governo di un territorio senza vincoli eccessivi come potrebbero essere considerati quelli morfologici stabiliti a priori da un piano urbanistico di carattere generale. Da questo punto di vista anche la pianificazione ordinaria del secondo dopoguerra andata in tale direzione. A parte alcuni casi esemplari, per anni i piani regolatori hanno definito destinazioni funzionali, quantit edificatorie, tipologie edilizie delle nostre citt. Hanno fissato i tracciati di nuovi tronchi stradali o ferroviari. Hanno stabilito la collocazione e il dimensionamento di servizi e attrezzature collettive. Ma poco hanno detto della loro forma in rapporto ai luoghi, della loro capacit di produrre spazi collettivi dal carattere urbano, civile. Si cio creduto, non senza qualche ingenuit, che semplicemente controllando funzioni e quantit di determinati ambiti territoriali si sarebbe dato vita a luoghi e paesaggi di qualit. Cos per non stato, soprattutto dal punto di vista dellarchitettura degli spazi pubblici, della loro urbanit. Il Piano di governo del territorio di Milano riapprovato nei mesi scorsi (22 maggio 2012) dopo la parziale revisione della precedente versione voluta dalla nuova maggioranza in Consiglio Comunale e recentemente entrato in vigore (21 novembre 2012) ha per certi versi tentato di invertire questa rotta. Pur con qualche ambiguit concettuale, riconosce infatti che lo spazio pubblico (soprattutto il verde) elemento fondamentale dellabitare urbano e, per dirla con le parole del piano stesso, il presupposto principale per ripensare una citt costruita intorno alluomo. Tuttavia, nel nome dello scarto metodologico con la pianificazione tradizionale, esso sembra non considerare con sufficiente attenzione che alcuni dei principali meccanismi di ingegneria urbanistica che lo connotano, pur offrendo inedite potenzialit progettuali, ne minano alla base il disegno. Dispositivi tecnici come lindice unico di utili zzazione territoriale e la relativa possibilit di trasferimento dei diritti edificatori o lindifferenza funzionale forse garantiranno una migliore governance del territorio (consideri amo questa eventualit anche se pi di un osservatore sostiene che non sar cos). Probabilmente risolveranno alcune delle contraddizioni economiche, sociali o funzionali determinatesi nella seconda met del secolo anche per come furono impostati i piani del dopoguerra (idem come sopra). Lasceranno per essenzialmente irrisolta la questione della relazione tra urbanistica e architettura nella costruzione degli spazi aperti che, come la storia della citt europea insegna, elemento fondamentale per il disegno di luoghi urbani belli e ospitali. N la promozione di concorsi o lassoggettamento degli interventi edilizi al parere della Commissione per il paesaggio, n il sistema di contrappesi messi in campo (come le indicazioni morfologiche o il convenzionamento degli aspetti tipologici e planivolu-

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www.arcipelagomilano.org lizzarsi sul processo pi che sul risultato finale, sulla regia pi che sul disegno sembra non considerare appieno le potenzialit della prefigurazione di luoghi e paesaggi che allo stesso tempo strumento progettuale essenziale e premessa a qualsiasi momento di consapevole confronto democratico. Per concludere: non tutti gli effetti di un dispositivo complesso e sperimentale come il Pgt di Milano esito non proprio felice di un percorso lungo e accidentato che ha lasciato segni indelebili sulla sua struttura e sui suoi contenuti sono facilmente

metrici) sembrano poter colmare questa lacuna. auspicabile che lo possano i piani attuativi relativi, per esempio, agli ex scali ferroviari e alle caserme in dismissione o i grandi progetti di interesse pubblico (cinture, raggi, epicentri) presentati schematicamente e con largo uso del condizionale. Fuori da questi ambiti, di significativa entit ma pur sempre circoscritti, lencomiabile obiettivo di riportare al centro la citt pubblica (A. L. De Cesaris) appare indebolito dalla stessa matrice culturale del piano che nel suo programmatico foca-

prevedibili. Dal corpo a corpo con la realt politica, economica e sociale potrebbero risultare vincitori o sconfitti aspetti inattesi, soprattutto sul lungo periodo. Tuttavia, per quanto riguarda i luoghi urbani ragionevole supporre che, rendendo labili elementi basilari del disegno degli spazi collettivi come i volumi architettonici e i loro modi duso e abbandonando a logiche imprevedibili la loro distribuzione e relazione, il piano corra il rischio di reiterare gli errori dellurbanistica che vorrebbe rinnovare.

URBANISTICA: BENI COMUNI E GOVERNO BREVE Giancarlo Consonni


La crisi economica sta mostrando tutti i limiti della politica per come si venuta configurando negli ultimi decenni: il suo essere calibrata sulla ricerca del consenso nel breve periodo (quello dei mandati elettorali). Questo ha contribuito a lasciare fuori dallagenda politica molte questioni strategiche, in particolare su due versanti: 1) la competitivit dei contesti regionali in uneconomia globalizzata; 2) la qualit della vita e la crescita culturale. Per limitarci allItalia, sul primo versante spicca lassenza di una politica di potenziamento della ricerca e della formazione; sul secondo parlano lo scempio che si consumato nellambiente e nel paesaggio e il regresso civile (di cui il basso livello della politica indicatore primario). Pensare di uscire dalla crisi senza affrontare questi nodi strutturali non pu che portare a ulteriori fallimenti. Su un punto almeno sembra crescere la consapevolezza: uno sviluppo che torni a basarsi sulla rapina e la dilapidazione dei beni comuni non ha futuro. Ma qui bisogna intenderci. Le regole scritte e non scritte, le buone maniere, la socialit e lurbanit sono beni comuni non meno dellaria, dellacqua, del suolo, delle infrastrutture pubbliche e del patrimonio culturale in senso lato. In altre parole lorizzonte va allargato a tutto quanto concorre a definire il grado di civilt e a dare alla convivenza un carattere civile. Se sulla sostenibilit ecologica i politici pi avvertiti provano a delineare programmi e a prendere impegni, sulla sostenibilit sociale latitano. O meglio: mentre la destra punta su sorveglianza e militarizzazione pensando che la politica della paura paghi in termini elettorali, la sinistra stenta a comprendere che lurbanit una risorsa: che vi sono pratiche che concorrono a garantire la sicurezza semplicemente favorendo le relazioni sociali e migliorando la qualit dellambiente di vita. I politici nostrani sembrano ignorare che la qualit della vita e delle relazioni sociali dipendono non poco da come si dislocano le attivit umane, si strutturano le relazioni e si definiscono gli assetti insediativi, la spazialit e la qualit architettonica dei luoghi. A loro volta gli operatori privati, a cui molto delegato in questo ambito, si dimostrano per lo pi indifferenti finendo per danneggiare se stessi, non comprendendo che la qualit urbana essenziale anche per la riuscita delle loro iniziative. Di tutto questo non c traccia nei programmi di chi si candida ad amministrare la Regione Lombardia nei prossimi cinque anni. Anche lottimo Ambrosoli su questo fa scena muta. E il silenzio della politica vecchia e nuova rinvia a un vuoto pi ampio: mostra i gravi limiti dei saperi specialistici che si arrogano competenze esclusive in materia (mentre si pongono come consiglieri del Principe), per non dire dellanalfabetismo di massa su questi temi. Occorre una grande mobilitazione di intelligenze e di energie per cambiare rotta. C da vincere una sorta di rassegnazione, di senso dellineluttabile, che ha portato di fatto al non governo della trasformazione dellambiente fisico. Con il risultato che dissipazione delle energie e disgregazione caratterizzano la cosiddetta citt diffusa, mentre si offrono varchi per lassalto a quel che rimane della citt compatta. La legge urbanistica della Regione Lombardia la legge12 del 2005 stata generata dallidea che occorresse facilitare quanto possibile lintervento privato, ovunque e comunque. La possibilit di trasferire gli oneri di urbanizzazione al bilancio corrente ha poi trasformato i Comuni in soggetti cointeressati alla devastazione, quando invece andavano sollecitati a svolgere il compito di custodi dei beni comuni e di guida delle trasformazioni. Le gravi carenze in fatto di cultura della citt in funzionari, tecnici e amministratori ha fatto il resto. Intendiamoci: lalternativa non pu essere la semplice urbanistica delle regole e dei vincoli. Senza una politica attiva, regole e vincoli si riducono ben presto a fragile diga. Del resto a determinare la sconfitta della gloriosa urbanistica degli standard stato anche il disinteresse, quando non lincapacit, dei suoi protagonisti sul fronte del disegno urbano e del paesaggio. Invece che rinserrarsi in una difesa delle posizioni, la battaglia andava e va estesa dimostrando come possa essere governata la tendenza insediativa (in una visione organica col sistema dei trasporti) e come debbano essere organizzati gli insediamenti per assicurare insieme efficienza, competitivit e sostenibilit ecologica dei contesti metropolitani, una migliore organizzazione della vita associata e, non meno necessaria, la bellezza ospitale dei luoghi e dei paesaggi. Ma sulle ragioni e sui valori civili che dovrebbero presiedere al governo delle trasformazioni territoriali e al disegno urbano urbanisti e architetti, e gli stessi cultori delle scienze sociali, hanno da tempo scelto di non misurarsi e comunque di non esporsi, contribuendo in tal modo al diffondersi di un senso dimpotenza. Si spiega cos la delega totale alliniziativa privata nel definire i quadri ambientali e la scena della vita individuale e collettiva: unege-

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monia legittimata solo dal mercato e non certo da meriti guadagnati sul campo. La stessa fortuna degli archistar uno dei frutti di questa delega senza condizioni: la povert delle realizzazioni che portano la loro firma, per non dire dei fallimenti che li vedono coinvolti, sono tra i risultati di questi decenni di non governo. Oltretutto il rapporto pubblico/privato nella trasformazione dellambi ente fisico asimmetrico: non c equilibrio fra gli oneri di cui viene caricata la pubblica amministrazione nella realizzazione e manutenzione delle infrastrutture (in senso lato) e la rendita di posizione incamerata dalla propriet immobiliare: il conto decisamente a favore di questultima. Se poi si aggiunge la ricaduta

che le scelte urbanistiche hanno sul terreno delleconomia e su quello della vita individuale e collettiva, ci sono solide ragioni per rivendicare la ridefinizione del potere contrattuale dello Stato e degli Enti Locali. Vani sarebbero per gli sforzi in tal senso se non si mettesse in moto un profondo cambiamento culturale e politico, che coinvolga in primo luogo chi, a vario titolo, ha responsabilit nel governo e nella gestione delle trasformazioni dellambiente fisico Ma per essere efficace la crescita culturale deve interessare lintero corpo sociale. questa una delle ragioni di fondo che deve portare a una radicale revisione della legge 12 (che, mentre contempla fasulle procedure di partecipazione, negli

ultimi aggiornamenti arriva addirittura a contemplare la possibilit di esautorare i consigli comunali dalla discussione su importanti scelte urbanistiche). Troppe volte il coinvolgimento dei cittadini stato declinato nellottica della conquista del consenso. La partecipazione va invece vista in chiave di crescita di una cultura estesa sui temi dellambiente e della conformazione fisica degli insediamenti e dei paesaggi. Occorre che i progetti vengano adeguatamente presentati ai cittadini, istituendo un ponte fra esperienza di vita e saperi tecnico-disciplinari cos da fare della discussione sulle alternative un fondamentale momento di crescita civile.

LIBRI O NON LIBRI. THAT IS THE QUESTION Andrea Bonessa


Se sia meglio per lanima portarsi in giro un libro da nove etti o disporre di tutta la propria biblioteca in un semplice Kindle. O, meglio ancora: pi di sinistra far pagare dodici euro un libro o nove euro un ebook? Le librerie milanesi (e non solo) sono in crisi. Articoli lacrimevoli, intellettuali sconsolati per la morte della cultura, peana di scrittori orfani e artisti diseredati. Tutti a piangere la lenta agonia delle cattedrali della carta salvo poi guardarsi bene dal mettere mano al portafoglio per soccorrere i disperati librai che, secondo loro, solo per passione, diletto e piacere, hanno dispensato negli anni cultura a piene mani. Solo il Comune, con delibere e azioni mirate, cerca di correre ai ripari. La giunta, ma soprattutto gli Assessori al Commercio e alla Cultura, stanno facendo di tutto per facilitare la vita ad alcuni librai in evidente e inarrestabile crisi, ma sempre con interventi indirizzati a singoli casi e non allintero settore. Mentre Scognamiglio chiude la storica libreria antiquaria di via Rovello, Hoepli mette in cassa integrazione sessanta dipendenti, Utopia si sposta in periferia, le sedi Rizzoli, Feltrinelli, Bocca e il negozio della Tipografia dello Stato beneficiano di un affitto di favore per poter rimanere e sopravvivere in Galleria Vittorio Emanuele, e un gruppo di piccoli commercianti riuniti in Associazione sotto la romantica definizione di Associazione delle librerie indipendenti milanesi (indipendenti da chi?) si vedono promettere dai vari Assessorati la disponibilit di locali di propriet comunale a prezzi fortemente calmierati. Ma siamo sicuri che questa sia la strada giusta? Siamo sicuri che: 1 sia utile investire in settori non pi produttivi e che non lo saranno pi in futuro tralasciando di incentivare attivit che caratterizzeranno la vita dei nostri figli e nipoti? 2 sia equo discriminare tra le attivit che si ritengono culturali e quelle che invece si pensa non lo siano, secondo parametri soggettivi e legati al nostro passato, penalizzando le seconde, additate come esclusivamente commerciali e quindi non meritevoli di attenzione? 3 sia giusto privilegiare alcuni soggetti rispetto ad altri con interventi ad personam rispetto a quelli a favore di tutto il settore a cui appartengono? 4 non sia meglio ricavare il maggior reddito possibile dai gioielli di famiglia per destinarlo al welfare sociale o a favore di interi settori economici invece che svenderlo per tamponare situazioni contingenti? Riguardo al primo punto inconfutabile che i maggiori risultati per la collettivit si ottengano investendo negli ambiti trainanti e promettenti delle nostre economie. Solo da questi infatti potranno arrivare le risorse con cui alimentare anche le attivit a redditivit negative ma necessarie e indispensabili per una equilibrata convivenza sociale. Nello specifico dobbiamo chiederci se abbia senso sovvenzionare le piccole librerie quando sappiamo tutti che nei prossimi anni la digitalizzazione delleditoria e la necessit di concentrazione degli investimenti e dei costi ne determineranno una progressiva scomparsa. Non siamo di fronte a un inutile accanimento terapeutico? Passiamo al secondo punto. Non si tratta di un conservatorismo un po snob continuare a pensare che ci siano delle attivit pi culturali rispetto ad altre, stilando una classifica di meriti assolutamente soggettiva e legata al passato, negando il ruolo divulgativo e democratico, fortemente democratico, che le nuove tecnologie possono svolgere? Siamo veramente convinti che vendere un libro sia pi culturale che offrire un computer, che linformatizzazione sia nemica del pensiero e della speculazione intellettuale, e che se non si respira lodore della carta i fratelli Karamazov non saranno la stessa cosa? Pensiamo veramente che Leggere significa toccare un oggetto che pu avere valore maggiore del suo contenuto, per dirla con Umberto Eco, e che questo aiuti la diffusione e crescita culturale? Ma non mostruoso che per difendere lultimo baluardo si arrivi addirittura a patrocinare libri il cui contenuto di valore inferiore al contenitore, anteponendo la forma alla sostanza, la presentazione del pensiero al pensiero stesso? Ammesso e non concesso che la difesa della nostra cultura passi attraverso il sostegno alle librerie, perch alcune e non altre? Perch non tutte senza discriminazione? Perch salvare la Libreria Bocca e non la Scognamiglio, aiutare Rizzoli

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www.arcipelagomilano.org e non Utopia, tenere aperta la Tipografia dello Stato che ormai vende oggetti di fatuo collezionismo e non il mitico negozio di Gadget degli anni 80? Perch quanto stato dato ad alcuni non viene diluito su tutti gli operatori della cultura editoriale? Cosa unisce, se non la toponomastica, Rizzoli e la libreria Bocca? E cosa cambierebbe a Bocca se fosse in via Torino invece che in galleria, data la forte e singolare specializzazione del suo prodotto? Il quarto quesito pu aiutarci a chiudere il cerchio. Non sarebbe stato meglio affittare i locali della galleria ai signori della moda che erano disposti a pagarli a peso doro, quelli che quando fa comodo sono il fiore allocchiello di Milano, per poi ridistribuire quanto incassato a tutta la citt sotto forma di servizi e riduzione di costi per i cittadini Il denaro perso con lo sconto alle librerie della Galleria rimarr in tasca a chi era disposto a versarlo nelle casse del Comune, le librerie elette non produrranno un maggiore reddito e non venderanno un libro in pi, e anche i cittadini rimarranno a bocca asciutta e quindi non avranno un solo euro in eccesso per comprare un romanzo o un saggio in edizione economica. E anche se avessimo voluto indirizzare i proventi degli affitti in ununica direzione non era forse meglio mettere a reddito culturale il vil denaro di Calzedonia & Co aiutando tutte le librerie di Milano con una riduzione dei balzelli e tasse, da quelle per le insegne alla Tarsu, dallImu alla Cosap e cos via, riducendo i costi di tutti gli operatori? Una proposta che invece, giustamente, sembra in cantiere a favore dei teatri milanesi per cui si ipotizzata una riduzione indifferenziata dellImu? E in ultimo, ma non ultimo, una considerazione generale tranquillamente applicabile anche allofferta culturale. Quando supereremo latavica avversione ideologica verso le grandi catene commerciali (esclusa la Coop naturalmente) per correre in soccorso delle pseudo attivit indipendenti, che non riusciranno mai a offrire i loro prodotti a prezzi concorrenziali e quindi accessibili a tutti, meno abbienti compresi, rendendo veramente disponibile e democratica la conoscenza culturale?

VIGORELLI: A CHE PUNTO LA NOTTE? Romolo Buni


Il Velodromo Vigorelli - Maspes forse il velodromo pi famoso e importante a livello storico del mondo, ma giace da anni in coma vigile. Ai primi di ottobre del 2012 stato lanciato dal Comune di Milano un concorso di progettazione per la riqualificazione che ha visto il 21 dicembre la chiusura della prima fase (basata essenzialmente sul concept) con l'ufficializzazione dei dieci progettisti finalisti che, passando alla seconda fase, dovranno sviluppare i progetti per determinare il vincitore. Il bando (clicca qui) concedeva incredibilmente ai progettisti la possibilit di demolire la pista mantenendone una porzione come ricordo storico (si veda il punto 4.3 "nel caso in cui venga ipotizzata lintegrale rimozione della storica pista in legno, al concorrente richiesto di valutare la possibilit di conservare () una porzione della stessa () allo scopo di rievocare la memoria storica..."). Ma come si pu conservare la memoria storica di un velodromo se nessuna certezza stata data al mantenimento della pista e quindi del ciclismo al suo interno? Mai come nel caso del Vigorelli, infatti, una struttura cos strettamente collegata alla sua funzione, risultandovi tanto interconnessa da rappresentare allo stesso tempo un monumento storico (di fama internazionale), un simbolo della citt (come lo Stadio di San Siro o il Castello Sforzesco) e una risorsa per la cittadinanza (vista l'importanza sociale per la citt che ha sempre rivestito il ciclismo). L'assessorato avanza legittimamente l'esigenza che il Vigorelli smetta di avere un bilancio in perdita e garantisca una sostenibilit anche attraverso una multidisciplinarit che vada dallo sport a eventi & concerti. Ma tutto ci sarebbe possibile anche mantenendo la pista, il che avrebbe suggerito un rilancio della struttura col ciclismo non come mera possibilit o alternativa. Ci si chiede se non ci fosse la maniera di studiare meglio prima la sostenibilit di un'attivit comprendente il ciclismo su pista (disciplina nuovamente emergente nel mondo e che sta avendo nuovo grande successo tra i giovani), anche attraverso progetti di gestione, per poi indire un bando di progettazione che partisse da tale irrinunciabile requisito. Al contrario il bando stesso scritto con un tono che pare quasi voler scoraggiare i progettisti dal mantenere la pista, punto 1.2 del regolamento: " ipotesi che possano prevedere ANCHE il riutilizzo della storica pista di ciclismo in legno. In tal caso, i progettisti dovranno opportunamente considerare le CRITICIT legate al suo mantenimento. Non un esplicito lasciate perdere! ma quasi, il che desta qualche perplessit in considerazione anche del fatto che la decisione politico/ sportiva su quale linea editoriale scegliere per il futuro del Velodromo venga demandata da un siffatto bando (che desta peraltro perplessit regolamentari, come avvertito su queste stesse pagine clicca qui e su edilizia e territorio del Sole 24ore e qui) a motivazioni puramente architettoniche (traduzione: si sceglier cosa fare del Vigorelli in base a quale progetto piacer di pi alla commissione tecnica). Tanto pi che la commissione della prima fase non ha visto presente nessun esperto ciclistico ma solo funzionari amministrativi e architetti, in gran parte designer o paesaggisti: un trattamento quasi da piscina comunale o capannone di periferia a cui trovare una funzione che ne giustifichi lesistenza. Senza farsi prendere dal pessimismo e compatibilmente con le scarne notizie relative ai dieci progetti finalisti (vige lobbligo di riservatezza) ipotizzabile quindi che alcuni non prevedano la pista e che uno di essi possa alla fine risultare vincitore. Pesa poi lenigmatica posizione della Federciclismo, che da una parte ha storicamente manifestato disinteresse per le sorti del Vigorelli (in spregio allenorme bacino dutenza) e della disciplina della pista in generale (la gloriosa nazionale italiana ha presentato alle ultime Olimpiadi un numero di pistard pari a..uno!) - con difficolt che si avvertono anche nel ciclismo su strada in categorie normalmente sviluppate in pista (in particolare velocisti e cronomen, al contrario ad esempio dellInghilterra che infatti sulla Pista investe da anni) e dallaltra ha presentato per fini elettorali dellappena rieletto Presidente un progetto di rilancio attraverso nuovi velodromi in provincia. Al di l di una certa incoerenza sospetta, vien da ricordare come (con le dovute proporzioni) nel momento in cui al Teatro alla Scala l'impianto (e in particolare la torre scenica)

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cominci a non essere pi sufficientemente adeguato, lo si restaur come meritava, ma nessuno pens di abbatterlo o convertirlo perch nel frattempo era stato costruito il Teatro Arcimboldi!

Nubi minacciose si addensano quindi sul Vigorelli, col rischio che finisca come un vaso di coccio tra troppi interessi extrasportivi, in spregio alla storia e alla cittadinanza, che in questo momento incrocia

le dita e spera di non trovarsi di fronte ad un nuovo scempio come per il Palazzetto dello Sport di San Siro o il Velodromo Olimpico di Roma

INNOVAZIONE PER LA SOSTENIBILIT Rita Bramante


Parola d'ordine sustainable innovation, cio quell'innovazione capace di mettere a valore le dimensioni di sostenibilit ambientale, risparmio di risorse, coesione e inclusione sociale, quali elementi caratterizzanti una nuova forma di sviluppo di senso civico e solidariet tra i cittadini. Sulla base di questi presupposti un gruppo variegato di professionisti autori, editori, studiosi, critici e altro ancora - ha fondato doppiozero, che si propone come comunit di lavoro aperta e collaborativa, alla ricerca di idee e modi nuovi di fare cultura in Italia e di progetti ad alto grado di innovazione sostenibile. Per passare dalle idee ai fatti doppiozero ha promosso insieme ad altri partner cheFare, piattaforma culturale che invita imprese sociali ad attivare network territoriali al fine di creare nuove collaborazioni e relazioni che siano sociali negli scopi e nei mezzi. (1) cheFare uno strumento che si propone di premiare l'impatto sociale, cio leffetto che un'attivit pu esercitare nei confronti del territorio e della collettivit, inteso in termini di benefici non necessariamente o immediatamente economici. Su cinquecento progetti presentati entro novembre, un team di esperti ne ha selezionati una trentina, che concorrono per il primo premio e possono essere votati sulla piattaforma dedicata. Alcuni progetti si propongono di valorizzare e di rendere accessibili in rete i beni culturali e i luoghi di interesse artistico italiani, anche minori e di creare attorno a essi delle comunit disposte a mettersi in gioco con le proprie competenze e esperienze. Tra questi, a titolo di esempio, historyCUBE, un grande archivio virtuale, pensato per ogni citt e area territoriale, al quale possibile accedere su pi livelli di informazione riguardanti le specificit del territorio, dati storico/archeologici, ambientali, sociali e molto altro. Ogni historyCUBE cittadino avrebbe la potenzialit di raccontare ci che la citt stata, preservando la memoria per le generazioni future, e al tempo stesso di condividere la costruzione di nuova storia, coinvolgendo i cittadini in maniera pi partecipata. Attraverso la progettazione di laboratori per costruire solidariet e rafforzare la responsabilit sociale, altre ipotesi di lavoro si fanno carico di tentare una riqualificazione di quartieri degradati di grandi citt e di offrire ai giovani occasioni di rafforzamento delle potenzialit locali, anche attraverso la rete. C' chi alla ricerca di risposte innovative alla domanda di cultura degli utenti finali per costruire su di essa gli eventi di artisti emergenti o per dar vita al cinema on-demand che riesca a portare nelle sale anche film e produzioni indipendenti e d'autore, in genere ai margini dei circuiti tradizionali della distribuzione nazionale. C' anche chi promuove idee per il turismo sostenibile, come quella del ciclodramma lungo la pista ciclabile della Valsugana (attraverso un'applicazione che sfrutta il gps integrato il ciclista pu immergersi in racconti e storie capaci di intrecciarsi al paesaggio) o dei workshop sensoriali per esplorare i confini tra arte e territorio nelle Langhe di Pavese. Il vincitore sar proclamato a fine gennaio. (1) Avanzi, Fondazione <ahref, Make a Cube3, Tafter, Eppela, Meet the Media Guru, Domenica - Il Sole 24 ore

CARO MARAN, DIPENDO DA TE Giulia Mattace Raso


Ebbene si, l'anno scorso ho rinunciato all'auto, del tutto, e ho due bambini piccoli: dipendo in tutto e per tutto dalle scelte di Maran sulla mobilit. Atm, bike sharing (dopo il furto della bicicletta ..), car sharing, alternativamente. La mia scelta non viene premiata, ero in leasing e quindi non avevo niente da rottamare, non ho uno sconto complessivo sui tre servizi per questa scelta radicale. Pazienza (?), mi far bastare la buona "coscienza ambientale" di investire sulla salute dei miei figli... E ringrazio i GenitoriAntiSmog per aver vinto la battaglia della gratuit sui mezzi pubblici per i minori di 14 anni. Posso vantare il punto di vista privilegiato di chi sconta sulla propria pelle gli effetti delle strategie sul trasporto pubblico: sono l a valutare la logica del servizio e mi alambicco per trovarne la ratio come se fosse mia. D'altronde ATM una controllata al 100% dal Comune e quindi davvero un po' anche mio. Valuto la qualit del servizio sulle cose spicce, quelle che nei fatti fanno la qualit della vita. Il pi delle volte mi scontro con la diversa concezione del tempo che abbiamo io e Atm. E si che il tempo non un fattore secondario in questo caso. Pago un biglietto che ha una durata, ma con le nuove tessere magnetiche non sono in grado di verificarla, non so pi a che ora ho timbrato, la visualizzazione sul display veloce, e in metr con i tornelli bloccati in uscita rischio anche di essere penalizzata, e in partenza non ero una "portoghese". Quando uso il bike sharing la prima mezzora gratuita: ma quando ritiro la bicicletta lo schermo sulla colonnina non riporta lora, e ancor meno quando la riconsegno, sicch solo a fattura inviata scoprir di quanto ho sforato. Per segnalare anomalie devo telefonare al numero verde dellAtm, e aspettare che l'operatore mi risponda, dopo aver decifrato le opzioni a cascata che la voce registrata mi propone per parlare con la persona giusta. Non potrei sempli-

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www.arcipelagomilano.org cemente usare l'interfaccia sulla colonnina? Tre opzioni di danno e via... Bike-mi dovrebbe essere ben in grado di sapere quale il numero della stazione e il numero della bici, lo stallo in cui lho riposta, non io che nel frattempo mi sono allontanata e che al telefono devo fornire questi dati. Quando si prenota genericamente una macchina col car sharing per verificare la disponibilit si deve indicare un intervallo di tempo e un parcheggio di prelievo. Il sistema in questo caso privilegia la disponibilit oraria, e pur di soddisfarla offre soluzioni alternative su tutta la citt. Valuta che si sia disposti ad attraversarla, senza contare il tempo che ci si dovrebbe mettere. Perch non offrire sempre un prospetto di entrambe le auto di ogni parcheggio? In questo caso la comodit della vicinanza prevalente, e si , credo, piuttosto disposti a organizzare diversamente il proprio tempo. Insomma poter decidere liberamente. Ultima nota: Ricaricami il nuovo biglietto elettronico (la tesserina verde per intenderci), un indubbio vantaggio ecologico. Risparmio di carta, e per Atm riduzione dei costi di stampa e di distribuzione. Possibilit di ricaricarla nelle colonnine dei parchimetri (500 in citt! come recitano i manifesti ... anche in periferia?) di evidente comodit quando si usa la rete notturna. E d'altro canto la protesta dei rivenditori che i biglietti devono andarseli a prendere (taglio dei costi di distribuzione), con il rischio collettivo che visto lo scarso ricavo ci rinuncino del tutto. Forse a perderci non saranno gli over 65, che a torto o a ragione consideriamo meno tecnologici, li immaginiamo in gran parte abbonati (soli 16 euro al mese, una delle prime scelte della giunta Pisapia), ma chi occasionalmente usa i mezzi di superficie. Non volevamo conquistarli?

Scrive Andrea Silipo a LBG


Caro direttore, alla Sua nota aggiungerei questo: io ho paura che nella malaccorta azione che Lei descrive con grande efficacia ci sia non solo del deteriore "carrierismo", il che tutto sommato potrebbe anche starci, come di fatto ci sta sotto i cieli di tutte le politiche di questo mondo; in questa trappola e in questa pochezza sono infatti caduti - e ci mi appare ben pi grave - quei tanti o pochi che hanno aderito per un sincero e, almeno parzialmente disinteressato, interesse a "dare una mano" alle sorti del Paese e alla qualit della politica. Ci sono infatti, in coloro che si sono schierati per Monti, sopratutto nella prima ora, personaggi di levatura certamente superiore alla media dei politici nazionali e che credo onestamente e sinceramente convinti che, con la loro partecipazione, potesse continuare quel clima di politica "alta" che l'esperienza Monti - nella realt o nelle nostre illusioni - ci ha fatto respirare per quasi un anno. E allora ancor pi grave che a costoro, singole e necessariamente disorganizzate espressioni dell'abusata "societ civile", nessuno sia stato sinora capace di offrire una piattaforma - ideale, programmatica, comunicativa e organizzativa - capace di convogliare le singole energie e disponibilit in un progetto politico convincente, aggregante e attrattivo. questo, temo, il grande flop del progetto Monti, che stato inghiottito dal grande gorgo della politique politicienne italiana, che non ha saputo sin dall'inizio della salita in campo marcare con chiarezza la sua alternativit al berlusconismo offrendo una sponda ai milioni di delusi, che caduto in gaffe comunicative clamorose e che ogni giorno che passa non fa che rivelare improvvisazione e mancanza di innovativit. Infine, la cosa pi incredibile che da tanta "fucina" non stia emergendo nessuna nuova personalit forte e credibile, qualcosa di paragonabile a quel Renzi che il PD ha accantonato con la supponenza che negli anni tante volte lo ha fatto deragliare all'ultima curva, rendendolo oggettivamente corresponsabile del disastro dell'ultimo ventennio. Come concludere? Con la speranza che si voti il prima possibile, per evitarci ancora maggiori delusioni e per evitare ai "probo viri" ulteriori inciampi...

Scrive Franco Strada a LBG


"Secondo lei veramente molto pi serio il metodo usato da Bersani nel fare le primarie per i candidati alle varie liste nelle ultime due giornate utili del dicembre 2012, indicando i nomi dei candidati solo poche ore prima delle votazioni senza dare alcuna possibilit ai giornali di raccontarne i curricula, e quindi approfittare poi del fatto che una buona parte dei cittadini non potendo sentirsi coinvolto alla scelta se ne sarebbe rimasto tranquillamente in vacanza cosicch la schiera dei comandati amici della Camusso potesse senza fatica raggiungere la maggioranza delle preferenze e prendere i posti pi alti delle liste?"

Scrive Gianluca Bozzia a LBG


C Io voter e far votare PD. Leggo per i nomi dei primi tre candidati al Senato in Lombardia con Monti e li confronto con quelli del PD: Albertini, Ichino, Mauro vs Mucchetti, Mirabelli, De Biase. Con rispetto per tutti, in termini di credibilit personale, Monti batte Bersani 2 a 1. Poi, certo, i Fini Casini in cui si trover Monti non saranno del livello di queste persone, la cui competenza e disponibilit al dialogo fattivo rimane comunque una bella premessa.

Scriva Claudio Corazza a Massimo Cingolani


Sul sorriso (o meglio sui sorrisi) di Berlusconi io ne so qualcosa. Per il mio passato di musicista, (ora ho un ufficio stampa) tra le mie conoscenze nel settore c'era quella di un mio collega, il quale una volta laureato

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www.arcipelagomilano.org in psicologia, fece la conoscenza con Berlusconi. Il tipo, molto sveglio e con una grande voglia di affermarsi, si propose a Berlusconi con un programma di psicologia mirato a "inquadrare" tutti i suoi dipendenti, che contemplava diverse pratiche e tecniche, fino alla completa spersonalizzazione dell'individuo per ricostruirlo poi a immagine del capo, per mentalit, fedelt e comportamento, dotando tutti coloro che facevano parte dell'entourage di un decalogo da osservare strettamente (una volta fui invitato anch'io a un evento insieme a mia moglie e nell'occasione fu consegnato anche a noi il decalogo di comportamento, che tra i vari "comandamenti" imponeva di sorridere sempre e comunque, perch favorisce l'interazione con i propri interlocutori. E poi, presentarsi sempre con giacca, camicia e cravatta, mai lasciarsi avere il corpo curvo o piegato in avanti, ma ergersi sempre dritti con il petto in fuori, testa sempre pettinata e curata, proibiti i capelli lunghi (anche se in passato, quando li aveva, erano lungi pure i suoi), curare l'aspetto e la pulizia della persona, in modo particolare le unghie, facce ben rasate, (in caso di barba deve essere molto curata), parlare sempre a voce bassa, senza mai alzare la voce (anche se ora lui il primo ad aggredire con prepotenza e arroganza). In caso di una discussione, usare sempre e comunque il sorriso, mostrandosi rilassati e accondiscendenti e tante altre cose del genere che allora consideravo vere e proprie idiozie. Probabilmente il mio amico psicologo conosceva gi molto bene i neuroni specchio, anche se mi diceva che usava metodologie americane con l'utilizzo di computer dedicati, per modificare la personalit degli individui predisposti (un po' come l'ipnosi, su alcuni possibile, su altri no), per cui venivano scelti per il suo staff, solo gli individui sensibili a questa tecnica. Infatti devo ammettere che in qualche modo il sorriso funziona, perch esiste sempre il tipo che si lascia catturare, indipendentemente dalla sua cultura. come l'imbonitore sul mercato che riesce a vendere il suo prodotto miracoloso a qualche inesperta signora (e anche signore). Queste del decalogo non sono balle, ho solo il rammarico di non aver tenuto quell'assurdo volumetto con i comandamenti di nostro Signore Berlusconi. In quanto alla sinistra le do ragione, D'Alema, per esempio, non sorride mai e quando lo fa un sorriso assolutamente forzato, lo si vede benissimo. Cos tanti altri, eccetto Renzi e un po' Bersani, sono tristi, pessimisti e quando va bene sono amorfi, con espressioni statiche, banali e impersonali. Che peccato!

Replica Massimo Cingolani


Gentile signo Corazza, la sua testimonianza interessante, sopratutto per quanto riguarda l'utilizzo di metodi di comportamento condizionanti. Il problema che Berlusconi e i suoi non hanno capito, o meglio fanno finta di non capire, che le Istituzioni non sono un'Azienda, il Popolo non un Cliente e la Democrazia non una Tecnica di Vendita. Purtroppo, alcuni aspetti deteriori del berlusconismo, sono ormai diventati patrimonio comune di tutte le forze politiche.

Scrive Cesare Prevedini a Giuseppe Boatti


Leggendo larticolo di Beppe Boatti, ho pensato: finalmente la verit! Poi mi sono chiesto: ma perch? * Perch i Comitati di Quartiere si sono mobilitati per anni per essere umiliati da questa realt? * Perch tutti coloro, che con pi intelligenza, con pi visione del futuro, hanno visto che quella che Masseroli e i suoi stavano creando era una insensata bolla immobiliare, avendo vinto le elezioni, trovano confermate le scelte di quelle persone che avevano combattuto? * Perch una maggioranza che dovrebbe combattere la rendita parassitaria e di rapina, che la privatizzazione del territorio, se la deve vedere confermata da una maggioranza che dovrebbe privilegiare il lavoro produttivo e linvestimento nellimpresa? * Perch si pu accettare di commercializzare un diritto edificatorio come se fosse un equity o un bond? * Perch concetti economici cos elementari, cos semplicemente liberali, non sono difesi neppure da una maggioranza arancione? * Perch una citt che non pu crescere per ovvie ragioni demografiche viene progettata per accogliere fino a una volta e mezzo la sua popolazione attuale? * Perch una citt che si ferma tre, quattro volte allanno, che potrebbero essere pure dieci, viste le statistiche, per ragioni di salute, cio per laria irrespirabile viene progettata per creare nel futuro problemi enormemente pi gravi? * Perch abbiamo visto le nostre vie storiche pi prestigiose deturpate da sopralzi edilizi sempre pi volgari e questa nuova giunta non immediatamente intervenuta per proibire che continuasse questo scempio? * Perch il Sindaco che ha dato il via a questo disastro candidato a governatore della nostra Regione? * Perch il sindaco Aniasi deliber la costruzione di quattro o cinque parchi pubblici e ora non si pu nemmeno immaginare di rinverdire uno spazio industriale dismesso? * Perch quando pi di ventanni fa, sindaco Pillitteri, usc il progetto del Centro Commerciale al Portello, i Consigli di Zona, i Comitati di Quartiere, la popolazione della zona si ribell e blocc il progetto, mentre ora che si fa mille volte peggio, nessuno si ribella e si accetta inermi questo disastro? * Perch si cambia una maggioranza che ci dirige, se poi le cose pi importanti, come il territorio, la qualit della vita, il verde pi pubblico, la partecipazione collettiva alla determinazione del nostro futuro non ci vengono restituite come nostro diritto? Ringrazio Beppe Boatti per la verit che ci ha scritto. Allepoca in cui lui era nel Consiglio di Zona come Comunista, cero anchio, come Liberale. Era una gran bella societ quella e si sapeva ancora scegliere le cose in base allinteresse comune.

MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola

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rubriche@arcipelagomilano.org Swann alla Societ del Giardino


Mercoled scorso gli Amici delle Serate Musicali - benemerita Istituzione cui tutti i sinceri amanti della musica dovrebbero associarsi per contribuire a tenere accesa una fiammella di speranza affinch Milano continui a essere une delle capitali musicali del mondo - ha organizzato nel salone doro della Societ del Giardino una serata particolare: non era un concerto, n propriamente una conferenza, ma neppure un dibattito (peccato che non si sia data voce al bel pubblico che affollava la sala!), diremmo piuttosto una serata conviviale per suggellare con la musica lamicizia fra lAssociazione ospitata e il Circolo ospitante (la prima una giovane quarantenne, il secondo un aristocratico vecchietto con due secoli sulle spalle). Loccasione era la presenza a Milano - e la disponibilit - di un personaggio singolare e interessante, lamericano (di Williams, in Arizona) Jeffrey Swann, pianista e intellettuale sessantenne poliglotta che - ospite e amico delle Serate Musicale dal 1975, quando a ventiquattro anni vinse il primo Premio Ciani - era stato protagonista due giorni prima di un interessante concerto al Conservatorio dedicato a Wagner and his friends. Passando da Wagner a Brahms e da Mahler a Schnberg, Swann ci ha intrattenuto sul tema della Vienna fin de sicle, cio negli anni fra il 1890 e il 1914 in cui non solo la musica ma anche la letteratura (Musil), la pittura (Klimt, Schiele, Kokoschka), larchitettura (Loos) e persino la psicologia e la medicina (Freud) compivano una trasformazione fondamentale. In un italiano quasi perfetto, e sedendo ogni tanto al pianoforte per qualche esempio musicale, ha descritto latmosfera straordinaria vissuta dalla capitale dellimpero austroungarico prima del suo improvviso e definitivo crollo con la sconfitta della prima guerra mondiale. (Raramente, ha fatto osservare Swann, si verificata nella storia una scomparsa cos rapida e totale di un mondo solido e vasto come quello degli Asburgo). Mentre a Parigi, in quegli stessi anni, si combattevano le certezze borghesi del passato per portare la rivoluzione in tutte le arti, a Vienna gli artisti non immaginavano di rivoluzionare alcunch ma di andare oltre procedendo nellalveo della naturale evoluzione del linguaggio e dellespressione e, insieme agli studiosi e ai pensatori di altre discipline, distoglievano i loro sguardi dal mondo esteriore per dirigerli verso quello interiore, senza rotture con il passato: psicanalisi e dodecafonia, espressionismo e razionalismo, tutto convergeva a cogliere gli umori pi profondi dellio e a distrarsi dalla realt esterna. Lambiente politicosociale aiutava molto questa attitudine allastrazione, perch astratto era lo stato-impero in cui vivevano, cosmopolita e privo di identit nazionale, una societ che parlava tante lingue e coltivava tante religioni, costumi e tradizioni molto diversi tra loro. Vienna era dominata da due sentimenti pervasivi e ossessivi: irrealt e nostalgia. Irrealt in quanto distacco dalla storia e assenza di una comunit politica nella quale misurarsi; nostalgia per qualche cosa che manca - il senso di appartenenza - ma che non si riconosce e non si sa definire. in questa condizione psicologica e sociale che si consuma il passaggio da Wagner (1813 - 1883) e Brahms (1833 - 1897) a Mahler (1860 1911) e Schnberg (1874-1951); abbastanza sorprendente pensare che negli anni novanta, in un clima ancora culturalmente dominato da Wagner (era mancato pochi anni prima) vivevano a Vienna - si conoscevano perfettamente e si frequentavano - lanziano Brahms, Gustav Mahler nel pieno della sua maturit e autorevolezza (diventa il potente direttore dellOpera nel 97, anno della morte di Brahms) e Arnold Schnberg giovane compositore al suo primo capolavoro, la Verklrte Nacht. Anni straordinari, dunque, che Swann ha illustrato eseguendo al pianoforte brani di tutti e quattro i compositori citati, dimostrando quanto poco la musica abbia bisogno di virtuosi e quanto invece di conoscenza e di consapevolezza di ci che si suona; normalmente in un concerto tradizionale non apprezziamo i musicisti che parlano, spiegano, descrivono, raccontano. In questo caso invece, in una cornice diversa e con un approccio culturalmente ineccepibile, stata una festa della ragione e del sentimento, uno di quei momenti in cui Milano una grande citt.

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Le didascalie di Garutti


Al PAC una retrospettiva celebra lopera e i quarantanni di lavoro di Alberto Garutti, uno degli artisti pi significativi del panorama italiano. Oltre 30 opere danno vita a Didascalia/Caption, mostra che presenta lavori storici e recenti, progetti mai realizzati e una nuova opera creata appositamente per il PAC. E il titolo dice tutto, perch attraversata da uno degli elementi caratterizzanti il lavoro dellartista, luso multiforme della didascalia come modalit di diffusione delle opere al pubblico e come meccanismo attivatore di relazioni tra lo spettatore e i contenuti dellopera. Fotografia, scultura, scrittura, installazione, disegno, suono, video e pittura: tutto utile per mostrare e capire il linguaggio dellartista. Curata da Hans Ulrich Obrist e Paola Nicolin, la mostra rende subito consapevole lo spettatore di essere protagonista, gi al suo ingresso. Sar per quei 28 microfoni, installati in ogni stanza del padiglione, che registrano minuziosamente ogni parola detta al suo interno, con uno scopo ben preciso. IN QUESTE SALE 28 MICROFONI REGISTRANO TUTTE LE PAROLE CHE GLI SPETTATORI PRONUNCERANNO. UN LIBRO A LORO DEDICATO LE RACCOGLIER (2012), ovvero Garutti mette in gi oco il visitatore. un'opera che ne modifica il comportamento, che lo mette forse anche in difficolt,

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www.arcipelagomilano.org allinizio, ma che si radica nei precedenti artistici di Garutti: se lartista deve spingersi verso la citt, coinvolgerla ecc, in questo caso lo spettatore che deve assumersi le sue responsabilit allinterno dello spazio sacro dellarte: il museo, appunto. Perch da queste registrazioni verr infatti creato un libro che le riporter tutte, senza censura. Le opere di Grautti sono fatte di meccanismi che si attivano tra lartista e lo spettatore, tra il luogo in cui vengono ospitate e il contesto antropologico. Ecco perch molti suoi lavori degli anni 90 non sono musealizzabili, ma sono vere e proprie performance su e a contatto con il territorio e i cittadini. Nascono cos lavori-manifesto come quello a Peccioli tra il 1994 e il 1997, dove restaura la facciata del teatro del borgo vicino a Pistoia e installa la didascalia in pietra "Dedicato ai ragazzi e alle ragazze che in questo piccolo teatro si innamorarono; o come Ai Nati Oggi (realizzato in varie citt dal 1998 al 2005) dove l'artista collega alcuni lampioni presenti in aree pubbliche ai reparti di maternit cittadini in modo che la nascita di un bambino coincida con lintensificarsi della luce, che aumenta per poi decrescere lentamente. Lartista si fa antropologo per riattivare la memoria storica collettiva, per far ragionare sulle relazioni tra arte e societ. Ma Garutti artista e non pu tralasciare il rapporto, a volte intimo e intenso, con i collezionisti. Ecco dunque nascere lavori come Campionario: stampe digitali su fondo monocromo (2007 - 2012) sulle quali una sottile linea nera ricama distanze e relazioni tra luoghi della citt cari al potenziale collezionista. Nella serie Orizzonti - dipinti a partire dal 1987 su vetro in bianco e nero, in diverse dimensioni, ognuno dei quali porta il nome del suo committente - Garutti testimonia linteresse per la sfera di relazioni sentimentali e professionali che formano lorizzonte vero della mia vita. Si arriva poi allopera che da il titolo allesposizione, Didascalie, in cui sono state raccolte e stampate su grandi fogli colorati, impilati come tanti blocchetti di post-it, tutte le didascalie delle sue opere installate nelle citt. Il visitatore invitato a strappare e portare via quelle per lui pi significative, per costruirsi il suo proprio percorso sensoriale. La dimensione pubblica dellopera darte sempre presente nel lavoro dellartista, come si capisce osservando Piccolo Museion, vetrina cubica, installata nella citt di Bolzano, che diventa dependance del famoso museo cittadino e che espone, a rotazione, unopera delle collezioni del Museion oppure con Recinzione, parte di opera, mai realizzata, per la Fondazione Sandretto di Torino. Un cancello di ferro, intervallato da forme colorate, per circondare un cortile salvato e recuperato da alcuni ex operai della zona. Strumento da riproporre anche per altre mostre, sicuramente il bel quaderno-mini catalogo fornito gratuitamente, che aiuta a contestualizzare e chiarire alcuni passaggi, non sempre scontati, dellopera dellartista. Alberto Garutti. Didascalia. PACfino al 3 febbraio. Ingresso gratuito Orari: luned 14.30 - 19.30, da marted a domenica 09.30 19.30, gioved 09.30 - 22.30

Larrampicata al cielo e la musica elettronica - Le mostre dellHangar


Chi lha detto che larte contemporanea non pu essere divertente? Presso lHangar Bicocca, fino al 3 febbraio, due mostre convinceranno anche i pi scettici. La prima, e pi sensazionale, On space time foam, di Toms Saraceno, artista argentino gi avvezzo a unarte non convenzionale e partecipata. Artista, ma anche architetto, Saraceno crea grandi installazioni, visionarie e sorprendenti, praticabili dal pubblico e in grado di modificare la percezione e luso degli spazi architettonici. Le sue opere, ispirate alla tradizione dellarchitettura utopista del 900, nascono dal desiderio di creare strutture aeree abitabili dalluomo, energeticamente autosufficienti e a basso impatto. Unarte, la sua, fatta di scambi tra discipline, di incontri e condivisioni con mondi diversi, per creare progetti, e un futuro, sostenibili dallambiente. On space time foam una struttura fluttuante sollevata tra i 14 e i 20 metri da terra, costituita da tre livelli di pellicole trasparenti in PVC, ispirata dalla conformazione cubica di una parte dellHangar e praticabile dal pubblico. E qui sta il bello. Il visitatore pu entrare in questo mondo fuori da ogni logica, gattonando e rotolando sulle pellicole trasparenti mentre, sugli altri livelli, altre persone fanno lo stesso, restituendo cos una sensazione simile a un gioco di specchi, o meglio, a un acquario. Qual lo scopo di questopera che, pi che arte, da molti viene recepita come un grande gonfiabile-giocattolo? Saraceno rifiuta definizioni e letture obbligate: questopera pu essere letta con una molteplicit di visioni e interpretazioni, a seconda della sensibilit dello spettatore. un qualcosa che sconvolge, che ci fa perdere la percezione reale del tempo e dello spazio; mette in discussione le nostre certezze, destabilizza lo spazio che lo ospita; oppure, chiss, un qualcosa che ci permettere di sfidare la gravit, si sollevarci verso il cielo e di interagire in maniera nuova con le persone che, letteralmente, ci circondano. Ma bene ricordare che, per quanto divertente, questo non un gioco. Guide alpine e soccorritori vigilano sullopera e sul corretto comportamento dei visitatori (si entra solo 5 persone alla volta per ogni livello), c una durata massima (15 minuti di permanenza), bisogna essere maggiorenni, non pesare pi di 100 kg ed essere in buona forma fisica. La scalata a queste pareti che si gonfiano, si spostano, ci tirano verso il basso, non cosa facile. In contemporanea, fino al 6 gennaio, possibile vedere ancora il lavoro di Carsten Nicolai, unidisplay, uninstallazione lunga 40 metri e che unesperienza visiva, uditiva e anche fisica. Artista, musicista e produttore tedesco, Nicolai conosciuto internazionalmente per le sue installazioni e le sue performance che esplorano le connessioni tra visione, suono, architettura, scienza e tecnologia. Le sue opere coinvolgono lo spettatore nella sua fisicit, lo rendono partecipe, unendolo non solo allopera darte ma anche allo spazio che le ospita, cambiando i concetti di spazio e di tempo. unidispaly fatta da 6 grandi schermi su cui vengono proiettati, a ciclo continuo e per tutta la loro lunghezza, immagini grafiche essenziali in bianco e nero, che si accompagnano a suoni elettronici cadenzati e monotoni, che seguono il ritmo dei movimenti delle figure. Secondo lautore per lopera non va letta come un mero schermo ma come uno spazio mentale tridimensionale, basato sullidea dellinfinito e in cui si perde la nozione e la cognizione del tempo. Unora passata a guardare lintero ciclo risulta percepita davvero come una decina di minuti. E perdere il senso del tempo il suo obiettivo, ottenuto tentando

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www.arcipelagomilano.org di dare, con queste immagini fatte di punti, di linee, di sinusoidi, un fluire unico connesso alleterno movimento. Collabora a tutto ci anche una panca vibrante, che emette vibrazioni seguendo i suoni elettrici riferiti alle immagini. Difficile da descrivere, pi facile da provare e da vivere. Con questo lavoro Nicolai unisce alcuni dei suoi tratti pi caratteristici: la capacit di rendere percepibile il suono in modo ottico; l'estetica minimale che si traduce nelluso del colore (variazioni sul bianco e nero) e delle sonorit; la propensione verso l'astrazione e quella verso l'infinito. Due opere interattive da non perdere, tanto pi che lingresso allHangar sempre gratuito. Toms Saraceno On Space Time Foam fino al 03.02.2013 Orari: Lun Mar - Merc: chiuso; Gio Ven Sab - Dom: 11.00-23.00 Ingresso libero

Claudia Gian Ferrari e le sue passioni


Collezionare il Novecento. Claudia Gian Ferrari, collezionista, gallerista e storica dellarte il primo appuntamento di un ciclo di mostre che il Museo del 900 dedica a collezionisti importanti che hanno messo al centro larte del XX secolo. Si inizia con Claudia Gian Ferrari, collezionista, studiosa, appassionata darte e figlia di Ettore, importante gallerista milanese, dal quale erediter la gestione della galleria. Claudia si propone fin da subito come una importante figura di riferimento per il mondo artistico milanese, tramite un lungo percorso, che ha portato la Gian Ferrari a far scoprire e riscoprire importanti artisti del 900 attraverso mostre e accurate monografie, quali quelle su Giorgio de Chirico, Filippo De Pisis, Arturo Martini, Giorgio Morandi, Fausto Pirandello e Mario Sironi. Ma un artista fu forse pi importante di altri, Arturo Martini. Sulla scia del padre, che aveva fondato lAssociazione Amici di Arturo Martini a sostegno delle opere del maestro, Claudia Gian Ferrari nel 1998 ne cura limportante catalogo generale e ragionato delle sculture, che porta a scoprirne una serie di inedite e anche alcune ritenute disperse. Tra queste, lOfelia acquistata dalla Pinacoteca di Brera proprio quando Claudia fu presidente dellAssociazione (opera presente in mostra). Quindici le opere che entrano da oggi a far parte delle collezioni del Museo, donate dalla famiglia e a cui Claudia fu sempre particolarmente legata, opere che occupavano un posto speciale allinterno della sua abitazione privata. Troveranno spazio un Achrome di Manzoni, destinato alla sala Azimuth del museo, una gouache di Lucio Fontana e unesemplare delle uova in terracotta realizzate dallartista allinizio degli anni Sessanta, ci sar Mario Merz, con la sua Proliferazione laterale del 1975, Apollo e Dafne di Giulio Paolini, una composizione di sale di Giuseppe Penone, una piccola installazione di Pier Paolo Calzolari, e una Stella del 1977 di Gilberto Zorio. La donazione include poi Prire de toucher realizzata da Marcel Duchamp per la copertina del catalogo pubblicato in occasione della mostra Esposizione surrealista, organizzata con Andr Breton alla Galerie Maeght di Parigi nel 1947, le fotografie di Dan Graham, Bruno Kirchgraber e Giorgio Colombo e uno schizzo di De Kooning. Per concludere, ci saranno anche una Macchina drogata di Vincenzo Agnetti del 1969 e un gesso di Fausto Melotti. Inoltre in mostra anche opere di artisti molto amati dalla Gian Ferrari, e prestati appositamente per loccasione, come Arturo Martini, Filippo De Pisis, Giorgio Morandi, Cagnaccio di San Pietro, Fausto Pirandello e Mario Sironi, a cui Claudia Gian Ferrari ha dedicato una vita di studi, pubblicazioni ed esposizioni. Infine, due degli artisti contemporanei pi vicini alla gallerista, Luigi Ontani e Claudio Parmiggiani, hanno contribuito ad allestire due piccole sale monografiche di particolare intensit. Interessante anche la selezione di materiali provenienti dai documenti dellarchivio storico della galleria Gian Ferrari, che Claudia ha destinato con un legato testamentario agli Archivi del Novecento, attraverso i quali si potr capire e approfondire meglio i momenti pi salienti e le scelte artistiche della Galleria. Documenti, fotografie, lettere e una biblioteca relativa a circa settantanni di attivit per far rivivere unepoca intera. Pitture e sculture ma non solo. Nel percorso espositivo sono inseriti anche mise e accessori amati e usati in vita dalla Gian Ferrari. Vengono proposti alcuni abiti del suo guardaroba, firmato quasi esclusivamente da Issey Miyake, e dei cappellini dautore che Claudia ha sempre indossato, vera e propria passione trasformatasi nel tempo in collezionismo. Claudia ha lasciato a Palazzo Morando, sede delle collezioni di Costume, Moda e Immagine del Comune, oltre cento abiti di Miyake e altrettanti copricapo, tra cui quelli dello stilista Alan Journo e dellartista, da lei promossa, Lucia Sammarco. Una vera amante dellarte e della filantropia. Nel 2006, prima dellapertura del Museo del 900, furono donati consistenti nuclei di opere a Villa Necchi Campiglio e al MART di Rovereto. Una parte di queste collezioni sono andate anche a far parte del MAXXI di Roma, altra citt amata e frequentata dalla collezionista. Lallestimento della mostra altrettanto di eccezione, firmato Libeskind. In una sorta di labirinto dalle pareti disuguali il visitatore potr ammirare da ogni angolo le singole opere, avviluppandosi man mano nel mondo tutto privato che fu un tempo della collezionista, e che da oggi diventa spazio pubblico. Molteplici punti di vista come molteplici e di diversi orientamenti furono le passioni di Claudia Gian Ferrari. Collezionare il Novecento. Claudia Gian Ferrari gallerista, collezionista e storica dellarte - Fino al 3 marzo 2013 Museo del 900 Orari lun 14.30 19.30 mar, merc, ven e dom 9.30 19.30 giov e sab 9.30 22.30 Ingresso intero 5 euro

Costantino 313. Il sogno che cambi lEuropa


Per celebrare la nascita del famoso Editto di tolleranza, datato 313 d.C., il Museo Diocesano e la casa editrice Electa, in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attivit Culturali, con la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma e sotto lAlto Patronato del Presidente della Repubblica e della Segreteria di Stato del Vaticano, presentano la mostra Costantino 313 d.C. Una grande esposizione celebrativa non solo di quelleditto che di fatto cambi il corso della storia europea, ma anche del ruolo di Milano come citt imperiale e punto di riferimento politico, religioso e culturale. LEdit-

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www.arcipelagomilano.org to di Milano fu emanato nel 313 d. C. dallimperatore romano dOccidente Costantino e dal suo omologo dOriente, Licinio, che si incontrarono nel palazzo imperiale milanese e decisero che, da quel momento, il Cristianesimo, culto gi affermato in larghi strati della popolazione dellImpero, dopo secoli di persecuzioni veniva dichiarato lecito, inaugurando cos un periodo di tolleranza religiosa e di grandi rinnovamenti politici e culturali. Dal palazzo imperiale a Palazzo Reale, dunque. La mostra, divisa in sei sezioni, racconta la Milano dellepoca, ricostruendone idealmente spazi e palazzi, luoghi, arte e suppellettili che circolavano non solo nella capitale ma anche in tutto il mondo romano. Con pi di duecento preziosi oggetti darcheologia e darte, vengono indagate tematiche storiche, artistiche, politiche e religiose: da Milano capitale imperiale, alla conversione di Costantino, con quellaura di leggenda, fino ai simboli del suo trionfo. Attraverso la ricostruzione di Milano, il visitatore potr ritrovarsi nella capitale dellepoca, con tutti gli edifici funzionali a una grande citt: dal Palatium, edificio polifunzionale destinato ad accogliere non solo limperatore ma anche la complessa burocrazia dello Stato, alle grandiose terme erculee, identificabili tra gli odierni Corso Vittorio Emanuele e via Larga, fino alla necropoli dellarea di SantEustorgio, senza tralasciare quartieri residenziali e nobiliari. Ma siamo in un momento di transizione, in cui accanto allaffermarsi del Cristianesimo come culto sempre pi importante, persistono ancora diverse religioni nellimpero costantiniano, che ci sono note mediante luso di iconografie pagane in oggetti darte di destinazione uffici ale o privata, e che spesso si mescolano ai simboli e alle immagini cristiane. Oltre ad approfondire la figura di Costantino e della sua famiglia, ampio spazio dato anche a tre istituzioni importanti per la vita pubblica romana: lesercito, la chiesa e la corte imperiale. Cos grandi ritratti ufficiali, monete, medaglie e oggetti quotidiani documentano il nuovo aspetto pubblico e sempre pi presente dellimperatore, della corte, dei grandi funzionari, dellesercito, della Chiesa e dei suoi vescovi, fino ad Ambrogio. Oggetti preziosi e di lusso che testimoniano, con le loro figurazioni, il passaggio graduale che il Cristianesimo compie allinterno della societ, da devozione lecita ma privata a una dimensione pubblica e ufficiale, per arrivare infine a essere lunica religione dellImpero. Gemme e cammei, argenterie, gioielli in oro e fibule auree consentiranno di tracciare un quadro dello splendore che caratterizzava la vita della corte e la nuova devozione verso la Chiesa. Chiude la mostra una grande sezione dedicata a Elena, madre di Costantino, santa e imperatrice. Fu proprio Elena che si rec in Terra Santa e trov, secondo la tradizione, dopo averla riconosciuta, la Vera Croce di Cristo, riportandola in Europa e inserendo nella corona imperiale del figlio uno dei Sacri Chiodi, come protezione e dichiarazione ufficiale della nuova, vera Fede. Imperdibile la bellissima Sant Elena di Cima da Conegliano, proveniente dalla National Gallery di Washington, 1495 c. Sulla conversione di Costantino si scritto molto: fu frutto di una decisione presa per convenienza o il suo spirito era sincero? Il battesimo in punto di morte, il celebre sogno, avvenuto la notte prima della Battaglia di Ponte Milvio, nel 312, in cui si preparava a combattere il suo nemico Massenzio, sono storie ben note. Quel che certo che, da quel momento, inizia a diffondersi liconografia del Krismon, le due iniziali greche di Cristo incrociate tra loro, dapprima sugli scudi dellesercito di Costantino, poi su monili e gioielli, per approdare infine in tutto lImpero. Si diffonde a simbolo di unepoca intera il signum crucis di Costantino. Costantino 313 d.C. Palazzo Reale, fino al 17 marzo 2013 orari: lun 14.30 19.30 mar, mer, ven, dom: 9.30 19.30 giov, sab: 9.30 22.30 ingresso: intero euro 9,00 ridotto euro 7,50 10.00 19.00. Chiuso il marted.

LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org L'indifferenza dell'assassino Maurizio Cucchi Guanda 2012 pp. 160, euro 14
Penso a due storie milanesi. Una prima la conosciamo, e bene. Dalle parti di Piazza Vetra, al tempo della peste nel milanese del 1630, inizia una tetra sequela di eventi che culmineranno con la condanna a morte e allignominia di due innocenti. noto che una delle condanne non and a buon fine e che la storia, in qualche modo, si incaricata di risarcire i suppliziati. Questo, anche grazie a Manzoni che, con Storia della colonna infame, racconta nei dettagli fatti, processo, conclusioni. Laltra storia la conosciamo meno bene, almeno fino a ora. Non molto distante da dove si svolsero gli eventi del 1630 e oltre due secoli dopo, ag Gianfranco Boggia, il pluriomicida giustiziato la mattina dellotto aprile 1862. Il caso fece, a suo tempo, scalpore per lefferatezza dei delitti. Poi pass alle leggende metropolitane e agli interessi di Lombroso. Adesso viene raccontato nei dettagli nelle pagine dellultimo libro di Maurizio Cucchi. Visitare, a distanza di quattro o di due secoli, i luoghi che hanno fatto da sfondo a quegli eventi non difficile. Mi basta un petit tour urbano tra il Carrobbio e la via Nerino. Dove passo senza soluzione di continuit dalla parte (chiamiamole cos, proustiamente) del Piazza e del Mora a quella di Boggia. Meglio: passo dalla zona dove viveva chi fu incolpevole e privato della vita a quella dove viveva chi fu assolutamente colpevole ma altrettanto privato della vita. E penso: qui stavano, respiravano, parlavano due disgraziati torturati ed eliminati per una ingiustizia. A un certo momento, per, mi trover a pensare: qui stava, camminava, respirava un assassino. Ma, in verit, non so e non sapr con esattezza mai dove situare la

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www.arcipelagomilano.org dun assassino. Ma di queste simbologie Boggia non ne sapeva, certo, niente. E dunque il male appare, una volta di pi, immotivato. E allora peggio che banale: proprio non si comprende perch deve esistere, imporsi, sovrastare gli umani. Forse, la verit questa: c, ma non si arriva a capirlo. Mai. Al pi, lo posso afferrare con una narrazione. Come accade nel libro di Cucchi. Il quale Cucchi, dal male non certo affascinato. Ne atterrito, quanto tutti noi. Aggiungo: come tutti noi, ne rimane come abbagliato. Perch il male si para davanti frontalmente ma, nello stesso tempo, rimane estraneo, lontanissimo. E allora suscita meraviglia. Forse, quella stessa stupefatta, atterrita meraviglia di chi vive lesperienza del demoniaco, del cosiddetto tremendo, dellassolutamente diverso che irrompe nella vita. Il male ci ammutolisce. 9. Invece, Cucchi lo racconta. Anzi: pu permettersi di farlo con un tono lucidamente ironico, spostato rispetto a quanto lo abbaglia. Perch la sua poesia e la sua prosa sono, da sempre, zeppi di sguardi sul mondo elementari e ottusi. A volte, tanto bassi che sembrano emergere da zone dellessere infernali. Forse, da un passato ancestrale, Venute da un sottosuolo che, a volte, sale alla vita e la fracassa. Figure pericolose, incubi. Forse, figure dellinconscio che ci portiamo appresso e che, in fondo, girano dentro a noi. Insomma: Cucchi aveva gi raccontato di Boggia. Senza saperlo. E con questo libro ha chiuso un conto aperto. (Mario Santagostini)

vera linea di demarcazione fra le due zone. Avverto che esiste, ma non la trovo, non so quando inizio a camminarci sopra. E se fosse proprio Milano a essere, con le sue sue strade e luoghi, una metafora di quanto labile il confine tra innocenza e colpa? Me lo chiedo perch, di fatto, proprio il libro di Cucchi che induce a simili riflessioni. Certo, lassassino Boggia possiede una coscienza premorale. Peggio: ottusa, primitiva. Ma, nello stesso tempo, quasi geometrico nelle efferatezze che conclude seguendo disegni precisi. I suoi non sono omicidi dimpeto. E nemmeno gli cambiano la vita. Al pi, gli consentono di soddisfare la forte dipendenza dallalcool. Uomo dallintelligenza limitata e con ambizioni, orizzonti limitati. Figura poco evoluta, un po stralunata. Creatura elementare, intellettualmente azzerata. Ma tetragona, quasi meccanica in un agire che ricorda quello dellautoma: indifferente a tutto tranne agli scopi. Figura, dunque, orrendamente paradossale. E come ogni paradosso, rappresenta qualcosa di incomprensibile. Di insondabile. Di fatto: Boggia una creatura abissale. Ma un abisso, il suo, nel quale non si riesce a entrare. Resta inesplorabile. Come, in fondo, il male. Andiamo avanti. Boggia era un uomo come infiniti altri nella Milano ottocentesca. O quasi. Ecco: proprio quel quasi che faccio fatica a determinare. Che sfugge. Riprovo a mettere insieme qualche coordinata offerta dal libro per afferrarlo meglio, rileggo i dati registrati da Cucchi. Boggia viveva da muratore citt civile, veniva dal comasco. Possedeva

perfino, a giudicare dalle immagini, un aspetto accettabile. E nessun contatto con la malavita, solo con qualche figura moderatamente losca. Perch i delitti, allora? Viene da rispondere: per una incapacit cronica, biologica di distinguere lecito e illecito. Per un senso di colpa troppo debole. Dunque, e vengono i brividi a constatarlo, per superficialit. Che sembra una categoria asettica, quasi innocente e invece, alla luce dei fatti, si rivela devastatrice. Pensando al Boggia, penso che il male peggiore per le teste piccole, povere. (Il male quindi banale, come suona il memorabile titolo del libro della Harendt (Eichmann in Jerusalem: The Banality of Evil). ovvio e insieme incomprensibile: qui siamo di fronte allossimoro-chiave, quello che inquadra con sintesi agghiacciante il peggior agire umano). Torniamo a Boggia: ha ucciso, ma poteva fare altro e, forse, ottenere gli stessi effetti: rubare, truffare, lavorare, giocare . La tensione omicida scatta con una apparente scarsezza di motivazioni. Sembra un atto leggero, semigratuito. Cucchi ricolloca Boggia nelle sue strade, gli rimette intorno vittime e testimoni, ricostruisce la trama di impulsi, di gesti che lo portano ad abbattere vite, poi a negare daverlo fatto, poi a contraddirsi in maniera idiota. spaventoso verificare che non si pente. Ma pi spaventoso notare che in lui che non c mai una ragione forte, decisiva, vitale. Non c odio, per esempio. Solo gesti calcolati. Il pi inquietante dei quali lattirare e uccidere le vittime in cantine, in un sottosuolo che sembra essere lhabitat naturale

TEATRO questa rubrica a cura di Emanuele Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org La merda


di Cristian Ceresoli con Silvia Gallerano ina produzione di Cristian Ceresoli e Marta Ceresoli dedicata ai 150 anni dellUnit dItalia con il supporto di The Basement (Brighton, UK) Producer Marta Ceresoli Acting director Silvia Gallerano
Ronconi torna allEptalogia di Hieronymus Bosh di Spregelburd (sette testi in cui lautore argentino mette in scena i corrispettivi odierni dei sette peccati capitali) e dopo La modestia dello scorso anno, dirige Il panico. Un uomo muore incidentalmente cadendo da una scala. Sua moglie (che anche sua madre adottiva) e i figli-fratelli non sanno dove luomo aveva nascosto la chiave della cassetta di sicurezza. La ricerca della chiave, che si scoprir poi essere unallegoria del Libro dei morti, genera (o meglio lascia scaturire, visto che il nesso fra una scena e laltra spesso la casualit e il caos degli eventi) sotto-trame che si mescolano/incontrano in una sorta di soap opera noir e ironica. I personaggi che popolano il mondo di Spregelburd sono tutti sopra le righe, quasi ad appiattire la distanza che ci sarebbe fra lusale e linusuale, in f avore di un piano di realt alterato, in cui ogni carattere diventa caricatura: il morto che non sa di essere morto, la sensitiva che vede i fantasmi, il figlio dallincerta identit sessuale,

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la figlia ribelle, la coreografa, lamante pazza, e anche i personaggi apparentemente minori come la banchiera, la poliziotta, lamica della figlia, lo psicologo. Una commedia dambiente in cui lambiente sicuramente unArgentina sullorlo della crisi economica, ma soprattutto una post-modernit dove tutto collegato ma allo stesso tempo dove impossibile ricomporre in modo logico le connessioni di questi collegamenti. Ronconi ricrea questo clima da fotoromanzo pop anni-novanta con un palco giallo e inclinatissimo, che quasi fa scivolare gli attori verso proscenio, dove con il gesso, su una pedana rialzabile, disegnata la sagoma del morto. Le solite scenografie ampie e semoventi, sicuramente belle e appaganti dal punto di vista estetico, ma che il pubblico ormai si aspetta, sono completa-

mente bianche (i teli, i divani, i tavoli, le sedie) come se il contesto fosse neutro, per dare meglio la possibilit ai colori dei personaggi di emergere e schizzare. La recitazione ronconiana in questo caso sembra ancora pi adatta a Spregelburd rispetto alla Modestia, anche se in certi punti lattenzione alle singole parole (che nella maggior parte dei casi permette al pubblico di cogliere le sfumature della scrittura brillante dellautore argent ino) sarebbe potuta essere accompagnata da un maggior fluidit. Il cast dattori eccezionale, sia come numero sia come talento. Il gran numero di personaggi fa s che quasi tutti i ruoli siano minori, tranne forse la madre/moglie Maria Paiato e il figlio Fabrizio Falco, ottimi soprattutto nel riuscire a mettere vita e immagini proprie allinterno del rigido tracciato ronconiano (cosa che

non sempre gli attori riescono a fare). Fuori dal teatro, alla prima del 15 gennaio, le espressioni del pubblico, divertito e per niente annoiato nonostante la lunghezza dello spettacolo, confermano il successo della messa in scena. Piccolo Teatro Strehler dal 15 gennaio al 10 febbraio In scena Al Teatro TF Menotti dal 10 al 27 gennaio Anima errante di Roberto Cavosi, regia di Carmelo Rifici. Al Teatro Elfo Puccini dal 16 al 20 gennaio Corsia degli incurabili di Patrizia Valduga con Federica Fracassi. Al Teatro I dal 16 al 21 gennaio La Merda di Cristian Ceresoli.

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org Frankenweenie


di Tim Burton [U.S.A., 2012, 87']
Victor un ragazzino solitario. Quando torna da scuola, saluta fugacemente la madre e si rinchiude in una buia mansarda che usa come laboratorio per i suoi audaci progetti scientifici. Circondato da coetanei buffi e stravaganti, Victor ha nel fedele cane Sparky lunico compagno di giochi. La morte improvvisa dellanimale smuove la genialit e la passione del ragazzo che, in una notte dal cielo cupo e carico di fulmini, realizza il pi impensabile tra gli esperimenti: la resurrezione. Tim Burton, ideatore e regista di Frankenweenie, immagina cos ladolescenza del futuro dottor Frankenstein. Un classico paesino residenziale della provincia americana lambientazione ideale per mostrarci liniziale riluttanza al desiderio di scienza e progresso che il macilento professor Rzykruski ha trasmesso agli alunni. Latmosfera gotica, tipica di Burton, teatro di uninvasione dalloltretomba in cui trovano spazio i numerosi omaggi del regista al cinema horror. In questo crescendo mostruoso, tra dramma e ironia, Victor ottiene finalmente il meritato riconoscimento alla sua rivoluzionaria opera scientifica. C qualcosa di autobiografico in questo lieto fine. Nel 1984, un Tim Burton alle prime armi present alla Disney un cortometraggio che, per, la pi grande casa cinematografica danimazione non ritenne allaltezza. Dopo quasi trentanni, e una carriera costellata di esperimenti di successo, anche il dottor Burton ri uscito a resuscitare la sua stupefacente creatura. Marco Santarpia In sala a Milano: UCI Cinemas Bicocca, The Space Cinema Odeon.

Django Unchained
di Quentin Tarantino [USA, 2012, 165] con: Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Kerry Washington, Samuel L. Jackson
Durante la commedia, non si pu uscire mai dal personaggio, avverte il Dr. King Schultz (Christoph Waltz, bravissimo) spiegando a Django (Jamie Foxx) come recitare la parte del negriero per potersi far beffa del cattivo Calvin Candie (Leonardo DiCaprio). Ci riporta al 1858, da qualche parte nel Texas, Django Unchained [USA, 2012, 165] di Quentin Tarantino, e lo fa citando il Django di Sergio Corbucci (fin dai titoli di testa) e molto western nostrano. Ma una favola epica quella che vediamo sullo schermo, molto pi simile al mito nibelungico di Sigfrido che come spiega Schultz deve scalare la montagna e sconfiggere il drago, prima di liberare la sua amata. Django, schiavo liberato dalle catene, sogna di ritrovare la moglie Broomhilda (Kerry Washington) per strapparla al repellente gentiluomo Candie. Nella sua epopea, Django accompagnato dal tedesco Schultz che come il Virgilio dantesco guida, insegnante, amico. Prima lo libera, poi lo fa socio in affari: i due sono cacciatori di taglie. Ma, appunto, lamicizia a risultare strana in quel Texas dove i negri (cos l chiamano) sono considerati meno di oggetti.

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www.arcipelagomilano.org La schiavit era una realt brutale e surreale, pi di quanto larte sia in grado di rappresentare, ha detto Tarantino. Allora, se la realt brutale basta affidarsi alla finzione del cinema che permette di giocarci con quella realt, modificandola a proprio piacimento. Con Bastardi senza gloria [2009]il cera una volta ha trasformato la storia del nazismo anchessa brutale e surreale facendo esplodere Adolf Hitler in un cinema; questa volta Tarantino sceglie di riscrivere la storia degli schiavi nellAmerica di met Ottocento. La riscrive perch non gli piace, perch la vuole cambiare: consapevole dellonnipotenza dello schermo cinematografico e della forza dellillusione creata dalle ombre proiettate. Stia pur sereno lo Spike Lee timoroso e depositino le penne i critici saccenti e, con un po di umilt, invece di grattare le immagini alla ricerca della verit, si abbandonino sulle poltrone del cinema per farsi raccontare una storia. O, meglio, una fiaba: la vendetta di uno schiavo reso libero che lotta per ritrovare sua moglie e finalmente vivere felice e contento. La vendetta maneggiata con irrisione dal regista: il sangue sgorga eccessivo, nei litri e nei colori; i proiettili sono tanti, troppi. Ed questo essere troppo il condimento che invita a guardare le immagini senza il pregiudizio della violenza gratuita ma con il sorriso sarcastico di chi sa che ci che vede soltanto una burla. La brutalit, infatti, spesso pi cruenta quando velata dal dogma piuttosto che quando manifesta e irriverente. Per accorgersene, per, bisogna godere della finzione e non avere la supponenza di voler andare oltre. Per questo, gli stessi critici che non si sono scomposti davanti alla lacerazione del Cristo di Mel Gibson, ora suonano le trombe schifati. Ma noi spettatori incantati ci abbandoniamo alla visione e ci facciamo trasportare dalle musiche splendide, partecipiamo al desiderio di vendetta di Django e, in sala, ridiamo molto. Forse perch ben sappiamo che un Film, e che durante la commedia, non si pu uscire mai dal personaggio. Paolo Schipani

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