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L.B.G. CASA. IMU. SIAMO ALLULTIMO ERRORE? Walter Marossi ELEZIONI REGIONALI. SANGUE E ARENA Marco Dal Toso PER VINCERE IN LOMBARDIA: UNA VOCE DA ETICO PierVito Antoniazzi LISOLA CHE "AVANZA" UN QUARTIERE PARADIGMA Renzo Riboldazzi NOTE SUL PGT: LUOGHI URBANI TRA GOVERNO E DISEGNO DELLA CITT Giancarlo Consonni URBANISTICA: BENI COMUNI E GOVERNO BREVE Andrea Bonessa LIBRI O NON LIBRI. THAT IS THE QUESTION Romolo Buni VIGORELLI: A CHE PUNTO LA NOTTE? Rita Bramante INNOVAZIONE PER LA SOSTENIBILIT Giulia Mattace Raso CARO MARAN, DIPENDO DA TE VIDEO OGNI GIORNO DAL COMITATO ELETTORALE
SUGGERIMENTI MUSICALI Rogues Gallery FATHOM THE BOWL Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA Marco Santarpia e Paolo Schipani
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n. 3 V 23 gennaio 2013
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elettori, ergo inutile rincorrere strategie di ricerca del consenso perfette occorre concentrarsi sul pochi maledetti ma subito 2) alle regionali del 2010 vot il 64,63% degli elettori, alle politiche del 2008 l'84%, la contemporaneit del voto riporter al seggio elettori "regionalmente assenteisti", ergo la campagna elettorale si gioca su un elettorato che ha privilegiato il dato politico su quello amministrativo, che ha scarso interesse per le vicende regionali che tutto sommato abbastanza soddisfatto della gestione degli anni passati. 3) la visibilit dei candidati e dei temi regionali non sar centrale nella campagna elettorale oscurata dalla competizione nazionale ergo sar una campagna elettorale difficile che dovr battere non solo il centro destra ma anche la disattenzione, occorrer alzare la voce pi che lavorare di cesello. Il centro sinistra parte con un handicap teorico di circa 20 punti percentuali al lordo del declino di immagine del PDL, della Lega nord e del formigonismo. Il compito difficile ma enormemente facilitato dalla discesa in campo di Albertini. Nonostante infatti l'uomo venga presentato come un icona dell'indipendentismo amministrativo e Cacciari lo volesse candidato al posto di Pisapia, Albertini, resta per l'elettore (che ha una memoria molto pi lineare di quella del politico) un uomo del centro destra e a esso sottrarr voti, un numero di voti certamente superiore a
quelli che ottenne Pezzotta due anni fa. Non che ci volesse uno scienziato per intuire questo semplice fatto, tant' che Monti lo ripete urbi et orbi. La seconda facilitazione che ingroiani, di pietristi, comunisti moderati (ebbene si esistono anche loro), socialisti berlusconiani pentiti, arancioni vari, che alle politiche hanno altre opzioni alle regionali si ritrovano dietro Ambrosoli, peccato aver perso per strada con scelta masochistica i Radicali per ridicole questioni di nomi. Ringraziando Albertini / Di Stefano per l'aiuto, il problema centrale del centro sinistra recuperare quanti pi voti possibile nell'area degli indecisi e contrastare il pi possibile il rischio Grillo, il principale ostacolo sulla strada della vittoria. Qui entra in gioco la scelta degli assets principale della campagna elettorale. Vale la pena ricordare che in Lombardia si registra il pi alto differenziale tra i voti al presidente e i voti alle liste, l'ultima volta furono pi di mezzo milione. Meno rilevante il peso del voto disgiunto. Ergo la figura del candidato centrale per convincere indecisi e dubbiosi. Liste e listarelle cos come i candidati, assatanati di preferenze, contano poco o nulla se il candidato moscio. Su questo terreno Ambrosoli solo. I partiti lombardi sono strutturalmente deboli e subordinati a Roma e alle elezioni nazionali quindi poco utili quando si parla di vision anche se indispensabili quando si parla di
organizzazione. Le primarie inoltre hanno evidenziato con le candidature Kustermann / Di Stefano che il moderatismo di Ambrosoli incontra una certa freddezza nel popolo della sinistra, freddezza nient'affatto ridotta dalla presentazione di una lista civica dalla gestione quanto meno difficile. L'uomo Ambrosoli diventa dunque determinante. Sull'immagine del candidato si vince o si perde. Per ora partito bene: misurato, composto, capace di respingere l'illusione di clonare la campagna milanocentrica di Pisapia che partiva con un handicap enormemente pi favorevole, attento alla societ civile ma non solo a quella della Zona 1. C' tuttavia un per: non scalda, troppo freddo e asettico. Ha un po' troppo l'aria del primo della classe in quarta ginnasio. Purtroppo le scelte dell'elettorato sono solo in parte motivate dalla ragione, per molti vale l'aforisma anarchico: "La competizione elettorale la continuazione del tifo sportivo con altri mezzi ... " ergo bisogna "rinsanguare" il candidato, la politica anche "sangue e merda" diceva un ex ministro delle finanze. La folla degli spin doctor, dei comunicatori, dei semiologi, degli intellettuali organici, dei matres penser, dei sondaggisti, degli addetti stampa, degli attacchini, degli opinion leader, dei blogger di cui abbonda il centro sinistra lombardo per favore glielo ricordi, manca un mese al voto.
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badire che il centro-destra della Lombardia (nella versione barbaro sognante, ciellina o liberista) ha fallito. Lidea di mantenere sul territorio lombardo il 75% delle risorse fiscali (oggi al 66%) avvicinerebbe, sotto il profilo istituzionale, la Lombardia alle regioni a statuto speciale che, alla luce della riforma del titolo quinto della Costituzione, dovrebbero invece rivedere i numerosi privilegi oggi riconosciuti dallordinamento. Se le Regioni ordinarie limitrofe (pensiamo a quelle del Mezzogiorno) scegliessero la stessa strada proposta da Maroni (quella della secessione economica), ci si chiede con quali risorse lo Stato finanzierebbe la difesa, la giustizia e/o lordine pubblico che, notoriamente, sono ai sensi dellart.117 della Costituzione materie di competenza esclusiva statale. E ancora; quale coesione, giustizia economica e solidariet potrebbero esserci in un paese economicamente spaccato e nel quale le aziende lombarde continuerebbero a vendere i loro prodotti anche nel mezzogiorno del paese? Il paese si salva solo se sar unito; insieme. A sinistra, la sfida stimolante seppur impegnativa. Ambrosoli, il candidato civico alla Presidenza, dovr saper parlare allintera societ lombarda a partire dalla tutela degli ultimi e delle fasce sociali pi deboli.
Per tornare a vincere anche in Lombardia necessario trasmettere passione, intelligenza politica, capacit di ascolto e di inclusione, conoscenza dei problemi, proposte concrete realizzabili per la loro risoluzione. Passione, soprattutto, senza pregiudizi nei confronti dei partiti che lealmente sostengono Ambrosoli e che possono, nonostante tutto, fornire idee e persone che possono aiutare Ambrosoli e la coalizione di centro-sinistra a raggiungere un risultato storico. Condivido le parole di Giuliano Pisapia intervistato il 16 gennaio da Radio Popolare ricreare lentusiasmo che manca, essere protagonisti del cambiamento, costituire comitati a sostegno della candidatura di Ambrosoli. La sinergia fra buona politica e cittadinanza attiva pu (anzi deve) essere vincente. Nel maggio del 2011, a Milano, stato cosi. Con tempi e modalit diverse ovviamente, quella meravigliosa esperienza, pu riprodursi a livello regionale. Da parte nostra (lista Etico Per unaltra Lombardia a sinistra), limpegno quello di convincere la stragrande maggioranza dei cittadini lombardi indecisi; lo faremo, come nostro costume, strada per strada porta a porta (furono queste le parole rivolte da Enrico Berlinguer ai militanti del partito comunista italia-
no nel suo ultimo comizio, a Padova nel giugno del 1984) proponendo i nostri contenuti programmatici e quelli della coalizione. Modifica radicale dello statuto regionale con estensione dei diritti civili e dei migranti, reddito di cittadinanza per inoccupati e disoccupati con indicazione delle risorse reperibili per il suo finanziamento, mobilit e crescita rispettosa dellambiente, legge regionale di contrasto alle delocalizzazioni produttive, sostegno pubblico delle politiche industriali, legalit dellazione amministrativa (buon andamento, imparzialit e trasparenza della stessa), lotta alla criminalit organizzata attraverso il controllo nella gestione dei rifiuti, delle bonifiche ambientali e della filiera dei sub-appalti, difesa della scuola pubblica con rilancio delle risorse a essa destinate, riorganizzazione della burocrazia regionale, difesa della sanit pubblica con conseguente eliminazione degli sprechi accertati sotto il profilo del bilancio regionale e delle Asl. Molti di questi punti programmatici, sono gi contenuti nel programma del patto civico a sostegno della candidatura di Umberto Ambrosoli. un primo risultato. Anche in Lombardia si pu cambiare. Naturalmente, con passione.
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www.arcipelagomilano.org oppure se ogni soggetto andr per la sua. Da questo punto di vista c un altro soggetto (plurale e un po frammentato) che ha il suo baricentro nel quartiere storico. Tra le miriadi di associazioni, cooperative, comitati dellIsola voglio raccontare delliniziativa delle associazioni commercianti per due motivi, il primo che le conosco essendone stato protagonista, la seconda che pur essendo iniziative piccole e con risorse ( un eufemismo) limitate, hanno un significato emblematico di un modo di intendere e praticare la vivibilit e il miglioramento del quartiere. LAssociazione Borsieri Garibaldi e lAssociazione Isola Revel fanno parte del Distretto Urbano del Commercio (DUC ISOLA) promosso dal Comune (Assessorato Attivit Produttive) e a cui partecipano Unione del Commercio, Consiglio di zona 9 e Fondazione Catella. dunque un tavolo di confronto tra vecchio e nuovo e una piccola cabina di regia. Nel luglio e a settembre con I gi oved allIsola le associazioni hanno sperimentato isole pedonali temporanee in occasione di eventi molto partecipati e diffusi. Nel mese di dicembre il DUC Isola ha realizzato: luminarie omogenee in tutto il quartiere (60 punti dal 1 dicembre al 6 gennaio); due mercatini di Natale in via Borsieri (6 e 23 dicembre); posizionamento di due alberi di Natale su strada; affissione sugli alberi di decorazioni di carta con scritte sullamicizia e la solidariet ideati e realizzati dagli alunni di seconda elementare della scuola di via Dal Verme; concorso miglior vetrina di Natale a cui hanno partecipato circa 25 negozi. Tutte iniziative a basso costo ma ad alto gradimento partecipativo, con creazione di legame tra soggetti del quartiere, con incoraggiamento alla reazione alla crisi da parte degli operatori economici. Tutto questo mentre nella piazza Gae Aulenti si realizzava; mercatino di Natale tirolese, pista del ghiaccio per tutti, alberi e ulteriori addobbi luminosi, Befana dei bambini. I prossimi avvenimenti previsti allIsola sono: Festival Internazionale di clown a febbraio, Fuorisalone ad aprile, Ahum jazz Festival a maggio, ancora giovedi allIsola a giugno e luglio, fuorisalone della moto a novembre. Insomma lIsola vive di socialit, di cultura, di dialogo e continua ad attirare pubblico dallarea metropolitana e oltre. Con il suo mix di storia e futuro, di case di ringhiera e di grattacieli, di vita in strada e di spazi pubblici, lIsola potrebbe essere il paradigma del nuovo abitare, il modo nuovo di riprenderci la citt. Di sicuro una sfida aperta. E in epoca di crisi non poca cosa.
NOTE SUL PGT: LUOGHI URBANI TRA GOVERNO E DISEGNO DELLA CITT Renzo Riboldazzi
Il nome lo lascia intendere: Piano di Governo del Territorio, come a dire: non uno strumento che esprime semplicemente un progetto delle forme e delle funzioni per un determinato ambito territoriale ma un piano per il suo governo. Qualcosa che dovrebbe indicare una direzione, una guida politica o morale (vocabolario Treccani), una strategia per la gestione politicoamministrativa del territorio comunale. Fin dalla denominazione, il sostituto del vecchio piano regolatore sembra dunque lasciare in secondo piano il disegno dei luoghi urbani: delle strade che quotidianamente percorriamo, delle piazze ove vorremmo sostare, di ci che inevitabilmente vediamo intorno a noi. La cosa non priva di logica. I tempi lunghi delle trasformazioni urbane e territoriali e dunque il possibile mutamento delle condizioni economiche, politiche e sociali nel quale ogni intervento ha una sua ragion dessere nonch il coacervo di norme, vincoli e interessi con cui ogni piano urbanistico deve fare i conti richiedono strumenti flessibili, di indirizzo, in grado di garantire appunto il governo di un territorio senza vincoli eccessivi come potrebbero essere considerati quelli morfologici stabiliti a priori da un piano urbanistico di carattere generale. Da questo punto di vista anche la pianificazione ordinaria del secondo dopoguerra andata in tale direzione. A parte alcuni casi esemplari, per anni i piani regolatori hanno definito destinazioni funzionali, quantit edificatorie, tipologie edilizie delle nostre citt. Hanno fissato i tracciati di nuovi tronchi stradali o ferroviari. Hanno stabilito la collocazione e il dimensionamento di servizi e attrezzature collettive. Ma poco hanno detto della loro forma in rapporto ai luoghi, della loro capacit di produrre spazi collettivi dal carattere urbano, civile. Si cio creduto, non senza qualche ingenuit, che semplicemente controllando funzioni e quantit di determinati ambiti territoriali si sarebbe dato vita a luoghi e paesaggi di qualit. Cos per non stato, soprattutto dal punto di vista dellarchitettura degli spazi pubblici, della loro urbanit. Il Piano di governo del territorio di Milano riapprovato nei mesi scorsi (22 maggio 2012) dopo la parziale revisione della precedente versione voluta dalla nuova maggioranza in Consiglio Comunale e recentemente entrato in vigore (21 novembre 2012) ha per certi versi tentato di invertire questa rotta. Pur con qualche ambiguit concettuale, riconosce infatti che lo spazio pubblico (soprattutto il verde) elemento fondamentale dellabitare urbano e, per dirla con le parole del piano stesso, il presupposto principale per ripensare una citt costruita intorno alluomo. Tuttavia, nel nome dello scarto metodologico con la pianificazione tradizionale, esso sembra non considerare con sufficiente attenzione che alcuni dei principali meccanismi di ingegneria urbanistica che lo connotano, pur offrendo inedite potenzialit progettuali, ne minano alla base il disegno. Dispositivi tecnici come lindice unico di utili zzazione territoriale e la relativa possibilit di trasferimento dei diritti edificatori o lindifferenza funzionale forse garantiranno una migliore governance del territorio (consideri amo questa eventualit anche se pi di un osservatore sostiene che non sar cos). Probabilmente risolveranno alcune delle contraddizioni economiche, sociali o funzionali determinatesi nella seconda met del secolo anche per come furono impostati i piani del dopoguerra (idem come sopra). Lasceranno per essenzialmente irrisolta la questione della relazione tra urbanistica e architettura nella costruzione degli spazi aperti che, come la storia della citt europea insegna, elemento fondamentale per il disegno di luoghi urbani belli e ospitali. N la promozione di concorsi o lassoggettamento degli interventi edilizi al parere della Commissione per il paesaggio, n il sistema di contrappesi messi in campo (come le indicazioni morfologiche o il convenzionamento degli aspetti tipologici e planivolu-
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www.arcipelagomilano.org lizzarsi sul processo pi che sul risultato finale, sulla regia pi che sul disegno sembra non considerare appieno le potenzialit della prefigurazione di luoghi e paesaggi che allo stesso tempo strumento progettuale essenziale e premessa a qualsiasi momento di consapevole confronto democratico. Per concludere: non tutti gli effetti di un dispositivo complesso e sperimentale come il Pgt di Milano esito non proprio felice di un percorso lungo e accidentato che ha lasciato segni indelebili sulla sua struttura e sui suoi contenuti sono facilmente
metrici) sembrano poter colmare questa lacuna. auspicabile che lo possano i piani attuativi relativi, per esempio, agli ex scali ferroviari e alle caserme in dismissione o i grandi progetti di interesse pubblico (cinture, raggi, epicentri) presentati schematicamente e con largo uso del condizionale. Fuori da questi ambiti, di significativa entit ma pur sempre circoscritti, lencomiabile obiettivo di riportare al centro la citt pubblica (A. L. De Cesaris) appare indebolito dalla stessa matrice culturale del piano che nel suo programmatico foca-
prevedibili. Dal corpo a corpo con la realt politica, economica e sociale potrebbero risultare vincitori o sconfitti aspetti inattesi, soprattutto sul lungo periodo. Tuttavia, per quanto riguarda i luoghi urbani ragionevole supporre che, rendendo labili elementi basilari del disegno degli spazi collettivi come i volumi architettonici e i loro modi duso e abbandonando a logiche imprevedibili la loro distribuzione e relazione, il piano corra il rischio di reiterare gli errori dellurbanistica che vorrebbe rinnovare.
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monia legittimata solo dal mercato e non certo da meriti guadagnati sul campo. La stessa fortuna degli archistar uno dei frutti di questa delega senza condizioni: la povert delle realizzazioni che portano la loro firma, per non dire dei fallimenti che li vedono coinvolti, sono tra i risultati di questi decenni di non governo. Oltretutto il rapporto pubblico/privato nella trasformazione dellambi ente fisico asimmetrico: non c equilibrio fra gli oneri di cui viene caricata la pubblica amministrazione nella realizzazione e manutenzione delle infrastrutture (in senso lato) e la rendita di posizione incamerata dalla propriet immobiliare: il conto decisamente a favore di questultima. Se poi si aggiunge la ricaduta
che le scelte urbanistiche hanno sul terreno delleconomia e su quello della vita individuale e collettiva, ci sono solide ragioni per rivendicare la ridefinizione del potere contrattuale dello Stato e degli Enti Locali. Vani sarebbero per gli sforzi in tal senso se non si mettesse in moto un profondo cambiamento culturale e politico, che coinvolga in primo luogo chi, a vario titolo, ha responsabilit nel governo e nella gestione delle trasformazioni dellambiente fisico Ma per essere efficace la crescita culturale deve interessare lintero corpo sociale. questa una delle ragioni di fondo che deve portare a una radicale revisione della legge 12 (che, mentre contempla fasulle procedure di partecipazione, negli
ultimi aggiornamenti arriva addirittura a contemplare la possibilit di esautorare i consigli comunali dalla discussione su importanti scelte urbanistiche). Troppe volte il coinvolgimento dei cittadini stato declinato nellottica della conquista del consenso. La partecipazione va invece vista in chiave di crescita di una cultura estesa sui temi dellambiente e della conformazione fisica degli insediamenti e dei paesaggi. Occorre che i progetti vengano adeguatamente presentati ai cittadini, istituendo un ponte fra esperienza di vita e saperi tecnico-disciplinari cos da fare della discussione sulle alternative un fondamentale momento di crescita civile.
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www.arcipelagomilano.org e non Utopia, tenere aperta la Tipografia dello Stato che ormai vende oggetti di fatuo collezionismo e non il mitico negozio di Gadget degli anni 80? Perch quanto stato dato ad alcuni non viene diluito su tutti gli operatori della cultura editoriale? Cosa unisce, se non la toponomastica, Rizzoli e la libreria Bocca? E cosa cambierebbe a Bocca se fosse in via Torino invece che in galleria, data la forte e singolare specializzazione del suo prodotto? Il quarto quesito pu aiutarci a chiudere il cerchio. Non sarebbe stato meglio affittare i locali della galleria ai signori della moda che erano disposti a pagarli a peso doro, quelli che quando fa comodo sono il fiore allocchiello di Milano, per poi ridistribuire quanto incassato a tutta la citt sotto forma di servizi e riduzione di costi per i cittadini Il denaro perso con lo sconto alle librerie della Galleria rimarr in tasca a chi era disposto a versarlo nelle casse del Comune, le librerie elette non produrranno un maggiore reddito e non venderanno un libro in pi, e anche i cittadini rimarranno a bocca asciutta e quindi non avranno un solo euro in eccesso per comprare un romanzo o un saggio in edizione economica. E anche se avessimo voluto indirizzare i proventi degli affitti in ununica direzione non era forse meglio mettere a reddito culturale il vil denaro di Calzedonia & Co aiutando tutte le librerie di Milano con una riduzione dei balzelli e tasse, da quelle per le insegne alla Tarsu, dallImu alla Cosap e cos via, riducendo i costi di tutti gli operatori? Una proposta che invece, giustamente, sembra in cantiere a favore dei teatri milanesi per cui si ipotizzata una riduzione indifferenziata dellImu? E in ultimo, ma non ultimo, una considerazione generale tranquillamente applicabile anche allofferta culturale. Quando supereremo latavica avversione ideologica verso le grandi catene commerciali (esclusa la Coop naturalmente) per correre in soccorso delle pseudo attivit indipendenti, che non riusciranno mai a offrire i loro prodotti a prezzi concorrenziali e quindi accessibili a tutti, meno abbienti compresi, rendendo veramente disponibile e democratica la conoscenza culturale?
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cominci a non essere pi sufficientemente adeguato, lo si restaur come meritava, ma nessuno pens di abbatterlo o convertirlo perch nel frattempo era stato costruito il Teatro Arcimboldi!
Nubi minacciose si addensano quindi sul Vigorelli, col rischio che finisca come un vaso di coccio tra troppi interessi extrasportivi, in spregio alla storia e alla cittadinanza, che in questo momento incrocia
le dita e spera di non trovarsi di fronte ad un nuovo scempio come per il Palazzetto dello Sport di San Siro o il Velodromo Olimpico di Roma
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www.arcipelagomilano.org cemente usare l'interfaccia sulla colonnina? Tre opzioni di danno e via... Bike-mi dovrebbe essere ben in grado di sapere quale il numero della stazione e il numero della bici, lo stallo in cui lho riposta, non io che nel frattempo mi sono allontanata e che al telefono devo fornire questi dati. Quando si prenota genericamente una macchina col car sharing per verificare la disponibilit si deve indicare un intervallo di tempo e un parcheggio di prelievo. Il sistema in questo caso privilegia la disponibilit oraria, e pur di soddisfarla offre soluzioni alternative su tutta la citt. Valuta che si sia disposti ad attraversarla, senza contare il tempo che ci si dovrebbe mettere. Perch non offrire sempre un prospetto di entrambe le auto di ogni parcheggio? In questo caso la comodit della vicinanza prevalente, e si , credo, piuttosto disposti a organizzare diversamente il proprio tempo. Insomma poter decidere liberamente. Ultima nota: Ricaricami il nuovo biglietto elettronico (la tesserina verde per intenderci), un indubbio vantaggio ecologico. Risparmio di carta, e per Atm riduzione dei costi di stampa e di distribuzione. Possibilit di ricaricarla nelle colonnine dei parchimetri (500 in citt! come recitano i manifesti ... anche in periferia?) di evidente comodit quando si usa la rete notturna. E d'altro canto la protesta dei rivenditori che i biglietti devono andarseli a prendere (taglio dei costi di distribuzione), con il rischio collettivo che visto lo scarso ricavo ci rinuncino del tutto. Forse a perderci non saranno gli over 65, che a torto o a ragione consideriamo meno tecnologici, li immaginiamo in gran parte abbonati (soli 16 euro al mese, una delle prime scelte della giunta Pisapia), ma chi occasionalmente usa i mezzi di superficie. Non volevamo conquistarli?
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www.arcipelagomilano.org in psicologia, fece la conoscenza con Berlusconi. Il tipo, molto sveglio e con una grande voglia di affermarsi, si propose a Berlusconi con un programma di psicologia mirato a "inquadrare" tutti i suoi dipendenti, che contemplava diverse pratiche e tecniche, fino alla completa spersonalizzazione dell'individuo per ricostruirlo poi a immagine del capo, per mentalit, fedelt e comportamento, dotando tutti coloro che facevano parte dell'entourage di un decalogo da osservare strettamente (una volta fui invitato anch'io a un evento insieme a mia moglie e nell'occasione fu consegnato anche a noi il decalogo di comportamento, che tra i vari "comandamenti" imponeva di sorridere sempre e comunque, perch favorisce l'interazione con i propri interlocutori. E poi, presentarsi sempre con giacca, camicia e cravatta, mai lasciarsi avere il corpo curvo o piegato in avanti, ma ergersi sempre dritti con il petto in fuori, testa sempre pettinata e curata, proibiti i capelli lunghi (anche se in passato, quando li aveva, erano lungi pure i suoi), curare l'aspetto e la pulizia della persona, in modo particolare le unghie, facce ben rasate, (in caso di barba deve essere molto curata), parlare sempre a voce bassa, senza mai alzare la voce (anche se ora lui il primo ad aggredire con prepotenza e arroganza). In caso di una discussione, usare sempre e comunque il sorriso, mostrandosi rilassati e accondiscendenti e tante altre cose del genere che allora consideravo vere e proprie idiozie. Probabilmente il mio amico psicologo conosceva gi molto bene i neuroni specchio, anche se mi diceva che usava metodologie americane con l'utilizzo di computer dedicati, per modificare la personalit degli individui predisposti (un po' come l'ipnosi, su alcuni possibile, su altri no), per cui venivano scelti per il suo staff, solo gli individui sensibili a questa tecnica. Infatti devo ammettere che in qualche modo il sorriso funziona, perch esiste sempre il tipo che si lascia catturare, indipendentemente dalla sua cultura. come l'imbonitore sul mercato che riesce a vendere il suo prodotto miracoloso a qualche inesperta signora (e anche signore). Queste del decalogo non sono balle, ho solo il rammarico di non aver tenuto quell'assurdo volumetto con i comandamenti di nostro Signore Berlusconi. In quanto alla sinistra le do ragione, D'Alema, per esempio, non sorride mai e quando lo fa un sorriso assolutamente forzato, lo si vede benissimo. Cos tanti altri, eccetto Renzi e un po' Bersani, sono tristi, pessimisti e quando va bene sono amorfi, con espressioni statiche, banali e impersonali. Che peccato!
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www.arcipelagomilano.org allinizio, ma che si radica nei precedenti artistici di Garutti: se lartista deve spingersi verso la citt, coinvolgerla ecc, in questo caso lo spettatore che deve assumersi le sue responsabilit allinterno dello spazio sacro dellarte: il museo, appunto. Perch da queste registrazioni verr infatti creato un libro che le riporter tutte, senza censura. Le opere di Grautti sono fatte di meccanismi che si attivano tra lartista e lo spettatore, tra il luogo in cui vengono ospitate e il contesto antropologico. Ecco perch molti suoi lavori degli anni 90 non sono musealizzabili, ma sono vere e proprie performance su e a contatto con il territorio e i cittadini. Nascono cos lavori-manifesto come quello a Peccioli tra il 1994 e il 1997, dove restaura la facciata del teatro del borgo vicino a Pistoia e installa la didascalia in pietra "Dedicato ai ragazzi e alle ragazze che in questo piccolo teatro si innamorarono; o come Ai Nati Oggi (realizzato in varie citt dal 1998 al 2005) dove l'artista collega alcuni lampioni presenti in aree pubbliche ai reparti di maternit cittadini in modo che la nascita di un bambino coincida con lintensificarsi della luce, che aumenta per poi decrescere lentamente. Lartista si fa antropologo per riattivare la memoria storica collettiva, per far ragionare sulle relazioni tra arte e societ. Ma Garutti artista e non pu tralasciare il rapporto, a volte intimo e intenso, con i collezionisti. Ecco dunque nascere lavori come Campionario: stampe digitali su fondo monocromo (2007 - 2012) sulle quali una sottile linea nera ricama distanze e relazioni tra luoghi della citt cari al potenziale collezionista. Nella serie Orizzonti - dipinti a partire dal 1987 su vetro in bianco e nero, in diverse dimensioni, ognuno dei quali porta il nome del suo committente - Garutti testimonia linteresse per la sfera di relazioni sentimentali e professionali che formano lorizzonte vero della mia vita. Si arriva poi allopera che da il titolo allesposizione, Didascalie, in cui sono state raccolte e stampate su grandi fogli colorati, impilati come tanti blocchetti di post-it, tutte le didascalie delle sue opere installate nelle citt. Il visitatore invitato a strappare e portare via quelle per lui pi significative, per costruirsi il suo proprio percorso sensoriale. La dimensione pubblica dellopera darte sempre presente nel lavoro dellartista, come si capisce osservando Piccolo Museion, vetrina cubica, installata nella citt di Bolzano, che diventa dependance del famoso museo cittadino e che espone, a rotazione, unopera delle collezioni del Museion oppure con Recinzione, parte di opera, mai realizzata, per la Fondazione Sandretto di Torino. Un cancello di ferro, intervallato da forme colorate, per circondare un cortile salvato e recuperato da alcuni ex operai della zona. Strumento da riproporre anche per altre mostre, sicuramente il bel quaderno-mini catalogo fornito gratuitamente, che aiuta a contestualizzare e chiarire alcuni passaggi, non sempre scontati, dellopera dellartista. Alberto Garutti. Didascalia. PACfino al 3 febbraio. Ingresso gratuito Orari: luned 14.30 - 19.30, da marted a domenica 09.30 19.30, gioved 09.30 - 22.30
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www.arcipelagomilano.org di dare, con queste immagini fatte di punti, di linee, di sinusoidi, un fluire unico connesso alleterno movimento. Collabora a tutto ci anche una panca vibrante, che emette vibrazioni seguendo i suoni elettrici riferiti alle immagini. Difficile da descrivere, pi facile da provare e da vivere. Con questo lavoro Nicolai unisce alcuni dei suoi tratti pi caratteristici: la capacit di rendere percepibile il suono in modo ottico; l'estetica minimale che si traduce nelluso del colore (variazioni sul bianco e nero) e delle sonorit; la propensione verso l'astrazione e quella verso l'infinito. Due opere interattive da non perdere, tanto pi che lingresso allHangar sempre gratuito. Toms Saraceno On Space Time Foam fino al 03.02.2013 Orari: Lun Mar - Merc: chiuso; Gio Ven Sab - Dom: 11.00-23.00 Ingresso libero
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www.arcipelagomilano.org to di Milano fu emanato nel 313 d. C. dallimperatore romano dOccidente Costantino e dal suo omologo dOriente, Licinio, che si incontrarono nel palazzo imperiale milanese e decisero che, da quel momento, il Cristianesimo, culto gi affermato in larghi strati della popolazione dellImpero, dopo secoli di persecuzioni veniva dichiarato lecito, inaugurando cos un periodo di tolleranza religiosa e di grandi rinnovamenti politici e culturali. Dal palazzo imperiale a Palazzo Reale, dunque. La mostra, divisa in sei sezioni, racconta la Milano dellepoca, ricostruendone idealmente spazi e palazzi, luoghi, arte e suppellettili che circolavano non solo nella capitale ma anche in tutto il mondo romano. Con pi di duecento preziosi oggetti darcheologia e darte, vengono indagate tematiche storiche, artistiche, politiche e religiose: da Milano capitale imperiale, alla conversione di Costantino, con quellaura di leggenda, fino ai simboli del suo trionfo. Attraverso la ricostruzione di Milano, il visitatore potr ritrovarsi nella capitale dellepoca, con tutti gli edifici funzionali a una grande citt: dal Palatium, edificio polifunzionale destinato ad accogliere non solo limperatore ma anche la complessa burocrazia dello Stato, alle grandiose terme erculee, identificabili tra gli odierni Corso Vittorio Emanuele e via Larga, fino alla necropoli dellarea di SantEustorgio, senza tralasciare quartieri residenziali e nobiliari. Ma siamo in un momento di transizione, in cui accanto allaffermarsi del Cristianesimo come culto sempre pi importante, persistono ancora diverse religioni nellimpero costantiniano, che ci sono note mediante luso di iconografie pagane in oggetti darte di destinazione uffici ale o privata, e che spesso si mescolano ai simboli e alle immagini cristiane. Oltre ad approfondire la figura di Costantino e della sua famiglia, ampio spazio dato anche a tre istituzioni importanti per la vita pubblica romana: lesercito, la chiesa e la corte imperiale. Cos grandi ritratti ufficiali, monete, medaglie e oggetti quotidiani documentano il nuovo aspetto pubblico e sempre pi presente dellimperatore, della corte, dei grandi funzionari, dellesercito, della Chiesa e dei suoi vescovi, fino ad Ambrogio. Oggetti preziosi e di lusso che testimoniano, con le loro figurazioni, il passaggio graduale che il Cristianesimo compie allinterno della societ, da devozione lecita ma privata a una dimensione pubblica e ufficiale, per arrivare infine a essere lunica religione dellImpero. Gemme e cammei, argenterie, gioielli in oro e fibule auree consentiranno di tracciare un quadro dello splendore che caratterizzava la vita della corte e la nuova devozione verso la Chiesa. Chiude la mostra una grande sezione dedicata a Elena, madre di Costantino, santa e imperatrice. Fu proprio Elena che si rec in Terra Santa e trov, secondo la tradizione, dopo averla riconosciuta, la Vera Croce di Cristo, riportandola in Europa e inserendo nella corona imperiale del figlio uno dei Sacri Chiodi, come protezione e dichiarazione ufficiale della nuova, vera Fede. Imperdibile la bellissima Sant Elena di Cima da Conegliano, proveniente dalla National Gallery di Washington, 1495 c. Sulla conversione di Costantino si scritto molto: fu frutto di una decisione presa per convenienza o il suo spirito era sincero? Il battesimo in punto di morte, il celebre sogno, avvenuto la notte prima della Battaglia di Ponte Milvio, nel 312, in cui si preparava a combattere il suo nemico Massenzio, sono storie ben note. Quel che certo che, da quel momento, inizia a diffondersi liconografia del Krismon, le due iniziali greche di Cristo incrociate tra loro, dapprima sugli scudi dellesercito di Costantino, poi su monili e gioielli, per approdare infine in tutto lImpero. Si diffonde a simbolo di unepoca intera il signum crucis di Costantino. Costantino 313 d.C. Palazzo Reale, fino al 17 marzo 2013 orari: lun 14.30 19.30 mar, mer, ven, dom: 9.30 19.30 giov, sab: 9.30 22.30 ingresso: intero euro 9,00 ridotto euro 7,50 10.00 19.00. Chiuso il marted.
LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org L'indifferenza dell'assassino Maurizio Cucchi Guanda 2012 pp. 160, euro 14
Penso a due storie milanesi. Una prima la conosciamo, e bene. Dalle parti di Piazza Vetra, al tempo della peste nel milanese del 1630, inizia una tetra sequela di eventi che culmineranno con la condanna a morte e allignominia di due innocenti. noto che una delle condanne non and a buon fine e che la storia, in qualche modo, si incaricata di risarcire i suppliziati. Questo, anche grazie a Manzoni che, con Storia della colonna infame, racconta nei dettagli fatti, processo, conclusioni. Laltra storia la conosciamo meno bene, almeno fino a ora. Non molto distante da dove si svolsero gli eventi del 1630 e oltre due secoli dopo, ag Gianfranco Boggia, il pluriomicida giustiziato la mattina dellotto aprile 1862. Il caso fece, a suo tempo, scalpore per lefferatezza dei delitti. Poi pass alle leggende metropolitane e agli interessi di Lombroso. Adesso viene raccontato nei dettagli nelle pagine dellultimo libro di Maurizio Cucchi. Visitare, a distanza di quattro o di due secoli, i luoghi che hanno fatto da sfondo a quegli eventi non difficile. Mi basta un petit tour urbano tra il Carrobbio e la via Nerino. Dove passo senza soluzione di continuit dalla parte (chiamiamole cos, proustiamente) del Piazza e del Mora a quella di Boggia. Meglio: passo dalla zona dove viveva chi fu incolpevole e privato della vita a quella dove viveva chi fu assolutamente colpevole ma altrettanto privato della vita. E penso: qui stavano, respiravano, parlavano due disgraziati torturati ed eliminati per una ingiustizia. A un certo momento, per, mi trover a pensare: qui stava, camminava, respirava un assassino. Ma, in verit, non so e non sapr con esattezza mai dove situare la
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www.arcipelagomilano.org dun assassino. Ma di queste simbologie Boggia non ne sapeva, certo, niente. E dunque il male appare, una volta di pi, immotivato. E allora peggio che banale: proprio non si comprende perch deve esistere, imporsi, sovrastare gli umani. Forse, la verit questa: c, ma non si arriva a capirlo. Mai. Al pi, lo posso afferrare con una narrazione. Come accade nel libro di Cucchi. Il quale Cucchi, dal male non certo affascinato. Ne atterrito, quanto tutti noi. Aggiungo: come tutti noi, ne rimane come abbagliato. Perch il male si para davanti frontalmente ma, nello stesso tempo, rimane estraneo, lontanissimo. E allora suscita meraviglia. Forse, quella stessa stupefatta, atterrita meraviglia di chi vive lesperienza del demoniaco, del cosiddetto tremendo, dellassolutamente diverso che irrompe nella vita. Il male ci ammutolisce. 9. Invece, Cucchi lo racconta. Anzi: pu permettersi di farlo con un tono lucidamente ironico, spostato rispetto a quanto lo abbaglia. Perch la sua poesia e la sua prosa sono, da sempre, zeppi di sguardi sul mondo elementari e ottusi. A volte, tanto bassi che sembrano emergere da zone dellessere infernali. Forse, da un passato ancestrale, Venute da un sottosuolo che, a volte, sale alla vita e la fracassa. Figure pericolose, incubi. Forse, figure dellinconscio che ci portiamo appresso e che, in fondo, girano dentro a noi. Insomma: Cucchi aveva gi raccontato di Boggia. Senza saperlo. E con questo libro ha chiuso un conto aperto. (Mario Santagostini)
vera linea di demarcazione fra le due zone. Avverto che esiste, ma non la trovo, non so quando inizio a camminarci sopra. E se fosse proprio Milano a essere, con le sue sue strade e luoghi, una metafora di quanto labile il confine tra innocenza e colpa? Me lo chiedo perch, di fatto, proprio il libro di Cucchi che induce a simili riflessioni. Certo, lassassino Boggia possiede una coscienza premorale. Peggio: ottusa, primitiva. Ma, nello stesso tempo, quasi geometrico nelle efferatezze che conclude seguendo disegni precisi. I suoi non sono omicidi dimpeto. E nemmeno gli cambiano la vita. Al pi, gli consentono di soddisfare la forte dipendenza dallalcool. Uomo dallintelligenza limitata e con ambizioni, orizzonti limitati. Figura poco evoluta, un po stralunata. Creatura elementare, intellettualmente azzerata. Ma tetragona, quasi meccanica in un agire che ricorda quello dellautoma: indifferente a tutto tranne agli scopi. Figura, dunque, orrendamente paradossale. E come ogni paradosso, rappresenta qualcosa di incomprensibile. Di insondabile. Di fatto: Boggia una creatura abissale. Ma un abisso, il suo, nel quale non si riesce a entrare. Resta inesplorabile. Come, in fondo, il male. Andiamo avanti. Boggia era un uomo come infiniti altri nella Milano ottocentesca. O quasi. Ecco: proprio quel quasi che faccio fatica a determinare. Che sfugge. Riprovo a mettere insieme qualche coordinata offerta dal libro per afferrarlo meglio, rileggo i dati registrati da Cucchi. Boggia viveva da muratore citt civile, veniva dal comasco. Possedeva
perfino, a giudicare dalle immagini, un aspetto accettabile. E nessun contatto con la malavita, solo con qualche figura moderatamente losca. Perch i delitti, allora? Viene da rispondere: per una incapacit cronica, biologica di distinguere lecito e illecito. Per un senso di colpa troppo debole. Dunque, e vengono i brividi a constatarlo, per superficialit. Che sembra una categoria asettica, quasi innocente e invece, alla luce dei fatti, si rivela devastatrice. Pensando al Boggia, penso che il male peggiore per le teste piccole, povere. (Il male quindi banale, come suona il memorabile titolo del libro della Harendt (Eichmann in Jerusalem: The Banality of Evil). ovvio e insieme incomprensibile: qui siamo di fronte allossimoro-chiave, quello che inquadra con sintesi agghiacciante il peggior agire umano). Torniamo a Boggia: ha ucciso, ma poteva fare altro e, forse, ottenere gli stessi effetti: rubare, truffare, lavorare, giocare . La tensione omicida scatta con una apparente scarsezza di motivazioni. Sembra un atto leggero, semigratuito. Cucchi ricolloca Boggia nelle sue strade, gli rimette intorno vittime e testimoni, ricostruisce la trama di impulsi, di gesti che lo portano ad abbattere vite, poi a negare daverlo fatto, poi a contraddirsi in maniera idiota. spaventoso verificare che non si pente. Ma pi spaventoso notare che in lui che non c mai una ragione forte, decisiva, vitale. Non c odio, per esempio. Solo gesti calcolati. Il pi inquietante dei quali lattirare e uccidere le vittime in cantine, in un sottosuolo che sembra essere lhabitat naturale
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la figlia ribelle, la coreografa, lamante pazza, e anche i personaggi apparentemente minori come la banchiera, la poliziotta, lamica della figlia, lo psicologo. Una commedia dambiente in cui lambiente sicuramente unArgentina sullorlo della crisi economica, ma soprattutto una post-modernit dove tutto collegato ma allo stesso tempo dove impossibile ricomporre in modo logico le connessioni di questi collegamenti. Ronconi ricrea questo clima da fotoromanzo pop anni-novanta con un palco giallo e inclinatissimo, che quasi fa scivolare gli attori verso proscenio, dove con il gesso, su una pedana rialzabile, disegnata la sagoma del morto. Le solite scenografie ampie e semoventi, sicuramente belle e appaganti dal punto di vista estetico, ma che il pubblico ormai si aspetta, sono completa-
mente bianche (i teli, i divani, i tavoli, le sedie) come se il contesto fosse neutro, per dare meglio la possibilit ai colori dei personaggi di emergere e schizzare. La recitazione ronconiana in questo caso sembra ancora pi adatta a Spregelburd rispetto alla Modestia, anche se in certi punti lattenzione alle singole parole (che nella maggior parte dei casi permette al pubblico di cogliere le sfumature della scrittura brillante dellautore argent ino) sarebbe potuta essere accompagnata da un maggior fluidit. Il cast dattori eccezionale, sia come numero sia come talento. Il gran numero di personaggi fa s che quasi tutti i ruoli siano minori, tranne forse la madre/moglie Maria Paiato e il figlio Fabrizio Falco, ottimi soprattutto nel riuscire a mettere vita e immagini proprie allinterno del rigido tracciato ronconiano (cosa che
non sempre gli attori riescono a fare). Fuori dal teatro, alla prima del 15 gennaio, le espressioni del pubblico, divertito e per niente annoiato nonostante la lunghezza dello spettacolo, confermano il successo della messa in scena. Piccolo Teatro Strehler dal 15 gennaio al 10 febbraio In scena Al Teatro TF Menotti dal 10 al 27 gennaio Anima errante di Roberto Cavosi, regia di Carmelo Rifici. Al Teatro Elfo Puccini dal 16 al 20 gennaio Corsia degli incurabili di Patrizia Valduga con Federica Fracassi. Al Teatro I dal 16 al 21 gennaio La Merda di Cristian Ceresoli.
Django Unchained
di Quentin Tarantino [USA, 2012, 165] con: Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Kerry Washington, Samuel L. Jackson
Durante la commedia, non si pu uscire mai dal personaggio, avverte il Dr. King Schultz (Christoph Waltz, bravissimo) spiegando a Django (Jamie Foxx) come recitare la parte del negriero per potersi far beffa del cattivo Calvin Candie (Leonardo DiCaprio). Ci riporta al 1858, da qualche parte nel Texas, Django Unchained [USA, 2012, 165] di Quentin Tarantino, e lo fa citando il Django di Sergio Corbucci (fin dai titoli di testa) e molto western nostrano. Ma una favola epica quella che vediamo sullo schermo, molto pi simile al mito nibelungico di Sigfrido che come spiega Schultz deve scalare la montagna e sconfiggere il drago, prima di liberare la sua amata. Django, schiavo liberato dalle catene, sogna di ritrovare la moglie Broomhilda (Kerry Washington) per strapparla al repellente gentiluomo Candie. Nella sua epopea, Django accompagnato dal tedesco Schultz che come il Virgilio dantesco guida, insegnante, amico. Prima lo libera, poi lo fa socio in affari: i due sono cacciatori di taglie. Ma, appunto, lamicizia a risultare strana in quel Texas dove i negri (cos l chiamano) sono considerati meno di oggetti.
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www.arcipelagomilano.org La schiavit era una realt brutale e surreale, pi di quanto larte sia in grado di rappresentare, ha detto Tarantino. Allora, se la realt brutale basta affidarsi alla finzione del cinema che permette di giocarci con quella realt, modificandola a proprio piacimento. Con Bastardi senza gloria [2009]il cera una volta ha trasformato la storia del nazismo anchessa brutale e surreale facendo esplodere Adolf Hitler in un cinema; questa volta Tarantino sceglie di riscrivere la storia degli schiavi nellAmerica di met Ottocento. La riscrive perch non gli piace, perch la vuole cambiare: consapevole dellonnipotenza dello schermo cinematografico e della forza dellillusione creata dalle ombre proiettate. Stia pur sereno lo Spike Lee timoroso e depositino le penne i critici saccenti e, con un po di umilt, invece di grattare le immagini alla ricerca della verit, si abbandonino sulle poltrone del cinema per farsi raccontare una storia. O, meglio, una fiaba: la vendetta di uno schiavo reso libero che lotta per ritrovare sua moglie e finalmente vivere felice e contento. La vendetta maneggiata con irrisione dal regista: il sangue sgorga eccessivo, nei litri e nei colori; i proiettili sono tanti, troppi. Ed questo essere troppo il condimento che invita a guardare le immagini senza il pregiudizio della violenza gratuita ma con il sorriso sarcastico di chi sa che ci che vede soltanto una burla. La brutalit, infatti, spesso pi cruenta quando velata dal dogma piuttosto che quando manifesta e irriverente. Per accorgersene, per, bisogna godere della finzione e non avere la supponenza di voler andare oltre. Per questo, gli stessi critici che non si sono scomposti davanti alla lacerazione del Cristo di Mel Gibson, ora suonano le trombe schifati. Ma noi spettatori incantati ci abbandoniamo alla visione e ci facciamo trasportare dalle musiche splendide, partecipiamo al desiderio di vendetta di Django e, in sala, ridiamo molto. Forse perch ben sappiamo che un Film, e che durante la commedia, non si pu uscire mai dal personaggio. Paolo Schipani
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