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Dinamiche Industriali

Lezione 2

Alcuni fatti stilizzati sull’entrata delle imprese.

Riferimenti bibliografici principali: Garavaglia (2014), Analisi delle determinanti


dell’entrata di nuove imprese nei settori industriali: una rassegna, LIUC Papers n. 144 e
Geroski P. (1995), What do we Know about Entry? , International Journal of
Industrial Organization, 13, 421-441
Introduzione
• Nel modello di concorrenza perfetta, se un’impresa realizza
profitti positivi nel breve periodo, cercherà di aumentare la
produzione nel lungo periodo così da aumentare i profitti.
• Se le imprese realizzano profitti positivi attireranno nuove
imprese nel mercato.
• Quando nuove imprese entrano nel mercato e quelle già
presenti aumentano la loro produzione, nel mercato
aumenta l’offerta complessiva.
• L’aumento dell’offerta riduce il prezzo di mercato.

• Questo processo di aggiustamento si arresta quando i


profitti nel mercato diventano nulli.
Introduzione
Introduzione
• Allo stesso modo, se un’impresa fa profitti negativi nel breve
periodo, essa cercherà di produrre in modo più efficiente nel
lungo periodo, se la sua tecnologia lo consente, oppure lascerà
il mercato.
• Se le imprese nel mercato fanno profitti negativi, nessuna nuova
impresa entra nel mercato.

• Le imprese inefficienti lasciano il mercato e dunque si riduce


l’offerta complessiva.
• La riduzione dell’offerta porta ad un aumento del prezzo di
mercato.
• Questo processo di aggiustamento si arresta quando i profitti
nel mercato diventano nulli.
Introduzione
Quindi, secondo il modello di concorrenza perfetta, in ogni periodo
avremo:
1. entrata: nelle industrie in cui le imprese attive ottengono extra-
profitti;
2. uscita: dalle industrie in cui le imprese attive ottengono profitti
inferiori a quelli normali.

• Ma questi risultati sono confermati dagli studi empirici?

• Imprese diverse ottengono tutte profitti nulli nel lungo periodo?

• L’entrata rende efficiente il numero di imprese che operano nel


lungo periodo?

• Sono gli extraprofitti attesi che generano l’entrata?


Introduzione
Secondo l’approccio “profit-driven”, ogni volta che il
mercato si caratterizza per un livello di profitti in eccesso
rispetto al livello di equilibrio di lungo periodo, si verifica
l’entrata di nuove imprese:
– i nuovi entranti sono visti puramente come una risposta
all’esistenza di extra profitti nel settore
– il processo di entrata è considerato come un fenomeno
riequilibratore del mercato:
• nuove imprese, stimolate dall’esistenza di elevati profitti, entrano
nell’industria e, pertanto, spingono i profitti verso il loro livello
competitivo di lungo periodo, dove non c’è entrata di nuove imprese
Introduzione
• Nel modello di concorrenza perfetta, l’equilibrio di
mercato di lungo periodo si ottiene con profitti
“normali”. Per profitti “normali” si intende un livello
di profitti che consente la remunerazione “normale”
dell’attività imprenditoriale
• Gli studi di economia industriale ci hanno insegnato
che in diversi settori dell’economia ci possono essere
barriere all’entrata (esempi?). Al crescere delle
barriere all’entrata crescerà anche il livello di
profittabilità media del settore
:
Introduzione
Possiamo formalizzare questo approccio attraverso il
seguente modello di entrata:
E jt    ejt  b j    jt

Ejt=entrata al tempo t nell'industria j


ejt= livello atteso dei profitti dopo che l'entrata si è verificata
bj=livello di profitti di lungo periodo protetti dalle barriere
all'entrata
g=velocità di reazione dell’entrata all'esistenza di extra-profitti
e=disturbo stocastico
ejt  b j  E jt  0
Introduzione
• Questo approccio concentra l'attenzione sulle ragioni
dell'esistenza delle barriere all'entrata piuttosto che sulle
determinanti delle decisioni di entrata (puramente viste
nell’esistenza di extra profitti attesi)
• La conclusione che l’entrata sia guidata dalla presenza di
extra profitti è basata su due ipotesi cruciali:
– imprese omogenee: tutte con la stessa tecnologia, stessi costi e
profitti
– informazione perfetta sulle caratteristiche del mercato
• Questo approccio non riesce a spiegare la simultaneità di
entrata e uscita
Introduzione
• Secondo Geroski (1995), il processo di entrata è difficile da spiegare
considerando le misure convenzionali di redditività
• Sembra che altri fattori siano necessari per spiegare un processo così
complesso
• Tuttavia, il merito di questo approccio tradizionale consiste nell’aver
messo in evidenza il ruolo delle barriere all’entrata nell’influire sulla
dinamica industriale
• Per comprendere questo ruolo abbiamo bisogno di studiare
– le condizioni strutturali dell’industria: condizioni tecnologiche e
caratteristiche di domanda (barriere all’entrata di natura tecnologica)
– i comportamenti strategici messi in atto dalle imprese incumbent per
tenere i potenziali entranti fuori dal mercato (barriere all’entrata di
natura strategica)
Introduzione
Gli studi sull’imprenditorialità mostrano che l’entrata è
un’attività rischiosa, sovente destinata a risultare
nell’uscita.
Per questa ragione, entrata e uscita sono più un
meccanismo di selezione capace di individuare le imprese
efficienti abbastanza da poter sopravvivere in una certa
industria, che un meccanismo di aggiustamento
automatico equilibratore capace di spingere verso il
valore normale i profitti delle imprese esistenti.

MA COSA SAPPIAMO DELL’ENTRATA?


Fatti stilizzati sull’entrata
1) L’entrata è un fenomeno comune.
Molte imprese entrano annualmente in gran parte delle
industrie; tuttavia, i tassi di entrata (numero di imprese
entranti/somma di imprese entranti e imprese già
presenti nel mercato) sono molto più alti dei tassi di
penetrazione di mercato (valore aggiunto nuove
imprese/valore aggiunto totale del settore). La
dimensione media delle entranti rispetto al totale è
piccola (30-50%).
Ad esempio, nel censimento quinquennale per gli Stati Uniti nel
periodo 1963-1982 emerge che i tassi di entrata sono in media
tra il 41,4% e il 51,8%, mentre le quote di mercato delle entranti
variano tra il 13,9% e il 18,8%.
Fatti stilizzati sull’entrata
In Italia, per il periodo 1993-1998, i tassi d’entrata ed
uscita delle società di capitali sono stati:
Anno Tasso d’entrata Tasso d’uscita
93- 98 (6 anni) 49,74% 20,57%
1993 8,44% 3,12%
1994 10,17% 4,45%
1995 8,66% 3,96%
1996 7,28% 3,20%
1997 7,24% 3,13%
1998 7,95% 2,72%
Nota: dati Movimprese.
Fatti stilizzati sull’entrata
2) Le differenze nell’entrata tra diversi settori non persistono a
lungo.
La gran parte della variazione totale nell’entrata tra settori e nel
corso del tempo, infatti, è una variazione all’interno del settore
(within industry variation) e non una variazione tra settori
(between industry variation). Non ci sono settori in cui
sistematicamente il tasso di entrata è superiore o inferiore
rispetto ad altri. La variabile «settore» spiega poco la variabilità
dei tassi di entrata
Ad esempio, nel censimento quinquennale per gli Stati Uniti nel periodo 1963-
1982 emerge che le correlazioni tra tassi d’entrata di periodi quinquennali
successivi variano tra lo 0,6 e lo 0,8; tuttavia solo il 43,2% della variazione totale
d’entrata è between industry variation. Il risultato è interessante in quanto
molte variabili che caratterizzano la competizione sono “industry-specific”.
Divisioni di attività economica con i saldi maggiori in valore
assoluto nell’anno 2019
Divisioni di attività economica con i saldi negativi più
elevati in valore assoluto nell’anno 2019
Fatti stilizzati sull’entrata
3) Entrata e uscita sono correlate positivamente.
I tassi di entrata e penetrazione netti (al netto
dell’uscita) sono una frazione modesta di quelli lordi.
Entrata ed uscita sono parte di un processo continuo
di cambiamento, in cui un gran numero di imprese
nuove sostituisce un altrettanto grande numero di
imprese più vecchie; alla fine di ciascun periodo,
comunque, il numero totale di imprese attive non
cambia di molto.
Ad esempio, in Italia in media nel periodo 1993-1998 sono entrate
523 società di capitali all’anno e ne sono uscite 257; in media,
comunque, le registrate sono sempre intorno a 7.500 all’anno.
Fatti stilizzati sull’entrata
4) Il tasso di sopravvivenza delle imprese entranti è
molto basso (meno del 50% dopo sei anni).
Persino le imprese che entrano con successo,
inoltre, possono impiegare più di 10 anni per
raggiungere la dimensione media del settore.
Ad esempio, nel censimento quinquennale per gli Stati Uniti nel
periodo 1963-1982 emerge che la quota di mercato di ogni
gruppo di entranti è declinata del 50% durante i primi 10 anni
successivi all’entrata; ciò è dovuto in gran parte al fatto che il
61,5% delle imprese entranti è uscita entro 5 anni dall’entrata ed
il 79.6% entro 10 anni. Esistenze di “barriere alla sopravvivenza”.
Inoltre il tasso di sopravvivenza varia di più tra industrie rispetto
al tasso di entrata
Fatti stilizzati sull’entrata
5) L’entrata ex novo è più comune ma meno di
successo dell’entrata per diversificazione.
Ad esempio, nel censimento quinquennale per gli Stati Uniti
nel periodo 1963-1982 emerge che i tassi di entrata ex novo
hanno oscillato tra il 15,4% ed il 22,5%, mentre i tassi
d’entrata per diversificazione hanno oscillato tra il 2,8% ed il
5,3%. Tuttavia, anche se le quote di mercato di entrambi i tipi
di entranti sono declinate nel corso del tempo, quelli delle
imprese entrate per diversificazione hanno visto un declino
molto minore.
Fatti stilizzati sull’entrata
Secondo Mueller (1991) ci sono almeno cinque forme di entrata:
a) entrata greenfield (o «ex novo»),
b) entrata tramite acquisizione di imprese esistenti,
c) entrata tramite diversificazione di imprese da altri settori,
d) spin-off,
e) entrata di un’impresa straniera.

Differenze notevoli caratterizzano i diversi tipi di entranti. La distinzione più


significativa si riferisce all’entrata ex-novo contrapposta all’entrata tramite
diversificazione.

L’evidenza empirica mostra che di solito la seconda tende ad entrare con


dimensioni maggiori rispetto all’entrata greenfield; inoltre, mostra tassi di rischio
inferiori e tassi di sopravvivenza più alti, ha solitamente quote di mercato maggiori,
e cresce più velocemente, anche se l’entrata greenfield è più frequente (Dunne et
al., 1989; Geroski, 1995).
Fatti stilizzati sull’entrata
6) I tassi di entrata variano nel tempo e sono più alti
negli stadi iniziali del ciclo di vita dei settori. La
tipologia delle entranti varia nei diversi picchi di
entrata
Gort and Klepper (1982) esaminano questo fenomeno studiando
46 prodotti negli Stati Uniti per tutto il loro ciclo di vita. Gran parte
di questi mercati ha sperimentato una rapida entrata (di circa 6
imprese all’anno) per una decina d’anni, successivamente un
livellamento dell’entrata netta, ed infine una fase di contrazione di
circa 5 imprese all’anno per circa 5 anni. Le entrate seguono
diversi percorsi: da industrie integrate verticalmente a mercati
legati orizzontalmente in diverse aree geografiche o settori su una
simile traiettoria tecnologica
Fatti stilizzati sull’entrata
7) I costi di aggiustamento penalizzano l’entrata con
dimensione iniziale elevata (Jovanovic) e tassi di
penetrazione successivi all’entrata molto rapidi.
Biggadike (1976) ha esaminato l’esperienza di 40 entranti per
diversificazione negli Stati Uniti di fine anni Sessanta/inizio
anni Settanta. La gran parte di queste imprese ha sperimentato
perdite maggiori durante i primi 4 anni di vita nonostante ampi
margini lordi, in gran parte a causa di alti costi di marketing e
R&D. Circa un terzo di questo campione ha ottenuto un
aumento della quota di mercato di circa il 50%, ma queste
imprese erano caratterizzate da dimensione iniziale molto
modesta. Il 10% del campione che ha perso quote di mercato,
invece, era caratterizzato da dimensione iniziale molto grande.
Risultati stilizzati sull’entrata
I modelli empirici sull’entrata ipotizzano che questa sia
proporzionale ai profitti attesi post-entrata al netto dei costi di
entrata:
E jt      b j    jt
e
jt

I profitti attesi sono spesso misurati dalla profittabilità passata.


L’equazione ci dà anche una misura dell’entità delle barriere
che inibiscono l’entrata (maggiore è b minore sarà l’entrata)
Risultati stilizzati sull’entrata
1) L’entrata è lenta a reagire a profitti elevati.
Alla base di questo risultato potrebbe risiedere
un’incongruenza statistica tra profittabilità di
settore ed entrata.
Infatti, le differenze di profittabilità tra settori sono
stabili e persistenti, indicando che la gran parte
della variazione di profittabilità tra settori e nel
corso del tempo è una between industry variation.
Invece, come visto prima, l’entrata varia di più nel
corso del tempo e le differenze nei tassi di entrata
tra settori non durano a lungo.
Risultati stilizzati sull’entrata
Ciò significa che l’entrata è caratterizzata da molta
più within industry variation dei profitti, vale a dire
che le differenze di profitti tra settori sono
relativamente stabili nel corso del tempo, mentre
le differenze nei tassi di entrata non persistono a
lungo.
 La conseguenza di questa incongruenza
statistica è che le correlazioni tra entrata e
profittabilità media di settore saranno deboli e
instabili nel corso del tempo.
Risultati stilizzati sull’entrata
Per spiegare la profittabilità sarà, dunque,
necessario identificare delle caratteristiche dei
mercati che varino tra settori ma non nel corso del
tempo (per es. barriere all’entrata).

Al contrario, per spiegare l’entrata bisognerà


identificare caratteristiche che varino nel tempo
ma non necessariamente tra settori.
L’entrata è correlata positivamente con il tasso di crescita
dell’industria
Risultati stilizzati sull’entrata

2) Le barriere all’entrata sono alte in gran parte delle industrie.


L’evidenza empirica suggerisce che la necessità di pubblicità e
raccolta di capitali, per esempio, sono importanti barriere
all’entrata e che le economie di scala inibiscono l’entrata in
mercati piccoli. I tassi di profitto attesi che stimolano l’entrata
variano tra settori (dall’8 al 20%) ma sono piuttosto elevati.
3) I tassi di entrata possono difficilmente essere spiegati con le
misure tradizionali di profittabilità e barriere all’entrata.
Sembra, dunque, che essi siano spiegati più da variazioni
transitorie di fattori inosservati.
Risultati stilizzati sull’entrata
4) L’entrata ha un impatto modesto sui margini
prezzo-costo medi dei settori.
Tradizionalmente l’entrata nel mercato è stata
concepita come un processo che avviene quando in
un determinato settore i profitti sono alti, e che
quindi ne determina l’abbassamento. L’evidenza
empirica, però, dice che le differenze di profitto
sono molto stabili sia all’interno dei settori che tra
settori diversi; i profitti non vengono uguagliati
persino tra imprese dello stesso settore nel lungo
periodo.
Risultati stilizzati sull’entrata
5) Alti tassi di entrata sono associati ad alti tassi di innovazione e aumento di efficienza.
L’evidenza empirica mostra che spesso l’entrata è usata come veicolo per introdurre
innovazione. Bisogna notare che il fatto che ci sia forte correlazione tra entrata ed
innovazione non implica necessariamente che le imprese entranti siano sempre la maggiore
fonte di innovazione dei mercati; in molti casi, piuttosto, l’entrata stimola le imprese già
presenti nel mercato all’introduzione di nuovi prodotti e processi che erano stati ritardati. Si
distinguono, da una parte, il cambiamento tecnologico distruttore di competenze, e dall’altra
il cambiamento tecnologico rafforzatore delle esistenti competenze possedute dalle imprese
incumbent. Anderson e Tushman (1986, 1990) analizzano i casi di varie industrie (cemento,
linee aeree, vetro e industrie del computer) in cui una discontinuità tecnologica competence-
destroying è accompagnata da nuove imprese, mentre un cambiamento tecnologico
competence-enhancing non è associato a un flusso di nuovi entranti.
“The locus of technological innovation for competence-enhancing breakthroughs significantly differs
from that of competence-destroying discontinuities. The first cement and airline firms were
overwhelmingly new start-ups, not existing companies entering a new industry (Table 3).No product
classes existed in 1872 or 1924 whose competences were transferable to cement manufacture or
flying airplanes. In contrast, early minicomputers were made by existing accounting machine and
electronics manufacturers, who found their existing know-how was readily transferable to the first
small, crude computers. New industries can be started either by new organizations or by established
ones from other industries; a key variable seems to be whether analogous product classes with
transferable competences exist when a new product class emerges”.
Risultati stilizzati sull’entrata
6) La risposta degli incumbents all’entrata è piuttosto
selettiva.
L’evidenza empirica dimostra che, di fronte
all'ingresso di nuove imprese, quelle preesistenti
non alterano il loro volume di produzione.
E’ difficile stabilire se gli incumbents non si preoccupano troppo
degli entranti o se stanno adottando una strategia aggressiva
(scelgono quantità pre-entrata maggiori di quelle di monopolio
nella speranza di scoraggiare l’entrata e mantengono le loro
promesse).
Risultati stilizzati sull’entrata
7) Gli incumbents non usano i prezzi per bloccare l’entrata.
Si tende di più ad utilizzare un aumento delle attività di marketing
(pubblicità, per es.), dei brevetti, di versioni personalizzate del
prodotto di base, ecc. che i prezzi.
Biggadike (1976) mostra che nel 93% dei casi il taglio dei prezzi in seguito all’entrata
è stato inferiore al 5%; al contrario, il 32% delle imprese ha aumentato le spese di
marketing successive all’entrata.

8) La grandezza e l’età dell’impresa sono correlate positivamente con


la sopravvivenza e la crescita delle entranti per le imprese piccole
Questo potrebbe dipendere dal fatto che un fattore strategico per la
sopravvivenza delle imprese è la capacità di apprendimento (oltre a
quella di adattarsi alle turbolenze del mercato)
Risultati stilizzati sull’entrata
L'entrata e la sopravvivenza sono correlate positivamente con la
dotazione di personale qualificato

Barbosa (2002), in un’interessante analisi empirica, fa un confronto tra


gli effetti imputabili alle variabili riconducibili al “capitale umano” e
alle variabili relative alle “opportunità di profitto” nell’influenzare
l’entrata. Ne risulta che le variabili del capitale umano hanno un
effetto più forte sull’entrata: i risultati empirici mostrano che un
aumento di un punto percentuale nella quota relativa del personale
qualificato delle imprese che ogni anno contemplano la possibilità di
entrare induce ad un aumento dell’entrata di circa il 9%, ceteris
paribus, mentre una variazione simile nella redditività media presunta
sembra provocare un effetto più ridotto sull’entrata, circa il 3%.
Cosa sappiamo sull’entrata?
• L’entrata ex novo e di piccola scala è molto
comune, ma con aspettative di sopravvivenza
piuttosto basse.  Entrare è facile, sopravvivere
no.

• La conseguenza più evidente dell’entrata è


l’uscita, ed i settori con alti tassi di entrata hanno
anche alti tassi di uscita.  La riposta di molti
incumbents all’entrata è piuttosto selettiva.
Cosa sappiamo sull’entrata?
• Per quanto riguarda la definizione della struttura
industriale, l’entrata può giocare un ruolo importante in
alcune fasi del ciclo di vita del prodotto e un ruolo più
secondario altre volte.

• L’entrata è spesso utilizzata come veicolo per introdurre


innovazione; è la maggiore fonte di proliferazione di nuove
varietà di prodotto.

• Dato che molti entranti escono e che quelli che


sopravvivono impiegano tra i 5 ed i 10 anni per raggiungere
le imprese concorrenti, gli effetti di breve periodo
dell’entrata sono molto inferiori a quelli di lungo periodo.
Cosa sappiamo sull’entrata?
• Generalmente l’entrata non è un valido sostituto
della rivalità attiva tra imprese preesistenti
all’interno di un mercato, perché può essere
troppo bassa, di scala troppo piccola o troppo
incostante.

• In contrasto, però, molti studi empirici sulle


barriere all’entrata suggeriscono che la “minaccia”
di entrata ha un effetto importante sulla
competizione.
Quali sono gli effetti dell’entrata sulla
competizione?

In altre parole, modelli diversi predicono effetti


dell’entrata sulla competizione molto diversi:

1. Alcuni predicono che la semplice minaccia di


ingresso pone un freno al potere di mercato.

2. Altri predicono che i potenziali competitori hanno


un effetto molto limitato sulla competizione, e che
solo le imprese che effettivamente entrano
influiscono.
Questioni aperte
 Quali sono gli effetti dell’entrata sulla
competizione?

 Per avere un effetto sulla competizione è


sufficiente essere un potenziale entrante o è
necessario entrare effettivamente?
Misure di entrata ed uscita
• NEi(t): numero di imprese che entrano nel settore i tra gli anni censiti
t-1 e t;
• NTi(t): numero totale di imprese nel settore i tra gli anni censiti t-1 e t;
• NXi(t-1): numero di imprese che escono nel settore i tra gli anni censiti
t-1 e t;
• QEi(t): produzione totale delle imprese che entrano nel settore i tra gli
anni censiti t-1 e t;
• QTi(t): produzione totale di tutte le imprese nel settore i tra gli anni
censiti t-1 e t;
• QXi(t-1): produzione totale al tempo t-1 delle imprese che escono nel
settore i tra gli anni censiti t-1 e t.
Misure di entrata e uscita
Quindi, i tassi di entrata ed uscita nel settore i tra
gli anni censiti t-1 e t sono:

Invece, le quote di mercato delle imprese che


entrano ed escono nel settore i tra gli anni censiti t-
1 e t sono:

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