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MARKETING E RETAIL MANAGEMENT Prof. Castaldo e prof.ssa Premazzi Riassunti Libro e Slides it!

ANTONIO RUSCIANO made

CAPITOLO 1 LEVOLUZIONE DEL SETTORE COMMERCIALE IN ITALIA 1.1Il settore commerciale Il settore commerciale dato dallinsieme delle imprese commerciali (o distributive) e rappresenta un comparto fondamentale delleconomia. Limportanza delle imprese commerciali emerge chiaramente se si osserva il fatturato che esse sono in grado di sviluppare, spesso maggiore di quello di molte fra le principali aziende di produzione. Nel nostro Paese il comparto distributivo impiega circa 4milioni di addetti in quasi 1 milione di punti vendita. Limpresa commerciale svolge come attivit prevalente la compravendita di beni. Il <<prodotto>> realizzato dalle imprese distributive il punto vendita in cui il cliente pu trovare un insieme di pi merci, realizzate da numerose imprese industriali e di servizi. Le imprese distributive hanno un ruolo molto importante perch rappresentano lanello di congiunzione fra i produttori industriali e i consumatori finali riducendo la distanza spazio-temporale che tradizionalmente li divide. 1.2La struttura del settore commerciale Il settore commerciale articolato e complesso. Al suo interno sono presenti punti vendita anche molto differenti tra loro che possono essere classificati seguendo vari criteri. 1.2.1 La classificazione delle imprese commerciali Innanzitutto possibile distinguere tra i c.d. punti vendita fissi, gli esercizi ambulanti e le forme speciali di vendita (per corrispondenza, a domicilio e distributori automatici). I punti di vendita fissi, a loro volta, possono essere distinti: Secondo la dimensione La tipologia di prodotti venduti La clientela cui si rivolgono La modalit di vendita E la modernit della formula

La prima caratteristica secondo cui possibile distinguere i punti vendita la loro dimensione.

La stessa normativa prevede classi dimensionali differenti, per le quali variano le modalit secondo cui sono assegnati i permessi per le nuove aperture. Prendendo in considerazione la tipologia di prodotti commercializzati allinterno dei punti vendita si soliti distinguere il settore commerciale in due grandi comparti: Quello alimentare, che si riferisce a tutti i prodotti alimentari e di largo consumo E quello non alimentare (questultimo non facilmente definibile perch comprende una pluralit di settori tra i quali risulta difficile identificare un minimo comune denominatore).

Facendo riferimento alla clientela cui i distributori si rivologono possibile distinguere tra i punti di vendita al dettaglio, diretti alla clientela privata, e quelli allingrosso, indirizzati ad un pubblico professionale, cui possono effettuare acquisri solo i soggetti dotati di partita IVA. Unulteriore distinzione quella che contrappone i punti vendita self service , in cui il cliente effettua in modo autonomo i propri acquisti prima di recarsi alla cassa , e i negozi a vendita assistita , in cui la clientela seguita e consigliata dal personale addetto alla vendita. I negozi sono infine ripartiti in punti vendita tradizionali e moderni. Con lespressione <<punti vendita moderni>> si soliti indicare quei negozi che sono emersi in tempi recenti e che si discostano per una serie di caratteristiche dai piccoli negozi dei centri cittadini (i c.d. negozi tradizionali). Questi ultimi sono solitamente esercizi a vendita assistita, il cui personale composto dal proprietario-imprenditore e dal suo nucleo familiare. Si tratta solitamente di punti di vendita di ridotte dimensioni e molto eterogenei tra loro, poich la loro organizzazione e strutturazione riconducibile essenzialmente ai gusti personali del proprietario. I punti di vendita moderni si sono invece sviluppati seguendo <<regole>> che permettono di distinguere delle classi omogenee di negozi, dette formati o format. Tali formati sono dati da un mix di delle caratteristiche principali suddette (dimensione, alimentare/non alimentare, al dettaglio/allingrosso, ecc.) e di altri elementi quali: la localizzazione, lorganizzazione interna, la presenza di un parcheggio, ecc. 1.2.2 I format distributivi I principali format distributivi sono: Il supermercato Lipermercato Il punto vendita a libero servizio Il superstore Il discount

Il convenience store Il cash and carry Il grande magazzino La grande superficie specializzata Il centro commerciale Il factory outlet center.

IL SUPERMERCATO un punto vendita al dettaglio operante nel campo alimentare, organizzato a selfservice e con pagamento alluscita, che dispone di una superficie di vendita compresa tra 400 e 2499 mq. I supermercati presentano un vasto assortimento di prodotti alimentari di largo consumo, in massima parte preconfezionati, e di articoli non alimentari di uso domestico corrente. Questi punti vendita sono localizzati tendenzialmente nelle aree urbane delle citt. LIPERMERCATO (leader europeo Carrefour) Si definisce ipermercato un esercizio di vendita al dettaglio operante nel campo alimentare, organizzato prevalentemente a self-service e con pagamento alluscita, che dispone di una superficie di vendita maggiore o uguale a 2500 mq. Lofferta degli ipermercati spesso sintetizzata con la dizione <<tutto sotto un tetto>>. Una delle peculiarit di questo format la presenza, insieme ai prodotti alimentari, di un ampio assortimento di beni appartenenti al comparto non alimentare. Lipermercato in fatti tradizionalmente diviso in due macro-reparti ben distinti (alimentare e non alimentare) che si collocano ai due lati dellingresso e presentano,rispettivamente, le caratteristiche del supermercato e quelle del grande magazzino. Gli ipermercati si caratterizzano inoltre: Dislocazione extraurbana Ampio parcheggio Numero elevato di casse Orar di apertura pi estesi presenza di laboratori interni per la preparazione di cibi la presenza di banchi per i prodotti freschi a vendita assistitia cui dedicata unattenzionw crescente grande quantit e vareit di prodotti di marca prezzi competitivi e elevato utilizzo delle promozioni di prezzo.

IL PUNTO VENDITA A LIBERO SERVIZIO. (esempio DESPAR) Si considera punto vendita a libero servizio un esercizio di vendita al dettaglio operante nel campo alimentare, organizzato a self-service e con pagamento alluscita, che dispone di una superficie di vendita compresa tra 100 e399 mq. Allinterno di questo format possibile distinguere due tipologie di negozi: la superette e i minimarket, che rappresentano in sostanza dei supermercati di dimensioni ridotte e hanno avuto origine con la trasformazione a libero servizio dei punti di vendita tradizionali. Si definisce superette un esercizio di vendita al dettaglio operante nellalimentare e organizzato a self-service con una superficie di vendita compresa tra i 200 e i 399 mq. Il minimarket invece un negozio al dettaglio operante nellalimentare e organizzato a libero servizio, con una dimensione compresa tra i 120 e i 199 mq. Questi punti vendita sono tendenzialment di propriet di piccoli imprenditori indipendenti che, a volte, si appoggiano a imprese distributive operanti in franchising, Essi sono ubicati in quartieri residenziali allinterno dei centri abitaati. Per questo motivo la struttura dei negozi deve adattarsi alle caratteristiche delledificio in cui si inserisce. Ne emergono pertanto corsie strette e banchi alti che permettono di sfruttare al meglio lo spazio disponibile, uinesposizione dei prodotti essenziale e lassenza di un parcheggio dedicato. Tali negozi attraggono tendenzialmente lepersone che abitano nelle immediate vicinanze, che considerano la comodit uno degli elementi prioritari per la scelta del punto vendita e che si recano per acquistare i prodotti di cui hanno un bisogno immediato o che si sono dimenticati di comprare altrove. IL SUPERSTORE. (tesco e esselunga) Il superstore un formato emerso in tempi recenti che identifica punti vendita al dettaglio,organizzati a self-service che trattano merceologie alimentari e non e che sono molto pi grandi di un normale supermercato ma non tanto da poter essere considerati ipermercati. La loro superficie superiore ai 2000 mq e in genere non supera i 3000 mq. Solitamente essi sono localizzati in zone periferiche ma non cos extraurbane come quelle in cui si trovano gli ipermercati e sono facilmente raggiungibili anche con imezzi pubblici. Si tratta in prevalenza di negozi autonomi dotati di propri parcheggi , ma possono anche trovare sede in centri commerciali di medie dimensioni. Gli orari di apertura sono simili a quelli dei supermercati , ma sono previste numerose estensioni nei giorni festivi. Lassortimento riprende quello dl supermercato, con lapprofondimento della gamma di alcune categorie, soprattutto nel non alimentare. I servizi aggiuntivi come il bar o il corner per lo sviluppo delle foto sono assenti o limitati. IL DISCOUNT. ALDI LIDL LD MARKET - EUROSPIN

Il discount un punto vendita al dettaglio, a libero servizio, operante nel comparto alimentare con le seguenti caratteristiche: un assortimento composto prevalentemente da prodotti non di marca un allestimento spartano: i prodotti non sono posizionati sugli scaffali ma lasciati nei cartoni di imballagffio e , avolte , direttamente sui pallet un minor numero di referenze, cio di varianti per singola classe di prodotto, rispetto agli altri negozi.

Il discount pu essere considerato una specializzazione del supermercato secondo un orientamento alla convenienza, grazie allofferta di prodotti, alimentari e non, di media qualit e al prezzo pi basso possibile. La convenienza dellofferta il risultato di una logica snella, della presenza dei soli servizi essenziali e dellinserimento di poche varianti di prodotti, tutte non di marca. Tali strategie permettono la realizzazione di utili nonostante i bassi margini garantiti dalle politiche di prezzo aggressive. Il discount nasce i Germani negli anni 60 su iniziativa dellinsegna Aldi. L aformula originale tedesca quella che viene denominata ard discount, con punti di vendita di medie dimensioni, localizzati in aree periferiche, che offrivano un ridotto assortimento di prodotti di prima necessit a marchio proprio ed esclusivo. Lallestimento di tali negozi particolarmente spartano, con grandi pile di prodotti lasciati nei loro imballi originali, segnalati con un semplice cartello che ne indica il prezzo.in Italia divenuto soft discount caratterizzato da un allestimento un po pi curato e unofferta pi ricca per quanto riguarda i prodotti freschi. IL CONVENIENCE STORE. Il convenience store, o negozio di prossimit un punto vendita di ridotte dimensioni poche decine di mq che offre un assortimento di prodotti alimentari e non che soddisfano le esigenze quotidiane. Si tratta di negozi posizionati in zone a elevato passaggio come le aree residenziali, i centri di impiego, le stazioni ferroviarie e le stazioni diservizil. Essi si distinguono agli occhi della clientela per la comodit, dovuta alla vicinanza e agli orari di apertura estesi. La clientela per lo pi di passaggio e gli acquisti sono dimpulso o di <<emergenza>>. Alcuni punti vendita sono attrezzati per offrire la prima colazione e preparano piatti pronti che possono essere consumati sul posto o a casa. Nel nostro Paese i negozi di prossimit sono riconducibili essenzialmente a quelli presenti a lato delle stazioni di carburante , tra cui possono essere inseriti, per esempio, alcunte tipologie di Autogrill.

IL CASH AND CARRY. /leader mondiale METRO / Il cash and carry, che letteralmente significa <<paga e porta via>> rappresenta lapplicazione del libero servizio a un magazzino allingrosso. Si tratta quindi di negozi no accessibili a clienti privati ma destinati a utenti professionali come esercenti e rivenditori. Solitamenti i punti vendita sono di grandi dimensioni e sono sviluppati come strutture autonome dotate di ampio parcheggio. Il pagamento solitamente in

contanti, contro emissione immediata della fattura, e i clienti provvedono autonomamente al trasposto della merce presso i propri esercizi. IL GRANDE MAGAZZINO. /leader Gruppo Coin e Gruppo Rinascente/ Si definisce grande magazzino un esercizio per il commercio al dettaglio, operante nel campo non alimentare che dispone di una superficie di venidta superiore a 400mq e di almeno 5 reparti distinti , ciascuno dei quali destinato alla vendita di articoli appartenenti a settori merceologici diversi e in massima parte di largo consumo. La vendita solitamente assistita. Labbigliamento il reparto portante e rappresenta la parte pi consistente dellofferta di questi negozi. Lassortimento completato dallinserimento di categorie di prodotti semidurevoli per la casa e il tempo libero. I prodotti offerti sono sempre di qualit medio-alta. I grandi magazzini sono solitamente localizzati nelle aree di maggior pregio commerciale delle grandi citt, allinterno di edifici importanti, per lo pi sprovvisti di un parcheggio proprio. Solitamente il piano terra riservato alla profumeria e agli accessori per labbigliamento, i primi piani sono dedicati allabbigliamento, il sottopiano dedicato ai casalinghi e agli eventuali prodotti alimentari, mentre gli altri piani sono dedicati al tempo libero, allo sport, ai giochi, allarredamento, ecc. Allinterno di questi negozi si trovano anche spazi dedicati alla ristorazione, localizzati ai livelli estremi del negozio, il piano superiore e il sotterraneo. LA GRANDE SUPERFICIE SPECIALIZZATA GSS. Si definisce gss un esercizio commerciale operante nel campo non alimentare che fa capo a unimpresa che gestisce almeno 10 punti vendita e/o che ha una superficie di vendita superiore a 250 mq. Laspetto dominante di questo format la forte specializzazione su una determinata categoria , con unofferta assortimentale molto dettagliata ed a prezzi contenuti. La vendita tendenzialmente a libero servizio, anche se il cliente pu essere assistito dal personale con un elevato livello di competenza rispetto a quello presente allinterno di negozi generalisti. I punti vendita appartenenti a questo formato presentano molteplici categorie di prodotti tra cui: lelettronica di consumo- mediaworld gli articoli sportivi - decathlon abbigliamento - zara mobili - ikea bricolage- bricocenter libri - mondadori

questo format presenta quindi punti vendita con caratteristiche spesso anche molto differenti tra loro, in relazione alla categoria di prodotti che costituisce il focus dellofferta . tendenzialmente si tratta di negozi di grandi dimensioni , che superano anche i 10.000mq e possono essere localizzati sia nei centri sia in perfieria o allinterno dei centri commerciali. Spesso lofferta arricchita dalla realizzazione di iniziative che volgiono coinvolgere il cliente durante la visita, come la presentazione di libri da parte degli autori nelle librerie, lapparizione di cantanti nei negozi di musica, ecc. talvolta nei negozi di maggiore dimensioni sono offerti altri servizi come il baby sitting , aree di ristoro, e di relax. I CENTRI COMMERCIALI. / west Edmonton mall/ Il centro commerciale al dettaglio un complesso che presenta le seguenti caratteristiche: concepito c, promosso, realizzato, e gestito con criteri unitari da una societ che concede a terzi a titolo di godimento non gratuito, lutilizzo di parte degli spazi per esercitare lattivit di vendita; al suo interno sono presenti almeno 10 negozi al dettaglio; dispone di infrastrutture , servizi comuni e ampio archeggio; il 40 % della sua superficie complessiva di vendita destinata a esercizi tradizionali e specializzati; lofferta integrata con attivit paracommerciali e , eventualmente , extracommerciali (tatri, cinema, ecc)

si tratta quindi di una struttura distributiva che racchiude al suo interno pi attivit commerciali al dettaglio, che operano godendo di una serie di vantaggi in comune. Ogni centro sempre gestito da un organismo, che solitamente fa capo alla propriet, che ne coordina le attivit generali e quelle di marketing tese promuovere il centro stesso. I centri commerciali possono avere le caratteristiche pi svariate. Essi possono trovare ubicazione nei centri cittadini, nelle aree suburbane o in zone pi periferiche. La loro superficie pu variare dai1000 fino a oltre i 100.000 mq. Allinterno dei centri convivono punti vendita al dettaglio, gss, e ipermercati. FACTORY OUTLET CENTER. Sono strutture simili ai centri commerciali, al cui interno sono presenti punti vendita che fanno capo a imprese produttrici operanti per lo pi nel campo dellabbigliamento e degli accessori. Questi centri sono tradizionalmente fondati da societ immobiliari di grandi dimensioni e sono localizzati in zona extraurbane strategiche per la loro capacit di attrarre un elevato numero di clienti. Essi coprono una superificie molto vasta , in genere superiore ai 10.000 mq , la cui architettura richiama quella dei piccoli borghi con strade , piazze fontane, ecc.

La particolarit che distingue i FOC dai centri commerciali che i negozi in essi presenti sono tutti spacci aziendali , allineati uno accanto allaltro come i tradizionali punti vendita al dettaglio cittadini che, offrono numerosi marchi e prodotti . Il factory outlet rappresenta pertanto unevoluzione degli spacci aziendali, in quanto propone a prezzi scontati una selezione di prodotti della casa produttrice , generalmente articoli di fine serie o appartenenti a collezioni di anni precedenti, esposti per allinterno di punti vendita esteticamente migliori degli spacci e non localizzati in prossimit della fabbrica. Laspetto che rende questi centri particolarmente allettanti per la clientela la presenza delle griffe di alta moda e di imprese che godono di unimmagine di elevata qualit. Lofferta si caratterizza quindi per la presenza di prodotti di alto livello a prezzi accessibili . il concetto offre alle aziende lopportunit di vendere le rimanenze direttamente al pubblico attraverso negozi propri, salvaguardandone cos limmagine e incrementando la quota di mercato e la notoriet. Questi centri si propongono sempre pi spesso come un luogo in cui trascorrere il tempo libero e stanno arricchendo la loro offerta con la realizzazione di servizi ricreativi ed eventi ludici. Per questo motivo gli orari di apertura tendono a coincidere con quelli dedicati dalla clientela al tempo libero. Lo sviluppo dei foc in Italia un fenomeno recente e la loro diffusione ancora limitata, anche se si accrescer notevolmente nei prossimi anni. Lesmpio pi significativo nel nostro Paese rappresentato dal f.a. di Serravalle Scrivia, in provincia di Alessandria, gestito dalla societ McArthurGlen.

1.3I CAMBIAMENTI DEL SETTORE COMMERCIALE Negli ultimi decenni il settore commerciali ha vissuto un periodo di cambiamento intenso, comunemente identificato con il termine di rivoluzione commerciale , che ha determinato una radicale trasformazione degli equilibri competitivi , dellorganizzazione delle aziende e delle formule distributivr prevalenti. La modernizzazione della distribuzione iniziata negli USA , dove gi durante la prima met del secolo scorso si diffusa la formula del supermercato. Durante gli anni Sessanta e Settanta questo processo ha interessao il Regno Unito in cui, sulla base del modello americano, si principalmente sviluppata la formula distributiva del supermercato, che poi evoluta , in tempi pi recenti, in quella del superstore. Gli anni 70 e 80 hanno segnato lo sviluppo della distribuzione moderna in Francia., dove proprio durante questo periodo si sono diffusi in modo massiccio lipermercato e le gss. La Francia pu quindi essere considerata, nel vecchio continente, la <<culla>> delle grandi superfici. La Germania presenta un mercato assai particolare , che vede lo sviluppo di superfici medio grandi accanto alla formula discount che si diffusa in modo significativo fin dallinizio degli anni 60. LItalia stata investita dalla rivoluzione commerciale in tempi pi recenti rispetto agli altri paesi industrializzati: nel nostro Paese necessario infatti attendere gli anni 90

per poter parlare di modernizzazione vera e propria. Tale processo si fondato soprattutto sulla diffusione della formula del supermercato, che si sviluppata rapidamente durante quegli anni. Seppur con una netta prevalenza dei supermercati , lItalia si caratterizza per la coesistenza di questi ultimi con gli ipermercati e i discount, insime a una quota ancora significativa di piccole superfici tradizionali. Di pari passo con la modernizzazione cresciuto anche il livello di concentrazione del settore dovuto allaumento del potere di un ristretto numero di imprese che hanno acquisito dimensioni sempre maggiori. Nel 2004 le prime cinque catene distributive in termini dimensionali movimentavano circa il 40% del fatturato complessivo del settore commerciale. Laumento dimensionale delle imprese pi importantin ha determinato la scomparsa di alcuni attori di minori dimensioni che, non potendo contare dello stesso potere dei colossi distributivi nella contrattazione dei prezzi di acquisto con le imprese industriali, non potevano essere competitivi agli occhi dei clienti e, contemporaneamente , mantenere i margini necessari a sopravvivere sul mercato. La crescente attenzione posta dagli acquirenti sui prezzi di vendita ha fatto s che i distributori abbiano cercato di ottenere condizioni sempre migliori dai fornitori industriali. Molte imprese, per accrescere ulteriormente il loro potere dacquisto nei confronti delle imprese di produzione, si sono untie in Supercentrali dacquisto , ovvero aggregazioni che rappresentano in modo unitario pi imprese per la definizione dei contratti con le imprese industriali. In altri termini, si tratta di unalleanza fra imprese concorrenti al fine di ottenere migliori condizioni economiche dalle imprese a monte del canale. Le prime sei centrali dacquisto nellordine Centrale Italiana, Conad-Interdis-Rewe, ESD Italia, Intermedia 90, Centrale Carrefour, SISA riforniscono oramai quasi l80% dei punti vendita a libero servizio. Modernizzazione e concentrazione rappresentano due effetti indotti dal processo di liberalizzazione e di internazionalizzazione del nostro comparto distributivo. La liberalizzazione del mercsto distributivo italianop risale al 1998 con la riforma del commercio (il decreto Bersani) , che ha sostituito una normativa obsoleta che rappresentava la cuasa principale dellarretratezza del nostro comparto commerciale rispetto a quello degli altri paesi . fino a quel momento il sistema distributivo italiano era caratterizzato dalla presenza di numerosi punti vendita di ridottissime dimensioni che godevano di assetti competitivi stabili, e quindi ponevano poca attenzione alla professionalit. La nuova normativa, abolendo listituto della licenza, ha di fatto reso pi facile lapertura di nuovi punti vendita . ci ha aperto la strada allingresso dei colossi distributivi stranieri che da tempo guardavano al nostro Paese come ad un mercato in cui espandersi. Pertanto necessario sottolineare che linternazionalizzazione stata un fenomeno subito pi che attivato dalle nostrw imprese nazionali, essendosi manifestata una crescente presenza di imprese straniere nel nostro mercato, pi che una presenza di imprese italiane allestero . ci riconducibile alla gi menzionata arretratezza dei nostri distributori. 1.4LEVOLUZIONE STRUTTURALE DEL SETTORE COMMERCIALE IN ITALIA.

-Comparto alimentare- riduzione numero pdv sia al dettaglio che allingrosso - sviluppo di ipermercati e supermercati - riduzione numero pdv a libero servizio - forte sviluppo del discount dal 1995 - stabile la GDO, in cui prevale la DO. -Comparto Non alimentare- sviluppo della distribuzione moderna dei comparti: elettrodomestici, abbigliamento e calzature - legata soprattutto allo sviluppo della gss e allo sviluppo nel comparto non alimentare delle grandi superfici alimentari - aumento degli investimenti pubblicitari in alcuni settori - crescente rilevanza delle-commerce

1.5IL MARKETING DELLE IMPRESE COMMERCIALI Laumento dimensionale oltre ad avere impattato sulle posizioni di potere in ambito contrattuale, ha favorito anche lo sviluppo del marketing distributivo: Marketing dinsegna condizionamento delle preferenze della domanda La nascita della marca commerciale concorrenza orizzontale con lindustria Sviluppo dei loyalty programs : carte fedelt e micro marketing Orientamento allinnovazione.

CAPITOLO 2 SERVIZI COMMERCIALI, COINVOLGIMENTO DELLACQUIRENTE E AMBIENTE DI VENDITA. 2.1 Introduzione Limpresa commerciale per definizione impresa di servizi. Nonostante ci, leccezionale dinamicit nella gestione dei servizi al cliente, recentemente mostrata dai retailer a livello internazionale ha stimolao anche nel nostro paese una riflessione pi approfondita sul tema dei servizi commerciali. Attraverso i servizi, le imprese commerciali riescono non solo a rendere pi astratti gli attributi della propria offerta promuovendo cos strategie commerciali fondate sulle

relazioni valoriali tra impresa e cliente ma anche a gestire lambiente del punto vendita (store environment) in modo da influenzare positivamente la struttura affettiva e il comportamento dellacquirente. I servizi possono infatti essere interpretati come strumenti di facilitazione della relazione individuo-ambiente, in quanto consentono agli individui di instaurare un rapporto interattivo con gli elementi costitutivi del punto vendita. 2.2 Servizi e servizi commerciali 2.2.1 I servizi Il marketing dei servizi si connota come filone di studi autonomo caratterizzato dalla peculiare natura delloggetto di indagine. I servizi, infatti, si distinguono dai beni per alcune caratteristiche fondamentali del loro sistema di produzione, che trova nellinterazione tra soggetto erogante e soggetto destinatario il suo tratto pi significativo. Linterazione immateriale tra offerta e domanda, infatti, determina la non reperibilit del servizio per via delle numerose variabili, personali e ambientali, che concorrono di volta in volta alla sua definizione. Limpossibilit di ripetere esattamente le caratteristiche dellinterazione costituisce, di conseguenza, la causa delleterogeneit e della deperibilit dei servizi. Secondi Shostack vi unassenza di distinzione fra beni e servizi: esiste piuttosto un continuum definito in base al grado di immaterialit dei prodotti , ai poli del quale si trovano i beni e i servizi <<puri>>. Tale grado di immaterialit dipende dal livello di astrattezza sia del servizio centrale sia di quelli periferici, necessari o accessori. I servizi centrali sono quelli che soddisfano direttamente il bisogno per cui viene richiesto il servizio; mentre i servizi periferici fungono da supporto allattivit principale , permettendo laccesso al servizio stesso (s.p. necessari) o rendendone pi confortevole la fruizione (s.p.accessori). I servizi periferici, e in particolar modo quelli accessori, sono importanti nel marketing perch permettono alle imprese concorrenti di differenziare la propria offerta. 2.2.2 I servizi commerciali Il servizio commerciale viene definito da Pellegrini come un mix di attributi o servizi elementari combinati in proporzioni diverse e rappresenta il presupposto fondamentale per gli studi sul retailing. Fra questi servizi elementari esiste il CORE SERVICE svolto dalle imprese commerciali , un servizio logistico di prossimit, stoccaggio e assortimento, e considera le rimanenti attivit in una categoria residuale. Fra i servizi residuali ritroviamo la ristorazione, linformazione sui prodotti la pubblicit e il credito di fornitura.

Secondo Pellegrini i servizi che connotano unimpresa commerciali si collocano fra gli elementari e i residuali, quindi per lui sono logistici, informatici e <<altri>>. I servizi logistici comprendono la prossimit, lo stoccaggio, lestensione degli orari di apertura e dellassortimento. Tra i servizi informativi ci sono la preselezione, la profondit dellassortimento e linformazione diretta. Tra quelli altri ci sono il postvendita, la velocit di servizio e il confort. Per Tordjiman i servizi vanno divisi in base alla connessione che essi hanno con la vendita del prodotto, in servizi endogeni, (ovvero direttamente funzionali alla commercializzazione del prodotto), e quelli esogeni (che invece determinano utilit aggiuntive al cliente. Quindi, possiamo dividere i servizi in: Interni direttamente collegati allassortimento comprendenti sia i servizi tradizionali sia alcuni servizi informativi e altri Esterni vengono erogati in modo maggiormente autonomo rispetto allassortimento e sono generalmente riconducibili ai servizi informativi e altri.

La classificazione dei servizi in interni ed esterni permette anche di comprendere meglio le tendenze pi innovative nel retailing, ovvero lestensione del core service e la ricerca di una dimensione emozionale nello shopping. Lestensione del core service infatti ha determinato investimenti sempre maggiori in attivit tradizionalmente non svolte dal retailer. Lattenzione verso lo shopping emozionale ha invece implicato la gradualte trasformazione dei punti di vendita in luoghi dove vivere emozioni, cosicch assortimento, merchandising e servizi ricreativi sono sempre pi utilizzati dai retailer come mezzi per rendere piacevole e coinvolgente la permanenza e il browsing nei negozi. 2.3 Limportanza strategica dei servizi nellimpresa commerciale La competizione tra imprese commerciali si sta spostando sempre pi dal piano dellassortimento e dei servizi interni a quello dei servizi esterni. Laumento del numero e della variet dei servizi esterni, che, riconducibile soprattutto ai fenomeni dellespansione intersettoriale e dello shopping emozionale, comporta la necessit di individuare nuovi criteri per la definizione dei format. Il criterio di definizione tradizionale identifica il format come <<linsieme dei punti di vendita che adottano la medesima tecnica di vendita, che offrono quindi lo stesso servizio>>. In realt, il concetto di format nel retailing moderno pi complesso, in quanto ogni format pu includere punti vendita molto differenti dal punto di vista delle tipologie di servizi offerti.

La tendenza delle imprese commerciali a investire nello sviluppo dei servizi esterni pu essere quindi il risultato di una strategia volta a generare ambienti di vendita per un target specifico in modo da influenzarne i comportamenti di acquisto. Secondo la psicologia ambientale di Donovan e Rossiter, latteggiamento positivo approach o negativo avoidance nei confronti di un punto vendita determinato dal modo in cui gli stimoli ambientali agiscono sulla sfera affettia del potenziale acquirente. Lambiente nel quale il comportamento si manifesta non rappresenta un mero sfondo delle azioni degli acquirenti ma un elemento attivo che concorre a definire tali azioni. Data la loro natura interattiva, i servizi divengono quindi fondamentali nellassicurare e veicolare la relazione tra lambiente e lindividuo. In altre parole, linvestimento nei servizi da parte dei retailer offre agli acquirenti lopportunit di costruire il proprio ambiente di vendita e di aumentare il controllo sui comportamenti di acquisto. 2.4 Il ruolo dei servizi nella relazione tra individuo e ambiente La relazione tra individuo e ambiente, di tipo interattivo e si basa sul reciproco determinismo (dove lambiente corrisponde a tutto ci che al di fuori della persona nella relazione ambiente-persona) mentre lindividuo me si caratterizza per lunione di una componente interna di tipo cognitivo e una esterna conativa. Quindi lambiente influenza le risposte dellindividuo, il quale risulta cos attivato nel momento in cui si muove allinterno di uno spazio ed esposto a determinati stimoli ambientali. Allo stesso tempo, tale spazio, soggettivo ed a sua volta determinato dallinvestimento in risorse cognitive e affettive che ciascun soggetto intende allocare nellinterazione. Tra tutti gli ambienti possibili, quindi, solo quelli in cui lindividuo coinvolto interattivamente sono dotati di senso. Questo concetto pu essere ricondotto alla c.d. self-production dellambiente: questultimo non esiste come entit oggettiva ma viene definito dallaggregazione soggettiva degli stimoli ambientali rilevanti per il singolo e dalle caratteristiche del processo di interazione. Lanalisi delle diverse tipologie di interazione stata utilizzata da Everett e Pieters, come chiave di lettura per lo svilppo di una tassonomia degli ambienti e delle variabili ambientali. Le interazioni sono state classificate utilizzando due dimensioni di analisi: I. La direzione prevalente dellinterazione. (nel caso in cui sia lindividuo ad attivare lambiente si parla di interazione attiva, nel caso contrario di i. passiva) II. E la tipologia di risposta dellindividuo allinterazione stessa, che gli autori suddividono tra cognitiva e comportamentale.

Quindi realizzando la matrice delle interazioni tra ambienti ed inviduo otteniamo quattro possibili interazioni: 1. Interaz. Attiva e risposta cognitiva = INTERAZIONE INTERPRETATIVA (lindividuo attivo nei confronti dellambiente circostante , di cui costituisce una propria rappresentazione cognitiva in base ai suoi obiettivi e alle sue esperienze). 2. Interaz. Passiva e risposta cognitiva = INTERZIONE VALUTATIVA (considera limpatto dellambiente sulla sfera cognitiva, e quindi le modalit attraverso le quali esso influenza i processi di costruzione del siginificato) 3. Interaz. Passiva e risposta Comportamentale = INTERAZIONE DI RISPOSTA (si riferisce allinfluenza dellambiente sul comportamento in termini di facilitazione o inibizione dellinterazione stessa) 4. Interaz, Attiva e risposta Comportamentale = INTERAZIONE OPERATIVA (il ruolo dellindividuo attio ma ha una valenza essenzialmente conativa). I servizi commerciali possono essere ricondotti alla categoria dellinterazione di risposta essi infatti costituiscono lelemento connettivo tra individuo e ambiente, che consente e facilita linterazione attraverso cui lambiente assume significato per lindividuo. I servizi commerciali, pi precisamente, rappresentano il momento in cui si verifica linterazione tra acquirente e punto vendita. Quindi facilitano proprio linterazione dei potenziali acquirenti con lambiente del punto vendita. Le modalit con cui tale facilitazione si svolge sono essenzialmente due: Attraverso lofferta di una maggiore informazione E attraverso lofferta di servizi di tipo ricreativo volti a rendere pi piacevole lesperienza di acquisto.

II.5Linterazione individuo-ambiente come modalit di classificazione dei servizi commerciali I servizi considerati come stimoli ambientali facilitatoti dellinteraizione tra individuo e e ambiente, possono essere classificati secondo una matrice a due dimensioni. Esse sono la vicinanza al core service e la natura del servizio. La vicinanza al core service indica il grado di autonomia del servizio rispetto allassortimento, e tale vicinanza dipende dal modo in cui vengono tracciati i confini dellassortimento originale. La natura dei servizi informativa o edonistica. (i servizi informativi sono quelli che forniscono una ricompensa esterna di tipo funzionale e quindi consentono allacquirente di soddisfare bisogni strumentali; quelli edonistici, invece, sono fini a loro stessi: la loro funzione garantisce ricompense interne riconducibili ai concetti di soddisfazione interiore,divertimento e rilassamento)

Matrice NATURA DEI SERVIZI / TIPOLOGIA DI RISPOSTA o VICINANZA AL CORE SERVICE. I. Risposta interna + serv. Informativi = SERV.INTERNI INF.TIVI (rappresentano servizi che offrono ricompense esterne e che non sono indipendenti dal core service, come quie servizi che facilitano laccesso fisico o cognitivo dellassortimento)es. self-scanning II. Risposta interna + serv. Edonistici =SERV. EDONI. INTERNI (esempi sono: le serate culturali ospitate da Fnac che prevedono la presentazione di libri, dischi e prodotti tecnologicamente innovativi) III. Risp. Esterna + serv. Edonistici = SERVIZI EDONISTICI ESTERNI (soddisfano bisogni di tipo edonistico non direttamente collegati al core service.esempio: la frequente presenza di bar e caffetteri in punti vendita appartenenti a categorie diverse come supermercati e department store) IV. Risp. Esterna + serv. Informativi = SERVIZI INFORMATIVI ESTERNI (servizi che offonro una ricompensa esterna funzionale con riferimento ad attivit che non rientrano in quelle tradizionalmente svolte dai retailer, e quindi non direttamente collegate al servizio principale. Ad esempio el agenzie di viaggi a marchio proprio con orari di apertura prolungati presenti negli ipermercati Carrefour).

II.6

Servizi ambiente e coinvolgimento dellacquirente

Lelemento centrale della relazione ambiente-individuo, necessario a comprendere le modalit con cui lambiente influenza i comportamenti di acquisto, costituito dal coinvolgimento dellindividuo in tale relazione. Il modo in cui gli acquirenti scelgono di essere coinvolti nellinterazione determina il grado di attivazione dellambiente, la recettivit degli stimoli ambientali e quindi le risposte comportamentali. Il tipo e il livello di coinvolgimento, a sua volta, dipendono dalle caratteristiche dei servizi dei quali lacquirente decide di fruire. CONCETTO DI COINVOLGIMENTO Mittal e Lee identificano il coinvolgimento con il valore percepito di un determinato <<oggetto-obiettivo>> /goal object/. Tale valore si manifesta nellinteresse che loggetto-obiettivo suscita nellindividuoi perch in grado di soddisfare bisogni utilitaristici, simbolici o edonistici. Un primo limite di questa definizione costituita dalla natura delloggetto-obiettivo che pu consistere in un prodotto /productinvolvment/ o una decisione di acquisto /brand-decision involvment/ ma non in un processo di acquisto e di consumo.

Secondo Evrard e Aurier la relazione tra consumatore e il bene o il servizio si definisce proprio attraverso la cumulazione nel tempo delle esperienze di consumo, e non semplicemente attraverso una serie di transazioni indipendenti. I contributi relativi allo studio dellesperienza di consumo identificano una tipologia di coinvolgimento ulteriore, rispetto a quelle individuate da Mittal e Lee, che pu essere definita <<coinvolgimento dellesperienza>>. Secondo questa prospettiva, il coinvolgimento non va inteso solo con riferimento al prodotto ma anche allesperienza di consumo e di acquisto. (se si accetta il presupposto teorico che lesperienza di acquisto esperienza di consumo di servizi commerciali, il coinvolgimento nellesperienza di acquisto rappresentato dal valore che lacquirente attribuisce a tale attivit e allinteresse che essa riveste in quanto in grado di soddisfare i suoi bisogni funzionali, simbolici o emozionali). Inoltre il coinvolgimento pu essere sia razionale sia emozionale. Il c. razionale riguarda limportanza assegnata dallacquirente alle conseguenze esterne , funzionali o simboliche dellesperienza di acquisto (cons. funzionale primaria lapprovvigionamento dei beni di cui lacquirente ha necessit; cons. simboliche sono costituite dal valore sociale che unesperienza di acquisto pu rivestire) Il c. emozionale invece relativo a conseguenze pi private e personali, quali lautogratificazione, la soddisfazione interiore, il piacere e il divertimento derivanti dallesperienza dacquisto. Il mix di servizi informativi e edonistici offerto dal retailer , facilita rispettivamente un coinvolgimento di tipo razionale o emozionale. Per i retailer investire nei servizi significa offrire agli acquirenti lopportunit di scegliere a quale livello essere coinvolti nellesperienza di acquisto. Una conseguenza fondamentale di tale scelta manageriale sta nello spostamento verso il cliente del potere di definire le caratteristiche dellinterazione tra domanda e offerta: scegliere di quali e di quanti servizi usufruire comporta, da parte dellacquirente, anche la scelta del livello di coinvolgimento nella costruzione della relazione con lambiente (self-production). In altri termini, i servizi rendono pi discrezionale la modalit di fruizione dellofferta nel suo complesso fanno s che il cliente sia personalmente responsabile dellambiente di vendita nel quale decide di svolgere la sua esperienza di acquisto. Le modalit di interazione con lambiente influenzano, a loro volta, il comportamento dei clienti in termini positivi (approach) o negativi (avoidance). Quanto pi latteggiamento del tipo approach, tanto pi possibile ipotizzare un elevato livello di coinvolgimento da parte del potenziale acquirente. In ultima analisi, la relazione tra servizi, coinvolgimento e ambiente determina ci che Foxall chiama <<ambiente aperto>>.

Gli ambienti aperti sono infatti caratterizzati da numerose alternative di scelta, sulle quali i sogggetti produttori possono esercitare un controllo piuttosto basso. I criteri utili per individuare il grado di apertura di un ambiente consstono quindi nella disponibilit e nellaccesso alle alternative di acquisto e e nel controllo esterno della situazione in cui si trova lacquirente. Queste alternative di acquisto devono essere intese come alternative di esperienze di acquisto definite da diversi mix di servizi interni, esterni, informativi ed edonistici, la decisione delle imprese commerciali di investire nei servizi quindi, implica non solo superiori opportunit di differenziazione dellofferta, ma anche la possibilit di influenzare il comportamento degli acquirenti attraverso un ambiente di vendita pi aperto, allinterno del quale essi sono maggiormente in grado di autodeterminare il proprio comportamento di acquisto. Le conseguenze di tale scelta strategica sono funzionali (riduzione dei costi), simboliche (rilevanza sociale) ed emozionali (esperienza dacquisto).

CAPITOLO 4 IL MARKETING DELLIMPRESA COMMERCIALE 4.1 La nascita del self-service e laffermazione del marketing distributivo Una delle pi importanti innovazioni introdotte nel commercio stata il self-service. La tecnica del libero servizio ha dato inizio alla modernizzazione , allindustrializzazione della distribuzione e al marketing del retail. Le imprese di distribuzione , in altri termini, hanno iniziato a svolgere attivit di marketing autonomamente rispetto ai produttori. Il self-service consente di industrializzare il processo di erogazione dei servizi commerciali: la variabilit, la difficolt di standardizzazione, la ridotta produttivit del servizio personale vengono sostituite dallefficienza del libero servizio, che segue un trend di crescita in tutti i paesi industrializzati. Inoltre esso prevede la sostituzione di servizi erogati tradizionalmente dal personale dipendente, e quindi costosi per lorganizzazione che li commercializza, con servizi che di fatto sono auto-prodotti dal consumatore/acquirente e che quindi non gravano sulla struttura dei costi dellimpresa di distribuzione. La modernizzazione del terziario commerciale dovuto al self-service permette invece la riduzione e leliminazione dei servizi che i consumatori non considerano pi rilevanti. Cause dello sviluppo del self-service Una delle cause dellaffermazione del self-service, infatti, si deve anche alle politiche di marketing delle imprese di produzione. Le politiche di marca industriale consentono ai distributori dotati di punti vendita a libero servizio di vendere prodotti senza lassistenza del personale di vendita.

In altri termini, il marketing dei prodotti di marca e i mezzi di comunicazione rendono obsoleti i servizi offerti dai negozi tradizionali. Quindi le politiche di brand delle imprese industriali riducono limportanza delle modalit informative tipiche della distribuzione industriale. Una conseguenza importante che nella prima fase di affermazione della marca industriale la Grande Distribuzione indotta a concentrarsi prevalentemente sui processi logistici. I punti vendita a libero servizio si diffondono anche per fattori di domanda, per linnalzamento del livello distruzione, per la comunicazione di massa che migliora il bagaglio informativo e lautonomia decisionale del consumatore. Il cliente inoltre nei punti vendita, preferisce essere attivo anzich restare passivamente in attesa di un servizio. La nascita del marketing distributivo Dopo laffermarsi dei punti di vendita a libero servizio la competizione si attiva allinterno della distribuzione moderna. Laumento della pressione competitiva nel commercio costringe le imprese di distribuzione ad adottare un approccio di marketing. Nel frattempo i <<valori>> della marca sono passati da valori funzionali tangibili, materiali a valori immateriali, fattori eterei che sono appropriabili anche dai distributori. Inoltre lindustria di marca sviluppa un numero cos elevato di nuvoi prodotti da riuscire a mettere in difficolt il consumatore. Leccesso i variet disorienta segmenti sempre pi ampi di consumatori, che delgano ai distributori di <<marca>> il compito di preselezione dei prodotti. Quindi la distribuzione si riappropria del ruolo informatica, di garanzia e di marketing svolto dallindustria e arriva anche a proporre marchi propri. In altri termini, la distribuzione assume un autononomo ruolo di marketing e di comunicazione. Alcuni retailer riescono a costruire brand equity indipendentemente dal marketing dellidnustria. Laumento dimensionale delle unit di vendita, la concentrazione della distribuzione,linnovazione dei formar e lo sviluppo dcl franchising hanno amplificato le possibilit comunicative dei distributori. Inoltre, lin-store marketing riesce a sfruttare le sinergie derivanti dalla coincidenza della fase dacquisto con il momento comunicativo e determina unulteriore amplificazione dellefficacia comunicativa e di marketing delle unit di vendita. Il punto vendita essendo il luogo in cui il cliente entra in contatto fisicio con il prodotto e con le marche, diventa uno degli elementi nodali di un nuvo marketing. Nella fase pi recente di modernizzazione della distribuzione si sta accentuando ulteriormente il rilevo comunicativo dei punti vendita,. Limpiego del negozio come mezzo di comunicazione apre al marketing nuovi percorsi e opportunit. Per sfruttare le nuove possibilit e lefficacia dellin-store marketing una parte dellindustria di

marca si integra a valle, mediante lapertura di negozi monomarca, di flag ship store e di reti in franchsing. Recentemente si sta affermando anche una nuova traiettoria di sviluppo della distribuzione, che prevede lutilizzo dei servizi accessori come variabile di differenziazione. Ancora pi recentemente si sovrappone, alle precedenti, unulteriore tendenza: i principali della Grande Distribuzione stanno investendo nellarea dellinnovazione dei servizi, sfruttando le possibilit offerte dalle nuove tecnologie. Nellambito del marketing strategico le imprese della Grande Distribuzione hanno lavorato infatti sul miglioramento della qualit del servizio e sulla soddisfazione del cliente, che stanno diventano nuovi fattori di differenziazione difficilmente imitabili. 4.2 la segmentazione Generalmente, la segmentazione viene definita come una suddivisione del mercato in insiemi distinti di segmenti di domanda, che presentano caratteristiche di omogeneit interna ed eterogeneit tra i segmenti, in termine di reazione a specifiche politiche di marketing. Tuttavia, se si accetta lipotesi che la domanda sia eterogenea, la segmentazione deve essere considerata come una scelta di suddivisione del mercato. La tendenza della domanda alla frammentazione, allindividualizzazione e alla personalizzazione ha reso prioritaria la riceca di variabili con capacit di aggregazione al fine di identificare gruppi di clienti con modelli di consumo e dacquisto affini. Un numero sempre maggiore di imprese della distribzuzione moderna si caratterizza er una chiara focalizzazione su specifici e ben delimitati segmenti di domanda. Ikea, per esempio si indirizza alle giovani coppie con figli, ma riesce ad attrarre clienti anche al di fuori del segmento originario. Al contrario, format distributivi non mirati su uno specifico segmento di domanda hanno minori probabilit di successo. Lesigenza di servire diversi segmenti di clientela nello stesso puntoi vendita comporta in genere uno scadimento della qualit del servizio percepita e, quindi, della soddisfazione dei clienti. 4.2.2 I criteri di segmentazione della clientela Le variabili che hanno la capacit di aggregare segmenti di domanda utilizzabili in chiave di marketing sono riconducibili a quattro categorie principali: 1. V. geografiche: dimensione del centro urbano, tipo di quartiere di residenza, regione di appartenenza; 2. V. socio-demografiche: et, sesso, livello di istruzione, tipo di occupazione, livello di reddito; 3. V. comportamentali: io criteri comportamentali riflettono la storia del comportamento dei clienti(Bagozzi) come ad es. la fedelt al punto vendita, la frequenza di visita ecc-

4. V. Psicografiche: come lo stile di vita, la sensibilit ai fenomeni di moda, valori e beneifici ricercati.

4.2.3 La segmentazione in base ai vantaggi ricercati (benefit segmentation) La benefit segmentation pu essere considerata come una forma avanzata di segmentazione comportamentale. Essa pone lattenzione sui vantaggi-benefici che lacquirente cerca di ottenere acquistando un prodotto-servizio; i segmenti cos individuati consistono in insiemi di clienti che ricercano li stessi benefici. Pi precisamente, la segmentazione per vantaggi un metodo daggregazione dei clienti in base allomogeneit dei vantaggi ricercati, che possono essere sia tangibili sia intangibili. Lapproccio si articola in due fasi: I. Nella prima si individuano i segmenti in base a una convergenza di vantaggi ricercati II. Nella seconda si descrivono i segmenti impiegando prevalentemente le variabili socio-demografiche e psico-grafiche Si procede quindi alla descrizione dellle caratteristiche dei segmenti accomunati dalla ricerca degli stessi benefici. La benefit segmentation presenta il pregio di stabilire un collegamento tra segmentazione e modelli di comportamento dacquisto. I vantaggi desiderati infatti, costituiscono i crtieri di scelta e coincidono con le variabili che il consumatore impiega nel valutare loffferta. La benefit segmentation inltre contribuisce a individuare un legame tra i criteri adottari per la determinazione dei segmenti e lesistenza di differenze nel comportamento dacquisto tra i consumatori appartenenti a diversi segmenti. Infine con la benefit segmentation i messaggi comunicativi enfatizzano i vantaggi ricercati e aumentano le probabilit di attirare lattenzione dei consumatori. 4.2.4 La segmentazione a priori e quella a posteriori (o basata su cluster) Nella segmentazione a priori chi decide di segmentare parte di solito da alcune ipotesi intuitive, frutto dellesperienza oppure basate sulle variabili di segmentazione. In genere si utilizzano criteri socio-demografici. I marketing manager effettuano verifiche e test basati su fonti informative secondarie, su confronti allinterno delorganizzazione oppure con lausilio di focus group. Lapproccio di segmentazione definita a posteriori o basato su cluster si fonda su tecniche statistiche di analisi multivatriata che consentono di individuare gruppi di clienti con caratteristiche omogenee in termini di risposta a specifiche combinazioni di marketing mix. Il metodo consente di individuare modalit innovative di segmentazione, senza alcun condizionamento derivante da chi decide le politiche di marketing. I fautori di quest approccio ipotizzano che i segmenti si formino in relazione

a unomogeneit di preferenze rispetto a un certo <<prodotto-servizio>> perch questo viene a occupare una posizione particolare nel sistema percettivo del consumatore. Una strategia di differenziazione efficace richiede una scelta equilibrata tra i due estremi: il marketing di massa indifferenziato e il marketing personalizzato one to one. Le scelte di segmentazione delle imprese commerciali sono vincolate dalla scelta ubicativa dei punti vendita e dalla gestione di un numero di articoli referenze decisamente superiore alle imprese di produzione. 4.3 il retailing mix Con lespressione Retailing Mix 6si fa riferimento allinsieme di variabili di marketing utilizzabili dalle aziende dettaglianti per realizzare la propria azione commerciale. Esse sono: -il negozio; -le merci; -i servizi; -il personale di vendita; -la comunicazione; -il prezzo La teoria tradizionale del marketing mix stata ideata in funzione di condizioni di contesto che hanno gradualmente perso rilievo: come la produzione di massa standardizzata, la massificazione dei consumatori, ecc. Lo sviluppo della Grande Distribuzione, il consumerismo e Internet hanno modificato i rapporti di forza verticali nei canali distributivi. Quindi ad oggi, le variabili pi importanti del retailing mix sono : lassortimento lin-store marketing e merchandising (questa variabile influsice sul processo dacquisto del consumatore nel momento finale della fase di scelta e ci ne amplifica ulteriormente lefficacia; un altro aspetto che caratterizza questa variabile la spiccata flessibilit che consente di segmentare geograficamente le iniziative in unottica di micro marketing) e il retail communication mix

4.3.1 Lassortimento La selezione, la formazione e la proposta espositiva dellassortimento sono uno dei servizi centrali offerti dallimpresa commerciale. Il continuo aumento di nuovi prodotti rende sempre pi complesse le politche di acquisto e di assortimento. Per semplificare la gestione dellassortimento, che pu raggiungere anche i 50.000 articoli in un grande magazzino, questo suddiviso in settori-reparti , famiglie e linee. Lassortimento misurabile in termini di profondit ed ampiezza.

Lampiezza fa riferimento al numero di categorie merceologiche (settori-reparti) trattate; mentre la profondit riguarda il numero delle marche e degli articoli per categoria, ed molto alta tipicamente nei negozi specializzati. Ampiezza e profondit sono la prima leva di differenziazione dei servizi commerciali (Pellegrini, 2005). Il sistema di classificazione dellassortimento complesso perch nei punti vendita a libero servizio lo si deve tradurre in criteri espositivi coerenti. Si tratta di individuare criteri di aggregazione espositiva dei prodotti conformi con le logiche di <<lettura>> dellassortimento del consumatore. Nelle imprese della grande distribuzione si suole classificare lofferta merceologica per funzione-occasione di consumo o, nelle forme pi innovative, per stile di vita. Anche il ruolo dei buyer cambiato. La figura tradizionale del compratore stata infatti sostituita da quella del category manager, che diventa gestore di categorie e il cui sistema premiante non pi basato sugli incentivi che riesce ad ottenere dai fornitori. Il sistema di incentivazione ora si fonda sulla redditivit delle categorie assegnate. Quindi con il category management un produttore e un distributore interessati allaffermazione di una certa categoria decidono di collaborare. Solitament, costituiscono un gruppo di lavoro comune per sviluppare in modo coordinato le migliori soluzioni espositive di merchandising di unintera categoria di prodotti. Quindi il category management un processo finalizzato a gestire le categorie di prodotti come unit di business; e pu prevede inoltre che unimpresa della G.D. decida di delegare a un unico produttore la gestione di una categoria di prodotti. Se, dopo un periodo di sperimentazione, i risultati sono inadeguati, il distributore decide di cambiare fornitore-partner. 4.3.2 In-store marketing e merchandising Nei negozi a libero servizio, sono i criteri e le modalit espositive, insieme agli strumenti comunicativi in-store, a condizionare le scelte dei clienti. Il merchandising sostituisce a una presentazione passiva del prodotto, una presentazione attiva , facendo appello a tutto ci che pu renderlo pi attraente. Quindi una definizione piuttosto antiquata di merchandising : insieme di studi e tecniche di applicazione, messi in atto separatamente o congiuntamente dai distributori o dai produttori per accrescere la redditivit del punto vendita e lo smercio di prodotti attraverso ladattamento costante ai bisogni del mercato e con unappropriata presentazione. Pellegrini pi recentemente ha dato una definizione pi ampia del concetto di merchandising, considerato stavolta come linsime delle attivit di marketing che hanno luogo presso i punti vendita a self-service: il merchandising quindi pu essere sinteticamente definito come marketing del e nel punto vendita.

Il merchandising rappresenta un insieme di attivit articolate gerarchicamente in 5 aree principali: 1/ la classificazione/segmentazione dellassortimento coerentemente con lescelte di segmentazione e posizionamento; 2/ il layout delle attrezzature: lassetto complessivo del p unto vendita, la scleta e la disposizionr delle attrezzature espositive e la conseguente organizzazione del flusso di traffico della clientela; 3/ il layout merceologico; le modalit e lorganizzazione espositiva dei prodotti e degli spazi di vendita finalizzate allo stimolo dellacquisto; 4/ il display : le modalit di attribuzione della superficie espositiva ai singoli prodotti; 5/ lattivit di animazione e promozione del punto vendita. 4.3.3 Il retail communication mix Nelle organizzazioni distributive ogni sottosistema aziendale coinvolto nella gestione della comunicazione e dellimmagine. La comunicazione interna assume un valore strategico anche come leva di governo dellimpresa e non solo come variabile del retailing mix. La comunicazione presenta una stretta interrelazione con la cultura aziendale e quindi con un insieme di atteggiamenti e di valori profondamente condivisi dallorganizzazione. Il percorso evolutivo della comunicazione delle imprese della Grande Distribuzione in Italia presenta 2 approcci: nel primo la comunicazione si focalizza sul prezzo e sullassortimento, nel secondo si concentra sui servizi accessori offerti in modo segmentato e sulla costruzione dellimmagine di marca-insegna del distributore. Nelle prime fasi di industrializzazione della distribuzione mediante la diffusione della tecnica del self-service,il contenuto della pubblicit del distributore si concentra sui prezzi e sulle marche leader offerte in assortimento. Nellaffermare nuove forme distributive e n el tentativo di modificare abitudini e stili dacquisto consolidati la convenienza evidenziata dallinformazione sui prezzi. Il secondo approccio (la comunicazione segmentata e differenziata dinsegna) prevede la ricerca della massima differenziazione del servizio. Questa politica viene perseguita mediante la differenziazione degli assortimenti, lutilizzo di prodotto con il marchio proprio e la ricerca di elemneti distintivi delle insefne che si qualifichino come marche, Marketing interattivo. Le nuove tecnologie possono favorire il passaggio da una pubblicit generica a una comunicazione mirata in grado di indirizzare le risorse unicamente verso i potenziali clienti. Il marketing interattivo consente di effettuare test su campioni ristretti che consentono di verificare e eventualmente aggiustare liniziativa, prima di adottarla su larga scala. La facilit di verifica pertnanto costituisce un ulteriore pregio di queste tipologie. 4.4 Lattivit promozionale

Lattivit promozionale differente dallattivit in-store marketing e di merchandising, definibile come: un elemento di marketing mix, che con proprie tecniche, utilizzando un beneficio aggiunto a un bene o a un servizio,muove allazione consumatori, distributori e personale di vendita, in relazione a quel bene o servizio per un periodo predeterminato di tempo. Rispetto alle altre variabili del communication mix, la concretezza e la misurabilit dei vantaggi rappresentano i principali elementi distintivi dellattivit promozionale stessa. 4.4.1 promozione e pubblicit Le decisioni sulle promozioni sono prese in modo che le tecniche contribuiscano a rafforzare limmagine e il posizionamento costruito mediante limpiego della pubblicit e degli altri strumenti di comunicazione. La promozione quindi <<concretizza>>, con attenzione crescente alla coerenza, il messaggio comunicativo della pubblicit e induce inoltre al vero e proprio acquisto. 4.4.2 Promozione e differenziazione Lo sviluppo di attivit promozionale da parte della Grande Distribuzione finalizzato al raggiungimento di obiettivi diversi: Differenziare linsegna Fidelizzare i clienti Evitare una esasperata price competition

Per raggiungere tali obiettivi la Grande Distribuzione sta investenendo ingenti risorse di marketing , sia con azioni sulla struttura architettonica dei punti vendita, sia attraverso lo sviluppo della marca commerciale. Ma dato che non riesce a ottenere prodotti di marca industriale leader in esclusiva, la Grande Distribuzione Organizzata tenta almeno di avere lesclusiva di specifiche iniziative promozionali. In questo modo il prodotto, integrato con la promozione, diventa esclusivo. 4.4.3 promozione e fedelt Alle promozioni della distribuzione viene sempre pi frequentemente affidato il compito di aumentare il livello di fidelizzazione della clientela, ovvero di incrementare la store loyalty mediante azioni continuative nel tempo collezioni, concorsi -. Lobiettivo principale non pi quello di conquistare nuovi consumatori ma di stabilizzare le quote di mercato mediante la fidelizzazione. Tra le tendenze pi recenti , infatti, v segnalato laumento delle promozioni dei fidelizzazione: per esempio raccolte-punti sempre pi brevi e con vantaggi sempre pi concreti. Invece i concorsi legati alla sorte e finalizzati a <<spostare>> la competizione dalla semplice convenienza hanno registrato una contrazione: il consumatore appare alla ricerca di vantaggi tangibili,immediati e soprattutto certi. Un

ulteriore esigenza emersa dal lato della domanda un accorciamento dei tempi di ottenimento del beneficio offerto, unitamente a meccanismi promozionali non eccessivamente complessi. 4.4.4 promozione comunicazione Di solito si ritiene che la promozione non abbia valenze comunicative e influisca sul comportamento dacquisto solo nel breve termine. Questa concezione tradizionale stata superata da nuove tecniche e da nuove soluzioni promozionali. Elemento importante per il successo delle iniziative promozionali sta nella facilit di partecipazione del cliente. Dallintreccio fra azioni promozionali e nuove forme di marketing interattivo o diretto ha permesso la realizzazione di nuove soluzioni di micro marketing: fra cui ricordiamo le promozioni continuative elettroniche che si sviluppano attraverso la frequent shop card o con le smart card, i cui vantaggi principali consistono proprio nella possibilit di realizzare customer database. 4.5 Il prezzo Il prezzo, tra le variabili del retailing mix, quello che ha linfluenza pi diretta suil risultato economico e che richiede il minore investimento di risorse finanziarie. Le politiche di prezzo dellimpresa di distribuzione attengono essenzialmente al prezzo del servizio, che solo per ragioni di opportunit viene trasferito <<per quota>> sui prezzi dei singoli beni offerti in assortimento. Le imprese commerciali tradizionali adottano un semplice metodo, che consiste nelaggiungere un margine di ricarico /espresso in %/ al costo dacquisto dei prodotti. Le imprese della Grande Distribuzione, invece adottano una metodologia pi complessa : partendo da unanalisi dei costi, si definisce il margine da applicare a livello di assortimento complessivo, e poi si procede via via al livello inferiore, categoriasettore-reparto, e successivamente famiglia e/o linea, per giungere poi al singolo prodotto/articolo/referenza. Infine i prezzi dei singoli articoli/referenze si differenziano secondo una scala di prezzo: ai valori pi elevati sono collocate le marche industriali per le quali i clienti sono disposti anche a pagare un prezzo pi alto /m. premium price/; in posizione intermedia ci sono le marche commerciali e in ultima posizione i prodotti meno pubblicizzati / <<primi prezzi>>/ . Inoltre le imprese della Grande Distribuzione monitorano i prezzi della concorrenza attraverso unanalisi su di un numero ristretto di prodotti individuato a sua volta in base alle curve di contrazione -curva ABC-. 4.5.1 Fissazione del margine Per quanto concerne la procedura di fissazione del livello di margine del singolo prodotto si sono riscontrate alcune regole empiriche: I margini di ricarico variano inversamente alla rotazione e al costo uniatrio

Nel caso dei prodotti di marca leader: i margini sono estremamente contenuti e i prezzi sono allineati a quelli dei concorrenti I prodotti di marca commerciale essendo difficilmente confrontabili possiedono un livello di margini pi elevato Di solito il livello di margini dei singoli punti vendita delle imprese commerciali viene discrimanto in relazione allintensit della competizione nelle diverse aree geografiche. C quindi discriminazione geografica delle politiche di prezzo. Infine, le aziende sono indotte a discriminare il prezzo con lo scopo di diluire le punte di domanda visto che il flusso di domanda stesssa non si distribuisce in modo omogeneo nel tempo.

Conclusione Le grandi dimensioni del punto vendita, lampiezza dellassortimento,le campagne promozionali sono interpretate come variabili proxy di prezzi contenuti, CAPITOLO 5 CHANNEL DESIGN 5.2 La definizione di canale distributivo Un canale distributivo tradizionalmente definito come il percorso seguito da un bene per passare alla sfera di disponibilit del produttore a quella del cliente finale. Per svolgere tale percorso fondamentale il contributo di pi attori distributivi che svolgono determinate funzioni distributive con efficacia ed efficienza a costi contenuti. Quindi fondamentale identificare nei canali gli attori che vi operano, le funzioni che essi svolgono, il valore che sono in grado di produrre per il cliente e i costi che fanno emergere. Per lAmerican Marketing Association il canale di distribuzione considerato come una sequenza di intermediari organizzati in sistema (canne system) attraverso cui fluiscono merci e informazioni. Per poter individuare gli attori presenti nel canale distributivo necessario stabilire un criterio per lidentificazione dei confini del canale stesso. A tal proposito bisogner definire la dimensione verticale del canale (ovvero decidere se includervi il produttore e il consumatore o se considerare esclusivamente gli intermediari commerciali), e quella orizzontale (ovvero identificare gli stessi intermediari commerciali).

Per quanto riguarda la dimensione verticale, secondo Bucklin propone in linea di principio di considerare nellambito del canale tutti i soggetti che svolgono funzioni distributive, e dunque anche i produttori e i consumatori. Solitamente , per, si soliti distinguere il canale definito in senso ampio channel of distribution da quello che include solo produttori e intermediari commercial channel - .

Analizzare la dimensione orizzontale, ovvero identificare gli intermediari commerciali, possibile mediante ladozione di un criterio,lo scambio, che sancisce il passaggio di propriet del bene materiale. Quindi tutte le imprese che assumono la propriet del bene sono incluse nel canale distributivo. 5.2.1 Gli attori che operano nel canale Gli attori distributivi possono essere classificati in base: Ai rischi che assumono Al livello in cui sono collocati nel canale distributivo Alle forme aziendali che utilizzano E alle funzioni che svolgono.

Per quanto riguarda i rischi assunti, al fine di individuare gli attori coinvolti, necessario definire il concetto di rischio commerciale. Tale rischio generalmente associato al passaggio di propriet del prodotto. Quindi unimpresa commerciale, fondamentalmente unimpresa che svolge attivit di buying and selling, assumendo su di s il rischio commerciale relativo al prodotto, cio il rischio legato alle perdite dvoute alla mancata vendita. Pertanto un operatore logistico di solito considerato mero service provider nellambito del canale, poich pur fornendo un fondamentale servizio non assume alcun rischio commerciale con riferimento al prodotto e pertanto non assimilabile a unazienda distributiva. Considerando invece la classificazione basata sui livelli del canale in cui si allocano i diversi attori, possiamo distinguere 2 livelli: Quello pi vicino almondo del consumo (il dettaglio) E quello pi vicino al mondo della produzione (lingrosso).

I grossisti e i dettaglianti possono a loro volta essere classificati in base alle formule distributive e ai servizi commerciali che offrono. (il dettaglio di beni di consumo ad alta rotazione si classifica generalmente in base alla dimensione della superficie espositiva e alla tipologia dei servizi forniti; mentre le imprese allingrosso sono classificate in ingrosso tradizionale, cash and carry, e full service wholesaler). A loro volta le singole imprese commerciali possono essere classificate in base alla forma aziendale di cui si sono dotate in: Catene integrate Grande distribuzione Gruppi dacquisto e unioni volontarie distribuzione organizzata Cooperative E imprese indipendenti

Con lo stesso criterio, le imprese allingrosso si distinguono in: Trading company Filiali nazionali di una multinazionale Il grossista nazionale o locale.

5.2.2 Le funzioni distributive Bucklin definisce la funzione distributiva come unentit che non pu prescindere dallistituzione che la svolge. Strettamente collegato al concetto di funzione distributiva quello di sorting definito da Anderson come quellinsieme di attivit finalizzate a colmare la <<distanza tecnologica >> tra offerta e consumo: infatti lassortimento offerto da una singola impresa industriale non in grado di soddisfare le richieste della domanda finale, che caratterizzata da una variet dimodelli di consumo. Questa discrepanza tra offerta dellimpresa industriale ed esigenze del consumo giustifica lesistenza degli intermediari e, allo stesso tempo, definisce la loro principale funzione: quella appunto del matching tra domanda ed offerta.Limpresa commerciale,proponendo nellambito del proprio assortimento lofferta di numerose imprese industriali, intende appunto soddisfare la variet dei bisogni espressi dalla domanda. Lattivit di sorting si compone normalmente di quattro sub-attivit: 1. Sorting out (la classficazione dellofferta eterogenea di unimpresa in insiemi omogenei) 2. Accumulation (o cocnentration, cio laggregazione di vari lotti di prodotti omogenei in modo da conseguire economie logistiche ) 3. Al location (consiste nel suddividere unofferta omogenea in lotti di pi piccole dimensioni,in modo da incontrare i bisogni, in termini di quantit acquistabili, dei clienti intermedi o finali) 4. E lassorting, che coincide con la formazione di un assortimento di prodotti differenti, che va a costituire il nucleo dellofferta dellimpresa commerciale. In base ai principi del sorting viene stabilito che la funzione della distribuzione soprattutto quella di far incontrare domanda e offera, costituendo un marketing bridge tra i due fronti. Per conseguire questo obiettivo, che pu essere considerato la mission delle imprese commerciali nellambito del sistema-canale, necessario che esse svolgano una serie di attivit, che sono comunemente definite come funzioni distributive. Bucklin, distingue le funzioni svolte nellambito del canale in: comunicazione, ovvero tutte quelle attivit mediante le quali si trasmettono o ricevono informazioni relative a offerte di vendita e dacquisto.

Possesso, che identifica tutte le operazioni connesse con il mantenimento el titolo di propriet Immagazzinaggio, comprende le attivit relative al controllo fisico delle merci in una data localizzazione Trasporto, ovvero le operazioni necessarie alla realizzazione del flusso logistico E la produzione

5.2.3 I valori e i costi delle funzioni distributive Per poter disegnare i canali distributivi , dopo aver identificato attori e funzioni, necessario comprendere: Il valore creato per il cliente da tali attori mediante lo svolgimento delle funzioni distributive E i costi di ciascuna funzione e ilmix di funzioni necessario per ottenere un certo livello di servizio commerciale

Il valore creato per il cliente. Tale valore dipende dallutilit tratta dal cliente del servizio commerciale che la singola funzione contribuisce a creare. Per esempio un particolare segmento di clienti pu apprezzare in modo significativo il servizio di prossimit.Pertanto per conseguire tale obiettivo sar necessario svolgere funzioni e stoccaggio delle merci molto pi capillari disponendo al contempo di una rete dipunti vendita assai distribuita sul territorio. Una volta individuato il valore generato per il cliente dai vari servizi commerciali , sar opportuno misurare lutilit creata da ciascuna funzione distributiva, e, se possibile, tradurla in valore monetario. Una metodologia molto utile per conseguire questo obiettivo rappresentata dalla conjoint analysis(tecnica statistica multivariata che consente di disaggregare il giudizio globale espresso dai clienti su un insime di profili di offerta alternativi, determinando limportanza attribuita dal cliente aio singoli attributi dellofferta) I costi delle funzioni distributive. Tali costi vanno quantificati considerando la produzione interna delle funzioni distributive o leventuale cessazione a terzi (outsouricing). Infatti unimpresa pu decidere di svolgere una funzione specifica in maniera autonoma, oppure di delegarla allesterno.(scelte di make or buy) Le funzioni pi propriamente commerciali possono essere delegate esclusivamente a imprese commerciali allingrosso o al dettaglio, oppure unazienda industriale pu decidere di integrarle scegliendo di adottare cos un canale diretto. Ed inoltre non si potr non tenere conto della diversa natura, fissa o variabile, di tali costi.

5.3 Le scelte distributive (4 numerosit di stadi,canali,sbocco,per ciascuno sbocco)

Le diverse tipologie di canale sono identificate dal diverso numero di stadi passaggi di propriet Pertanto possibile avere un canale diretto con un solo passaggio di propriet e nessuno stadio di intermediazione, che si distingue dal canale indiretto che ha uno o pi stadi di intermediazione ed almeno due passaggi di propriet. I canali diretti a loro volta possono essere classificati in brevi e lunghi in base al numero degli stadi di intermediazione/passaggi di propriet. Il canale breve presenta uno stadio di intermediazione e due passaggi di propriet, mentre si parla di canale lungo quando presenta tre o pi passaggi di propriet. Differenze canale diretto con canale lungo Il canale diretto quello che presenta una maggiore presenza di costi fisi e quindi un maggiore rischio economico-finanziario , per consente un controllo diretto sul cliente finale. Al contrario il canale lungo caratterizzato costi fissi inferiori,ma anche da margini minori, ma non consente un diretto controllo del mercato in quanto il contatto diretto con la clientela finale schermato da due o pi livelli di intermediazione. La definizione del canale distributivo basata sul numero degli stadi rappresenta la prima scelta che unimpresa industriale deve effettuare con riferimento allarchitettura di canale attraverso cui veicolare i propri prodotti. Una seconda decisione che bisogna assumere fa riferimento al numero dei canali. A tale riguardo possibile adottare soluzioni di monocanalit (scegliendo un canale breve) o di multicanalit (scegliendo una soluzione che coniugs un canale diretto con un canale lungo). Talvolta, possibile optare per soluzioni multicanale differenziando i canali in base alle zone geografiche ed evitando pertnanto che ci sia una coesistenza di due tipologie di canale nellambito dello stesso mercato geografico di riferimento. In questo caso limpresa, pur adottando un approccio multicanale, in realt monocanale con riferimento ai singoli mercati. Una volta decisa la struttura dei canali a livello general, necessario selezionare allinerno di ciascun canale gli sbocchi adottati. Per sbocco intendiamo la tipologia di intermediario commerciale cui limpresa industriale si rivolge. Esistono due tipologie di sbocchi: tipologia monosbocco (quando limpresa decide di commercializzae il proprio prodotto attraverso una sola formula distributiva), o una tipologia multi sbocco (quando limpresa decide di utilizzare diverse formule distributive). Lultima decisione da assumere si riferisce alla numerosit degli intermediari per ciascuno sbocco. A tale riguardo si pu optare per un estremo di esclusivit distributiva selezionando un unico intermediario per ciascun mercato per ogni singolo sbocco. Oppure si pu decidere di distribuire il prodotto in modo capillare commercializzandolo tramite tutti

gli intermediari che in una determinata zona appartengono a un certo sbocco. In questo caso la distribuzione si configura come assai intensiva. Naturalmente possono verificarsi situazioni intermedie selezionando, con criteri pi o meno espliciti, un certo numeo di intermediari del prodotto e le politiche di marketing a esso associato. 5.4 il channel design: come progettare larticolazione dei canali Le politiche per il disegno dei canali definiscono larchitettura degli stessi decidendo la combinazione tra le scelte relative a: gli stadi, il numero dei canali, gli sbocchi,il numero di sbocchi per ciascun canale e il numero di intermediari. La diversa combinazione dei precedenti elementi dipende da: Il livello di servizio commercialie che si intende offrire a i clienti La tipologia di prodotto che si distribuisce Lentit dei costi che le funzioni distributive assorbono E il livello di controllo che si desidera ottenere sui mercati finali.

Una volta stabilito il livello di servizio che si intende offrire al cliente, che condizionato non poco dalla tipologia del prodotto commercializzato, il mix del canale ottimale potr essere definito sulla base dei costi associati alle funzioni distributive e sulla base del livello di controllo strategico che si intende ottenere sui mercati finali. Poich sappiamo che tra il livello dei costi e il grado di controllo esiste un trade off non raro che si opti per situazioni di multicanalit specializzata. In questi casi, nei mercati con potenziali di vendita pi elevati si preferiscono canali diretti o brevi, in modo da massimizzare il controllo dei clienti finali e, avendo lopportunit di assorbire i costi fissi tramite le maggiori quantit garantite dalle dimensioni del mercato. Nei mercati residuali e pi lontani dallimpresa indisutriale si preferiscono invece canali lunghi, che consentono di rendere variabili i costi distributivi tramite margini commerciali pi ridotti e rinunciando a un controlo diretto del mercato finale, visto il minore numero dei clienti e il pi contenuto livello di potenziale. 5.5 La gestione dei canali In seguito allo sviluppo del settore commerciale che ha avuto luogo negli ultimi anni le imprese industriali hanno avuto la necessit di considerare con attenzione la relazione con la distribuzione che, oltre ad aver subito una crescita dimensionale, ha conseguito una propria autonomia di marketing, sviluppando la capacit di incidere sulle percezioni e le preferenze della domanda. Con la fine del monopolio della marca , il marketing inizia ad avvertire lesigenza di considerare il ruolo giocato dalle aziende commerciali e allarga uk proprio orizzonte di studio alla triade produzionedistribuzione-consumo. Nasce cos una nuova funzione aziendale il trade marketing che si propone di gestire la relazione delle imprese industriali con i lor distributori. Questi ultimi, infatti, sono oggi in grado di intervenire in modo sempre pi attivo nella gestione del marketing industriale e nella definizione delle preferenze dei consumatori. In definitiva, il commercio ha ridotto la capacit di controllo dellindustria su tutti gli elementi del marketing mix.la stessa pubblicit,unico strumento di

marketing capace di arrivare direttamente al consumatore non in grado di far acquistare allo stesso consumatore il prodotto, se questo no gode di una soddisfacente distribuzione e di unadeguata assistenza sul punto vendita. Le attivit di trade marketing, si configurano come quella strategia distributiva che, basata sul concetto di prodott-cliente-canale, punta a conoscere, pianificare, organizzare e gestire il processo distributivo in modo da ottenere , da un lto, un efficace impiego delle risorse di marketing e, dallaltro, duraturi vantaggi nella competizione orizzontale. Il trade marketing rappresenta perci una strategia commerciale volta a contribuire allefficacia dellazione di marketing dellazienda attraverso il soddisfacimento delle specifiche esigenze dei propri clienti commerciali, rappresentando uninnovazione radicale nella cultura dellimpresa industriale. Pi recentemente il trade marketing evolto verso una dimensione di tipo pi collaborativo, che ha permesso di sviluppare il category management. Esso viene definito come una nuova filosofia di gestione che consente di integrare i processi di produzione di valore delle imprese commerciali, accentrando presso il category manager le responsabilit relative agli acquisti, al marketing e alle vendite. CAPITOLO 6 LA GESTIONE DELLA MULTICANALITA 6.1 Introduzione Viviamo in uneconomia interconnessa,ove si moltiplicano i canali distributivi e le possibilit per il cliente di entrare in contatto con le merci e i servizi. Questa cresce ubiquit distributiva, questa proliferazione di punti di contatto e di esperienza rappresenta un importante elemento delleconomia attuale (Vicari). Essa, per questo motivo, va prima di tutto compresa in tutte le sue sfaccettature e poi opportunamente gestita e valorizzata dalle imprese. La multicanalit moltiplica infatti le occasioni di contatto con la domanda accrescendo le opportunit di vendita, la capillarit distributiva, lawareness dellazienda e la sua intimacy con il cliente, generando una serie di implicazioni positive nel processo di creazione del valore. Daltra parte, per, la multicanalit caratterizzata da un suo dark side. Infatti, quando non adeguatamente gestita, pu creare conflitti orizzontali e verticali nei canali distribtuivi, una riduzione delle performance competitive dellimrpesa e un depauperamento delle relazioni con il trade e del suo patrimonio di fiducia I vettori che attualmente determinano un deciso accrescimento del fenomeno della multicanalit sono riconducibili : alla revisione della normativa sui canali distributivi, che rende sempre meno vincolante lesclusivit di alcuni canali;

ai comportamenti delle imprese industriali, che in un periodi di contrazione dei consumi sono alla ricerca di nuovi mercati e sbocchi distributivi; alla vivacit del retail, che innova nei formati e nei canali distributivi, introducendo nuovi format commerciali; alla crescente variet di esigenze espresse dalla domanda e alla diffusione di tecnologie informatiche e telematiche che dischiudono nuovi mercati e nuovi canali distributivi.

6.2 Il conflitto derivante dalla multicanalit Il conflitto rappresenta uno tra gli aspetti maggiormente approfonditi dalle ricerche dedicate allanalisi dei canali distributivi. Il motivo alla base dellattenzione rivolta a tale costrutto riconducibile alla convinzione che esso costituisca uno tra i principali elementi in grado di incidere negativamente sulla performance di canale. stato infatti verificato mediante numerosi studi empirici che quanto maggiore si presenta la conflittualit tra i soggetti che compongono un sistema distributivo, tanto minore la loro soddisfazione e, di conseguenza, il risultato conseguito dai soggetti che vi partecipano. Nelle situazioni in cui si manifestano un elevato livello di conflitto prima di tutto necessario, al fine di migliorare la performance, accrescere laccordo tra le parti, in modo da evitare linsorgere dellinsoddisfazione e, dunque, linnescarsi di comportamenti <<devianti>> rispetto agli obiettivi delle parti. La relazione tra conflitto e performance stata dalla maggior parte degli studiosi rappresentata in forma lineare. Alcuni studi empirici hanno invece evidenziato lopportunit di considerare un livello-soglia , postulando una relazione positiva tra conflitto e performance fino a un certo punto, superato il quale il segno della correlazione si inverte. Si cos giunti alla determinazione di qualificare il conflitto come funzionale o disfunzionale in base alle conseguenze che esso in grado di generare sulle performance di canale (come affermava Robert Robicheaux) e di valutare comunque in termini positivi un livello di conflitto contenuto nellambito di limiti fisiologici. Emerge cos lesigenza di gestire in modo opportuno il livello di conflitto allinterno dei canali distributivi, senza mirare ad annullarlo completamente, proprio perch un certo livello di <<sana dialettica competitiva>> fra le parti costituisce indubbiamente un elemento utile alle performance di canale. Lassenza completa di conflitto, che caratterizza la relazione con distributori in situazioni di monopolio spaziale con riferimento a una certa offerta, pu determinare invece comportamenti inerziali e scarsa propensione allinnovazione, che non rappresentano di certo i presupposti per lo sviluppo di canali competitivi. Quindi, lobiettivo del management quello di contenere il livello di conflitto nellambito della sua dimensione funzionale. La natura del conflitto. Al fine di gestire correttamente il conflitto allinterno dei canali distributivi opportuno comprenderne la natura.

Esso rappresenta quello stato derivante da una situazione in cui un componente del canale percepisce che il comportamento di un altro soggetto tale da impedirgli di conseguire i propri obiettivi, o comunque, di svolgere in maniera efficiente il proprio ruolo nellambito del sistema distributivo. Dunque il conflitto nei canali si manifesta quando, nellambito di una relazione, una delle parti viene percepita come un chiaro ostacolo o addirittura come una minaccia al conseguimento dei propri obiettivi. Una volta definiti i confini del concetto opportuno, al fine di impostare adeguatamente le politche di gestione del conflitto, comprendere le cause alla base del conflitto. Le cause del conflitto. Sono: la divergenza di obiettivi la divergenza nelle aspettative di ruolo la divergenza di percezioni

6.3 Le tipologie di multicanalit Con il termine multicanalit si individua generalmente un ampio spettro di architetture distributive, caratterizzate da peculiarit e connotazioni diverse tra loro. La multicanalit pu essere determinata dalla presenza su uno stesso mercato di una pluralit di canali distributivi (diretto, breve, lungo)e/o dalla necessit di attivare pi sbocchi distributivi. I tre elementi alla base della multicanalit sono i mercati, i canali e gli sbocchi. I mercati. Unimpresa potrebbe decidere di distribuire i suoi prodotti attivando canali e/o sbocchi diversi per differenti mercati,ove a ciascun segmento di domanda corrisponde un canale e/o sbocco distinto, senza che ci sia una loro compresenza sul medesimo mercato. Nel caso in cui fra i diversi mercati risulti difficile trasferire beni o servizi, e questi vengano serviti con canali differenziati, il problema della multicanalit e i rischi di conflitto vengono risolti alla radice. Pertanto quando a diversi mercati (lontani fra loro e non permeabili) corrispondono diversi canali, il problema della multicanalit non assume sotto il profilo manageriale altrettanta rilevanza rispetto al caso in cui si manifesti una compresenza di canali sullo stesso mercato. I canali. Il secondo elemento che permette di definire ci che comunemente definito come multicanalit, ovvero la presenza di pi canali distributivi su un unico mercato, genera indubbiamente problemi molto pi complessi da gestire, soprattutto ove fra i canali attivati vi sia una presenza significativa del canale lungo, che genera un gap di controllo. Questo solitamente non permette unimmediata verifica degli sbocchi distributivi sui mercati finali e delle loro politiche commerciali, pertanto la presenza di una lunga catena di distributori pu far emerger problemi connessi allimpossibilit o alla difficolt di gestire l politiche commerciali a valle, non consentendo allimpresa a monte, soprattutto quando questa ubicata allestero, di controllare il flusso seguito dal prodotto per raggiungere i mercati finali.

Ci potrebbe determinare conseguenze non positive sul posizionamento del prodotto , sulle sue poltiche di pricing e sulle modalit con cui viene proposto al cliente finale. Inoltre,le imprese di intermediazione allingrosso potrebbero avviare politiche commerciali non coerenti con quelle attuate dallimpresa industriale sul canale breve, determinare lemergere di un conflitto fra canali. Gli sbocchi. La multicanalit,pu essere riconducibile anche allesistenza di differenti sbocchi distributivi, nellambito di un medesimo canale. Per esempio, nel caso di un canale breve potrebbe verificarsi la presenza dipi sbocchi distributivi (profumerie, farmacie, ecc.) In questo caso bisogna evidenziare che i diversi sbocchi, e talvolta anche i singoli intermediari, offrono una differente intensit e combinazione di servizi commerciali. Pertnatnto i differenziali nelle condizioni economiche praticate dai diversi format commerciali possono essere supportati, sui mercati a valle, medianteunopportuna differenziazione del servizio commerciale e del profilo complessivo del binomio merce-servizio. Ove, invece, a parit di servizio commerciale offerto da due sbocchi si manifestino palesi differenziali nei prezzi praticati sui mercati finali, il problema potrebbe generare conseguenze pi difficilmente gestibili, e andrebbe perci governato ex ante, con unopportuna pianificazione delle condizioni economiche praticate al trade. Pertanto, a parit di mercato, la diversa combinazione di una multicanalit generara dalla compresenza di diversi canali o di diversi sbocchi suscita profili di rischio differenti che vanno gestiti con modalit differenziate. In prima approssimazione,: la m. determinata dalla presenza di pi canali sul medesimo mercato richiede unattenta gestione del canale lungo e della relazione con lintermediazione allingrosso una m. dovuta alla presenza di pi sbocchi distributivi richiede invece una gestione fondata sulla oculata differenziazione del servizio commerciale.

Per cogliere le opportunit generate dalla multicanalit e dallubiquit distributiva pu essere necessario attivare pi canali e o sbocchi , predisponendo le dovute precauzioni volte a: evitare che emergano situazioni conflittuali (strategie preventive) gestire in modo appropriato le conseguenze negative (azioni di recupero della redazione )

Fra le strategie preventive, oltre ai tentativi volti a ridurre la permeabilit dei mercati, connotando il prodotto e rendendo pertanto difficoltoso il trasferimento da un mercato allaltro,le strategie pi comuni, utilizzabili anche allevenienza, sono riconducibili a: differenziazione del prodotto e differenziazione dei servizi commerciali

6.4 Le politiche di differenziazione per il governo della multicanalit Uno dei problemi connessi alla presenza di pi canali distributivi quello relativo al free-riding. In particolare tale fenomeno penalizza le forme distributive di piccole dimensioni e di tipo specializzato, che tipicamente, seppur a fronte di costi di gestione pi elevati, forniscono informazioni sul prodotto industriale al cliente finale. Il free-riding si pu manifestare quando lo stesso prodotto presente in sbocchi specializzati, che forniscono informazioni,e in formule distributive despecializzate, che praticano prezzi pi convenienti offrendo al contempo un livello inferiore di servizio informativo e di asistenza alla vendita. In questo caso lacquirente pu essere indotto a massimizzare lapropria utilit recandosi presso il punto vendita specializzato a raccogliere gratuitamente informazioni sul prodotto e consigli da parte del negoziante e del suo personale di vendita (free ride). Una volta completato il processo di raccolta informazioni, si reca poi presso i punti di vendita despecializzati per acquistare il bene a prezzi vantaggiosi. In questo modo il punto specializzato, che non in grado di sostenere laggressivit delle politiche di prezzo dei negozi despecializzati, potrebbe con il tempo rifiutarsi di offrire il proprio supporto informativo sul prodotto determinandone una banalizzazione o discriminandolo negativamente rispetto ad altri prodotti. 6.4.1. La differenziazione di prodotto Per evitare eccessivi fenomeni di free-riding a favore delle formule commerciali despecializzate e guerre di prezzo che possono danneggiare limmagine del prodotto, la strategia pi frequentemente adottata rappresentata dalla differenziazione del prodotto. In questo modo si riduce lopportunit di un confronto intraband fra prodotti identici commercializzati da sbocchi e canali diversi. Tale differenziazione pu essere sviluppata a diversi livelli, e per ciascuno di essi, pu essere praticata, con intensit differenziate. naturale che quanto maggiore lintensit della differenziazione che si produce, tanto minore sar il rischio che si creino conflitti derivanti dalla sovrapposizione dei canali. Alcune tra le possibili aree di differenziazione sono le seguenti: differenze nel brand del prodotto, introducendo per esempio fighting brand o marchi fantasia dedicati ai singoli canali e o sbocchi distributivi distinzione nei modelli e nella profondit assortimentale offerta ai diversi sbocchi differenziazione collegata a differenze nei componenti, nelle tecnologie, nei materiali e negli ingredienti che compongono il prodotto

differenziazione limitata agli aspetti esteriori del prodotto come la confezione, il packaging o il formato talvolta le differenze possono riguardare non solo le caratteristiche materiali del prodotto bens anche il livello di servizio non commerciale ad esso connesso.

In conclusione opportuno affermare che la differenziazione del prodotto non raramente potrebbe far emergere diseconomie non imputabili alla variet e allimpossibilit di cogliere sinergie commerciali. Ci accade ,per esempio, quando la differenziazione fondata sul brand e pertanto non possibile sfruttare appieno leffetto degli investimenti in comunicazione. Per questi motivi la differenziazione di prodotto non sempre facilmente praticabile. Per questo pu essere utile valutare, in alternativa, ma anche congiuntamente alla differenziazione sul prodotto, quella relativa ai servizi commerciali. 6.4.2 La differenziazione del servizio commerciale Il presupposto da cui bisogna muovere per comprendere la possibilit di gestione della multicanalit mediante i servizi commerciali rappresentato dallassunto che i diversi sbocchi distributivi producono specifici servizi per la domanda. Ciascuna formula distributiva produce servizi di tipo logistico, informativo e accessorio. I servizi commerciali prodotti dai diversi format commerciali e dai diversi sbocchi distributivi possono essere molto diversi,proponendosi pertanto di soddisfare diversi bisogni dei consumatori. Quindi ciascuna, formula distributiva produce servizi differenziati: le piccole superfici despecializzate, offrono soprattuttoun servizio di prossimit, proponendosi alla clientela come <<negozi di vicinato>> le piccole superfici specializzate, invece, offrono pre-selezione, consigli e servizi informativi fondati sulla relazione personale instaurata con il cliente. Le grandi superfici despecializzate puntano, oltre che sulla convenienza dellofferta , anche sullampiezza dellassortimento che permette di rendere pi efficiente il processo dacquisto mediante forme di one stop shopping Le grandi superfici specializzate si distinguno invece per la profondit dellassortimento, favorendo unattivit di confrono in shop fra alternative, e per la numerosit di servizi accessori che sono in grado di offrire. Lecommerce invece caratterizzato da enormi potenzialit sul piano dei servizi commerciali, potendo offrire servizi logistici e informativi al massimo livello. Tali potenzialit, per, non sempre sono state sfruttate dalle imprese.

Dato questo assunto, anche se il prodotto lo stesso, il valore generato dalla componente del servizio commerciale , pu rappresentare unimportante fonte di differenziazione dellofferta. La formula distributiva e i relativi servizi commerciali divengono pertanto a parit di prodotto un elemento di differenziazione dellofferta.

Tale affermazione pu stimolare linteresse di molti product managere assillati dalla costante ricerca di nuovi elementi di differenziazione della propria offerta. In questo caso, il contenuto innovativo dellofferta da ricondurre non tanto al prodotto quanto al servizio commerciale a esso associato, che pu assumere per il cliente unutilit e una rilevanza non trascurabili. Una volta accertata lentit del valore dei servizi commerciali per il cliente, gli sbocchi distributivi possono assumere il ruolo di importanti fattori innovativi di differenziazione dellofferta e di segmentazione dellintera strategia di marketing aziendale. 6.5 La gestione della multicanalit: dal conflitto alla coopetition La multicanalit spesso non viene sfruttata dalle imprese per il timore di cannibalizzazione fra canali e di possibili conflitti con gli intermediari tradizionali, che si vedono in questo modo traditi dallimpresa. Quindi si tradizionalmente interpretata la multicanalit in una visione essenzialmente competitiva e conflittuale. Nella prospettiva delle imprese industriali, la creazione di nuovo valore per il cliente passa invece attraverso uninterpretazione della multicanalit da competitiva a coopetitiva. Operativamente, questo implica studiare strategie di accrescimento dellubiquit della marca (multi-point strategy), in una prospettiva di differenziazione dellofferta. In questo modo si rende possibile il passaggio da un approccio alla multicanalit di tipo esclusivamente competitivo a una prospettiva che permette una sorta di collaborazione implicita fra canali apparentemente concorrenti (coopetition). Limpresa industriale che intende implementare strategie multicanali , incrementando la propria presenza in diversi formati distributivi per sfruttarne leffetto differenziante e accrescere le possibilitdi contatto con il consumatore, ha 3 vie principali per gestire tale attivit senza impattare negativamente sul suo patrimonio distributivio (channel equity) e sulla sua brand equity: Selezionare nuovi sbocchi nettamente differenziati sul piano dei servizi commerciali rispetto a quelli gi esistenti; Differenziare i brand o i formati di prodotto ove si verifichi una sovrapposizione nel servizio commerciale prodotto dai nuovi canali rispetto a quelli tradizionali E garantire comunque nellambito dei nuovi canali le medesime condizioni di contesto che hanno determinato la brand equit esistente, evitando cos che questa venga depauperata in seguito alla commercializzazione in canali non coerenti con la brand image.

Nei casi in cui per vari motivi (riconducibili ad esempio ad una politica di differenziazione non adeguata), dovessero presentarsi problemi connessi a una gestione non ottimale della multicanalit, questi vanno comunque gestiti ex post. Infatti, la mancata reazione da parte dellimpresa pu risultare ancora pi dannosa.

Le azioni di recovery pi frequenti sono: Chiara comunicazione verso il mercato dei distributori La condivisione del problema con i soggetti danneggiati Il ritiro del prodotto o la sospensione delle forniture e la discriminazione negativa E la minaccia di rifiuto del rinnovo dei contratti.

CAPITOLO 10 LA MARCA COMMERCIALE

10.1 Concetto e tipologie di <<marca commerciale>> o private label

10.1.1 il concetto di marca

Per marca si intende un nome, termine, simbolo, segno, disegno,o combinazione di questi, che mira a identificare i beni o i servizi di un venditore o gruppo di venditori e a differenziarli da quelli dei concorrenti (A.M.A. 1960). La marca riveste da oltre un secolo un ruolo centrale nei mercati al consumo, svolgendo alcune funzioni che si traducono in valori o benefici per i consumatori.

Le principali funzioni che una marca assolve sono: identificazione (consente ai consumatori la riconoscibilit dei prodotti, nel tempo e nello spazio). Il beneificio per il consumatore una riduzione dei costi di ricerca del prodotto. orientamento (il consumatore pu raccogliere e organizzare informazioni relative a un prodotto, agevolando cos le possibilit di confronto con altre alternative) beneficio come sopra garanzia (gli investimenti che i produttori sostengono per sviluppare e pubblicizzare i prodotti contraddistinti da una marca comportano dei costi fissi che hanno ragione di essere sostenuti soprattutto se il prodotto effettivamente valido dal punto di vista qualitativo. Beneficio = rassicurazione e riduzione dellincertezza associata allacquisto del prodotto. Personalizzazione (a ciascuna marca vengono solitamente associati dei significati simbolici e una capacit di aderenza a precise esigenze del consumatore)

10.1.2 il concetto di marca commerciale

Si definiscono marche commerciali o private label tutti quei prodotti che, anzich con il nome o con il marchio del fabbricante, vengono proposti al consumatore con un marchio o nome di propriet di un distributore commerciale che ne garantisce direttamente il livello qualitativo (Carmignano 1993).

10.1.3 le tipologie di marca commerciale

Sul mercato esistono diverse tipologie di marca commerciale, ciascuna caratterizzata da elementi peculiari che riflettono una diversa strategia e politica seguita dal distributore. Kumar e Steenkam propongono una classificazione in base alla consumer proposition utilizzata nella competizione con altri brand industriali e commerciali : si distinguono: generic private label e copycat label che competono sul prezzo; premium store brand, che competono sulla qualit; value innovators own label, che competono sulla razionalit proponendo un diverso livello di business. Generic private label = si riferisce a unalternativa indifferenziata con un packaging poco curato e spesso un brand name generico o identificata come primo prezzo . viene proposta al cliente come la pi economica / conveniente Copycat brand si riferisce a imitazioni (mee-too, spesso derivanti da processi di revrseengineering) di prodotti proposti con altri brand di cui mantengono il livello qualitativo, offerti ad un prezzo conveniente. I premium store brand sono stati introdotti, in tempi relativamente pi recenti, nel tentativo di conseguire una certa differenziazione rispetto ad altri brand industriali e commerciali. Si distinguono in: 1. premium-lite store brand che rispondono alla consumer proposition <<migliore e pi conveniente>> 2. premium-price store brand, che rispondono alla consumer proposition <<il meglio che puoi acquistare>> essendo al tempo stesso superiori nel prezzo e nella qualit, rispetto ai brand industriali di riferimento. I VALUE INNOVATOR si propongono di offrire il miglior rapporto performance-prezzo. Hanno solitamente una qualit allineata ai brand leader ma vengono rimosse le caratteristiche di prodotto che non aggiungono valore, conseguendo cos risparmi di costi che consentono di proporli alla clientela a un prezzo decisamente competitivo. In Italia vi una classificazione di marche commerciali pi articolata, che distingue queste ultime in:

1. Generici; sono prodotti senza marchio e spesso con il solo nome generico del prodotto, utilizzati dal distributore che intende proporre unalternativa di acquisto ai consumatori che ricercano esclusivamente un vantaggio di prezzo. 2. Generici garantiti o prodotti bandiera simili ai generici ma caratterizzati da un rapporto qualit/rezzo superiore (si tratta dellantimarca ideata dal rettile Carrefour nel 1976) 3. marchi di fantasia che non identificano il produttore (nomi o simboli utilizzati per singoli prodotti o categorie di prodotto che non consentono lidentificazione del distributore. Vengono solitamente apposti su prodotti con un livello qualitativo paragonabile alle marche industriali ma proposti a prezzi inferiori) 4. marchi di fantasia che identificano il produttore (marchi specializzati per tipologia merceologica che consentono lidentificazione del distributore. Ci permette a questultimo di limitare eventuali effetti negativi dovuti allinsuccesso di un marchio, che non si ripercuotono cos sugli altri marchi con cui presente in altri comparti) 5. marca insegna comune a tutte le referenze ( caratterizzati dallidentificazione del prodotto venduto con linsegna del distributore. La coincidenza della marca commerciale con linsegna rivela limpegno del distributore ad assumere piena responsabilit nei confronti dei consumatori) 6. marca insegna per tipo di segmento merceologico o marchio ombrello (sono tipicamente lo stadio successivo di sviluppo dei marchi insegna. Il distributore volendosi contrapporree allofferta industriale, ne adotta pienamente le logiche di innovazione e differenziazione del prodotto. Segmenta cos i mercati finali e definisce per ciascuno una precisa politica di posizionamento e collocazione per fascia di prezzo, adottando marchi specifici e diversi in aggiunta al logo dellinsegna che funge da marchio ombrello. 10.2 Lorigine e percorsi tipici di sviluppo della marca commerciale In generale, la marca commerciale fa la sua comparsa parallelamente allo sviluppo della c.d. distribuzione moderna e allintensificarsi della competizione tra diverse insegne e si propone come elemento di rottura nei rapporti nel canale distributivo tra le imprese industriali e le imprese commerciali. 10.2.2 motivi che spingono il distributore a introdurre prodotti a marca commerciale Diversi sono i motivi che possono indurre oggi un distributore a ricorrere alla marca commerciale 1. obiettivi di recupero dei margini (si tratta di realizzare margini unitari relativamente elevati rispetto alla media di categoria) 2. obiettvi di riduzione del potere dellindustria (le m.c. rappresentano una minaccia per le vendite delle imprese industriali, specie per quelle che non riescono a proporre prodotti innovativi, unici e distintivi. Ci tende a ridurre il potere dellindustria) 3. obiettivi di razionalizzazione dellassortimento (consistono nelloffrire alternative di prodotto e di prezzo rispetto alle marche industriali che compongono lassortimento di categoria)

4. obiettivi di riduzione della trasparenza prezzi (si tratta di differenziare lassortimento rispetto alle imprese commerciali concorrenti, introducendo prodotti unici e di ridurre la trasparenza verso queste , consentendo di rompere luniformit negli assortimenti dei negozi ) 5. obiettivi di differenziazione dellinsegna e di fidelizzazione del consumatore allinsegna (si utilizzano i prodotti a marca commerciale, acquistabili unicamente presso una data insegna e caratterizzati da un certoprofilo in termini di qualit, innovazione e prezzo, come veicolo per comunicare i valori aziendali)

10.2.3 le fasi tipici del ciclo di vita di una marca commerciale possibile individuare 4 fasi tipiche nel ciclo di vita della marca commerciale, note anche come generazioni di marca commerciale. Prima Generazione. Caratterizzata da m.c. del tipo generici o fantasia apposte su prodotti che sono semplici imitazioni degli analoghi prodotti di marca industriale, speci se appartenenti alle merceologie a maggior rotazione, che vengono vendute a prezzi molto inferiori. Seconda Generazione. Nella seconda fase la m.c. viene apposta su prodotti con giusto compromesso fra qualit e prezzo (detti value-for-money). La competitivit delle private label in questa fase non fondata esclusivamente sui prezzi convenienti come nella prima fase. Terza Generazione. La terza fase quella della marca insegna, in cui i distributori acquistano nei confronti dellindustria una maggiore autonomia di marketing. Gli standard qualitativi dei prodotti a m.c. sono ancora pi elevatio rispetto a quelli della fase precdente e, in alcuni casi, anticipano alcune tendenze di mercato. Quarta Generazione. Nella quarta fase presente una m.c. di tipo premium, i cui prodotti sono a elevato contenuto di inoovazione. Il distributore interviene pesantemente nella definizione delle caratteristiche dei prodotti che continuano a essere realizzati da fornitori o per i quali talvolta si integra persino a fase di produzione. Queste 4 fasi non si escludono fra loro nel senso che possibile ritrovare nei punti vendita prodotti appartenenti alle diverse generazioni di marca commerciale.

stadi di progettazione m.c. prima del lancio vengono condotte analisi di fattibilit mentre la gestione del prodotto a m.c. richiede la scelta della categoria in cui proporre una certa tipologia di private label , la definizione degli standard di prodotto e la stesura del capitolato, la selezione del/i fornitore/i e la gestione del rapporto di fornitura, il controllo sistematico e la gestione nel punto vendita.

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