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FOGLI RIEPILOGATIVI ESAME EPI

I MODULO

PACCO SLIDE 1: INTRODUZIONE ALLA MATERIA

 Modelli di mercato:
o concorrenza perfetta (il più competitivo): numerosi venditori e compratori, libertà
di entrata e uscita, informazione perfetta, massimizzazione del profitto, imprese
price-taker e che agiscono indipendentemente le une dalle altre;
o monopolio (il meno competitivo): un solo venditore e molti compratori, il
bene/servizio è unico, il prezzo e il livello di produzione è stabilito dal monopolista
(impresa price-maker), barriere all’entrata insormontabili;
o oligopolio: numero limitato di imprese che offrono prodotti simili fra loro, una
quota sostanziale delle vendite è in mano a poche imprese, le imprese sono
consapevoli di operare in condizioni di interdipendenza con i concorrenti, le
imprese devono decidere se competere o colludere in modo tacito o esplicito (es. di
collusione: cartelli, associazioni di categoria, joint venture);
o concorrenza monopolistica: sul mercato opera un numero elevato di produttori e ci
sono numerosi compratori, le barriere all'entrata o all'uscita sono basse, le imprese
assumono le proprie decisioni in maniera indipendente dai rivali e il loro obiettivo è
la massimizzazione del profitto, i beni offerti dai diversi produttori non sono
perfettamente omogenei ma godono di un certo grado di differenziazione.

 L’efficienza dei modelli di mercato:


o Economica: combinazione dei fattori che permette la produzione di output al minor
costo possibile;
o Allocativa: il benessere o la situazione di un agente non mina il benessere o la
situazione dell'altro;
o Produttiva: sia economica (produzione al minor costo) sia tecnologica (produzione
di output tecnologicamente possibile sulla propria funzione di produzione).

 Il paradigma SCP (struttura-comportamenti/condotta-performance):


o Struttura: caratteristiche organizzative del settore che influenzano la natura della
competizione e le politiche di prezzo
o Comportamenti/condotta: schemi di comportamento delle imprese/azioni che
intraprendono
o Performance: risultati finali a cui l'impresa giunge in seguito al perseguimento delle
sue linee di condotta
PACCO SLIDE 2: LA STRUTTURA INDUSTRIALE

 La struttura industriale, le cui caratteristiche fondamentali sono:

o Numero e distribuzione imprese


 Distribuzione del potere di mercato: venditori e compratori
 Dimensione delle imprese: la distribuzione dimensionale è asimmetrica
positiva ossia ci sono poche imprese grandi e moltissime piccole.
 Generalmente, la probabilità di sopravvivenza dipende
positivamente dalle dimensioni dell’impresa (più un’impresa
è grande e maggiore è la sua probabilità di sopravvivenza)
 La dimensione e l’età dell’impresa sono generalmente
correlate positivamente con la probabilità di sopravvivenza
dell’impresa e negativamente con il suo tasso di crescita (le
imprese grandi e vecchie sopravvivono di più ma crescono
meno velocemente)
 Classificazione della dimensione dell’impresa in base al
fatturato e ad addetti (micro, piccola, media, grande)
 + focus sull’Italia: industria caratterizzata da PMI e
soprattutto a gestione familiare. Le performance delle
imprese italiane sono così riassumibili in ordine decrescente:
medie->grandi->piccole->micro

o Condizioni di entrata e uscita (barriere)


 Generale: il processo di cambiamento di un’industria è legato all’entrata e
all’uscita delle imprese;
 Barriere all’entrata:
 Sono gli ostacoli che impediscono l'ingresso di una nuova impresa in
un mercato.
 Se sono molto alte, si rischia un oligopolio. È un vantaggio per le
imprese che operano già in quel settore; invece è uno svantaggio per
le imprese entranti che avranno poche possibilità di guadagno;
 Alcuni esempi possono essere: accessibilità mp, economie di scala e
di apprendimento, accessibilità canali distributivi, investimenti in
R&S;
 Barriere all’uscita:
 Sono ostacoli di natura strutturale come gli investimenti non
recuperabili (sunk cost)
 Alcuni esempi possono essere: macchinari, impianti, impegni con SH,
investimenti in beni capitali

 I settori
o Classificazione:
 Primario: attività di estrazione di risorse naturali;
 Secondario: attività di trasformazione o elaborazione delle risorse;
 Terziario: attività che forniscono servizi (immateriali).
o I settori si differenziano per:
 La struttura: concentrazione, dimensione delle imprese, profittabilità
 Le condizioni della domanda: dimensione del mercato di riferimento,
crescita e segmentazione
 Le condizioni di appropriabilità dei vantaggi: brevetti, assets
 Conoscenza: spese in R&S, tecnologie, innovazione
 Il ciclo di vita: introduzione, crescita, maturità, declino

 Le classificazioni dei settori:


o Low-medium-high tech: in base alle tecnologie innovative impiegate e le spese in
R&S. Questa classificazione è molto contestata perché in un settore possono esserci
attività high-medium-low tech.
o Pavitt (1984) li classifica in 4 macro-aree. Per ogni area, le variabili sono: dimensioni
dell’impresa, tipo di innovazione, strategia:
 Settori “dominati dai fornitori”, solitamente non specializzati.
 Settori “a scala intensiva”, ossia in questo caso gli investimenti per produrre
in modo efficiente sono alti.
 Settori caratterizzati da “fornitori specializzati”, ossia fornitori che si
differenziano rispetto agli altri perché competono sulla qualità e non sul
prezzo.
 Settori “science based”, che si differenziano per l’adozione di una strategia
basata sulla differenziazione di innovazione e tecnologia.

 In Italia la tassonomia “dominati dai fornitori” è predominante, mentre nei


paesi scandinavi è la tassonomia “science based” ad essere predominante.

o Asheim (2005) li classifica in base alla “knowledge base” che indica la base di
conoscenza che è critica per l’innovazione. Inoltre, la conoscenza permette alle
aziende di percorrere la curva di apprendimento:
 base di conoscenza ANALITICA: si riferisce alla conoscenza teorica applicata
per capire e spiegare le caratteristiche del mondo naturale. È principalmente
legata alla scienza. È una conoscenza scientifica e codificabile quindi facile
da formalizzare e trasferire;
 base di conoscenza SINTETICA: si riferisce alla conoscenza che è di natura
pratica e applicata allo scopo di creare beni per raggiungere obiettivi
funzionali. È principalmente associata a capacità e competenze
ingegneristiche. È una conoscenza prevalentemente tacita, più difficile da
trasferire rispetto quella codificabile.
 base di conoscenza SIMBOLICA: spiega l'importanza dei valori estetici in
molti prodotti e servizi. Riguarda principalmente creatività, design e cultura.
È la conoscenza tacita per eccellenza, legata ad aspetti intangibili e quindi
difficile da trasferire.

+ Comunque, diverse base di conoscenza possono coesistere nello stesso settore.


+ Le tassonomie aiutano il “critical thinking” cioè le tassonomie aiutano a
incasellare i settori e le strategie delle imprese nonché aiutano a trovare spunti
innovativi ad esempio “quale conoscenza manca nella mia impresa?”
+ In Italia, sono prevalenti le basi di conoscenza sintetica e simbolica.
+ Tabella caratteristiche distintive delle varie basi di conoscenza sulle slide.
+ Esempi di settori: ANALITICA-biotecnologie; SIMBOLICA-pubblicità; SINTETICA-
automotive.
PACCO SLIDE 3: SCHEMI DI CLASSIFICAZIONE E ANALISI SETTORIALE

 Schemi ufficiali di classificazione industriale:


o Internazionale: ISIC.
o Unione europea: NACE.
o Italia: ATECO, elaborato dall’ISTAT.
o America: SIC.

+ questi schemi ci servono per mettere a confronto le varie specializzazioni industriali in


base a diversi indicatori e i confronti più importanti sono quelli geografici e spaziali.

PACCO SLIDE 5: LOCALIZZAZIONE INDUSTRIALE

 Alcune definizioni:
o Concentrazione geografica e regionale: quota della produzione prodotta da un
certo paese o regione.
o Localizzazione industriale: sfruttamento delle economie di agglomerazione.
o Conoscenza localizzata: poiché parte della conoscenza è tacita, “sticky” ed
“embedded”, le attività produttive ma anche innovative tendono a risiedere in
specifici luoghi (cioè nei sistemi produttivi locali come cluster o distretti).

 Il cluster
o Concetto: è un gruppo geografico di “prossimità” di aziende interconnesse e
istituzioni associate in un determinato campo, legate da elementi comuni, relazioni
ed esternalità.
o Caratteristiche:
 Una economia di agglomerazione delimitata geograficamente
 Fortemente specializzati (es. grazie a manodopera qualificata, competenze,
risorse, partner, servizi)
 Le relazioni all’interno del cluster possono essere verticali (tra clienti e
fornitori) od orizzontali (condivisione di tecnologia, canali distributivi, ecc.)

 Il distretto (DA INTEGRARE CON PARTE PRESENTE NEL II MODULO)


o Concetto: è un’entità socio-territoriale in cui la comunità supporta l’organizzazione
industriale; quindi, vi è un intreccio tra aspetti economici e sociali. Se si osservano le
foto dei distretti è possibile notare la vicinanza tra le industrie e le case e questo
conferma il passaggio dal concetto di “business network” al concetto di “community
network” ossia il passaggio da una prospettiva solo settoriale/industriale (di
business) ad una prospettiva anche comunitaria.
o Periodo storico: incaselliamo le imprese distrettuali in un periodo Post-Fordista: il
potere è decentrato; il lavoro totale viene diviso tra le varie imprese distrettuali, c’è
fiducia ma anche una sana competizione tra le imprese e infatti, il lavoro è spesso
organizzato attraverso scambi diretti, fiducia, relazioni.
o I suoi vantaggi
 Grazie alla forte divisione del lavoro dovuta alla presenza di molte PMI e alla
modularizzazione e integrazione flessibile della produzione, si riescono ad
ottenere economie di scopo e varietà (varietà che serve per soddisfare le
esigenze di tutta la domanda, infatti alcuni prodotti sono “on demand”)
 Presenza di molti specialisti ma non c’è un centro gerarchico
 Rete di specialisti connessi da relazioni personali e quindi creazione di
fiducia
 Ognuno può usare capitale, competenze, conoscenze degli altri
 Il distretto è un learning system (sistema di apprendimento)
 Tendenza all’efficienza collettiva
o I suoi elementi chiave
 Economia di prossimità
 Specializzazione manifatturiera
 Forte divisione del lavoro e dei rischi
 Alta concentrazione imprenditoriale
 Forte importanza dei legami di filiera
 Forte legame tra vita sociale ed economica
 Forte rilevanza degli aspetti comunitari e della vita sociale (modelli casa-
capannone e casa-bottega)
o I legami di filiera nel distretto:
 C’è una maggiore intensità delle interazioni rispetto alle aree non distrettuali
 Minor numero di passaggi necessari alle imprese per connettersi
o I capitali
 Sociale: le imprese usano molto le relazioni personali, locali e familiari
 Intellettuale: soprattutto “learning by doing" e sul “saper fare”
 Culturale: abilità e talento sono anche frutto di un background culturale
o In Italia
 una tipica impresa distrettuale italiana si basa su capitale famigliare, prestiti
personali e rapporti con banche.
 il valore aggiunto di un’impresa distrettuale italiana risiede nella rete di
conoscenze, nella qualità dei prodotti, nell’esperienza offerta ai clienti e
all’offerta di personalizzazione (per le nicchie e per l’on demand.
 in Italia oggi abbiamo circa 150 distretti che pesano tantissimo
nell’economia. Alcuni esempi sono il distretto tessile di Prato e il distretto
Sport System di Montebelluna.
 I distretti industriali italiani hanno dimostrato molta capacità di adattamento
e di resilienza a trend negativi e crisi (finanziaria e pandemica):
 durante la crisi finanziaria le imprese distrettuali hanno “perso
meno” rispetto alle altre imprese, anche se è vero che “crescevano
meno”;
 nel 2021, post pandemia 2020, i fatturati si erano già ripresi
 Conclusione: i distretti evolvono e cambiano anche nella composizione. ci
possono essere problemi di espansione (internazionalizzazione) e problemi
sociali (i vecchi imprenditori che non vogliono lasciare ai figli).

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