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Dal problema della successione alla Gloriosa rivoluzione

Ad aumentare la tensione del Parlamento verso il sovrano fu anche il problema della


successione in quanto alla morte di Carlo, non avendo eredi legittimi, la Corona sarebbe
dovuta andare al fratello Giacomo, che si era convertito al cattolicesimo nel 1670. In merito a
questa questione, nel Parlamento si formarono due schieramenti con contrapposti
orientamenti:
• I CONSERVATORI: favorevoli al rispetto della linea dinastica; sostenevano il ruolo centrale
e della chiesa anglicana sulle minoranze protestanti. I deputati erano per lo più appartenenti
all'aristocrazia terriera
• | LIBERALI: contrari all'ascesa di un sovrano cattolico; sostenevano la supremazia del
Parlamento e la tolleranza religiosa; erano perlopiù piccoli-medi proprietari terrieri e i
professionisti.
Quando morì Carlo, nel 1685, i conservatori, sfruttando alcuni contrasti insorti nei liberali,
riuscirono a far salire al trono Giacomo II; tuttavia già da subito tentò di sospendere le leggi
contrarie ai cattolici (tra cui il Test Act e l'Habeas Corpus Act); a questo punto i due partiti
politici si allearono per sostenere i diritti civili e difendere le prerogative parlamentari (diritti e
poteri che spettavano alle Camere). Di fronte alle sue tenenze filocattoliche e
all'atteggiamento dispotico, il Parlamento offrì la Corona al calvinista Guglielmo III d'Orange,
marito di Maria Stuart (figlia di Giacomo II).

Guglielmo accettò la proposta; Nel 1689 il Parlamento proclamò decaduto Giacomo II (che
nel frattempo era fuggito in Francia presso Luigi XIV) e dichiarò re Guglielmo III e regina
Maria Stuart. Questo delicato passaggio istituzionale prese il nome di "gloriosa rivoluzione"
in quanto fu una soluzione politica pacifica, senza l'insurrezione di nessuna guerra civile.

The Bill of Rights e la nascita della monarchia parlamentare


Prima dell'incoronazione i due sovrani dovettero sottoscrivere la Dichiarazione dei Diritti:
Bill of Rights (1689), un documento che limitava le prerogative regie e ratificava il controllo
del Parlamento sulla monarchia (limitava la tolleranza religiosa, ma non per i cattolici;
impediva di imporre arbitrariamente tasse e di reclutare un 'esercito permanente in tempi di
pace; vietava di sospendere le leggi vigenti o la loro applicazione senza il consenso del
Parlamento). Di fatto con questo documento si inaugurò in Inghilterra una nuova forma di
governo: la prima Monarchia Parlamentare in tutta Europa (cioè controllata e limitata dal
Parlamento), accompagnata dalla tutela delle libertà religiose (eccetto dei cattolici e delle
sette protestanti radicali) e dalla garanzia delle libertà politiche e civili degli inglesi.

l'act of Settlement
Dal momento che i due sovrani non avevano avuto figli, il Parlamento si trovò a dover
affrontare il problema del passaggio dinastico, per evitare l'ascesa al trono di un monarca
cattolico (come poteva accadere con Giacomo Edoardo, figlio di Giacomo Il Stuart). Si
decise quindi di stipulare "'Act of Settlement" nel 1701 ("atto di disposizione") che garantiva
una linea di successione protestante, escludendo la possibilità di far salire al trono sovrani
cattolici: ala morte del sovrano, la corona passava ad Anna Stuart (sempre figlia di Giacomo
lI, ma di religione protestante); in caso lei non avesse eredi diretti, la Corona sarebbe poi
andata alla principessa tedesca Sofia di Hannover (imparentata con gli Stuart).

Questa scelta aveva diversi significati: ribadiva il ruolo decisivo del Parlamento anche per la
successione al trono; l'assegnazione della Corona a una dinastia non inglese e di minor
prestigio internazionale (così che sarebbe stata più facilmente controllabile dal Parlamento);
i futuri sovrani dovevano appartenere alla Chiesa anglicana; il diritto dell'impeachment alla
Camera dei Comuni. Il ruolo del Parlamento fu ulteriormente consolidato da una successiva
disposizione (1715) in base alla quale le elezioni della Camera dei Comuni doveva avvenire
ogni 7 anni: il re così era privato del potere di scegliere l'assemblea parlamentare e della
prerogativa di indire nuove elezioni.

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