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Alban Berg Scritti

SUITE
LIRICA
A CURA DI ANNA MARIA MORAZZONI

il Saggiatore*
Indice

Introduzione VII

Teatro musicale

Prefazione a Wozzeck 5
Le forme musicali nella mia opera Wozzeck 7
n problema dell'opera 11
La voce nell'opera 15
Teatro d'opera 19
Allestimenti moderni per Wagner 21
Istruzioni pratiche per lo studio di Wozzeck 23
Conferenza su Wozzeck 31
Critica della critica. Intervista su Wozzeck 89
Intervista su Lulu 93

Analisi e polemiche

Gurrelieder di Amold Schonberg. Guida 97


Kammersymphonie op. 9 di Amold Schonberg
Breve analisi tematica 149
Pelleas und Melisande di Amold Schonberg
Breve analisi tematica 171
Pelleas und Melisande di Amold Schonberg
Analisi tematica 189
Perché la musica di Schonberg è così difficile da capire? 223
Kammerkonzert per pianoforte e violino con 13 fiati.
Lettera aperta ad Amold Schonberg 243
Dedica di Schliefte mir die Augen beide 251
Nove fogli sulla Lyrische Suite per quartetto d'archi 253
Presentazione dell'aria Der Wein 265
Sulla Sinfonia n. 9 di Gustav Mahler 269
L'impotenza musicale della «Nuova estetica>>
di Hans Pfltzner 271
Che cosa significa atonale? Un dialogo 287

Interventi

Appello per Schonberg 303


D Maestro 305
Prospetti del «Verein»
febbraio 1919 307
settembre 1919 311
Due feuilleton. La critica musicale viennese 317
Lettera da Vienna 327
Risposta impegnativa a un'inchiesta disimpegnata 331
Inchiesta sul jazz 337
Replica ad Alfredo Casella 339
Per il centenario della morte di Franz Schubert 345
Presentazione di Emst Kfenek 347
Discorso in commemorazione di Emil Hertzka 349
Ad Adolf Loos. Distici in doppio acrostico
per il10 dicembre 355
Per il 60° compleanno di Karl Kraus 357
Per il 60° compleanno di Amold Schonberg 359
Per l'Opera di Francoforte 361
Credo 365
Handel e Bach 367

Commenti ai testi 369


Abbreviazioni e riferimenti bibliografici 483

Indice dei nomi e delle opere 505


Perché la musica di Schonberg è così difficile da capire?

Per rispondere a questa domanda si potrebbe essere tentati di


individuare le idee implicite alla produzione di Schonberg e di
indagare le sue opere da un punto di vista intellettuale, adot­
tando quindi un procedimento molto frequentato, quello di
avvicinarsi alla musica mediante considerazioni filosofiche, let­
terarie e simili. Ma questa non è la mia intenzione! Voglio
invece considerare esclusivamente gli eventi musicali presenti
nelle opere di Schonberg: il suo modo di esprimersi in termini
compositivi, come il linguaggio di ogni opera d'arte, deve esse­
re considerato l'unico adeguato all'oggetto della nostra indagi­
ne; questo presupposto è da accettare senza riserve. Bisogna
comprendere questo linguaggio nel suo insieme e saperne
cogliere i particolari. Per esprimerci in termini generali, si trat­
ta di riconoscere l'inizio, lo svolgimento e la conclusione di
tutte le melodie, di percepire la sonorità complessiva delle
varie voci non come un fenomeno casuale, ma come un insie­
me di armonie e di successioni armoniche, di riconoscere gli
elementi di affinità e di contrapposizione, piccoli o grandi che
siano, il tutto rapidamente e correttamente. Seguire un brano
musicale come si segue il testo di una_ poesia in una lingua di
cui si abbia completa padronanza, signi.tica - per chi possiede
questa dote - pensare in termini musicali, e questo equivale a
comprendere una composizione. Pertanto, per rispondere alla
domanda preposta a questo saggio, basterà esaminare la
maniera di esprimersi musicalmente di Schonberg in base alla
sua intelligibilità e trame conclusioni sul grado di comprensi­
bilità che le è proprio.
Ben sapendo quanto sia proficuo condurre un'analisi in det­
taglio, cercherò di formulare la mia risposta in base a un unico
22.4 Suite lirica

esempio, scelto a caso per quanto possibile, poiché nelle opere


di Scnònberg ci sono ben pochi passi che non si presterebbero
altrettanto bene a un'indagine di questo genere.
Perché la musica di Schonberg è così difficile da capire? 225

115
5

Il

>
>
ecc.

Il

Oggi, a vent'anni dalla loro composizione, queste dieci bat­


tute (le prime del Quartetto in re minore) non sono più consi­
derate difficili o addirittura assolutamente incomprensibili;
tuttavia, se al primo ascolto vi si riconoscerà soltanto la voce
principale e la si seguirà fino in fondo a queste dieci battute-
sentendola come un'unica melodia (quale effettivamente è) e
potendola cantare mentalmente come l'inizio di un quartetto
di Beethoven- già alla terza battuta si potranno incontrare
alcune difficoltà di comprensione. Abituato a un tipo di melo­
dia che ha come proprietà essenziale la simmetria nella costru­
zione dei periodi, legato a una costruzione tematica che in
generale ammette soltanto raggruppamenti di battute di nume­
ro pari - un modulo architettonico che ha dominato, con
poche eccezioni, tutta la musica degli ultimi 150 anni - già
dalle battute iniziali un orecchio preparato in maniera tanto
unilaterale dubiterà della correttezza di una melodia che, con­
trariamente a ogni aspettativa, consta di frasi di due battute e
mezza:
226 Suite lirica

Una costruzione tematica di questo genere che evita i rag­


gruppamenti per due o per _guattro battute non è una novità.
Al contrario. Già BuBlerl afferma giustamente che «proprio i
massimi maestri della forma (si riferisce a Mozart e Beethoven)
amano le costruzioni libere e ardite e certo non si rinchiudono
volentieri entro i limiti dei raggruppamenti di battute pari».
Ma com'è raro tutto questo nelle opere dei classici (con l'ecce­
zione, forse, di Schubert)! E poi questa capacità, cosi naturale
nel diciottesimo secolo e anche prima, è andata perduta nella
musica del romanticismo, di Wagner e di tutta la scuola neote­
desca, a prescindere dalle melodie di Brahrns ispirate al canto
popolare! Perfino il tema di Ein Heldenleben2, a suo tempo
considerato cosi audace, si svolge sempre per gruppi di quat­
tro o di due battute e dopo le solite sedici battute torna alla
ripetizione letterale della prima frase, sfruttando il mezzo più
sicuro per farsi capire. Anche la musica di Mahler e quella di
Debussy - per citare un compositore coevo di tutt'altro stile
- presenta quasi esclusivamente figurazioni melodiche basa­
te su un numero pari di battute. Oltre a Schonberg, l'unica
eccezione è Reger, il quale predilige costruzioni piuttosto
libere che, per usare una sua espressione, ricordano la
prosa3: anche questa è una ragione della relativa difficoltà
della sua musica, anzi direi che è l'unica ragione. Infatti, né le
altre caratteristiche della sua costruzione tematica (l'elabora­
zione motivica di frasi caratterizzate da una moltitudine di
suoni), né la sua costruzione armonica, per tacere della sua
scrittura contrappuntistica, sono concepite in modo tale da
rendere più difficile la comprensione del suo linguaggio
musicale.
In _gueste condizioni è assolutamente ovvio che una musi­
ca nella quale la costruzione asimmetrica e libera dei temi è
altrettanto legittima quanto quella per due, quattro e otto
battute - e questa è forse la caratteristica essenziale della
scrittura schonberghiana - sia difficile da capire oppure non
sia capita affatto, come nelle sue opere più recenti.
Per tornare al nostro caso particolare, questo tema, nel
còrso della sua evoluzione oltremodo rapida che ne rispec­
chia il carattere impetuoso e irruente, si presenta nella
seguente forma abbreviata, valendosi del diritto di variazio-
Perché la musica di Schonberg è così difficile da capire? 227

ne, già alla seconda ripetizione di quella frase appena perce­


pita ritmicamente:

A questo punto l'ascoltatore ha già perso il filo, prima


ancora che sia stato raggiunto il primo climax melodico, due
battute dopo.

Questo motivo in sedicesimi può sembrare caduto dal cielo,


mentre ancora una volta non è altro che il naturale prolunga­
mento melodico del tema principale, ottenuto anch'esso
mediante variazione. Effettivamente si può constatare ancora
oggi nelle esecuzioni del Quartetto che proprio questa succes­
sione cromatica di salti di settima costituisce un ostacolo quasi
insonnontabile per un ascoltatore abituato a un lento evolversi
dei temi (oppure a uno sviluppo ottenuto soltanto con pro­
gressioni e ripetizioni letterali). Per la rapidità con cui si susse­
guono queste figure in sedicesimi, l'ascoltatore è pure incapace
m collegarle a una base accordale, che naturalniente esiste, e
perde così anche l'ultima possibilità di orientarsi, valutando
questo passo almeno in base alla funzione cadenzale che assu­
me, oppure sentendolo come cesura o come punto culminante.
Gli sembrerà piuttosto una sequela casuale di «cacofonie»
(suggerita dal disegno a zig zag del primo violino, privo di
senso per l'ascoltatore) e naturalmente non potrà più seguime
il prolungamento con figure tematiche nuove, seppure affini
alle precedenti, e un'elaborazione dei motivi sempre più ricca,
che soltanto dopo altre 19 battute giunge alla riesposizione del
tema principale (in mi bemolle!).
Come sarebbe tutto molto più semplice per l'ascoltatore, se
non ci fossero tutte queste difficoltà, cioè se l'inizio del
228 Suite lirica

Quartetto mi si perdoni il sacrilegio! - avesse assunto la


-

forma seguente, che evita deliberatamente tale irripetibile ric­


chezza nell'articolazione ritmica, nella variazione motivica e
nell'elaborazione tematica, e che mantiene immutati soltanto il
numero delle battute e la successione delle note dell'idea
melodica originale, cui è impossibile rinunciare.

Qui l'asimmetria dell'originale è superata davvero ed è


sostituita con una costruzione che procede per gruppi di due
battute, che soddisfa anche l'ascoltatore più ottuso; lo svilup­
po dei motivi e del ritmo procede lentamente e rifugge da ogni
possibile variazione; sono evitati accuratamente i sedicesimi,
che potrebbero risultare d'inciampo all'interno di un vivace
movimento «alla breve», e così si è tolto di mezzo anche l'ulti­
mo ostacolo, cioè la difficoltà nel percepire melodicamente
quelle successioni cromatiche di salti di settima, non oltrepas­
sando mai il movimento per crome, oltretutto armonizzato
ogni mezza battuta. Se poi anche un tema talmente mutilato
dovesse correre il rischio di non essere capito, c'è sempre la
ripetizione letterale nella tonalità d'impianto ad assicurare una
comprensibilità universale, al limite della p�polarità, tanto più
che è stata accuratamente evitata ogni polifonia e al suo posto
è s�ato in�rodotto l'accompagnamento più banale che si potes­
se munagmare.
Com'è tutto diverso in Schonberg! «Per penetrare nella psi­
cologia della sua creazione sono estremamente importanti i
Perché la musica di Schonberg è così difficile da capire? 229

quaderni di abbozzi di cui si servì esclusivamente all'epoca di


questo Quartetto. Chiunque vi abbia dato un'occhiata non
potrà più dire che la musica di Schonberg sia artefatta, intellet­
tuale, o comunque la si voglia definire usando le frasi fatte con
le quali si cerca di proteggersi dalla superiorità della sua fanta­
sia esuberante». Infatti, «ogni idea tematica è concepita insie­
me con tutte le sue controparti>>.4
E anche tutto questo deve essere colto all'ascolto! Proprio
all'inizio di questo Quartetto, pur senza perdere la visione d'in­
sieme, si potrebbe non prestare attenzione alla melodia della
voce mediana di cui abbiamo già parlato (melodia eccezional­
mente costruita per membri di una e di due battute) che con­
trappunta il tema di cinque battute del violino:

ecc.

Sarebbe impossibile comprendere anche soltanto l'inizio dell'i­


dea principale se non si percepisce il canto espressivo del basso;
d'altra parte è facile !asciarselo sfuggire a causa della sua artico­
lazione in due frasi, questa volta di tre battute ciascuna.

Per evitare tutto ciò - se non si avverte con il cuore la bel­


lezza di questi temi e in generale di questa musica - non può
bastare soltanto un ascolto esteriore, pur capace di distinguere
voci così pregnanti nella diversità dei loro caratteri, di ricono-
230 Suite lirica

scere le componenti melodiche di varia lunghezza che si spen­


gono e rinascono sempre su punti diversi di queste prime sei
battute, di seguire il loro svolgimento momento per momento,
c# cogliere correttamente il senso del loro risuonare simultaneo.
E necessaria una capacità di ascolto posta a dura prova anche
riguardo al ritmo (un aspetto che, sia qui sia in tutta la musica
di Schonberg, manifesta una molteplicità e una diversificazio­
ne finora sconosciute).
Consideriamo da questo punto di vista soltanto la parte del
violoncello appena citata: dalle prime frasi lente e legate, già
alla settima battuta si sviluppa una scala saltellante di crome
puntate.5 Due battute dopo le si contrappongono le sem.imini­
me accentate del tema di sette note che sale impetuosamente
alternando quarte e terze (mi b - la b - do - fa - la - re - fa�): si
compie così l'esposizione di due importanti componenti moti­
viche del Quartetto. Infine tutte queste forme ritmiche sono
poste in relazioni contrappuntistiche con le altre parti (che si
sviluppano in rapporti di durata completamente diversi).
Si deve proprio essere completamente sordi o del tutto in
mala fede per definire «aritmica» una musica che mostra que­
sta ricchezza di ritmi (in una forma così concentrata sia nella
successione sia nella simultaneità!). Certo, se si chiamano
«aritmici>> tutti i rapporti di metro e di durata non direttamen­
te deducibili da un movimento meccanico (ad esempio, la
ruota del mulino o la ferrovia) o da un movimento del corpo
(come la marcia, la danza ecc.), allora a mio avviso si può chia­
mare così anche la musica di Schonberg. Ma in tal caso questa
definizione deve valere anche per la musica di Mozart e di tutti
i classici, quando questi musicisti non miravano esplicitamente
a ritmi costanti e quindi facilmente comprensibili, come nelle
danze o nei movimenti derivati da antiche forme di danza
(scherzo, rondò ecc.).
Oppure con «aritmico» si intende esattamente l'opposto di
quel «ritmo» che non è più un concetto musicale ma - come
«ethos», «kosmos», «dinamica», «mentalità» e altre parole
oggi di moda - è un concetto che «in ultima analisi>> si appli­
ca a tutto ciò che si trova in movimento, sia che si tratti di arte
o di sport, di filosofia o di industria, di storia universale o di
scienza delle finanze! Un concetto di questo genere, che non
Perché la musica di Schonberg è così difficile da capire? 231

deriva più dal movimento delle forme musicali, ma è applicato


a qualcosa di vago, non più definibile in termini puramente
musicali, permette di parlare del ritmo di un brano così come
si parla dell'ultimo crollo dei titoli in borsa. Naturalmente il
concetto di ritmo è invece assolutamente fuori discussione per
chi sappia districarsi nel divenire ritmico che si espande su
un'intera opera a partire dal singolo dettaglio musicale.
Purtroppo una tale banalizzazione di questo concetto si è veri­
ficata anche nella musica di compositori dai quali, per conside­
razioni oggettive, non era facile aspettarselo. Tuttavia, per al­
cuni musicisti questa è soltanto una dimostrazione delle diffi­
coltà di comprensione incontrate da una musica che può esse­
re valutata soltanto in base alla sua artisticità intrinseca e non
secondo «preconcetti>>.
Siamo così ritornati all'argomento specifico della mia inda­
gine, cioè alla difficoltà di comprendere la musica di Schon­
berg che - come abbiamo visto - è dovuta alla sua ricchezza
di raffinatezze tematiche, contrappuntistiche e ritmiche.
Rimane ancora da parlare della ricchezza armonica di questa
musica, della sua incomparabile densità di accordi e di collega­
menti accordali che altro non sono se non il risultato di una
poli/onia del tutto eccezionale nella musica contemporanea e
ancora da valutare pienamente anche in questo studio. Si tratta
dell'effetto risultante dalla contrapposizione di voci caratteriz­
zate, in particolare, da una inusitata mobilità della linea melo­
dica. Anche questa esuberanza di eventi armonici non fu asso­
lutamente compresa, come tutti gli altri aspetti e naturalmente
altrettanto a torto!

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232 Suite lirica

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Questo brano rigoroso, simile a un corale, non è la base


accordale di un adagio che si espande per ampi archi, come si
potrebbe legittimamente pensare. Al contrario, è soltanto lo
scheletro armonico dell'inizio del Quartetto, di cui abbiamo
già parlato diffusamente.
Sembra incredibile che una cosa così semplice abbia_ potuto
non essere compresa e che a suo tempo abbia fatto l'effetto di
un'orgia di dissonanze al pubblico della prima, pur tanto avido
di sensazioni. L'unica spiegazione possibile di questo fenome­
no sta nel numero insolitamente alto di accordi diversi che si
succedono nello spazio ristretto di dieci rapide battute «alla
breve», seguendo una logica tanto stringente. Reso pigro dalla
povertà funzionale di altra musica contemporanea, l'orecchio
non è in grado di cogliere cinquanta e più accordi in pochi
secondi; perciò si sospetta di «ipertrofia» (ecco un'altra parola
mortale!) un passo dominato soltanto da una ricchezza esube-
Perché la musica di Schonberg è così difficile da capire? 233

rante. Dunque - e quest'ultimo esempio lo dimostrerà - la


causa della difficoltà di comprensione non può risiedere nella
costituzione degli accordi e nei loro svariati collegamenti. Non
si trova mai- nemmeno nei sedicesimi meno evidenti di quel­
le dieci battute quartettistiche - una sonorità che non sia
assolutamente chiara per un orecchio educato in base alla teo­
ria armonica del secolo scorso. E perfino dei due accordi per
toni interi (indicati con un asterisco), con la loro preparazione
e risoluzione cromatica, oggi nessuno potrebbe più sincera­
mente indignarsi, senza rendersi ridicolo davanti a tutto il
mondo musicale.
Tuttavia, l'esempio dimostra anche come, nel giudicare la
musica di Schonberg, sia e sia sempre stato fuorviante parlare
di indifferenza nella condotta delle parti «moderna», che non
si preoccuperebbe della sonorità complessiva cui dà luogo.
Infatti, tutto quello che ho fatto notare in queste dieci battute
lo si potrebbe ugualmente rilevare in qualunque altro passo di
questa composizione. Perfino i suoi sviluppi armonici più
arditi sono ben lontani dal proporsi come un'accozzaglia di
sonorità casuali e incontrollabili. Anche qui nulla è lasciato al
caso e chi ciononostante non riesce a orientarsi, dovrebbe
tranquillamente addossare la colpa a se stesso e nutrire la
massima fiducia nell'orecchio di un maestro che ha potuto
concepire tutte queste cose apparentemente astruse con la
stessa leggerezza che mostra, per così dire, cavando dalla
manica i più complicati esercizi di contrappunto davanti agli
occhi dei suoi allievi. Alla domanda che un giorno gli venne
rivolta, «se avesse mai ascoltato in modo pienamente soddi­
sfacente» un passo particolarmente difficile da capire di una
sua opera, rispose con una battuta piena di profonda verità:
«Sì, quando lo composi».
Una scrittura determinata da una tale musicalità infallibile
contiene in sé tutte le possibilità compositive e quindi non si
può sottoporre, nemmeno in linea teorica, a un'analisi comple­
ta ed esaustiva. I risultati ai quali è approdata fin qui la mia
analisi (che pur ambiva a una certa completezza) sono ben
lungi dall'esaurire tutte le possibilità implicite in queste poche
battute. Ad esempio, ci sarebbe ancora da osservare che que­
ste voci, concepite fin dall'inizio in rapporto di contrappunto
234 Suite lirica

doppio, consentono una grande varietà nella condotta polifo­


nica, varietà che naturalmente risulta evidente nelle diverse
riprese dell'idea principale. Per prima cosa le melodie del vio­
lino e del violoncello si scambiano poiché già in quest'opera
giovanile Schonberg evita qualunque ripetizione meccanica.
Ricorrendo a una rappresentazione grafica, gli elementi che
nelle prime battute del Quartetto si trovavano nella disposizio­
ne verticale
l
2
3

vengono poi proposti nell'ordine (p. 5 dell'edizione tascabile):


3 (in ottave)
2
l

Alla terza esposizione (p. 8) le voci secondarie subiscono


già una variazione, pur conservando assolutamente inalterati
gli intervalli melodici, e la loro successione è allora la seguente:
2 (variante in sedicesimi)
l (in ottave)
3 (elaborato in terzine di ottavi)

A prescindere dalle innumerevoli combinazioni con altri


temi di questa composizione, la voce principale e quelle secon­
darie si presentano infine, nell'ultima ripresa della sezione
principale (p. 53), nella seguente disposizione:

3 (variante in terzine di ottavi,


diversa dalla precedente)
l (in ottave)
[3 (inversione «diminuita» in ottavi)].

È doveroso osservare a questo punto che queste dieci battu­


te iniziali e le loro riesposizioni, variate nel modo indicato,
Perché la musica di Schonberg è così difficile da capire? 235

rappresentano soltanto un minuscolo frammento di quest'ope­


ra che dura circa un'ora. Queste battute possono dare soltanto
un'idea approssimativa di questa musica, caratterizzata da una
densità armonica prosperante per oltre un migliaio di battute e
da una esuberanza di eventi polifonici e contrappuntistici che
non si incontrava più dai tempi di Bach. Si può tranquillamen­
te affermare senza paura di esagerare che in questa musica
anche la più piccola inflessione, anzi ogni figura di accompa­
gnamento, è determinante per lo sviluppo melodico delle quat­
tro voci e per il loro ritmo che varia continuamente - in
breve, assume carattere tematico. Inoltre, tutto questo avviene
entro un unico grande movimento sinfonico con un'architettu­
ra di proporzioni colossali, impossibile da descrivere anche
superficialmente nell'ambito di questo studio.
Perciò, non deve sorprendere che un orecchio abituato alla
musica del secolo scorso non riesca a seguire fenomeni di que­
sto tipo, condizionato com'è dalla predominanza quasi assolu­
ta dell'omofonia, dalla costruzione simmetrica dei temi per
gruppi di due o di quattro battute - dove lo sviluppo è quasi
inconcepibile senza il costante ricorso a _progressioni e ripeti­
zioni, per lo più meccaniche - infine dalla conseguente relati­
va semplicità del decorso armonico e ritmico. L'assuefazione,
che data da dec;enni, a questo modo di procedere rende l'a­
scoltatore di oggi incapace di seguire una musica strutturata
diversamente. Per irritarlo basta recuperare un mezzo artistico
ormai raro o ammettere una qualche deroga alle convenzioni
musicali, anche quando si tratta di eccezioni perfettamente
legittime. Che dire allora della musica di Schonberg, dove si
può constatare la riuni/icazione e la riproposta simultanea di
tutte le qualità che di solito rappresentano le prerogative della
buona musica, ma che in genere si trovano isolate o associate
ognuna a un'epoca diversa?
Si pensi alla polifonia bachiana; all'invenzione tematica
spesso liberissima dal punto di vista costruttivo e da quello rit­
mico, caratteristica dei classici e dei loro precursori, alla loro
maestria nella variazione; si pensi ai romantici e ai loro acco­
stamenti delle tonalità più lontane che suonano ancor oggi
arditi; si pensi alle nuove formazioni accordali di Wagner, otte­
nute con alterazioni cromatiche e scambi enarmonici, e alla
236 Suite lirica

loro integrazione organica nella tonalità; si pensi infine all'arte


di elaborare motivi e temi che Brahms applica fino al minimo
dettaglio.
È chiaro che una musica che riunisce in sé tutte queste pos­
sibilità, ereditate dai classici, deve differenziarsi profondamen­
te da ogni altra musica contemporanea che - come dimo­
strerò - non presenta una tale capacità di sintesi; ma è altret­
tanto evidente che, nonostante tutte le qualità che abbiamo
indicato come prerogative della buona musica e nonostante la
straripante ricchezza in tutti i suoi aspetti - o per meglio dire,
proprio per questo - tale musica può soltanto essere così dif­
ficile da capire, come in effetti è la musica di Schonberg.

Mi si può rimproverare di aver dimostrato in questo studio


una cosa che non richiedeva dimostrazione alcuna, cioè la: dif­
ficoltà del Quartetto in re minore, dunque di una composizio­
ne <<tonale» che ormai da tempo non costituisce più un proble­
ma, anzi viene generalmente apprezzata e forse anche compre­
sa! Ora, anche se non si è arrivati a tanto, devo ammettere che
per rispondere adeguatamente alla domanda preposta a questo
articolo, dovrei dimostrare sulla base di un esempio tratto
dalla cosiddetta musica «atonale» tutto quello che ho afferma­
to a proposito di alcune battute nel modo minore. Tuttavia,
non si è affrontata soltanto la questione della difficoltà ma -
come si può facilmente desumere dalla mia analisi - anche
quella della perfetta legittimità di questa musica, anzi del suo
supremo valore artistico, nonostante le frequenti difficoltà di
comprensione che vi si incontrano. Naturalmente era molto
più semplice fornire questa dimostrazione in base a un esem­
pio ancora radicato nel terreno della tonalità maggiore e mino­
re. Inoltre, in questo caso l'esempio presentava anche l'ulterio­
re caratteristica favorevole di avere a suo tempo infiammato gli
animi dei benpensanti, non meno di quanto avviene oggi con
la musica «atonale». Io considero la musica atonale altrettanto
legittima di quella tonale ed essa lo è veramente, non soltanto
grazie all'opera di Schonberg, il «padre del pensiero atonale»
come lo si chiama comunemente, ma anche grazie alla produ­
zione di gran parte dei musicisti contemporanei. A questo
Perché la musica di Schonberg è così difficile da capire? 237

punto basterebbe proiettare tutto quello che ho detto a propo­


sito delle prime dieci battute del Quartetto su un frammento
qualunque delle sue composizioni più recenti,6 per rispondere
analogamente alla domanda del titolo e per fornire insieme la
dimostrazione che anche queste opere si muovono in una sfera
di altissima artisticità e di assoluta legittimità. Allora si potrà
constatare che la difficoltà di comprensione non deriva dalla
cosiddetta «atonalità» - che ormai è un modo di esprimersi
comune a molti contemporanei -, ma è determinata dalla
struttura particolare della musica di Schonberg, dalla pienezza
dei mezzi artistici che - a cominciare dalla nuova concezione
armonica - trovano continua applicazione, dal condensarsi di
tutte le possibilità compositive presenti nella musica dei secoli
precedenti: in una parola, dalla sua immensa ricchezza.
Anche qui riconosciamo:
- la stessa varietà nella dimensione armonica e la stessa ricchez­
za di funzioni, evidente soprattutto nella tecnica cadenzale;
- la melodia adeguata a q1:1esta armonia, che sfrutta nel modo
più audace le possibilità offerte dai dodici suoni;
- la costruzione asimmetrica e completamente libera dei temi,
accompagnata da un'elaborazione continua dei motivi;
- l'arte della variazione che interviene nella costruzione tema­
tica come nell'armonizzazione, nel contrappunto come nel
ritmo;
- la polifonia che informa di sé l'intera opera e l'ineguagliabi­
le scrittura contrappuntistica;
- infine, la multiformità e la diversificazione dei ritmi, sui
quali si può soltanto ripetere che, oltre a conformarsi alle leggi
loro proprie, seguono anche quelle della variazione, dell'elabo­
razione tematica, del contrappunto e della polifonia. Dunque,
anche la dimensione ritmica è governata da un'arte della
costruzione che dimostra q!Janto sia scorretto parlare di una
«dissoluzione del ritmo» nella musica di Schonberg.
Come appare profondamente diversa, considerandola da
questo punto di vista generale, la situazione degli altri compo­
sitori contemporanei, anche quando abbiano messo in crisi,
nel loro linguaggio armonico, il predominio dell'accordo per­
fetto! Naturalmente, anche nella loro musica si possono rileva­
re i mezzi artistici di cui abbiamo appena parlato; tuttavia non
238 Suite lirica

li troviamo mai riuniti - come in Schonberg - nell'opera di


un'unica personalità, ma sempre suddivisi tra gruppi, scuole,
generazioni e nazioni diverse e tra i loro rispettivi rappresen­
tanti.
Chi predilige la scrittura polifonica riduce al minimo l'ela­
borazione tematica e l'arte della variazione; chi si dimostra
audace nell'armonia e non indietreggia davanti a nessuna com­
binazione accordale, scrive melodie che hanno appena supera­
to lo stadio dell'omofonia e sono basate esclusivamente su
semplici frasi di due e quattro battute. L' «atonalità>> di qual­
cuno consiste nell'aggiunta di bassi sbagliati a periodi armo­
nizzati in maniera rudimentale; altri scrivono contemporanea­
mente in due o più tonalità (maggiori o minori) ma il decorso
musicale specifico di ciascuna è spesso di una povertà inventi­
va disarmante. Una musica che si distingue per un'invenzione
melodica riccamente articolata e per una costruzione tematica
libera soffre invece di una inerzia armonica evidente nella
povertà dei gradi della scala impiegati, nella staticità degli
accordi, nei pedali interminabili e nel continuo ricorrere delle
stesse successioni armoniche. Si potrebbe quasi sostenere che
in generale questa musica non può sopravvivere senza ripeti­
zioni più o meno meccaniche e senza le progressioni più ele­
mentari. Questo è particolarmente evidente nella dimensione
ritmica: la frequenza delle sincopi e dei cambiamenti di metro,
esasperati fino ai limiti della monotonia, cerca in genere di
dare un'illusione di ricchezza formale in un contesto peraltro
particolarmente povero d'invenzione. Più spesso di quanto
non si creda, un ritmo, ora ostinato, ora martellante, ora dan­
zante, ora mutevole, ora veloce, rappresenta l'unico elemento
di coesione di una musica peraltro completamente incoerente.
E poi i rappresentanti di questa tecnica compositiva passano in
genere per «maestri del ritmo»!
Questa cristallizzazione su principi fissati in modo più o
meno rigido, questa unilateralità spesso degenerata fino al
manierismo, questo accontentarsi di essere «moderni sì, ma
con moderazione» (per usare una bella espressione!) favori­
scono la diffusione e la relativa popolarità di certa musica
«atonale» e «orientata al progresso». Tuttavia questa musica,
anche se pone l'ascoltatore di fronte a compiti complessi per
Perché la musica di Schonberg è così difficile da capire? 239

uno o più aspetti, in genere non si discosta affatto da quella


tradizionale, anzi è spesso intenzionalmente «primitiva»; pro­
prio per le sue qualità negative può piacere anche agli ascolta­
tori meno dotati musicalmente e farsi facilmente accettare. In
particolare, se aspirano alla purezza stilistica, gli autori di una
tale musica non possono che sviluppare l'aspetto perspicuo
alla loro modernità, poiché non avvertono la necessità di por­
tare alle estreme conseguenze l'insieme di tutte le possibilità
implicite al linguaggio musicale contemporaneo.
Affermando che la pressante necessità di trarre - lo ripeto
- tutte le conseguenze, anche le meno evidenti, da una uni­
versalità musicale scelta liberamente, si può riconoscere unica­
mente nelle composizioni di Schonberg, credo di avere indica­
to anche l'ultima ragione, e forse la più profonda, delle diffi­
coltà che si incontrano nel capire la sua musica. n fatto che
egli si sia sottomesso a questa nobile necessità con una sovra­
nità che definirei propria del genio, insieme con tutto quello
che ho affermato riguardo all'alta maestria di Schonberg non
eguagliata da nessun contemporaneo, rende legittimo il rico­
noscimento, anzi la certezza che ci troviamo di fronte all'opera
di un maestro. Quando i «classici del nostro tempo» apparter­
ranno ormai al passato, egli sarà uno dei pochi a essere consi­
derato un classico nell'intera storia della musica. Come dice
giustamente Adolf Weissmann nel suo libro La musica nella
crisi mondiale,7 Schonberg «ha tratto le estreme e più audaci
conseguenze dalla cultura musicale tedesca»; ma è anche anda­
to più in là di quelli che cercavano alla cieca vie nuove e che,
consapevolmente o meno, negavano in tutto o in parte la vali­
dità artistica di questa cultura musicale. Oggi, nel giorno del
cinquantesimo compleanno di Schonberg, si può affermare
anche senza essere profeti che le opere da lui finora donate al
mondo assicurano non soltanto la sua personale supremazia
artistica, ma anche - cosa ancora più importante - quella
della musica tedesca per i prossimi cinquant'anni.8
240 Suite lirica

1. [Ludwig BuBler, vedi nota 3 a p. 10.]

2. [Noto poema sinfonico di Richard Strauss.]

3. Espressione impiegata da Schonberg - indipendentemente da Reger -


anche in riferimento al linguaggio della propria musica. [Ris2ondendo a Erwin
Schulhoff, allievo di Reger, die g� aveva scritto sul tema della Qrosa musicale,
Berg affermò quanto segu e: «Nelle opere 17, 18, 20, 21 e 22 SchOnberg scrive
battute enormi, quasi infinite, nelle quali i ritmi oscillano del tutto liberamente,
senza vincoli ad alcuna regolarità. Infatti, già da alcuni anni ha chiamato
"prosa" la sua musica. P eraltro si tratta di un'espressione che ha usato Reger
(m completa autonomia) per la sua musica, dopo averla liberata - finalmente
- dalla classica articolazione per 2, 4 e 8 battute. A questo punto, la battuta
non riguarda più la forma o l architettura, ma resta un mezzo di intesa indi­
spensabile per eseguire brani per più di uno strumento» (lettera del 24 febbraio
1921, cit. in Bek, p. 474). Su questa tematica e il suo collegamento con recenti
mode semiologidie, mette conto ricordare l'articolo di Otto Stoessl, Prosa e
atonalità, apparso in «23. Eine Wiener Musikzeitschrifu>, nn. 20/21, 25 marzo
1935, pp. 16-21. Muovendo da una riflessione sul concetto di linguaggio e sulle
corrispondenze tra la lingua e la musica («Il linguaggio della musica presuppo­
ne il linguaggio della parola, il linguaggio del concetto e quello del giudizio», p.
17), Stoessl equiparava la musica tonale alla poesia, con tutti i relativi vincoli
metrici, e la musica atonale alla prosa, con la sua più ampia libertà.]

4. Egon Wellezs, Arno/d Schonberg [E.P. Tal & Co. Verlag, Leipzig-Wien­
ZiiriCh 1921].

'·Riconoscendo che la sesta battuta è una variazione della terza e a sua volta la
settima non è altro che la variazione della battuta precedente, si stabilisce spon­
taneamente la sensazione di quella coerenza musicale, senza la quale la musica
sarebbe priva di senso.

6. Ad esempio - come ho il coraggio di affermare senza conoscerne una sola


nota- su un frammento del Quintetto per {iati che Schonberg porterà a termi­
ne in questa estate del 1924 nello stesso luogo (curiosa coincidenza!) in cui
vent'anni fa cominciò a comporre il Quartetto in re minore. [Berg aggiunse
questa nota nelle bozze di stampa, dopo aver apt'reso dalla lettera di Webem
del 24 agosto 1924 che «Schonberg non si è J?iu mosso e dovrebbe finire il
Quintetto per fiati oggi o domani (forse l'ha g:tà terminato)». n Quintetto per
flauto, oboe, clarinetto, como e fagotto, op. 26, è la prima composizione di
ampie dimensioni basata su procedimenti dodecafonici. Iniziato nel 1923, fu
terminato a Modling, località di residenza di Schonberg negli anni 1921-25 e
luogo dove il compositore aveva trascorso l'estate del 1904 lavorando al
Quartetto per archi m re minore, o_p. 7. La casa di Schonberg a Modling è oggi
sede della «lntemationale Amold Sehonberg Gesellschafu>.]

7. AdolfWeissmann, Die Musik in der Weltkrise, Berlin 1924.

8. [Riguardo a quest'ultima affermazione e al suo sapore nazionalistico, si può


rinviare all'auspicio formulato da Schonberg nel 1919 di «assicurare la superio­
rità della nazione tedesca nel campo della musica, una superiorità che ha le sue
Perché la musica di Schonberg è così difficile da capire? 241

radici nelle doti del popolo» (1975, p. 369); cfr. anche il saggio del 1931
«Musica nazionale» (1974, pp. 103-111). Riflessioni sul sentimento nazionale in
area tedesca negli anni successivi alla sconfitta nella prima guerra mondiale con
le umilianti condizioni del trattato di pace, si trovano tra l'aitro in un sag�o di
François Fédier, dedicato specificatamente all'annoso dibattito sulle posiZioni
politiche di Heidegger, ma ricco di osservazioni interessanti anche nei nostro
contesto, Revenir à plus de décence, Gallimard, Paris 1994 (trad. parziale con il
titolo Il rispetto che dobbiamo a Heidegger, in <<aut aut», 1994, nn. 260-261, pp.
109-194).]

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