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Storia e storiografia della musica I

unità didattica 5

Prof. Antonio Farì / a.a. 2019-2020


Questa dispensa raccoglie e sintetizza alcune delle principali linee guida definite per lo svolgimento del Corso.
Essa, dunque, ha una finalità esclusivamente didattica e una funzionalità solo interna al Corso. Sono presenti
brani tratti da testi cartacei oppure online, i cui riferimenti vengono forniti agli studenti nel corso dell’azione
didattica.
Il docente

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Come sappiamo, Schönberg dette vita a Vienna ad una vera e propria “scuola”, rappresentata, oltre che dal
maestro, anche dai suoi allievi più importanti: ALBAN BERG (1885-1935) e ANTON WEBERN (1883-1945).
Questa “triade” viene anche definita “Seconda scuola di Vienna” (intendendo per “Prima scuola di Vienna”
quella classica, costituita da Haydn, Mozart e Beethoven), ma è definizione non accettata da tutta la
musicologia.

Troverete la trattazione di Berg e Webern alle pp.361-367 del libro di testo.


Vi segnalo un errore di stampa: al terzo rigo di p.362 tra le opere di Berg trovate i Vier Stücke per clarinetto e pianoforte, e tra parentesi la
traduzione “Cinque pezzi”, ma “Vier” in tedesco è 4, quindi la traduzione esatta è Quattro pezzi.

Tra le composizioni di Berg un ruolo di assoluto rilievo occupa l’opera lirica Wozzeck (1925, Berlino), che il
libro tratta alle pp. 362-363. Dobbiamo però aggiungere qualche altra considerazione.

Il soggetto dell’opera è tratto dal dramma teatrale Woyzeck di Georg Büchner (il quale a sua volta si era
ispirato a un fatto realmente accaduto a Lipsia), sul quale Berg scrive egli stesso il libretto.
Woyzeck venne scritto da Büchner tra il 1836 ed il 1837 ma rimase incompiuto a causa della morte dell'autore. Apparso la prima
volta nel 1913 a Monaco, 76 anni dopo la morte di Büchner, è stato variamente completato ad opera di diversi scrittori e tradotto
in molte lingue.

[“Ho visto il Wozzeck prima della guerra e ne ho riportato un’impressione così straordinaria che subito ho preso la decisione di
porlo in musica. Non è solo il destino di quest’uomo sfruttato e perseguitato da tutti che mi tocca tanto da vicino, ma anche
l’inaudito clima espressivo (“ Stimmungsgehalt”) delle singole scene”. (Lettera di Berg a Webern, agosto 1918).
Il primo editore di Büchner aveva letto male il nome del protagonista, “Wozzeck” anziché “Woyzeck”. Nel 1914, quando Berg
conosce il dramma, non ci si era ancora accorti dell’errore, corretto solo nel 1920. Berg tuttavia preferirà non mutare il nome del
suo protagonista, probabilmente anche per ragioni di ordine musicale.]

Berg coglie subito il significato del testo di Büchner, il suo valore di denuncia e di ribellione contro un ordine
sociale iniquo; nell’“inaudito clima espressivo” di ogni scena Berg riconosce anche, a circa ottant’anni di
distanza, l’attualità dello stile di Büchner, che sente vicino ai caratteri propri dell’Espressionismo.
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Berg ebbe un estremo rispetto per l’originale büchneriano. Ne trasse un libretto di 15 scene, suddivise in 3
atti e distribuite secondo una precisa logica in un disegno organico, con esatte corrispondenze.

“Berg si trova di fronte un problema nuovo, non ancora affrontato neppure da Schönberg e da Webern, quello di costruire
un’opera teatrale di ampio respiro rinunciando alle possibilità di strutturazione formale garantite dalla tonalità
tradizionale. La sua soluzione appare evidentemente suggerita dalla comprensione della particolare natura del testo di
Büchner e della sua concezione teatrale, dall’intuizione cioè di come (anche nella nuova, serrata struttura di
esposizione-peripezia-catastrofe da Berg conferita ai tre atti del libretto) ogni scena costituisca un nucleo drammatico in
sé compiuto, carico di una propria allucinata tensione…
Non per questo la concezione del Wozzeck è frammentaria: Berg rispetta la natura dello ‘Stationen-Drama’ (dramma “a
stazioni”, ovvero a scene isolate ma tutte legate al protagonista) senza rinunciare a un serrato svolgimento drammatico, a
una tensione continua, al senso di una tragica progressione verso la catastrofe.” (Paolo Petazzi).

[Franz Wozzeck è un povero soldato e stalliere, innamorato di Marie, la donna che gli ha dato un figlio fuori dal sacro vincolo del matrimonio; il
pover’uomo tenta in ogni modo di raggranellare denaro a sufficienza per garantire una vita migliore alla propria famiglia e a se stesso. Succube
delle angherie del capitano (Herr Hauptmann ) e dei sadici esperimenti del Dottore, gli viene sottratta infine anche la fedeltà della consorte, che
lo tradisce con il guascone Tamburmaggiore. Wozzeck è già da tempo preda di allucinazioni sempre più vivide ed insistenti, e la goccia che fa
traboccare il vaso è la prova esplicita del tradimento di Marie, che viene colta in flagrante durante un ballo in un’osteria piena di serve e soldati
intenti alla ricerca di qualche divertimento. Le psicosi di Wozzeck si fanno sempre più realistiche e deformanti, fin quando la storia raggiunge il
suo tragico, inevitabile epilogo: Wozzeck accoltella Marie sul sentiero nel bosco presso uno stagno, morendo egli stesso affogato nel tentativo
successivo di recuperare l’arma del delitto. L’ultima scena ha per protagonista l’ignaro figlio della coppia, che, senza prestare attenzione al
trambusto dei compagni (nel frattempo accorsi alla notizia del rinvenimento del cadavere della donna), continua imperturbabile a giocare col sul
cavalluccio di legno.]

Berg adotta per ognuna delle 15 scene una precisa forma musicale, associata alla situazione drammatica;
al contempo, l’enorme ricchezza dei mezzi musicali, propri del linguaggio espressionista, viene dispiegata per
aderire, volta per volta, ai diversi personaggi e allo sviluppo dell’azione.
Tra una scena e l’altra vi sono poi brevi pagine sinfoniche (Interludi o Postludi orchestrali)

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Nel I Atto troviamo Wozzeck nei suoi rapporti col mondo che lo circonda e per questa dimensione drammatica Berg impiega
Cinque pezzi caratteristici (Suite, Rapsodia, Marcia militare e Berceuse, Passacaglia, Rondò). Qui come negli altri atti non
dobbiamo pensare che le forme riguardino solo l’orchestra, perché Berg applica le varie forme nel procedere dell’intera azione
drammatica, quindi alle voci e all’orchestra insieme.
Scrive Berg: “I vari pezzi dipingono ciascuno un personaggio principale del dramma (sempre naturalmente nel suo rapporto con
il protagonista), e cioè il Capitano, suo superiore, l’amico Andres, la sua amante Marie, il Dottore, il Tamburmaggiore”.

Prima scena (Suite) W. sta radendo il capitano, un uomo molle e banalmente filosofeggiante: il loro dialogo (gran parte un monologo del Capitano)
procede in modo piuttosto sconnesso, con improvvisi scatti di umore, divagando da un argomento all’altro. Perciò la costruzione musicale è quella di
una Suite in cui si succedono : preludio, pavana, giga, gavotta, aria e ripresa del preludio per modo retrogrado.
In questa scena W. pronuncia la frase “Wir arme Leut” (“Noi povera gente”) le cui note costituiscono una dei temi musicali più importanti dell’opera.

Seconda scena (Rapsodia) . W. è in preda ad angosciose visioni, in contrasto con la normalità di Andres, che intona un canto popolare di caccia; W.
parla in una lingua indecifrabile e minacciosa (non a caso Berg adotta qui lo Sprechgesang); le tre strofe cantate da Andres sono differenziate e la
seconda è ricca di fioriture, quasi a voler scacciare l’oscuro turbamento che gli procurano le visioni di W.

Terza scena. Dopo la Marcia (passaggio dei soldati ) e il battibecco con la vicina, Marie è sola col bambino: intona una Berceuse (Ninnananna,
https://www.youtube.com/watch?v=xQXFdDKTQHA) forse la pagina più famosa del Wozzeck [la “Ninnananna” vera e propria comincia a 0’42”; fate
anche attenzione al fatto che si tratta di un brano strofico (a 1’32” comincia la seconda strofa), ma questo perché Marie sta cantando, appunto, una
canzone (come d’altra parte aveva cantato una canzone strofica Andres nella seconda scena); insomma, solo dove i personaggi cantano “realmente”
canzoni il taglio è strofico, per il resto la vocalità adotta naturalmente la forma aperta].
Le due strofe sono quasi identiche nella linea vocale (ritmo di “siciliana” seguito da un ritmo più lento) ma sottilmente variate nella scrittura
strumentale, sempre molto leggera e trasparente. Marie è in preda a stanchezza, disillusione, amarezza: il canto si va spegnendo, gli archi in “pp”
intonano la quinta vuota, ricorrente nella partitura e che Berg identifica come “l’attesa di qualche cosa di vago che si conclude solo con la morte”.

Quarta scena (Passacaglia): la gelida fissazione maniacale del Dottore sui suoi “esperimenti” trova in questa Passacaglia, costruita in forma di 21
variazioni su un “ostinato” di dodici note diverse (quindi è un brano dodecafonico), un mezzo di definizione formale di rara efficacia; Berg stesso
precisò: “E’ superfluo ricordare che l’elaborazione in forma di variazioni di questo tema non è meccanica, e neppure si svolge secondo le leggi della
musica pura. Sta naturalmente in strettissima connessione con l’azione drammatica”.

Quinta scena Rondò (Rondò ). Protagonisti Marie e il Tamburmaggiore, il quale rappresenta la pura vitalità animale. Marie ne ammira compiaciuta la
prestanza, respinge con fierezza il suo primo, rozzo assalto, e infine gli si abbandona, pronunciando le parole “per me è tutt’uno”, segno della sua
visione fatalista. Marie appartiene al mondo dei diseredati e il suo gesto ha quasi il valore di rivolta. Le sonorità dell’orchestra sono a volte aggressive e
“volgari” e non a caso all’alzarsi del sipario su questa scena emerge un motivetto triviale di carattere militare, che poi in incalzante “stretto” torna nel
primo assalto del Tamburmaggiore. La chiusa è in clima di tensione selvaggia; a conclusione troviamo una sorta di cadenza accordale che funge da
elemento unificatore, ritornando alla fine del secondo e del terzo atto.

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Il II Atto ha come situazione drammatica L’infedeltà di Maria: crescente sospetto e certezza di Wozzeck;
Berg impiega come forma musicale un Sinfonia in Cinque movimenti.

Prima scena (Tempo di Sonata). Marie è sorpresa da W. mentre si prova gli orecchini donati dal Tamburmaggiore: dice di averli trovati e W.,
poco persuaso, lascia cadere il discorso ed esce, dopo aver contemplato affettuosamente il bambino.
Berg adotta qui la forma sonata con tre temi (a cui corrispondono i tre personaggi in scena, W., Marie e il bambino), una doppia “esposizione”,
uno “sviluppo” (dall’entrata di W.) e una “ripresa”, quando Marie è di nuovo sola.
In questa scena W. Rivolge anche a Marie la frase “Wir arme Leut” (“Noi povera gente”) .

Seconda scena (Fantasia e Fuga su tre temi). Il Capitano, incontrando per la strada il Dottore, cerca di convincerlo a non aver fretta; l’altro alla
fine si ferma e si vendica diagnosticandogli una malattia mortale. Ma, incontrando W., i due sono subito alleati nel tormentarlo con insinuazioni
su Marie e il Tamburmaggiore. E’ una delle scene più geniali dell’opera: la complessità contrappuntistica definisce con straordinaria incisività il
sadico dileggio cui è sottoposto il protagonista e l’aprirsi davanti a lui di abissi.
Nella Fantasia il ritratto dei due rappresentanti dell’autorità costituita ha un rilievo sarcastico-grottesco davvero straordinario: battibecchi,
paura che il Dottore insinua nel Capitano, diagnosi (valzer lento), visione del Capitano…
Nella Tripla Fuga entra in scena W. ed è costretto a fermarsi: la fuga ha prima il tono di conversevole ironia, di sarcasmo, poi precipita nella
derisione del povero W. in un addensamento caotico, nel “ff”; W. ne esce sconvolto e il tutto si chiude sui gelidi commenti del Capitano e del
Dottore.

Terza scena (Largo). W. rinfaccia a Marie il tradimento. La fiera risposta di lei a un gesto aggressivo («Meglio un coltello in corpo, che una mano
su di me») fa balenare in lui la prima idea dell’omicidio («L’uomo è un abisso. Vengono le vertigini a guardarci dentro»). La scena è carica di
presagi e tensioni: è la svolta verso la catastrofe, siamo al centro dell’opera. Alla normale orchestra si affianca un’orchestra da camera formata
dagli stessi 15 strumenti della Kammersymphonie di Schönberg.

Quarta scena (Scherzo). La scena si svolge nel giardino dell’osteria dove Marie e il Tamburmaggiore ballano. W. sta per avventarsi su di loro, ma
la danza finisce e si succedono: un coro di cacciatori, una canzone di Andres, un cupo dialogo tra Wozzeck e Andres, la predica di un garzone
ubriaco, l’entrata di un ‘pazzo’, che dice di sentire odore di sangue. La parola «sangue» ha un effetto violentissimo su W., che fugge.
La scena dell’osteria è “la più difficile” (Berg); la molteplicità dei piani stilistici è funzionale all’esito drammatico-musicale; grande inventiva di
Berg, evidente l’eredità mahleriana (anche nello schema formale: è uno Scherzo con due Trii).Vi è un’orchestrina (scordata) in scena , che
accompagna le danze nel giardino con musiche di consumo.

Quinta scena (Rondò marziale). Nel dormitorio della caserma W. non riesce a prendere sonno e tenta di confidarsi con l’assonnato Andres
(introduzione al Rondò). Entra il Tamburmaggiore ubriaco (inizio del Rondò, si vanta delle sue imprese amorose con Marie, lotta con W. e lo
lascia sanguinante a terra. (Berg stesso sottolinea il parallelo con I,5). Asprezza fonica e contrappuntistica; l’accordo finale lascia come residuo
un Si grave dell’arpa: sarà su tale nota che si svolgerà la scena dell’uccisione di Marie, nel terzo atto.

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Nel III Atto Wozzeck uccide Maria ed affoga nello stagno - Epilogo; Berg per l’atto della catastrofe compone
Sei invenzioni (cinque per le relative scene e una per l’Interludio orchestrale tra la quarta e la quinta scena) .
E’ l’atto più breve, quasi un solenne rituale. Il gesto di W. che distrugge l’unico bene non va inteso in chiave
“naturalistica”: è un gesto sentito come l’imposizione di una fatalità inevitabile, come un dovere di giustizia. E’ un rito
sacrificale ed è anche la forma, disperata, della ribellione di un oppresso ridotto a larva umana.

Prima scena (Invenzione sopra un tema: Sette variazioni e fuga a due soggetti). La scena ha come sola protagonista Marie, immersa nella lettura
della Bibbia e nelle proprie riflessioni: nel rimorso prova conforto pensando alla vicenda della Maddalena.

Seconda scena (Invenzione sopra una nota). Sul sentiero presso un stagno, Wozzeck, ormai ossessionato dall’idea dell’inevitabilità dell’omicidio,
uccide Marie. La nota su cui si svolge l’invenzione musicale è il Si: “Questo Si diventa ora elemento unificatore, presentandosi sotto gli aspetti
più svariati: come pedale, come voce tenuta mediana o superiore, moltiplicata in una o più ottave e in tutti i possibili registri e timbri” (Berg). Al
sorgere della luna, si estende su 5 ottave agli archi accompagnando il disegno ascendente in imitazione dei tromboni (“Come sorge rossa la
luna”, dice Marie). E’una sospensione prima del gesto definitivo; poi il timpano scandisce ininterrottamente il Si, fino alla “risoluzione” sul Do,
intonato da W. sulla parola “Tot” (morta).

Terza scena (Invenzione sopra un ritmo di Polka). Fuori di sé, W. si precipita in una locanda; un giovane suona una polka “in modo assai rozzo e
sempre fortissimo”; clima di “sfrenatezza sinistra, quasi demoniaca” (Berg). Il ritmo di polka percorre tutta la scena, e si deforma nella scansione
quasi meccanica delle domande rivolte a W.e delle allucinate risposte, quando i presenti scorgono su di lui le macchie di sangue. W. fugge.

Quarta scena (Invenzione sopra un accordo). W. torna allo stagno, per gettare più lontano nell’acqua il coltello, e affoga (o forse si lascia
affogare). “L’ accordo è sottoposto a suddivisioni, rivolti, raggruppamenti in ordine inverso e cambiamenti di posizione di tutte le sue note, e
perfino a scomposizioni melodiche, cioè all’allineamento delle sue note in melodie” (Berg). Famoso il passaggio orchestrale che coincide con il
momento in cui W. annega: sovrapporsi di disegni cromatici ascendenti e graduale rallentando, alla fine del quale una sovrapposizione ritmica
allude, dice Berg, al gracidare delle rane. Parallelamente, i gelidi commenti del Capitano e del Dottore: è un’idea di Berg, poco verosimile ma
suggestiva, quella di far assistere alla morte di W. i suoi due aguzzini.

Interludio orchestrale (Invenzione sopra la tonalità di Re min.). Con quest’ultimo Interludio è come se l’autore commentasse in prima persona e
con partecipe adesione emotiva il destino tragico del protagonista. Torna l’integrazione di elementi diversi: il clima ancora mahleriano della
parte introduttiva (pagina composta anni prima), i temi del Capitano, del Dottore e del Tamburmaggiore, la lacerante intensità del tema di “Wir
arme Leut” (“Noi povera gente”), infine le sonorità gelide e diafane che introducono all’ultima scena.

Quinta scena (Invenzione sopra un movimento di crome - Perpetuum mobile). Il figlio di Marie e di W. continua inconsapevole a giocare, anche
quando gli dicono che la madre è morta. Archi pizzicati, flauti, celesta: invenzione timbrica di rara suggestione. Clima sospeso, rarefatto,
lontano, su un indifferente scorrere di terzine.
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Come abbiamo visto, Berg riserva ad ogni scena (o “stazione”), una precisa forma musicale, spesso articolata
in più sezioni (come nel caso della Suite), declinata secondo le regole classiche (come la forma sonata) o
ancora rispondente alle più complesse tecniche compositive (come la Fuga su tre temi).

Alcune di queste forme hanno una efficacia diretta ed evidente sulla scena, come le variazioni della
Passacaglia per gli esperimenti vanagloriosi e cinici del Dottore su Wozzeck, o la Suite per l’eloquio vacuo e
retorico del Capitano, o i tre temi della Fuga per i tre personaggi in scena e, soprattutto, le variazioni sulla
nota Si nella scena dell’uccisione di Marie. In altre scene il rapporto tra scelte drammaturgiche e formali è
meno immediato; sempre però la complessità del linguaggio berghiano rivela una profonda adesione a
Büchner (come poteva essere visto negli anni della sua riscoperta in una prospettiva espressionistica).

Bisognerà però ammette che all’ascolto non è facile riconoscere le forme; Berg stesso fece una conferenza di
presentazione dell’opera per illustrare il rapporto tra musica e testo; dopo aver svelato i segreti tecnici
contenuti nella partitura, tuttavia, pregò il pubblico di dimenticarsene e di sentire quella musica come
assolutamente legata solo all’espressione drammatica (questo in perfetta adesione con la sensibilità
espressionista).

Due sono i motivi che rendono difficile il riconoscimento delle forme: il primo sta nel fatto che Berg ne riduce
le dimensioni e quindi le forme appaiono come “asciugate” in una essenziale concisione; la seconda sta nel
linguaggio atonale (o dodecafonico come nella Passacaglia) che quindi ci allontana dalle abitudini del nostro
orecchio e dalla sintassi a cui esso è abituato.

Non a caso i brani che ci sembrano più familiari sono quelli di derivazione popolare: marce, danze, musica di
consumo, canzoni, cori di osteria, oppure l’Interludio tra la quarta e la quinta scena del III atto, quando Berg,
impiegando una musica tonale (in Re min.) dal sapore mahleriano, è come se avesse voluto stendere un
manto di pietà sul povero Wozzeck.

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Se prescindiamo allora dalle forme (che costituiscono una sorta di architettura nascosta dell’opera) e
familiarizziamo con la musica atonale (che comunque nel 1925 non costituiva più uno scandalo e, anzi,
forse ne siamo meno abituati oggi!) notiamo che la grandezza dell’opera sta proprio nella vocalità e
nell’invenzione melodica.

Si pensi alla incisiva caratterizzazione vocale dei protagonisti, alla instabilità fatta di scatti e sussulti
della vocalità del Capitano (che Beg tratta con tagliente sarcasmo e anche con una vena di comicità
caricaturale); oppure ai modi del Dottore, talvolta frenetici, talvolta inclini alla forzata regolarità del
canto spiegato.

È naturale poi che Wozzeck intoni alcune delle idee più intensamente liriche dell’opera: egli è la voce
di una umanità calpestata ma autentica, nel cui canto, anche attraverso i momenti più tesi, stravolti o
allucinati, si coglie il doloroso anelito a una compiuta effusione melodica.

Soprattutto a Marie, l’altra vittima della tragedia, guardata da Berg con infinita tenerezza, sono
riservati gli accenti di più sofferto e meditativo lirismo. Al personaggio di Marie appartengono anche
altri aspetti, dalla selvaggia voglia di vivere alla disillusa disperazione che caratterizzano il suo
comportamento con il Tamburmaggiore, dai gesti di ribellione ai ripiegamenti di straziata interiorità
nella sua solitaria meditazione del terzo atto.

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“Berg è forse l’unico musicista del Novecento che concentri tutta la forza espressiva del proprio linguaggio sulla voce, nei
suoi più profondi riflessi umani e in tutte le sue risorse.
Proprio accettando il principio schönberghiano della Sprechstimme, che rompe la cristallizzazione della vocalità sia
melodrammatica sia wagneriana, Berg può recuperare anche le forme del “bel canto” e del recitativo drammatico,
aprendole a nuove e più sensibili possibilità espressive.
La vocalità come “evasione lirica” si irradia anche in tutto il tessuto strumentale dell’opera berghiana e la visione di un
mondo immerso nel male e senza speranza è appunto riscattata dalla forza catartica di questa evasione lirica.
Wozzeck non nega l’uomo, perduto nel mondo, travolto dagli eventi, ma lo afferma come coscienza individuale in una
società che diverrà sempre più solitudine collettiva, come la prima metà del Novecento ha dimostrato. Wozzeck ci lascia
così una puntualizzazione drammatico-musicale potente e sincera, senza sottintesi e ambigui simbolismi, dell’immagine
reale del nostro tempo; puntualizzazione che ha saputo raggiungere le più alte vette dell’ epos musicale” (Luigi Rognoni).

[Dopo la prima rappresentazione, voluta e diretta da Erich Kleiber a Berlino, l’opera trionfò in molti teatri tedeschi, soprattutto tra
il 1929 e il ’32; ma fu rappresentata anche a Praga (1926), Leningrado (1927), Zurigo e Filadelphia (1931), Bruxelles (1932), finché
la musica di Berg, Schönberg e Webern fu messa al bando dai nazisti. In Italia Wozzeck fu rappresentato per la prima volta a Roma
nel 1942 (direttore Tullio Serafin, protagonista Tito Gobbi); in seguito alla Scala, diretto da Mitropoulos (1951) e, nel 1971, ’77 e
’79, da Claudio Abbado.]

Per chi voglia vedere tutta l’opera, ecco un’esecuzione straordinaria, diretta da Claudio Abbado a Vienna nel 1988;
https://www.youtube.com/watch?v=jVmWimEX1gw&t=5214s
altrimenti potete scegliere qualche scena; ecco il minutaggio dell’inizio di ogni singola scena:
Atto I: inizio (scena I) / 9'36“ (scena II) / 16'13“ (sena III) / 24'24“ (scena IV) 31'57“ (scena V)
Atto II 35'54“ (scena I) / 40'50“ (scena II) / 50'22“ (scena III) / 54'20“ (scena IV) / 1h03'42“ (sena V)
Atto III 1h09'13“ (scena I) / 1h14'27“ (scena II) / 1h19'38“ (scena III) / 1h22'43“ (scena IV) 1h26'52“ (Interludio) / 1h30'15“
(scena V)

Oppure potete vedere la versione cinematografica, un film-opera del 1970 con i sottotitoli in inglese
https://www.youtube.com/watch?v=rHFFPyU41_0&t=2347s

Questo è invece il libretto con la traduzione italiana in parallelo http://www.dicoseunpo.it/B_files/Wozzeck.pdf

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