Sei sulla pagina 1di 2

Marina Abramovic e la Body Art

Nata a Belgrado nel 1946, Marina Abramović è un artista serba naturalizzata statunitense una
delle artiste maggiormente significative e riconosciute a livello internazionale, è stata una figura
chiave della Body Art e una delle prime performer, sancendo il suo posto di spicco tra pionieri di
questa metodologia come Bruce Nauman, Vito Acconci, Chris Burden, Gina Pane e Yoko Ono.

La Body Art introduce la tematica della corporeità, grazie a un inusuale utilizzo del corpo, è
strettamente legata agli avvenimenti storici della fine degli anni Sessanta. È, infatti, all'interno dei
processi di cambiamento storico e sociale che gli eventi estetici si collocano come momento di
indagine profonda del sé, e nella proliferante ondata di spinte conoscitive la corporeità si afferma
come il territorio privilegiato di ricerca identitaria. Ciò accade esattamente nel momento in cui,
socialmente e politicamente, il mettere in discussione il soggetto, attraverso i movimenti liberatori,
coincide con l'affermazione di filosofie, di ricerche culturali e psicoanalitiche che vanno a
concentrarsi sulla soggettività in costruzione. Non è estraneo, infatti, all'espressione del corpo il
discorso del cosiddetto 'terzo teatro' legato ad Antonin Artaud e alle esperienze di Jerzy
Grotowsky, del Living Theatre e dell'Odin Theatre, così come confluiscono nella tematica
corporea pratiche orientali come il Mudra (che regola i gesti simbolici delle mani) e lo Zen
(filosofia che si basa sulla concentrazione e sul controllo corporeo). Inoltre, su questo percorso
influisce soprattutto il fondamento psicoanalitico. La Body art è, dunque, la corrente artistica che,
attraverso il suo eccessivo codice visivo, si pone il problema dell'essere al mondo e del
collocamento dell'individuo all'interno della società. Grazie a un'estremizzazione linguistica, gli
artisti della Body art indagano le contraddizioni dell'essere. Per questo tipo di arte è stata anche
fondamentale l’influenza del Fluxus.

Marina Abramovic si inserisce nella corrente più estrema della Body Art che vede la performance
come territorio in cui è possibile autorappresentarsi, scardinando tutte le forze pulsionali dell'io. Al
tempo stesso la performance tende a vanificare il sistema dell'arte ancorato alla produzione di bene
e, in quanto atto estetico, è, in realtà, produzione di sensibilità. La codificata produzione di
oggetto artistico viene ribaltata dalla performance proprio perché ciò che viene evidenziato e
messo in discussione è, per la prima volta nella storia dell'arte, il soggetto. Tale rovesciamento
riconduce all'acquisizione della centralità del soggetto nei confronti dell'oggetto.
L'estremismo del gesto accompagna dunque il versante più radicale della Body art.
Dopo aver studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Belgrado (1965-72), Abramović cominciò
proprio agli inizi degli anni ’70 a dar vita alle sue febbricitanti performance, sperimentando i primi
ambienti sonori e le video installazioni e contribuendo così con il suo lavoro a delineare alcuni punti
fondamentali dell’arte contemporanea. Nel 1976 si trasferì ad Amsterdam e iniziò la fertile
collaborazione con l’artista tedesco Ulay, con il quale condivise intensamente vita e lavoro fino alla
fine degli anni ’80. Considerati come un’unica entità, i due artisti diedero vita insieme a delle
performance innovative e di grandissimo impatto nello scenario artistico, incentrate sul corpo e
sulla stretta relazione delle loro azioni. (1977 Imponderabilia (Bologna), 1977 Abramovic e Ulay
Relation in Time, Rest Energy (1980))
Un sodalizio artistico e amoroso che terminò con un altrettanto spettacolare ed emozionante
performance (The Lovers 1988) che li vide percorrere la muraglia cinese dai due estremi opposti,
fino ad incontrarsi al centro e salutarsi. Da quegli anni in poi Marina Abramović si dedicò ad
un’arte autobiografica passando dall’indagine del suo corpo all’epifania di oggetti presi dal
naturale e ispirati alla cultura di popoli indigeni che lei definì di “transizione” e di “potere”,
in Cleaning The Mirror (1995) si confronta con uno scheletro umano in una sorta di
rispecchiamento tra la vita e la morte, come accade in alcuni rituali tibetani, il cammino di
purificazione psichica porta l’Abramović alla creazione di oggetti interattivi; grazie alle ricerche
sulla medicina tibetana e cinese, l’artista scopre forti corrispondenze tra i minerali e le diverse parti
del corpo umano: il quarzo e gli occhi, le punte di ametista e i denti del giudizio, il ferro il sangue, il
rame i nervi.
Il suo è un lavoro sociale che indaga non l’autonomia dell’opera d’arte bensì quella dell’essere
umano, che esplora il rapporto tra performer e pubblico. L’artista ha sempre creduto in un’arte
che indaga le necessità della società. “L’arte senza etica è cosmetica”. Sono centrali in lei
elementi che riguardano l’emotività e la percezione che lo spettatore ha dell’opera d’arte inoltre
c’è sempre la volontà a scavare nei sentimenti umani più profondi.

Nell’attività performativa utilizza il corpo come medium e materiale della propria ricerca
artistica, sperimentando i limiti fisici e le possibilità mentali, arrivando anche ad azioni
masochiste cui sottopone la propria carne e la propria sensibilità femminile di fronte un pubblico
non più passivo, ma attivo, giudice e psicologicamente costretto a reagire.
Tra le sue opere maggiormente conosciute si può annoverare Rhythm 0 (Napoli 1974), dalla serie
“Rhythms”, dove l’artista offrì il proprio corpo privo di volontà agli spettatori, i quali potevano
usare su di lei i 72 oggetti appositamente collocati sul tavolo: iniziato con un approccio delicato, lo
spettacolo diventò violento e incontrollato, fino al punto di mettere nelle mani dell’artista una
pistola carica puntata su sé stessa.

In Balkan Baroque (7 ore al giorno per 4 giorni) l’artista si trova impegnata al lavaggio di 1.500
ossa di bue insanguinate, come un rito di simbolica purificazione e riflessione su un momento
storico difficile riguardante le guerre dell’ex Jugoslavia, qui è centrale anche il tema della morte.
Presentata alla XLVII (47°) Biennale di Venezia (1997), le fece vincere il Leone D’oro. L’artista è
ancora oggi attiva in vari contesti culturali e artistici, a lei vengono dedicate ancora molte mostre
(Firenze Dal 21 settembre 2018 al 20 gennaio 2019 Palazzo Strozzi oppure Londra Royal
Academy of Arts di Londra settembre 2022 annullata per Covid, l’evento si terrà dal 23
settembre al 10 dicembre 2023).

Potrebbero piacerti anche