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LE ORIGINI DI UNA FORMA D’ARTE RITUALE

Con le sue radici nelle escursioni Dada e nelle passeggiate notturne surrealiste, la dérive fu adoperata dagli
artisti e dagli scrittori dell’Internazionale Situazionista (IS), dai primi anni Cinquanta fino alla fine degli anni
Sessanta, come metodo di disorientamento comportamentale. La dèrive costituiva uno strumento di ricerca
fondamentale nella paradisciplina situazionista della “psicogeografia”= lo studio degli effetti che un
determinato ambiente ha sul comportamento effettivo degli individui.

Negli anni Sessanta, ebbero luogo tre forme aperte di arte partecipativa, mettendo a confronto la teoria e la
pratica dell’Internazionale Situazionista con le “situazioni” del GRAV (Gruppo di ricerca d’arte visiva) e con
gli happening erotico-trasgressivi di Jean-Jacques Lebel.

L’IS non può essere considerato semplicemente un gruppo di artisti anche se l’odierna proliferazione di
attività neo-situazioniste richiede una rivisitazione dell’attività dell’IS da una prospettiva storico-artistica che
pone le loro rivendicazioni di partecipazione accanto ad un modello di sperimentazione artistica di natura
laboratoriale e ad una controcultura teatrale erotizzata.

Il riferimento al teatro fu fondamentale: Lebel fu influenzato dal Teatro della Crudeltà di Antonin Artaud
mentre il primo trattato della sezione francese dell’IS porta il titolo di “Nuovo teatro delle operazioni nella
cultura”, 1958.

Ciascuno dei gruppi offre una diversa soluzione al problema della raffigurazione delle esperienze
partecipative effimere: il GRAV lascia sculture e installazioni; Lebel e i suoi contemporanei offrono segni
appena abbozzati e fotografie; l’IS lascia film, trattati discorsivi e modelli architettonici che danno indicazioni
su come continuare il loro progetto.

Dal punto di vista politico, tutti e tre i soggetti in analisi rivendicano una partecipazione agli eventi del
maggio 1968 anche se in diverse posizioni.

Lo sfondo artistico dell’arte partecipativa nella Parigi degli anni Sessanta eraun’idea di DEMOCRAZIA
INTESA COME UGUAGLIANZA LIVELLANTE DEL CAPITALISMO CONSUMISTA. Una cultura quotidiana e
accessibile a tutti, era il nucleo di quest’interpretazione della democrazia.

1.L’IS

Il nucleo del gruppo, Guy Debord e Gil Wolman si era formato intorno agli anni Cinquanta fondando
l’Internazionale Letterista. Per il gruppo lo scopo dell’arte non era produrre oggetti ma criticare la
mercificazione dell’esistenza. Nel ’57 l’IL si unisce ad alcuni artisti formando l’Internazionale Situazionista.
L’interesse primario del gruppo si rivolge primariamente alla letteratura e all’attualità più che all’arte visiva.
Nonostante questo, il primo numero della loro rivista gira intorno a dichiarazioni sul Surrealismo (per poi
indirizzarsi a Dada). Il rapporto dell’IS con l’arte visiva comunque fu paradossale e denso di contraddizioni.

Il rapporto con l’arte visiva divide in due periodi l’atteggiamento del gruppo.

1. Prima fase (1957-62) in cui sono più bendisposti nei confronti dell’arte attraverso varie mostre tra
cui l’esposizione di Giuseppe “Pinot” Gallizio (La Caverna dell’Antimateria alla Gallerie Renè
Drouin,1959) che mette in discussione le idee tradizionali sull’autorialità singola, presentando dei
quadri astratti dipinti su rotoli di tela, che si potevano comprare al metro e che egli definiva “pittura
industriale”
2. Nel 1960 l’equilibrio tra interessi artistici e letterari iniziano a mutare e Pinot Gallizio viene espulso
dall’IS. Altri artisti lasciano il gruppo e dal 1962 di parla di una Seconda Internazionale Situazionista
in cui ci si distacca sempre di più dall’arte separata dalla prassi rivoluzionaria. Debord pretendeva
che l’arte dovesse essere radicale non solo nel contenuto ma anche nella forma e si esclusero gli
artisti.

E’ importante chiarire che per Debord, non c’erano stati movimenti rivoluzionari nella politica o nell’arte
dalla fine degli anni 30 e quindi il compito dell’IS non era di subordinare l’arte alla politica ma di
riportare in auge sia l’arte moderna sia la politica rivoluzionaria superandole entrambe cioè era a
supporto dell’integrazione dell’arte con la vita. Nella soppressione dell’arte in funzione di una vita
stimolante artisticamente al fine di superare la schiacciante mediocrità dell’alienazione, in questo sta il
paradosso centrale del nichilismo romantico dell’IS.

Per Debord, una pratica culturale di tipo critico non avrebbe creato forme di tipo nuovo ma avrebbe
usato i mezzi di espressione culturale già esistenti, attraverso la pratica situazionista del dètournment,
cioè l’appropriazione sovversiva di immagini esistenti al fine di rovesciare il loro significato stabilito. Un
buon dètournment non ha risposte razionali e si basa sul capovolgimento della funzione ideologica degli
effluvi della cultura dello spettacolo pur non dovendosi limitare a questo. Questo concetto si ottiene
combinando l’irrazionalità sovversiva e la caustica attualità politica.

L’IS vuole valorizzare la pratica ludica del gioco a sfavore della critica come forma di discussione
razionale.

Una delle poche testimonianze fisiche che abbiamo delle pratiche situazioniste è una mappa chiamata
“Guida psicogeografica di Parigi” 1957 di Debord di cui sottotitolo è:”Discorso sulle passioni dell’amore :
pendenze psicogeografiche della deriva e localizzazione delle unità d’ambiente”. Questa ci da un’idea
del carattere istruttivo dell’attività dell’IS. La città è mostrata come frammentaria perciò non presenta
una funzione di guida della città. Pittosto vuole essere una guida all’interpretazione delle riprese
personali di Debord. Vuole essere uno stimolo a valutare le nostre sensibilità rispetto all’ambiente
urbano.

Altra parte fondamentale dell’IS fu il concetto di “situazione costruita” definita come un momento della
vita, concretamente e deliberatamente costruito mediante l’organizzazione collettiva di un ambiente
unitario e di gioco di avvenimenti. Una delle caratteristiche principali era la sua struttura partecipativa.
L’enfasi sulla collettività era concepita in maniera politicizzata.

Le situazioni costruite realizzate collettivamente erano concepite in opposizione al capitalismo nella loro
negazione dell’autorialità individuale e soprattutto nel loro rifiuto della burocrazia e del consumismo
attraverso la libera attività del gioco. Una delle difficoltà del “momento situazionista” fu quello di
individuare un inizio e una fine, tratto in comune con le forme di teatro post-brechtiano, come per
esempio gli happening.

L’enfasi di queste attività veniva posta sull’istantaneità, la rottura, l’immediatezza e


sull’autodeterminazione. Si attribuiva importanza all’individuazione di spazi di gioco all’interno
dell’ambiente urbano, interpretando il gioco come attività umana non alienante a disposizione di tutti.

La situazione costruita necessitava di una struttura chiara, con a capo una guida temporanea ma ben
definita che aveva la funzione di regista mentre gli altri erano viveurs della situazione. Coloro che
vivevano la situazione erano sempre membri o affiliati al gruppo e mai un pubblico generico.
Fu progettata ma mai realizzata una dèrive aperta al pubblico in vista di una mostra allo Stedelijk
Museum di Amsterdam e dagli scritti sulla rivista situazionista, le ipotesi erano che le dèrive in giro per
la città avrebbero avuto un certo aspetto teatrale nel suo impatto sul pubblico. Tale asserzione favorisce
un fertile confronto con il teatro visivo della Stagione Dada di 39 anni prima, quando Bretone gli altri si
appropriarono della forma sociale della visit guidata per produrre una “scultura sociale” con il pubblico
generico.

2.IL GRAV

Il Gruppo di Ricerca dell’Arte Visuale, fondato a Parigi nel 1960, mirava a raggiungere il maggior
pubblico possibile al contrario dell’Internazionale Situazionista.

Comprendeva un gran numero di artisti internazionali che lavoravano con l’arte cinetica e optical.

Il teorico principale del gruppo, Julio Le Parc, era argentino e aveva studiato a Buenos Aires con Lucio
Fontana (approfondimento) negli anni 40.

Nel manifesto del 1967, il GRAV affermava di mirare al coinvolgimento dello spettatore attraverso la
provocazione e la modificazione delle condizioni ambientali. Questa poetica intende criticare la
“mistificazione” dell’artista individuale, il culto della personalità e il mercato dell’arte.

Una posizione antielitaria che si impegnava ad avvicinare l’arte al pubblico. Le produzioni del GRAV
comprendevano installazioni ottiche e cinetiche che indagavano le risposte fisiologiche e psicologiche
agli stimoli sensoriali ma anche opere che coinvolgevano direttamente il pubblico generico o i passanti
sotto forma di questionari.

Come si evince dal nome, si tratta di un progetto sovra-individuale di ricerca visiva quasi scientifica.

Il labirinto del GRAV (1963), realizzato per la terza Biennale di Parigi, comprendeva una serie di venti
installazioni ambientali e fu progettato per stimolare nove diverse categorie di spettatorialità.
Nonostante la retorica aperta del gruppo, lo spettatore aveva possibilità limitate di interagire con
l’ambiente. Le esperienze prodotte dalle installazioni del GRAV sono più individuali che sociali e oggi
sarebbe più corretto definirle interattive piuttosto che partecipative. Il modo più efficace con cui il GRAV
fece passare un messaggio politico fu attraverso la percezione, in particolar modo nel potere conferito
all’osservatore di poter contare sulle proprie capacità sensoriali e di interpretazione.

Fondamentale fu l’idea di una partecipazione sociale e collettiva come antidoto all’individualismo.

Il più peculiare degli sforzi del GRAV rivolto ad una ricerca di coesione sociale fu Une journee dans la
rue, un itinerario di azioni pubbliche in giro per Parigi, organizzato il 19 aprile 1966. Dalle otto di mattina
fino a mezzanotte vennero organizzate ogni sorta di attività ludiche allo scopo di far vivere ai parigini un
diverso approccio alla città. Si spera di superare i rapporti tradizionali tra l’opera d’arte e il pubblico. La
critica da parte dell’IS a queste pratiche non tardò ad arrivare. Il problema principale fu che non veniva
lasciata allo spettatore la possibilità di non partecipare, finendo per inciampare in dinamiche sistemiche
contro gli ideali stessi del GRAV. La banalità e la convinta natura didattica del GRAV pongono in primo
piano un paradosso, tuttora attuale, della partecipazione come dispositivo artistico, il che comporta la
manipolazione dello spettatore affinchè completi l’opera “correttamente”.
3.LEBEL

I primi happening in Europa ebbero luogo durante i festival “Anti-Procès” di Jean-Jacques Lebel (dal 1960 in
poi). In particolare il secondo appuntamento del festival, tenuto a Venezia, ospitò l’happening chiamato “Il
funerale della cosa di Tinguely”: una complicata performance quasi rituale che si svolgeva sul Canal Grande
e faceva riferimento al marchese De Sade, a J.K. Huismanas e all’amica di Lebel recentemente assassinata.

Il Lavoro di Lebel si ispira a Dada, Surrealismo e Artaud piuttosto che da John Cage e l’action Painting, da cui
presero spunto i corrispettivi americani.

Lebel partecipò ai lavori di Allan Kaprow, l’ideatore degli happenings statunitensi.

Per L. gli happening europei e quelli americani avevano in comune la preoccupazione di “ridare all’arte ciò
che le è stato strappato: l’intensificazione delle emozioni, il gioco degli istinti, un senso di festosità e
agitazione sociale. Ad ogni modo c’erano anche delle grandi differenze tra i due filoni.

La prima opera a prendere il nome di happening fu Eighteen Happenings in Six Parts di Allan Kaprow che
ebbe luogo alla galleria Reuben di New York e si svolse per diverse sere nell’autunno del 1959. Nei suoi
primi scritti, Kaprow mette gli happening in opposizione al teatro convenzionale: essi rifiutavano
deliberatamente la trama, i personaggi, la struttura narrativa e la divisione tra pubblico e performer, in
favore di eventi solo parzialmente preparati. Dalla metà degli anni sessanta, il pubblico inizia a far parte
della realizzazione dell’opera. Inizialmente in loft e gallerie, gli happening si spostarono in luoghi più aperti
come fattorie e campus universitari.

Lebel si avvicinò alla pittura e al jazz come dispositivi dalla struttura improvvisata per la creazione di eventi
di tipo collaborativo.

Ciò che davvero differenziava gli happening europei da quelli nordamericani era un riferimento agli eventi
politici contemporanei presente nei primi. Il lavoro degli europei (Lebel, Vostell, Robert Filliou, gli azionisti
viennesi) conteneva una consapevole critica socio-politica alla società dei consumi. Nel lavoro di Lebel, ci
sono numerosi riferimenti all’attualità e un’enfasi libertaria posta sulla libera espressione (“l’avvento della
sessualità”), sul mito e sull’esperienza allucinatoria.

Il suo happening del 1962, “Per esorcizzare lo spirito della catastrofe” si tenne all’interno di una mostra
collettiva che lebel aveva organizzato alla galleria Raymond Cordier. La locandina dell’evento riproduceva un
lungo manifesto di Lebel con riferimento alla società dei consumi, al tabù sessuale e politico e l’evento
stesso improvvisa su temi quali la guerra, il razzismo, lo sfruttamento, il porno e la seria minaccia di un
conflitto nucleare.

L’approccio di Lebel si differenziava molto da quello degli artisti statunitensi, essendo più affine al lavoro del
Living Theatre che diretto dagli allievi di Artaud. In entrambi i casi, la nudità era un veicolo per la liberazione
sessuale e coscienza politica. La differenza è che gli spettacoli del living theatre erano ripetibili mentre gli
happening di Lebel avevano carattere di unicità perché basati sull’improvvisazione e sulla progettazione in
situ.

Importante è la presentazione di una particolare interpretazione della partecipazione dell’osservatore e del


ruolo dell’artista. Nel suo saggio Le Happening (1966), l’artista attinge a una vasta gamma di teorici. Freu,
Bataille, Marcuse, Sade, Levi-Strauss, Artaud e Mauss. Questi nomi fanno intendere come Lebel
considerasse la figura dell’artista come trasgressore morale e come tramite per le speranze e i desideri
collettivi. Lebel si rifiuta di riconoscere la distinzione tra performer/pubblico come rifiuta di riconoscere le
divisioni della cultura dominante (es.: politica-arte, rivoluzione-creazione (di arte), oggetto-soggetto, ecc..)

Chi partecipava agli happening, quindi prendeva parte ad un’esperienza mitica prodotta in maniera
collettiva. Dove l’artista diventa dispositivo attraverso cui scorrono i pensieri collettivi, per combattere
un’importazione capitalistica del pensiero, Lebel ricorre all’uso di droghe allucinogene e all’abbandono
sessuale al fine di combattere le distinzioni tra soggetto e oggetto.

L’esempio più estremo fu: “120 minuti dedicati al divino marchese” del 4 aprile 1966 e si tenne al Thèatre
de la Chimère, edificio dove abitava Breton (provocazione), si ispirò alla censura del film La Religieuse e la
pubblicazione delle Oeuvres Complètes del Marchese De Sade. Circa 400 persone entravano nell’edificio
dall’ingresso degli artisti (riferimento al piacere del “passaggio sul retro” di De Sade), una volta entrati
venivano accolti da donne nude che prendevano loro le impronte digitali per poi farli passare in stretti
corridoi rivestiti di carne sanguinolenta (allusione al grembo materno). Al teatro erano state tolte le sedute
e ci si poteva posizionare sia sul palco che sulla platea. Venivano messe in scena dodici sequenze che
servivano da supporto per le improvvisazioni. Nudità, atti sessuali e sodomie di tutti i tipi venivano messe in
atto ed il pubblico era scioccato tanto da denunciarlo. Lebel fu arrestato per offesa l capo di stato e insulto
alla morale pubblica. Una grande quantità di luminari firmarono una lettera in sua difesa.

Negli happening di Lebel, egli sfrutta la crudeltà di cui parlava Artaud, esercitando un certo sadismo
ingiurioso nei confronti del pubblico.

Negli Stati Uniti vediamo qualcosa di simile in Meat Joy (Gioia della carne, 1964) di Carolee Schneemann
(sostenuta e portata in Europa da Lebel). Claire Bishop la definisce una rivisitazione dionisiaca
dell’espressionismo astratto. Meat Joy consiste nella performance eseguita da attori mezzi nudi che
ballavano una musica pop sporcandosi di vernice, pesce crudo e polli. Il coinvolgimento del pubblico
avvenne inaspettatamente.

In un confronto con l’IS, gli artisti del happening cercarono di portare il quotidiano all’interno dell’opera
d’arte mentre i situazionisti trovavano necessario rimettere in discussione la stessa categoria dell’arte,
negandola in favore di uno stile di vita vissuta appieno. D’altro canto, Lebel e Debord avevano molte cose in
comune come l’ispirazione al Surrealismo (che in seguito entrambi screditeranno), antisistemici, e
credevano nell’autenticità del vissuto in funzione dell’elevazione del quotidiano attraverso il gioco.

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