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CAPITOLO 4

La stabilità finanziaria

Obiettivi
Dopo avere studiato questo capitolo dovreste essere in grado di:
Descrivere l’evoluzione delle funzioni del FMI.
Illustrare i principali obblighi in capo agli Stati membri del FMI.
Descrivere i principali meccanismi di assistenza finanziaria del FMI, la politica di condizionalità e le risorse
destinate all’assistenza finanziaria.
Individuare le maggiori criticità nell’assetto istituzionale del FMI.

Come già accennato, la rinnovata volontà di pace e cooperazione multilaterale riscoperta nel secondo
dopoguerra portò anche all’istituzione del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca per
la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) durante la Conferenza di Bretton Woods1 del 1944. Tali
istituzioni erano state pensate, rispettivamente, per garantire la stabilità monetaria e quella finanziaria
a livello internazionale. Così come sul piano politico erano state create le Nazioni Unite, anche sul
piano economico era stato inaugurato un sistema di organizzazioni internazionale a vocazione
universale che, con le loro regole multilaterali, potessero favorire la cooperazione tra gli Stati sul
piano economico e quindi per questo tramite anche garantire la pace e la sicurezza internazionali.
1. Le origini del FMI
Gli Stati maggiormente impegnati nella definizione della struttura del FMI furono la Gran Bretagna
e gli Stati Uniti, rispettivamente rappresentati da John Maynard Keynes e Harry Dexter White. Le
due posizioni muovevano entrambe dalla consapevolezza della necessità di creare meccanismi
monetari internazionali fondati sul multilateralismo e di creare un sistema di regole che limitasse tutte
quelle pratiche che sul piano monetario avevano favorito la Seconda guerra mondiale, in particolare
le problematiche inerenti ai tassi di cambio (e quindi anche alla convertibilità tra le monete) e le
svalutazioni incontrollate e competitive. Dissentivano però sulle modalità con cui tali problemi
avrebbero dovuto essere risolti: sostanzialmente, mentre la Gran Bretagna privilegiava una rapida e
solida ricostruzione dell’economia interna, gli Stati Uniti (forti, invece, della loro economia in
espansione e della loro moneta forte) spingevano per l’immediata istituzione di un sistema di liberi
scambi internazionali2.
Il FMI aveva inizialmente due obiettivi principali: innanzitutto, quello di garantire la stabilizzazione delle relazioni
monetarie internazionali attraverso l’istituzione di un regime generalizzato di tassi di cambio fissi ma aggiustabili
e la realizzazione della piena convertibilità delle monete. Prima della sua istituzione (in particolare nel periodo
antecedente il primo conflitto mondiale) la convertibilità delle monete era assicurata dal meccanismo del gold
standard, per cui le banche (senza che quelle centrali o gli Stati potessero intervenire) avevano il dovere di
convertire qualsiasi moneta nel corrispondente valore in oro3.

1 V. supra, premessa alla parte di diritto materiale.


2 COMBA, A. Neoliberismo e globalizzazione, op. cit., 2013, p. 19.
3 Ivi, p. 5.

1
I lavori della Conferenza si conclusero con l’istituzione del FMI (il cui statuto entrò in vigore il 27
dicembre 1945), al quale vennero riconosciute ampie competenze relative al c.d. “governo della
moneta”, fino ad allora ritenuta materia strettamente nazionale. Le regole adottate dal FMI erodono
quindi la sovranità monetaria (intesa come il potere di emettere la propria moneta, controllare i tassi
di cambio e autorizzare i trasferimenti internazionali) degli Stati nella misura in cui sono finalizzate
a:
• Regolare la c.d. systemic stability (mantenere un ordinato regime di cambi e un sistema stabile
di tassi di cambio);
• Regolare la piena convertibilità monetaria (sistema multilaterale dei pagamenti, eliminazione
delle restrizioni valutarie).
2. Il governo della moneta del FMI
Come prescritto dall’art. I del suo Accordo Istitutivo4, il FMI era stato creato per monitorare e
mantenere il pair value exchange system di Bretton Woods (detto anche gold exchange standard) a
garanzia della c.d. systemic stability. Al fine di assicurare il perdurare di tale sistema, il FMI avrebbe
dovuto peraltro garantire assistenza finanziaria a quegli Stati membri che si trovassero in difficoltà
congiunturali fornendo loro prestiti a breve termine affinché potessero prontamente fare fronte a
squilibri nella loro bilancia dei pagamenti e garantire contestualmente il tasso di cambio fissato5 (onde
evitare, appunto, i disequilibri del sistema monetario in generale).
La bilancia dei pagamenti è un rendiconto dello Stato che permette di capire i suoi livelli di esportazione e
importazione; questo permette di capire anche quanto valga la moneta di uno Stato rispetto alle altre. Ad esempio,
il franco si deprezza o apprezza rispetto all’euro. L’idea alla base dell’istituzione del Fondo era quella di intervenire
per evitare che, a fronte di gravi disequilibri, si venissero a creare troppe differenze tra le monete degli Stati.
Secondo questo sistema, ogni Stato era tenuto a concordare con il Fondo la parità di cambio (par value) della
propria moneta nazionale rispetto all’oro e/o al dollaro, con una banda di fluttuazioni ammessa per le operazioni
di cambio a pronti del ± 1%: in questo senso, il cambio era fisso ma aggiustabile. Nella realtà dei fatti, soltanto gli
Stati Uniti avevano ancorato la loro moneta all’oro (35 dollari per oncia), mentre tutte le altre valute a loro volta
erano state vincolate al dollaro.
Affinché il FMI potesse effettivamente sostenere finanziariamente gli Stati membri, questi dovevano
rispettare l’obbligo di non ammettere sul proprio territorio operazioni di cambio che superassero il
margine consentito: tuttavia, gli Stati erano soliti tollerare bande di fluttuazione superiori rispetto al
limite previsto e, contestualmente, il Fondo non riuscì a garantire la modifica uniforme della parità di
cambio rispetto all’oro di tutte le monete6. Il Fondo pensò quindi di potere risolvere questo problema
procedendo ad un aumento del prezzo dell’oro e alla contestuale svalutazione di quello del dollaro:
gli Stati Uniti, però, opposero un veto ad una decisione in tal senso; la mancanza di disciplina da parte
degli Stati ed il rigido rifiuto opposto dagli americani svelarono, intorno alla fine degli anni ’60,
l’insostenibilità del sistema7. Nel 1971 venne quindi sospesa temporaneamente la convertibilità del
dollaro e, data la protratta inefficienza della neo-nata organizzazione, nel 1978 venne approvato un
apposito emendamento (proposto nel 1976 al Consiglio dei Governatori del Fondo, a seguito
dell’accordo raggiunto tra Gran Bretagna e USA) dello Statuto del FMI, con il quale si sancì

4 Art I.1: “To promote international monetary cooperation through a permanent institution which provides the machinery
for consultation and collaboration on international monetary problems”.
5 GOULD, R.E. Money Talks: Supplementary Financiers and International Monetary Fund Conditionality, in
International Organization, Vol. 57, n. 3, 2003, p. 551.
6 Ivi, p. 72.
7 Ivi, p. 73.

2
l’abbondono del sistema dei cambi fissi e la de-monetizzazione dell’oro 8 e si legittimò la
liberalizzazione dei regimi di cambio. In base all’attuale sistema, gli Stati sono liberi di adottare
qualsivoglia regime di cambio dandone comunicazione tempestiva al FMI. 9 Sono però comunque
tenuti a rispettare un obbligo di cooperazione con il FMI e gli altri Stati membri, sulla base del quale
si impegnano ad adottare delle politiche interne che possano garantire la stabilità macroeconomica
della propria economia al fine di garantire la stabilità della propria moneta; allo stesso tempo,
soggiacciono anche al divieto di svalutare volontariamente la propria moneta.
In aggiunta alle regole poste a garanzia della systemic stability, gli Stati membri del Fondo sottostanno
anche a una serie di regole volte ad assicurare la piena convertibilità tra le monete: così, non possono
introdurre restrizioni ai pagamenti o ai trasferimenti di valuta relative alle operazioni internazionali
correnti, a meno che il Fondo non lo permetta (si pensi, ad esempio, alla crisi degli ostaggi del 1979
a seguito della quale gli americani bloccarono i depositi iraniani custoditi nelle loro banche). Infine,
sono vietate pratiche discriminatorie nei confronti di determinate valute e l’applicazione di tassi di
cambio multipli.
3. Le funzioni del FMI
Ad oggi, il sostegno finanziario non è più l’unica funzione espletata dal FMI; infatti, accanto a
quest’ultimo, il Fondo interviene attivamente nel panorama internazionale per garantire la
sorveglianza, la prevenzione delle crisi e, infine, l’assistenza tecnica tramite i suoi fondi.

3.1 La funzione di assistenza finanziaria e la condizionalità


Aderendo al Fondo, gli Stati assumono una serie di obblighi a cui corrispondono anche una serie di
diritti tra cui, appunto, quello di ottenere assistenza finanziaria per fare fronte a squilibri temporanei
della bilancia dei pagamenti10. Si distinguono diverse modalità di aiuto erogabili dal Fondo:
1. Quota di riserva ad ogni Stato membro viene consentito di accedere alle risorse del Fondo
e, in particolare, di prelevare moneta estera in cambio della propria (di qui l’espressione
prelievo) per un ammontare pari alla parte della quota paese che ciascuno Stato membro versa
in valuta internazionale (corrispondente al 25% della quota paese totale). 11 Tale pratica viene
detta automatica perché può avvenire in qualunque momento: non è cioè soggetta a
condizionalità alcuna (perché è come se lo Stato acquisisse un credito nei confronti del FMI
una volta che versa la sua quota paese) ma soltanto a un obbligo di restituzione. L’obiettivo
di tali prelievi é permettere (senza modifiche della politica monetaria) agli Stati in provvisoria
difficoltà di potere procedere con i pagamenti verso l’estero12.
2. Stand-by Arrangements in questo caso la somma di valuta internazionale accessibile per il
tramite del Fondo a Stati che si trovino in situazioni di disavanzo della bilancia dei pagamenti
e di difficoltà a livello di riserve monetarie può raggiungere il limite del 200% della quota
paese in un anno e del 600% della quota paese in totale. Si tratta pero in questo caso di prelievi
non automatici e soggetti a condizionalità: significa che lo Stato dovrà impegnarsi a rispettare

8 Questa modifica interessò, in particolare, l’art. 4 dello Statuto.


9 Come si vedrà infra, questo importante cambiamento portò il FMI ad esplorare anche nuove funzioni, che ne garantissero
e giustificassero l’esistenza.
10 SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 63.
11 V. infra.
12 SCISO, E. Appunti, op. cit., pp. 63-64.

3
una serie di condizioni fissate dal FMI nella c.d. decisione di Stand-by del Comitato esecutivo,
che definisce ammontare e modalità del prestito. Tale decisione si basa innanzitutto su quanto
“promesso” dallo Stato richiedente nella sua c.d. letter of intents rivolta al FMI e sulle
valutazioni degli esperti del Fondo stesso rispetto alla situazione dichiarata dallo Stato. Di
norma, il prestito totale è diviso in tranche: la prima è erogata automaticamente senza
condizionalità nella misura, anche qui, del 25% della quota paese; le successive sono erogate,
di norma nel giro di 1-3 anni, una volta che gli esperti del Fondo abbiano verificato il rispetto
delle condizionalità previste nella decisione di Stand-by. Anche in questo caso, c’è un obbligo
di restituzione entro 2-4 anni, restituendo il capitale e pagando gli interessi a tassi di mercato.
3. Diritti speciali di prelievo (DSP) si tratta di una moneta scritturale (nel senso che il FMI
la “emette” virtualmente ma non la stampa né la mette in circolazione) che il FMI alloca tra
gli Stati membri gratuitamente in proporzione alle quote paese (ma almeno in ammontare
equivalente al 29% di tali quote) ogniqualvolta decide di emettere DSP (sinora, il Fondo ha
“emesso” DSP in tre occasioni: 1970, 1979 e 2009).13 In questo senso, i DSP rappresentano
un’ulteriore meccanismo di assistenza finanziaria nella misura in cui possono essere utilizzati
dagli Stati membri per ottenere valuta internazionale: basterà che lo Stato membro decisa di
scambiare DSP con un ammontare di valuta internazionale corrispondente al loro valore,
tramite un accordo bilaterale con un altro Stato membro del Fondo che detenga tale valuta (e
che verrà remunerato con il pagamento degli interessi sulla transazione), con o senza
l’intervento del FMI in qualità di mediatore.
4. Altri sportelli o disponibilità speciali lo Statuto del FMI non aveva inizialmente classificato
in maniera diversa i problemi all’origine di uno squilibrio della bilancia dei pagamenti dei
paesi membri; nel corso della storia, però, si è riconosciuto che le cause all’origine di queste
problematiche possano essere profondamente diverse: proprio per questo sono state create una
serie di disponibilità speciali (facilities o policies), finalizzate al sostegno degli Stati membri,
che incorrono in problemi causati da fattori esogeni (si pensi, ad esempio, alle calamità
naturali) o il cui squilibrio presenta una natura strutturale, per cui il sostegno di cui lo Stato
necessita è a lungo termine14.
Ad esempio, dopo il terremoto che l’aveva colpita, il FMI ha concesso ad Haiti nel 2012 un credito del
valore pari a circa 11 miliardi e mezzo di euro; invece, un esempio interessante per comprendere che cosa
sia una facilitazione condizionata è il maxi prestito (di circa 50 miliardi di euro) da poco accordato dal
Board del FMI all’Argentina, per ridurne il deficit e ristabilirne, in futuro, l’economia nazionale.

Una menzione meritano un particolare la c.d. Flexible Credit Line (FCL) con cui,
preventivamente, gli Stati con solide fondamentali economiche si accordano in via
precauzionale (condizionalità ex ante) con il FMI al fine di attivare una linea di credito per
ricevere dei fondi da spendere in caso di bisogno (ad esempio, la Colombia, il Messico, la
Polonia hanno operato in questi termini); e la Poverty Reduction and Growth Trust (PRGT),
con cui sono ammessi finanziamenti a condizioni agevolate per i paesi a basso reddito (sono
previste previste flessibilità in linea con il livello di sviluppo dei paesi richiedenti).

13 Il valore di ciascun DSP era stato originariamente fissato in oro, ma oggi è determinato sulla base della somma di un
ammontare predeterminato di ciascuna delle quattro valute internazionali più forti (dollaro, euro, yen e sterlina) calcolato
in dollari al tasso di cambio di mercato.
14 Ivi, p. 65.

4
Nell’ambito della PRGT, in particolare, il FMI ha recentemente attivato e/o rafforzato alcuni programmi di
assistenza finanziaria di emergenza per far fronte all’emergenza legata alla lotta alla pandemia da COVID-
19. Tra questi spiccano la c.d. Rapid Credit Facility (RCF) e la Catastrophe Containment and Relief Trust,
entrambi destinati a garantire finanziamenti rapidi di emergenza a condizioni agevolate per i Paesi poveri.
A questi si aggiunge il c.d. Rapid Financing Instrument (RFI) aperto invece a tutti i Paesi del FMI e basato
mutatis mutandis sugli stessi principi. Il FMI ha già concesso finanziamenti di emergenza a una quarantina
di paesi (prevalentemente Paesi africani, ma anche Stati dell’Asia orientale, dell’America centrale e
dell’America latina oltreché alcuni Paesi dell’area dei Balcani). 15 , ma altri 50-60 sono sulla lista d’attesa.
La capacità attuale dei fondi di emergenza è pari a USD 100 miliari, ma il FMI conta sui paesi ricchi per
aumentarne la potenza. La Svizzera ha annunciato un contributo ad hoc di CHF 25 milioni. In aggiunta a
ciò, per il 2020 i paesi industrializzati si sono impegnati a sospendere il pagamento degli ammortamenti e
interessi sul debito estero dei 29 paesi più poveri nei confronti del FMI.

3.1.1 L’assistenza finanziaria: la condizionalità


Uno dei principi guida dell’attività del Fondo è la condizionalità: il versamento dei prestiti accordati
(fatta eccezione per quelli che rientrano nelle disponibilità ordinarie nel limite della tranche di
riserva) è subordinato all’implementazione di determinate politiche economiche e monetarie, di
riforme strutturali, nonché della liberalizzazione di taluni settori 16.
La condizionalità risponde a tre obiettivi: stabilizzare l’ammontare del debito pubblico; limitare le
richieste all’FMI di valute estere; e, imporre le condizioni-quadro appropriate affinché l’FMI venga
rimborsato per i prestiti concessi. 17
Pur tuttavia, la condizionalità è caratterizzata da alcuni elementi critici: se, da un lato, queste
condizioni sono funzionali a garantire il rientro dei denari, dall’altro queste condizioni si concentrano
sui fondamentali economici dello Stato che, però, possono avere delle ripercussioni sociali (si pensi,
ad esempio, alla richiesta di politiche di welfare) e dunque delle ripercussioni in termini di sovranità
(si pensi alla richiesta di liberalizzazione di alcuni settori).
In passato, le riforme richieste dal FMI avevano solo natura macroeconomica; nel corso degli anni, il Fondo ha
profondamente incrementato il numero e le tipologie di condizioni da soddisfare per ricevere i prestiti, arrivando
anche a richiedere che venissero attuate riforme interne sostanziali, che toccavano ambiti originariamente riservati
alla sovranità statale come, ad esempio, la necessità di rispettare i principi della corporate social responsibility, di
modificare il livello di tassazione nazionale o, ancora, di liberalizzare il commercio internazionale per favorire gli
scambi e, spesso, la libera circolazione dei capitali18.
Un altro importante profilo di criticità rilevato in tal senso riposa sull’assenza di principi di
democraticità nella politica di condizionalità del Fondo: questo significa che, ad esempio, uno Stato
non debba godere di un sistema democratico per accedere ai fondi; paradossalmente, anche quelli
tirannici hanno quindi diritto ad accedervi. Tra l’altro, il sistema di valori su cui si basa la
condizionalità è speculare al sistema di valori sposato dagli Stati maggiormente influenti.
Infine, un ulteriore profilo di criticità riguarda il fatto che la stragrande maggioranza dei finanziamenti a
disposizione del FMI non sono utilizzabili per emergenze dovute a fattori esogeni non imputabili a una mala
gestione economica da parte di uno Stato (ad esempio, una calamità naturale o l’emergenza a COVID-19).
L’approccio basato sull’austerità è infatti totalmente inadeguato: nelle parole di Pietro Veglio, “sarebbe infatti

15 Si veda https://www.imf.org/en/Topics/imf-and-covid19/COVID-Lending-Tracker.
16 VITERBO, A. Fondo, op. cit., p. 89.
17 Siccome l’FMI non può richiedere garanzie collaterali ai governi, la condizionalità equivale a un collaterale che
minimizza il rischio che il portafoglio di prestiti dell’FMI sia finanziariamente insostenibile. P. Veglio, ‘Fondo monetario
internazionale: A quando una riforma?’, Plusvalore RSI, 29 Aprile 2020.
18 ELDAR, O. Reform of IMF conditionality: a proposal for self-imposed conditionality, in Journal of International
Economic Law, Vol. 8, n. 2, 2005, pp. 511-515.

5
tragico per il FMI esigere dai governi tagli della loro spesa pubblica quando sarebbe invece auspicabile un aumento
della stessa per limitare decessi e lottare contro fallimenti e disoccupazioni”19.

Concretamente, la condizionalità si configura in questo modo: una volta concessa una prima parte di
finanziamento (a cui tendenzialmente precede la necessità di soddisfare alcune richieste, prior
actions), le successive tranches sono condizionate al soddisfacimento dei requisiti richiesti (program
reviews). Se questi standard non vengono soddisfatti, il finanziamento può essere sospeso o
rinegoziato.
Indicativo in tal senso è il caso della Grecia, che a partire dal 2010 riceve finanziamenti (creati ad hoc per gestire
questa crisi) dal FMI (di concerto con il Parlamento Europeo e la Banca Europea: Troika): le tranche successive
al primo intervento furono condizionate all’implementazione di politiche di austerità (giustificate alla luce del
volume di denaro concesso), volte principalmente alla riduzione delle spese pubbliche (si pensi, per esempio, ai
tagli alla disoccupazione: queste scelte hanno portato, nel corso del tempo, a dire che che con l’azione del Fondo
erano stati addirittura negati i diritti sociali dei cittadini). La crisi del 2008 ha portato il FMI a modificare
parzialmente i propri interventi: seppur il suo obiettivo primario resti sempre il mantenimento della credibilità del
mercato finanziario dei suoi membri, ad oggi questa necessità deve convivere con programmi più discrezionali,
sempre intesi a stimolare l’equilibrio interno 20.
Periodicamente il fondo rivede le linee guida sulla condizionalità (ultima volta nel 2012), con il fine
di garantire maggiormente l’autonomia degli Stati, nel senso di negoziare un trattamento che riesca a
riflettere e a captare le peculiarità di ogni singolo Stato richiedente.
3.1.2 L’assistenza finanziaria: le risorse
Il FMI dispone di un proprio capitale sociale a cui attingere per finanziare le proprie attività. Questo
è costituto da:
1. Quota paese Al momento dell’adesione al FMI ad ogni Stato membro viene assegnata una
quota paese, che indica sia la partecipazione al capitale sociale (ed è anche il parametro per
la ponderazione dei voti), sia quanto un paese debba versare al Fondo; questa viene calcolata
in base ad una formula matematica innovata nel 2008 che considera come rilevanti i seguenti
parametri: il PIL, l’apertura del Paese verso l’estero, la variabilità delle esportazioni e dei
flussi netti di capitale nonché le riserve ufficiali21.
Questo implica che più un paese è ricco, maggiore sarà la sua quota di partecipazione e, quindi, il suo potere
decisionale: ad oggi, la maggiore influenza è esercitata dagli Stati Uniti d’America (quota di partecipazione
ammonta al 16.52%); a livello europeo, invece, il paese più influente è la Germania (quota di partecipazione
ammonta al 5.32%).
2. Accordi di prestito A causa del ridotto ammontare delle quote paese, spesso il FMI è
costretto a sottoscrivere, in veste di mutuatario, degli accordi di prestito: questi possono
essere bilaterali (sono conclusi con uno Stato o con una Istituzione finanziaria: è il caso, ad
esempio, dei prestiti concessi dalla ricca Arabia Saudita e di quelli erogati dalla Banca dei
Regolamenti Internazionali, BRI) o multilaterali (come i GAB e i NAB)22.
General Agreements to Borrow (GAB) Furono istituiti per la prima volta nel 1962, con l’intento di creare
un fondo speciale per aiutare i Paesi membri che si trovavano in difficoltà. Ad oggi vengono erogati anche
nei confronti dei paesi non membri. Queste risorse sono erogate dagli 11 paesi più industrializzati.
New Arrangements to Borrow (NAB) Rappresentano oggi la risorsa finanziaria più cospicua del Fondo;
furono istituiti nel 1997, a seguito della crisi finanziaria del Messico. Questi subentrano in via supplettiva

19 P. Veglio, ‘Fondo monetario internazionale: A quando una riforma?’, Plusvalore RSI, 29 Aprile 2020.
20 BAN, C. Austerity versus Stimulus? Understanding Fiscal Policy Change at the International Monetary Fund Since the
Great Recession, in Governance, Vol. 28, n. 2, 2015, p. 179.
21 VITERBO, A. Fondo, op. cit., p. 78.
22 Ivi, p. 86.

6
rispetto ai GAB, hanno un valore aggiuntivo rispetto ai primi. Ad oggi, vi partecipano 38 paesi inclusa la
Svizzera e molte economie emergenti) per un valore totale di risorse disponibili di 367.5 miliardi DSP
(circa 560 miliardi di dollari statunitensi).
3. Altre forme di finanziamento Come i proventi di investimento sui mercati internazionali,
piuttosto che le commissioni legate ad operazioni finanziarie degli Stati membri.

3.2 La funzione di sorveglianza


Ai sensi dell’art. IV n. 3, al FMI è altresì attribuita la funzione di sorveglianza con il fine di prevedere
le crisi; in particolare distinguiamo:
1. Sorveglianza bilaterale (verso gli Stati) Il Fondo controlla il funzionamento del sistema
finanziario internazionale e l’adempimento, da parte degli Stati, di tutti quegli obblighi
necessari per il suo mantenimento nel tempo 23. Ogni anno alcuni esperti del Fondo si recano
personalmente negli Stati e, dopo essersi confrontati con il Governo nazionale, redigono il
c.d. Country Report che, però, può essere pubblicato solo se lo Stato vi acconsente: tale
rapporto si concentra, da un lato, sulla bilancia dei pagamenti e dall’altro, su considerazioni
relative a circostanze di instabilità interna. Tra l’altro, se gli Stati fanno parte di
organizzazioni monetarie, oltre al Governo del Paese verranno consultati anche gli organi
delle organizzazioni di cui sono parte (si pensi, ad esempio, all’Unione economia e monetaria,
UEM). A seguito della crisi economica e finanziaria internazionale del 2008 è stato previsto
che anche le vulnerabilità del settore finanziario debbano essere considerate.
2. Sorveglianza multilaterale (del sistema finanziario) Il FMI controlla lo stato del sistema
finanziario internazionale tramite delle analisi non vincolanti, a cui seguono delle proposte di
aggiustamento24. Con queste si guarda a come lo Stato interagisce nel macro-sistema e, dopo
la crisi del 2008, è stata prevista una forte integrazione con la prima tipologia di sorveglianza:
invero, non esistono più economie avulse dal contesto in cui operano e, quindi, ciò che accade
in un Paese potrebbe avere un’incidenza a livello sistemico. In questo senso, la sorveglianza
multilaterale espleta anche una funzione di prevenzione delle crisi poiché il Fondo deve
indicare quali siano gli accorgimenti che un Paese deve adottare per risanare la propria
situazione25.
3.3 La funzione di assistenza tecnica
Non è direttamente prevista nello Statuto, ma fa parte della prassi: tendenzialmente, gli Stati più
poveri richiedono al FMI un intervento in loco (tramite gli esperti, detto infatti anche di capacity
building), finalizzato alla formazione della classe dirigente al fine di portare a compimento operazioni
come l’apertura dei mercati finanziari, la promozione di riforme fiscali, o ancora il rafforzamento
delle istituzioni nazionali26. Si tratta di operazioni molto costose che, tra l’altro, il Fondo garantisce
gratuitamente.

23 Ivi, p. 103.
24 SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 71.
25 Ivi, p. 73.
26 SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 74.

7
4. La Struttura del FMI
Il Fondo è composto da 189 Membri ma, a differenza dell’OMC, conta solo Stati e nessuna
Organizzazione Internazionale: ad esempio, l’UE non fa parte del Fondo. Nel Fondo a ciascuno Stato
viene assegnata una quota paese, calcolata in base al peso economico dello Stato.
Ad esempio, la Svizzera ha una quota pari al 1,21%.
Questa quota viene calcolata in base ad una formula che considera, come sue variabili, fattori
unicamente economici: ad esempio, vengono considerati fattori come il PIL, l’apertura del Paese
verso l’estero, la variabilità delle esportazioni e dei flussi netti di capitale, le riserve ufficiali etc.
Invero, queste quote variano fortemente, poiché la potenza economica degli Stati partecipanti è
profondamente diversa. Tra l’altro, gli Stati non possono decidere autonomamente la loro quota né
sono abilitati a modificarla unilateralmente: essene viene stabilita in maniera top – down. Il fatto che
la quota sia calcolata in questo modo e non sia modificabile non è senza conseguenze poiché, per
esempio, in base alla quota paese viene calcolato il diritto di voto.
Proprio per queste caratteristiche, il sistema delle quote paese ha attirato diverse critiche che ha portato il Fondo
ad ammettere che, periodicamente, queste possano essere revisionate. A tal fine, sono stati introdotti due processi:
• Revisione generale Ogni 5 anni; aumentando il capitale del Fondo vengono allocate quote aggiuntive
ad ogni partecipante in maniera proporzionale.
• Revisione ad hoc Nel panorama complessivo ci sono Stati sovra-rappresentati e Stati sotto-
rappresentati. Questa revisione è quindi finalizzata ad un riallineamento nella ripartizione delle quote in
favore di questi ultimi. Storicamente, il problema era lo sbilanciamento tra i Paesi industrializzati e quelli
in Via di Sviluppo (ad es. nel 2010-2011, si è proceduto ad aumentare le quote di Paesi come la Cina,
l’India, il Brasile, il Sud Africa, la Russia, il Messico, la Turchia).
Nel Fondo, appunto, non vale il principio one State, one vote, ma il voto è ponderato: ogni Stato ha
diritto a 750 voti di base e, inoltre, ha diritto a un voto aggiuntivo per ogni frazione di quota pari a
100.000 diritti speciali di prelievo. Tale sistema, fa si che gli Stati più forti abbiano quasi un diritto
di veto. Questo perché, anche se le delibere dovrebbero preferibilmente essere approvate per
consensus, nei fatti vengono spesso assunte per maggioranza. Nei casi delle delibere più importanti
(ad es. l’aumento o la diminuzione del capitale sociale o la definizione delle quote paese) si richiedono
maggioranza qualificate come quella dell’85%).
In questi casi, gli Stati Uniti possono impedire l’adozione della delibera poiché detengono il 16,52%.
All’interno del FMI gli organi che operano sono i seguenti 27:
1. Consiglio dei Governatori Organo consultivo o assembleare, che si compone di un
governatore e di un supplente per ciascuno Stato (189); detiene tutti i poteri non delegati o
direttamente attribuiti ad altri organi, quindi ha competenze generali. Può delegare talune delle
sue funzioni al Comitato esecutivo, ad eccezione di alcune competenze esclusive come, ad
esempio, la definizione delle quote paese. Da un lato, delibera quindi su tutte le questioni
critiche ma, dall’altro, se non raggiunge il consensus, adotta le decisioni per maggioranza
qualificata che, nei fatti, corrisponde al diritto di veto di alcuni Stati.
Non c’è quindi il rispetto del principio democratico.
2. Consiglio di Amministrazione o Comitato esecutivo Organo esecutivo a composizione
ristretta, composto da 24 direttori: 5 nominati dagli Stati che detengono le quote più elevate
(Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia e Inghilterra), i restanti sono eletti da gruppi di
paesi detti constituencies, il cui Direttore deve rappresentare gli interessi di tutti gli Stati che

27 Tutte le informazioni sulla composizione del Fondo sono consultabili al suo sito: www.imf.org

8
la compongono (il direttore esercita un diritto di voto il cui peso corrisponde alla somma delle
quote di ciascuno dei paesi di cui è formata la constituency).
Per la loro importanza geopolitica, tuttavia, Arabia Saudita, Cina e Russia si sono di fatto arrogati il diritto
di sedere da soli in una mono-constituency e dunque di eleggere il proprio direttore esecutivo. La
constituency della Svizzera è formata anche da Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Polonia, Serbia,
Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan): la quota di voto nel Comitato esecutivo è del 2.89%.

I direttori hanno un mandato di 2 anni. Questo comitato è ancora meno democratico


dell’Organo plenario: il come viene composto fa capire quanto gli Stati pesino diversamente.
3. Direttore Generale Capo dei servizi amministrativi, nominato dal Comitato esecutivo con
mandato di 5 anni.
4. Struttura Amministrativa Organo operativo, con sede a Washington DC.

5 Accountability del Fondo: L’Independent Evaluation Office


Per rispondere alle crescenti critiche relative alla mancanza di legittimità democratica e trasparenza
del Fondo, nel 2001 è stato istituito l’Independent Evaluation Office (IEO), con il compito di svolgere
analisi indipendenti e oggettive sull’operato del FMI, individuarne le criticità e accrescerne quindi
la credibilità esterna.
Ad esempio, nel rapporto sulla gestione della crisi finanziaria europea del 2008-2009, l’IEO ha messo in luce le
responsabilità del Fondo nel minimizzare i segnali di crisi. In particolare, l’IEO ha fortemente criticato l’intervento
del FMI, sostenendo che oltre ad essere stato incapace di prevedere la crisi, ha addirittura affermato, una volta
manifestatasi, che tutto stesse andando per il verso giusto 28. Tra l’altro, una parte della dottrina, ha recentemente
rilevato come il FMI stia diventando sempre di più un organo politico, in cui l’assunzione di determinate decisioni
(e, in questo caso, le relative responsabilità) sia dettata dall’influenza indiretta esercitata dai membri più forti su
quelli più deboli29: se volessimo applicare questa teoria (cd informal governance) a questo caso, potremmo forse
concludere che il mancato intervento e, in generale, l’assenza di allarmismo possano essere anche stati determinati
dalla congiunta potenza degli Stati Uniti nel Fondo e dalla loro responsabilità per la crisi economica (si veda la
crisi dei subprime ecc.). Lo stesso IEO, nel suo progetto finale, aveva sottolineato come l’impossibilità di prevenire
e di risolvere poi la crisi finanziaria del 2008-2009 fosse stata determinata (anche) dalla struttura istituzionale del
Fondo: nello specifico, l’IEO ha notato una certa reticenza a rcionoscere le responsabilità degli Stati Uniti quale
potere “forte” nel Fondo (reticenza allo “speak truth to power”), determinata dal fatto che i rappresentanti dei paesi
più piccoli avevano paura (in termini di posto di lavoro) a denunciare i possibili effetti della crisi.
Ad oggi, l’IEO rappresenta l’unico strumento di accountability disponibile nel sistema FMI. Sono
infatti assenti meccanismi di judicial review delle decisioni tecniche e non esiste un meccanismo
interno di risoluzione delle controversie. La bontà dell’operato del FMI dipende quindi unicamente
dal rispetto di strumenti c.d. di autoregolamentazione (ad es. guidance notes per lo staff su come
applicare le linee guida sulla condizionalità).

28 Sul punto si consulti il Report IEO dell’Ottobre 2014: IMF Response to the Financial and Economic Crisis,
http://www.ieo-imf.org/ieo/pages/CompletedEvaluation227.aspx
29 Un’interessante trattazione è offerta da CHWIEROTH, J.M. ‘The silent Revolution’: How the staff exercise informal
governance over IMF lending, in Review of International Organization, n. 8, 2013, pp. 265-290.

9
CAPITOLO 5

La stabilità monetaria
Obiettivi
Dopo avere studiato questo capitolo dovreste essere in grado di:
Spiegare cosa si intende per gruppo della Banca mondiale.
Illustrare l’evoluzione delle funzioni della BIRS.
Descrivere la procedura di erogazione dei finanziamenti della Banca mondiale e la politica di condizionalità.
Elencare le fonti di risorse della Banca mondiale.
Individuare punti di criticità nell’operato della Banca anche alla luce dei suoi meccanismi di accountability.

1. Le origini e l’evoluzione della BIRS


A Bretton Woods, i negoziati sulla Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS)
furono offuscati da quelli del FMI, considerato al tempo più importante; fu così che molte delle
caratteristiche del Fondo vennero riprese e “copiate” nello Statuto della Banca, la cui attività di
ricostruzione post-bellica e di aiuto allo sviluppo risultò perfettamente complementare a quella del
Fondo: infatti, il Fondo aveva il dovere d’intervenire nei momenti di crisi congiunturali (assicurando
la stabilità monetaria), mentre la Banca aveva quello di garantire l’immissione di flussi di capitale a
lungo termine, che avrebbero dovuto incentivare gli investimenti privati esteri (provvedendo ad
un’equa distribuzione delle risorse)30.
Il trattato istitutivo della BIRS (lo Statuto) entrò in vigore nel 1945, in parallelo a quello del FMI.

Fu pero’ sin da subito chiaro che le necessità della ricostruzione erano talmente vaste che la Banca
non avrebbe mai potuto farcela da sola.
Subentrarono così gli Stati Uniti, l’unica grande potenza economica all’indomani della II guerra mondiale. Gli
Stati Uniti avviarono in particolare il c.d. Piano Marshall, con cui conclusero accordi bilaterali con gli Stati europei
ai fini della ricostruzione.

La Banca fini’ quindi per concentrarsi sul finanziamento dello sviluppo attraverso la concessione di
prestiti agli Stati (o a privati quando lo Stato faccia da garante) per specifici progetti e quindi, per
questo tramite, sulla promozione degli investimenti esteri diretti nei PVS. Al fine di addivenire al
raggiungimento di tale fine nel senso piu’ ampio possibile, la BIRS venne presto affiancata da altre
istituzioni con le quali forma oggi il c.d. gruppo della Banca Mondiale:
- 1956: Società finanziaria internazionale (International Finance Corporation o IFC) (1956),
stimola gli investimenti esteri diretti concedendo prestiti per il finanziamento di progetti nei
PVS direttamente al settore privato;
- 1960: Associazione internazionale per lo sviluppo (International Development Association
o IDA), fornisce così come la BIRS prestiti destinati alla realizzazione di specifici progetti, ma
lo fa a condizioni particolarmente vantaggiose (interessi zero, periodo di grazia decennale e
durata di 35-40 anni) perché i progetti finanziati si svolgono in Paesi economicamente arretrati;
è in sostanza specializzata nel finanziare progetti attuati in Paesi particolarmente poveri.
BIRS e IDA sono le due istituzioni a cui si fa (e a cui faremo) riferimento con l’espressione Banca
Mondiale.

30 VITERBO, A. Fondo, op. cit., p. 74.

10
- 1966: Centro internazionale per la risoluzione delle controversie relative agli
investimenti (International Centre for the Settlement of Investment Disputes o ICSID), fornisce
un’architettura di supporto alla risoluzione delle controversie tra investitori privati stranieri e
Stati ospiti degli investimenti (v. infra)
- 1988: Agenzia multilaterale per la garanzia degli investimenti (Multilateral Investment
Guarantee Agency o MIGA), garantisce una copertura assicurativa agli investimenti esteri
diretti.
Sono tutte istituzioni collegate ma autonome (ad esempio, con proprie istituzioni e un proprio budget),
che hanno per oggetto il finanziamento e, più in generale, la realizzazione di una serie di condizioni
favorevoli alla promozione degli investimenti esteri diretti.

2. La funzione di finanziamento della Banca mondiale


Come detto, la Banca mondiale si occupa di concedere dei prestiti destinati alla realizzazione di
specifici progetti di sviluppo che perseguano fini produttivi. Beneficiari di tali prestiti sono tanto gli
Stati quanto i privati (purché lo Stato faccia da garante).
La Banca mondiale possiede una strategia integrata a lungo termine: questo significa che i
finanziamenti che concede dovranno comunque essere conformi alla sua visione generale così come
enunciata nel c.d. Comprehensive Development Framework (CDF). Si tratta di un documento nel
quale la Banca propone una visione strategica della sua missione di finanziamento allo sviluppo volta
a coniugare, oltre ad obiettivi preminentemente economici, obiettivi sociali (come, ad esempio, la
lotta alla povertà) o di sviluppo umano e sostenibile (come la tutela della salute) – elemento, questo,
che la differenzia dal FMI. Tale “ricetta” viene poi adattata e tarata in base alle necessità di ogni
singolo Stato: per riuscire in questo obiettivo, la Banca redige infatti regolarmente (di norma, ogni 5
anni e comunque ogniqualvolta cambi un governo) anche un ulteriore documento denominato
Country Assistance Strategy. In tale documento, la Banca identifica le aree di intervento prioritarie
per lo sviluppo di ciascun Paese sulla base dell’analisi dei piani di sviluppo nazionali di ciascun paese
con l’obiettivo di finanziare progetti che siano conformi alle esigenze dello Stato. In ultima analisi,
la Banca mira a finanziare dei progetti che corrispondano tanto alla sua strategia (caratterizzata da
una serie di valori economici e non economici), quanto alle esigenze di ogni singolo Paese, di modo
da realizzarne le necessità specifiche.
2.1 L’attività di prestito della BIRS
I prestiti BIRS per specifici progetti a fini produttivi possono essere erogati secondo due principali
modalità31:
- Investment loans Sono utilizzati per il finanziamento di progetti infrastrutturali a lungo
termini (5-10 anni), finalizzati ad alleviare la povertà del paese e ad incentivare uno sviluppo
sostenibile.
Ad esempio, moltissimi prestiti sono stati concessi per l’elettrificazione e l’approvvigionamento di acqua
potabile di diversi paesi tra cui, fra gli altri, il Pakistan, il Mali e il Ruanda.
- Development policy loans Sono utilizzati per promuovere riforme di breve termine (da
realizzare in 1-3 anni) in paesi in deficit con la bilancia dei pagamenti utilizzati, per esempio,
per riforme del settore finanziario o giudiziario e per promuovere la good governance.32
In entrambi i casi, la Banca può intervenire unicamente a titolo integrativo (prima si deve appunto
valutare se esistano o meno dei privati che possano finanziare questi progetti). Come detto, la Banca

31 Ivi, p. 87.
32 Ivi, p. 111.

11
può finanziare prestiti destinati agli Stati membri o a privati quando uno Stato membro funga da
garante. È possibile anche per la Banca co-finanziare investimenti effettuati da privati.
Cumulativamente, però, l’esposizione della Banca non potrà comunque superare il 100% delle quote
sottoscritte e delle riserve.
Infine, è da rilevare che, a determinate condizioni, la Banca mondiale può attivare linee di credito
speciali per far fronte a particolari emergenze o calamità, anche attraverso la raccolta di fondi ad hoc.
Si segnala in particolare che, a seguito dell’emergenza da COVID-19, la Banca mondiale ha attivato la c.d. COVID-
19 Fast Track Facility, attraverso cui ha previsto di destinare in tempi celeri e a condizioni particolarmente
flessibili sino a USD 160 miliardi (di cui USD 50 miliardi per i soli Paesi IDA) in 100 Paesi corrispondenti al 70%
della popolazione mondiale. Tali fondi sono destinati al finanziamento di progetti destinati a rafforzare i sistemi
sanitari, aumentare la resilienza al COVID-19, garantire la tenuta del settore privato e fronteggiare gli shock
economici e sociali legati all’imperversare del coronavirus.33

2.1.1Procedura e condizioni per l’erogazione del prestito


La Banca in quanto soggetto finanziario opera sulla base di valutazioni economiche: si comporta
cioè come un buon investitore, cercando di massimizzare i profitti. In questo senso, la Banca finanzia
unicamente investimenti produttivi – che portino cioè ad un innalzamento dei livelli di PIL dei Paesi
ospiti e che siano rimborsabili in capitale e interessi (a tassi di mercato) a condizioni bancarie
ordinarie da parte dei soggetti richiedenti di norma entro 20 anni dall’emissione (e con un periodo di
grazia di 5 anni), che devono inoltre pagare una commissione alla Banca.
La procedura per l’erogazione del prestito è la seguente: inizialmente, lo Stato beneficiario formula
una richiesta di finanziamento per uno specifico progetto alla Banca; la Banca esamina la richiesta e
decide se procedere all’autorizzazione o meno tenendo conto di vari fattori, tra cui la compatibilità
con la strategia paese della Banca (CAS), l’impatto economico, sociale e ambientale del progetto, il
suo costo del progetto ecc. (spesso la Banca richiede modifiche sostanziali al progetto come
precondizione per il finanziamento). Se la Banca decide per l’approvazione (tramite apposita
decisione da parte dei Direttori esecutivi), lo Stato beneficiario (o eventualmente l’impresa privata) e
la Banca concludono un c.d. loan agreement (accordo di prestito), in cui si stabiliscono tutti gli aspetti
relativi al prestito (ammontare, suddivisione eventuale in tranches, piano di rimborso, specifiche
tecniche del progetto, ecc.). Quando il beneficiario è un privato, il loan agreement è integrato dal c.d.
guarantee agreement (o accordo di garanzia) concluso dal soggetto privato con lo Stato beneficiario.
Infine, se il soggetto che viene incaricato della realizzazione del progetto è diverso dal beneficiario
del progetto, si stipula il c.d. project agreement stabilendovi tutte le questioni relative
all’implementazione del progetto. La Banca mantiene comunque un ruolo di supervisione per tutta
la durata del progetto.
2.1.2 Risorse per garantire i finanziamenti
La BIRS dispone di un proprio capitale, costituito da 34
1. Quote sottoscritte dagli Stati Il capitale versato (in dollari o in oro) dagli Stati membri è
pari al 2% della loro quota (un 18% deve essere versato in valuta nazionale qualora necessario

33 Si veda https://www.worldbank.org/en/about/whatwe-do/brief/world-bank-group-operational-response-covid-19-
coronavirusprojects-list.

34 VITERBO, A. Fondo, op. cit., p. 88.

12
per espletare operazioni standard della Banca, mentre il restante 80% è soggetto alle c.d. calls
for subscribed capital: in sostanza, deve essere versato su richiesta della Banca ove necessario
per soddisfare creditori o rispettare obblighi di garanzia) , ed è quindi insufficiente a coprire i
suoi progetti.
2. Titoli Per sopperire a questa mancanza, la Banca emette sui mercati finanziari obbligazioni
(bonds) e altri titoli di debito (debt securities) in valuta internazionale sui mercati finanziari.
La collocazione di tali strumenti debitori sul mercato viene decisa sulla base di un Programma annuale
(Borrowing Programme) in funzione del fabbisogno preventivato per far fronte ai prestiti programmati
(Lending Programme).

3. Interessi Infine, il suo capitale è costituito dagli interessi che la Banca applica sui prestiti
e le commissioni concesse.
2.2 L’attività di prestito dell’IDA
Come detto supra, l’IDA costituisce, insieme alla BIRS, la Banca mondiale e concede prestiti per la
realizzazione di progetti a scopi produttivi i ai paesi più poveri a condizioni particolarmente
favorevoli.
2.2.1 Procedura e condizioni per l’erogazione del prestito
I prestiti IDA vengono concessi tramite una procedura che di fatto ricalca quella della BIRS: le
valutazioni dell’IDA si basano sempre sul CAS del paese richiedente, ma in questo caso l’accordo tra
Stato e IDA si chiama development credit agreement.
La differenza principale rispetto alla BIRS è che i finanziamenti dell’IDA si rivolgono ai paesi meno
avanzati del mondo al fine di garantirne lo sviluppo economico e il miglioramento delle condizioni
di vita.
Esempi tipici di progetti finanziati sono i progetti per l’alfabetizzazione delle donne o la reintegrazione dei bambini
soldato.
Possono quindi accedere ai prestiti IDA solo alcuni paesi: la lista di paesi eleggibili è aggiornata
periodicamente dall’IDA e riunisce tutti i paesi del mondo il cui reddito procapite annuo, sia inferiore
a una data soglia e che perseguano una politica rivolta alla crescita economica, alla riduzione della
povertà e allo sviluppo sostenibile.
Le condizioni di prestito sono più flessibili e meno gravose rispetto a quelle stabilite dalla BIRS: ad
esempio, sono previsti periodi più lunghi per il rimborso (40 anni dall’erogazione, con periodo di
grazia di 10 anni) e non sono applicati interessi; è prevista solo una commissione annua per le spese
di gestione.
2.2.2 Risorse per l’erogazione del prestito
Anche nel caso dell’IDA, le quote di partecipazione al capitale sociale (benché in questo caso versate
integralmente dagli Stati membri nel seguente modo: il 10% della quota è versato in oro o in valuta
internazionale e il 90% della quota è versato in oro o in valuta internazionale per i Paesi
industrializzati, ma in valuta nazionale per i PVS (definiti dall’IDA)) sono inferiori alle necessità.
L’IDA opera quindi sui mercati internazionali e, similmente alla BIRS, ha a disposizione i proventi
derivati dall’emissione di obbligazioni (bonds) e altri titoli debito sui mercati finanziari. Tuttavia, nel
caso dell’IDA tali proventi sono meno consistenti. La fonte principale di introiti per l’IDA sono
quindi i contributi volontari degli Stati membri industrializzati, pianificati periodicamente attraverso
apposite negoziazioni tra gli Stati donors.

13
2.3 La condizionalità
La politica di condizionalità della Banca mondiale oggi è attuata attraverso le CAS. In tali strategie,
infatti, si stabiliscono il livello e i criteri del sostegno di BIRS e IDA sulla base delle aree di priorità
identificate. Normalmente, considerazioni di crescita economica sono sempre integrate da
considerazioni di sostenibilità (sotto il triplice profilo: economico, sociale e ambientale), good
governance, e rispetto dei diritti umani. In questo senso, la condizionalità della Banca mondiale è
definita “democratica” in contrasto con quella del FMI (focalizzata invece unicamente sulla
considerazione di parametri economici fondamentali. La Banca opera inoltre spesso anche attraverso
le c.d. liste (negative o positive), che prevedono, rispettivamente, una serie di spese vietate o
necessarie ai fini dell’attuazione del progetto 35.

3. La struttura della Banca mondiale


Cosi’ come il FMI, anche la Banca mondiale è internamente tripartita tra Consiglio dei governatori,
Consiglio di Amministrazione e Presidente. Soltanto gli Stati membri del FMI possono partecipare
alla BIRS (partecipazione condizionata o membership derivata).
Il Consiglio di amministrazione differisce rispetto al FMI nel numero di direttori: qui ne sono previsti 25.
Anche nel caso della Banca mondiale, a ciascuno Stato membro viene assegnata una quota del capitale
sociale (quota paese) calcolata in base al suo peso economico (la formula è pero’ diversa nella misura
in cui tiene conto anche di criteri di sviluppo, ragion per cui la composizione dell’azionariato della
Banca è andato diversificandosi nel tempo in favore di un riequilibrio degli interessi tra pesi
industrializzati e PVS (in particolare le economie emergenti) e quindi di una governance piu’
bilanciata rispetto a quanto avviene nel sistema del FMI). Come nel caso del Fondo, il potere di voto
è attribuito a ciascuno Stato membro in funzione della sua quota secondo un sistema di voto ponderato
(750 voti cad. + 1 voto per ogni azione sottoscritta nella BIRS, ogni frazione di quota equivalente a
5,000 dollari statunitensi nell’IDA). Anche in questo caso, quindi, alcuni Stati possono esercitare un
vero e proprio diritto di veto a seconda del tipo di maggioranza richiesta per l’adozione delle delibere
– anche se, in principio, le delibere sono preferibilmente adottate per consensus36.
Le decisioni che devono essere adottate per consensus sono approvate, senza peraltro essere assoggettate ad una
procedura di decisione formale, se nessuno Stato avanza opposizione: in questo modo, oltre a velocizzare la pratica,
si supera parzialmente la differente importanza attribuita agli Stati all’interno del Gruppo.
4. Accountability della Banca mondiale: Il Panel d’ispezione della Banca Mondiale
Il Panel d’ispezione della Banca Mondiale è stato creato nel 1993 (dopo che venne risolta l’iniziale
opposizione tra PVS e Paesi industrializzati, che temevano prolungamenti eccessivi delle procedure
e indagini troppo stringenti), a seguito di diversi scandali legati all’implementazione di progetti
finanziati dalla Banca Mondiale, con l’obiettivo di migliorare la qualità del controllo sui progetti e di
garantire una certa trasparenza37.
Si pensi, ad esempio, al Progetto Narmada (conosciuto come Progetto di Sviluppo della Valle Narmada), che aveva
come scopo quello di finanziare la costruzione di più di 3000 dighe sullo stesso fiume in India: la più grande, che
avrebbe dovuto permettere di irrigare le terre più aride a valle, ha in realtà creato un grande lago artificiale a monte
della diga (nel Madhya Pradesh), sommergendo coltivazioni e villaggi, costringendo circa 250mila persone a
sfollare.

35 SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 87.


36 SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 85.
37 SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 109.

14
Il panel è un organo indipendente interno alla Banca, composto da 3 ispettori (rappresentanti di 3
Stati diversi), nominati dai Direttori esecutivi su proposta del Presidente della Banca con un mandato
di 5 anni, caratterizzati da requisiti d’indipendenza, competenza e imparzialità 38.
La procedura d’ispezione della Banca può essere attivata su richiesta della parte lesa (affected party),
che può coincidere sia con un gruppo di individui (direttamente o tramite un rappresentante o
un’organizzazione) che, a causa del progetto (territorialità), hanno subito una violazione dei propri
diritti o interessi, oppure con uno Direttore del Consiglio esecutivo della Banca o con il Consiglio dei
Direttori; è necessario altresì che la responsabilità della Banca sia presunta e che il prestito non sia
già stato totalmente elargito 39.
La richiesta d’ispezione deve essere inoltrata al Presidente del Panel e, al suo interno, devono essere indicate le
informazioni sul progetto, le presunte violazioni e le lesioni che si lamentano; il Presidente, se sussistono i
presupposti, notifica ai Direttori esecutivi e al Presidente della Banca la richiesta d’indagine, alla quale la Banca
deve fornire un feedback entro 21 giorni40. Una volta intervenuto quest’ultimo (e sempre entro 21 giorni), il Panel
procede ad un esame preliminare sulla competenza (sull’oggetto, nei confronti delle persone e, infine, a livello
temporale) e, tramite raccomandazione, informa i Direttori esecutivi circa l’opportunità dell’indagine 41. Se il
Consiglio dei Direttori rilascia l’autorizzazione (sempre che la parte lesa venga informata), s’instaura la vera e
propria fase investigativa che si conclude con un Rapporto finale (da inoltrare al/i richiedente/i) che può contenere
raccomandazioni per modifiche in corso d’opera nella realizzazione del progetto. Non sono però previsti
risarcimenti pecuniari.
In questo mondo, si garantisce ai soggetti interessati la possibilità di richiedere l’avvio di un’inchiesta
indipendente in merito a ciascuno dei progetti approvati dalla Banca e si monitora così l’impatto dei progetti,
si identificano eventuali violazioni, e si correggono gli eventuali errori. Sino ad oggi, il Panel ha esaminato
perlopiù richieste relative all’impatto ambientale dei progetti o all’impatto sui diritti delle popolazioni
indigene.

38 Ivi, p. 110.
39 Ivi, p. 114.
40 Ivi, p. 115.
41 Ibidem.

15
CAPITOLO 6

Il diritto internazionale degli investimenti


Obiettivi
Dopo avere studiato questo capitolo dovreste essere in grado di:
Individuare le peculiarità del diritto internazionale degli investimenti e descriverne l’evoluzione nel tempo.
Descrivere le principali fonti del diritto internazionale degli investimenti.
Illustrare le regole principali a tutela degli investimenti internazionali così come enunciate nei BIT.
Spiegare in cosa consiste il processo di ricalibrazione del diritto internazionale degli investimenti e come
questo viene operato all’interno dei BIT.
Illustrare la procedura di risoluzione delle controversie in materia di investimenti secondo il modello ICSID
e le principali differenze con le regole UNCITRAL.
Descrivere le funzioni della MIGA e i requisiti di eleggibilità per la fornitura di garanzia assicurativa MIGA
in favore di investimenti internazionali.

1. Diritto degli investimenti stranieri: ieri e oggi


Nell’ambito del diritto internazionale dell’economia contemporaneo, il diritto degli investimenti
costituisce l’evoluzione di uno dei più antichi settori del diritto internazionale, ossia quello relativo
al trattamento degli stranieri; in parte, consiste altresì nello sviluppo di uno dei primi diritti dell’uomo,
ossia il diritto alla proprietà privata (scaturito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
1948)42.
Nello specifico, il diritto internazionale degli investimenti è quel settore del diritto internazionale dell’economia
che disciplina l’ammissione, il trattamento e la protezione degli investimenti effettuati da investitori privati o
pubblici in uno Stato diverso da quello di origine dell’investitore. L’obiettivo di questa disciplina non è soltanto
di proteggere, ma anche di incentivare gli investimenti. Tra l’altro, questa disciplina costituisce un unicum nel
panorama del d.i.e., poiché alcuni dei suoi aspetti sono regolati dalle consuetudini internazionali: in particolare, si
fa riferimento alla disciplina relativa al trattamento degli stranieri e dei loro beni. Una seconda peculiarità consiste
nel fatto che non regola i rapporti tra Stati (come avviene nel d.i.p.), bensì tra uno Stato (ospite dell’investimento)
e un investitore privato straniero (soggetto privato).
Il dibattito relativo alla disciplina si concentra, ancora oggi, sul necessario bilanciamento degli
interessi in gioco: da una parte, quelli dello Stato ospite (o di destinazione) dell’investimento (c.d.
host state), proiettato alla promozione dello sviluppo economico interno, e dall’altra quelli
dell’investitore straniero, che deve potere agire in un ambiente regolamentare favorevole, equo e
prevedibile43.
Il diritto internazionale degli investimenti ha conosciuto diverse fasi nel suo sviluppo:
1. XVIII secolo i prodromi del diritto internazionale degli investimenti sono rinvenibili negli
investimenti effettuati al tempo della dominazione coloniale nelle colonie ad opera di privati
provenienti dalla madrepatria (potenze occidentali come la Francia, la Spagna, ecc.).
Storicamente, quindi, la tutela di tali investimenti era affidata al diritto della madrepatria,
garantendo la possibilità per l’investitore di sfruttare le risorse delle colonie.

42 TANZI, A. Introduzione, op. cit., p.559.


43 Ibidem.

16
2. Fine XIX secolo – inizi XX secolo In questi anni, anche a seguito del processo di
decolonizzazione che porta le ex-colonie a volersi affrancare non soltanto politicamente ma
anche economicamente dalla madrepatria (al fine di combattere il c.d. neocolonialismo
economico), matura una fortissima contrapposizione tra gli Stati industrializzati esportatori di
capitali (gli ex-dominatori, da cui di norma provenivano gli investitori) e i PVS (le ex-colonie
ma anche i Paesi socialisti e dell’America Latina ricchi di risorse naturali, di norma gli Stati
ospiti degli investimenti). Tale contrapposizione nasceva dal fatto che, essendo il flusso degli
investimenti internazionali unidirezionale, la tutela di tali investimenti si traduceva spesso in
un “onere” a carico dei PVS: il mancato rispetto degli standard minimi di protezione previsti
dal diritto consuetudinario per gli stranieri e i loro beni (per estensione, quindi, applicati anche
agli investimenti stranieri) veniva infatti considerato un illecito internazionale, e permetteva
allo Stato di provenienza dell’investitore (in caso di violazione) di agire in tutela diplomatica,
alimentando di conseguenza le reticenze opposte dai PVS che, a loro volta, rivendicavano la
recente conquista dell’indipendenza e, di conseguenza, la loro sovranità permanente sulle
proprie risorse naturali (nuovo ordine economico) 44. Alla luce di tale contrapposizione,
nascono i primi accordi bilaterali di investimento (Bilateral Investment Treaties o BIT)
come soluzione di compromesso: in essi, i PVS non accettavano di menzionare gli obblighi
consuetudinari contestati (uno per tutti, l’obbligo di indennizzo in caso di espropriazione).
Il primo BIT fu concluso tra Germania e Pakistan nel 1959, per tutelare gli investimenti della prima.

3. Anni ’80-fine XX secolo Questa antitesi sfumò soltanto intorno agli anni ‘80 quando, a
seguito della crisi finanziaria che colpì diversi PVS, dovuta anche a una forte contrazione
degli investimenti esteri, questi accettarono di ricorrere alla conclusione di BIT più favorevoli
nei confronti degli investitori internazionali allo scopo di stimolare nuovamente il flusso di
capitali in entrata e favorire quindi una celere ripresa finanziaria 45. Si assiste così a una
proliferazione dei BIT finalizzati alla tutela degli investimenti: i Paesi che avevano bisogno
di capitale concedevano condizioni più favorevoli per attrarre maggiori investimenti poiché
gli investimenti aumentavano in quegli Paesi più permissivi. Questo portò a una situazione
per cui gli Stati ospiti concedevano standard di tutela più alti, anche a scapito di valori e
interessi pubblici nazionali46.
4. XXI secolo la fase attuale vede un profondo cambiamento dei rapporti economici su scala
globale: ormai i flussi di investimenti sono bidirezionali, nel senso che tanto i Paesi
industrializzati quanto i PVS (e in particolare le economie emergenti: si pensi per esempio
alla Cina) sono attori centrali per quanto riguarda sia gli investimenti in entrata sia gli
investimenti in uscita.
La Svizzera è senz’altro uno di questi attori: la sua economia mondializzata conta su nientedimeno che
1000 miliardi di chf di investimenti in uscita (cioè, investimenti operati da investitori svizzeri verso altri
paesi) e 750 miliardi di chf (pari, si stima, a circa 450,000 posti di lavoro) di investimenti in entrata (cioè,
investimenti operati in Svizzera da investitori esteri).

A fronte di questa mutata realtà, si continua ad assistere a un aumento dei BIT (attualmente,
si contano circa 2,400 BIT in vigore).
La Svizzera ne ha ben 120 (terza per numero di BIT conclusi, dopo la Germania e Cina).

44 SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 181.


45Ivi,p. 182.
46 GAZZINI, T. Bilateral Investment Treaties and Sustainable Development, in The Journal of Investment and Trade,
Vol. 15, 2014, p. 944.

17
È poi emersa anche la prassi di negoziare regole in materia di investimenti internazionali
(molto simili a quelle contenute nei BIT) nell’ambito degli accordi preferenziali conclusi tra
due o più Stati in materia commerciale (sono ormai più di 300 gli accordi preferenziali di
questo tipo) 47.
Si pensi, ad esempio, all’accordo commerciale recentemente concluso dall’Unione europea e il Giappone
o a quello con il Canada: entrambi contengono un apposito capitolo contenente le regole in materia di
investimenti. Stesso dicasi per il NAFTA concluso tra Stati Uniti, Messico e Canada.

In questo conteso, anche la fisionomia degli accordi è cambiata: se prima erano unicamente
rivolti a tutelare gli investimenti (e quindi gli investitori), ora è in atto un processo di
ricalibrazione per cui si presta molta più attenzione alla tutela delle prerogative sovrane dello
Stato ospite e del suo c.d. right to regulate48. Questo processo è nato dall’esigenza di arginare
lo “strapotere” degli investitori in un contesto in cui gli attori sono sempre più diversificati.
Si pensi, ad esempio, a degli accordi con la Cina: prima, tali accordi venivano negoziati per tutelare gli
interessi degli Stati industrializzati (pensiamo alla Svizzera) che vi andavano ad investire. Ora, invece,
anche gli investitori cinesi investono in Svizzera: se l’accordo di riferimento è troppo sbilanciato in favore
dell’investitore, questo si può ritorcere anche contro la Svizzera quando agisca in qualità di Stato ospite
(ossia, nel momento in cui siano gli investitori cinesi a investire nel suo territorio).

2. Diritto degli investimenti stranieri: strumenti di regolamentazione


Ad oggi, la regolamentazione degli investimenti stranieri può essere oggetto di 49:
In termini di fonti, accanto agli standard consuetudinari, costituiscono fonte degli investimenti anche:
1. Diritto internazionale consuetudinario rimane importante per la disciplina
dell’espropriazione dell’investimento estero (v. infra) e rispetto alla questione del c.d.
standard minimo internazionale a tutela dell’investitore (che però non è qualificato per
consuetudine, ma piuttosto attraverso strumenti pattizi e giurisprudenza);
2. Accordi bilaterali d’investimento Detti anche Bilateral Investment Treaties (BIT), sono
accordi conclusi tra due Stati e regolano i loro rapporti reciproci (nell’ambito dell’accordo,
entrambi gli Stati possono agire tanto come Stato esportatore di capitali quanto come Stato
ospite: in altre parole, i “ruoli” non sono definiti). I BIT costituiscono il principale strumento
di regolazione degli in materia di investimenti e, per quanto numerosissimi, hanno una
struttura molto simile poiché gli Stati li negoziano a partire da “modelli” di accordo che si
influenzano reciprocamente (ad esempio, il modello USA o il modello svizzero). In altre
parole, nonostante la loro estesa proliferazione, grazie alla presenza di modelli che ne guidano
la redazione, è come se tutti convergessero verso un fac-simile comune: le differenze rilevanti
non sono quindi in termini di forma, ma sussistono in termini di contenuto in base al momento
storico in cui questi accordi sono conclusi. Ad oggi, ad esempio, verranno verosimilmente
previste delle tutele per entrambe le parti (e quindi non solo per l’investitore ma anche per lo
Stato ospite, a differenza di quanto non succedesse in passato).
3. Accordi regionali/settoriali Sono accordi contenenti una specifica disciplina per
regolamentare gli investimenti effettuati in certe regioni (si pensi, ad esempio a quelli

47 COSTAMAGNA, F. Promozione e protezione degli investimenti esteri nel diritto internazionale, in COMBA, A. (a
cura di), Neoliberismo internazionale e global economic governance, Torino: Giappichelli Editore, 2013, p. 134.
48 V. infra.
49 SORNARAJAH, M. The international law on foreign investment, Cambridge: Cambridge University Press, 2012, p.
172 ss.

18
indirizzati verso il NAFTA o l’UE) o settori (si pensi, ad esempio, agli investimenti nel settore
dell’energia, regolati dal c.d. Energy Charter Treaty). Tali accordi ripropongono gli stessi
standard di trattamento e protezione già previsti nella maggior parte dei BIT.
4. Giurisprudenza nel settore degli investimenti, la giurisprudenza è una fonte
importantissima perché, come si vedrà, gli standard di tutela contenuti nella disposizioni
rilevanti sono spesso formulati in termini piuttosto generali e quindi abbisognano di
un’interpretazione da parte degli organi contenziosi, che in questo senso godono di ampia
discrezionalità. Come spiegato infra, in questo settore le controversie che sorgono tra
investitore e Stato ospite sono regolate dall’arbitrato (si parla, quindi, di prassi arbitrale).
L’arbitrato nel diritto internazionale è quella procedura di risoluzione delle controversie in cui le due parti
prestano il consenso in forma scritta a che un’eventuale disputa che dovesse sorgere venga regolata da un
c.d. arbitro scelto dalle parti, competente a risolvere la controversia sulla base del diritto scelto dalle
parti attraverso una sentenza (c.d. lodo arbitrale) vincolante per le parti.

5. Contratti d’investimento Sono quegli accordi conclusi tra lo Stato ospitante e l’investitore
straniero (c.d. contratti di Stato).
Ad esempio, un contratto tra Glencore, società di nazionalità svizzera attiva nel settore estrattivo, e la
Nigeria che garantisce le necessarie concessione per operare estrazioni petrolifere in un dato giacimento
nigeriano.

Tali fonti, che di per sé sarebbero atti appartenenti all’ordinamento nazionale, diventano fonti
di diritto internazionale degli investimenti perché nei BIT è normalmente previsto un articolo
che stabilisce che qualsiasi violazione del contratto di investimento sarà considerata una
violazione del BIT di riferimento: si parla, in tal senso di umbrella clauses, ossia le clausole
contrattuali inserite nel BIT che stabiliscono che le violazioni del contratto costituiscono
violazione dei BIT.
Nel nostro esempio, si farà riferimento al BIT tra Svizzera e Nigeria.

6. Legge nazionale dello Stato ospitante Raramente un investimento sarà totalmente regolato
nel quadro della legge dello Stato ospitante; più comunemente, questa sarà applicata nella
misura in cui il BIT lo prevede.
3. Gli accordi bilaterali d’investimento: le regole
I BIT sono caratterizzati da una struttura comune, standardizzata come segue 50:
1. Preambolo Nel Preambolo sono definiti i motivi e le finalità che hanno portato gli Stati a
concludere l’accordo. Pur non essendo vincolante, costituisce un ausilio interpretativo in caso
di necessità. Nei nuovi accordi, in questa parte vengono normalmente inseriti dei
considerando che richiamano espressamente la necessità di contemperare gli opposti interessi
delle parti: quindi, quello di promuovere l’investimento e quello di garantire una tutela
adeguata delle prerogative sovrane dello Stato ospite.
2. Ambito applicativo
a. Applicazione rationae materie In questa parte viene definito che cosa sia un
investimento ai fini del singolo BIT (non esiste nel diritto internazionale
consuetudinario una definizione universalmente accettata di investimento).

50 SCISO, E. Appunti, op. cit., pp. 182 ss.

19
Normalmente, la tendenza è quella di accogliere una definizione ampia di
investimento, in cui vengono individuati tanto i tipi di beni ( ad es., beni mobili, i beni
immobili, ecc.) quanto i tipi di attività che costituiscono “investimento” (ad es. le,
concessioni, le azioni di società, ecc.) ai sensi del BIT (normalmente, si pridilege
l’approccio per cui “every kind of asset” è incluso). La giurisprudenza ha elaborato
delle condizioni che possono fungere da aiuto ai fini della determinazione di cosa si
debba intendere per investimento: è infatti necessario che si tratti di un apporto, anche
diverso dai contributi finanziari, caratterizzato da una certa durata e dalla
partecipazione dell’investitore ai rischi derivanti dall’operazione. In taluni casi, la
prassi arbitrale è stata propensa ad esigere anche che l’investimento contribuisca allo
sviluppo del Paese in cui viene effettuato ma, a differenza degli altri criteri, tale
ultimo criterio è molto controverso.
b. Applicazione rationae persone In questa parte viene data la definizione
d’investitore ai fini dell’accordo intervenuto fra le parti; è necessario, innanzitutto, che
l’investitore sia straniero. Il criterio di determinazione della nazionalità
dell’investitore varia a seconda che l’investitore sia una persona fisica o una persona
giuridica: nel primo caso si tende a definire investitore straniero colui che ha una
cittadinanza diversa da quella conferita dallo Stato che ospita l’investimento, mentre
nel secondo caso la nazionalità può essere fatta dipendere da
- criteri formali luogo di costituzione della società o luogo in cui la
società ha la sua sede legale
- Criteri sostanziali criterio del controllo che mira ad accertare quale
sia la nazionalità dei soci che detengono il controllo della società.
Normalmente, il criterio del controllo agisce in via sussidiaria (viene cioè integrato ai
criteri formali per evitare che vi siano degli abusi): questo significa di ottemperare al
principio dell’effettività.
Questo significa che, se una società costituita conformemente in base alla legge di uno Stato viene gestita
quasi totalmente da stranieri, allora assumerà la cittadinanza di questi ultimi. Si pensi, per esempio, a una
società creata in Svizzera ma gestita al 99% da cittadini canadesi: in questo caso il fatto che il controllo sia
esercitato da questi porta la società ad essere considerata canadese.

Importante infine notare che gli investitori stranieri non devono essere necessariamente
privati, si può trattare anche di entità pubbliche: si pensi, ad esempio, ai Fondi sovrani
con cui gli Stati investono all’estero.
3. Regole in materia di ammissione degli investimenti L’ammissione degli investimenti
internazionali non è dovuta nel diritto internazionale consuetudinario: questo significa che, in
linea di massima, gli Stati rimangono liberi di regolare e addirittura impedire l’ingresso degli
investimenti esteri nel loro territorio (spesso, peraltro, gli Stati si avvalgono di tale libertà, in
particolare per quanto riguarda settori particolarmente sensibili: si pensi, ad esempio,
all’estrazione di minerali preziosi come le terre rare in Cina). Per questo, i BIT si limitano a
rinviare alla legislazione dello Stato ospite: questo significa che, in generale, non esistono
standard di ammissione, ma che questi vengano stabiliti in ottemperanza alle leggi nazionali
di riferimento. Invero, questo di fatto attribuisce agli Stati ospiti un potere molto ampio:

20
modificando unilateralmente la legge in una fase successiva all’entrata in vigore del BIT,
potrebbero limitare l’ammissione degli investimenti stranieri.
4. Standard di protezione Una volta che sono stati ammessi, i BIT prevedono una serie di
standard di trattamento degli investimenti, volti a regolare il comportamento dello Stato
ospite: si tratta del principio del trattamento nazionale, della clausola della nazione più
favorita (corollari del generale principio di non discriminazione), nonché del trattamento
giusto ed equo.
Trattamento nazionale Lo Stato non può prevedere un trattamento meno favorevole di quello
garantito agi investitori nazionali che si trovino in condizioni simili (cioè quelli che, svolgendo la
loro attività nello stesso settore economico, si trovano in concorrenza almeno potenziale tra loro).
Nazione più favorita Lo Stato, qualora dovesse prevedere un trattamento più favorevole per gli
investitori di uno Stato terno, dovrà immediatamente estenderlo a tutti gli altri.
È importante notare che questi due criteri operano congiuntamente, affinché lo Stato ospite
garantisca il trattamento più favorevole possibile all’investitore estero, anche se questo non
coincide con il trattamento nazionale.
Trattamento giusto ed equo Le parti devono tenere un comportamento conforme agli obiettivi
dell’accordo. Si tratta di uno standard che ha progressivamente sostituito il riferimento allo
standard minimo internazionale di derivazione consuetudinaria, ma rimane generale: la definizione
del suo contenuto è stata quindi progressivamente chiarita dalla giurisprudenza, più precisamente
si trova nelle sentenze arbitrali. La giurisprudenza ha ritenuto che questo significhi:
• Obbligo di vigilanza e protezione dell’investimento
• Rispetto dei principi del giusto processo
• Obbligo di trasparenza nei confronti dell’investitore: se le regole nazionali mutano,
l’investitore deve essere avvisato.
• Divieto di misure arbitrarie e discriminatorie, cioè non si può trattare in maniera
differente o scorretta l’investitore.
• Obbligo di rispettare il legittimo affidamento dell’investitore (c.d. legitimate
expectations), cioè non deludere le aspettative dell’investitore, ossia mutare radicalmente
quelle condizioni, quei motivi per cui ha effettuato l’investimento. Si tratta, in sostanza,
di garantire la stabilità del quadro normativo dello Stato ospite: l’investitore fa una
comparazione e se sceglie uno Stato è perché ha determinate caratteristiche e peculiarità,
quindi le sue aspettative (in questo senso) non dovranno essere deluse. Questo standard
però non è assoluto: ovviamente, a determinate condizioni, le esigenze statali possono
prevalere (ad esempio, in caso di esigenze sociali imperative legate alla tutela della salute
pubblica).
5. Disciplina dell’espropriazione All’interno dei BIT, esistono inoltre degli articoli che
pongono dei limiti al potere sovrano degli Stati ospiti di regolare il proprio spazio economico
interno attraverso dei provvedimenti nazionali detti di espropriazione.
Espropriazione Provvedimento ablativo con cui lo Stato ospitante trasferisce coattivamente la
titolarità del bene oggetto dell’investimento in capo a sé; in generale, in base al diritto
consuetudinario questa è ritenuta ammissibile (cioè non è un atto illecito di per sé) soltanto se
risponde ad un interesse pubblico superiore, se avviene in maniera non discriminatoria e se
prevede come corrispettivo un indennizzo che, secondo la formula c.d. di Cordell Hull, deve
essere pronto (corrisposto nell’immediato o comunque nel breve termine), effettivo (erogato in
una moneta liberamente convertibile) e adeguato (deve ricomprendere le perdite subite e i mancati
guadagni e quindi corrispondere al valore che l’investimento aveva nel momento immediatamente
antecedente all’espropriazione, comprensivo degli interessi maturati dalla data della misura
espropriativa).
Esempio Lo Stato X garantisce allo Stato Y il diritto esclusivo a ricercare il petrolio sul proprio
territorio; dopo pochi anni, complice una crisi economica congiunturale, decide di revocare a
quest’ultimo questo diritto per favorire le società statali nazionali.

21
Nazionalizzazione serie di atti di espropriazione a carattere generale nell’ambito di un più
ampio processo di riforma economica.
Esempio Lo Stato X decide di espropriare tutti gli attrezzi e quelle zone utilizzate dagli
investitori stranieri per la ricerca e l’approvvigionamento di energia elettrica.
Confisca La proprietà viene revocata come sanzione in seguito alla violazione di alcune norme
interne.
Espropriazione indiretta (de facto) Misure che non privano l’investitore della proprietà su un
bene ma che, di fatto, lo escludono dal godere della gran parte dei benefici derivanti
dall’investimento o del controllo su quest’ultimo (hanno quindi lo stesso effetto
dell’espropriazione vera e propria).
Sempre più spesso, tuttavia, i BIT includono delle norme che mitigano i limiti in capo allo
Stato ospite in favore del riconoscimento del suo c.d. right to regulate, ossia il diritto di
adottare dei provvedimenti, anche limitativi della protezione degli investimenti internazionali,
ove questo sia necessario per tutelare alcuni valori fondamentali (come l’ambiente o i diritti
umani). È in questo senso in corso un processo di ricalibrazione in virtu’ del quale si
riconoscono le prerogative sovrane degli Stati ospiti attraverso l’inserimento di clausole che
richiedono di operare un test di bilanciamento tra gli interessi per cui lo Stato espropria e
l’espropriazione. In tal senso, quindi, ci sono degli interessi superiori (come la salute, la
sicurezza o la tutela dell’ambiente), che giustificano l’espropriazione a tal punto da non
dovere provvedere ad un indennizzo.
La necessità di rendere gli investimenti sempre più sostenibili (quindi di evitare il potenziale
impatto negativo sull’ambiente e di promuovere il rispetto dei diritti umani e lavorativi) è stata
accolta dagli Stati (in qualità di Stati ospiti e di Stati di nazionalità degli investitori), attraverso
clausole sempre più inclusive di tali interessi fondamentali nei BIT 51.
Ad esempio, nel BIT siglato tra la Svizzera e El Salvador 52 viene esplicitamente previsto nel Protocollo,
Ad Art. 2 “Il est entendu qu’en conformité avec les principes énoncés dans ces articles, les concepts de
développement durable et de protection de l’environnement sont applicables à tous les investissement” e
Ad Art. 3 “Lors de l’application des principes du traitement national et de la nation la plus favorisée il ne
sera pas fait référence aux dispositions légales relatives aux entreprises de type artisanal qui, selon la
Constitution de la République d’El Salvador, sont réservées aux natifs de la République d’El Salvador et
aux ressortissants d’Amérique Centrale”.
Per garantire il soddisfacimento di questi obiettivi anche da parte delle imprese multinazionali
(attori sempre più importanti nell’evoluzione di questo processo), l’Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha prodotto degli standard di comportamento
(le c.d. Guidelines, introdotte nel 1976 e modificate profondamente nel 2000) 53, che
consistono in un insieme di standard di condotta a cui l’impresa può conformarsi quando si
trova ad operare all’estero54.
Nelle Guidelines l’OCSE ha raggruppato tutti quei principi e quegli standard che un’impresa deve
positivamente accogliere e implementare per garantire lo sviluppo sostenibile quando si trova ad operare
all’estero: queste linee guida richiamano espressamente il rispetto di diritti umani, dell’ambiente, piuttosto
che dei lavoratori55 e sostanziano quella che oggi viene definita la responsabilità sociale di un’impresa
(meglio conosciuta come corporate social responsibility)56; l’accoglimento positivo ed entusiasta di queste

51 VINUALES, E.J. International Investment Law and Natural Resource Governance, in ICTS, 2015, p. 3.
52 https://investmentpolicyhub.unctad.org/Download/TreatyFile/1137
53 http://www.oecd.org/daf/inv/mne/MNEguidelinesITALIANO.pdf
54 SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 134. Come noto, il diritto internazionale non può porre “direttamente” diritti e obblighi
in capo ai soggetti privati. V. supra, capp. 1-2.
55 Ivi, pp. 136-137.
56 GAZZINI, T. Bilateral Investment, op. cit., p. 961.

22
indicazioni da parte degli Stati membri dell’OCSE (nel 2011 già 42 Stati avevano accettato di impegnarsi
affinché le loro imprese nazionali operassero nel rispetto di questi principi) ha permesso di rilevare come,
nonostante questi atti non siano direttamente vincolanti (non costituiscano cioè norme di hard law, ma
piuttosto di soft law), siano efficaci come se lo fossero57. I motivi di questo successo variano dalla
constatazione che la positiva implementazione delle Linee guida ha portato ad ottenere risultati economici
sempre più efficienti 58 al fatto che, proprio perché operano in settori sempre più pubblici (nel senso di
conoscenza popolare), il mancato o inesatto ottemperamento potrebbe produrre conseguenze negative (in
termini di pubblicità e conseguentemente di revenues)59.
6. Soluzione delle controversie possono essere risolte attraverso tre canali
a. Via amichevole mezzi diplomatici (ad es. il negoziato), spesso inconclusivi
b. Ricorso alle corti nazionali dello Stato ospite rischio di mancanza di
imparzialità
c. Arbitrato internazionale investitore-Stato anche senza la necessità di previo
esaurimento dei ricorsi interni

I BIT prevedono quasi sempre l’obbligo di composizione amichevole (con tempi ristretti, di solito 6
mesi) e, in caso di insuccesso, il ricorso alle corti nazionali (quasi mai utilizzato) e all’arbitrato
internazionale investitore-Stato. In quest’ultimo caso, le parti optano di solito per acconsentire di
sottoporre la controversia o ad arbitrato ICSID (ossia, ad un arbitrato che si svolge nel quadro
istituzionalizzato dell’ICSID60 o ad un arbitrato ad hoc, costituito secondo le c.d. Regole
UNCITRAL61).
La possibilità di adire le vie internazionali per la composizione di eventuali controversie è una garanzia per
l’investitore internazionale. Tuttavia, in particolari circostanze, lo “spettro” del contenzioso può essere d’intralcio
allo Stato ospite che dovesse trovarsi a fronteggiare condizioni particolarmente critiche che richiedono interventi
restrittivi che possono incidere anche sulla posizione degli investitori internazionali. Un esempio è l’emergenza
da COVID-19, a seguito della quale gli Stati hanno fatto ricorso a un’ampia gamma di misure restrittive anche
lesive degli investimenti internazionali (si pensi, ad esempio, ai provvedimenti di nazionalizzazione del settore
sanitario, alle restrizioni all’export, alle restrizioni ai movimenti dei lavoratori). A questo proposito, si sta facendo
largo l’idea di “schermare” tali provvedimenti restrittivi da eventuali impugnazioni nell’ambito dei meccanismi
previsti nell’ambito degli strumenti di regolamentazione degli investimenti internazionali. Per esempio,
l’International Institute for Sustainable Development (IISD) ha elaborato una proposta di accordo per la
sospensione delle controversie Stato-investitore relative alle misure intraprese dagli Stati ospiti nell’ambito
dell’emergenza COVID-19.62 Più recentemente, il Columbia Center on Sustainable Investment ha fatto circolare

57 SANTER, L.A. A soft law mechanism for corporate responsibility: how the updated OECD guidelines for multinational
enterprises promote business for the future, in The George Washington International Law Review, Vol. 43, p. 376.
58 Ivi, p. 378.
59 Si pensi, ad esempio, al sistema dei National Contact Points, che permette agli individui di presentare istanza innanzi
a organismi nazionali appositamente costituiti; una trattazione complete è offerta da BOWMAN, H. If I had a Hammer:
the OECD Guidelines for Multinational Enterprises as another Tool to Protect Indigenous Rights to Land, in Pacific Rim
Law & Policy Journal, Vol. 15, n. 3, 2006, pp. 703-732.
60 V. infra.
61 Le Regole UNCITRAL (che sta per United Nations Commission on International Trade Law o Commissione ONU per
il diritto commerciale internazionale) garantiscono maggiore flessibilità rispetto alla procedura istituzionalizzata ICSID
perché prevedono che le parti svolgano un ruolo attivo nella gestione della controversia, per esempio decidendo quali
regole debbano essere applicate dal tribunale arbitrale. Tuttavia, l’assenza di apparato amministrativo di sostegno rende
a volte necessario il ricorso alle corti nazionali per questioni procedurali (ad es. per determinare a chi spetti il pagamento
anticipato di talune spese processuali). Ai lodi resi in applicazione delle Regole UNCITRAL, si applica poi il regime
previsto per i lodi commerciali internazionali (Convenzione di New York 1958), che prevede, per es., regole specifiche
in materia di riconoscimento (ciascuno Stato membro della Convenzione di New York è tenuto a riconoscere l’efficacia
dei lodi arbitrali se sono stati rispettati i requisiti procedurali previsti dalla legislazione interna) e in materia di
annullamento del lodo (ad es., per motivi tassativamente individuali quali l’irregolare costituzione del tribunale arbitrale
o la sospensione del lodo da parte di una corte nazionale). V. COSTAMAGNA, op. cit., pp. 164-5.
62 Si veda https://www.iisd.org/event/consultations-concerted-response-covid-19-related-isds-risks.

23
una proposta, firmata dal famoso economista Jeffrey Sachs and da altri sei esperti in materia di diritti umani e
sviluppo, volta a richiedere una moratoria su tutti i ricorsi pendenti al tempo del COVID-19.63

4. L’ICSID
Come spiegato supra, l’ICSID è il Centro internazionale per la composizione delle controversie
relative agli investimenti (in italiano, CIRDI), un istituto facente parte de. C.d. gruppo della Banca
mondiale costituito attraverso la Convenzione per la risoluzione delle controversie in tema di
investimenti (c.d. Convenzione di Washington 64. Come si deduce dall’art. I, par. 2 dell’Accordo 65, lo
scopo dell’ICSID è quello di mettere a disposizione meccanismi istituzionalizzati per la formazione
di tribunali arbitrali per la soluzione delle controversie in materia di investimenti sorte tra Stati parti
della Convenzione di Washington (ospiti degli investimenti stranieri) e cittadini di altri Stati parti
della Convenzione (investitori); è importante ricordare sin da subito che, pur essendo indipendente
rispetto alla Banca Mondiale, possono essere parte dell’ICSID soltanto gli Stati membri della prima 66.

4.1 La struttura ICSID


Come detto pocanzi, scopo dell’ICSID è quello di risolvere eventuali controversie sorte tra Stati
ospitanti e investitori esteri tramite delle procedure di conciliazione o arbitrato; è quindi importante
distinguere tra la struttura permanente del Centro (avente sede a Washington) e i panels o tribunali di
arbitri di cui si serve per la risoluzione di una controversia67:
4.1.1Struttura permanente
i. Consiglio di amministrazione Organo assembleare, composto da un rappresentante
per ciascuno Stato membro; ogni partecipante dispone di un voto e le decisioni sono
assunte generalmente per maggioranza semplice, a meno che non venga
espressamente richiesta quella dei 2/3.
ii. Segretario generale Nominato dal Consiglio di Amministrazione, con la
maggioranza dei 2/3; è il legale rappresentante del centro e capo della struttura
amministrativa.
iii. Segretariato Struttura amministrativa, composta da 5 team (che forniscono supporto
giuridico, amministrativo, finanziario e logistico nella gestione delle controversie).
5. Panels di esperti
i. Liste di arbitri Detti anche panels, sono degli elenchi di nomi a cui attingere per
istituire tribunali arbitrali; ogni Stato può proporre fino a 4 nominativi, mentre il
presidente fino a 10. Il mandato ha una durata di 6 anni ed è illimitato per gli esperti
indipendenti e imparziali. La commissione viene istituita ad hoc, in base all’oggetto
della controversia: tendenzialmente gli esperti saranno prelevati dalle liste, ma vi è la

63 Si veda https://ielp.worldtradelaw.net.
64 SHIHATA I.F.I, The Settlement of Disputes regarding Foreign Investments: The Role of the World Bank, with
Particular Reference to ICSID and MIGA, in 265 Arab L.Q., 1986, p. 268.
65 “The purpose of the Centre shall be to provide facilities for conciliation and arbitration of investment disputes between
Contracting States and nationals of other Contracting States in accordance with the provisions of this Convention”.
66 Al momento, gli Stati parte sono 153.
67 SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 96.

24
possibilità di attingere anche a conciliatori o arbitri esterni (purché vi sia l’accordo fra
le parti). Il gruppo sarà di numero dispari.

4.1.2 La giurisdizione ICSID


La giurisdizione dell’ICSID è subordinata a due diverse tipologie di condizioni 68:
1. Oggettiva Da questo punto di vista, l’oggetto della controversia deve rientrare nell’ambito
di applicazione della Convenzione; questo significa, quindi, che il litigio deve vertere su un
investimento.
2. Soggettiva Da questo punto di vista, invece, si richiede che lo Stato ospite e lo Stato di
nazionalità dell’investitore siano entrambi parti della Convenzione: questo significa che
l’investitore (sia esso una persona fisica o giuridica) deve avere la nazionalità di uno Stato che
abbia sottoscritto la Convenzione e che lo Stato ospite deve anch’esso aver ratificato la
Convenzione di Washington.
Ad esempio, un investitore messicano (posto che il Messico, ad oggi, non ha ancora ratificato la
Convenzione di Washington) non potrà mai rivolgersi all’ICSID qualora dovesse sorgere una controversia
per l’investimento da lui finanziato in Svizzera (anche se la Svizzera è parte della Convenzione di
Washington).

Peraltro, è altresì richiesto che l’investitore privato sia straniero, ossia avere la nazionalità di
uno Stato diverso da quello ospite – ma comunque parte della Convenzione di Washington.
Sul punto, l’art. 25 par. 269 specifica che la persona fisica o giuridica debba avere entrambe le
qualità (straniera, ma avente la nazionalità di uno Stato parte) al tempo in cui il consenso a
sottoporre la controversia alla procedura istituzionalizzata ICSID sia stato espresso 70. Peraltro,
affinché l’investitore sia effettivamente considerato straniero è necessario che, se persona
fisica, questa non detenga la cittadinanza dello Stato ospite (anche se si tratta di doppia
cittadinanza) e che, se persona giuridica costituita nello Stato ospite, il controllo
(maggioritario, in senso quantitativo o qualitativo) sia esercitato da soci stranieri.
Praticamente, questo implica:
- Per le persone fisiche Se un investitore (avente la doppia cittadinanza Svizzera e Italiana) decide di
effettuare un importante investimento in uno dei due Stati (quindi, nella Confederazione o in Italia) non
potrà chiedere, qualora dovesse sorgere una controversia, l’intervento dell’ICSID per la risoluzione della
stessa, proprio per il fatto che, in forza dell’art. 25 par. 2, lo stesso non possa ritenersi straniero.
- Per le persone giuridiche Di frequente, gli investimenti vengono compiuti da società multinazionali
che decidono di operare nello Stato straniero tramite delle società che, proprio per il fatto di essere costituite
sul territorio di quello Stato, ne assumono la nazionalità; se, ad esempio, una multinazionale decidesse di

68 Ivi, pp. 97 ss.


69 “2) «Cittadino d’un altro Stato contraente» indica:
a. Tutte le persone fisiche che possiedono la nazionalità di uno Stato contraente che non sia Parte nella controversia alla
data in cui le Parti hanno convenuto di sottoporre la controversia alla procedura di conciliazione o d’arbitrato oppure alla
data in cui la richiesta è stata registrata conformemente all’articolo 28, capoverso 3) o 36, capoverso 3, eccettuate quelle
persone che, in una qualsiasi di tali date, sono ugualmente in possesso della nazionalità dello Stato contraente Parte nella
controversia;
b. Tutte le persone giuridiche che possiedono la nazionalità di uno Stato contraente, che non sia Parte nella controversia,
alla data in cui le Parti hanno convenuto di sottoporre la controversia alla procedura di conciliazione o d’arbitrato, come
pure tutte le persone giuridiche aventi la nazionalità dello Stato contraente, Parte nella controversia alla data di cui sopra,
ma che
le Parti hanno convenuto, ai sensi della presente Convenzione, di considerare nazionali d’un altro Stato contraente, in
ragione del controllo esercitato su di essi da interessi esteri”.
70 V. infra.

25
creare una Società in territorio Svizzero per gestire l’investimento ivi effettuato, potrebbe adire l’ICSID
solo se i soci che esercitano il controllo (e questo significa i soci che hanno dato più fondi per la costituzione
della Società oppure quelli più influenti nella gestione della stessa) hanno una nazionalità diversa (ossia
sono tedeschi, francesi, italiani etc.).

Infine, come per qualunque procedura arbitrale, viene richiesto che tanto l’investitore privato
quanto lo Stato ospite abbiano espresso il loro consenso scritto a devolvere eventuali
controversie alla procedura ICSID: nel caso dell’investitore, vale anche solo il deposito della
richiesta di attivare la procedura ICSID presso il Segretario generale; nel caso dello Stato
ospite, vale l’esplicita disposizione di rinvio alla procedura ICSID contenuta nel BIT di
riferimento quale espressione del consenso (v. supra). Tale consenso può essere inoltre anche
espresso nel contratto d’investimento tra lo Stato ospite e l’investitore.

4.1.3 Le decisioni ICSID


I tribunali arbitrali ICSID, secondo quanto disposto dall’art. 42 71, decidono le questioni loro
sottoposte o in base al diritto scelto dalle parti (normalmente, le regole del BIT di riferimento), oppure
in base al diritto dello Stato ospitante e ai principi di diritto internazionale applicabili; peraltro, e
sempre che le parti siano d’accordo, è ammissibile che l’ICSID decida anche secondo equità, ossia
secondo l regole che agli arbitri i sembra essere più idonea alla risoluzione del caso.
Le parti possono già stabilire all’interno dell’accordo di investimento quale diritto verrà applicato qualora dovesse
sorgere una controversia: concretamente, questo significa che se un investitore Svizzero decide d’investire in Costa
Rica, entrambi possono liberamente (e purché siano d’accordo) scegliere quale diritto applicare (generalmente,
sarà un diritto già vicino alle parti, ma potrebbe anche essere una disciplina più lontana). Se, nel caso, l’investitore
e lo Stato hanno scelto il diritto olandese, allora l’arbitro sarà tenuto a dirimere la controversia applicando
quest’ultimo.

L’art. 54, par. 172 dispone infine che le sentenze (lodi) adottate dai tribunali arbitrali ICSID abbiano
valore di cosa giudicata nell’ordinamento giuridico degli Stati contraenti, e senza che vi sia bisogno
di alcun controllo da parte delle giurisdizioni interne. Queste sono dunque vincolanti, definitivi (non
esiste un II grado di appello, come invece nel caso dell’OMC) ed immediatamente esecutivi (ossia vi
corrisponde un esborso pronto).
5. I sistemi di garanzia degli investimenti: La MIGA
Contemporaneamente alla proposta d’istituzione dell’ICSID, nel corso dei primi anni ‘60, furono
avanzate diverse soluzioni per promuovere gli investimenti verso i paesi in via di sviluppo; in
particolare, una delle possibilità considerate dalla Banca (già avanzata, peraltro, negli anni 040) fu
l’istituzione di un’agenzia che potesse assicurare gli investitori anche contro i rischi non commerciali:
fu così che (proprio come avvenne per l’ICSID) venne formato un gruppo di esperti ad hoc che

71 “1) Il Tribunale risolve la controversia conformemente alle norme di diritto convenute dalle Parti. Se quest’ultime non
s’accordano, il Tribunale applica il diritto dello Stato contraente che è Parte della controversia – compreso l’ordinamento
concernente i conflitti di legge – e i principi di diritto internazionale nella materia.
2) Il Tribunale non può rifiutare il giudizio con il pretesto che il diritto taccia o non sia chiaro per quanto concerne il
punto litigioso.
3) Le disposizioni dei capoversi precedenti non pregiudicano la facoltà del Tribunale di statuire ex aequo et bono se le
Parti sono d’accordo.”
72 “1) Ciascuno Stato contraente riconosce vincolanti le sentenze pronunciate secondo la presente Convenzione e assicura,
sul proprio territorio, l’esecuzione degli obblighi pecuniari imposti nella sentenza come se si trattasse d’un giudizio
definitivo d’un tribunale dello Stato in questione. Uno Stato contraente che abbia una Costituzione federale può affidare
l’esecuzione della sentenza ai Tribunali federali e prevedere che quest’ultimi la considerino come una sentenza definitiva
dei Tribunali d’uno degli Stati confederati.”

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formulò una proposta, la quale, dopo essere state analizzata dal Consiglio di Amministrazione della
Banca, venne approvata nel 1985 (c.d. Convenzione di Seul) dando vita alla MIGA (Multilateral
Investment Guarantee Agency)73.
La MIGA ha quindi come obiettivo fondamentale quello di incrementare tra gli Stati membri il flusso di
investimenti privati a fini produttivi, in capitale e tecnologie, tenendo conto sia delle necessità degli Stati in via di
sviluppo che li ricevono, sia dell’urgenza, per chi investe, di essere garantito anche per i rischi non commerciali 74.
Coerentemente, gli Stati membri possono essere distinti in due categorie (ai diversi apporti finanziari
conseguono diversi diritti di voto) 75:
1. Stati industrializzati Ad oggi sono 25 (tra cui la Svizzera); questi provvedono a
somministrare i finanziamenti.
2. Paesi in via di sviluppo Ad oggi sono 156 e sono coloro che, invece, possono ricevere un
aiuto.
A differenza dell’ICSID, però, la partecipazione alla Banca è un presupposto necessario, ma non
vincolante (si pensi, ad esempio, al caso del Messico)76.

5.1 La struttura MIGA


La MIGA ha sede a Washington e al suo interno è così composta:
1. Consiglio dei Governatori Organo assembleare, composto da un rappresentante e da un
supplente per Stato; le sue competenze si distinguono in generali (delegabili al Consiglio di
Amministrazione) ed esclusive (ad esempio: decisione in merito all’allocazione delle quote di
capitale).
2. Consiglio di Amministrazione Organo esecutivo composto da 25 membri, di cui 6 eletti
dai Governatori dei membri detentori del maggior numero di azioni e 19 eletti dai restanti
membri.
3. Presidente Coincide con il Presidente della Banca Mondiale.
5.2 La MIGA: rischi e assicurazioni
La MIGA offre la sua assicurazione a quegli investitori (persone fisiche e giuridiche, con nazionalità
diversa da quella dello Stato ospite ex art 1377) che intendano realizzare un investimento (sia esso di
capitale o diretto) in un PVS, e sempre che lo stesso risponda positivamente ai suoi obiettivi di
crescita; tutti questi requisiti dovranno essere indicati nella richiesta che l’investitore inoltra alla

73 SHIHATA I.F.I, The Settlement, op. cit., p. 273.


74 SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 103.
75 Come riportato sul sito: https://www.miga.org/who-we-are/member-countries/
76 Come visto supra, il Messico non ha ratificato la Convenzione di Washington istitutiva dell’ICSID.
77“ a) Qualsiasi persona fisica o giuridica potrà avere diritto alla copertura assicurativa da parte dell'Agenzia purché:
i)tale persona fisica sia un cittadino di un Paese membro che non sia il Paese ospite ;ii)tale persona giuridica sia una
società per azioni ed abbia la sua sede principale in un Paese membro o la maggioranza del suo capitale sia posseduta da
uno o più membri o da cittadini di un Paese membro purché in nessuno dei casi citati si tratti del Paese ospite; e iii)tale
persona giuridica, sia essa privata o no, operi su base commerciale.
b) Qualora ai fini del paragrafo a) di cui sopra, l'investitore abbia più nazionalità, la nazionalità di un membro prevarrà
su quella di un non membro e la nazionalità del Paese ospite prevarrà sulla nazionalità di qualsiasi altro membro.
c) Su richiesta congiunta dell'investitore e del Paese ospite, il Consiglio di amministrazione, a maggioranza qualificata,
potrà estendere il diritto alla copertura ad una persona fisica che abbia la nazionalità del Paese ospite ovvero ad una
persona giuridica costituita in società per azioni nel Paese ospite o la cui maggioranza di capitale sia posseduta da cittadini
del Paese ospite purché i beni investiti non provengano da Paese ospite”.

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MIGA: in caso di risposta positiva, quest’ultima stipula con il primo un contratto di garanzia, nel
quale saranno previste le condizioni di copertura dell’investimento 78 e, in particolare:
1. Estensione Da 0 a 15 anni (eccezionalmente, fino a 20 anni).
2. Tipo di rischio I rischi (cd rischi politici o non commerciali) per cui la MIGA garantisce
(singolarmente o per più di uno) sono:
- Rischi di valuta Rischio contro le misure restrittive adottate dal Governo dello Stato
ospite e volte tendenzialmente ad impedire il trasferimento all’estero dei capitali ricavati
dall’investimento.
- Rischi di espropriazione (o misure analoghe) Rischio consistente in tutte quelle misure
che hanno come scopo quello di privare l’investitore della proprietà o del controllo sul suo
investimento.
- Rischi d’inadempienza contrattuale Rischio relativo alla mancata esecuzione del
contratto da parte dello Stato ospite.
- Rischi di guerra o disordini civili Rischi relativi ad episodi come i conflitti armati, atti
di terrorismo etc.
3. Termine
4. Ammontare dell’indennizzo Fino al 90% del valore totale dell’investimento (con un tetto
massimo di 220 miliardi).
5. Risoluzione delle controversie
6. Surroga della MIGA all’investitore Qualora si dovesse verificare uno degli eventi
potenzialmente rientranti nei rischi che la MIGA con l’accordo si è impegnata a coprire, allora
quest’ultima corrisponde all’investitore l’indennizzo pattuito e si surroga nei suoi diritti e nei
suoi crediti: questo concretamente implica che la MIGA possa fare valere nei confronti dello
Stato inadempiente tutte quelle pretese che, in origine, avrebbe potuto fare valere l’investitore.
Schematicamente funziona così: la MIGA ripaga l’investitore del danno che ha subito e poi
si rifà nei confronti dello Stato che ha commesso il danno surrogandosi all’investitore, cioè
mettendosi nella sua posizione agisce nei confronti dello Stato come se fosse quest’ultimo.
Ad esempio, se lo Stato ospitante dovesse decidere di espropriare il terreno su cui l’investitore ha costruito
la sua società per ottenere un’autostrada (o per qualsiasi altro motivo), l’investitore potrà chiedere alla
MIGA di essere indennizzato e, se del caso, quest’ultima, surrogandosi al primo, potrà a sua volta richiedere
allo Stato che le venga pagato il dovuto indennizzo.

78 SCISO, E. Appunti, op. cit., p. 104.

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