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In cerca di ‘oggettività’

per misurare la mente:


Storia degli strumenti di assessment
per il testing psicologico

Santo Di Nuovo
Università of Catania
I primi ‘reattivi mentali’

“Test” come prova sperimentale

Edward Titchener scrisse nel 1902 che gli


esperimenti psicologici con umani consistono
in una serie di introspezioni, condotte in
condizioni standardizzate.
Questo aspetto differenzia gli esperimenti con
umani da quelli con animali o oggetti naturali
tipici della ricerca di laboratorio, che usano
metodi condivisi con altre discipline
(ad esempio, fisiologia, fisica e chimica - oggi
neuroscienze).
I primi ‘reattivi mentali’
I primi tentativi di
quantificare le risposte
individuali agli stimoli
standard (cioè il test
come “reattivo”
diagnostico) furono
sviluppati per misurare
le differenze tra le
persone nella risposta a
stimoli standardizzati,
somministrati in
condizioni Wundt: test di attenzione
standardizzate
 oggettività?
I primi ‘reattivi mentali’

Nei test psicologici


l'introspezione era la base per
comprendere il compito richiesto
e dare risposte verbali o
prestazionali agli stimoli.

I criteri psicometrici hanno


introdotto uno scopo specifico
non previsto negli esperimenti
psicologici in laboratorio:
confrontare queste risposte con
parametri “normativi”.
I primi ‘reattivi mentali’
Nel suo laboratorio “antropometrico” Francis Galton
misurava i comportamenti psicofisici in campioni di
migliaia di persone, attraverso i suoi metodi “reattivi”
basati principalmente sui tempi di reazione agli
stimoli visivi e uditivi.
I primi ‘reattivi mentali’

James McKeen Cattell (1890) importò i metodi di


Galton negli Stati Uniti,
definendo innanzitutto i «test mentali»,
che non si limitavano a risposte comportamentali
ma includevano risposte verbali a stimoli verbali.

• Ma è possibile misurare oggettivamente gli


aspetti soggettivi della mente umana utilizzando
il test come un laboratorio “portatile”?

• Qual è il valore predittivo dei test mentali sulle


abilità della vita quotidiana?
I primi ‘reattivi mentali’

Un esempio deriva dal rendimento scolastico: diversi


bambini con alti livelli di intelligenza misurati dal
test erano mediocri studenti e viceversa.
I primi test mentali misuravano solo una parte delle
capacità mentali utili per una diagnosi completa,
poiché si basavano quasi solo sui tempi di reazione.
Pertanto, il successo nell’apprendimento accademico
e nell’adattamento emotivo al contesto erano solo
parzialmente collegati alle competenze specifiche
misurate dai test, poiché tale successo dipende da
altre variabili soggettive e sociali non valutate dai
“reattivi”.
Tentativi di misurare l'intelligenza: dall'età
mentale al QI, e relative critiche
Alfred Binet e Théodore Simon (1905) prepararono
un test di “intelligenza”, volto a prevedere in modo
affidabile quali studenti avessero bisogni educativi
differenziati.

Alfred Binet nel laboratorio della Sorbonne a Parigi, primi del XX secolo
Tentativi di misurare l'intelligenza: dall'età
mentale al QI, e relative critiche

Per coincidenza, Binet e Simon


presentarono il loro test nel 1905 al V
Congresso Internazionale di Psicologia
tenutosi a Roma, nella stessa sessione in
cui anche Sante De Sanctis presentò un
“reattivo” per valutare i deficit intellettivi,
applicato nelle “Scuole dell'infanzia”.
L’obiettivo comune degli autori era quello
di separare il più possibile la misurazione
delle capacità intellettive dal livello di
istruzione, evitando compiti simili a quelli
utilizzati a scuola, come avveniva nel
consueto approccio pedagogico.
Tentativi di misurare l'intelligenza: dall'età
mentale al QI, e relative critiche

Uno studioso siciliano emigrato a Milano, Umberto


Saffiotti, studiò approfonditamente il test Binet e
giunse a conclusioni che ne contestavano alcuni
assunti fondamentali.

• Il test considerava l’età mentale in termini


dei compiti cognitivi senza tener conto
del rapporto con il livello di istruzione
È stata riscontrata un'inesattezza
metodologica nel calcolo dell'ordine di
difficoltà crescente dei compiti.
• Saffiotti (1916) propose di sostituire il criterio
dell'“età mentale” con i “gradi di sviluppo mentale”.
Tentativi di misurare l'intelligenza: dall'età
mentale al QI, e relative critiche

Le cautele suggerite da Saffiotti, e


dallo stesso Binet, non sono state
seguite da chi ha utilizzato i test
per misurare l’”intelligenza”

Questo costrutto è spesso


considerato “oggettivamente”
misurabile al pari delle variabili
fisiche e comportamentali
(Fancher, 1985).
Misurare il QI
Wechsler: misurare la ‘intelligenza cognitiva’

Quando David Wechsler propose la revisione del QI


(età mentale/cronologica  deviazione dal QI
normale)definiva “cognitiva” l’intelligenza misurata
dai test, mentre

“L’intelligenza conativa e non intellettiva determina il


comportamento adattivo e il successo nella
vita…l’intelligenza generale non può essere equiparata
all’abilità intellettuale, ma deve essere considerata
come una manifestazione della personalità nel suo
insieme”

Ma anche questa definizione è stata sottovalutata


dagli utilizzatori delle scale di Wechsler…
Critiche sulla ‘misurazione della mente’

Negli anni Sessanta la contestazione generale degli


strumenti della scienza sperimentale coinvolse
anche i test mentali (ad esempio “The
Brainwatchers” di Gross, 1962)

La critica alla valutazione quantitativa e “oggettiva”


delle capacità intellettive è stata sostenuta da “The
mismeasure of man” di Gould (1981).
«Il QI non può essere considerato
autonoma qualità della mente umana:
il numero che quantifica l'intelligenza
di ogni persona, è un artefatto statistico
applicato alla specifica prestazione
richiesta dal test.»
La questione di fondo: Il senso del misurare

Dobbiamo differenziare
• la misurazione che coinvolge variabili psicofisiche o
neurofisiologiche, facilmente isolabili e valutabili
analiticamente,
• la valutazione delle funzioni cognitive ed emotive
più complesse della mente umana.
Nel primo caso, gli strumenti di valutazione sono
quelli tipici del laboratorio psicotecnico, che hanno
contribuito alla nascita della psicologia sperimentale
come scienza autonoma e “oggettiva”:
ad esempio,
• cronoscopi per la misurazione dei tempi di risposta,
tachistoscopi per la decodifica veloce dei segnali visivi
stimoli,
• poligrafi per quantificare le variabili fisiologiche.
Poligrafo
Il senso del misurare

Oggi questi strumenti sono sostituiti da


tecniche di neuroimaging (ad esempio fMRI,
SPECT, PET, analisi spettrali, ecc.) e da
programmi informatici che valutano le
funzioni cognitive e psicofisiologiche con
grande precisione nella presentazione degli
stimoli e nella registrazione delle risposte.
Tutte queste procedure hanno un'altissima
affidabilità nella misurazione delle variabili,
evitando l'introspezione.
Ma ciò che misurano è l’intera “mente”?
Il senso del misurare

Es.: misurazione
dell'attenzione mediante un
programma computerizzato
che presenta gli stimoli,
registra
• I tempi di reazione,
• gli errori e
• le eventuali omissioni
delle risposte
e produce un report dei
risultati di ciascun soggetto
per diverse aree di
attenzione e
concentrazione.
Il senso del misurare

Però quando l'oggetto della misurazione è un


costrutto psicologico complesso, ad es.:
• intelligenza,
• personalità,
• adattabilità sociale,
• fatica,
• soddisfazione lavorativa
la misurazione deve fondare l'accuratezza e la
validità dei punteggi su diversi criteri di
verifica.
Differenze negli scopi del ‘misurare’

- valutare l'efficienza cognitiva o il profitto


 richiede al soggetto la massima prestazione
 riguarda test cognitivi, attitudinali o di profitto;

- valutare la prestazione tipica dei soggetti


 richiede di descriversi senza limiti di tempo, e
senza pretese di efficienza nella prestazione
 comprende tipicamente test di personalità o di
adattamento ma anche test di valutazione dello
stile cognitivo.

Di conseguenza, i criteri di valutazione quantitativi


e/o qualitativi necessari nella specifica situazione di
valutazione saranno diversi.
I limiti della psicometria “oggettiva”

La definizione di “test psicometrico” (ovvero


di strumento oggettivo di valutazione)
comporta criticità riguardanti l’incidenza
della soggettività sia del somministratore
che del rispondente:
- Comprensione degli stimoli.
- Interazione tra il somministratore del test
e il soggetto.
- Test con soggetti problematici (ad es.
disabilità intellettiva, deterioramento
cognitivo)
I limiti della psicometria “oggettiva”

Uno dei primi libri di testo sui test di


intelligenza specificava:
"Bisogna prestare attenzione all'atteggiamento
emotivo dei soggetti nei confronti della prova, alla
capacità di capire cosa si vuole da loro, e alla
volontà di dare il massimo durante tutta la prova”.
(Whipple, 1914, p. 5)
Procedure tecniche specifiche possono
risolvere alcuni di questi problemi,
mentre altri richiedono criteri di test diversi,
ad es. valutazione qualitativa e dinamica
I limiti della psicometria “oggettiva”

I test psicometrici misurano il


prodotto (il grado di efficienza)
delle funzioni cognitive;
è necessaria una valutazione
diversa per cogliere il modo di
funzionamento del processo
cognitivo.
Per esempio:
• Il costrutto di Vygotskij di
“area potenziale di sviluppo’’
• ”L’approccio clinico’’ di Piaget
I limiti della psicometria “oggettiva”

Un test dinamico orientato al processo è diffuso in


psicologia dell'educazione, ma anche nella
valutazione neuropsicologica, a causa della difficoltà
di mantenere le norme per la somministrazione e la
valutazione dei test psicometrici con pazienti affetti
da malattie neurologiche (Kaplan, 1988).

Test neuropsicologici: la
batteria di Goldstein e
Scheerer per la valutazione
del pensiero concreto e
astratto (1941).
Oltre i limiti della psicometria “oggettiva”
Feuerstein & al. (1979), seguendo la scuola
piagetiana, proposero per testare le persone con
disabilità mentale uno strumento basato su criteri
non strettamente psicometrici.
Sono stati proposti modelli e metodi di valutazione
dinamica Lidz (1987), Carlson & Wiedl (1992), Haywood and
Tzuriel (1992), Sternberg & Grigorenko, (2002).

La valutazione dinamica mira a comprendere il


funzionamento del processo cognitivo
 come procede il soggetto nel rispondere a stimoli
standardizzati.
 la difficoltà può essere variata e adattata alle
abilità rivelate dal soggetto.
‘Adaptive’ testing

I primi test adattivi computerizzati


perseguivano un concetto consolidato di
istruzione individualizzata per scopi
diagnostici
 Progressivo adeguamento delle prove allo
stato attuale delle conoscenze e delle
prestazioni della materia
 evitare di proporre test troppo difficili o
troppo facili ma partendo dal baseline
determinato all'inizio del test
 I compiti vengono progressivamente
adattati al livello raggiunto in sequenze
individualizzate.
‘Adaptive’ testing

Il livello del soggetto viene dedotto


automaticamente dal software che gestisce il
test.
Le risposte sono calibrate su questa
valutazione preliminare che è completamente
automatizzata.
Ciò non dipende solo dall'età, ma dalle
risposte preliminari dei soggetti e dalle loro
basi nella competenza valutata.
I test sono “tagliati su misura” su argomenti
specifici e quindi risultano più appropriati e
precisi per casi estremi.
‘Adaptive’ testing

In questo modo, il sistema artificiale può


adattare i criteri di valutazione al caso
specifico, verificando poi i cambiamenti a
seguito di interventi abilitanti o riabilitativi,
che possono essere attuati dal sistema
stesso attraverso agenti umani e/o artificiali.

Robot Pepper somministra un test


1. The early ‘reactive’ instruments
2. A basic question: The sense of ‘measuring
3. Beyond the limits of ‘objective’ psychometrics
Test di personalità
1. Conclusions
Test di Personalità : inventari
I primi esperimenti per
misurare i tratti della
personalità furono
sviluppati negli anni '20 nei
campi della selezione del
personale, ad es. nelle forze
armate.
Scale e questionari di
autovalutazione includevano
la Woodworth Personal Data
Sheet, utilizzata per lo
screening psichiatrico dei
coscritti nella prima guerra
mondiale
Woodworth Personal Data Sheet, published by
Walter Reed Army Medical Center, 1917
Test di Personalità : inventari

Molti manuali definiscono gli inventari della


personalità come "oggettivi".
Ma gli strumenti di self-report hanno una
base introspettiva (cioè soggettiva).
L'obiettività riguarda la rigorosa
standardizzazione delle domande che le
costituiscono, e i punteggi risultanti possono
essere ottenuti in modo altrettanto standard.
Per rispondere alle domande, l’intervistato
utilizza il self-report, cioè una serie di
introspezioni condotte in condizioni
standardizzate, come sosteneva Titchener.
Test di Personalità : inventari

Quando un soggetto ammette di sentirsi


“ansioso” o “depresso” su una scala multi-
livello che chiede di valutare per ciascun item
“molto”, “abbastanza”, “poco”, “per nulla’’…

Ogni livello della scala di valutazione ha lo


stesso significato per tutti gli intervistati?

Le risposte non riflettono il livello oggettivo


di ansia (misurabile con strumenti
psicofisiologici) ma l’ansia percepita.
Test di Personalità : inventari

Altro aspetto rilevante a seconda


dell'interpretazione soggettiva degli stimoli è
la possibilità di alterazione, volontaria o
meno, della risposta.
Paradossalmente, proprio nei test considerati
“oggettivi”, la possibilità di falsificare le
risposte è maggiore, essendo gli item molto
trasparenti.
Es: “Sono spesso arrabbiato e
aggressivo”(punteggio da 1 a 5)  chi
risponde ad un test per scopi giudiziari può
tentare di falsificare questa risposta per
evitare conseguenze negative
Test di Personalità : inventari

I principali test di questa categoria di


inventari includono scale di “controllo” che
avvertono della tendenza del soggetto a
ingannare e fuorviare l’esaminatore.

Ma, a parte alcune correzioni consentite ai


punteggi, ad esempio nell'MMPI e in altri
test, l'innalzamento delle scale di controllo
rende il test inaffidabile e quindi inutilizzabile
per scopi forensi.
Tecniche proiettive

Diverse tipologie di test di personalità, pur


mantenendo la standardizzazione degli
stimoli, sono meno rigorosi nella
valutazione,
anche se l'obiettività del punteggio non
viene abolita almeno per alcune parti di
essi.

D'altro canto, la possibilità di falsificare


volontariamente le risposte è limitata.
Tecniche proiettive

Questi test sono detti “proiettivi”: molti


manuali di psicometria (e molti
professionisti) li considerano meno
oggettivi degli inventari.

Ma è “tempo di evitare i termini ‘oggettivo’


e ‘proiettivo’ come descrittori dei test della
personalità”?
Meyer e Kurtz (2006, p. 223)
Tecniche proiettive

Il test di associazione ideato nel 1906


(Jung, 1918) rispondeva al presupposto
psicoanalitico secondo cui le emozioni e la
personalità interferiscono con il ricordo.

Freud (1916) ammise che queste tecniche


potevano costruire il primo ponte dalla
psicologia sperimentale alla psicoanalisi.
Tecniche proiettive

Lo psichiatra svizzero Hermann Rorschach nel 1921 –


nello stesso periodo in cui furono introdotti i primi
Inventari – presentò le dieci tavole diagnostiche
costituite da macchie d’inchiostro standard, come una
particolare modalità per studiare la “personalità
attraverso la percezione”, che solo dopo la sua morte
venne definita come "proiettivo".

Rorschach-like card
Tecniche proiettive
Quanto sono affidabili e
valide le deduzioni
derivate da test come il
Rorschach o il TAT di
Murray, o i test basati
su disegni?

Draw-a-person test
della stessa persona
prima e dopo la terapia
Children
per la psicosi
Apperception Test
Altre questioni riguardanti i test psicometrici

- Influenze culturali (tentativi di trovare


strumenti “cultural-free”, o almeno
“cultural-fair”)

- Aspetti relazionali della somministrazione


di test psicometrici (da parte di agenti
umani o informatici o artificiali)
Per concludere ...

Il test è un equivalente “portatile” di


tecniche sperimentali, asettiche e
oggettive,
come si credeva nelle prime fasi della
storia della psicometria,
e alcuni continuano a crederci?
Per concludere ...

Un primo assunto equivoco è che la mente


sia analizzabile al pari delle sue componenti
neurofisiologiche.
Il test mentale costituirebbe per le funzioni
psicologiche un equivalente dell'EEG o della
fMRI per le modalità di funzionamento
organico.
Questo presupposto porta a una definizione
ambigua di oggettività nella misurazione
psicologica.
Per concludere ...

Ricordiamo quanto diceva Titchener a


proposito degli esperimenti psicologici, che
considerava una serie di introspezioni
condotte in condizioni standard.
Il test è oggettivo se sottratto in modo
attendibile alla soggettività dell'esaminatore.
Tuttavia le risposte sono ancora soggettive in
quanto frutto di un atto introspettivo del
soggetto esaminato.
Per concludere ...

La storia della psicometria, e la riflessione


epistemologica su di essa, sfatano
aspettative illusorie di assoluta “oggettività”
da parte dei committenti (insegnanti,
psichiatri, giudici), ma condivise anche da
molti psicologi.
Tuttavia, i test psicologici comprendono
strumenti in grado di accertare con
attendibilità specifiche competenze, o la
loro carenza, a fini educativi, giuridici o
riabilitativi.
Per concludere ...

Il testing riguarda strumenti che studiano


anche costrutti più generali e definiti in modo
meno condiviso (es. intelligenza, personalità)
In questi casi consentono la classificazione
nosografica degli individui in categorie
comunque incertamente definite.
Piuttosto, possono consentire la
comprensione delle condizioni e delle funzioni
psicologiche che favoriscono o impediscono la
manifestazione del potenziale intellettuale ed
emotivo dell’individuo o influenzano il suo
benessere mentale.
Per concludere ...

La storia della psicologia conferma che, per


questi diversi scopi ed usi, esistono test
affidabili e validi
• se opportunamente costruiti
• e correttamente utilizzati,
purché vi sia una consapevolezza
epistemologica
• della natura di ciascuno strumento
• e del grado di “oggettività” che consente
di raggiungere.

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