Sei sulla pagina 1di 73

STORIA E SISTEMI DELL’AFRICA CONTEMPORANEA

22/02/2022
Southern Africa= Africa Australe (non la parte che sta nell’emisfero australe ma in un’altra per
motivi politici)

Lezione 1

 Popoli o tribù?
La concezione comune è quella che il popolo africano viva in perfetto equilibrio con la natura,
questo presupposto è alla base spesso dei governi coloniali e quindi un falso mito che circonda
l’Africa. Essa ci dà un’immagine che è alla base di un approccio sbagliato dell’occidente, ovvero il
mito del “buon selvaggio”.
Da una parte c’è il concetto di modernizzazione e dall’altro c’è il concetto di preservare l’ambiente
pacifico (ma un po’ selvaggio) dell’africa. Anche a livello sociale uno dei primi passi che dobbiamo
fare è approcciarci al loro mondo attraverso il loro concetto di modernità e restituire la loro storia.
I masai sono una tra le popolazioni più note perché tra le più turisticizzate, per loro presentarsi così
ai turisti è una risorsa ma non vivono in questi “costumi”  paragonabili ai centurioni romani
davanti al Colosseo.
- Gli stati africani sin dalla fine del periodo coloniale hanno mantenuto i confini decisi
dagli stati coloniali (unica eccezione di recente il Sudan che ha riconosciuto il Sud Sudan).
Eritrea ultimo stato a diventare indipendente  fine guerra fredda anni 90’, gli eritrei combattono
una guerra contro l’Etiopia e si dichiarano indipendente.
I conflitti tra stati africani sono pochi, le più importanti sono l’attacco etiope ad Asmara in Eritrea il
6 giugno 1990
Noi ci concentreremo principalmente sugli stati subsahariani, questa parte di Africa ha condiviso
con scadenze temporali le esperienze coloniali.
a) Zona ovest dell’africa  principalmente di occupazione francese (più o meno dal Camerun
in sud Ovest). Nigeria unico stato che ad ovest è una colonia inglese, è un paese con grandi
risorse petrolifere, una demografia esplosiva (fino a qualche anno fa 1/5 della popolazione
africana era nigeriana).
b) Africa centrale  corno d’Africa identifica quella parte lì di fronte la penisola araba, include
l’Etiopia, l’Eritrea, la Somalia e il Gibuti. Alcune dinamiche del corno possono interessare il
Sudan e il Sud Sudan
c) Regione dei grandi laghi  stati che gravitano intorno il lago Vittoria, Ruanda, Burundi,
Congo, Kenya, Tanzania
d) Africa Australe  area più politica di tutte, non è tutta l’Africa che sta giù dell’Equatore ma
identifica una parte dell’Africa puramente politica. Riguarda il confine di quegli stati che
man mano che diventavano indipendenti stringevano un’alleanza tra loro per combattere
l’apartheid in Sud Africa. Quindi è un circolo di stati (attuale gruppo di gestione economica
SADC) che si è unito per combattere il Sud Africa dell’apartheid (i confini di Angola,
Zambia, Tanzania sono quelli che intendiamo per limitare l’Africa Australe).
1994  fine apartheid, inoltre anno importante perché accadono 2 eventi importanti: fine
dell’apartheid, come già detto e le prime elezioni libere dove il popolo africano può votare e viene
eletto con una grande maggioranza Nelson Mandela (grazie al grande contributo dell’ex leader
dell’apartheid De Klerk) e fu istituito il primo governo di unità nazionale tra i partiti. Mandela si
rende protagonista della scrittura di una delle più avanzate costituzioni al mondo, che prevedeva
l’unione nazionale anche con gli sconfitti e gli autori dell’apartheid.
Negli stessi giorni avviene il genocidio in Ruanda (considerato un genocidio tribale) che ci
restituisce l’immagine di un Africa che ripiomba in un conflitto tribale che finisce in un genocidio. I
Hutu che vogliono sterminare i Tutsi, perché considerati non veri africani.
Nel Sud Africa di Mandela, il peggior nemico di Mandela stesso non erano i bianchi ma un partito
con una concezione simile a quelli del Ruanda, gli Zulu che volevano l’indipendenza non del Sud
Africa unito ma solo degli Zulu  Mandela farà un governo comprendendo anche gli Zulu.
1997  progetto di Parco Transnazionale tra Sudafrica, Mozambico e Zimbabwe, “peace Park” 
si apre al movimento di elefanti verso il Mozambico (messaggio di pace)

Lezione 2
La maggior parte degli stati che non diventa indipendente risiede nella parte sud dell’Africa
 Come si formano gli stati? Cosa sta alla base della formazione di questi stati che nascono
coloniali?
Per colonialismo intendiamo istaurazione dello stato coloniale di dominio sullo stato africano,
non intendiamo una presenza europea (dato che è molto comune trovare questo termine in
periodi in cui non si può notare un fenomeno coloniale).
Questo avvenne nell’800’: il Portogallo sarà il primo colonizzatore (rimarranno con pochi territori
alla fine), anche grazie agli scopritori portoghesi nel passato. Un esempio è il Camerun, dove si
parla francese e inglese, eppure la parola deriva dal portoghese (che significa “gambero”).
- I sistemi politici africani sono sempre stati studiati sulla base di modelli di evoluzione
politica di sviluppo prettamente occidentale, è problematico studiarli basandosi su modelli
che non si sono formati in Africa. I termini tribù o etnie nascono appunto per
distinguere dalle cosiddette civiltà civilizzate.
In realtà quello che cerchiamo di sostenere è come questi termini identificano delle realtà che hanno
un’origine storica e politica, quelle tribù e etnie identificano una realtà politica che nasce grazie
all’unione della realtà coloniali e quelle preesistenti ed essa è in continua mutazione. Non c’è una
vera risposta alla domanda “esistono quindi le tribù e le etnie?”. Questi termini non sono validi
riguardo il contesto che vogliamo spiegare, se li attribuiamo ai popoli attuali del 2022 allora stiamo
sbagliando. Mentre se li attribuiamo a un pensiero che entrato nelle coscienze degli uomini, questo
ci può aiutare a capire il contesto.
Queste concezioni astratte, che riguardano l’immaginario dell’africa, sono rientrate nei pensieri
nazionalisti di alcuni stati africani. Si sono formati quindi modelli o categorie mutuate da
ideologie politiche africane derivanti da concetti presi dal colonialismo:
- Negritude di Senghor (Senegal)
- Ujama di Nyerere (Tanzania)
- Pan-africanismo di Nkrumah (Ghana)
- Umanesimo di Kaunda (Zambia)
Le etnie esistono? Devono essere analizzate nella loro storicità! Sono un fenomeno moderno come
tanti altri.
 “Invenzione della tradizione?”
Eric Hobsbawm scrive questo libro dove tratta l’ipotesi che le tradizioni di molti stati siano frutto di
un’operazione storica e artificiale; quindi, le tradizioni che esistono attualmente sono invenzioni
storiche/politiche oppure sono prettamente caratteristiche preesistenti dall’origine dei tempi.
La costituzione dello stato coloniale ha implicato sicuramente la selezione di una serie di
consuetudini appartenenti a quel periodo e a pochi gruppi e alla loro cristallizzazione di un modello
o una descrizione che vengono poi conosciute come etnie. C’era la necessità di incasellare i sistemi
sociali africani all’interno di quello nuovo che è quello coloniale e in questo modo c’era bisogno di
identificare alcuni gruppi, dargli dei nomi che sono quelle etnie/tribù che conosciamo ancora oggi.
Queste tribù sono quindi figlie in parte dell’incontro delle volontà coloniali e della realtà
preesistente.
- In epoca precoloniale in Africa, non c’erano sistemi politici riconosciuti dagli europei
(pur esistendo delle società strutturate ma in modo diverso da quello europeo), le forme del
potere, generalmente, erano sulle persone e non sul territorio  nel senso che le forme di
potere gravavano direttamente sulle persone ma non sulle persone, indipendentemente dove
essi si trovino, data la mancanza di confini ufficiali e la scarsità demografica, sono spazi
meno definibili dove c’è poca necessità di definire confine dato che le risorse e lo spazio
sono abbondanti e superiori alle persone. L’Africa precoloniale non conosceva confini
politici!
È un legame tra potere e persone molto elastico dato che si può anche spezzare, diverso dal legame
rigido dell’immaginario che il mondo ha sempre attribuito alle tribù dell’Africa.
Questi fattori economici, politici, militari sono quelli su cui si basa il modello coloniale che però li
cristallizza e quindi non resta più elastica. Ai fini di esercitare un dominio coloniale lo sforzo
degli amministratori sarà quello di assegnare un territorio a ciascuna realtà dell’Africa (la
tribù x deve stare nel posto x) i quali rimarranno lì per sempre. C’è quindi un modellamento delle
identità etniche sul modello amministrativo dello stato coloniale e una “politicizzazione” delle
identità etniche nei sistemi di potere dello stato coloniale. Molti conflitti interni tra gli stati
riguardano proprio queste realtà interne sedimentate dal colonialismo.
Vi era questo potere perché il numero delle persone era molto alto e quindi aumentava di
conseguenza anche il potere stesso, il potere però ha diverse gradazioni che necessitano di
intermediari e di gerarchie, inoltre sono presenti dei meccanismi di inclusione di stranieri (per
aumentare il potere) ma la parte fondamentale è la mancanza di confini. Altre conseguenze sono la
mancanza di proprietà privata, sistemi di sussistenza basati sulla mobilità (livelihood).

 Teoria della “frontiera interna africana” (Kopytoff)


Mobilità come fondamento dei sistemi sociali e politici nuovi, lo spostamento come fondamento
delle forme di sussistenza ma a volte anche una dinamica politica perché in un territorio abbondante
se non sono più d’accordo col capo tradizionale non è necessario che mi organizzi per cambiare il
sistema. Semplicemente me ne vado e ne organizzo uno nuovo data l’abbondanza di risorse su
persone e nuovi gruppi, slegandoci sulla nuova forma di fedeltà dando origine ad un sistema
politico nuovo  Exit option (Hirschman)/ disengagement ovvero la fuoriuscita dai conflitti interni
e fughe da espansioni militari.

Lezione 3

Ultimo periodo precoloniale


 Diverse forme di sistemi di autorità e potere
Nell’epoca precoloniale l’appartenenza ad un gruppo etnico/tribale è un’appartenenza sociale ad un
gruppo di potere che è gestito solitamente da una famiglia che ha a sua volta un capo.
Una delle differenze sostanziali sta nei rapporti, si è capi delle persone non di territori (differenze
con i regimi europei), esistono autorità riconosciute che gestiscono il possesso tra le famiglie (i capi
distribuivano i territori alle famiglie). Essa è in funzione di quello che le risorse devono dare alle
persone ma anche per l’equilibrio sociale di quelle persone, questo è lo scopo di questi capi che non
sono territoriali. Ci sono esempi di capi che vanno verso una territorializzazione ma generalmente le
risorse sono disponibili per tutti e non c’era bisogno di attuare confini. Sono le scoperte dell’800’ a
portare gli stati africani verso gerarchie più definite e trasformazioni più definite.
Nel periodo precoloniale avevamo già stati in profonda trasformazione ma solo per alcuni, è lo
stesso processo che ha facilitato la conquista coloniale. Se guardiamo una cartina antecedente al
periodo coloniale vediamo:
1) sistemi politici più centralizzati, con gerarchie di potere più assolutisti e con pochissima
intermediazione, in genere sono sistemi più centralizzati che aumenteranno ad una serie di
stimoli nel corso dell’800’.
2) Principati (Chefferie) con una realtà molto più dinamica, solitamente in territori più piccoli,
in cui l’autorità è soggetta a modifiche più veloci, spesso si alleano diventando unica 
realtà più decentralizzata
3) Società acefale, ovvero tante famiglie in un territorio che mantengono un rapporto tra loro e
condividono una certa cultura però non c’è una forma di potere centralizzata che possa
controllare i rapporti. Uno dei problemi dello stato coloniale sarà quello di trasformare
società acefale in una struttura centralizzata quindi imponendo trasformazioni in un sistema
che prima non esistevano.
Sicuramente non esistevano dei sistemi produttivi basati sulla proprietà privata ma esisteva
l’ownership, ovvero ci sono delle comunità che gestiscono le proprietà per il controllo di tutti (non
c’è la proprietà privata ma esiste una gerarchia decisa dal capo tradizionale).
In questi sistemi produttivi è importante la schiavitù, il quale non è un’importazione occidentale.
La novità portata dagli europei è la tratta ma la schiavitù era una parte essenziale del sistema
africano, dall’800 in poi inizieranno ad essere venduti. Il che ha causato l’aumento delle guerre per
l’aumento della domanda degli schiavi (ne servivano di più anche da mandare in America).
 Tratta degli schiavi
Inizia circa nel settimo secolo, grande espansione nel diciassettesimo e il picco della tratta è circa
tra il 1750 e il 1830 (coincide con l’inizio dell’abolizione della tratta degli schiavi, ma non sempre

della schiavitù).
Quando la schiavitù comincia ad essere abolita in’America, la tratta inizia a fare il verso opposto
(quindi presi dall’est Africa) e portati dall’altro lato. La maggior parte degli schiavi andava verso
l’America e verso la penisola araba. Le principali vie di commercio di schiavi rimarranno i
fiumi (Nilo, Congo, Zambesi, Niger).
Tutta l’Africa è stata colpita dalla schiavitù, chi prima e chi dopo, forse gli unici stati a non averla
avuta sono quelli della zona dei grandi laghi. I punti più colpiti probabilmente sono: la Colonia del
Capo (olandesi), Africa Occidentale (Senegambia zona tra Senegal e Gambia, Sudan occidentale e
centrale, per gli africani tutto ciò che sta sotto il Sahara è la “terra dei neri” ovvero Bilhad Al Sudan
quindi, tutto prendeva il nome di Sudan), Golfo del Benin, Nord fiume Congo, Costa Angolana
(probabilmente la zona che ha esportato di più), Coste Oceano Indiano (Zanzibar, Zambesi) il punto
dove si sviluppo un grande punto di commercio soprattutto verso la penisola araba, Corno (anche da
qui verranno esportati, anche se in misura minore schiavi nella penisola araba).
Le esportazioni ad oriente furono gestite soprattutto dai portoghesi e dalle famiglie arabe swahili (il
quale la lingua nasce come lingua commerciale). Una particolarità delle zone contigue allo Zambesi
è la formazione di sistemi particolari, ovvero i Prazos, grandi territori dove si stabilirono famiglie
portoghesi che svilupparono sistemi e società prettamente africane, nasceranno società afro-
portoghesi.

 Impatto della schiavitù


- Impatto demografico  aumento della popolazione in certe zone come la Nigeria, molti
portati in America e molti moriranno nel viaggio
- Impatto sociale e politico  con l’esplosione della domanda di schiavi, interi sistemi
produttivi vengono riconvertiti verso la cattura di schiavi, molti stati agricoli si trasformano
in stati schiavisti. Queta trasformazione porta nuove ricchezze che vanno a fomentare nuove
basi del potere e delle gerarchie africane, nuove dinastie regnanti che ottengono il potere
guadagnando dalla tratta di schiavi (principati coste angolane, Regno del Congo, principati
Yao ovvero la zona di fronte il Madagascar, sultanati Swahili, Prazos portoghesi).
Questa grande esplosione della tratta di schiavi comporta una grande trasformazione dei sistemi
politici africani, varie società si destrutturano e si trasformano. Man mano che questo processo
andava finendo se ne sviluppava un altro, ovvero quello del commercio lecito di beni, i cosiddetti
“cashcrop” ovvero la coltivazione di beni per soddisfare la grande domanda di beni e non per il
guadagno dei sistemi interni.
Questo portò una spaccatura nella società africana perché la produzione e la nascita di piantagioni
portò alla nascita della proprietà privata, possedute da pochi creando un ampio squilibrio, creando
un uso esclusivo della terra e della forza lavoro e interessi europei alleati a potentati africani.
Si formano delle produzioni schiaviste interne per il commercio internazionale, sono integrati ma
subordinati e di conseguenza gruppi mercantili si sovrappongono a nuove aristocrazie  nuovi
sistemi sociali e politici.
- Abolizione  GB 1807 e 1834 (prima la tratta e poi la schiavitù), FRA 1848, USA 1865,
PORT 1869, BRA 1888

Lezione 4
Durante l’Ottocento i sistemi africani erano raggruppabili in 3 categorie (centralizzate,
decentralizzate e società acefale) e si basavano sulla tratta degli schiavi e sul commercio lecito.
L’introduzione del sistema coloniale va ad intaccare i sistemi africani, i ricchi stranieri danno in
concessione terre ma a poche famiglie, creano un sistema latifondista che permette a pochi di
arricchirsi. Queste nuove fonti di ricchezza generano nuove classi di potere che diventano, a volte,
le nuove elite e i nuovi regnanti e alla destrutturazione del sistema precedente creandone uno nuovo.
Queste sono trasformazioni molto profonde e conflittuali, il che mostra come i sistemi degli stati
siano molto diversi e instabili e all’interno di questi processi entrano gli europei.
La spartizione coloniale avviene proprio in questo momento, durante questi conflitti locali
‘800: Decadenza e formazione di Stati
- Decadenza antichi regni e principati
- Il cambiamento è dovuto dall’abolizione progressiva della schiavitù e della crescita del
commercio lecito, i quali portano l’africa a un relativo cambiamento
- Nuovi regni o ristrutturazione dei vecchi con nuovi gruppi di potere
- Sistemi di potere sempre più vasti, centralizzati e gerarchici
- Nuove identità sociali e politiche (sempre a causa del dominio coloniale)

Alcune trasformazioni importanti:


 Africa Occidentale
Particolarmente colpita dalle lotte intestine e trasformazioni dal controllo delle rotte per gli schiavi e
poi commercio internazionale. Tutta quest’area verrà sconvolta da un fenomeno culturale, sociale,
politico e principalmente religioso
- Stato dell’Oyo (e stati Yoruba)
- Stato dell’Asante (da shining in inglese)
- Stati del Delta del Niger

 Le grandi Jihad islamiche


Queste sono guerre sante per la “purificazione della fede”, che portano alla costituzione di nuovi
regni basati sulla fede islamica. Dei leader carismatici conducono queste campagne formalmente
per la purificazione raccogliendo grandi masse di adepti tra le persone in fuga dalle razzie per gli
schiavi, andando a creare nuove dinastie e distruggendo regimi preesistenti. In uno di questi casi
sarà proprio il modello di formazione e costituzione di uno stato coloniale che sarà poi esportato in
tutto il continente africano.

Pre Jihad Islamiche

Principali Jihad
- 1804: Uthman don Fodio tra gli stati hausa  porta al Califfato di Sokoto (fondamentale
perché verrà esportato in tutta l’africa come modello di riferimento di costituzione dello
stato coloniale in tutta l’Africa Sub Sahariana)
- 1818: Seku Ahmadou  porta al Califfato di Masina
- 1852: Umar Tal  Impero Tukulor (andando a sostituire il Califfato di Masina)
Fine ‘800: Lat Dior, Samori Turé Azande  la resistenza antifrancese sarà caratterizzata dal forte
carattere islamico religioso

Post Jihad Islamiche

 Africa centrale
Importanti perché gestiscono le risorse di entrambe le coste, quindi passando dalla tratta degli
schiavi al commercio legale, questo porta alla formazione di nuove identità politiche (poi etniche)
- Es. Stato Luba (tra Angola e Congo) nel Katanga ricca di miniere di rame)  il Katanga è
ricco di materie preziose e prima della formazione degli stati coloniali è il posto dove
nascono alcuni stati precoloniali
- Stato Lunda e Impero Kazembe nel Katanga
 Regione dei grandi laghi
Poco più sopra, c’è una delle zone più densamente popolata, più importante e ricca, piena di piccoli
sistemi ma caratterizzati da forti porti assoluti (Regni di Rwanda, Buganda, Bunyoro, Ankole,
Toro).
Questa zona è caratterizzata anche da forti autonomie locali (Burundi)
- Popolazioni Hutu e Tutsi  sono le popolazioni coinvolte nel genocidio (Hutu contro i
Tutsi), prevalentemente gli Hutu radicali nel 1994 in Rwandi avveniva una pulizia etnica
contro i Tutsi e gli Hutu moderati
Prima della nascita dello stato coloniale, essi erano dei gruppi sociali definiti socio-
economicamente in un rapporto gerarchico tra di loro rispetto al loro ruolo nelle strutture produttive
e nei rapporti di potere: gli Hutu erano principalmente allevatori mentre i Tutsi erano generalmente
i regnanti più ricchi ed esprimevano le ricchezze del Rwanda. Condividevano stesse lingue,
religioni, culture ed erano due categorie elastiche, un Hutu poteva diventare un Tutsi.
Due gruppi differenze ma non diversi razzialmente, fu l’opera coloniale, prima belga e poi tedesca,
a creare la distinzione identificando gli Tutsi come i capi e descritti come razzialmente diversi,
verrà sancito che deve essere così e dev’essere così per sempre (gli Hutu erano considerati rozzi e
non adatti a governare), quindi si passa da un sistema dove le categorie erano mutevole ad un
sistema immobile. La mitologia giustificava i posti di potere dei Tutsi, secondo il quale, appunto,
proveniva dal Corno d’Africa e che si erano spostati in Rwanda per dominare gli Hutu rozzi. Faceva
comodo, anzi, ai belgi che ci fosse qualcuno che controllasse il popolo, trasformò però i Tutsi in un
governo razziale.
Nel 1994 gli Hutu radicali decisero che i Tutsi (stranieri radicali) se ne dovevano andare a tutti i
costi prendendosela anche con coloro che non erano d’accordo ovvero gli Hutu moderati.

 Corno d’Africa
Formazione dell’impero Etiopico, unico impero che esiste e resiste fino ad oggi, ha una grande
importanza per la politica africana. Adua città importante vicino l’Eritrea in uno stato regionale che
si chiama Tigrai (che al momento sta cercando di diventare indipendente dalla federazione Etiopica)
- Si forma in Africa nell’800 dopo Axum e Regno Abissino cristiano, sulla base
dell’accentramento di più piccoli regni nell’altipiano abissino, parte la conquista e la
sottomissione di nuove società soprattutto verso SUD OVEST ad opera di grandi condottieri
(Teodoro II 1855, Yohannes IV 1872, Menelik II 1882)
- L’espansione parte dalla zona dell’Amhara andando verso sud ovest e nella parte finale,
grazie a Menelik II, espropriando territori e redistribuendole alle aristocrazie militari del
nord come dono filo rosso dei conflitti interni fino ad oggi in terra etiope

Esito finale di questo processo  la colonizzazione porta nel corno nuovi contratti, trattati,
merci e mercati. Si affacciano vari attori esterni, tra cui gli italiani.
- 1869 viene aperto il canale di Suez quindi quella zona diventa importante strategicamente
- Porto di Assab all’Italia
- 1888-1992: _”la grande fame”
- Italiani ed europei in Eritrea
- Trattato dei Uccialli tra italiani e imperatore dell’Etiopia (in italiano e Amarico ma con due
contenuti diversi)  secondo l’Etiopia era un semplice trattato commerciale mentre per
l’Italia il trattato sanciva il dominio italiano sull’Etiopia e stabiliva un protettorato dell’Italia
sull’Etiopia.
- 1896  Inizia una battaglia e c’è l’unica sconfitta di un paese europeo – Battaglia di Adwa
- 1900  accordo sui confini con Eritrea
Questo diventerà il motivo di conflitti per anni tra Italia e Etiopia, con il primo che cercherà di
finire quello che aveva fallito in quegli anni. Inoltre, il confine tra Etiopia e Eritrea era instabile e
non molto chiaro dato che in un punto preciso del confine poi scoppierà una guerra tra i due stati
africani.
La cultura Rastafari deriva da Ras e Tafari (i due leader), nasce l’idea del riscatto africano nel
mondo in seguito alla vittoria contro l’Italia, l’Etiopia diventa simbolo del riscatto del mondo e
Addis Abeba diventa un fulcro della politica continentale e mondiale.
L’impero etiope è diventato il simbolo della diaspora africana nel mondo grazie alla battaglia di
Adua del 1896 dove un esercito africano sconfigge un esercito europeo.

Lezione 5
 Africa Australe
Una delle aree più delicate dell’Africa:
Una serie di meccanismi che porterà alla nascita del Sudafrica: in quella zona ad inizio secolo
abbiamo 3 soggetti che poi segneranno la storia, i Boeri (discendenti europei di origine olandese che
si insediarono dove oggi c’è Città del Capo), gli inglesi che non vengono ben accolti dagli
afrikaans. Da circa fine 700’ a inizio 800’ inizia un conflitto tra Boeri e gli inglesi per il dominio
sulla zona sudafricani, comincia un processo di centralizzazione. Shaqqa Zulu è il capo del
principato che si espande sempre di più, sottomette popolazioni e impone una cultura sociale
diversa il che porterà alla formazione dell’impero Zulu, quest’assimilazione non è scontata, perché
in passato per altri stati non c’era stata. Gli Zulu sono gli ultimi soggetti determinanti di questo
territorio.
A inizio 800’ gli inglesi prendono le redini della colonia del Capo, tra le tante misure gli inglesi
impongono la fine della schiavitù (gli inglesi erano stati i primi), mandano dei controlli per essere
sicuri che la tratta non continuasse. È sulla tratta degli schiavi che si basa l’economia dei Boeri,
essendo loro agricoltori, hanno bisogno di manodopera nera. Di conseguenza utilizzano la tipica
“exit strategy”, ovvero se ne vanno dalla colonia del Capo  1835 inizia il Grande Trek Boero.

Questo movimento li porta ad andare più verso nord est e vanno a formare una serie di nuovi
sistemi politici noti come le repubbliche Boere (Natalia, Orange). Questo avviene dopo lo scontro
con l’impero Zulu che però viene sconfitto nella battaglia di Blood River (1838) e dopo la sconfitta
degli ndebele e andando a formare la Repubblica dei Transvaal andando a formare l’Orange Free
State (1854).
 Espansione Zulu
- 1819  inizia l’espansione Zulu sotto Shaka Zulu che porta a enormi migrazioni di popoli
che fuggono dall’espansione militare, alcuni popolo vengono sottomessi ma altri scappano
verso nord andando a creare nuovi stati.
- 1828  Dingane
- Blood River
- 1840  Mpanda (appoggiato dai Boeri)
- 1872  Cetshwayo
-
Tutto questo fenomeno che sconvolge l’africa australe è detto Mfecane (o Difacane)
- 30’  nasce il regno di Moshoeshoe (grazie agli stati Sotho e Basutoland)
- Stato del Matabele (ndebele di Milikazi nei territori shona)
- Regno di Gaza (verrà sconfitto poi dai portoghesi), ngoni di Soshangane
Mfecane (o Difacane)

 Scoperta dei giacimenti


Un terzo grande progresso è la grande scoperta dei giacimenti che avviene proprio nell’Africa
Australe dove c’erano le repubbliche Boere, più importanti risorse d’oro e di diamanti. Le più
grandi città del Sudafrica nascono come punto di estrazione dell’oro e dei diamanti (Johannesburg o
Kimberly).
- 70’ nasce Kimberly  trovati giacimenti di diamanti
- 80’  giacimenti auriferi nel Witwatersrand
Questo muterà drasticamente il contesto sociale, economico e politico: le industrie di estrazione
hanno bisogno di manodopera e le miniere d’oro del Sudafrica di Witwatersrand diventano il polo
d’attrazione principale di tutta la manodopera dell’Africa australe, masse sempre più grandi di
lavoratori si spostano verso il Sudafrica per guadagnare un salario che non hanno mai visto. Sono
forme di sfruttamento ma rispetto alle alternative, il salario garantisce la possibilità di pagare le
tasse e mandare i figli a scuola, di bere alcolici e molti sperpereranno i loro salari.
Comincia una rivoluzione economica sociale che va a formare la società che è in atto tutt’oggi,
questo grazie ai flussi migratori; è una migrazione particolare detta “circolare” (ovvero il migrante
lavora per 6 mesi, ad esempio, torna nel suo paese e investe in prodotti agricoli). Nel frattempo, la
donna si prende cura del campo e dei figli, quindi si consolida una divisione sociale che rimarrà per
molti anni; questo comporta una monetarizzazione della nazione perché si diffonde la moneta e una
rete sociale che lega le famiglie che migrano. Queste migrazioni saranno il motivo di sfruttamento
dei lavoratori, addirittura, i lavoratori non saranno più liberi di andare dove vogliono ma devono
seguire le modalità definite dalle autorità di quel territorio. Inoltre, il libero mercato porterà i
lavoratori ad andare dove c’erano salari migliori e condizioni lavorative migliori, verranno attuate
una serie di misure che saranno volte a controllare le migrazioni del lavoro affinché i salari
rimangano bassi (ad es. non era più consentito migrare liberamente per lavoro a meno che non ci
fosse già un contratto di lavoro). Si vanno a formare agenzie di reclutamento per permettere ai
migranti di lavorare.
Questo sistema sarà alla base del sistema sudafricano che andrà a creare l’Apartheid (passaporti,
pass laws ecc).
La scoperta dei giacimenti causa l’espansione militare inglese verso il Sudafrica fino alla guerra
anglo-boera vinta dagli inglesi che porterà all’unione della colonia del Capo e alla colonia costiera
(1910). Si riteneva che sopra il Witwatersrand ci fosse altro oro; quindi, gli inglesi tenteranno di
spostarsi verso nord, l’oro ci sarà ma in misura ridotta rispetto alle aspettative.
- 1893  GB conquista Matabele
- 1896  Grande Chimurenga
Chimurenga è il nome mitologico dato alla rivolta del popolo ndobele contro la conquista britannica
però persa (70 anni dopo la guerra di indipendenza dello Zimbabwe verrà chiamata “seconda
Chimurenga”, poi ci sarà anche la terza).

Lezione 6
Vi sono una serie di processi alla base della formazione del Sudafrica (Boeri, inglesi e Zulu), tutti
questi saranno protagonisti di processi di espansione e di lotte, la causa di questo sarà la scoperta
dei giacimenti e questo processo metterà in connessione tante regioni. Grazie alla presenza di questi
terreni e questi stati si formerà una delle basi più importanti dove si svolgerà la guerra fredda (Hot
Cold War). Il Sudafrica come unione nasce alla fine degli anni della spartizione coloniale, bisogna
parlare di colonialismo vecchio di secoli in Africa non esiste, si parla di spartizione coloniale solo
con il processo iniziato in fine 800’.
 Spartizione coloniale
È un processo molto articolato che si inserisce in un contesto già fragile e fatto partire dalle
compagnie private. Se gli europei sono lì da tanto tempo, perché all’improvviso, nella seconda metà
dell’800, avviene la spartizione coloniale?
La seconda rivoluzione industriale, l’aumento della competizione commerciale e militare, la nascita
di nazionalismi che spingevano alla ricerca di nuovi mercati, la ristrutturazione dei sistemi
economici sono tra i motivi principali per cui il processo di colonizzazione sia iniziato (i push
factors). A questi si aggiungono motivi medici (dato che le nuove cure permettevano di visitare
l’Africa senza ammalarsi), la necessità dell’uomo bianco di evangelizzazione e di civilizzazione (il
c.d. “white man’s burden” di R. Kipling). Il liberismo e il liberalismo iniziano a vacillare, in favore
del monopolio delle risorse, monopolio che andrà a canalizzare sforzi politici e militare di interi
paesi. Questi sono tutti fattori fondamentali del perché aumenta la spinta colonizzatrice; ma il
quadro non è completo senza considerare la crisi sociale e politica dei sistemi africani che li ha resi
deboli e incapaci di rispondere a qualsiasi attacco europeo (tranne quella etiope contro l’Italia).
Abbiamo diversi sistemi con lotte e conflitti che inizia a inglobare gli europei come possibili alleati
(es. inglesi che dopo la scoperta dei diamanti e dell’oro, chiedono aiuto agli africani per combattere
i Boeri, perché si aspettavano il risarcimento delle proprie terre).
In tanti contesti ci sono stati sconvolti dall’invasione di altri stati africani, vedendo gli stati europei,
sono ben disposti a far trattati con loro, anche cedendo sovranità e territori agli europei stessi.
La nascita di alcune impresi commerciali ha lasciato il segno nella storia dell’Africa: il caso più
famoso è la British South African Company che porterà alla formazione di un intero stato coloniale
a cui verrà dato il nome del capo della BSAC che sarà la Rhodesia (da appunto Cecil Rhodes) che
attualmente sono Zambia e Zimbabwe.
Nei conflitti di colonizzazione i fiumi assumono un ruolo fondamentale perché rappresentano una
via fondamentale per il commercio, tra questi il Niger e il Congo, il quale ha numerosi affluenti e
tocca svariate zone. Intorno queste zone, tra francesi, tedeschi, portoghesi si svolgono dei giochi di
alleanze e lotta; si svolgono le ambizioni di Inghilterra e Portogallo che si incontrano in un punto.
Gli inglesi volevano evangelizzare e unire l’Africa da nord a sud, mentre i portoghesi dicevano che
le zone da ovest a est (da Angola a Mozambico) fosse portoghese e nella loro ambizione c’era
quello di ricostruire ciò che avevano perso il America, ovvero il Brasile. Le volontà di questi due
stati si intersecano in queste vie e inizia un conflitto (gli inglesi mandano i cannoni a Lisbona e i
portoghesi accettano il dominio inglese).
Bismark nel 1884-85 convoca il congresso di Berlino, il quale sarà lo spartiacque della storia
africana, è il momento formale nel quale inizia il periodo coloniale  “The Scramble for Africa”. A
Berlino Bismark convoca il congresso per regolare il commercio non per la spartizione africana,
infatti viene sancito:
1) Libertà di commercio nel bacino del Congo
2) Eliminata la tratta degli schiavi
3) Neutralità del territorio del bacino del Congo
4) Libertà di navigazione lungo il Congo
5) Libertà di navigazione lungo il Niger
6) Regola uniforme per occupazione tratti di costa  gli europei possono rivendicare territori
da cui poi possono commerciare verso l’interno, questo poteva avvenire quando poteva
dimostrare di poterla effettivamente occupare = PRINCIPIO DELL’”EFFETTIVA
OCCUPAZIONE”
Post Scramble
Pre Scramble

A Berlino viene tracciato uno stato libero, ovvero il Congo e affidato ad un’associazione privata
(Association Internationale du Congo) che doveva garantire il passaggio di tutti e il libero
commercio, di proprietà del re del Belgio Leopoldo  Stato Libero del Congo
Quando in futuro, l’associazione fallirà, lo stato passerà direttamente al Belgio, diventando
direttamente una colonia. Questa associazione è importante perché nasce come garanzia della
neutralità di questa zona ma si trasformerà sempre di più in forme di sfruttamento del territorio
trasformandola in uno stato vero e proprio; inoltre, la compagnia del Congo e del Katanga
subappalterà lo sfruttamento delle miniere di rame avvalendosi di uso del lavoro forzato (diverso da
schiavitù).
1908  Bancarotta e Congo allo stato belga
L’esempio belga sarà il fulcro legittimante della colonizzazione tramite compagnie private o a
statuto concessionario! Infatti, molti stati affideranno la gestione delle colonie ad associazioni
private per poi assumerne il comando direttamente.
 Africa occidentale
Prima zona dove si svolgono le forme di protezionismo e postazioni commerciali sulla costa, inoltre
 anni 60’-70’
Anni 80’  il Niger Coast Protectorate (GB) sarà responsabile dell’annessione del Califfato di
Sokoto con creazione di Nigeria del Nord. È importante vedere come ci sia un’annessione e non una
conquista, questo modello diventa di riferimento per tutta l’Africa e ci aiuta a capire il white men’s
burden. Infatti, il califfato di Sokoto diventa di gestione britannica e i capiti di sokoto diventeranno
funzionari inglesi.
- Diverso è il discorso per la Francia perché il loro comportamento è di attacco, con la
penetrazione di Conakry e sconfitta di Tukulor (che scompare), Samori Touré e Dahomey
- Lo stesso discorso vale per i tedeschi nell’occupazione del Camerun e Togo e si macchierà
del crimine di genocidio.
Il colonialismo inglese stabilisce una sovranità sugli stati senza disgregarli, li mantengono e li
inglobano mentre quello francese è totalmente il contrario.

Lezione 7
In Africa occidentali avevamo dei Califfati, sistemi imperiali risultanti dalle jihad islamiche (come
Sokoto) e che si incontrano e si scontrano con l’espansione europea.
La Gran Bretagna si incontra e scontra con Sokoto, stabilisce un protettorato tramite trattati, il
risultato ultimo è la sottomissione di Sokoto al potere britannico, in particolare l’annessione del
territorio relativo alla Nigeria del Nord (zona musulmana). Le strutture di Sokoto non vengono
cancellati ma vengono mantenuti ma sottomessi alla superiore autorità britannica e diventano un
pilastro del sistema coloniale del Regno Unito; il regnante di Sokoto e la sua discendenza vengono
investiti di autorità e di compiti (pagamento delle tasse, reperimento di manodopera ecc.) e in
cambio hanno favoritismi (protezione, una percentuale delle tasse ecc.).

La penetrazione coloniale francese è diversa, più violenta e di scontro, le aristocrazie di Tukulor


non verranno riconosciute e ammesse ma anzi cancellate. Mentre gli inglesi contavano sulla
legittimità concessagli da Sokoto stesso, il contrario avveniva con i francesi, i quali invadono e
sconfiggono la struttura di potere del sistema sociale ed imperiale di Tukulor; quindi,
l’amministrazione del territorio spetterà direttamente a regolamenti francesi e a commissari
francesi. Attraverso questo processo si mirava a trasformare i codici di leggi africani (che fossero
musulmani o altro) verso una superiore forma di civiltà francese.

 Africa orientale e centrale


- Tanzania
Occupazione tedesca con particolare interesse per Zanzibar e Tanganyikac (1886 accordo anglo-
tedesco)
- Uganda
1886  In Uganda arriva l’Imperial British East African Company (IBEA), il quale svolge il ruolo
di amministrazione del territorio ugandese ma viene mantenuto il sistema di controllo ugandese
sempre sotto il dominio inglese
1890  Lugard penetra nel Buganda ed ottiene concessioni (sia sovranità sia aiuto in campo
militare nella guerra contro Bugnolo), le conquiste bugandesi sarebbero andate alle autorità del
Buganda.
1994  protettorato GB
1895  East African Protectorate (esteso al Kenya)
1900  Buganda Agreement
- Kenya
Ci sono zone di piccole zone gestite da clan, tra cui il Kenya, e quindi impossibili da controllare al
modo dell’Uganda; il Regno Unito però penetra e sottomette molti piccoli clan e territori. Forte
resistenza verrà fatta dai Kikuyu all’IBEA e al Protettorato  verranno imposti capi totalmente
nuovi e ci sarà un’opposizione ai capi scelti dagli europei.
- Rhodesia del Sud (Zimbabwe sud attualmente)
Zona al centro della strada missionaria della GB, si riteneva questa zona come piena ricca, molto
ambito e con grandi quantità di oro. Questo porterà gli inglesi di cercare di impossessarsi di questa
zona e porterà gli inglesi a scontrarsi con i portoghesi. In particolare, c’era il Matabele (uno di
quegli stati nati dal Mfecane) con cui gli inglesi che si scontrano e il re del popolo africano firma il
Ruud Concession del re del Matabele (1888).
1889  BSAC con Cecil Rhoades conquista militare con alienazione delle terre e creazione di
riserve
1990-91  Trattato GB-PORT sui confini
È difficile che gli europei si insedino violentemente in Africa (non avviene quasi mai), non abbiamo
sottrazione di terre, anzi addirittura gli inglesi solitamente lasciano l’amministrazione ai capi
africani. Ci sono delle eccezioni di insediamento: la Rhodeasia del Sud nel 1895, la BSAC
promuove l’insediamento di nuovi agricoltori inglesi procurando terra per far insediare questi
agricoltori inglesi. La terra viene sottratta ai popoli africani che finiscono a lavorare nelle riserve
africane, all’interno di territori più piccoli dove è più difficile coltivare e sono gli stessi inglesi a
dare il lavoro, che può essere nelle nuove grandi fattorie.
1896  tentativo di rivolta fallito dai popoli del Matabele: la Grande Chimurenga
- Rhodesia del Nord (Zambia nord attualmente)
Qui non si pensa ci possano essere dei giacimenti d’oro (anche se ci sono in realtà)
1890  Regno dei Lozi diviene Protettorato BSAC con il nome di Barotseland

- Nvasaland (Malawi attualmente)


Anche qui viene attuato un protettorato da parte degli inglesi nel 1907

- Sudafrica
1842  GB occupa Natal
Avviene ciò che avviene in Rhodesia, man mano che conquista lo stato, la GB impone il sistema di
gestione statale che porta allo sfruttamento dei giacimenti d’oro.
I sudafricani pensavano di venir liberati dai Boeri grazie agli inglesi e che i loro territori sarebbero
tornati a loro ma in realtà vedremo che in seguito alla guerra anglo-boera (1899-1902) si formerà
l’Unione Sudafricana (1910).
Ai sudafricani vennero imposti delle pass laws nel 1896 per mantenere i salari bassi, grazie ad
agenzie di reclutamento (WENELA) oltre alle dirette espropriazioni.
I coloni inglesi emetteranno una serie di leggi che sancirò gradualmente e formalmente sempre una
maggiore autonomia del Sudafrica dal Regno Unito; quindi, sarà formalmente indipendente ma
sempre nel commonwealth, questo avverrà anche in Rhodesia. Queste 2 sono le uniche colonie di
insediamento “Colony of Settlers”, questo porterà ad avere una popolazione bianca superiore al
normale anche se in maniera inferiore rispetto a quella nera.
- Africa del Sud-Ovest (Namibia)
1880s  inizio occupazione tedesca (diventerà una colonia tedesca)
1896  sterminio Herero
1903  riserve e nuovi stermini di popolazioni
- Mozambico
1891  trattato Portogallo con GB sui confini
Il Mozambico verrà gestito da una compagnia commerciale portoghese fino agli anni 40 del 900’
1895-96  sconfitta regno di Gaza nel Sud

Lezione 8
L’efficacia dello stato coloniale è dovuta quindi a mix di fattori, tra cui la decadenza dei regni
africani, nuovi sistemi politici africani non ancora stabili, lo sfruttamento, da parte degli europei, di
occasioni di “affrancamento” per africani e altri regni africani e in fine, trattati di alleanza firmati da
regni africani contro altri regni africani.
Politiche di empowerment  politiche mirate a dare potere a soggetti specifici in situazioni
specifiche
Agency  capacità di agire e di influenzare di un soggetto (come alcuni stati africani abbiano
partecipato alla formazione di uno stato coloniale).

 Lo stato coloniale
Lo stato coloniale non è solo lo stato che conquista e impone a stati africani ma è anche la
partecipazione di essi alla formazione, la modifica dello stato che si è conquistato. Questo porta
molti popoli a scontrarsi perché considerano altri popoli come privilegiati dai bianchi europei.
Dopo questo paio di decenni di conquiste che abbiamo visionato, all’inizio del 900’ si forma
l’Africa coloniale, ovvero quella zona che prima era variegata e senza confini, ora è diventata una
zona con confini e divisa in vari stati.

Germania
Tra le 5 e le 6 colonie, dopo la Prima guerra mondiale diventano ‘mandati’ della società delle
Nazioni (terreni ceduti ad altri in seguito alla sconfitta tedesca).
Togo  (b) alla FRA (una parte a GB accorpato alla Costa d’oro, oggi Ghana)
Camerun  (b) alla FRA (ovest a GB accorpato alla Nigeria, questa regione in seguito voterà per
tornare in un Camerun unito, il che porterà a numerosi conflitti interni tra maggioranza francofona e
parte inglese che rivendica maggiore spazio)
/ Africa Orientale Tedesca
Rwanda e Burundi  (b) al Belgio (vengono accorpati al Congo belga, il Belgio amministrerà
questi due stati come uno stato federato del Congo belga)
Tanganyika  (b) alla GB
Africa del Sud-Ovest  (c) al Sudafrica (non viene mandata come tipo B ad un’altra colonia ma
come tipo c, che vuol dire controllo diretto, al Sudafrica). Il conflitto in Namibia proverrà dalla
parte bianca del Sudafrica

Francia
La maggior parte delle colonie francesi si trovano in Africa nord – occidentale. Sono tante e sono
raggruppate in gruppi federati, dato il territorio vastissimo e prevalentemente desertico:
< Africa Occidentale Francese (AOF)  zona prevalentemente desertica dove però bisogna far
notare le due colonie britanniche presenti, ovvero la Nigeria e la Costa D’Oro. Queste piccole
contaminazioni saranno determinanti nel destabilizzare la zona, fattori che ancora oggi si fanno
sentire.
< Africa Equatoriale Francese (AEF)
< Gibuti, Madagascar. Isole Comore

Belgio
< Congo
< Poi Rwanda e Burundi
Italia
< Libia, Somalia, Eritrea (fino al ‘41), Etiopia (1936-41)  dopo la guerra l’Eritrea si sentirà
sempre più moderna rispetto il più arretrato impero etiope, mentre quest’ultimi sentiran
< Dopo il 1941  Somalia, Eritrea e Etiopia a governo provvisorio GB
< Dopo il 1943  Libia a governo provvisorio GB-ITA
Gran Bretagna
< Multiple dependencies in Africa Occidentale: Nigeria, Costa d’Oro, Sierra Leone, Gambia
< Protettorati e colonie in Africa Orientale: Sudan (con Egitto), Zanzibar, Kenya, Uganda, British
Somaliland, Mauritius, Seychelles, Tanganyika
< Unione Sudafricana (statuto autonomo di Dominion)
Dopo la Prima guerra mondiale il Tanganyika passa sotto possedimento di tipo B alla GB e si va a
formare finalmente la Via del Missionario che collegava Egitto e Sudafrica
< High Commission Territories in Africa Australe: Swaziland, Bechuanaland, Bastoland,
Nyasaland, Rhodesia del Sud e del Nord (fino al ‘23 e ’24 della BSAC)
Portogallo
< Cinque/sei colonie  Capo Verde, Sao Tomé e Principe, Guinea Bissau, Angola, Mozambico
Spagna
< Guinea Equatoriale, Sahara Occidentale (in seguito alla decolonizzazione invece di diventare
indipendente è stata inglobata dal Marocco, causando una fuga del popolo in Algeria)
Territori indipendenti
- Liberia
Fondata da società filantropica USA, non è un vero e proprio stato sopravvissuto alla spartizione
coloniale, fu fondata per reinserire gli schiavi in America di ritorno in Africa.
Nasce da questo primo insediamento e dall’opera di colonizzazione verso l’interno degli stessi
schiavi che erano stati liberati e che avevano formato lo stato.
1911  riconosciuti i confini da FRA e GB
1947  completamente indipendente
- Etiopia
1896  pace di Addis Abeba e si forma l’impero dai principati del nord (Hamara) verso sud dove i
territori erano stati requisiti e ridistribuiti all’aristocrazia del nord. L’obiettivo era quello di avere
uno sbocco sul mare essendo isolata  Eritrea italiana sempre considerata come tentazione
1900  trattato con Italia per confini con Eritrea e Somalia
1923  ingresso nella società delle nazioni (unico stato africano)
1930  Haile Selassie imperatore. Assolutismo e si prende carico di fare da esempio per tutta
l’Africa
!935-41  occupazione italiana
1941 Reinsediamento Haile Selassie e costituzione accentratrice
1952  Annessione Eritrea con statuto autonomo nella Federazione
1955  Nuova costituzione: rafforzato assolutismo imperiale
1962  abolizione statuto autonomo Eritrea e inizia la lotta di liberazione eritrea

L’eritrea riuscirà a raggiungere l’indipendenza solo dopo la fine della guerra fredda con l’uscita
dall’isolamento mondiale, dato che tutti gli stati africani supportavano lo stato etiope, simbolo della
liberazione africana

Diversi modi di formazione dello stato coloniale e diversi governi


Esistono diversi modelli di pratiche amministrative, attuano approcci diversi, anzi diametralmente
opposto  GB e FRA
Ma altri fattori importanti sono dati dalle specifiche condizioni locali:
- Risorse locali
- Natura delle strutture e politiche dominanti
- Esperienze di interazione tra società africane e penetrazione coloniale
Capacità di resistenza delle popolazioni africane:
- Scontri frontali
- Strategie di sopravvivenza (es. riformulazione di identità culturali e politiche!)
Oggigiorno gli africanisti individuano la resistenza africana nelle tecniche di sopravvivenza
quotidiana che si scontrano contro le politiche di soggiogazione (come la “madre della povertà”
ovvero il cotone, esportato ovunque in Africa per rivenderlo a basso prezzo ai portoghesi).
La riformulazione di identità culturali e politiche  una delle strategie principali africani era quella
di confondere gli europei riguardo la loro identità, magari fingendo di essere di un’altra etnia
Belgio
Congo  Rapporto organico stato – compagnie ed economie produttiva sulle concessioni minerarie
 sfruttamento dei possedimenti.
Rwanda e Burundi  politica delle razze: superiorità dei Tutsi sugli Hutu in base al mito hamitico
< Rwanda: rafforzata monarchia Tutsi del Regno
< Burundi: capi ganwa agenti della colonizzazione su Tutsi e Hutu
Italia
Regime fascista
< Occupazione militare, investimenti pubblici, insediamenti ma pochi mezzi. Ci fu una spinta
modernizzatrice in Eritrea, in completa opposizione alla formazione di identità in Etiopia.
Francia
Dottrina coloniale dell’”assimilation”
< Evoluzionismo: forme sociali universali (evoluzionismo)
< Missione civilizzatrice
< Assimilazione alla civilizzazione francese

 Indigénat (con forme di applicazione molto variegate)


< Tutela “sudditi” africani
< Amministrazione centralizzata e gerarchica
< Non riconoscimento delle autorità africane
 “Mise en valeur”
< Investimenti e colture commerciali nell’Afrique utile”
< Marginalizzazione dell’”Afrique inutile”
< Imposte, lavoro obbligatorio, produzioni obbligatorie
 Reazione locale
< Rivolte guidate da capi carismatici
< Jihad
< Emigrazioni
MA anche: forme di collaborazione da parte di capi africani e leader musulmani

Lezione 9
Continuo modello francese…
La dottrina coloniale dell’ASSIMILAZIONE
È un modello che mira da un certo punto di vista ad assimilare l’Africa e gli africani alla Francia e
ai francesi, dall’altro pdv a renderli dipendenti.
- La dottrina coloniale dell’assimilazione parte da un presupposto evoluzionista della
società, secondo cui ci sono forme di civilizzazione universali a cui tutti possono aspirare.
Naturalmente, è una concezione evoluzionista che prevede il passaggio ad uno stadio più
evoluto rappresentato proprio dalla civilizzazione francese, europea e cattolica. Secondo tale
concezione tutti i popoli possono evolversi a questa forma universale superiore ed è compito
(fardello dell’uomo bianco), diritto e dovere del colonialismo francese quello di sostenere la
civilizzazione e l’evoluzione di questi popoli più arretrati verso la forma superiore
rappresentata dalla civilizzazione francese.
Insomma, si può parlare effettivamente di una concezione che mira a rendere le istituzioni sociali e
politiche africane simili o uguali a quelle francesi. In un ipotetico e mitico futuro gli africani
possono diventare non solo come i francesi, ma addirittura francesi veri e propri. All’interno dello
stato coloniale e dalla grande famiglia degli stati coloniali africani e la madrepatria, gli africani
possono evolversi fino a divenire cittadini della Francia imperiale, acquisendone pienamente anche
tutti i diritti. Una volta assimilati e quindi civilizzati, possono diventare francesi a pieno titolo con
tutti i diritti politici, sociali e civili annessi.
Già questo ha implicazioni molto importanti: si immagina un futuro in cui tutti quei territori
potranno diventare territori con status di cittadini assimilati e NON di sudditi.
- In partenza abbiamo due status diversi:
a) gli indigeni africani devono essere gestiti e tutelati nella loro evoluzione verso il superiore
status di cittadino francese, acquisendone piene prerogative. L’opera civilizzatrice francese
attraverso lo stato coloniale e le sue forme di potere e organizzazione della società ha il
compito di favorire questa progressiva trasformazione. Questo comporta anche ingenti
investimenti INDIGENAT = sistema di governo delle società indigene. Le forme di
applicazione saranno molto variegate, temporalmente diverse, le trasformazioni avverranno
prima in alcune colonie e poi in altre, ma in generale il modello di colonialismo francese
prevede un sistema di governo e amministrazione degli africani conosciuto come
INDIGENAT = tutte quelle regole che valgono per i SUDDITI COLONIALI (gli
africani). I cittadini francesi seguiranno il diritto civile francese, mentre per i sudditi
coloniali varranno le regole dell’Indigenat che mirano alla trasformazione in assimilati e
dunque evoluti (evolue)
Cosa molto importante è che si ritiene che le preesistenti norme consuetudinarie, nonché istituzioni
sociali e politiche, debbano essere cancellate e superate. Una volta conquistato, non può esistere un
sistema politico con sue regole e formazioni sociali preesistenti perché quegli africani dovranno
cominciare a seguire regole francesi che imporranno un nuovo modo di organizzazione civile e
politica. Tra le varie cose, quegli africani (del Niger, ad ex) non potranno più riconoscersi
nell’autorità africana preesistente ma dovranno riconoscersi unicamente nelle nuove autorità
francesi che amministrano l’INDIGENAT per gli africani. Quindi, a livello pratico di
amministrazione del territorio:
1) prima vengono cancellate le autorità africane preesistenti così come le
gerarchie di governo e le aristocrazie dei sistemi politici precedenti,
che vengono disconosciute. Gli africani non possono più seguire
decisioni e provvedimenti sancite da quelle gerarchie africane
precedenti né i capi tradizionali preesistenti.
2) Questo comportò un sistema amministrativo altamente centralizzato,
simile al modello francese: non ci saranno autonomie locali ma verrà
estesa una rete amministrativa nuova. Questa nuova rete, che non ha
alcuna corrispondenza con i sistemi politici preesistenti, consiste essa
stessa in una modernizzazione del vivere sociale degli africani.
Tutto ciò avrà conseguenze molto significative sulle leadership africane e società africane stesse.
Grossi investimenti e impegno su alcuni territori soprattutto in certe colonie e in certe regioni
venne fatto un grosso investimento per costruire le strutture amministrative, sociali e culturale di
questo sistemi (educazione, lingua). Bisognava raggiungere un certo grado di educazione scolastica,
svolgere un discreto impiego e conoscere bene la lingua francese. Questi investimenti non saranno
uniforme = ci saranno colonie favorite che riceveranno maggiori investimenti e anche nelle stesse
colonie, ci saranno regioni privilegiati per l’evoluzione africana.
Spesso questi canali prediletti d’investimento seguiranno anche la logica economica del governo
coloniale francese = la logica di funzionamento economico è conosciuta come “MISE EN
VALEUR” (valorizzazione), ossia l’investimento finanziario ed economico della madrepatria per
lo sviluppo soprattutto delle colture commerciali (cioè dei beni di esportazione, vincolati
all’esportazione verso Parigi), sviluppo di grandi piantagioni in Africa di quei prodotti e materie
prime dirette principalmente verso le industrie alimentari o di altro genere in Francia, ovvero la
zona dell’Afrique Utile
AFRIQUE UTILE
Cioè quella parte di africa conquistata dai francesi più adatta allo sviluppo delle piantagioni
commerciali quindi quella più utile. Il resto del territorio, quello giudicato poco adatto allo sviluppo
di piantagioni e quindi inutile, veniva lasciato marginalizzato e quasi privo di tutti questi
investimenti destinati alla costruzione di strade, servizi sociali, ponti, uffici utili da un lato per il
mercato interno (ma soprattutto quello internazionale verso la Francia) e lo sviluppo delle
piantagioni, ma anche dall’altro lato investimenti sociali per il progetto assimilazionista. Anche dal
punto di vista dell’Indigenat e nella prospettiva assimilazionista, l’investimento principale sarà
diretto a quelle zone che già erano destinatarie di investimenti economici, cioè l’AFRIQUE UTILE.
L’Africa utile nell’africa occidentale francofona si concentrava nelle coste, che erano
potenzialmente ricche di risorse fertili. Avremo una divisione tra colonie lungo la costa e colonie
dell’entroterra. Il Niger allora era nel mezzo della fascia dell’Africa inutile. Queste colonie della
fascia sahariana erano completamente marginalizzate dagli investimenti economici e in parte anche
da quelli sociali, le colonie della costa invece erano quelle principalmente destinatarie dei maggiori
investimenti. Non solo, anche nelle stesse colonie privilegiate, le fasce costiere costituivano
l’Afrique utile mentre le fasce interne l’Afrique inutile ex. Anche nelle colonie che ricevettero
maggiori attenzioni dalla madrepatria fu il Senegal e la Costa d’avorio, ci saranno grosse differenze
tra le due zone.
Migrazioni
In questo momento si ingrosseranno sempre più MIGRAZIONI DI MASSA dall’Africa inutile a
quella ritenuta utile = persone che cominciano a spostarsi ed emigrare per cercare occupazione
nell’Africa utile dove ci sono le piantagioni, le strutture per il mercato e gli impieghi salariati (dal
Niger, dal Burkina Faso ma anche all’interno dalle regioni del Senegal o della Costa d’avorio verso
le capitali o verso le fasce costiere). Le capitali diventano il vero centro del potere politico ma anche
economico e attirano sempre più manodopera migrante.
C’è una grande differenza tra Africa australe e Africa francofona in Africa australe si trattava di
una migrazione circolare: le donne e i bambini rimangono nella società agricola d’origine per
coltivare il campo, gli uomini invece andavano a lavorare per un tot di mesi per acquisire un salario
monetario che reinvestiranno nell’economia di partenza. Qui il panorama è completamente diverso:
non ci sono riserve, o pass laws, ma è una vera e propria emigrazione cioè uno spostamento da un
punto ad un altro per rimanerci. Non è un tipo di migrazione che comporta una divisione dei
compiti tra i membri della famiglia, è una emigrazione di tutta la famiglia per coltivare nelle zone
delle grandi piantagioni. Questo è un flusso che comincia e ingrossa sempre più le divisioni tra
l’Africa marginalizzata e quella destinataria di investimenti comporta anche uno SCOMPENSO
DEMOGRAFICO verso le zone costiere.
Jihad islamiche
Tra le forme di reazione locale vi furono rivolte guidate da capi tradizionali, jihad islamiche,
emigrazioni ma anche forme di collaborazione = Leader religiosi o nuovi capi africani che,
nonostante la politica ufficiale di cancellazione, pian piano cominciano a collaborare con gli
amministratori francesi locali per diventare intermediari nell’attuazione del sistema coloniale. Ad
esempio, l'espansione della zona delle piantagioni in cui più si va avanti più nuove aree deve essere
messa a coltura per produrre sempre più caffè verso la Francia, chi decide la nuova proprietà di
quelle terre? Ebbene, nonostante inizialmente non ci fosse il riconoscimento dell’autorità
africana, per motivi pratici nel corso del tempo nuovi capi africani vengono coinvolti
nell’attuazione di questo sistema, nella determinazione della proprietà delle terre destinate
alle piantagioni o nella gestione dei nuovi insediamenti migratori. Man mano i francesi si
rendono conto di aver bisogno di queste forme di collaborazione locale.
C’era qualche tipo di gestione e indirizzo dei flussi migratori, ma non c’erano riserve o un sistema
strutturato di gestione al fine di procurarsi manodopera a basso costo come in Africa australe. Tra
l’altro quindi non c’era il bisogno di mantenere l’emigrazione circolare come in quei territori.
Gran Bretagna
Il modello britannico inizialmente è diametralmente opposto, senza alcun punto di contatto con
quello francese.
Indirect rule
Se la dottrina francese inizialmente era quella assimilazionista, quella britannica è il cosiddetto
INDIRECT RULE: il governo indiretto.
Nella concezione britannica non esistono quelle forme sociali universali a cui tutti possono aspirare
né la dottrina evoluzionista. La dottrina britannica è invece fondata sul PRIMATO DELLA
DIVERSITA’ tra razze, culture e istituzioni sociali. Le regole politiche e le consuetudini, il
diritto africano era diverso da quello britannico e andava mantenuto e rispettato in quanto tale:
semmai dovrà trovare un modo affinché sia funzionale all’interno dello stato coloniale, ma non vi
deve essere una missione civilizzatrice volta all’evoluzione e all’assimilazioni degli africani in
britannici.
Non solo c’è questa differenza tra il britannico bianco e la cultura africana, ma anche tra le diverse
istituzioni sociali e politiche africane: ci sono differenze che vanno mantenute e talvolta perfino
protette. Ad ex nell’Uganda le istituzioni africane vanno escluse dal progetto evoluzionista, ma
anche tra loro vanno mantenute e rispettate nelle loro differenze: bisogna soltanto trovare il modo
funzionale per portare queste realtà sociali e politiche preesistenti all’interno dello stato
coloniale moderno.
Se nel modello francese si esprime in un sistema centralizzato, in partenza qui abbiamo un sistema
estremamente decentralizzato e fatto di forme amministrative locali decentralizzate che incarnano
il famoso “governo indiretto”:
 GOVERNO COLONIALE nella capitale e a livello generale della colonia ci sono i
cittadini britannici con i governatori britannici che si occupano del benessere generale e
delle regole generali della colonia
 GOVERNO INDIGENO a livello locale, la vita sociale e civile degli africani è regolata
dal governo indigeno, all’interno delle NATIVE ADMINISTRATIONS. Queste sono delle
vere e proprie suddivisioni amministrative locali (come le regioni) gestite dai capi
tradizionali preesistenti e riconosciuti legittimi dalle popolazioni locali che vengono
chiamate NATIVE AUTHORITIES, che si occupano di gestire gli affari sociali attraverso
gli usi e costumi locali africani pre esistenti. Questa serie di realtà socio politiche africane
tradizionali preesistenti diventano unità amministrative dello stato coloniale rette dai capi
africani tradizionali o dalla gerarchia dei capi tradizionali, che vengono chiamati native
authorities Native administrstions con a capo native authorities
Per i cittadini inglesi nella capitale vige il diritto britannico, mentre per i sudditi africani vige
il diritto consuetudinario delle comunità locali africane e preesistenti e ora riconosciute in
queste nuove unità amministrative locali, cioè le native administrations. La distribuzione della
terra, delle risorse, l’amministrazione della giustizia sarà retta dai capi tradizionali chiamati native
authorities secondo gli usi e costumi preesistenti= a riconoscimento di questo ruolo, vengono dati
dei veri e propri simboli di riconoscimento come la bandiera o la casa di mattoni. I cittadini africani
non diventeranno cittadini inglesi e bisogna rispettare tale diversità.
Qual è l’autorità tradizionale che deve essere riconosciuta dagli inglesi? Diventa anche una
posizione ambita e possono esserci diverse parti della società che contestano un’autorità piuttosto
che un’altra, soprattutto perché da tale posizione conseguiranno grandi prerogative, come la raccolta
delle tasse e la conseguente percentuale trattenuta. Non sempre però c’è accordo sulla legittima
autorità tradizionale, per cui inizieranno molti conflitti a livello locale su quale autorità dovrà essere
riconosciuta e protetta dagli inglesi. La concezione inglese, che si dice rispettosa, è quella
dell’esistenza di un’autorità unica che decideva su tutto ma nella realtà non era così: tale concezione
era dovuta da un preconcetto secondo cui l’Africa fosse quell’eden uniforme e consensuale, un po’
perché quest’architettura che verrà attuata grossomodo in tutta l’Africa coloniale britannica, nasce
da un’esperienza locale pratica la costruzione dello stato coloniale a SOKOTO
Qui viene nominato amministratore della nascente colonia della Nigeria del Nord Frederick Lord
Lugard, che può essere considerato l’ideatore dell’indirect rule e della dottrina coloniale britannica.
Nel libro “Dual Mandate of British Tropical Africa” diceva che per il governo del territorio gli
inglesi dovevano affidarsi e governare attraverso le autorità del califfato di Sokoto, che deve essere
mantenuta. Quei territori diventano native administrations e le autorità di Sokoto diventano le native
authorities di quel territorio e gli inglesi governeranno attraverso il governo indiretto.
Ci sono tuttavia anche territori in cui le grandi trasformazioni hanno portato a disgregazioni e non
alla formazione di imperi centralizzati come Sokoto. Qui cade il modello politicamente corretto e
rispettoso britannico non esistendo un corrispondente del califfato di Sokoto che si riconosca in
un'autorità centrale che governa, a quel punto le autorità centrali vanno costruite.
Dove vi sono queste "backward tribes" (tribù arretrate) le native amdministrations, basate sulle
autorità gerarchizzate e riconosciute, vanno costruite. Quindi anche se non è dichiarato, c'è un
evoluzionismo implicito. Bisogna nominare autorità africane che amministrino le native
administrations come a Sokoto, ma non c'erano costruzione artificiale delle autorità. Nelle altre
parti dell'Africa dove non c'erano qst strutture preesistenti, vengono ricostruite artificialmente.
In pratica, possiamo identificare 3 grandi insiemi di presenza coloniale britannica:
1. Native administrations costruite sulla base di sistemi politici africani centralizzati e
preesisenti, che corrisponde al modello dell'indirect rule --> califfato di Sokoto, regno di Buganda,
stato asante
2. Native administrations con SOCIETA' FRAMMENTATE ES. Nigeria del Sud
3. Le colonie di settlers territori in cui non vengono costruite native administrations perchè si
insediano i bianchi. si tratta di terre sottratte alle comunità africane che vengono spinte all'interno
delle riserve. (Sudafrica, Namibia, Rhodesia del Sud e una parte del Kenya, the white man country
dove si insediano i coloni bianchi)
Questo modello presenta una serie di contraddizioni e successive riforme che avvicineranno poi il
modello inglese e francese, ma porteranno a forme d'indipendenza diversa.

Lezione 10
Continuo modello inglese…
 Dottrina dell’”Indirect Rule”
Primato della diversità tra razze, culture e istituzioni
< no evoluzionismo e assimilazione

 Amministrazione decentralizzata: il governo indiretto che può essere:


< Governo coloniale: Gestione generale della colonia
< Governo indigeno  Native administrations: governo con a capo le “native authorities” (autorità
tradizionali africane legittimate dal diritto consuetudinario, con controllo su risorse e giustizia).
< Gerarchia di autorità tradizionale  general. al vertice il “Paramount Chief”
Questi stati diventeranno indipendenti (riguarda principalmente i modelli inglesi e francesi) piano
piano tramite trattati e accordi con lo stato coloniale e non tramite guerre (c’è un passaggio
democratico), questo porterà ad elezioni all’interno degli stati colonizzati. Non vale per tutti gli stati
ovviamente, anzi molti utilizzeranno guerre e rappresaglie per ottenere l’indipendenza.
Contraddizioni e problemi di questo modello:
1) Native administrations con sistemi politici africani centralizzati  L’economia è in mano ai
locali ma gli inglesi decidono le direzioni economiche, commerciali e agricole. I guadagni
vanno però alla famiglia X decisa dal capo tradizionale africano e chi va contro quella
decisione va contro il governo coloniale inglese
Es. Califfato di Sokoto, Regno del Buganda, Stato Asante, Stato Lozi.
2) Native administrations con società frammentate  Questo modello presuppone che queste
società siano omogenee, riconosciute tutte in un capo supremo ma in realtà in quel momento
non esistevano società assolute con un capo quindi erano presenti conflitti per decidere chi
fosse il capo o il primo a stare su un determinato terreno (questa cosa accadeva dove non
esisteva uno stato solido preesistente ma in quelle parti dell’Africa dove c’era una realtà
disgregata e ricostruita dagli inglesi).
Es. Nigeria del Sud
3) “Colonie di settlers” 

 Incongruenze dell’Indirect rule


< Ambiti territoriali fissi
< Staticità degli insediamenti
< Uniformità e assolutismo delle autorità tradizionali
 Conseguenze dell’Indirect Rule
< Semplificazione della “tradizione”
< Nuovi ambiti territoriali artificiali
< Nuove autorità tradizionali artificiali
< nuove prerogative delle autorità tradizionali
< Gruppi privilegiati e dominanti su altri

 Mutamenti nei sistemi sociali e politici africani:


< Identità e forme di espressione si modellano sull’indirect rule
< Centralità del potere assoluto delle “autorità tradizionali”

Portogallo
Campagne militare fino agli anni ’20  vogliono attuare, come i francesi, uno stato centralizzato
attraverso la conquista dei territori ma non avendo le risorse e i fondi devono attuare il modello
inglese tramite administrations.
L’avanzata coloniale portoghese avanzerà a fatica, ci metteranno anni a prendere il controllo dei
territori africani; le avanzate coloniale sono durate molto di più rispetto agli altri stati. Lo stesso
governo delle compagnie è durato molto a lungo prima che i territori diventassero portoghesi
ufficialmente.
Ultimo stato a cedere il proprio territorio è il Mozambico nel 1940, è un colonialismo dotato di
pochi mezzi: ci sono pochi soldi per costruire strade, per fare studi, migliorare l’efficienza dei
terreni. I portoghesi si dedicano allo sfruttamento della forza lavoro, per fare in modo di procurarsi
manodopera a basso costo per guadagnare tramite quello

Governo delle compagnie


< Compagnie a Statuto (a capitale straniero) e Concessionarie
< Pochi investimenti
< Tassazione
< Lavoro forzato
Anni 30: estato novo di Salazar
< Nazionalizzazione compagnie (abolizione delle compagnie, governo diretto e nazionalismo
economico)
< Indigenato (anni 40-50)  Anche in questo stato per procurarsi lavoratori si fa uso del pass, in
questo caso chiamato “Caderneta indìgena”. Si vanno a formare divisioni amministrative con
governo indigeno e capi tradizionali. In questa zona non esistono riserve, di conseguenza, chi lavora
resta nel proprio territorio ma non puoi uscire da lì a meno che non ci sia un pass che te lo permetta;
se una persona prova a scappare viene messo ai lavori forzati
RIFORME DELLO STATO COLONIALE

Francia
Post Prima guerra mondiale: non bastano gli amministratori, abbiamo bisogno che siano partecipi
dello sforzo coloniale  nuova linea amministrativa
Gradualmente, sulla base di esperienze incominciano ad essere riconosciuti i capi tradizionali su
prerogative di controllo della terra e forza lavoro (es. Senegal primo stato dove vengono
sperimentati)
Sono presenti dinamiche neo-patrimoniali, ovvero chi governa vuole sempre un tornaconto o per sé
stesso o per le proprie tribù o amici (anche per forme di consenso, infatti, dal 1925 vengono usati
collegi elettorali indigeni per amministrazioni locali per potersi consultare tra loro). Gli
amministratori hanno un potere assoluto e iniziano a distribuire risorse secondo le loro amicizie e
preferenze e non in modo equo. Si vanno a formare i primi prodromi dei nuovi partiti africani (primi
in africa).

Post anni 30: “gli uomini nuovi”  giovani che vanno a studiare in Francia, tornati in Africa
entrano in conflitto con le vecchie aristocrazie e ci sono delle vere e proprie “rivendicazioni nella
logica assimilazionista”, ovvero cominciano, dopo anni di assimilazione e scolarizzazione, a
rivendicare gli stessi diritti dei francesi, non a rivendicare il fatto di volersi staccare dalla Francia
ma l’equità con il popolo francese in Africa.
Nel secondo dopoguerra la Francia attuò una serie di riforme di concessione di diritti ai territori
francesi in cambio di una sorta di legame che ancora tutt’oggi esiste, gradualmente vengono
proposti rapporti di legame tra Parigi e le colonie francesi. Nessuno di questi stati rivendicherà
l’indipendenza, anzi alcune di queste riforme vengono scritte a Parigi da alcuni leader africani che
ormai siedono a Parigi
• 1944: Conferenza di Brazzaville: Union Française
< Legami di cooperazione tra i ‘territori d’oltremare’ e la Repubblica Francese
< Assemblea consultiva dell’Unione (con rapp. Africani)
< In teoria abolizione indigenato e istituzione cittadinanza francese nell’Unione (nella
pratica contraddizioni)
• 1946: Piano Monnet (piano economico)
< Investimenti per modernizzazione agricola e industriale
< Fonds d'Investissements pour le Développement Économique et Social (FIDES) 
produce fondi di investimenti per lo sviluppo economico e sociale

• 1956: ‘legge quadro’ Defferre


< Smantellamento Federazioni
< Autonomie singoli territori d’oltremare
< Organismi locali governativi eletti
< Con la collaborazione di Houphouët-Boigny
Per molti: ‘balcanizzazione dell’Africa’!

• 1958: Comunità Francese (franco-africana) Proposta da De Gaulle dopo crisi Indocina


< Confederazione di territori autonomi con al vertice la Francia
< Francia controlla moneta, politica estera ecc.
< Possibilità di indipendenza

• Referendum:
< Proposta di comunità franco africana e gli stati africani spingeranno per il sì
< contraria solo Guinea Conakry di Sekou Touré
< Poi negoziazione delle indipendenze per tutti
La Francia ritira ogni tipo di dominio dagli Stati eccetto la Guinea Conakry che chiederà sostegno
di uno dei soggetti opposti alla Francia, ovvero l’URSS.
Sono le basi della comunità franco africana molto forte e molto coesa che continueranno anche
nell’Africa indipendente tanto che la Francia sarà accusata di neocolonialismo.

Lezione 11
State building  l’idea che spetti ai cittadini africani la costruzione dello stato
Dalla decisione politica dell’autorità tradizionale gli stati africani non possono seguire l’evoluzione
dello stato ma devono adattarsi alla decisione dello stato coloniale. Non sempre questo modello era
presente sul territorio, perché in alcuni casi gli stati erano molto differenziati, fragili e organizzati in
piccoli organi locali come nel caso del Sokoto dove lo stato si adatta all’impero che già c’era
imponendo un “administration”. Il modello veniva applicato alle backward tribes (Lord Lugar,
Nigeria del Sud) le popolazioni autoctone dovranno quindi accettare delle organizzazioni che loro
non avevano visto prima, venivano costruite ex novo completamente artificiali.
Vi sono, infine, alcune organizzazioni miste dove le administration impongono un sistema X ma
alcuni popoli Y e Z che vivevano o passavano lì non si riconoscono ma comunque sono rimaste
inglobate in esse.
In quei luoghi dove c’è corrispondenza tra ciò che c’era prima e quello che c’era dopo, questo
sistema conferiva comunque un potere che i capi non avevano mai avuto, non esisteva. Questo
modello gestirà la vita di molte persone da inizio 900 fino a fine anni 60’ quindi ci sono persone che
nascono all’interno di questo modello, addirittura le forme di contestazione del modello si svolgono
all’interno del modello: si inizia a richiedere diritti in quanto popolazione native Y e native Z. A
volte, qualcuna di queste contesta non solo il potere coloniale ma anche i privilegi del popolo X
privilegiato dall’administration. Tutt’oggi molti popoli si lamentano del fatto che molti popoli siano
stati privilegiati dallo stato coloniale e questo sarà la base di quasi tutti i conflitti etnici africani,
dovuti dalla creazione di fratture che non sono state sanate e che vengono riprodotte dalla politica
della stessa società.
The black man’s burden è quella frattura dello stato che ha portato le divisioni sociali ad esistere e
non essere mai risolte a cause dello stato coloniale.
Gran Bretagna
Anche in questo caso gli stati della Gran Bretagna vengono investiti da una serie di riforme che
inizia anche in questo caso dalla Seconda guerra mondiale quando la sua economia (come quella
francese) erano distrutte ormai.
 1947  Riforma delle Native Administrations che diventano Local Administrations e
Native Authorities diventano Local Authorities
< Principio della rappresentatività
< elezioni delle autorità francesi
Questo comporta che si inserisca una dinamica politica, il quale potere rimane immutato, ma
diventano eletti e quindi nascono dei sistemi e partiti politici. Una contraddizione sarà quella che
nasceranno partiti che si basano sulle fratture e su singole unità o tribù; per la maggior parte questi
partiti sono legati ad una comunità X di loro appartenenza, solitamente in competizioni con altre
tribù.
Alcuni diranno di voler creare una nazione nuova che li vuole tutti insieme e che devono diventare
indipendenti superando queste divisioni interne.
< Base della formazione di nuove leadership locali (MA negoziazione con autorità tradizionali
locali)
< Base della formazione di movimenti politici (MA movimenti a carattere locale e raramente
nazionale)
 1940-45  Colonial Welfare and Development Act (CWDA)
Notiamo che a differenza di quella francese qui è presente la parola “colonial”; inoltre, sono piani di
investimento per lo sviluppo economico - sociale della colonia. Gli stati hanno bisogno che le
colonie si sviluppino per favorire lo sviluppo dell’economia e farle diventare partner e non solo
colonie dirette accompagnati dal “welfare”, il che vuol dire che gli investimenti devono essere
accompagnate dal benessere sociale diffuso tra i cittadini (sistema sanitario, scuole, lavoro ecc.).
Questo sistema che sarà alla base di un sistema chiamato “Developmental State” (Stato
Sviluppista)! Quando questi paesi diventeranno indipendenti, il loro modello resterà quello
sviluppista per il miglioramento interno.
< Investimenti pubblici e privati per lo sviluppo economico e sociali
< Piani per autonomia economica e politica delle colonie

Lezione 12

Verso l’indipendenza
Dopo la Seconda guerra mondiale ci sono dei fattori che favoriscono il viaggio verso l’indipendenza
degli stati africani: gli stati si sentono sempre più legittimati a richiedere diritti, in alcuni casi
addirittura l’indipendenza. Queste fasi di riforme vanno di pari passo con il principio di
autodeterminazione dei popoli (a parte l’Etiopia, il quale siede addirittura all’ONU e si fa portavoce
dell’autodeterminazione dei popoli, nessuno di questi lo era); è un’arma a doppio taglio perché cosa
può generare? Può generare disordini o conflitti perché ci sono vari popoli che possono rivendicare
lo stesso stato pur essendo la situazione più complessa o addirittura alcuni popoli possono
rivendicare la propria esistenza in quanto tribù e non come stato. Su questo si scontreranno vari
leader africani quando la decolonizzazione è già avviata, inizia a prendere piede un’altra ideologia
che vede l’unione dell’Africa nella sua interezza ovvero il panafricanismo.
Questo spinge i leader a fornire uomini agli stati che vogliono autodeterminarsi, le macerie che ha
lasciato la Seconda guerra mondiale necessitano di piani di ricrescita e fondi per favorire
l’introduzione della modernità. Il piano Marshall era destinato a far crescere quelle società che ne
avevano bisogno e aveva un risvolto politico, ovvero evitare che questi stati chiedessero aiuti ai
sovietici. Questi piani vengono anche utilizzati dagli stati coloni per la rapida modernizzazione
delle colonie africane che avevano ceduto risorse e uomini durante la guerra cercando di diventare
partner e non colonie.
Alla fine degli anni 40’ si inizia quindi a parlare di stato sviluppista (riforme come pianificazione
della decolonizzazione e come modernizzazione del dominio coloniale)  piano di sviluppo
economico e sociale (FIDES e CWDAs). Lo stato coloniale appare per la prima volta non solo
come uno stato obbligato dagli europei al lavoro forzato ma come un’opportunità di sviluppo.
Infatti, sempre più africani possono ambire a quel settore in via di sviluppo e le società africane
schizzano in alto e si inizia ad avere notizie dell’ONU; ecco che assistiamo all’iniziativa politica di
stati come Francia o Inghilterra che attuano sempre più iniziative politiche (Francia prova a creare
comunità Franco africana e l’Inghilterra reimmette la “Indirect rule”), sicuramente la Francia voleva
mantenere il suo potere. Quindi molti stati attueranno l’indipendenza ma ci saranno forme di
controllo tali da definirle neocolonialiste: la Gran Bretagna aveva capito che le sue colonie si
stavano indirizzando verso l’indipendenza, allora la mossa fu quella di favorire quei leader che
avrebbero favorito un’alleanza con Londra. Ma dobbiamo specificare che democrazia e
indipendenza non sono sinonimi, anzi sono due momenti distinti e separati.
Questo ambiente che si spinge per l’indipendenza ha dei protagonisti:
- 1945 ONU
- 1945 V CONGRESSO PANAFRICANO
- Ci sono movimenti anticoloniale guidati da India, Cina, Cuba e i paesi non allineati come
l’URSS o la Jugoslavia
- 1954 Sconfitta Francia e fine guerra Indocina; inizio lotta di liberazione in Algeria
- 1955 Conferenza “afroasiatica” di Bandung: “non allineamento e “terzo mondo”  gli stati
si incontrano anche per discutere dell’indipendenza dell’Africa, questo porterà alla
cosiddetta indipendenza “negoziate” degli stati coloniali francesi e inglesi.
Due colonie rimangono fuori da questo processo di colonizzazione, quelle portoghesi e le colonie di
settlers (tutte nell’Africa australe), rimangono escluse da questo processo. Il Portogallo non
decolonizza perché ha ancora bisogno della manodopera a basso costo, non ha la forza economica
per abbandonare il dominio e trasformarlo in rapporti privilegiati, ha ancora bisogno del controllo
diretto e dell’estrazione di materie prime a basso costo, addirittura riforma il su rapporto coloniale,
rafforzandolo e facendo diventare le colonie come province del Portogallo (anni 50-60’).
- 1961 abolizione indigenato
- 1962 abolizione lavoro forzato
- Polizia segreta (PIDE) (con sudafricani e rhodesiani)
- Anni 70’: progetto di “comunità Lusitana” (Antonio de Spinola)
L’ONU risponde a questo comportamento dicendo che il Portogallo va contro l’autodeterminazione
dei popoli.
L’altro gruppo sono le colonie di Settlers, il governo di bianchi che ormai si è stabilito ha formato
addirittura una comunità di bianchi. La Rhodesia invece crea uno scontro con Londra perché vuole
una posizione di potere sui neri, questi posti otterranno un’indipendenza tardiva nel 56’. In Africa
australe abbiamo questi gruppi che otterranno l’indipendenza anni dopo, in seguito a lotte armate. Il
Portogallo fa parte del blocco occidentale e detiene la base militare della Nato (alleanza difensiva)
sulle Azzorre e convincerà la Nato stessa a lottare contro i terroristi africani che stanno cercando di
diventare indipendenti.
L’Africa occidentale diventa il luogo principale dove si combatte la guerra fredda, i leader di questi
guerriglieri vengono sostenuti dalla Germania dell’Est, URSS, Cina, Algeria, Jugoslavia.

L’eredità dello stato coloniale


Le società africani si ridefiniscono in base al “black man’s burden”, ovvero stati che prima erano
colonie con nuovi confini artificiali e nuovi centri politici ed economici, ereditano le strutture
coloniali e le contraddizioni che non saranno mai in grado di rimediare dove ci saranno generazioni
nate e cresciute in queste unità locali e si sono identificate in esse. Sono stati definiti stati “duali” e
“artificiali”, perché alcuni diritti vecchi vengono sostituiti da nuovi ma il sistema coloniale rimarrà
permeato all’interno dello stato (es. dei Mao Mao)  coloni europei – diritto civile e politico/
africani/diritto consuetudinario. I governi coloniali reprimono le istanze di “detribalizzazione” della
società indotte dallo sviluppo economico coloniale, gli stati africani secondo gli europei non devono
perdere quest’immagine tribalizzata

Lezione 13
Il fattore tribù è dato da un percorso etnico di potere che è importante perché può implicare che esso
difficilmente può essere cambiato oppure può svolgere il ruolo di punto di evoluzione in un
processo in continuo mutamento. La modernizzazione dell’Africa può significare superare questa
fase tribale, senza negarla ma superarne il peso politico all’interno dell’organizzazione dello stato.
Abbiamo 50-60 anni di stati dove tutta la gestione degli affari politici è gestita all’interno di questi
insiemi e gestita dai capi tradizionali; il riconoscimento di questi ultimi è sempre una nomina dello
stato coloniale ma solitamente si tenta di fare un riconoscimento di una realtà preesistente. Anche
l’essenza di quel potere locale dove c’è un capo che detiene tutto il potere assoluto, è una novità
importante dello stato coloniale.
A livello economico queste colonie si caratterizzano per la dipendenza dei rapporti commerciali con
la madrepatria, l’Africa è fornitrice di materie prime a basso costo e questo ruolo non cambia fino
alla fine della storia coloniale e questa vendita dipende dai capi del mercato, solitamente
privilegiato con la madrepatria. È vero che Londra e Parigi hanno iniziato ad investire nelle colonie,
facendo partire un processo di modernizzazione; quindi, questo decennio crea degli stati che non
producono solo per la madrepatria e che dipendono anche dalla vendita di altri prodotti sperando di
arrivare un giorno addirittura ad esportare. Queste crescenti rivendicazioni collegate alle crescenti
aspettative ora portano delle opportunità grazie anche alle modernizzazioni degli stati coloniali
(anni 50-60)  colonie inglesi e francesi diventano indipendenti.
Questi piani di investimento hanno rappresentato una svolta: la creazione di un modello condiviso
da molti stati coloniali, ovvero lo stato “sviluppista”, che si basa su investimenti prevalentemente
pubblici dove lo stato investe per modernizzare e per far diventare la colonia un partner, quindi
iniziando un processo di industrializzazione. Tutto ciò è accompagnato dal lato sociale, ovvero il
Welfare State, quindi lo stato che si prende cura del benessere del cittadino o almeno quelle
condizioni minime quali la sanità e l’istruzione. Gli stati coloniali cercheranno di utilizzare dei
metodi per mantenere i rapporti con le colonie (in maniera più o meno esplicita).

Senegal
Colonia “primigenia”, dopo la Prima guerra mondiale, si formano dei cantoni con capi tradizionali.
Il Senegal sarà la favorita della madrepatria e sarà anche la cavia di molte riforme che poi verranno
diffuse nelle altre colonie, come l’inclusione dei capi tradizionali all’interno nel sistema di gestione
della colonia (1920 – consiglio coloniale con rappresentanti africani). È una zona di “espansione di
economia di piantagione coloniale”, che si espanderà per tutta la costa e diventerà il centro di grandi
flussi di immigrazione dall’interno cioè dal Senegal e dal nord (Afrique inutile destinata ad essere
solo buona per la manodopera). In questo contesto ci saranno dei personaggi che diventeranno
leader e richiederanno sempre più diritti, addirittura chiedendo di far parte della classe dirigente
francese e andranno a pescare tra coloro che si erano arricchiti grazie alla espansione coloniale.
Nel 1959 verrà formata una confederazione con uno stato povero come il Mali che durerà poco dato
che nel 1960 si scioglie e viene dichiarata l’indipendenza del Senegal; i lavoratori che emigrano per
andare in Senegal non formano più un flusso migratorio ma emigratorio vero e proprio perché si
spostano in un altro stato per lavorare e ci rimangono.
Ci sarà uno squilibrio totale nella gestione delle colonie e dei territori tra l’Afrique utile e inutile, la
prima modernizzata e controllata mentre la seconda abbandonata.
Costa D’Avorio
Houphouet – Boigny è il presidente della Costa d’Avorio ed è uno di quelli che si è arricchito grazie
al sistema coloniale. Inoltre, il sistema di stanziamento migratorio diventa un fenomeno addirittura
più forte rispetto a quello del Senegal. Il presidente manterrà una continuità dei rapporti con la
Francia e anche il consolidamento della migrazione che permette il fiorire della piantagione. Il
territorio è infatti favorito da piantagioni di caffè e cacao nel sud-est. Questi movimenti migratori
causeranno lotte tra il sud sottosviluppato e questi immigrati dal nord, con la giustificazione tribale,
ovvero il gruppo etnico di appartenenza. Si tenterà di collegare lo status di immigrato a ricostruzioni
storiche, accusandoli di non essere autoctoni e minacciandoli. Nel 1960 verrà raggiunta
l’indipendenza con Houphoutet Boigny presidente continuando i rapporti con la Francia e attuando
un sostegno all’immigrazione del Nord)

Alcuni stati poveri diventano partner di questi stati più ricchi, un esempio è il Mali

Mali (Sudan Occ.)


Zona più desertica e abbandonata, dipendente per la maggior parte dal Senegal per quanto riguarda i
commerci e le migrazioni. Si formò il Rassemblement Démocratique guidato da Modibo Keita che
si basava sull’idea di riscatto sociale e si ispirava alla rivoluzione algerina.
Nel 1960 c’è la rottura della confederazione con il Senegal e conseguente indipendenza; in più ci
sarà l’indipendenza dalla Francia e la stipulazione di accordi con Ghana e Guinea Conakry.

Guinea Conakry
Stato discendente di una di quelle jihad islamiche passate, voterà no nel 1958 al referendum con
Sekou Touré presodente e verrà esclusa dalla Francia, di conseguenza si appellerà all’est e quindi
all’URSS. La conseguenza è l’esautorazione dei capi tradizionali, considerati anello di
congiunzione con lo stato coloniale e di essere stati collaborazionisti.
In questa zona c’è uno smembramento delle strutture politiche precoloniali.

Nigeria
Una delle zone più importanti, è il paese che più di altri incorpora quelle tradizioni dell’Indirect rule
britannico, anzi è dove è nato tramite Sokoto: Native administrations estese dal Nord alle regioni
del Sud
< Nord  Califfato di Sokoto, popolazioni Hausa
< Sud Ovest  regnanti discendenti Yoruba (vengono costruite in maniera artificiale)
< Sud Est  popolazioni frammentate Igbo

A Sokoto viene dato un ruolo privilegiato, compensandolo anche con risorse che prima non
avevano e le regioni del sud useranno questo pretesto per rivendicare posizioni di potere contro il
nord dominante. Questo nord avvantaggiato si trova nell’entroterra e le strutture commerciali invece
vanno a svilupparsi nel sud sviluppato, quindi avremo una zona più moderna al sud ma una
centralità politica al nord; inizia un disagio che diventa esplosivo nel periodo di indipendenza nel
1960: nel sud viene scoperto il petrolio nel delta del Niger e diventa indipendente con una
federazione (1954) con un partito che esprime il nord sarà contestato dalle regioni del sud
soprattutto dove c’è il petrolio e inizierà la guerra del Biafra per la secessione.
Nel 54 c’è la scrittura di una costituzione federale con elezioni generali (maggior peso politico per il
popoloso nord) con un governatore e tre vicegovernatori (per le tre regioni). Con la
modernizzazione delle autorità tradizionali delle produzioni commerciali e le élite istruite e
professioniste ci sarà un blocco di potere che porterà nel 1960 ad un indipendenza con fragile
alleanza, questo perché si creeranno squilibri regionali facilitati dalla nascita di partiti
rappresentanti regioni diverse, con diversi interessi e basi sociali.

Lezione 14
Costa d’Oro (Ghana)
Anche qui c’è uno stato simile a Sokoto, ovvero lo stato dell’Asante e gli verranno affidati alcuni
vantaggi all’interno della colonia.
Importante in Ghana, emerge la figura di Kwame Nkrumah: lo è perché il Ghana sarà uno dei primi
stati a diventare indipendenti e Nkrumah sarà uno dei protagonisti dell’Africa indipendente
cercando di far diventare la storia di indipendenza ghanese uno storia di indipendenza per tutti
attivando situazioni diplomatiche e centri di addestramento negli stati dove non era considerata
l’indipendenza come soluzione  Panafricanismo! Accra (Ghana) e Dar Es Salam (Tanzania)
diventano capitali nel sostegno militare alle indipendenze altrui.
Al momento dell’indipendenza per Nkrumah l’obiettivo sarà quello di creare la nazione lasciando
perdere le differenze tra il popolo perché li considerava alla base di quello che era stato il modello
coloniale; non tutti la penseranno così, infatti c’è chi vorrà attuare l’indipendenza solo di alcuni
popoli ristretti (es. Ascianti) il che porterà ad una sorta di competizione.

Uganda
Ricalca la stessa logica della Nigeria, quello che era Sokoto per la Nigeria, sarà il Buganda per
l’Uganda, anche qui verranno scoperti giacimenti di petrolio ma come era stato in Nigeria anche qui
verrà trovato nella parte povera dello stato. Nel 1900 viene firmato il Buganda Agreement che
sanciva la supremazia dell’oligarchia Baganda, il loro controllo sulle terre e creazione di nuove
unità locali ad opera degli stessi Baganda, di conseguenza ci saranno nuove unità e identità.
In seguito alla Seconda guerra mondiale il nazionalismo Baganda è ancora predominante ma si sono
ormai formati dei partiti pro e contro la supremazia Baganda. Nel 1961 verrà firmata la Costituzione
“asimmetrica” e nel 1962 verrà sancita l’indipendenza con fragile alleanza tra Kabaka Yekka e
l’Uganda People’s Congress (UPC) di Milton Obote.

Tanganyika (Tanzania)
Dopo Nkrumah, un altro leader importante è Julius Nyerere che attua un movimento nazionalista
che porterà nel 1961 all’indipendenza. Il Tanganyika era sicuramente un territorio ignorato, non
sviluppato e quindi dove le native administrations sono totalmente artificiali. In queste realtà dove
c’erano pochi investimenti che emerge la figura di Julius Nyerere, il quale diventerà una figura di
spicco nel movimento nazionalista: opposto al futuro panafricanismo; non emerge in Tanzania una
leadership politica legata ad una realtà locale, non c’è un’aristocrazia locale che pensa
principalmente all’indipendenza dell’aristocrazia stessa invece che della nazione. Abbiamo invece
un leader che porta avanti un discorso di integrazione nazionale, di tutti i sudditi della Tanzanyika,
per Nyerere l’indipendenza dev’essere legata ad un riscatto del potere di tutti gli africani del
Tanzanyika contro le forme di potere della colonia, legata quindi ad un discorso di unità nazionale,
fu il principale esponente di un movimento nazionalista in Africa.
Dopo l’indipendenza la necessità di arrivare al traguardo di questa nazione andrà in conflitto con il
Panafricanismo.
Africa australe
Gli stati rimangono esclusi dato che ad esempio, le colonie portoghesi rimangono lì e le colonie di
settlers non vogliono seguire il processo di decolonizzazione

Rhodesia del Nord (Zambia)


Zona importante per le miniere di rame (Copperbelt), gestite da amministrazioni separate di
Barotseland sui Lozi e altre native administrations su popolazioni frammentate. Con il controllo
della forza lavoro mineraria e generale c’è il declino dell’economia rurale
1953 – Central African Federation
1964 – disciolta la CAF, indipendenza
Nyasaland (Malawi)
Diventa anche questa una riserva di manodopera, native administrations su popolazioni eterogenee:
vengono attuate anche qui requisizioni di terre, lavoro forzato e l’obbligo di coltivazione. Nel 1964
riuscirà a raggiungere l’indipendenza.

“Colonie di Settlers”
Uniche zone dove i coloni bianchi si sono insediati nelle zone rurali, le comunità vennero spinte
verso le riserve e le terre vengono sottratte. Le comunità sono costrette a raggiungere il salario nelle
farmers europee e cercare di rinvestirle nelle coltivazioni di famiglie. Questa caratteristica è tipica
della Rhodesia del sud/Zimbabwe, del Sudafrica (che comprende anche la Namibia), del Kenya.
Sudafrica
C’è una differenza tra queste: con una legge del 1913 (la Native Land Law: 87% affidato ai coloni
bianchi settlers, 13% affidato alle popolazioni africane, ovvero le riserve – Bantustan) lo stato si
vuole mostrare benevolo, “ci pensa lo stato a gestirlo, a voi è affidato questo lembo di terra”, ma in
realtà non era la loro terra. In seguito a proteste il nome delle riserve verrà cambiato in “Homeland”
1912 – African National Congress (ANC) uno dei primi partiti in Africa
1914 – National Party (partito dei Boeri
1919 – Incorporazione Africa del Sud-Ovest
1931 – piena indipendenza da GB
1948 – NP (RNP) vince elezioni: Apartheid  discriminazione razziale, repressione politica (ANC
fuori legge) e Homelands, bianchi e neri separati in tutto
Venne attuata una politica ambientalista pretendendo di gestire le zone occupate definendoli parchi
naturali, in questo modo c’era il pretesto per spostare i cittadini nelle riserve e utilizzarle (es. la
caccia diventa bracconaggio).
Rhodesia del sud (Zimbabwe)
Situazione speculare a quella del Sudafrica, quindi settlers, immigrazione, riserve, white areas e
parchi naturali; tutto questo grazie al Land Apportionment Act del 1931.
All’inizio degli anni 60’, mentre le colonie inglesi stanno attuando l’indipendenza succedono due
cose: nel 1965 c’è la Dichiarazione Unilaterale di Indipendenza, ovvero una dichiarazione dei
coloni bianchi che si dichiarano indipendenti dalla madrepatria inglese e formano un governo
inglese (di soli bianchi) indipendente da Londra  parte la lotta armata tra i nazionalisti neri
africani dello ZANU Zimbabwe African National Union di R. Mugabe di aree shona) sostenuto
dalla Cina e ZAPU Zimbabwe African People’s Union di J.Nkomo di aree ndebele) sostenuto
dall’URSS. Il Sudafrica dell’Apartheid sostiene ovviamente il governo dei coloni bianco.
Kenya
È una di quelle colonie di settlers ma diventa indipendente, come ben voluto dalla GB: anche qui
abbiamo le pass laws, le riserve ecc. ma avviene solo in una parte del paese che è un altopiano
fertile, ovvero le Highlands Kikuyu, soprannominato “White man’s Country”. Incide quindi una
popolazione presente lì, ovvero i Kikuyu, i quali vengono espropriati e messi nelle riserve.
Tramite programmi di ricostruzione della società kikuyu (Swynnerton) e il Kenya African National
Union nel 1963 viene dichiarata l’indipendenza. La rivolta Mau Mau contro i coloni avvenne
perché ai kikuyu non venne concesso di partecipare a situazioni di mercato (es. proprietà privata) o
almeno in parte e sarà alla base del movimento nazionalista.
Mozambico
Il Portogallo decide di mantenere il dominio, anzi lo rafforza quindi si formano dei movimenti
armati che vogliono l’indipendenza e verranno sostenuti o dall’URSS o dalla Cina appunto per
andare contro il paese della Nato che era il Portogallo che però verrà sostenuto da USA, Rhodesia
del Sud e Sudafrica.

Lezione 15
Indipendenze
Il Sud Sudan è l’unico caso dove uno stato sia nato dopo la fine del colonialismo. L’idea che
diventa dominante è quella del nazionalismo, infatti ci saranno tante indipendenze nazionali ma non
nascono stati nuovi basati su tradizioni tribaliste e anzi i sistemi politici vengono mantenuti come
prima, lo stato-nazione. Questo ha una serie di conseguenze anche nelle scelte future, nella
leadership e nelle contestazioni che caratterizzeranno l’Africa indipendente.
Africa del Nord
Ci sono stati fenomeni di tipo diverso che hanno portato a indipendenze che hanno influenzato
quelle degli stati sub-sahariani: in questa parte d’Africa il processo è più lento a causa dei
protettorati francesi e dei rimasugli dell’impero ottomano, sovranità reali collegati a una ridotta
economia rispetto ai protettorati francesi e inglesi.
Libia 1951
Tunisia 1956 dopo autonomia riconosciuta da FRA nel 1954
Egitto e Algeria (1962) diventano snodi per i movimenti nazionalisti e le indipendenze in Africa
subsahariana. Questi due, dopo esser diventati indipendenze, diventeranno la base e le sedi di
combattimento per i paesi che cercavano di diventare indipendenti: qui troviamo i movimenti in cui
i migliori guerriglieri verranno ad addestrarsi. Amilcar Cabral fu uno degli ideatori più importanti di
questi movimenti, nel suo caso in Guinea Bissau; lui definì Algeri la “Mecca dei rivoluzionari”.
Anche l’Egitto con Nasser arriva ad avere un ruolo importante con il suo movimento filosocialista
nelle indipendenze africane.

Africa Subsahariana
Possiamo dividere le indipendenze dell’Africa subsahariana in tre gruppi: transizione pacifica (le
indipendenze vengono negoziate, passando per delle elezioni), lotta armata e colonie di settlers.
indipendenze negoziate
La stessa transizione è concessa dai leader coloniali che gestiscono il processo avendo contatti
continui con i leader degli stati. La maggior parte di questi leader è a favore di questa transizione
mentre i loro avversari sono coloro che volevano l’indipendenza etnica.
Ghana 1957; Guinea Conakry 1958; 1960 sedici paesi (“L’anno dell’Africa”): Nigeria, Congo belga
e sedici colonie; anni 60’ altri. In mezzo agli altri gruppi c’è un evento da isolare che è quello
dell’Etiopia: alla fine degli anni 60’ ci sono dei cambiamenti che porta ad una rivoluzione che porta
ad abbattere il regime imperiale di Haile Selassie e imponendo un regime direttorio denominato
DERG con un piano socialista alleandosi all’URSS. Il Corno d’Africa diventa uno di quei fronti
caldi della guerra fredda (dove si combatte attualmente) dove gli USA supporta la Somalia e
l’URSS l’Etiopia.

Indipendenze rivoluzionarie
Chiamiamo così quelle rivoluzioni ottenute tramite un colpo di stato armato o tramite lotte armate e
questi sono: le colonie portoghesi tramite la rivoluzione dei garofani 25 aprile del 1974, in questo
evento i generali portoghesi stanchi di combattere in Africa e alcuni di loro condividendo addirittura
le ragioni africane viene attuato un colpo di stato a Lisbona. Nel giro di un anno viene attuato il
passaggio di potere e le colonie portoghesi diventano indipendenti (1975).
Come avviene? Non ci sono elezioni ma c’è un passaggio di poteri a quel movimento politico che
sta combattendo per l’indipendenza e dotati di legittimità rivoluzionaria, il problema è che c’erano
diversi gruppi rivoluzionari e quindi si creeranno scontri come, ad esempio, in Angola dove i tre
gruppi scontri lotteranno per essere i legittimi rappresentanti del popolo. Questi movimenti erano
tutti collegati e condividevano alleanze e ideologie di stampo marxista; fisicamente in questi
territori lo scontro è avvenuto.
La stessa cosa in Rhodesia del sud dove c’erano due movimenti (uno supportato da Cina e uno da
Russia) che combattevano tra loro per circa 15 anni per l’indipendenza. Nel 1979 sullo sfondo della
guerra armata grazie ad una serie di eventi si giunge ad un accordo del Lancaster House dove si
decide di organizzare delle elezioni che permette la nascita dello Zimbabwe controllato tutt’ora
dallo ZANU; al tavolo delle negoziazioni arrivano anche gli “Stati della linea del Fronte/Frontline
States” ovvero gli stati dell’Africa australe che si univano per combattere l’Apartheid ed è guidato
da Julius Nyerere.

Indipendenze post-guerra fredda


L’apartheid finirà poi con la fine della guerra fredda nel 94’, ovvero 30 anni dopo rispetto agli altri.
Sudadrica e Namibia (1994 e 1990) e Eritrea (1993) che si divide dall’Etiopia

Tutti questi paesi raggiungono l’indipendenza con aspettative simili: riprende le risorse perse, uscire
dalla fase di povertà e ottenere possibilità che prima non avevano ma questi governi si scontrano
con condizioni internazionali diverse.
Che condizioni hanno gli stati ad inizio anni 60’? Ci sono strutture che gli stati coloniali hanno
lasciato, grazie alla stagione di sviluppo degli anni 50’ con un’economia agricola già avviata a
livello internazionale, con l’intenzione di modernizzazione, bassi tassi di urbanizzazione, poche
strutture e in zone precise, aree emarginate (Afrique inutile). Ad esempio, tutta l’economia della
Costa d’Avorio dipende dal cacao esportato verso Parigi, lo stesso modello può essere applicato in
vari modelli e saranno nominati “stati estroversi” oppure “gate keeper state” perché fungeranno da
ponte per gli ormai ex stati coloniali e continueranno a dipendere da loro.
Qui inizia il percorso dello stato sviluppista, incentrato sulla creazione di uno stato welfare e sulla
modernizzazione; con la fine dello stato coloniale finiscono anche gli investimenti della ex
madrepatria e il ricavo dalle esportazioni diventa l’unica fonte anche durante il boom post-bellico
che permette di rinvestirli nella costruzione di nuove industrie, nella costruzione di un sistema di
benessere (sanità pubblica per esempio). Le condizioni di vita stanno nettamente migliorando e i
presidenti già considerati eroi per l’indipendenza diventano ancora più popolari e ottengono
legittimità delle leadership dirigenti.
Il boom però non dura per sempre e anzi alla fine di esso ci sarà il fallimento di tutto il sistema
spiegato qui sopra.

Lezione 16

Gli stati all’indipendenza confermano il modello di sviluppo dello stato coloniale, ovvero lo stato
sviluppista “developmental state”. Lo stato sviluppista indipendente è molto simile a quello
coloniale: investimenti per lo sviluppo delle piantagioni di materie prime, per creare le strutture di
collegamento al mercato internazionale e di un mercato interno di quei prodotti e di altri (cashcrop),
dalle strutture fisiche alle strutture economiche che avrebbe permesso la creazione di una classe
imprenditoriale, investimenti pubblici per lo sviluppo di forme di industrializzazione locale. Si
ritiene un modello di forti industrie e molto sviluppata, non solo paesi produttori di materie prime
ma anche paesi investitori che utilizzano fondi per la crescita. All’aspetto della modernizzazione
economica sono collegati quelli dell’ambito sociale, del terzo settore, ovvero il welfare state che
riguarda scuola e sanità. C’è l’estensione della sanità pubblica e della scolarizzazione, infatti il tasso
schizza alle stelle, a un certo punto, infatti, ci si rende conto che misurare la qualità solo tramite la
crescita economica non basta e nascono degli indici che vanno a misurare il livello di benessere
diffuso (che valuta anche il tasso di scolarizzazione, aspettativa di vita ecc.).
Conseguenze dell’indipendenza
Era lo stesso modello già avviato qualche tempo prima ed essendo un modello spinto dagli
investimenti pubblici, la domanda che sorge spontanea è quali fondi vengono investiti, con che soldi
costruiamo il welfare state? I crediti richiesti in passato che però hanno maturato degli interessi e la
maggior parte dei guadagni arriva dalle esportazioni (soprattutto dopo il boom della Seconda guerra
mondiale). Questi stati sono guidati dai leader che hanno vinto le elezioni, hanno portato
all’indipendenza, sembra che stiano ottenendo dei risultati e tutto questo avviene sullo sfondo di
scelte politiche che non sono casuali, determinate dalle alleanze internazionali, dalla situazione
locale e dalle circostanze. Una di queste era quella riguardante quale forma l’Africa indipendente
dovesse prendere: rimpiazzare il governo coloniale o attuare un’indipendenza sub nazionale
(creando nuove identità statali) o l’idea di creazione di un’unica comunità panafricana.
Prevale l’idea di mantenere gli stati coloniali, governi africani indipendenti ma mantenimento di
quei sistemi politici preesistenti e di conseguenza la cartina geografica dell’epoca precoloniale
diventa quella degli stati indipendenti. In quelle conferenze continentali in cui si discute questa
scelta, questi presidenti si incontrano per dare vita ad un’organizzazione continentale africana e il
25 maggio del 1963 viene fondata OUA (Organizzazione per l’Unità Africana) ad Addis Abeba e
vengono imposte due regole fondamentali:
1) la “sacralità” dei confini degli stati indipendenti, bisogna garantire che questi confini non
vadano toccati. Uno stato sviluppista dev’essere legittimo e sovrano al suo interno.
2) Non interferenza negli affari interni, l’OUA stessa non può interferire negli affari interni
degli stati, quindi, diventa un momento di aggregazione di stati ma totalmente indipendenti,
non sono gli Stati Uniti d’Africa.
Avremo un numero altissimo di conflitti interni ma quasi nessun conflitto tra stati, il che vuol dire
che l’OUA funziona. Questi leader sono perfettamente consapevoli che all’interno di questi stati
non c’è una nazione ma un insieme di gruppi che ha condiviso la stessa autorità nazionale, in virtù
della volontà di unificare questi stati, la priorità diventa l’unità nazionale all’interno di questi stati.
Le priorità degli stati sono: mantenimento dei confini, portare avanti le politiche dello stato
sviluppista e integrazioni di tutti i popoli all’interno degli stati. Qui c’è un punto importante, la
cittadinanza nazionale, bisogna stabilire regole della cittadinanza ed essa diventa un elemento
inclusivo di tutte le civiltà interne superando le divisioni etniche mediante questo concetto.
All’inizio questi nazionalismi erano progetti inclusivi e dagli anni 60’ sarà così.
Le vecchie autorità tradizionali diventano il centro dello scontro interno perché questo progetto non
può tollerare centri di controllo interni, non può esistere l’autorità politica degli Shona e degli
Nbombele. Un altro punto importante sarà il tentativo di una costruzione di un “sentire comune”.
La forma di stato prevalente sarà la forma presidenziale con l’accentramento dei poteri e delle
amministrazioni nelle istituzioni statali con un netto prevelare del potere esecutivo. Quasi tutti
adotteranno uno stato unitario ma tre adotteranno una forma federale: Nigeria, Uganda e Camerun.
Questi stati condividevano un forte centro di potere nazionale (come Sokoto, Buganda) e verrà
utilizzata la forma federale come compromesso per giustificare le divisioni interne tra gli stati (date
le differenze nella gestione amministrativa prima delle indipendenze). Le differenze linguistiche
furono anche importanti perché una parte della Nigeria (anglofona) decide di staccarsi tramite
referendum e tornare al Camerun che era un territorio francofono andando a creare tensione tra le
due zone.
Il punto fondamentale è che i partiti vengono aboliti e vengono stabiliti, quasi ovunque i partiti
unici oppure vengono imposti i sistemi a partito predominante, dove esiste un pluripartitismo ma la
maggior parte degli stati è emarginato. Questo avvenne perché questi governi hanno bisogno di
rafforzare la propria legittimità, perché i partiti vogliono essere gli unici responsabili della gestione
delle risorse, ma a livello retorico il partito unico viene istituito perché partito della nazione e che
avrebbe dovuto consolidare lo stato, di conseguenza ci sono elezioni ma all’interno dei partiti.

Lezione 17

Domanda in classe  come si rapportano le colonie di settlers con lo stato sviluppista


indipendente? Nel caso portoghese anche Lisbona organizza piani quinquennali nelle sue province
oltremare (non chiamate colonie per evitare l’autodeterminazione dei popoli). Nel caso delle
colonie di settlers il Kenya diventa indipendente (la consideriamo tale perché una zona è gestita
come se fosse di settlers). Rimangono la Namibia e la Rhodesia del Sud: sono governi gestiti da
bianchi non espressione del popolo (dato che gli africani non potevano votare). Lo sviluppismo, la
modernizzazione si verificano anche qui, anche se la creazione dell’identità nazionale è meno
marcata in queste realtà, rispetto agli altri stati africani. Anche la questione del welfare è molto più
limitata, la popolazione nera rimane fuori. Il Sudafrica sarà una “raimbow nation” a causa di tutte le
diverse etnie e della scarsa concezione nazionale; le attese della popolazione all’indipendenza erano
molto simili ma rispondere a queste sfide negli anni 50’,70’ e 90’ sono situazioni diverse.
Cambiano i paradigmi dello sviluppo e si evolve il contesto internazionale. Negli anni 50’ il
paradigma era quello dello stato sviluppista, negli anni 90’ invece varrà il paradigma del libero
mercato.
Sistemi a partito unico
I sistemi a partito unico domineranno la scena politica africana, anche laddove non abbiamo
l’abolizione del sistema partitico abbiamo pratiche di fatto che portano al monopartitismo (partito
dominante). Una delle eredità più importanti dello stato coloniale era quest’elemento di divisione
politica tra le varie nazioni e quindi consolidare la nazione diventa un progetto, assai difficile, ma
con la volontà di consolidare le tradizioni, culture e un passato comune tra gli stati immaginando un
futuro comune verso una modernità di cui i governi africani si facevano fautori. Elemento
importante è appunto il movimento che deve guidare questi ed è il partito unico: da un lato è un
mezzo per mantenere e rafforzare la centralità dei nuovi governi indipendenti che devono attuare i
piani di sviluppo in maniera rapida senza opposizioni che magari sono “antinazionali” o
“antimoderne” e dall’altro lato abbiamo quel lavoro di mediazione che serve a consolidare una
nazione  il partito unico è il partito della nazione postbellica.
Il partito unico diventa un “partito stato” e quindi si vanno a confondere partito e stato, tutte le
organizzazioni sono subordinate al partito (es. sindacati, associazioni donne e giovani). Se il partito
unico è collegato a tutte le organizzazioni, quest’ultime sono tutte prodotti del partito unico, non
sono indipendenti dal partito unico; tutte queste organizzazioni tendiamo a collegarle allo stato
civile che è opposto a un modello di tipo unico (come ad esempio i sindacati). I partiti unici sono
pieni di contraddizioni, non partono necessariamente da una logica autoritaria, infatti solitamente
parte dalla logica del lascito coloniale: la narrazione del partito unico si basava sul tentativo di
dimostrare che le differenze nelle popolazioni nascevano proprio dal colonialismo. Questo
ovviamente non era vero, non era mai esistita una società tradizionale africana consensuale e priva
di gerarchie, tutt’altro. Nel tentativo di creare la nazione il partito unico dipinge un’Africa mai
esistita; quindi, una voce contraria non viene vista come una conseguenza del pluralismo ma una
voce da reprimere. Questo innescherà per far diventare il sistema in autoritario.
Le voci che proveranno a ribellarsi saranno represse ed etichettate secondo due cliché:
1) vedono nelle opposizioni il rifiuto di progresso, come etnie tribali e ancestrali, frutto di un
passato che doveva essere cambiato. Molte di queste voci vengono quindi etichettate come
antimoderne e antinazionali e quindi nemici del popolo.
2) Vengono etichettati come collaborazionisti del neocolonialismo e chiamati “agenti del
neocolonialismo” o anche “agenti dell’imperialismo occidentale”.
Ovviamente il partito unico si farà verticista, le risorse vengono indirizzati verso il piacere della
classe dirigente e tutto l’impianto amministrativo si tramuterà nel tempo di un organo di controllo e
altamente centralizzato. Le autorità tradizionali, da che erano uno dei pilastri del territorio sotto il
colonialismo, diventano un canale di sfogo di questi partiti unici. Questi odiavano profondamente le
autorità tradizionali e attueranno una vera e propria lotta contro di esse per il loro rapporto col
colonialismo e per la possibilità che questi possano creare una voce politica contraria al partito .
La storia però ci ha mostrato come la forza dei capi tradizionali si sia mantenuta fino ad oggi
nonostante le lotte contro di loro.
Al momento delle indipendenze, anche in virtù delle divisioni ideologiche che stanno colpendo la
scena politica mondiale (anni 90’), anche in Africa gli stati si dividono verso due indirizzi: gli stati
liberal-capitalisti e i socialismi africani. Ci saranno connotazioni più ideologiche che pratiche e una
delle conseguenze pratiche è che questi elementi di superamento tradizionali sono più presenti.
Forme di stato post-indipendenze
Stati liberal-capitalisti
Maggioranza degli stati si dichiara tale, soprattutto tutte le ex colonie francesi (Kenya, Costa
d’Avorio, Nigeria…), sono quelli che più di altri a livello economico continuano il sogno iniziato
dallo stato coloniale, investimenti ma indirizzata verso un’agricoltura commerciale gestita da una
classe dirigente; mediamente saranno quelli che otterranno maggiori successi e che saranno più
stabili economicamente. Tuttavia, il modello dello stato sviluppista è sempre quello, partito unico e
intervento dello stato nell’economia (capitalismi di stato), la promozione di un mercato ma da parte
dello stato-partito.

Socialismi africani
Quasi sempre parliamo più di un livello culturale che pratico; ci saranno dei socialismi statalisti e
con questi assistiamo maggiormente alla subordinazione delle organizzazioni allo stato e al partito
unico perché nella ideologia di modernizzazione socialista, l’ideologia doveva permeare in tutti i
lati dello stato. Ci saranno esempi di “socialismi dal basso” che si proponevano di attuare la politica
socialista nel proprio stato partendo dal basso e includendo gli stati vicini, non è un socialismo
ortodosso, anzi è un socialismo che mette al centro la famiglia o la comunità tradizionale. Ci sono
poi coloro che si rifanno a categorie etiche di tipo ortodosso sovietico agli indirizzi dell’URSS. La
società socialista si rifà ovviamente al partito unico: è soprattutto in questi paesi che vediamo
questo indirizzo e anche la repressione delle proteste contro il progetto nazione.
Socialismi “statalisti”: es. Ghana di Nkrumah, Guinea di Touré, Mali di Keità
Socialismi di “sviluppo dal basso”: Ujamaa di Nyerere in Tanzania
Riferimenti a categorie “etiche”: es. Senegal di Senghor, Zambia di Kaunda
Socialismi “panarabi”: es. Egitto di Nasser

C’è un terzo gruppo, che negli anni 70’, il quale deciderà di attuare un socialismo ortodosso
marxista.
Socialismi “scientifici”
Si formeranno da colpi di stato quali il Benin (1972), il Madagascar (1972), l’Etiopia (1974) oppure
dall’indipendenze delle colonie portoghesi attraverso quindi attraverso lotte in armi. Questo avverrà
in seguito anche alla constatazione del fallimento dei precedenti socialismi e con la volontà di
attuare un socialismo marxista ortodosso e scientifico abbracciando quello condiviso con alcuni
stati europei. Questi colpi di stato portano al potere i militari stessi che avevano attuato il colpo di
stato e porteranno alla creazione di sistemi con partito unico (“partiti unici di avanguardia
marxista”) molto dirigisti dove ogni opposizione è vista come antinazionalista o agente
dell’imperialismo occidentale. Tutto ciò avviene a metà degli anni 70’, in mezzo allo shock
petrolifero (73’-76’) che colpisce il mondo e in particolare gli stati africani

Lezione 18

Conseguenze (economiche e sociali) della scelta ideologica


La scelta ideologica ha avuto un impatto sulle relazioni internazionali: i paesi liberal capitalisti sono
sempre stati più vicini alla NATO, mentre quelli filosocialisti saranno più vicini al Patto di Varsavia
o Cina. La possibile terza via, nella pratica, non venne mai presa seriamente e tutti quei paesi che
lotteranno per la propria indipendenza cercheranno il loro supporto da entrambi i blocchi. Questa
poca chiarezza favorirà conflitti interni come quello in Angola.
Il colpo di stato in Etiopia fu un colpo che segnò la storia africana perché porta al governo un
regime di tipo marxista-leninista.
I socialismi scientifici iniziano la loro storia in un periodo particolare: la crisi economica finanziaria
globale; non sperimentano il boom economico e neanche lo stato sviluppista di successo delle
indipendenze degli anni 60. Gli anni 70’ sono gli anni della crisi e sarà così imponente da fare in
modo che l’Africa non si riprenda più.
 Ci sono due conseguenze: crollano i prezzi delle materie prime sul mercato mondiale e
dall’altro e in più i beni per gli stati africani diventano sempre più costosi. Tutto quel
sistema di welfare e infrastrutture si disgrega e quindi i governi africani si trovano senza più
risorse per sostenere quel modello di stato  è una crisi sia sociale che del modello di
sviluppo.
I governi africani per recuperare cominciano a richiedere prestiti unilaterali e bilaterali facendo
aumentare di molto il debito pubblico; a questo si uniscono cicli di siccità devastanti. Si iniziano a
vedere in alcuni contesti, come il Sahel e il Corno d’Africa, e che portano a carestie incredibili,
dovuta alla mancanza della stagione delle piogge
Quella grande legittimità dei governi che avevano guadagnato grazie alle indipendenze ora si sta
ribaltando, vediamo una sequenza di cadute di governi; a partire dagli anni 70’ lo stato crolla e
sparisce, qui le popolazioni si rivolgono di nuovo a quelle che erano le vecchie comunità
tradizionali, tra cui i capi tradizionali. Questi colpi di stato si presentano come arbitri che prendono
il potere per portare gli stati a libere elezioni, ciò che di solito non avviene però, di solito anzi
arriviamo a regimi militari politici diventando classe politica.
Negli anni 80’ si arriva alla svolta per l’Africa Sub Sahariana: si inizia a modificare il tipo di
prestito, con dell’organizzazione delle misure. Queste riorganizzazioni nascono dalle analisi
condotte dagli enti creditori su questa grande crisi economica e sociale. Secondo gli analisti dell’IFI
(”Internacional Financial Institution”) – anche chiamate istituzioni di Bretton Woods – la colpa è da
attribuire allo stato sviluppista, troppo presente nella società e la società dev’essere liberata e
attivare una serie di riforme che porti al libero mercato. Si sviluppa il libero mercato e c’è una
conseguente crescita economica, ciò sancisce che a livello macroeconomico il modello neoliberista
prevale.
Gli anni 80’ sono conosciuti come il momento della svolta di mercato tra gli stati africani e stati
europei grazie a queste riforme.
Washington Consensu e PAS
È il decennio del “Washington Consensus”, ovvero il consenso delle IFI e del tesoro USA sulle
ricette neoliberiste per l’economia (il nome deriva dal fatto che tutte queste istituzioni hanno sede a
Washington). C’è un’analisi della BM (Accelerated Devolopment in Sub-Saharan Africa: A Plan
for Action) che prevedeva:
- La crisi dello stato sviluppista
- Ricetta: smantellamento dello stato e promozione del mercato (less state more market)
- Il mercato avrebbe portato anche alla democrazia
Tutto questo verrà inserito all’interno del PAS  Programmi di Aggiustamento Strutturale

PAS:
verranno attuate politiche di risanamento e stabilizzazione economica a cui sono legate le
“condizionalità”:
- Negoziati dei governi africani
- Modello universale
- Equilibrio di bilancio
- Politiche deflazionistiche per contenere il deficit
- Tagli al settore pubblico
- Privatizzazione degli enti pubblici
- Privatizzazione degli enti di base
- Tagli ai sussidi
La filosofia del PAS andava in contrapposizione però con alcune cose:
- Esigui settori imprenditoriali
- Liberalizzazioni in mano a detentori del potere
Il libero mercato avrebbe creato e favorito il fiorire di una società pluralista. Ma le famose
condizionalità non vengono legate a questioni politiche ma economiche, questo piano vede strutture
dello stato che vengono smantellate e privatizzate ma sempre in mano alle stesse persone; quindi, le
risorse vengono gestite da singole persone. Questo porterà i cittadini a spostarsi verso le città
andando a creare un sistema sbilanciato con livelli di povertà altissimi rispetto a queste élite e la
creazione di baraccopoli.

Risultati dei PAS e conseguenze:


- Avvantaggiate le élite e chi già poteva “stare sul mercato”
- Esclusione dei meno abbienti
- Aumento pratiche neo-patrimoniali
- Aumento povertà e disuguaglianze
- Aumento debito
- Aumento conflitto sociale
- Le IFI appoggiano governi autoritari
Il disagio continua ad esserci e la BM se ne accorge, per continuare ad attuare politiche di austerity
si accorgono che stanno sostenendo regimi autoritari che sono all’opposto dell’idea e del progetto
iniziale. La fine degli anni 80’ sancirà una parziale svolta che coincide con la fine della guerra
fredda nel 1989: vengono attuate una serie di correttivi, si apre quel quadro che grosso modo
caratterizzerà il quadro attuale

Lezione 19
Il Congo è veramente irradiato da fiumi, il cui principale è lo stesso fiume Congo, ma era anche il
nome di uno dei regni che si era formato in epoca precoloniale (Kongo). Post epoca coloniale (dopo
Leopoldo II) viene chiamato Libero Stato del Congo tra il 1895 e il 1908, questo nome serviva al
Belgio per avere un controllo funzionale sul libero commercio e al centro degli interessi, quindi
libero pensando allo stato commerciale e solo per gli stati affini a quello belga. Le scelte furono così
drammatiche che nel 1908 prende il nome di Congo Belga (1908-1960). Da qui si arriva alla
Repubblica del Congo (1960-1964) e dal 64’ viene aggiunta la parola democratica in seguito alla
presa del potere di Mubuto e in seguito alla Zairizzazione che vuole segnare un distacco dal periodo
coloniale e sceglie il nome di Zaire (1971-1997). Dal 98’ ad oggi ha riottenuto il nome di
Repubblica democratica del Congo.
Il periodo zairese sarà quello che segnerà di più e dove vengono stabiliti le basi del potere. C’è stata
una grande crescita demografica (da 15 milioni negli anni 60 agli attuali 90) e la concentrazione
della popolazione risiede in centri urbani (45%) e Kinshasa è una delle città più popolose e grandi
del continente.
La componente giovanile della popolazione è molto alta, infatti oltre il 60% va dagli 0 ai 24 anni e
questo causa una grossa difficoltà nella ricerca lavorativa. Il Congo è attraversato da processi e
caratteristiche che si trovano in altri paesi ma sembra che in questo paese ottengano contorni di
eccezionalità.
La crisi congolese del 63’ e ___ sono le due grandi questioni che il governo discute. Questo
processo di decolonizzazione si incrocia con quello della guerra fredda, tutti i paesi africani
dovranno fare i conti del retaggio della guerra e se allinearsi o no. A proposito delle risorse
regionali, il Congo fa parte di una serie di organizzazioni regionali, perché fa parte della Comunità
economica centrale, della Eastern African Community e tante altre.
L’indipendenza congolese è negoziata, nel 59 porta il Belgio a contrattare con il Congo, una tregua
veloce tanto che la prima legge costituzionale venne firmata a Bruxelles e i politici congolesi si
concentrarono più sulla parte politica, tant’è che fu più facile per il governo belga pensare ad
un’idea di controllo anche in futuro e questa rimarrà anche nel futuro della storia congolese.
Negli anni 70 Mubutu cerca di ritagliarsi un ruolo a livello regionale, dato che a livello
internazionale gli viene facile, anche se criticato per malgoverno e finendo per instaurare una
__crazia. Il Congo si schiera a favore di uno dei movimenti per la lotta d’indipendenza, ovvero
quello riferito all’Angola; gli esiti della lotta angolana faranno sì che il Congo si schieri a favore
loro (almeno nella prima fase) mentre nel Rwanda sale al potere un gruppo opposto a quello
supportato dal Congo creando dissapori e che si ripresenteranno nelle due crisi del 78 di Sciaba, c’è
un importante ribellione per ribaltare il governo centrale e dal 1997 in poi ci saranno vari gruppi che
tenteranno di ribaltare il governo.
La fede nel mercato e nelle istanze neoliberiste imposte da Washington sarà la base della ripartita
dell’africa subsahariana. È ovviamente un modo per arginare l’influenza socialista e comunista
nell’africa subsahariana. Con la Thatcher e Regan c’è un cambio di paradigma che avrà forti impatti
sull’africa. “La responsabilità è l’intervento nell’economia e nella società da parte dello stato”
sancisce così il Berg Report. C’è la convinzione che il mercato avrebbe liberato quelle forze della
società civile, le quali nel lungo periodo sarebbero state in grado di garantire quel pluralismo, al
tempo ancora inesistente in Africa. Tutto questo però fallisce. La Banca Mondiale è in costante
operazione di analisi, assieme ad altri organismi. Le cose, si vedrà molto presto, non stavano
andando nel verso giusto. In quegli anni si attua la PAS, Programma di aggiustamento strutturale,
questo creerà i danni negli anni ’80. La liberalizzazione favorirà delle ristrettissime élite, spesso di
potere ( i ministri che diventano capitani di industria). La grande massa non aveva i mezzi
economici per stare sul mercato. Non si era tenuto conto che in Africa il 90 % della popolazione
non aveva le possibilità di stare sul mercato. Aumentano così le divergenze economiche ed
aumentano sempre di più i conflitti. Inoltre, per le misure di austerity i governi devono ricorrere al
pugno di ferro, rendendo i governi sempre più autoritari, e la popolazione sempre più povere. Si
prova a creare un “capitalismo più umano”, che non portasse all’emarginazione della stragrande
parte della popolazione, si è alla fine della guerra fredda e alla fine dei governi di Regan e Thatcher.
Le riforme di mercato riporta le istituzioni, smantellate dall’austerity. Qualsiasi servizio durante il
periodo liberista era stato privatizzato. Le istituzioni ora devono essere Accountable e devono
essere presenti nelle campagne e nelle periferie. Per fare ciò serve la creazione della società
democratica, perché una società democratica permette la creazione di una opposizione, la quale fa
partire una spinta verso la rinascita delle istituzioni. Il multipartitismo può inoltre garantire la “good
governance”. Queste sono le caratteristiche del “post Washington Consensus”, che mira a gestire il
mercato in maniera più equa e sostenibile. Anche qui abbiamo un documento della banca mondiale
“Sub-Saharan Africa. From Crisis to Sustainable Growth”. Questo documento delinea la crisi della
good governance, da che era “less state, more money” ora è “Let’s bring the state back in”. Lo
stato deve garantire delle riforme di istitutions e capacity building la società civile deve venir
reintegrate nei processi politici. Si deve quindi ricreare tutto da 0. Prima erano tutte sotto il cappello
dello stato, erano emanazione dello stato durante la stagione dei monopartitismi. Inoltre, si deve
garantire l’empowerment e l’ownership a tutta la popolazione. A partire dal 1990 i partiti stati
vengono riformati in liberal democrazie. Negli anni ’90 di verificheranno innumerevoli elezioni. In
questo contesto finisce anche l’Apartheid. Dopo le prime ondate di democratizzazione abbiamo
avuto delle violazioni anche gravi della democrazia, sia in Africa che in altre parti del mondo, ma la
struttura è rimasta. La democrazia non ha portata alla soluzione di molti problemi economici e
sociali. Da che il tasso di partecipazione era intorno all’80% oggiorno si aggira sul 30%. Fun fact:
per votare si dovevano immergere i polpastrelli delle mani in inchiostro indelebile per evitare che la
gente votasse due volte (segni distintivi). I conflitti interni (etnici e tribali) sono esplosi in seguito ai
processi democratici. Per assurdo ancora oggi non ci sono stati cambi di governo in alcuni paesi
dell’africa subsahariana, on i partiti unici che sono, per assurdo, ancora al potere. Il fatto che le
risorse continuassero a rimanere scarse e i partiti, che rappresentavano le etnie, che si
contrapponevano apertamente ha portato ad innumerevoli conflitti etnici. Durante un decennio di
sviluppo democratico, dall’inizio degli anni 2000, si riscrivono ile connotazioni della cittadinanza,
per poter assicurare la cittadinanza a solo una componente etnica e non alle altre. Così facendo si
esclude dalla competizione pluripartitica, svariati partiti e grosse fette della popolazione. L’altro
elemento dei primi anni 2000 riguarda la sicurezza interni ed economica. La comunità
internazionale incomincia a chiudere degli occhi, appunto per garantire la lotta la terrorismo e la
stabilità degli investimenti internazionali ( gas, petrolio, oro).

Lezione 20
The Water system approach (Terje Tvedt 2016)  la crisi dell’acqua è una fake news?
L’acqua come chiave per comprendere lo sviluppo di diverse società in prospettiva comparata
attraverso l’analisi di tre livelli interconnessi:
1) Fisico
2) Antropogenico (infrastrutture/istituzioni)
3) Simbolico e culturale
Nel 2011 l’Etiopia inizia la costruzione del Grand Ethiopian Renaissance Dam, ovvero la diga “del
millennio” perché secondo il calendario etiope è stato inaugurato nell’anno 2000 (seguono un altro
calendario). Serve ad arginare il Blu Nilo che è la parte più consistente del fiume; la diga è stata
costruita quando il governo di Addis Abeba si è sentita abbastanza forte da investire in questo
grande progetto economico e sociale ed è stato un progetto controverso perché l’Egitto è sempre
riuscito a bloccare ogni tentativo di costruzione di dighe all’Etiopia, soprattutto per quanto riguarda
finanziamenti (il Nilo rappresenta la maggior parte dell’approvvigionamento dell’Egitto). Nel 2011
viene attivata questa diga e finanziata solo con fondi nazionali e i cittadini furono obbligati a
devolvere una parte dei loro stipendi per pagare dei buoni relativi ai bond per il costo della diga. La
diga è stata costruita da un’impresa, la “We Build”, che è riuscita a restare e prosperare in Etiopia
grazie a tre regimi: quello imperiale, la dittatura militare del Derm filo socialista e il regime
nazionalista che cercava di trovare il vero popolo etiope.

Lezione 21

Dalla pre-colonizzazione all’indipendenza


È uno stato ricco di risorse minerarie ma la risorsa principale è data dal fiume Congo. Una
caratteristica importante è la divisione etnica all’interno dello stato, sono diversi i regni presenti
all’interno di esso: del Luba, del Catanga e del Bacongo. I primi contatti con l’occidente, con i
portoghesi, avvengono dal 1482 grazie alle missioni di evangelizzazione della Chiesa che instaura i
primi contatti senza però insediarsi nell’area. Per arrivare al primo insediamento dobbiamo
aspettare Re Leopoldo II di Belgio, il quale cercava sempre sbocchi commerciali; dopo vari
tentativi falliti in oriente, decise di tentare nel 1876 la conquista del Congo. Durante quest’anno
Leopoldo proclama tre conferenze per sondare la fattibilità della missione, che parte due anni dopo,
affidata all’esploratore Stanley, il quale stipula dei contratti con i locali truffando gli stessi e dando
prezzi svantaggiosi. Queste trattative avverranno solo su richiesta del Re, senza passare dal
parlamento o da nessun consigliere. Questa è una vittoria anche diplomatica, perché Leopoldo II
alla Conferenza di Berlino si fa garante della neutralità del Congo, dal punto di vista commerciale e
economico e vengono stabiliti sei punti per la gestione degli stati:
1) Libertà di commercio nel bacino del Congo
2) Abolizione tratta degli schiavi
3) Neutralità dei territori del bacino del fiume Congo
4) Libera navigazione del Congo e affluenti
5) Libera navigazione Niger
6) Regole uniformi per gli insediamenti sulla costa
Stato Libero del Congo
C’è un’identificazione totale dello stato nella madrepatria e nel Re, il potere è tutto nelle mani del
sovrano e utilizza un grande apparato amministrativo guidato dal Governatore Generale o da
amministratori bianchi della madrepatria. Il Belgio si impossessa di tutti i territori che prima non
erano occupati e quindi anche delle risorse, andando a prendere possesso del monopolio del
caucciù. Importante è stato l’utilizzo della “Force Publique”, una vera e propria forza repressiva che
la corona utilizzava per sedare il popolo che porterà a ribellioni e movimenti. Da un punto di vista
economico, Leopoldo decide di privatizzare il settore minerario e il sistema di transporti, attraverso
un sistema di concessioni, e quindi di garantire le risorse a compagnie private per non far lievitare i
costi, i quali sono troppo elevati per i singoli.
Il Congo Belga
Nel 1908 il Congo passa dalle mani del sovrano, alle mani dirette dello stato e il Parlamento di
Bruxelles assume il controllo del Paese e nasce il Congo Belga. Viene fatta la scelta della continuità
e si basa sulla “Carta Coloniale” e la forza di essa è la forte centralizzazione in cui viene affidato a
Bruxelles il potere legislativo, attraverso la creazione di un Ministero delle Colonie e del Consiglio
Coloniale, mentre il potere esecutivo rimaneva nelle mani del Governatore Generale in Congo, in
questa maniera Congo e Belgio diventano, almeno formalmente, due entità distinte e autonome.
La colonia aveva tre elementi portanti:
1) Chiesa cattolica, il quale possiede il monopolio dell’istruzione primaria e sarà decisiva per la
nascita delle prime forme politiche
2) Amministrazione coloniale
3) Grandi gruppi finanziari, sono le grandi agenzie private che gestiscono il sistema economico
Quello che accomuna tutte è la dipendenza dal sistema paternalista della monarchia, non viene
incentivato nessuna forma di sviluppo politico o socioculturale. È importante perché non è stato
lasciato margine di potere alle élite locali; quindi, il sistema belga ha comandato ogni ambito della
colonia.
Nazionalismi e anni 50’
Sono sempre stati presenti nel corso dell’occupazione, dei segnali di emancipazione, ma senza
nessuno sbocco a causa della varia frammentazione tribale. Primi segnali di emancipazione con la
nascita a Leopoidville degli “Evolues” amministratori neri che hanno sfruttato i loro studi e lo
sviluppo della chiesa e della società per la creazione di movimenti politici all’interno dei circoli
cattolici, intorno al 1923; inizieranno negli anni 50’ a spostarsi e a fare politica sul territorio. Infatti,
nel 1957 nasce “Action Socialiste”, primo partito ufficialmente riconosciuto, che poi diventerà il
Partito del Popolo e nascono altri partiti tribali come il CONAKAT, questa divisione non aiuta lo
sviluppo di un movimento di resistenza. Negli anni 50’ i pilastri vanno in crisi: la Chiesa si schiera
a favore dell’indipendenza congolese e offre un’istruzione diversa, schierandosi apertamente contro
lo stato, perché cambia anche il governo (vanno al potere i liberali che vogliono prendere
l’istruzione alla Chiesa) e in più cade il terzo settore perché nel 1958 c’è una forte crisi in Congo.
Anno di svolta è il 1956 quando Van Bilsen, un accademico belga, pubblica in patria un piano
trentennale per le indipendenze delle colonie ed esso influenza i moti di indipendenza del Congo
che richiede un’indipendenza veloce sull’onda del contesto internazionale che stava favorendo le
indipendenze degli altri stati africani. Il 10 ottobre 1958 nasce il “Mouvement Nationale
Congolaise” che raggruppa i maggiori movimenti di indipendenza dello stato e sempre nel 1958 il
Belgio istituisce un “Group de Travail” per risolvere la questione belga: gli addetti mandati in
Congo si rendono conto che la situazione è arrivata al punto di non ritorno, è il momento di
concedere l’indipendenza.
L’indipendenza e la crisi in Congo (1960-65)
La crisi congolese scoppia in concomitanza all’indipendenza, questa crisi presentò tutte le
caratteristiche che si ripresenteranno nelle indipendenze degli stati subsahariani. Le questioni che si
pongono a causa della crisi sono: il rapporto con l’ex madre-patria, la sovranità nazionale, le
alleanze internazionali, il ruolo delle risorse, integrità territoriale e il rispetto della varietà etnico-
tribale.
Alla vigilia dell’indipendenza lo scenario, influenzato dal sistema coloniale belga paternalistico, si
presenta come privo di uno sviluppo di una dialettica politica e della mancanza di una classe
amministrativa. La formazione di sistemi politici avviene per fattori interni, internazionali ed
economici: la caduta di uno dei pilastri ovvero la chiesa cattolica, l’indipendenza di stati africani
come l’Algeria e la Conferenza di Akkra e quella di Bandung, ma soprattutto fattori economici,
dato che in questo periodo si vive un boom economico e che poi porterà ad una recessione e agli
scontri di Léopoldville (1959) anche causa dell’accelerazione del processo di decolonizzazione.
Le formazioni partitiche che si formarono alla vigilia dell’indipendenza facevano riferimento, nella
maggior parte dei casi, ad appartenenze etnico tribali o regionali, come l’Alleanza del Ba-Kongo, la
Confédéracion des Associations Tribales du Katanga (CONAKAT); ad essi si oppone il
Mouvement National Congolais (MNC), il quale auspicava ad un’indipendenza che aveva come
presupposto l’unità nazionale; infatti, si rifaceva al panafricanismo di Nkrumah. L’amministrazione
belga decide di puntare sulla “scommessa congolese”, concedendo un’indipendenza morbida, senza
scontri ma mantenendo comunque una dose di potere.
L’ABAKO è un partito in rappresentanza dei Bakongo, che non era presente solo in Congo ma
anche in Angola e nel Congo Brazzaville, mentre il CONAKAT era a base regionale, cercava di
difendere le istanze del Katanga; il National Congolais si opporrà proprio a queste istante
proponendo un progetto nazionalista e unito. Abbiamo tre partiti africani che rappresentano due
visioni diverse, i primi due, i quali risulteranno poi sconfitti, rappresentano le istanze tribali di
un’etnia specifica mentre il secondo esprime un progetto di unità nazionale che unisca l’intero
Congo.
Le motivazioni che poi porteranno alla crisi erano già presenti alla vigilia dell’indipendenza: per
negoziare l’indipendenza stessa vennero richieste due conferenze, nella prima venne discusso il
futuro assetto istituzionale del Congo (che sarebbe stato a immagine e somiglianza del Belgio) e il
rapporto tra centro e province, in questa sede si scontreranno le posizioni di Ciombe, federalista che
aspirava all’indipendenza del Katanga e Lumumba, che aspirava ad uno stato unitario; queste
posizioni avevano conseguenze economiche perché appunto in caso di scelta unitaria le risorse
sarebbero state suddivise in tutto lo stato. Non ci fu una scelta chiara, ma un compromesso
ambiguo, che porterà all’istituzione sei province con diversi livelli di indipendenza. Nella seconda,
invece, si discuteranno gli aspetti economici finanziari degli stati dove i rappresentanti congolesi
non verranno ammessi.
Si auspicava che l’indipendenza fosse solo un formale passaggio di potere, il Belgio cercava di
mantenere il proprio potere, soprattutto nella Force Publique e nell’amministrazione e vediamo che
questa prospettiva non è possibile, perché il 5 luglio 1960 si ha un ammutinamento della Force
Publique che sarà la miccia della crisi e una serie di scontri e rivolte nel paese, col tentativo dei
leader Ciombe e Lumumba di sedare queste rivolte ma senza successo. Queste rivolte saranno
principalmente nel Katanga, il che porterà lo stesso Ciombe a richiedere l’aiuto militare del Belgio
per fermare i tumulti e questa presenza belga verrà interpretata da Lumumbu come una
ricolonizzazione del territorio, il che li porterà ad appellarsi alle Nazioni Unite, agli Stati Uniti e
all’URSS.
L’11 luglio del 1960 c’è la dichiarazione unilaterale dello stato del Katanga, in questa regione agiva
il Conakat che difendeva i valori dei katanghesi in contrapposizione a quelli non autentici (ovvero
coloro che venivano dall’estero per lavorare nelle miniere); c’è una forte presenza di coloni europei
a causa dell’Union Minière du Haut Katanga che aveva una certa indipendenza sul territorio ed era
il punto di unione con la madrepatria. Dopo la secessione del Katanga, Bruxelles attua una politica
ambigua, perché da un lato non riconosce lo stato e dall’altro continua a mantenere la sua presenza
nello stato.
Le Nazioni Unite vedono la crisi congolese come un banco di prova; infatti, il Segretario Generale
Dag Hammarskjold cercherà di riformulare l’istituzione cercando di proporre un’alternativa ai paesi
che stavano ottenendo l’indipendenza in quel momento, un’alternativa sia alle forze in campo, che
agli Stati Uniti che all’URSS, per questo credeva fosse necessario avere il sostegno dei paesi
afroasiatici al progetto dell’ONUC. La crisi congolese verrà vista dai paesi africani come una crisi
continentale che spaccherà in due fazioni l’Africa e porterà a due proposte: la prima proposta il 14
luglio dalla Tunisia e la seconda proposta il 22 luglio dal Consiglio di Sicurezza. Queste teorie
porteranno a tensioni tra Lumumba e i rappresentanti delle Nazioni Unite, a causa delle diverse
interpretazioni della risoluzione (dare aiuto al governo centrale per la tutela della Costituzione, ergo
di dargli aiuto per debellare la secessione del Katanga). In seguito, anche dopo pressioni da parte
degli stati africani, ci sarà la risoluzione del 9 agosto delle Nazioni Unite che stabiliva il ritiro delle
truppe belghe dal Katanga e il riconoscimento della necessità dell’ingresso dei Caschi Blu e a fine
mese la maggior parte delle truppe saranno costrette a lasciare il paese.
Come detto in precedenza, non c’è attrito solamente tra Lumumba e Hammarskjold, ma anche tra
vari soggetti regionali e nazionali; Lumumba è stato definito come il “profeta disarmato” perché pur
essendo un leader carismatico aveva contro i gruppi minerari presenti nel Katanga ma anche il
blocco occidentale che non vedeva in Lumumba un dialogo possibile. Dal momento in cui l’ONU
non reagisce come voleva Lumumba, egli chiede aiuto all’URSS per intraprendere un’iniziativa
militare autonoma e questa sarà la miccia della crisi istituzionale (settembre 1960). Il Presidente
della Repubblica Kasa Vubu decide di revocare il mandato a Lumumba, il quale, a sua volta,
respinge la revoca e annuncia di aver ricevuto i pieni poteri; Kasa Vubu sospende le camere e si ha
una collusione tra potere politico e militare. Il colonnello Mobutu sfrutta il momento di incertezza
per attuare un colpo di stato e annunciare la neutralizzazione delle autorità politiche: nascita del
“Collegio dei commissari”. Come conseguenza c’è l’arresto e l’assassinio di Lumumba il 17
gennaio 1961.
Il mondo si divide tra chi legittima il regime di Kasa Vubu/Mobutu e chi no, nel frattempo il Congo
è diviso in parte occidentale Kasa Vubu/Mobutu, Governo del Gizenga a nord-est (che nel
frattempo si è proclamata indipendente) e il regno del Katanga a sud-est.
Se inizialmente la crisi congolese era un motivo di unione per tutto il continente africano che decise
di sostenere il governo di Leopodville, diventerà motivo di divisione tra Africa radicale
(rappresentato dalla Conferenza di Casablanca: RAU, Ghana, Guinea, Mali, Libia e Algeria) che
riconosceva il governo dei Lumumbisti, la liberazione dei prigionieri politici, la riconvocazione del
Parlamento e il ritiro di tutto il personale militare e paramilitare straniero all’ONU; al contrario,
l’Africa moderata (rappresentata dalla Conferenza di Brazzaville: stati dell’Africa francofona) il
quale sostennero il regime di Mobutu e l’operato dell’ONU. Alcuni paesi decisero di non schierarsi,
tra i quali Nigeria, Etiopia, Liberia, Tunisia e Sudan.
Dopo l’assassinio di Lumumba la crisi si inasprì fin quando venne approvata la risoluzione ONU
del febbraio 1961 che stabiliva il ricorso all’uso della forza da parte dell’ONU per evitare una
guerra civile e la richiesta dell’evacuazione del personale militare belga dal Congo; inizialmente
questa risoluzione venne vista come ingerenza straniera ma vedremo come i cittadini di Leopodville
inizieranno a collaborare sempre di più e infatti, vediamo l’azione dell’ONU più incentrata verso il
Katanga, mentre le strutture governative di Leopodville conquistano la zona orientale fino al 1963
si arriva alla conquista di Elizabethville e all’unione dello stato. Questo però non fu l’atto finale,
poiché nacquero delle sofferenze tra la popolazione, soprattutto nella zona orientale a causa della
disparità economica tra l’élite governativa e la maggioranza della popolazione. In questo clima
spicca la figura di Pierre Mulele, ex ministro del governo Lumumba, che guiderà una rivolta nel
gennaio 1964 (rivolta dei Simba), sostenuta da Cina e Cuba, mentre gli USA sostenevano il governo
di Leopodville, che però stava mostrando una certa debolezza, il che portò a optare per un governo
di unità nazionale includendo i partiti ostili ai Lumimbisti con a capo Ciombe; la rivolta ha dei
successi militare portando alla proclamazione della Repubblica Popolare del Congo, ma
contestualmente si ha una contro offensiva dell’esercito congolese sostenuto dagli USA e dal
Belgio, fino ad arrivare all’operazione Dragon Rouge dove militare statunitensi su aerei belgi
prenderanno l’aeroporto di Stanleyville e riuniranno il paese; tuttavia, quest’operazione verrà
criticata dai paesi afro asiatici con l’accusa di neocolonialismo.
Nel 1965 erano previste nuove elezioni dopo quelle del 1960 ma tuttavia, non si ebbe alcun risultato
democratico in seguito ad accuse di brogli elettorali fin quando il 25 novembre il generale Mubutu
impose un colpo di stato arrestando Kasa-Vubu e Ciombe che lascia il paese; inizialmente ci sarà un
ammutinamento dei mercenari e lo stesso Ciombe verrà accusato di aver progettato il golpe e
arrestato.
Mobutu restò al governo fino al 1997, quando Kabila lo sostituì e durante questo periodo istaura
una dittatura monopartitica e una politica dell’Autenticité, ovvero l’eliminazione di qualsiasi
rimando al periodo coloniale; questo sistema portò ad una cleptocrazia, ovvero all’incremento della
corruzione e della disparità sociale.

Lezione 22
Angola
La Confusao angolana è stata definita come una confusione totale da alcuni studiosi e anche una
battaglia internazionale e l’ultima battaglia calda della Guerra Fredda.
L’Angola è questo stato che si trova nell’Africa Australe e confina con la repubblica del Congo, lo
Zambia e la Namibia e questi saranno importanti nel discorso della guerra civile; la capitale è
Luanda e nel 1975 l’Angola aveva 7 milioni di abitanti mentre nel 2020 circa 32.
L’Angola prima dell’indipendenza
Si forma da popolazioni di lingua bantu con economia agricola, nel XV secolo arrivano i portoghesi
e si formano due regni: a Nord il Regno del Kongo e a Sud il Regno Ndongo; inizialmente la
presenza portoghese si trovava nelle coste per poi estendersi anche al centro che porterà poi
all’inizio del XX secolo il controllo totale dell’Angola. L’economia angolana si basa sulla tratta
degli schiavi, che è continuata anche post abolizione; in seguito all’abolizione della tratta diventa
lavoro forzato a basso prezzo.
Il Portogallo attuerà un controllo sempre più forte verso le colonie, a differenza di altre colonie che
avevano avuto più libertà; questo porterà alla formazione di vari partiti: MPLA (Movimento
Popolare di Liberazione dell’Angola 1956) guidato da Agostinho Neto e essendo un movimento
filosocialista ha il sostegno di URSS e Cuba; UNITA (Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale
dell’Agola 1966) guidato da Jonas Savimbi sostenuto da Cina, Usa; FNLA (Fronte Nazionale di
Liberazione dell’Angola 1954 UPNA 1962) guidato da Holden Roberto ed è essenzialmente un
movimento anticomunista e troverà spesso rifugio nello Zaire quando le sorti di questo movimento
andranno male. Questi ultimi inizialmente avranno il sostegno della Cina per opporsi al dominio
sovietico ma successivamente, sostenne solamente l’UNITA che attuò una forma di azione più
diretto e aggressivo verso l’MPLA.
Dopo la guerra civile, a causa delle rivoluzioni dell’MPLA e FNLA, si arriverà alla rivoluzione dei
Garofani nell’aprile del 1974 e che porteranno agli accordi di Alvor del gennaio 1975: questi
vogliono un governo di coalizione che arriva ma il sostegno agli stati dato da diversi stati fa si che
si attui un’internalizzazione del conflitto, nel settembre del 1975 il Sudafrica attua la cosiddetta
“Operation Savannah” in cui agisce in favore del FNLA per evitare la fondazione di uno stato
socialista, quindi risale dalla Namibia e sta per vincere il conflitto fin quando Agostinho Neto
richiede l’aiuto di URSS e Cuba. Proprio quest’ultimo interverrà a sostegno dell’MPLA attraverso
l’Operaciòn Carlota e riuscirà a permettere la vittoria del partito e l’11 novembre 1975 viene
dichiarata l’indipendenza.
Dopo l’indipendenza
In seguito alla dichiarazione, ogni partito dichiara l’indipendenza con capitali diverse (qui entra in
gioco la Confusao) e con sistemi diversi; in seguito alla sconfitta, l’FNLA e il Sudafrica fuggono
dall’Angola e l’UNITA rimane come partito ribelle.
L’America non voleva impegnarsi in guerre che ricordavano il Vietnam e quindi non dà sostegno
diretto al Sudafrica ma attraverso rifornimenti indiretti; con l’arrivo dell’amministrazione Carter, si
dà più importanza ai processi di indipendenza in Rhodesia del Sud e Zimbabwe e
contemporaneamente attuando una politica di pressione sul Sudafrica: difesa dei diritti umani contro
l’apartheid e il riconoscimento delle aspirazioni nazionaliste-anticoloniali della Namibia. Le
Nazioni Unite dichiarano una risoluzione ONU (435/1978) in cui si richiedeva di concedere
l’indipendenza alla Namibia ma il Sudafrica si rifiuta per timore di avere un altro stato
filocomunista vicino a sé.
Il 1978 è l’anno di svolta perché Botha (1978-1984) diventa primo ministro del Sudafrica, egli era
stato ministro della difesa e quindi diventa un principio quello della guerra a discapito del ministero
degli esteri; inoltre, Botha era segnato da un forte anticomunismo (Afrikanerdom) e spingerà per
una “Strategia Globale”, ovvero assoggettare gli altri stati africani e il Sudafrica avrebbe fatto da
perno di comando. In questa strategia, Angola e Namibia diventano fondamentali.
Nel frattempo, Agostinho Neto muore e viene sostituito mentre in USA arriva la dottrina Reagan,
che portava ad una politica più di azione verso la guerra fredda, più globalista attraverso due piani
di azioni:
1) Rapporto aperto con il Sudafrica, attraverso incentivi per fare in modo che ci sia apertura
democratica
2) Linkage, ovvero una politica di collegamento tra la Namibia e l’Angola, per far sì che la
prima diventi indipendente occorre che i sudafricani se ne vadano da quel territorio.
Inizia un sostegno più verso l’UNITA e il Sudafrica, aumenta il livello del conflitto sul territorio
angolano per arrivare alla fine degli anni 80’con alcuni cambiamenti, ad esempio l’arrivo di
Gorbaciov che segna un’apertura più pacifica verso gli USA; Cuba entra nei negoziati di pace tra
Angola e Sudafrica e questo permette di avere una voce forte in capitolo e ci sono degli aspetti
militari, dato che nel 1988 ci sono le battaglie peggiori, un’offensiva prepotente dell’UNITA e del
Sudafrica e la battaglia di Cuanavale viene vista come uno spartiacque perché Cuba sbaraglia
l’avanzata angolana. Si accelera verso una via diplomatica e si arriva gli accordi di New York (22
dicembre 1988), che sanciscono che l’indipendenza della Namibia sarebbe dovuta avvenire secondo
la risoluzione ONU e le truppe del Sudafrica si sarebbero dovute ritirare dal territorio angolano
come stabilito.
La situazione continuerà ad essere difficile, dopo gli accordi del 31 maggio 1991 di Bicesse
verranno richieste le elezioni che porteranno ad ulteriori scontri fino alla morte di uno dei candidati
nel 2002, ovvero Savimbi.

Lezione 23
Somalia
La Somalia ha fatto parte dell’impero dell’Africa Orientale Italiana fino al trattato di pace del 1947
che sancì la fine del dominio italiano ma non la gestione che fu affidata alla stessa Italia tramite
l’accordo per amministrazione fiduciaria della Somalia del 1950, che avrebbe dovuto portare
all’indipendenza in 10 anni. Nel 1943 nasce la Lega dei Giovani Somali che nei 10 anni di piano
diventa il primo partito e nel 59 nasce la Repubblica Somala con l’unificazione del Somaliland e la
Somalia ex-italiana con a capo la Lega. Alla fine del dei 10 l’obiettivo era quello di creare una
stabilità politica ma in realtà vedremo una grande instabilità tra i vari partiti che porterà ad un flusso
dei politici tra i vari partiti fino alla nascita del governo monocolore.
Il 30 aprile 1956 c’è la prima assemblea legislativa: basata sul suffragio universale, autogoverno e
un processo di “somalizzazione” degli esponenti ex coloniali; la lega diventò il primo partito
somalo. Non si può tralasciare il fatto che il sistema elettorale prendeva spunto da quello italiano,
cioè dal proporzionale, il problema è che in Somalia mancava un censimento e ci si basava su
statistiche, il ché avvantaggiò la Lega. Il Consiglio Consultivo Nazioni Unite chiese una nuova
legge elettorale e il censimento ma vennero applicate delle leggi per bloccare i partiti minori e
misure straordinarie.
Nella seconda metà del 58’ venne applicata una nuova legge elettorale, applicando nuovi criteri con
la richiesta di presentare una caparra e 5 mila firme, il che creò malcontento nell’opposizione, ma
l’esecutivo concesse solo una proroga di 3 giorni e la lega fu l’unico partito a presentarsi, il che
portò alcuni iscritti ai partiti di opposizione a spostarsi all’interno della Lega. Elezioni solo in 8
circoscrizioni su 30 e l’AFIS non fa nulla. Ci fu una reazione internazionale: già dagli anni 40
c’erano stati contatti tra la Lega e la sinistra italiana, con accuse e interrogazioni ministeriali nei
confronti dell’AFIS.
In conclusione, si afferma un regime a partito unico, la Lega non aveva però un forte sostegno
politico e questo favorì l’avvenire di politiche di State-building, il mandato fiduciario aveva piani
molto ambiziosi e succedeva che processi economici e sociali si sovrastassero a vicenda. In fine,
venne trascurata la questione costituzionale: ci sarebbero dovuti essere un comitato tecnico (eletto
nel 57) e uno politico (mai costituito) e quindi la costituzione firmata al 1960 venne creata da
giuristi italiani a immagine e somiglianza di quella italiana. Questo si vide nel 1961 quando il testo
venne bocciato dal Somaliland e nel 1969 avviene un colpo di stato di Siad Barre, sul momento
visto con favore per creare stabilità nel paese.
Parte scritta dalla presentatrice
SOMALIA ascesa del Governo monocolore 1956-61

• Chi c’era prima

• Mandato decennale di tutela affidato all’Italia (AFIS)

• Assemblea legislativa e Lega dei Giovani Somali

• Elezioni politiche del marzo 1959

• Conclusione: Somalia verso l’indipendenza

Dal 1936 la Somalia faceva parte, insieme all’Etiopia e all’eritrea, dell’impero dell’africa orientale italiana.
L’impero ebbe vita breve, in quanto già nel 1941 l’esercito italiano venne sconfitto dalle forze britanniche.
Successivamente, con il trattato di pace del ’47 l’Italia rinunciava ai possedimenti coloniali. Fu l’Assemblea
delle nazioni unite a stabilire che l’Italia diventasse responsabile dell’amministrazione fiduciaria sulla
Somalia, così da prepararla in 10 anni all’indipendenza. Questo accordo fu ratificato nel 1950. Durante il
periodo di transizione, identificabile con l’occupazione militare britannica, nacque l’associazione
socioculturale della Lega dei Giovani Somali (Mogadiscio, 1943). In poco tempo, l’associazione divenne un
partito nazionalista, con l’obiettivo principale di raggiungere l’indipendenza somala sotto un’unica Grande
Somalia, che comprendesse le regioni somalofone del Corno d’Africa (erano in quel momento divise
principalmente tra Somalia ex-italiana, British Somaliland e Ogaden sotto il controllo etiope). mappa
Successivamente quindi al trattato di pace, come già detto, all’Italia venne affidato un mandato decennale
di tutela internazionale sulla Somalia, chiamato AFIS (amministrazione fiduciaria italiana della Somalia).
Durante questo mandato, la Lega consolidò il suo potere in Somalia arrivando ad essere il primo partito
nelle varie prove elettorali, sia a livello municipale che nazionale. Nel 1959, con l’ultima prova elettorale, la
Lega ottenne la maggioranza praticamente totale dei seggi parlamentari, portando così al primo Governo
indipendente somalo. Alla fine di questo processo si arrivò quindi all’unificazione di Somalia e Somaliland
nella Repubblica Somala, nel luglio 1960. Ciò che si vuole mettere in luce qui sono le fragilità di questi
processi di state-building, in quanto andremo a vedere che hanno avuto un ruolo fondamentale nel favorire
l’ascesa di un regime a partito unico (appunto Governo monocolore), ancor prima che si arrivasse
all’indipendenza. All’inizio del mandato decennale era stato stabilito un programma di sviluppo politico e
sociale, il quale prevedeva anche quattro tornale elettorali (due municipali e due nazionali), che si
sarebbero dovute tenere tra 1954 e 1959. Nonostante l’obiettivo di creare una certa stabilità politica,
l’intero processo aumentò invece gli scontri tra diversi gruppi politici che volevano raggiungere il controllo
della nazione. In questo contesto, la Lega dei giovani somali emerse come partito nazionale. In breve
tempo, attivisti e partecipanti ad associazioni minori, venendo tagliati fuori da tutto ciò, confluirono sempre
più nel partito di maggioranza, dando quindi vita al nostro Governo Monocolore. Prima Assemblea
legislativa Il 30 aprile del 1956 veniva eletta per la prima volta una Assemblea legislativa, un organo
costituente che doveva preparare l’apparato politico dello stato all’indipendenza. In questa data, per la
prima volta si trovava a votare la totalità di popolazione maschile somala e si dava inizio all’autogoverno. I
rappresentanti dell’AFIS cedev ano infatti il controllo ai vincitori della tornata elettorale. Questo primo
governo somalo aveva diversi compiti: programma legislativo per formare il resto dell’apparato politico,
ratifica di codici (civile, penale ecc.), leggi sulla cittadinanza, sanità, istruzione, ecc. Doveva poi gestire
anche il programma di “somalizzazione”, cioè la sostituzione graduale del personale coloniale italiano con
quello somalo. Il Governo somalo smise anche velocemente di essere tenuto d’occhio dalle Nazioni unite e
dall’amministrazione italiana, fino a quando nel maggio 1957 l’amministratore italiano incaricato rinunciò.
Così la politica interna somala rientrava totalmente sotto il controllo del Governo stesso. Alle elezioni
politiche del ’56 la Lega dei giovani somali ottenne dunque la maggioranza netta dei voti. Vennero nominati
come presidente Aden Abdullah Osman e come primo ministro Abdullahi Issa Mahamuud, che formarono
un governo con soli altri esponenti del partito nazionale. Ascesa Lega dei Giovani Somali Nonostante la Lega
dei Giovani somali fosse effettivamente il partito di maggiore successo in queste elezioni, non si può
tralasciare il fatto che questo successo fosse legato ad alcune particolarità del sistema elettorale adottato
da lì in avanti. Il sistema elettorale, infatti, prendeva spunto da quello italiano, usando quindi il principio di
rappresentanza proporzionale che era in quel momento in vigore in Italia. Si dava quindi un certo numero
di seggi ad ogni circoscrizione elettorale in base alla presenza demografica. Il problema alla base era, però,
il fatto che non era stato completato nessun censimento della popolazione prima delle elezioni, e quindi i
seggi vennero distribuiti seguendo dei sondaggi statistici che già si sapevano essere incompleti. Questo
avvantaggiò di gran lunga la Lega. I primi sentimenti di sfiducia nei confronti delle istituzioni somale
nacquero anche da qui, come scritto in una lettera al Corriere della Somalia, in cui un elettore che aveva
votato per un altro partito si domandava appunto se la colpa dello squilibrio dei seggi assegnati fosse
dovuta alla dispersione dei voti o alla legge elettorale. Oltre ad evidenziare il fatto che la Lega era il partito
di maggioranza, comunque, erano emersi dalla tornata elettorale anche altri partiti di spicco. Uno di questi
era il partito del HDM (poi HDMS), ossia Partito Costituzionale Indipendente Somalo. Viste le perplessità già
citate, il Consiglio consultivo delle Nazioni unite aveva quindi stabilito che il neoeletto Governo si
premurasse di varare una nuova legge elettorale, che fosse più adatta alla situazione sul territorio e alle
esigenze degli elettori, così come di completare il censimento nazionale. Tutto questo era urgente, in
quanto future elezioni ci sarebbero poi state a livello municipale nel 1958 e nazionale l’anno dopo, in vista
dell’indipendenza. Queste varie urgenze alimentarono in parlamento lo scontro politico. Una delle prime
azioni del Governo della Lega dei Giovani somali fu quindi mirata a consolidare il suo potere, varando delle
leggi che dovevano bloccare lo sviluppo di partiti minori e contrastare i dissidenti dentro al partito. In
aggiunta, l’assemblea legislativa aveva permesso al Governo di esercitare dei poteri straordinari,
includendo la possibilità di effettuare arresti sommari. Qui l’amministratore italiano non interferì. Il
Governo ottenne anche il potere di controllare radio e stampa somale, così quando il direttore della radio
principale, Radio Mogadiscio, si dimise per protesta, fu il governo a nominarne il successore. Arrivati al
1958, anno in cui si tennero le elezioni municipali, il Governo non aveva concluso il censimento richiesto,
che avrebbe dovuto permettere anche all’elettorato femminile di votare. Si ricorse al sistema dell’inchiostro
indelebile, ma questo portò ad una serie di brogli e conseguente malcontento. Nelle province
settentrionali, infatti, l’opposizione non era nemmeno stata ammessa alle elezioni. Il console britannico a
Mogadiscio, comunque, commentò la vittoria della Lega come un clamoroso successo. Solamente nelle
province meridionali la Lega aveva perso terreno a favore dell’HDMS. Elezioni politiche del marzo 1959
Nella seconda metà del 1958, il Governo dovette varare una nuova legge elettorale da utilizzare nelle
politiche dell’anno successivo. Ciò che cambiò principalmente furono però i criteri per poter presentare le
liste elettorali: era richiesto che per ogni lista presentata fosse versata una caparra, che fosse
accompagnata da 5000 firme e che ogni candidato fosse in grado di comprendere italiano e arabo.
Naturalmente i partiti di opposizione espressero il malcontento, ma vennero ignorati dall’esecutivo, che
fece approvare la legge. All’inizio della campagna elettorale nel gennaio ’59, l’unica concessione da parte
del governo fu una proroga di tre giorni per la presentazione delle liste. Alla fine, la Lega dei Giovani somali
fu l’unico partito che riuscì a presentare liste valide in tutte le circoscrizioni. In tutto ciò, l’autorità italiana
veniva informata del fatto che molte sezioni locali dei partiti di opposizione erano state chiuse e gli iscritti a
questi partiti si erano spostati nella Lega. In molti casi furono soprattutto le sezioni locali dell’HDMS ad
unirsi al partito di maggioranza alla vigilia delle elezioni. Non è facile, però, stabilire fino a che punto questo
processo sia stato spontaneo, specie ricordando i poteri speciali che erano stati concessi al Governo per
questioni di sicurezza. A fine febbraio ci fu anche una dimostrazione contro il Governo a Mogadiscio da
parte di sostenitori del Great Somali League (GSL), alla quale il Governo rispose con coprifuoco e violenta
repressione degli attivisti. Ciò riuscì a debellare ogni tentativo del partito di opposizione di essere efficiente
ancora prima delle elezioni. L’AFIS, anche in questa occasione, decise di non intromettersi. Nemmeno
quando le Nazioni unite chiesero l’invio di osservatori per monitorare le elezioni l’amministratore italiano si
mosse. Al momento delle politiche per eleggere l’Assemblea legislativa che avrebbe poi accompagnato la
Somalia all’indipendenza, l’opposizione si rifiutò di votare come segno di protesta. Le elezioni si ebbero
solamente in 8 delle 30 circoscrizioni somale, mentre nelle altre i seggi vennero concessi direttamente alla
Lega, che ottenne 83 seggi su 90. Reazione dell’AFIS Le elezioni anomale attirarono l’attenzione soprattutto
dell’Egitto e della sinistra italiana. Contatti tra la Lega dei Giovani somali e il PCI c’erano già dagli anni ’40.
Venne pubblicata su Paese Sera un’intervista al leader del partito GSL, che accusava il governo somalo e
l’AFIS di aver usato politiche di repressione contro i partiti minori. Inoltre, due parlamentari del PCI
presentarono un’interrogazione al Ministero degli Esteri chiedendo le misure utilizzate dall’AFIS
nell’assicurare la legalità delle elezioni. L’AFIS rispose difendendo l’operato del governo somalo e la nuova
legge elettorale, ricordando che l’autorità italiana non era più comunque direttamente responsabile nella
politica interna somala. I documenti riservati nei circoli dell’AFIS, però, erano molto in contrasto con queste
ultime affermazioni: riconoscevano gli errori della legge elettorale, il mancato censimento dell’elettorato e
parlavano dei brogli che avevano influenzato le elezioni nei distretti periferici. In sintesi, l’AFIS sapeva che i
risultati elettorali non erano per nulla corretti ed efficienti, ma non pensava fosse necessario indire nuove
elezioni. La Somalia verso l’indipendenza In molti stati africani post-coloniali si affermò un regime a partito
unico, che poteva riflettere la necessità di un forte stato centralizzato in risposta ai contesti frammentati ed
instabili. La Lega dei Giovani Somali era comunque una organizzazione recente, quindi non basata su un
consolidato supporto a livello politico. Si è già evidenziato come l’ascesa di un partito unico in Somalia sia
stata possibile anche e soprattutto grazie alle politiche di state-building volute dalle Nazioni unite e
dall’Italia. Il problema fu, per la Lega, il fatto di raggiungere l’apice del suo successo in un momento storico
particolare, senza quindi riuscire a adattarsi ai bisogni diversi e alle crescenti aspettative, sia interne che
esterne. Il mandato fiduciario aveva organizzato dei piani di sviluppo ambiziosi per essere raggiunti in poco
tempo. È infatti probabile che, promuovendo contemporaneamente state-building, economia e
democrazia, un processo sovrasti gli altri, andando poi a minare le basi su cui una nazione si dovrebbe
formare. Nel caso della Somalia, era stata posto l’accento sul processo elettorale per arrivare alla
somalizzazione dello stato. Questo portò però ad accrescere la competizione tra gruppi politici, spostando
la priorità sul fatto di trovare un partito forte che potesse portare il paese in maniera unitaria verso
l’indipendenza. Infine, il governo somalo trascurò altri argomenti chiave, come la creazione di una
Costituzione che doveva servire a riunire anche il Somaliland. Secondo i piani della Nazioni unite, due
comitati avrebbero lavorato insieme sulla Carta costituzionale: quello tecnico, composto da italiani, fu
formato nel ’57 dall’AFIS, ma quello politico non venne mai veramente costituito. Alla fine, quindi, la
Costituzione somala venne approvata il 26 giugno 1960 e fu il risultato dei lavori dei giuristi italiani. Non
solo era quindi molto vicina all’essere una copia della Costituzione italiana, ma non rappresentava affatto la
popolazione somala e i suoi costumi. Ciò si rivelò nel momento del processo dell’unificazione con il
Somaliland, del tutto escluso da questi ultimi processi. Nel 1961, quando un referendum chiese
all’elettorato di approvare questa Costituzione, nel Somaliland essa venne totalmente rifiutata. Lo stesso
anno venne organizzato anche un colpo di stato – fallimentare – per minacciare la fine dell’unione tra i due
territori. Nel 1969 avvenne un altro colpo di stato, di stampo socialista, per mano di Siad Barre. Sul
momento, molti studiosi e analisti contemporanei avevano intravisto nel regime militare un’opportunità
per stabilizzare il sistema politico

La guerra fredda nell’Oceano Indiano occidentale da Truman a Nixon


(1947-1974), in particolare in Etiopia e in Somalia
La parte occidentale dell’Oceano Indiano è una regione a livello strategico molto importante ed è
stata area di scontro. Il potenziale strategico di questa zona non era sconosciuto: in tempo di guerra
fredda, gli Stati Uniti hanno sfruttato il vuoto di potere per occ
Corno d’Africa è la zona che ha visto più tensioni e che è sempre stata considerata una zona
strategica, soprattutto da parte statunitense, perché si poteva ottenere pressione sul Medioriente e
uno scudo sulle risorse.
Somalia
Dal 1936 la Somalia faceva parte, insieme all’Etiopia e all’eritrea, dell’impero dell’africa orientale
italiana. L’impero ebbe vita breve, in quanto già nel 1941 l’esercito italiano venne sconfitto dalle
forze britanniche. Successivamente, con il trattato di pace del ’47 l’Italia rinunciava ai possedimenti
coloniali. Fu l’Assemblea delle nazioni unite a stabilire che l’Italia diventasse responsabile
dell’amministrazione fiduciaria sulla Somalia, così da prepararla in 10 anni all’indipendenza
(1950).
Durante il periodo di transizione, identificabile con l’occupazione militare britannica, nacque
l’associazione socioculturale della Lega dei Giovani Somali (Mogadiscio, 1943). In poco tempo,
l’associazione divenne un partito nazionalista, con l’obiettivo principale di raggiungere
l’indipendenza somala sotto un’unica Grande Somalia, che comprendesse le regioni somalofone del
Corno d’Africa (erano in quel momento divise principalmente tra Somalia ex-italiana, British
Somaliland e Ogaden sotto il controllo etiope).
All’Italia venne affidato un mandato decennale di tutela internazionale sulla Somalia, chiamato
AFIS (amministrazione fiduciaria italiana della Somalia). Durante questo mandato, la Lega
consolidò il suo potere in Somalia arrivando ad essere il primo partito nelle varie prove elettorali,
sia a livello municipale che nazionale. Nel 1959, con l’ultima prova elettorale, la Lega ottenne la
maggioranza praticamente totale dei seggi parlamentari, portando così al primo Governo
indipendente somalo. Alla fine di questo processo si arrivò quindi all’unificazione di Somalia e
Somaliland nella Repubblica Somala, nel luglio 1960. Ciò che si vuole mettere in luce qui sono le
fragilità di questi processi di state-building, in quanto andremo a vedere che hanno avuto un ruolo
fondamentale nel favorire l’ascesa di un regime a partito unico (appunto Governo monocolore),
ancor prima che si arrivasse all’indipendenza. Nonostante l’obiettivo di creare una certa stabilità
politica, l’intero processo aumentò invece gli scontri tra diversi gruppi politici che volevano
raggiungere il controllo della nazione. In questo contesto, la Lega dei giovani somali emerse come
partito nazionale. In breve tempo, attivisti e partecipanti ad associazioni minori, venendo tagliati
fuori da tutto ciò, confluirono sempre più nel partito di maggioranza, dando quindi vita al nostro
Governo Monocolore.
Il 30 aprile del 1956 veniva eletta per la prima volta una Assemblea legislativa, un organo
costituente che doveva preparare l’apparato politico dello stato all’indipendenza. Questo primo
governo somalo aveva diversi compiti: programma legislativo per formare il resto dell’apparato
politico, ratifica di codici (civile, penale ecc.), leggi sulla cittadinanza, sanità, istruzione, ecc.
Doveva poi gestire anche il programma di “somalizzazione”, cioè la sostituzione graduale del
personale coloniale italiano con quello somalo. Il Governo somalo smise anche velocemente di
essere tenuto d’occhio dalle Nazioni unite e dall’amministrazione italiana, fino a quando nel maggio
1957 l’amministratore italiano incaricato rinunciò. Alle elezioni politiche del ’56 la Lega dei
giovani somali ottenne dunque la maggioranza netta dei voti. Vennero nominati come presidente
Aden Abdullah Osman e come primo ministro Abdullahi Issa Mahamuud, che formarono un
governo con soli altri esponenti del partito nazionale.
Nonostante la Lega dei Giovani somali fosse effettivamente il partito di maggiore successo in
queste elezioni, non si può tralasciare il fatto che questo successo fosse legato ad alcune
particolarità del sistema elettorale adottato da lì in avanti. Il sistema elettorale, infatti, prendeva
spunto da quello italiano, usando quindi il principio di rappresentanza proporzionale che era in quel
momento in vigore in Italia. Il problema era il fatto che non era stato completato nessun censimento
della popolazione prima delle elezioni, e quindi i seggi vennero distribuiti seguendo dei sondaggi
statistici che già si sapevano essere incompleti. Questo avvantaggiò di gran lunga la Lega. Viste le
perplessità già citate, il Consiglio consultivo delle Nazioni unite aveva quindi stabilito che il
neoeletto Governo si premurasse di varare una nuova legge elettorale, che fosse più adatta alla
situazione sul territorio e alle esigenze degli elettori, così come di completare il censimento
nazionale. Tutto questo era urgente, in quanto future elezioni ci sarebbero poi state a livello
municipale nel 1958 e nazionale l’anno dopo, in vista dell’indipendenza. Queste varie urgenze
alimentarono in parlamento lo scontro politico.
Una delle prime azioni del Governo della Lega dei Giovani somali fu quindi mirata a consolidare il
suo potere, varando delle leggi che dovevano bloccare lo sviluppo di partiti minori e contrastare i
dissidenti dentro al partito. In aggiunta, l’assemblea legislativa aveva permesso al Governo di
esercitare dei poteri straordinari, includendo la possibilità di effettuare arresti sommari. Il Governo
ottenne anche il potere di controllare radio e stampa somale. Arrivati al 1958, anno in cui si tennero
le elezioni municipali, il Governo non aveva concluso il censimento richiesto, che avrebbe dovuto
permettere anche all’elettorato femminile di votare. Si ricorse al sistema dell’inchiostro indelebile,
ma questo portò ad una serie di brogli e conseguente malcontento. Nelle province settentrionali,
infatti, l’opposizione non era nemmeno stata ammessa alle elezioni. Solamente nelle province
meridionali la Lega aveva perso terreno a favore dell’HDMS.
Nella seconda metà del 1958, il Governo dovette varare una nuova legge elettorale da utilizzare
nelle politiche dell’anno successivo. Ciò che cambiò principalmente furono però i criteri per poter
presentare le liste elettorali: era richiesto che per ogni lista presentata fosse versata una caparra, che
fosse accompagnata da 5000 firme e che ogni candidato fosse in grado di comprendere italiano e
arabo. Naturalmente i partiti di opposizione espressero il malcontento, ma vennero ignorati
dall’esecutivo, che fece approvare la legge. All’inizio della campagna elettorale nel gennaio ’59,
l’unica concessione da parte del governo fu una proroga di tre giorni per la presentazione delle liste.
Alla fine, la Lega dei Giovani somali fu l’unico partito che riuscì a presentare liste valide in tutte le
circoscrizioni. In tutto ciò, l’autorità italiana veniva informata del fatto che molte sezioni locali dei
partiti di opposizione erano state chiuse e gli iscritti a questi partiti si erano spostati nella Lega. In
molti casi furono soprattutto le sezioni locali dell’HDMS ad unirsi al partito di maggioranza alla
vigilia delle elezioni. Non è facile, però, stabilire fino a che punto questo processo sia stato
spontaneo, specie ricordando i poteri speciali che erano stati concessi al Governo per questioni di
sicurezza. A fine febbraio ci fu anche una dimostrazione contro il Governo a Mogadiscio da parte di
sostenitori del Great Somali League (GSL), alla quale il Governo rispose con coprifuoco e violenta
repressione degli attivisti. Ciò riuscì a debellare ogni tentativo del partito di opposizione di essere
efficiente ancora prima delle elezioni. L’AFIS, anche in questa occasione, decise di non
intromettersi. Nemmeno quando le Nazioni unite chiesero l’invio di osservatori per monitorare le
elezioni l’amministratore italiano si mosse. Al momento delle politiche per eleggere l’Assemblea
legislativa che avrebbe poi accompagnato la Somalia all’indipendenza, l’opposizione si rifiutò di
votare come segno di protesta. Le elezioni si ebbero solamente in 8 delle 30 circoscrizioni somale,
mentre nelle altre i seggi vennero concessi direttamente alla Lega, che ottenne 83 seggi su 90.
Reazione dell’AFIS Le elezioni anomale attirarono l’attenzione soprattutto dell’Egitto e della
sinistra italiana. Contatti tra la Lega dei Giovani somali e il PCI c’erano già dagli anni ’40. Venne
pubblicata su Paese Sera un’intervista al leader del partito GSL, che accusava il governo somalo e
l’AFIS di aver usato politiche di repressione contro i partiti minori. Inoltre, due parlamentari del
PCI presentarono un’interrogazione al Ministero degli Esteri chiedendo le misure utilizzate
dall’AFIS nell’assicurare la legalità delle elezioni. L’AFIS rispose difendendo l’operato del governo
somalo e la nuova legge elettorale, ricordando che l’autorità italiana non era più comunque
direttamente responsabile nella politica interna somala. I documenti riservati nei circoli dell’AFIS,
però, erano molto in contrasto con queste ultime affermazioni: riconoscevano gli errori della legge
elettorale, il mancato censimento dell’elettorato e parlavano dei brogli che avevano influenzato le
elezioni nei distretti periferici. In sintesi, l’AFIS sapeva che i risultati elettorali non erano per nulla
corretti ed efficienti, ma non pensava fosse necessario indire nuove elezioni. La Somalia verso
l’indipendenza In molti stati africani post-coloniali si affermò un regime a partito unico, che poteva
riflettere la necessità di un forte stato centralizzato in risposta ai contesti frammentati ed instabili.
La Lega dei Giovani Somali era comunque una organizzazione recente, quindi non basata su un
consolidato supporto a livello politico. Si è già evidenziato come l’ascesa di un partito unico in
Somalia sia stata possibile anche e soprattutto grazie alle politiche di state-building volute dalle
Nazioni unite e dall’Italia. Il problema fu, per la Lega, il fatto di raggiungere l’apice del suo
successo in un momento storico particolare, senza quindi riuscire a adattarsi ai bisogni diversi e alle
crescenti aspettative, sia interne che esterne. Il mandato fiduciario aveva organizzato dei piani di
sviluppo ambiziosi per essere raggiunti in poco tempo. È infatti probabile che, promuovendo
contemporaneamente state-building, economia e democrazia, un processo sovrasti gli altri, andando
poi a minare le basi su cui una nazione si dovrebbe formare. Nel caso della Somalia, era stata posto
l’accento sul processo elettorale per arrivare alla somalizzazione dello stato. Questo portò però ad
accrescere la competizione tra gruppi politici, spostando la priorità sul fatto di trovare un partito
forte che potesse portare il paese in maniera unitaria verso l’indipendenza.
Inizia ad attirare attenzioni in prossimità della sua indipendenza, in quanto presentava criticità
riguardo i territori che poi verranno compresi della Somalia indipendente e in più era un territorio di
guerra. Gli Stati Uniti guardavano con preoccupazione la situazione, data la grave situazione
economica, la scarsa qualità dei dirigenti somali e la soluzione era quella risolvere la situazione tra
Somalia e Etiopia e creare un piano economico comune. L’accordo tra Somalia e URSS del 1963 è
uno spartiacque, i somali capiscono che gli americani non li avrebbero aiutati negli scontri con
l’Etiopia e inoltre, negli accordi venivano stabiliti le intangibilità dei confini e l’URSS diventa
sempre più attiva cercando di dare aiuti sia ad Etiopia che Somalia.
Gli Stati Uniti preoccupati, ottengono la base navale di Diego Garcia e l’URSS cambia strategia
rafforzando la presenza navale davanti alla Somalia e nell’Oceano Indiano. Da questo momento c’è
una presenza costante di navi russe sulle coste di Mogadisciu, perciò, l’America pensò anche di
rafforzare la presenza delle navi; la minaccia sovietica si attua nel 1969 dal colpo di stato attuato da
Siad Barre che impose un regime socialista scientifico.
Guerra dell’Ogaden (1977-1978)
Nel febbraio del 1964 c’è una prima ribellione nell’Ogaden sedata dall’esercito etiope e nel 1969 il
vero colpo di stato che come detto prima porta al Regime di Siad Barre (che durerà fino al 1991).
Nel 1973 vengono scoperti giacimenti di petrolio nella regione e questo porta a nuove tensioni; nel
1974 c’è una rivoluzione in Etiopia che porta al potere il Derg con inclinazioni marxiste e nel 1976
si verifica la fine del sostegno militare USA all’Etiopia, dato il momento di debolezza per l’Etiopia
la Somalia ne approfitta e il 13 luglio del 1977 dà inizio ad una grande offensiva andando a creare
due schieramenti: per la Somalia i paesi arabi, la Cina e gli USA mentre per l’Etiopia l’URSS, Cuba
e Israele.
Nessuna delle due superpotenze riuscì a stabilire la propria supremazia in questa macro-regione,
quello che resta sono gli effetti di più di 30 anni di rivalità che contribuirono ad influenzare
negativamente molti paesi africani, anche dopo la Guerra fredda.

Lezione 24

Sudafrica
A fine dell’800’ in Africa Australe, la presenza dell’uomo bianco è principalmente inglesi in
sudafrica e dei Boeri o Africaner, inoltre ci sono anche gli Zulu che a partire dall’800’ iniziano un
periodo di espansione e gerarchizzazione del potere. Siamo nel periodo delle trasformazioni del
commercio: si passa dal commercio umano al commercio lecito; in questo contesto le cose
cambiano quando vengono scoperte dei giacimenti di diamanti e oro, il che causerà degli scontri tra
boeri e inglesi, vedendo vincitori quest’ultimi. L’Unione Sudafricana nasce quindi nel 1910 con
l’approvazione dello statuto di Westminster, inizia un processo di indipendenza dal governo inglese
e un processo di separazione tra popolazione nera e bianca, anche a causa del sistema economico
imposto sul territorio. L’economia è circolare, i neri venivano inseriti in riserve e potevano uscire
solo attraverso specifici pass e questo sistema poi verrà estesa anche alla Namibia.
Nei primi anni del 900’ si concretizza l’alleanza tra stato, africani e madrepatria: inizia a svilupparsi
il cosiddetto nazionalismo afrikaner che vuole la razza afrikaner come unica pura e degna di salire
al potere, subito si divideranno in moderati e estremi, i primi sono consapevoli della necessità di
una comunicazione con la razza bianca e quella nera non afrikaner
Nel 1948 quando il National Party sale al potere instaura il regime dell’Apartheid: sempre più
rilevante è la divisione tra africani “detribalizzati” urbani e quelli che ancora sono legati ancora alla
loro identità tribali e hanno un accesso temporaneo alle zone urbane; in tutto ciò, donne e bambini
sono relegati nel Bandustan.
L’apartheid si caratterizza dalla divisione della società in Bantustan/Homeland, ovvero riserve di
africani per la manodopera ed esse divengono sempre più indipendenti con la nomina di dirigenti e
capi. In questo contesto vengono instituite le prime leggi razziali, ad esempio, vengono divisi i
popoli in quattro razze; un altro principio è il controllo dei flussi migratori con il sistema detto
dompas.
In nome della segregazione, si vuole preservare la purezza degli afrikaner che può essere messa in
discussione, i neri iniziano a occupare le città anche in seguito alla carenza di manodopera e viene
imposto un sistema sviluppista (ma solo per i bianchi).
I fattori che portano alla crisi dell’apartheid sono: la nascita di partiti di liberazione nazionale come
l’African National Congress; nasce la Lega dei Giovani, formata da una élite di intellettuali, tra cui
Nelson Mandela; la formazione di movimenti giovanili indiani e dei coloured; il contesto regionale
tra gli anni 70’, ovvero gli stati vicini che rischiano di portare al governo dei movimenti marxisti e
leninisti. Il Sudafrica appoggerà i movimenti filoorientali che si creeranno in Angola per
controbattere alla formazione di sistemi marxisti. Il culmine avviene quando Angola e Namibia
ottengono l’indipendenza e quindi inizia contemporaneamente la crisi del Sudafrica che porterà alle
prime elezioni libere nel 1994. La transizione democratica avviene negli anni 90’ quando sale al
potere De Clerk, il quale dichiara la legalizzazione dei vari movimenti di liberazione nazionale e
libera Mandela che era in carcere; il paese risulta incapace di gestire questa stabilità, sia per
mancanza di supporto esterno che per la mancanza di gestione interna. Dopo la caduta del muro di
Berlino si aprono le tavole rotonde che porteranno alla nascita dello stato sudafricano e si arriverà
alle elezioni in cui verranno eletti Nelson Mandela come presidente, De Clerk come vice e il capo
degli Zulu come ministro secondo la politica del “Power sharing”. Nonostante l’indipendenza sia
arrivata, oggi il Sudafrica deve far fronte a svariate spinte date da resti dei movimenti passati.
Namibia
Il territorio della Namibia è molto inospitale, l’intera costa è un lungo deserto mentre il resto del
territorio è molto arido, l’unica zona è un punto preso dallo Zambia, ottenuto tramite trattati. Le
zone a nord sono quelle dove si è formata la resistenza, mentre la parte sud furono influenzati dai
coloni boeri: abbiamo questa differenza tra la popolazione del nord, principalmente agricola e il sud
meno popolato ma influenzato dalla popolazione afrikaner. Questo territorio circondato da colonie
portoghesi è inglesi, venne acquistato dalla Germania, durante la Conferenza di Berlino. La brutalità
che caratterizzò l’amministrazione tedesca era motivata dalla necessità di stabilire una presenza
tedesca sul territorio (questo nel sud), mentre nel nord vennero attuate delle guerre contro degli
agricoltori che non volevano arrendersi. Questo finì nel 1915 quando tramite il Trattato di
Versailles, venne affidato il territorio all’impero britannico;
L’Unione sudafricana estese la propria amministrazione ai territori del sud ovest andando a
continuare il controllo che già era iniziato durante il dominio tedesco, tutto ciò non fece altro che
creare quel nucleo di resistenza che si sviluppò tra gli anni 50’ e 60’. Nacquero la SWAPPA e
l’OPO e questi avevano in mente un progetto di unificazione nazionale tramite la lotta armata, ma
senza considerare le differenze tribali nello stato. Con la nascita della SWAPO nasce quel sistema
di resistenza contro l’occupazione sudafricana e divenne l’unico sistema di liberazione nazionale
(quelle che nascevano si univano semplicemente alla SWAPO) e si alleò sia con le nazioni
occidentali che con l’URSS (data la sua chiara origine marxista). Già nel 1966 l’ONU decise di
concludere il mandato dell’Africa del Sud-Ovest ma la SWAPO iniziò a preparare le proprie forze
militari già dall’inizio degli anni 60’ e di iniziare una guerra contro l’Africa dell’apartheid.
Negli anni 70’-80’ la conclusione dell’esperienza totalitaria in Portogallo portò all’indipendenza
tutti i territori che componevano il vasto impero coloniale di Lisbona. Il conflitto angolano e il suo
allargamento a livello regionale trasformarono la guerriglia che la SWAPO aveva finora condotto
contro le forme di sicurezza sudafricane in una guerra e più ampio spettro. Venne attuata
un’alleanza con MPLA e costruzione dei famigerati campi SWAPO. Il coinvolgimento della
Namibia nella guerra col Sudafrica portò al dissanguamento delle truppe avversarie e i governi di
Angola, Cuba e Sudafrica firmarono gli accordi di New York, i quali garantivano l’indipendenza
della Namibia e ponevano termine al coinvolgimento di truppe straniere nella guerra civile il 22
dicembre del 1988.

Lezione 25
Tanzania
La Tanzania ottiene la piena indipendenza dall’Inghilterra attraverso un processo guidato da Julius
Nyerere; il nome Tanzania nascerà dopo il 64 in seguito all’unione tra Zanzibar e Tanganika. Il
progetto tanzaniano poneva grande importanza all’industrializzazione, ponendo importanza però al
sistema agrario, il quale era programmato in due modi: una di improvement e una di transformation,
attraverso quest’ultima venivano posti grossi investimenti nelle tecnologie mentre la prima puntava
a modernizzare le tecniche accompagnando gli agricoltori. Questi ultimi erano legati a sistemi di
produzione tradizionali; negli anni 60’ insieme a questi programmi di investimenti, fu fondamentale
una serie di movimenti creati dal basso spontaneamente dalle comunità che andarono a creare varie
strutture, quali scuole, palazzi ecc. Questi progetti erano incentivati dalla scarsità di fonti che erano
presenti, nel senso che data la scarsità di fondi statali erano gli stessi cittadini a iniziare le
costruzioni.
La volontà di questi movimenti si poteva scontrare con la visione macroscopica del paese: il popolo
preferiva un successo immediato mentre lo stato ragionava sul lungo periodo. Ci si muove sempre
più verso un sistema centralizzato: nel 64’ ci fu una rivolta militare e contemporaneamente
Zanzibar, lo stato centrale, chiese aiuto alla Gran Bretagna. C’era il problema dei paesi limitrofi: la
Tanzania vedeva la sua indipendenza legata al filo delle indipendenze degli altri stati. Questo portò
lo Tanzania ad andare in conflitto con Gran Bretagna, che andava contro l’indipendenza della
Rhodesia del Sud e contro la Germania. Questo momento di crisi spinge il governo verso una
direzione diversa, ovvero la Arusha Declaration, dove la Tanzania si prefissava l’obiettivo dello
stato socialista e indipendente ed all’interno di essa veniva data importanza al settore agrario.
Grazie a questo Nyerere utilizzò il suo modello di socialismo, che si staccava sia dal capitalismo
che dal socialismo scientifico. Appellandosi ad una forma unitaria precedente al colonialismo,
Nyerere lavorò ad una forma di socialismo chiamato Ushama, che prevedeva una vasta
villagizzazione del territorio con produzione e forme di vita svolte in comunione. Altro fattore
importante per il progresso tanzaniano è l’arrivo dei servizi, che insieme all’intensificazione della
villagizzazione (il quale imposero lo spostamento dei popoli nei villaggi) sono tra le cause della
nascita di una popolazione rurale (al 75%) che viveva in villaggi ma l’idea di socialismo era
difficilmente ricreabile ed esistevano tre tipi di villaggi: uno era nato all’inizio della declaration, il
più genuino dei tre, il secondo tipo si basava sui fondi offerti dal governo e i terzi sono quelli
costruiti artificialmente da Nyerere.
I risultati che si andarono a raggiungere non furono incoraggianti: la produzione agricola all’interno
degli anni 70’ andò calando, costringendo la Tanzania a importare cibo e materie prime. I contadini
non riuscirono mai ad accettare la coltivazione in comune, in quanto venivano lasciate più in
disparte; quindi, la situazione tanzaniana peggiora, anche a causa della guerra contro l’Uganda e nel
79’ si cercò degli aiuti grazie al FMI ma Nyerere rifiutò le condizioni di esso, da qui si apre la crisi
fino al punto che nell’85’ Nyerere non si ricandidò, lasciando strada libera all’FMI e dicendo addio
al sistema socialista costruito fino ad allora.
Nyerere riuscì a mantenere l’unità nazionale, un alto tasso di istruzione e anche a livello di forniture
di acqua; tali grandi risultati vennero spazzati via dai piani di ricostruzione strutturale.
Costa D’Avorio
È un paese dell’Africa dell’ovest, ex colonia francese; il modello coloniale francese svilupperà il
sistema cosiddetto Afrique Utile. Lo stato è diviso al nord dove è presente una maggioranza
musulmana e il sud per maggioranza cattolica; ci sono delle migrazioni da nord verso sud ma anche
da fuori verso l’interno, a causa della mancanza di manodopera; i migranti sono stati poi
omogeneizzati al nord sulle coste e oggigiorno chiamate e infatti attualmente vediamo gruppi etnici
unitari dovuti all’omogenizzazione fatta durante la colonizzazione.
Dopo la rottura con il partito comunista francese del 1951, si indirizzò verso una politica
collaborazionista con la Francia attraverso il Parti democratique de Cote d’Ivoire, il cui leader
Houphouet-Boigny sarebbe diventato il presidente del paese. Quest’ultimo attuò la politica de Le
Vieux che si dimostra vincente, portando avanti una politica di crescita lenta, attraverso lo sviluppo
delle esportazioni e un processo di inserimenti degli immigrati nel settore agricolo. Il presidente fu
in grado di creare alleanze mediante i leader tradizionali. Anche in questo contesto, però, si avviò il
modello a partito unico, che venne giustificato al fine di controllare e prevenire qualsiasi forma di
divisione su linee religiose ed etniche che avrebbero potuto mettere in crisi il paese. Agli inizi degli
anni 80’ emerge la crisi in rapporto ai prezzi internazionali; inoltre, due punti furono decisivi: lo
sviluppo dei servizi sociali non seguì lo sviluppo economico e aumentarono le diseguaglianze anche
di tipo regionale. Negli anni 90’ si avviò la transizione al multipartitismo e la legalizzazione dei
partiti politici. Boigny vinse le prime elezioni presidenziali e contemporaneamente si sviluppò il
concetto di ivoirité, un’idea di appartenenza etnico-politica volta al garantire la supremazia della
popolazione ivoriana. Nel 99’ Robert Guéi attuò un colpo di stato con il quale Bédié venne deposto
e nel 2000 Gbagbo vinse le elezioni. Nel 2002 ci fu un altro colpo di stato che divise lo stato in due
ma che portò al primo accordo di pace siglato a Parigi.

Lezione 26
Libia
Il caos libico è dovuto da caratteristiche endemiche dello stato, quali le tribù e le tensioni tra queste
ma questa è una delle moltissime ragioni della crisi libica. Alcune delle radici della crisi attuali sono
molto profondi, inizialmente partendo dalla cronologia dello stato, una delle principali
problematiche è l’estrema debolezza dello stato: guardando indietro non vi è dubbio che una prima
importante fase si può individuare nell’ultima fase di dominio ottomano (dalla fine dell’800 fino al
1911) fin quando l’Italia acquisisce il dominio su quella che diventa colonia. Gli ultimi 30 anni del
dominio ottomano vedono una complicata forma di amministrazione: l’impero è colpito da una
serie di riforme, le due province costiere sono vittime di un processo di riforma e costruzione di uno
stato e si è rivisto il pensiero comune di decadenza dell’impero comune ma più che altro è stata una
ristrutturazione per adattarsi alle potenze europee. La Libia è parte della costruzione di questo stato,
attraverso forme che verranno riproposte nel sistema coloniale italiano: l’impero ottomano aveva
l’obiettivo di sfavorire le famiglie della Tripolitania; cosa opposta a quella che cercherà di fare lo
stato coloniale
In quello che è il periodo coloniale italiano c’è un grande sforzo di costruire una statualità
centralizzata ma queste strutture di potere hanno la capacità di sopravvive alle intrusioni esterne: ci
saranno due resistenze principali, una a Tripolitania di tipo panottomano e una panislamica, guidata
da Suleiman Baruni. Quest’ultimo cercherà, sfruttando la debolezza italiana nel dopoguerra, di
instaurare la repubblica di Tripolitania, mentre ad est si schiererà la resistenza di Senussi. Ed è qui
che la storia inizia ad identificare una resistenza libica, anche se i “libici” non esistevano ma erano
una creazione degli italiani. Gheddafi sfrutterà la resistenza per creare un’identità nazionale, a lui
conveniva creare un’ideologia unica, cosa che non fu, dato che ci furono importanti casi di
mediazione col potere coloniale. La guerra libica non fu solo una guerra tra italiani e africani, ma
anche tra africani e africani, dal momento che i libici presenti nell’esercito italiano erano in molti.
La storia nazionale provò a cancellare questa storia dato che gli intermediari non trovano posto in
questa storia. Un punto importante per capire i limiti dello stato coloniale è il ricordarsi che l’Italia
fino agli anni 30’ è occupata nella guerra

Negli anni 30’ il panorama libico (sociale, ambientale) è cambiato profondamente, la statualità
libica ha a che fare con una struttura coloniale dove i posti migliori sono affidati agli italiani; questa
riforma viene varata nel 1934 quando l’assetto e i confini vengono modificate, fino a questa data
esistono le province ottomane ma dopo questo la geografia libica viene rivista. Si traccia una linea
orizzontale che divide il nord (zona utile per la colonizzazione agricola) e tutto l’enorme sud che
viene destinata ai libici. Questa zona viene sottoposta ad una amministrazione militare, mentre la
zona costiera con Tripoli e Bengasi smettono di essere colonie e divento parte del regno d’Italia.
Quello che interessa all’Italia è assimilare le risorse terriere e fino al 34’ continuano ad esistere le
famose 3 province, ma dal 34 in poi cambia la fisionomia e si arriva questa nuova definizione dello
spazio coloniale e già nel febbraio del 43’ la Libia cade sotto l’avanzata delle truppe inglesi e il
periodo coloniale italiano finisce. Quello che ripropongono gli inglesi è la tripartizione ottomana,
l’arrivo degli inglesi significa la ridefinizione di quella che è la statualità libica con precise logiche
di potere. L’Inghilterra vorrebbe, ovviamente inserirle nel proprio sistema imperiale; facendo
questo, si ritrova nella situazione in cui si impone un altro sistema coloniale e si ha un nuovo
sconvolgimento degli equilibri; la Senussi diventa il centro principale di potere e mediazione con
l’Inghilterra e nel 49’ nominano Emiro della Cirenaica Idris El Senussi.
Quello che complica la transizione è che nel caso della Libia, l’Inghilterra ha una parte importante
nel processo di decolonizzazione, ma allo stesso tempo l’Italia non smette di avere un ruolo e qui
c’è una vera e propria competizione politica tra italiani e inglesi, però la stessa dinamica può essere
vista tra Libici, dato che sia inglesi che italiani hanno intermediari che non sono altro che la futura
classe dirigente libica. In Libia di fatto non esiste un movimento nazionale univoco, esistono due
visioni principali che possono essere riassunte in nazionalisti conservatori (guidati da Senussi) e
nazionalisti progressisti, che vogliono un cambiamento nel sistema e nella classe dirigente e che
vogliono l’instaurazione di una Repubblica. Con l’indipendenza non si arriva ad una soluzione e si
arriva invece ad una resa dei conti all’interno dello schieramento libico; nel 52’ ci saranno le prime
elezioni della Libia indipendente e qui si confrontarono due diversi modi di progettazione politica,
da un lato la Senussi e dall’altra parte i nazionalisti di Balshaloui. Le elezioni furono formalmente
democratici e i risultati non si possono discutere: una sorpresa fu che un’enorme sconfitta per i
nazionalisti. Balshaloui ottiene una grande vittoria a Tripoli ma sconfitto nel resto della Libia.
L’assetto della Libia indipendente è già fortemente frammentato e il potere di Idris Senussi non è un
potere nazionale perché la rete di Idris è fortemente cirenaica, cioè concentrata con l’est del paese,
anche se attuerà dei patti con rappresentanti di altre zone ma non riuscirà mai ad unificare il paese,
ovvero costruire una classe politica unitaria. Lo stato monarchico venne poi divisa con la solita
tripartizione, che diventano tre province federate della monarchia libica. L’accesso all’indipendenza
libica consacra la frammentazione dello stato e una forma di potere federale che imita Senussi. Per
compattare il potere verrà proposta una confraternita musulmana, un modello di stato e una forte
identità istituzionale che gestisce ogni aspetto statuale. Il tentativo di Idris fu quello di controllare lo
stato dalla cabina di regia della Senussia: a complicare la situazione è l’Islam della Salussia, è come
se si volesse trasformare questa fede in uno stato vero e proprio; i dirigenti libici arrivano da
un’élite rurale e non è un ambiente cittadino. Il primo elemento che scardinò il potere di Salussi è il
velocissimo processo di urbanizzazione delle campagne che ha il risultato di mettere in vera e
propria crisi il consenso dell’élite politica legata ad Idris, questa crisi prosegue fino al 69’ dove
avviene la rivoluzione di Gheddafi, il quale si vedeva come l’erede di Nasser. L’idea di Gheddafi è
quella di creare uno stato unitario ispirandosi sempre al regime islamico e quella di Iammheria,
ovvero una sorta di democrazia diretta con la riduzione del peso delle istituzioni: esso si vede
nell’istituzione di comitati popolari in cui si riuniscono e discutono di questioni politiche.
Gheddafi non aveva cariche istituzionali ufficiali ma si identificò sempre come il motore della
rivoluzione in Libia.
Quando nel 2011 si attiva una profonda rivoluzione contro Gheddafi e nel giro di un anno inizia un
periodo di transizione (che dura tutt’oggi): nel 2012 si scopre di avere una forte debolezza
istituzionale e non è una cosa accidentale ma ci sono state precise istruzioni e scelte che hanno
portato a relativizzare il ruolo dello stato ed è ovvio che quando scoppia il conflitto nel 2011 lo stato
si frammenta

Lezione 27
Etiopia
L’Etiopia è stato l’unico paese il cui assetto non è stato modificato a causa della colonizzazione e
l’unico esercito africano a sconfiggere un paese europeo (l’Italia). È stato l’unico stato africano
precoloniale sopravvissuto e non colonizzato (solo breve esperienza italiana), simbolo della
diaspora africana nel mondo.
La dinastia Salomonide dominò la scena etiope fino al 1818, in cui Teodoro II prese il potere e si
suicidò in seguito ad una sconfitta in seguito ad una spedizione britannica nel 1868. Dopo la caduta
di Teodoro, il capo dei tigrini diventa Yoannes IV, che però viene sostituito al trono da e da questo
momento in poi inizia un periodo di contesa con l’Italia, dato il Trattato di Uccialli del 1889, che fu
oggetto di incomprensione, dato che il testo veniva interpretato in due lingue e maniere diverse,
trasformando l’Etiopia in un protettorato italiano. Nel 1890 l’Etiopia inizia ad avere rapporti
commerciali anche con altri paesi come quello francese, il che fece scattare la controffensiva
italiana nel 1895 che però rimase sconfitto un anno dopo nella battaglia di Adua.
Nel 1913 Menelik muore e viene sostituito da Lij Iyasu, poi in seguito arriverà Hailé Selassié nel
1930: egli fece entrare l’Etiopia nella Società delle Nazioni e nel 1930 si fa incoronare come
Negusa Negat, re dei re, ovvero imperatore. Nel 1931 viene firmata una nuova costituzione e nel
1934 avviene un incidente armato (incidente di Ual Ual) tra esercito italiano e etiope: secondo gli
etiopi, gli italiani stavano occupando illegalmente la zona dell’Ogaden da circa 10 anni; le truppe
italiane somale attaccano l’Ogaden e questo fu il casus belli che portò l’Italia a ricercare di
conquistare lo stato etiope. Nel 1936 l’Italia riesce ad occupare l’Etiopia e mandare in esilio
Salassié in Inghilterra.
L’occupazione italiana
Il 5 maggio del 1936 l’Italia sconfigge l’Etiopia e Vittorio Emanuele III diventa imperatore di
Etiopia: breve occupazione durata circa 5 anni, nel quale ci furono alcune rivolte, tra cui l’attentato
al Maresciallo Graziani e nel 1938 venne attuato un piano regolatore per lo stato (il piano Addis
Abeba). All’inizio della II guerra mondiale, l’Inghilterra e i rivoltosi etiopi si ribellano e mandano
via gli italiani.
Nel 1936 l’Italia deteneva dei territori nella zona est dell’Africa, compresa Somalia, Eritrea e
Somalia.
Il secondo regno di Selassié è il simbolo politico-religioso del rastafarianesimo, in onore del nome
di battesimo di Selassié, ovvero Tafari unito al suo ruolo Ras. In seguito alla Seconda guerra
mondiale, ci fu un avvicinamento dello stato etiope agli Stati Uniti, con un primo incontro nel 1945
e un primo accordo di collaborazione nel 1953. Tornato in Etiopia, continuò il processo di
modernizzazione, attraverso la demolizione del potere delle aristocrazie locali e la centralizzazione
della gestione dell’esercito, il controllo della Chiesa etiopica, la costruzione di infrastrutture e una
nuova costituzione nel 1955, con la nascita dell’OUA (Organizzazione dell’Unità Africana). Questa
era un’organizzazione internazionale, nata il 25 maggio del 1963 tramite 25 paesi ad Addis Abeba,
che aveva come obiettivo unità e solidarietà, collaborazione, anticolonialismo e cooperazione
internazionale.
Negli anni 60’ inizia la crisi dell’impero di Selassié, inizialmente anche a causa del tentato colpo di
palazzo con l’ascesa tentata di Asfa Wossen, sedata nel sangue. Nel 1962 c’è l’annessione
dell’Eritrea con una conseguente guerra trentennale di indipendenza il che ci porta al 1974 con un
colpo di stato del DERG e la formazione di un governo provvisorio dell’Etiopia socialista (dal 74
all’87). Questo era un governo basato su un’ideologia marxista-leninista e su un sistema
monopartitico e i suoi obiettivi erano l’abolizione del feudalesimo e una riforma agricola radicale.
Dopo la formazione del governo ci furono una serie di rivolte all’interno del DERG, i quali furono
sedati tramite la fondazione del Terrore Rosso (QEY SHIBIR) da parte di Hailé Mariàm, il quale
prelevava avversari politici, membri della chiesa etiope e membri di partiti rivoluzionari attraverso i
cosiddetti squadroni di difesa chiamati anche “Kebeles”: i dati dei morti dicono tra 500mila e un
milione.
La guerra dell’Ogaden fu un conflitto tra Etiopia e Somalia durato due anni 77 e 78’, a causa
dell’invasione somala secondo il progetto di Grande Somalia: si combatté nell’orbita della guerra
fredda dato che il DERG aveva l’appoggio di URSS e Cuba mentre la Somalia gli Stati Uniti 
vittoria Etiopia
Durante gli anni 80’ scoppiò una profonda crisi, causata dalla guerra civile, dal fallimento del
programma del DERG, delle carestie e della guerra d’indipendenze eritrea. Nell’87 nasce quindi la
Repubblica Democratica Popolare d’Etiopia (fino al 91’) che crolla nel 91’ con il crollo dell’Urss.
Le carestie:
Due fasi: 1) 1972-3 fallimento colture nella regione Wollo
2)1973-5 carestia si sposta a sud (Harerghe)
Queste due furono causate principalmente da un lungo periodo di siccità e dalla soppressione da
parte del governo di H.S. delle informazioni sulla carestia che venne ignorata dall’impero e non
considerata importante. Nel 1974 il malcontento e gli scioperi causarono la conseguente
dissoluzione dell’impero tramite colpo di stato. Queste carestie tra il 1982 e 1985 portarono
all’allargamento della carestia verso nord con il collasso della produzione alimentare; la censura e
gli scontri interni causarono oltre la carestia stessa più di 1 milione di vittime.
Guerra d’indipendenza Eritrea  Tra il 1890 e il 1941 è una colonia italiana ma post-guerra fino al
50’ resta occupata dai britannici; attraverso la risoluzione 390 del CdS, l’Eritrea diventa federata
all’Etiopia e nel 1962 Selassié annette l’Eritrea e la dichiara provincia dell’impero. Nel 1970 nasce
FLPE, fronte di liberazione del popolo eritreo che porterà nel 1988 alla conquista di Afabet e il
conseguente blocco degli aiuti dell’Urss al regime di Menghistu, il quale scappa in Zimbabwe e
l’FLPE sigla la tregua e la fine del conflitto. Nel 1993 l’ONU dichiara l’Eritrea indipendente.
La Repubblica Federale democratica d’Etiopia (1991-) è la repubblica attuale e nel 91 nasce con
l’istituzione di un governo di transizione, nel 94’ nasce una nuova costituzione con formazione del
parlamento bicamerale e un nuovo sistema giudiziario.
Nel 1998 inizia una nuova guerra tra Etiopia e Eritrea (dal 1998 al 2000) e si verifica a causa della
mal definizione dei confini dello stato eritreo e la disputa per il possesso della città di Badme (più
ideologica che utile). L’esercito etiope entra nel territorio eritreo con conseguenti bombardamenti e
sanguinose offensive. Nel 2000 l’ONU decide di intervenire e che la città di Badme spetta
all’Eritrea, viene siglato il trattato di Pace di Algeri ma l’esercito etiope rimuoverà le sue truppe
solamente nel 2018.
Kenya
Premesse: la Gb entra in possesso dell’East African Protectorate dal 1920, l’obiettivo è quello di
utilizzare la modalità settlers per modernizzare lo stato kenyano. Il processo di accaparramento
delle terre da parte dei coloni europei non si tradusse però in un’immediata espulsione degli africani
ma al contrario questa separazione parziale degli africani dai loro mezzi di produzione non ebbe
effetti immediati negativi, anzi i coltivatori ebbero un vasto accesso a terre che potevano essere
sfruttate.
Tuttavia, la necessità di manodopera nelle settlers provocò l’incremento del flusso di manodopera
che vennero reclutati tramite l’uso della coercizione attraverso abusi e violenze. I capi tradizionali
furono utilizzati dall’amministrazione centrale per imporre ai sudditi fino a 60 giorni di lavoro
forzato all’anno. Dopo la Seconda guerra mondiale la situazione peggiorò, inizialmente gli squatter
vennero privati dei loro diritti da affittuari ma furono costretti a lavorare nelle terre che
possedevano per almeno 6 mesi per un salario inferiore a quello generalmente pagato. Inoltre, si
consolidò il processo di creazione di colonie per i popoli africani.
Lo scoppio della Grande Depressione negli anni Trenta provocò un contraccolpo sia per i coltivatori
che per i settlers: il divario tra settlers e élite africani aumentò sempre di più, fino a sfociare nel
conflitto armato. Le tecniche agricole imposte andarono a penalizzare i contadini kikuyu e se ne
fecero portavoce il KAU (Kikuyu African Union) con a capo Jomo Kenyatta, il quale riuscì a
bloccare l’attuazione delle iniziative coloniali in certi distretti. Il governo coloniale impose lo stato
di emergenza e arrestò Kenyatta, questo fu il culmine che fece scattare l’inizio delle violenze da
parte dei Mau Mau (kikuyu radicali) contro i capi tradizionali. Questa rivolta fu sedata e nel 1960 fu
ritirato lo stato di emergenza, l’amministrazione britannica impose un sistema di “riabilitazione”
con veri e propri campi di lavoro in cui le condizioni di lavoro erano particolarmente difficili. La
repressione causò anche l’imposizione di un programma di villagizzazione forzata dei popoli
kikuyu che furono costretti ad abbandonare le loro case per vivere recintati sotto la sorveglianza
della polizia locale.
Questo provocò l’acuirsi dello scontro anticoloniale tra impero e Mau Mau, i quali cercavano di
contrastare anche i piani economici inglesi (lo Swynnerton Plan) che cercava di creare una classe di
coltivatori africani da poter sfruttare. Pur sconfitti, i Mau Mau costrinsero gli inglesi a rivedere i
piani favorendo la formazione di un governo rappresentativo. Nel 1960 nasce la KANU (Kenya
African National Union) di Tom Mboya e Oginga Odinga (i quali rifiutarono ogni tipo di
compromesso senza la scarcerazione di Kenyatta) e lo stesso anno venne fondata la KADU (Kenya
African Democratic Union), la quale raggruppava gruppi più marginali dal punto di vista sociale e
politico. Quest’ultimo voleva la creazione di un sistema federale mentre la KANU voleva uno stato
unitario ma comunque, in seguito all’indipendenza del Kenya nel 1963, la KADU decise di fondersi
con il partito di Kenyatta.

Nigeria
Il periodo precoloniale ha favorito il commercio degli schiavi, in seguito la Nigeria diventa
protettorato della GB. Come sappiamo, durante la colonizzazione la Gran Bretagna istituisce un
sistema decentralizzato con due sistemi diversi: un governo africano basato sulle consuetudini e uno
coloniale sul diritto inglese.
Nel 1947 vengino istituite le prime elezioni grazie ad una riforma delle native administrations; nel
1954 la prima costituzione federale e nel 1960 c’è l’indipendenza completa con la divisione della
Nigeria in 3 zone.
Le differenze del territorio tra nord e sud sono molto marcate: nord musulmano (più popoloso) e
sud più forte politicamente ed economicamente più ricco; nel 1966 c’è un colpo di stato causato
dalle difficoltà economiche e dalle differenze regionali, queste differenze risalgono alla distinzione
tra Sokoto ben gestita e sud in pratica abbandonato; nel 1967 c’è la secessione del Biafra in cui gli
Igbo dichiarano l’indipendenza della Biafra ma questa fallirà perché uno dei presupposti della
Nigeria era l’unità nazionale e la sacralità dei confini e lo stato centrale fa di tutto purché questo
non avvenga.
Nel 66’ la Nigeria è uno dei più importanti esportatori di petrolio e il sud è il detentore di esso,
questo crea tensioni ma nel 1970 al termine della guerra la politica di crescita trova molti ostacoli,
data la divisione presente al sud tra le diverse etnie.
Nel 79’ le elezioni vengono vinte da Shagari ma il colpo di stato riporta al governo i militari, la crisi
causò l’accettazione da parte della Nigeria di condizioni esterne. Babangida, salito al potere, attuò
un lavoro di svalutazione della moneta e una riforma totale sul sistema dei partiti: tra i numerosi
partiti ne vengono scelti due, il social democratic party (sx) e il nation republic party (dx).
Nel 1999 viene rinnovata la giustizia ma non ebbe successo dato che il sistema continuò ad essere
disfunzionale.
Mozambico
Il Mozambico indipendente è un ex colonia portoghese che arriva ad essa tramite la lotta armata,
entra nel contesto delle indipendenze rivoluzionarie. Si formano due principali schieramenti,
influenzati da una parte Nato, il quale sostiene i portoghesi insieme al Sudafrica che voleva
mantenere un potere bianco nella regione e Urss, Cina, paesi dell’est e Cuba che sostengono
FRELIMO. È il fronte caldo della guerra fredda.
Il Frelimo è un movimento di tipo nuovo, nasce nel 1972 ed è di tipo cosmopolita legato ai partiti
progressisti africani. Rivendica il diritto all’indipendenza dei popoli e attua una critica
all’arretratezza del colonialismo portoghese. Nasce sotto la protezione del presidente della Tanzania
Nyerere, il quale puntava alla liberazione nazionale dell’intero continente.
Quando il Mozambico sale al potere e il Frelimo va al potere, esso deve rispondere a due crisi: una
è quella economica già iniziata prima e accentuata dalla ritirata dei coloni e la seconda risiede sul
piano sociale, dove abbiamo una difficoltà nelle distribuzioni di risorse e servizi, carenza di
infrastrutture e asimmetria tra fasce urbane e rurali. Queste avranno due conseguenze frutto della
svolta dirigista del Frelimo, ovvero le nazionalizzazioni e la costruzione di unità nazionale.
In questo piano venne istituito l’Aldeias comunais – educazione e sviluppo rurale, un piano in cui i
villaggi comunitari sono la colonna vertebrale dello sviluppo mozambicano. Viene attuata una
politica di riorganizzazione delle campagne con l’aggregazione delle entità rurali disperse; la
trasformazione dei cittadini “etnici” in nazionali e l’identificazione nella nazione e non più tribù.
Questo piano però fallì a causa di vari fattori: non c’era stata una adeguata curanza della specificità
dell’ambiente rurale; ci fu un peggioramento delle condizioni di vita delle masse contadine a causa
della riorganizzazione delle campagne e infine, il processo di integrazione finì per diventare un
processo di sottomissione.
Quindi il Frelimo entrò in crisi, anche a causa del distacco ormai crescente tra politiche di partito e
stato reale. Per recuperare venne attuata una pianificazione decennale su modello sovietico ma il
Mozambico non aveva i mezzi russi e quindi era destinato a fallire; l’operacao producao e infine, la
nazionalizzazione delle terre con la sottrazione delle terre ai contadini. In generale, fu attuato un
piano retorico-ideologico con priorità dello sviluppo dal basso e un piano effettivo sostanziale che
prevedeva una concezione tecnocratica dello sviluppo.
Di conseguenza, un nuovo partito iniziò la sua ascesa, ovvero la Renamo: esso nasce come
resistenza e dalla spinta delle popolazioni contadine, raccoglie nostalgici del colonialismo
portoghese e anticomunisti; nascono le prime dissidenze armate basate su un fondamentalismo
tradizionalista che sfocia in una guerra civile tra Frelimo e Renamo e quest’ultimo sarà appoggiato
dal Sudafrica dell’Apartheid che vuole mantenere il potere bianco.
Si giunge ad un accordo di pace nel 1992 a Roma, formalmente avviene nel 92 ma ci vorranno anni
di guerra feroce in cui entrambi vogliono strappare condizioni vantaggiose.
Preaccordo si notano una serie di eventi importanti per quanto riguarda il punto di vista ideologico
che portano il Mozambico ad abbandonare lentamente il marxismo e avvicinarsi al liberismo, tra cui
il Mozambico e USA scambiano ambasciatori; inoltre, il Mozambico entra in contatto con il FMI e
la Banca Mondiale, grazie al quale viene istituito il Programma di Riabilitazione Economica (PRE).
Ad oggi il Mozambico ha un sistema bipolare nel quale solo Frelimo e Renamo siedono in
parlamento e il primo al momento è il partito egemone. Il paese si sta indirizzando verso la
liberalizzazione economica anche se essa ha provocato profonde disuguaglianze.

Potrebbero piacerti anche