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PROLOGO
Aprile-luglio 1994 -> furono massacrati un milione di esseri umani. Migliaia di persone si trasformarono in
assassini dei loro vicini, familiari e amici solo perché appartenevano ad un gruppo diverso. Inizialmente
questo massacro fu descritto dall’opinione internazionale come massacri etnico-tribali.
Il massacro fu innanzitutto politico: pianificato da politici, militari e intellettuali in quanto avevano paura di
perdere il potere. Applicarono una divisione etnica, svolgendo una propaganda di odio verso i tutsi, che si
concluse con il loro sterminio.
Il genocidio venne svolto con l’uso di strumenti primitivi come il machete, i bastoni e le lance.
E’ la strumentalizzazione dei sentimenti di appartenenza etnica e tribale a condurre al conflitto.
Bisogna tenere conto del ruolo svolto dai media nel diffondere la propaganda di odio.
Libro -> analizza come i mezzi di comunicazione hanno raccontato, costruito, sottovalutato o nascosto il
genocidio.
C.1 IL GENOCIDIO
RWANDA, MASSACRI O GENOCIDIO?
L’Onu fa molta fatica a denunciare un genocidio, soprattutto quando vengono coinvolte potenze come
l’USA, Francia, UK, Russia. Molti stermini di massa, come quello in Rwanda, vengono descritti come “guerre
etniche” o “guerre tribali”.
Il genocidio rwandese rientrerebbe nella categoria generica dei massacri. L’Onu non riconobbe il fatto che
stavano avvenendo dei massacri pianificati, in quanto avrebbe dovuto valutare un intervento.
Il 25 maggio 1994 venne affermato che in Rwanda erano stati commessi “atti di genocidio”. L’Onu pubblicò
un rapporto d’inchiesta in cui venivano denunciati come genocidio i crimini commessi.
Quando il generale canadese decise di chiedere di aumentare le truppe, vista la situazione, l’Onu le ridusse.
Questo atto ebbe un ruolo cruciale nello svolgimento del genocidio.
I massacri vennero riconosciuti ufficialmente come genocidio il 28 giugno 1994.
I massacri in Rwanda possono essere considerati genocidio per la loro sistematicità e la partecipazione
dello Stato nella loro organizzazione.
Ci sono diversi fattori che portarono al genocidio:
1. ruolo dello Stato nell’organizzazione dei massacri;
2. presenza di uno Stato totalitario;
3. crisi del governo.
La propaganda dell’odio caratterizzò il genocidio con la creazione di radio e giornali che normalizzavano i
massacri e diffondevano l’odio contro i “diversi”.
ETNIA: INVENZIONE O REALTA’?
Parole come “primitivo” o “tradizionale” sono considerate politicamente scorrette, invece “etnia” o “tribù”
sono accettate.
Bisogna capire perché un conflitto tra africani viene considerato come etnico-tribale e quello tra
occidentali no.
In epoca coloniale etnia o tribù significavano appartenenza a una comunità o gruppo, oggi hanno assunto
un significato di divisione ed esclusione.
DEFINIZIONE E SVILUPPO DEL TERMINE GENOCIDIO
La “Convenzione sul Genocidio” divenuta legge nel 1951, definisce il “genocidio” come ogni azione
commessa con l’intento di distruggere tutto o in parte un gruppo religioso, razziale, nazionale o etnico.
Il termine genocidio fu inventato nel 1944 a seguito delle atrocità commesse dalla Germania nazista
(Lemkin)
Genocidio= distruzione di una nazione o di un gruppo etnico.
I nazisti non furono condannati come genocidari, ma subirono diverse pene classificate secondo tre
categorie: crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Nel dicembre 1946 l’Assemblea Generale dell’Onu approvò una decisione sul genocidio.
Ci furono dei problemi d interpretazione:
1. non si trovava un accordo su quale gruppo proteggere.
La delegazione sovietica considerava il genocidio come un crimine tipico solo del nazifascismo; questa
posizione fu adottata in quanto aveva paura di essere ammonita per i crimini commessi dal comunismo. In
pratica i diversi Paesi erano preoccupati a salvaguardare i propri interessi.
2. Ci furono problemi ogni volta bisognava considerare delle azioni come atti di genocidio.
3. La difficoltà di stabilire quante persone dovevano morire affinché un massacro venisse definito come
genocidio.
4. Condannare o denunciare un regime come genocidario.
La definizione del termine genocidio subì delle critiche. Per gli antropologi la definizione ha privilegiato
alcune categorie, come etnia, religione e nazionalità, a scapito di altre.
Nessun documento internazionale è in grado oggi di prevenire e reprime il genocidio.
L’epoca coloniale
Quando gli UE arrivarono in Rwanda il potere economico e politico era detenuta dai tutsi.
Gli UE classificarono la popolazione in termini di origine, status e aspetto fisico. Quindi vennero attribuite
connotazioni etniche ai due gruppi.
Fu durante la colonizzazione che la differenza tra hutu e tutsi fu consolidata. I tedeschi e i belgi volevano
governare il Rwanda con i minori costi possibili. Venne instaurato un sistema di governo indiretto, il
monopolio del potere venne concesso alle classi dirigenti locali.
I tutsi avevano creato uno Stato centralizzato e loro rappresentavano gli aristocratici.
I tedeschi sfruttarono questo sistema e si basarono su una “politica delle razze” che classificava le diverse
razze tra superiori e inferiori.
La politique de races (La politica delle razze)
La politica delle razze fu rafforzata dalla diffusione del mito hamitico, secondo cui i tutsi sarebbero di
origine etiopica e avrebbero una superiorità militare tanto da sottomettere gli hutu.
Nel 1920 i belgi cambiarono il sistema tradizionale. I tutsi vennero considerati “razza superiore”, regnante.
Gli hutu furono definitivamente considerati “razza inferiore” da tenere sottomessa come indispensabile
forza lavoro manuale.
I belgi stavano applicando delle convinzioni che erano già radicate nella cultura. I twa erano gli ultimi nella
gerarchia sociale. I belgi si ritenevano superiori a tutti e tre i gruppi.
Nacque una forma di governo indiretto coloniale dispotico.
Nel 1924 il lavoro forzato diventò legale: gli hutu dovevano lavorare gratuitamente per i loro capi. Questo
toglieva agli hutu ogni autonomia.
I tutsi rafforzarono l’idea di superiorità e produssero dei documenti da far arrivare agli UE che se ne
servirono per scrivere la storia del Rwanda. Questa storia presentava i tutsi come il più intelligente fra i tre
gruppi e come la comunità fondatrice del Rwanda. I tutsi assunsero il significato di vincenti, mentre gli hutu
perdenti.
I belgi non riuscendo a distinguere chi appartenesse ai tre gruppi, decisero di registrare tutti i rwandesi
sotto le categorie di hutu, tutsi e twa e ad ogni persona veniva dato un cartellino identificativo dell’identità
a cui apparteneva.
Le carte d’identità portavano la distinzione tra hutu, tutsi e twa. In questo modo la differenza sociale venne
etnicizzata, istituzionalizzata e resa stabile.
La rivoluzione hutu (La Muyaga)
La situazione cambiò sia in Belgio sia nella Chiesa cattolica e nella popolazione hutu. Erano emersi
intellettuali e catechisti hutu appoggiati dai cattolici e da una nuova politica belga.
Venne scritto il Manifesto Bahutu seguendo il modello di tutte le rivoluzioni affermando il dovere di
emancipare la maggioranza oppressa dal dominio “feudale” dei “signori”. Il Manifesto rivendica la
liberazione dal dominio dei tutsi e l’indipendenza dei belgi.
Dalla parte dei tutsi si schierarono due partiti, uno conservatore e pro monarchico (Unar) e l’altro
riformista (Rader). Per l’altro gruppo i partiti erano il Parmehutu e il partito moderato.
I belgi assegnarono agli hutu posti di responsabilità e un’istruzione secondaria. I tutsi temevano di perdere
i propri privilegi.
L’uomo di potere che era riuscito a calmare i due gruppi morì e fu sostituito dal fratello che però non riuscì
a rassicurare le due parti. Questa situazione favorì la creazione di partiti che si mobilitarono per la causa
dei rispettivi gruppi. Si creò un forte odio tanto che molte persone furono uccise. I belgi sostituirono alcuni
amministratoti tutsi con gli hutu.
Nel 1961 venne proclamata la Repubblica -> evento noto come “la rivoluzione hutu”.
Gli hutu, per prendere il potere, furono aiutati dai belgi: molti tutsi vennero uccisi e altri fuggirono.
Ci furono degli attacchi da parte dei tutsi a cui seguirono repressioni e massacri. Questi attacchi vennero
strumentalizzati per creare il mito della rivoluzione, descritta come una battaglia di repressione dei tutsi. La
grande maggioranza aveva il diritto di governare sulla minoranza tutsi.
Quindi la situazione si capovolse, ora i discriminati erano i tutsi.
Inoltre esplose una rivalità interna tra hutu del nord e hutu del sud. In questo clima, nel 1973 il capo
dell0esercito, HABYARIMANA, prese il potere con un colpo di stato, promettendo di restituire ordine e
unità alla nazione.
Habyarimana al potere
Nel 1975 Habyarimana instaurò il monopartitismo indicando il Mrnd come unico partito.
All’inizio del governo era appoggiato dall’esercito, dalla Chiesa a dagli Akasu. Successivamente la situazione
iniziò a peggiorare; le persone più facoltose si arricchivano sempre di più, mentre le persone disagiate
diventavano ancora più povere. Con l’aumento della popolazione diminuirono i terreni coltivabili e negli
anni ’80 il prezzo del caffè nel mercato internazionale si abbassò. Il Rwanda si ritrovò tra i paesi indebitati.
Intellettuali, politici e giornalisti stanchi della recessione economica chiedevano libertà e democrazia.
Il Fpr (Fronte Patriottico Rwandese) attaccò il paese (anni ‘90). Habyarimana approfittò di questa situazione
per riguadagnare la fiducia e chiede di combattere contro il nemico. Per ottenere il consenso degli hutu
dichiarò che i nemici non erano solo le forze del Fpr ma anche tutti i tutsi.
Fu questa propaganda d’odio a portare al massacro del 1994.
LE CAUSE IMMEDIATE
L’abbattimento dell’aereo del presidente Habyarimana nell’aprile del ’94 fu l’evento che ha dato via al
genocidio.
I mass media
I media svolsero un ruolo significativo nello sviluppo del genocidio in Rwanda. I media vennero condannati
con la responsabilità di veicolare e strumentalizzare idee estremiste. 7La corte descrisse le trasmissioni
della Rtlm come trasmissioni che incoraggiarono esplicitamente allo sterminio del gruppo etnico dei tutsi.
Cause economiche
Negli anni ’70 e ’80 il Rwanda era considerato un modello da seguire dagli altri paesi africani. Negli anni ’80
le cose iniziarono a peggiorare: il prezzo del caffè iniziò a calare, la popolazione aumentava mentre i terreni
coltivabili diminuivano -> portò a un peggioramento delle condizioni di vita sociale che colpivano
maggiormente i contadini.
Per mantenere il potere, i gruppi e i partiti estremisti sfruttarono le differenze etniche per creare odio e
divisione, che alla fine avrebbero portato al massacro.
La comunità internazionale
L’Onu inizialmente non capì che si stava per svolgere un genocidio ma una “guerra etnica” o “guerra civile”.
Il generale canadese, vista la situazione, chiese un aumento delle truppe ma l’Onu ridusse la sua potenza,
rendendo i soldati quasi imponenti davanti ai massacri. Tutto questo facilitò lo svolgimento del genocidio.
Il Belgio e la Francia ebbero un ruolo importante in Rwanda. I belgi decisero di ritirare le truppe un mese
dopo l’inizio del conflitto. La Franchia invece fu accusata per le sue azioni in Rwanda; fu accusata per aver
armato e finanziato il governo estremista, di aver partecipato attivamente al conflitto e di aver addestrato
l’esercito rwandese.
L’attacco al Fronte Patriottico Rwandese (Fpr)
Il Fronte Patriottico Rwandese nacque in Uganda nel 1988 ed era formato da rifugiati tutsi che avevano
lasciato il Rwanda. Il loro obiettivo era quello di rientrare nei loro paesi.
L’attacco avvenne mentre l’Uganda stava negoziando con il Rwanda il diritto dei rifugiati di rivendicare la
propria cittadinanza rwandese. L’attacco avvenne nell’ottobre del 1990 e fu fermato da francesi, belgi e
zairesi.
LE CAUSE POLITICHE
Il genocidio fu un genocidio politico.
LA PROPAGANDA
Il genocidio non fu casuale ma programmato. Il governo sfruttò ogni mezzo per imporre la propria
ideologia di odio.
I tutsi chiamati “scarafaggi” erano visti non tanto come nemici ma come stranieri da mandare nelle loro
terre d’origine (altopiano etiopico) e da sterminare. I genocidari sfruttarono il fatto che i rwandesi erano
spaventati dall’attacco del Fpr. I tusti temevano di essere nuovamente attaccati e gli hutu non avevano
dimenticato i massacri (1972).
Habyarimana lanciò la propaganda d’odio. I tutsi erano considerati nemici dello Stato.
Nel marzo del 1992, Radio Rwanda annunciò il pericolo di un probabile attacco dei tutsi per uccidere i
leader hutu; era una notizia falsa che rientrava nella strategia propagandistica.
I propagandisti basavano i loro messaggi sulla storia distorta del Rwanda. I divulgatori del regime
sostenevano che i tutsi erano:
1. stranieri e che avevano rubato la terra ai veri abitanti del Rwanda;
2. che erano degli infiltrati e per questo dovevano essere eliminati.
3. che i tutsi volevano restaurare il regime i oppressione
Venne inculcata la paura che tutti gli hutu sarebbero stati sterminati se si fosse verificato un cambio di
potere.
La situazione precipitò con la morte del presidente Habyarimana. Il governo, formato da hutu, approfittò
dell’incidente per intensificare la campagna d’odio.
I nuovi leader eliminarono fisicamente tutti i rivali politici. Per far sì che il loro messaggio arrivasse anche
nei luoghi più remoti, gli estremisti usarono potenti mezzi di informazione come la radio e i giornali. Dato
che la maggior parte della popolazione era analfabeta, i propagandisti crearono una radio la Rtlm, divenuto
il più efficace strumento di propaganda dell’odio contro i tutsi.
L’ORGANIZZAZIONE DEI MASSACRI
Dopo aver sconfitto ogni forma di opposizione, i genocidari iniziarono ad organizzare i massacri. I soldati,
sia in servizio che in pensione, furono chiamati alle armi.
I prefetti che si rifiutavano di partecipare al genocidio vennero arrestati e trucidati.
Il governo continuò a comprare armi dicendo che erano necessarie per difendersi dal Fpr. I propagandisti
sostenevano che chi voleva la pace doveva affrontare la guerra e uccidere il nemico. I genocidari erano
decisi a uccidere tutti, persino i bambini.
I giornalisti, sapendo che la maggioranza dei rwandesi era cattolica, caricarono i loro messaggi di simboli
cristiani.
La religione era usata anche per dimostrare la crudeltà dei tutsi.
Nel 1994 Habyarimana venne paragonato a Gesù.
I “giornalisti” hanno scelto una forma linguistica con cui il popolo rwandese si identificava.
Dividere la società
Gli animatori della Rtlm riclassificarono la società. Tutto si guardava attraverso l’opposizione “noi-loro”.
Demonizzare il nemico
Un’altra tecnica usata dalla Rtlm era quella di trasformare il vicino in un demonio. Questa strategia si
utilizzava per legittimare il massacro.
Un’altra tecnica per demonizzare il nemico era quella di mostrare la sua presunta ricchezza e il desiderio di
restare la potere.
Falsificare la storia
I giornalisti della Rtlm riscrissero la storia.
Il periodo precedente al 1959 venne letto in una semplicistica chiave etnica. Da un parte c’erano i tutsi
ricchi e dominatori, dall’altra i poveri hutu. Tutto questo per dimostrare l’egoismo dei tutsi. Anche la storia
dopo il 1959 venne manipolata.
I giornalisti delle Rtlm ricostruirono la storia per legittimare l’odio verso i tutsi. Parlano del complotto per
riprendere il potere e instaurare la monarchia. Il tema del complotto viene usato per terrorizzare la
popolazione e convincerla ad aderire ai massacri.
I “giornalisti” della Rtlm invitavano la popolazione a prendere parte ai massacri, così che nessuno venisse
giudicato individualmente. Tutti dovevano partecipare, persino i bambini.
Appelli allo sterminio
Dopo l’attentato al presidente Habyarimana iniziarono gli appelli allo sterminio.
La Rtlm partecipò al massacro in due modi:
1. dava sostegno morale ai combattenti
2. dava supporto logistico, fornendo le lise delle persone da uccidere o il nascondiglio dei fuggiaschi.
“Accusa allo specchio”
L’accusa allo specchio era una forma di propaganda utilizzata dai genocidari e dalla Rtlm. I tutsi erano
ritenuti i veri responsabili delle stragi, mentre gli hutu erano le vittime che si dovevano difendere.
L’incoraggiamento alla devianza
La Rtlm incoraggiava i giovani a saccheggiare, rubare ed estorcere i tutsi e gli hutu che volevano scappare
dai massacri, normalizzando la devianza.
L’uso delle canzoni
La canzone ha una grande importanza nella cultura africana. La Rtlm aveva una forte programmazione
musicale; le canzoni venivano anche usate per diffondere l’odio.
L’uso delle canzoni politiche era sempre stata una caratteristica della radio africane. Negli anni ’90 i
presidenti decisero di dare la licenza solo a determinate stazioni radio che trasmettevano solo notizie che
gratificavano il potere. E’ in questo contesto di mancata libertà di informare ed essere informati che
nacque Rtlm.
Le canzoni erano cariche dell’ideologia dell’hutu power. Anche la musica era usata per raggiungere gli
obiettivi.
La Rtlm avrebbe aumentato il numero delle vittime e a normalizzare i massacri.
MEDIA INTERNAZIONALI E GENOCIDIO RWANDESE
I media internazionali non verificavano nemmeno le fonti.
I media internazionali avrebbero potuto attirare l’attenzione mondiale e spingere i governi e gli organi di
pace, come l’Onu a prendere delle iniziative per fermare quello che stava avvenendo in Rwanda.
Alcuni media nascosero addirittura il genocidio.
I media internazionali offrirono una copertura sbagliata al genocidio, perché il conflitto fu descritto come
un prodotto di odio tribale tra due etnie, ma anche perché la stampa straniera era assente durante i
massacri.
Prima del genocidio ì, la situazione politica del Rwanda era ignorata dai media internazionali, l’interesse
nasceva solo quando in Africa vi erano delle vittime.
La maggior parte delle notizie sul Rwanda non trattavano la questione politica che era alla base del
conflitto. I massacri venivano definiti da alcuni come “guerra civile”. Ma una guerra civile è una guerra tra
abitanti dello stesso paese, se diventa sterminio di massa di un intero gruppo allora è genocidio. Questo è
quello che i media internazionali non capirono. In un certo senso contribuirono al successo del genocidio
legittimando la lettura etnica del conflitto proposta dai media locali.
Non c’erano elementi che potessero aiutare il lettore a capire quello che stava realmente accadendo.
Venne mostrata una storia distorta, piena di pregiudizi coloniali.
AFRICA E CRITERI DI NOTIZIABILITA’ NELLA STAMPA INTERNAZIONALE
I giornalisti organizzano le informazioni in ordine di rilevanza dando un valore ad ogni notizia.
I giornalisti attraverso l loro scelte decidono cosa sia notizia e cosa no.
Africa emarginata
Nel produrre notizie sull’Africa, i mass media occidentali, basano la loro visione su un’Africa “spaventosa,
misteriosa, inospitale, estremamente calda, infestata da animali feroci”. L’Africa nelle notizie viene divisa in
due gruppi:
1. l’Africa barbara, spaventosa
2. Africa come paradiso terrestre
L’Africa fa notizia solo in negativo, sembra che qui non succeda nulla di positivo.
Non viene detto niente sui progressi nel campo dell’istruzione, della salute e della cultura.
Le guerre africane vengono sempre considerate dall’Occidente come conflitti etnici. Questa visione non
aiutò la comprensione del massacro in corso; contribuirono alla disinformazione che nel 1994 avrebbe
portato al massacro di innocenti.
STAMPA BELGA, SENEGALESE, ITALIANA, FRANCESE E INGLESE DURANTE IL GENOCIDIO
I media interni aiutarono il governo nel suo piano d i sterminio, la stampa francese e inglese non riusciva a
mettere da parte i pregiudizi sull’Africa.
La stampa internazionale dimostrò la sua ignoranza sulla situazione socio-politica in due modi:
1. ricorrevano in modo ossessivo al tribalismo
2. il fatto di ripetere quello che dicevano le stampe locali senza verificare la fonte.
La stampa straniera diede prova di grande ignoranza di fronte al massacro.
In UK la Bbc passava immagini che rappresentavano i tutsi come proprietari di bestiame ricchi e d’alta
statura, mentre gli hutu come bassi contadini. Questa separazione legittimava la visione distorta e
funzionale allo sterminio dei tutsi. Offriva una rappresentazione distorta in cui gli hutu erano gli oppressi.
La stampa USA inizialmente si concentrò solo sul ruolo che avrebbero avuto i soldati inviati a riaprire
l’aeroporto di Kigali, per fai ripartire i voli umanitari.
La stampa francese offrì la propria copertura mediatica del genocidio, questo non fu positivo a causa della
semplicità e superficialità con cui fu trattata la situazione.
Ci furono delle redazioni che analizzarono la pianificazione del genocidio e il ruolo della Francia nell’armare
la Far. Un corrispondente denunciò il coinvolgimento della Francia e il fatto che Parigi avesse dato rifugio
ad una pianificatrice del genocidio.
I problemi socio-politici che portarono al massacro non furono analizzati efficacemente.
Nella stampa italiana vi era una lettura semplicistica del conflitto in cui vi erano stereotipi sull’Africa. Le
tematiche più affrontate erano:
1. la fuga degli occidentali
2. il conteggio dei morti e il numero dei massacri
3. il caso dei bambini in orfanotrofio
4. l’esodo dei profughi
Vennero fornite informazioni piene di luoghi comuni. I termini utilizzati per definire gli eventi erano:
“guerra civile”, “guerra tribale”, “conflitto secolare” e “fuga etnica”.
L’obiettivo di questi articoli non era informare, ma attirare l’attenzione con scene di distruzione, cadaveri e
profughi. La lettura del genocidio era caratterizzata dall’afro-pessimismo. Veniva fornite idee sbagliate.
Il Papa fu il primo a evocare la situazione del Rwanda come un vero e proprio genocidio.
La stampa senegalese trattava temi diversi del conflitto: l’intelligenza del presidente senegalese, del suo
spirito di avventura, del salario dei soldati.
La stampa senegalese pubblicava articoli e servizi secondo una visione etnica del conflitto.
Le redazioni africane aveva difficoltà nel mandare inviati nei luoghi del conflitto e quindi riproducevano la
lettura distorta delle stampe internazionali.
Bisogna anche tener presente che i giornalisti africani spesso erano costretti a dire quello che non
pensavano per salvaguardare la propria vita.
Furono questi messaggi distorti d’odio che normalizzarono le idee di sterminio. (continuare scrittura)