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IL CASO ATTANASIO:

la strategia della tensione africana

Storia ‘900
IL CASO ATTANASIO: LA STRATEGIA
DELLA TENSIONE AFRICANA

Le oscure trame africane dietro l’assassinio


dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio in Repubblica
Democratica del Congo

di Nicolò Rinaldi di Federico, fondatore e direttore del blog Storia ‘900


Le tre coordinate per analizzare un fatto storico sono in questo ordine: ambiente, prima,
dopo.
Quando accade un fatto storico bisogna osservarne il luogo, fisico o lato nel senso di ambiente;
dopo averne osservato e accettato il luogo, occorre studiarne la situazione, anch'essa materiale o
immateriale, prima che quel fatto accadesse: analizzarne le prospettive, i protagonisti e i loro atti;
dopo avere accettato anche il prima, bisogna osservare e concentrarsi sul dopo e sul suo snodo
filosofico principale: quale è il mutamento che un dato fatto ha apportato rispetto al “prima”? C'è
stato un tale mutamento? E di che entità e di che tipo: è stato un mutamento violento, o
impercettibile, o veloce, o lento, e, nel concreto, è stato dovuto a un solo fatto o anche a delle
concause? Ha generato un effettivo mutamento rispetto a come l'andamento della storia era prima'?

Si tratta ovviamente di un metodo di deduzione, come molti dei metodi di indagine.


E come molti metodi di indagine, non si basa su una fonte di conferma della teoria, poiché la teoria
stessa che viene esposta è una conferma delle conseguenze che determinati fatti hanno avuto su
quella storia. Si tratta infatti di un'indagine di tipo storico-giornalistico, né processuale (non ne
abbiamo l'autorità), né di altro tipo.
Per questo analizzeremo il Caso Attanasio da un punto di vista indagatore e storico, cioè dal punto
di vista di chi connette tra di loro eventi non direttamente connessi al fine di ricavarne il disegno e
l'intenzione storica di chi ha commesso quei fatti; scoprirne il perché, il chi e il come.

La nostra indagine sul Caso Attanasio parte un anno fa, già nelle primissime ore seguenti alla morte
di Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell'autista Mustapha Milambo il 22 febbraio
2021.
Già il 24 febbraio, due giorni dopo la morte del povero Attanasio (quindi praticamente 24 ore dopo
la diffusione in Italia della tragica notizia) avevamo, grazie a delle nostre fonti proprio in
Repubblica Democratica del Congo, raggiunto il primo tassello di questa lunga indagine: le
dichiarazioni del politico dell'Union pour la Democratie e le Progres Social (UDPS; partito di
governo di aerea liberalsocialista a cui appartiene il Presidente della Repubblica Felix
Tshisekedi) che aveva scritto in un tweet:

“Una settimana fa l'UDPS si è dissociata dai propositi tenuti da Francois Beya in missione ufficiale
in Ruanda. L'assassinio dell'ambasciatore italiano ha giocato un ruolo. L'UDPS teme che gli eruditi
stabiliranno una relazione causa-effetto. Chi può, capisca.”

Queste parole sin da subito avevano confermato i nostri primissimi, immediati sospetti circa una
“mano” nell'omicidio di Attanasio e abbiamo dunque iniziato ad indagare nella storia politica
recente e attuale della Repubblica Democratica del Congo tra mille termini, nomi e logiche
completamente diverse dal pensiero occidentale, conflitti del passato ed altri persistenti sotto altre
forme, sotto altre situazioni e in altre condizioni, trame geopolitiche contrapposte a trame
strettamente tribali e locali. Per raccontare ciò e per dare una forma alla nostra indagine storica e
darle completezza e integrità, occorre partire da un evento storico decisivo e fatale per gli equilibri e
le sorti di quella parte dell'Africa centrale chiamata “regione dei Grandi Laghi”, evento accaduto nel
1994: il Genocidio Ruandese. Vi preghiamo di leggere: anche se può sembrare lontano
dall’argomento della morte di Attanasio, è necessario possedere i rudimenti della situazione
storica etno-politica in Africa Centrale, se si vogliono comprendere le logiche che hanno
portato alla necessità dell’omicidio del nostro ambasciatore.

Vittorio Iacovacci, Luca Attanasio, Mustapha Milambo, vittime dell’attentato il 22 febbraio 2021 a
Rutshuru

I PRIMORDI DELL'ODIO RAZZIALE IN AFRICA


CENTRALE: HUTU POWER
L'intera zona dei Grandi Laghi è da sempre abitata da due antiche etnie rivali sin dai primordi: Hutu
e Tutsi.
Queste due etnie sono nemiche sin dai tempi degli antichi regni africani precoloniali, ma è
storicamente accettato che l'inimicizia già accesa si sia acuita ancor di più durante il periodo
coloniale belga del Ruanda, tra fine Ottocento e inizio Novecento, quando i belgi scelsero come
classe sociale di riferimento i tutsi, concedendo loro favori politici e sociali a scapito dell’ etnia
hutu. Gli hutu sono mediamente più bassi e più scuri, mentre i tutsi leggermente più alti e chiari.
Nel 1959, gli hutu compirono una rivoluzione etnica, chiamata Rivoluzione Sociale Hutu,
ottenendo l'indipendenza dal precedente Mandato Belga di Ruanda-Urundi nel 1961 e presero
il posto dei tutsi, perseguitandoli ed estromettendoli dalla vita pubblica e prendendo una serie
di misure discriminatorie razziali contro di loro, tra i quali figuravano ad esempio la
specificazione dell'etnia di appartenenza sui documenti di identità al fine di subire il discrimine
sociale.
Documento di identità di un ragazzo ruandese, la cui etnia è specificata subito sotto alla foto

Tutsi a sinistra, Hutu a destra, fonte: Ethnopedia

La tensione razziale nella regione dei Grandi Laghi affonda le sue radici in una complessità di
fattori assolutamente non riconducibile unicamente ed esclusivamente all'ingerenza degli
occidentali, cosa che in alcuni casi si rivela null'altro che un cliché.

La rivalità tra queste due etnie è secolare, probabilmente millenaria.


Deriva sin dall'antichità, dal fatto che i tutsi, che erano per la maggior parte allevatori, naturalmente
potessero contare su una sin da sempre maggiore potenza economica rispetto agli hutu, che erano
per la maggior parte agricoltori.
Da queste caratteristiche sociali derivavano anche altre forme di odio razziale, ad esempio quello da
parte hutu che definivano i tutsi come “stranieri” (si diceva che provenissero dall'Abissinia), proprio
a causa del nomadismo a cui erano costretti a causa del loro mestiere tradizionale di allevatori di
bestiame che li spingeva necessariamente a seguirne i pascoli in diverse zone.
Juvenal Habyarimana

La situazione etnica in Ruanda andò sempre più intensificandosi nel corso di diversi eventi storici:
il leader della Rivoluzione Hutu Grigoire Kayibanda, il quale aveva promosso riforme
spiccatamente anti-tutsi, nel 1973 fu spodestato da un colpo di stato di Juvenal Habyarimana il
quale, per limitare il potere dei gruppi tribali ed etnici vicini a Kayibanda e rafforzare il ruolo della
propria tribù nel nord ovest del paese, scelse di ammorbidire la situazione etnica concedendo
riforme favorevoli ai tutsi -ottenendo però una recrudescenza dei movimenti hutu più integralisti
che non tolleravano tali riforme- e contemporaneamente favorendo i tutsi esuli dal '59 che
iniziarono a riorganizzarsi per tornare armati in Ruanda con il Rwandan Patrioctic Front (RPF).

Nel 1990 l'RPF tentò di invadere il Ruanda ma fallì grazie al sostegno francese agli hutu.
Nello stesso anno, sul giornale antitutsi della capitale ruandese Kigali, Kangura, il giornalista
Hassan Ngeze pubblicò i Dieci Comandamenti Hutu, uno scritto altamente discriminatorio che
esponeva le regole morali che un buon hutu doveva tenere contro i tutsi, tra cui: non frequentare
donne tutsi, né sposarle, né farne delle concubine; non intrattenere alcun rapporto lavorativo di
nessun genere con i tutsi, ricordare che i tutsi sono da sempre “imbroglioni e traditori”, “cessare di
avere pietà per loro” ed emarginare i tutsi da tutta la vita pubblica, scolastica, lavorativa ed
accademica.

The Hutu Ten Commandments

1. Every Hutu should know that a Tutsi woman, whoever she is, works for the interest of her Tutsi ethnic group.
As a result, we shall consider a traitor any Hutu who
• marries a Tutsi woman
• employs a Tutsi woman as a concubine
• employs a Tutsi woman as a secretary or takes her under protection.
2. Every Hutu should know that our Hutu daughters are more suitable and conscientious in their role as woman,
wife, and mother of the family. Are they not beautiful, good secretaries and more honest?
3. Hutu women, be vigilant and try to bring your husbands, brothers, and sons back to reason.
4. Every Hutu should know that every Tutsi is dishonest in business. His only aim is the supremacy of his ethnic
group. As a result, any Hutu who does the following is a traitor:
• makes a partnership with Tutsi in business
• invests his money or the government's money in a Tutsi enterprise
• lends or borrows money from a Tutsi
• gives favors to Tutsi in business (obtaining import licenses, bank loans, construction sites, public markets,
etc.).

5. All strategic positions, political, administrative, economic, military and security should be entrusted only to
Hutu.
6. The education sector (school pupils, students, teachers) must be majority Hutu.
7. The Rwandan Armed Forces should be exclusively Hutu. The experience of the October 1990 war has taught us
a lesson. No member of the military shall marry a Tutsi.
8. The Hutu should stop having mercy on the Tutsi.
9. The Hutu, wherever they are, must have unity and solidarity and be concerned with the fate of their Hutu
brothers.
• The Hutu inside and outside Rwanda must constantly look for friends and allies for the Hutu cause,
starting with their Hutu brothers.
• They must constantly counteract Tutsi propaganda.
• The Hutu must be firm and vigilant against their common Tutsi enemy.

10. The Revolution of 1959, the Referendum of 1961 and the Hutu Ideology, must be taught to every Hutu at
every level. Every Hutu must spread this ideology widely. Any Hutu who persecutes his brother Hutu for having
read, spread, and taught this ideology is a traitor.

Georges Ruggiu, l’italo belga fomentatore del Genocidio Ruandese

Come ogni genocidio, nemmeno quello ruandese è nato esclusivamente della spontaneità del
popolo, ma è stato fomentato e sostenuto da un'intera classe sociale e politica che sposava e
diffondeva tali ideologie riguardanti l'estraneità dei tutsi, la loro innata indole ingannatoria e il loro
millenario ruolo di oppressori verso gli hutu: tale ideologia, appoggiate anche da numerosi
intellettuali e conduttori radiofonici come il bianco belga di origini italiane Georges Ruggiu della
radio antitutsi RTML, ha preso il nome di Hutu Power.

LA CRISI DEI GRANDI LAGHI


Questa progressiva escalation culminò con l'abbattimento il 6 aprile 1994 dell'aereo sul quale
viaggiavano il presidente ruandese Juvenal Habyarimana e il presidente burundese Cyprien
Ntaryamira: un abbattimento dovuto ad un missile che tutt'oggi non è chiaro da chi sia stato
lanciato, ma verosimilmente dagli hutu estremisti che intendevano liberarsi di Habyarimana
per iniziare il genocidio progettato da mesi.

L'orrendo e raccapricciante genocidio che ne seguì, caratterizzato dalle più brutali violenze e
atrocità della storia moderna, si consumò in circa 100 giorni, dall'aprile al luglio 1994, 100 giorni in
cui furono trucidate dalle 800.000 al milione di persone, private della vita nei modi più crudeli e
barbari che l'odio umano possa escogitare.

In quegli stessi mesi iniziò ciò che viene definita Crisi dei Grandi Laghi, ovvero l'enorme ed
improvviso movimento migratorio dei tutsi ruandesi verso i paesi limitrofi, in fuga per salvare
la vita dalla barbarie hutu.
Immagini da un campo profugo ruandese in RDC

Almeno 500.000 persone fuggirono entro poche settimane dal Ruanda, affluendo in Uganda e
Burundi e soprattutto in Repubblica Democratica del Congo (RDC), oltre il confine ad ovest.
Data la scarsità delle risorse del paese (la RDC in quegli anni viveva gli ultimi, drammatici anni del
regime catastrofico del dittatore Mobutu), i profughi tutsi finirono tutti ammassati in delle enormi
baraccopoli a ridosso del confine, costituendo una gravissima crisi umanitaria.

Pochi mesi dopo, quando i tutsi ruandesi del'RPF guidato dal futuro e attuale presidente Paul
Kagame riconquistarono il potere scacciando gli hutu, questi ultimi dovettero anch'essi lasciare
il paese di fronte al rischio di rappresaglie etniche di vendetta.
I profughi hutu andarono ad aggiungersi ai tutsi già presenti nell'est della RDC ed aggravarono
ulteriormente la situazione umanitaria.

Ed è proprio a questo punto che ci discostiamo dal raccontare la storia dei Grandi Laghi ed
iniziamo ad avvicinarci alla storia del povero Luca Attanasio, per comprendere la cui morte non
si possono assolutamente prescindere i precedenti excursus storici: essi integrano e completano la
comprensione dei fatti che sono accaduti quasi 30 anni dopo e che hanno previsto l'omicidio del
nostro ambasciatore in RDC mentre percorreva una strada vicino Goma, nell'est del paese, in una
località chiamata Rushturu.

LE ETNIE RUANDESI IN RDC


Per questi motivi, a metà anni '90 le regioni orientali della RDC erano completamente invase
da centinaia di migliaia di profughi sia hutu che tutsi, i quali avevano trasferito il proprio odio
etnico reciproco anche in Congo.

In particolare si registra di come gli aiuti internazionali portati dalle ONG e dalla Croce Rossa e
destinati ai profughi hutu, finissero direttamente alle milizie hutu genocide degli Interhamwe, che li
utilizzavano per rafforzare il loro potere all'interno degli enormi campi profughi che diventavano di
fatto dei territori autonomi sotto il controllo delle milizie; per questo, molte ONG cessarono di
inviare aiuti umanitari ai campi profughi dell'RDC.

A sinistra Paul Kagame, leader delle milizie tutsi del Rwandan Patrioctic Front e attuale presidente
ruandese; a destra Laurent Kabila, presidente congolese succeduto al dittatore Mobutu

Contemporaneamente il Congo viveva un periodo di tragica transizione: a metà anni '90 il Ruanda,
etnicamente e militarmente saldo dopo la cacciata degli hutu, aveva iniziato a finanziare e sostenere
le milizie ribelli del principale oppositore del pluridecennale dittatore congolese Mobutu Sese Koko
(nome di battaglia di Jean Desiré Mobutu), Laurent Kabila che era a sua volta sostenuto anche da
Uganda, Angola e Burundi.
Kabila conquistò il paese nel 1997 e il feroce e disastroso dittatore Mobutu fuggì alla fine della
cosiddetta Prima Guerra del Congo.
L'anno seguente, scoppiò la cosiddetta Guerra Africana o Guerra Mondiale Africana, chiamata così
per la partecipazione di diversi eserciti africani e non solo nel conflitto, che si concluse con
l'assassinio di Laurent Kabila nel gennaio del 2001 (delitto molto controverso di cui si parlerà anche
più avanti) e con l'istituzione di un nuovo governo guidato dal figlio, Joseph Kabila, e sostenuto da
Ruanda e diversi altri attori regionali.
Joseph Kabila

Per questo motivo, il governo quasi ventennale di Joseph Kabila è stato sempre caratterizzato
da una forte influenza ruandese, espressa sia direttamente che tramite i tutsi congolesi
chiamati banyamulenge i quali iniziarono un conflitto pseudo secessionista (volto ad ottenere
ampi poteri) nelle tre regioni orientali a ridosso degli etnoconfini tutsi del Kivu Nord (dove è
stato ucciso Attanasio), Kivu Sud e Ituri.

Lo stesso Kabila, consapevole di trarre la maggior parte del suo potere dalle etnie tutsi
bamyamulenge nelle regioni orientali dell'RDC, sia considerandone il potere militare (esistono una
dozzina di gruppi armati banyamulenge saldamente alleati e coordinati), sia il peso politico derivato
dall'alleanza diplomatica ruandese, ha sempre operato in una stretta sintonia col governo ruandese
capeggiato ora come allora da oltre 20 anni dal capo dell'RPF Paul Kagame.
E a quanto risulta lo stesso Paul Kagame si è occupato di mantenere saldo il suo potere sulle
ricchissime regioni orientali dei Kivu e dell'Ituri, dove si estraggono grandi quantità di oro e
minerali, percentualmente tra le maggiori al mondo.
Risulta infatti, come riportato dalla ONG Voix de Sans-Voix (VSV) e l'Association Africaine
des Droits de l'Homme (ASADHO) che almeno 29 alti ufficiali delle forze armate congolesi
operativi con alti ruoli nelle regioni dei Kivu e in tutte le regioni dell'RDC siano di etnia tutsi
banyamulenge, quindi politicamente ed etnicamente vicinissimi al Ruanda:

1 Général Jean BIVEGETE: Auditeur Général de l’armée (Haut magistrat militaire)


02 Général MASUNZU: Cmd Adjoint 10ème Région militaire/Bukavu
03 Général MALICK KIJEGE: Inspecteur Général de l’Armée (ex. G4-EMG) FARDC/KINSHASA
04 Général OBED RWIBASIRA: Cmd 5ème Région militaire à Kananga/Kasaï-Occidental
05 Général MUSTAPHA MUKIZA: Cmd Base militaire de KITONA (Bas-Congo)
06 Général Charles BISENGIMANA: Inspecteur Général Adjoint De La Police Nationale/Kinshasa
07 Général JEROME GAKWAVU: EMG/FARDC-Kinshasa 08 Général BOSCO NTAGANDA: Ancien
Chef d’Etat Major du CNDP (Maintenant A la CPI, Lahaye, Hollande)
09 Général Laurent NKUNDA: Chef du CNDP devenu M23 ( maintenant au Rwanda)
10 Colonel BONANE: Cmd 4ème Brigade en Ituri
11 Géneral MAKENGA SULTANI: chef du M23 en rebellion au Nord-Kivu
12 Colonel KAMANZI François
13 Colonel MUNYARUGERERO Françoise: Cmd de la Police de l’enfance/Nord-Kivu
14 Colonel MUHINDO François: Cmd de la Brigade Delta à
Kichanga/Masisi
15 Colonel François ZERO BRAVO: EMG-Armée mixée de
NKUNDA, (81ème Brigade FARDC)
16 Colonel MUTEBUTSI Jules En exil au Rwanda après la rébellion de Bukavu, Juin 2004
17 Colonel ROHORIMBERE: Dispo/EMG-FARDC 18 Colonel GISHONDO ELIE: Dispo/EMG-FARDC
19 Colonel PADIRI Jonas: Cmd Brigade EQUO à Kimoka-Sake/Nord-Kivu
20 Colonel BOLINGO MATANE: 10ème Région Militaire/Bukavu
21 Colonel BIRORI Benjamin: Conseiller Militaire/Ruberwa (En Formation En Chine)
22 Colonel BISOGO Venant: Dispo/EMG-FARDC (en rébellion au Sud Kivu : G47)
23 Colonel WILSON: Cmd adjoint de la brigade ALPHA à NYANZALE-MWESO
24 Lt Colonel MUNYAKAZI: EMG-Armée Mixée de NKUNDA (83ème Brigade FARDC)
25 Lt Colonel Claude MUCHO ½: Cmd brigade Charly à Mushaki/Masisi
26 Lt Colonel INNOCENT Ex ½ : G4 AFDL/RCD aujourd’hui G4 E.M-Armée mixée de NKUNDA
27 Lt Colonel KABUNDI ½ : Cmd brigade EQUO à KIKOMA SAKE/Nord-Kivu
28 Lt Colonel BISAMAZA ½: Cmd brigade BRAVO/RUTSHURU au Nord-Kivu
29 Lt Colonel NIYIBIZI: Cmd du Br. de la Brigade EQUO/Nord-Kivu (Source: FARDC)

Il sito congolese Congovox riporta inoltre di come le infiltrazioni tutsi banyamulenge


filoruandesi non si limitino solamente ai settori militari, solamente nelle regioni orientali, ma
fa notare come tali infiltrazioni siano radicate a molti livelli e settori delle Repubblica, dal
parlamento al senato, dalla burocrazia fino alle comunicazioni.
Quello che Congovox scrive in questa lunga lista, integralmente riportata, profila un vero e
proprio “Deep State”, un governo nel governo composto dai tutsi banyamulenge etnicamente,
militarmente e politicamente legati al Ruanda tutsi di Paul Kagame, paese stabilizzato, saldo
militarmente e politicamente (al contrario dell'RDC) che quindi userebbe la sua influenza
rappresentata dalle fette di popolazione congolese banyamulenge per governare da dietro le
quinte determinati scenari politici, nell'est e non solo, con l'assenso del presidente Joseph
Kabila in carica dal 2001 al 2019, anno in cui il partito del presidente Partie du Peuple pour la
Reconstruction et la Democratie (PPRD) fu sconfitto dal partito di cui parlavamo prima, l'UDPS, di
stampo liberal-socialista, rappresentato da Felix Tshisekedi, che dunque divenne presidente della
Repubblica Democratica del Congo.

Felix Tshisekedi, capo di stato dell’RDC dal 2019, succeduto a Joseph Kabila

Abbiamo trattato dei conflitti razziali nei Grandi Laghi dall'antichità fino al 1959, dal 1962 fino al
1994 e degli eventi congolesi del 1997, fino ad arrivare a sintetizzare la situazione interna etno-
politica dell'RDC al 2019: come avrete visto, ci stiamo avvicinando sempre di più alla data fatidica
di quel 22 febbraio 2021, quando Luca Attanasio fu assassinato nella regione del Nord Kivu, vicino
alla città di Goma, in località Rutshuru.
I nostri excursus sono fondamentali per capire le logiche delle trame che si sono profilate prima e
dopo l'assassinio dell'ambasciatore, trame che iniziano proprio con l'elezione di Felix Tshisekedi,
venuta a turbare in qualche modo un sistema di equilibri etnici, politici ed internazionali consolidati
nel corso degli anni.

PERCHE?
Perché questa sintesi della storia etnica dell'est della RDC influisce così tanto sul delitto
Attanasio?
Perché la presenza etnica dei tutsi in RDC influisce così tanto sulle stesse vicende della RDC?
La riposta è semplice eppure molto complessa allo stesso tempo.

L'est della RDC e in particolar modo le regioni dei Kivu sono ricchissime di minerali di vario tipo:
soprattutto coltan, cassiterite, tantalio -metalli molto rari e preziosi, importanti per la realizzazione
di strumenti digitali come console, pc, smartphone, tv e tutti i prodotti simili.
È stato stimato che quasi il 90% dei prodotti digitali attualmente presenti in tutto il mondo
siano stati realizzati con coltan, cassiterite e tantalio congolese. Con grande probabilità anche il
computer col quale è stato scritto questo articolo, anche il cellulare dal quale lo state leggendo.
Inoltre il Kivu ha degli enormi giacimenti di oro.

Miniera in Congo

È inutile specificare quale siano gli interessi per il vicino Ruanda nel mantenere vaste
infiltrazioni etniche tutsi-banyamulenge agli alti livelli istituzionali di quella regione.
Ma probabilmente gli interessi ruandesi non si fermano qui.
Come riportato da molte fonti, esiste un importante contrabbando di minerali dai due Kivu verso il
Ruanda, dove i minerali vengono venduti alle società specializzate e da qui ai mercati
internazionali. Ne parla dettagliatamente, tra le altre, questa ricerca dell'ONG Voix du Congo-IPIS.

https://ipisresearch.be/wp-content/uploads/2018/04/1804-Voix-du-Congo-version-3.pdf
La ricerca Voix du Congo-IPIS si riferisce al contrabbando di minerali nella regione del Sud Kivu
ma è ovviamente considerabile come riferimento per l'intera situazione nell'est della RDC.
Ma dal rapporto emerge una situazione ben più complessa che è tornata e tornerà in diversi
momenti della storia attuale del Congo Belga, uno degli esempi e dei sospetti più tipici che
caratterizzano questa intera storia.
I Nyatura sono uno dei numerosi gruppi di miliziani di etnia hutu attivi nell'est dell'RDC.
Secondo le versioni ufficiali, i militari delle FARDC (Force Armées de la Republique du Congo)
giungerebbero in sorveglianza delle miniere (si riferisce alle miniere di Numbi e Lumbishi) proprio
a causa della presenza nelle vicinanze di tale gruppo armato.

Ma, come scritto nel rapporto, “Per certi autoctoni di Numbi o Lumbishi, le FARDC mandano
avanti i Nyatura al fine di giustificare la loro presenza e trarre profitto da quella miniera.
Alla fine, secondo loro, questa situazione ha lo scopo di creare nell'Altipiano del Numbi
un'insicurezza maggiore anche della presenza dei Nyatura.”

Risulta chiaro e pacifico capire in quali tasche vanno a finire i minerali contrabbandati
dall'RDC nei Kivu, una volta compreso che la maggior parte degli alti ufficiali delle FARDC
sono banyamulenge fedeli al Ruanda. E non risulta difficile farsi un'idea dell'intera scacchiera
che si profila.

Situazione che va complessificandosi sempre più e allo stesso tempo assume una coerenza sempre
più schiacciante, come riportato da questo articolo apparso sull'autorevole sito Jeune Afrique.
https://www.jeuneafrique.com/466042/politique/rdc-trafic-dor-general-tango-four-m23-que-dit-le-
dernier-rapport-du-groupe-dexperts-de-lonu/
Nell'articolo si fa riferimento a dei presunti traffici d'oro all'est che vedrebbero protagonista Gabriel
Amisi, importante generale delle FARDC e alcuni gruppi armati filoruandesi come il FLDR (di
etnia hutu) e traffici di armi con i ribelli di etnia tutsi banyamulenge del gruppo M23, un gruppo
che ritroveremo spesso più avanti.
Infatti va specificata una cosa molto insolita per noi occidentali ma estremamente comune in RDC:
le delazioni sono all'ordine del giorno e molti ribelli e capi di gruppi ribelli erano militari, anche
ufficiali, poi passati al nemico.
È stato stimato che in RDC esistano circa 120 gruppi armati, la maggior parte di questi risiedono
all'est e nelle regioni del Kivu.

La salita al potere di Felix Tshisekedi comportò una serie di mutamenti interni alla RDC e ai
precedenti equilibri sociopolitici, tuttavia molto controversi.
Eletto presentandosi come l’alternativa a Joseph Kabila, l’UDPS di Tshisekedi è stato di fatto e in
diversi momenti dipendente dalle altre fazioni politiche e soprattutto dal PPRD, a causa di una
maggioranza instabile e soprattutto della minoranza numerica a cui è delegato all’Assemblea
Nazionale, il Parlamento congolese.
Paradossalmente, l’UDPS di governo è a larghi tratti dipendente dal supporto e dall’assenso
dell’opposizione.

Per ovviare a questo Tshisekedi, sin dalle prime settimane di suo governo insediatosi nel 2019, ha
portato e sta portando avanti una lunga campagna per attuare alcune riforme fondamentali su due
punti: una riforma che rimodella l’influenza del parlamento sulla carica del Capo di Stato (per
svincolarsi dalla dipendenza e dal giogo che la maggioranza filo-kabilista esercita su di lui) e una
riforma, o meglio una serie di riforme, riguardo l’ambito militare, iniziate con una serie di
sostituzioni e licenziamenti di alti ufficiali fedeli a Kabila (tradizionalmente di etnia banyamulenge,
riguardo cui trattavamo prima), come riportato anche dall’Institute for Security Studies in questo
articolo https://issafrica.org/iss-today/felix-tshisekedi-moves-to-take-charge.
Nonostante Tshisekedi sia riuscito a rimuovere alcuni alti ufficiali e la speaker del parlamento e
presidente della coalizione dell’opposizione Jeanine Mabunda, come riporta il seguente articolo di
Africa Center, restano saldamente nella mani dei kabilisti praticamente tutti i settori chiave del
paese: 42 dei totali 65 membri dei gabinetti, e le deleghe alla finanza, difesa, giustizia e
miniere, e ben 27 giudici della corte suprema.
https://africacenter.org/spotlight/power-shift-in-the-drc-cracks-open-a-door-to-reform/

A tal proposito vale anche la pena di riportare un caso assai interessante avvenuto un anno
prima delll’omicidio di Attanasio: la morte (probabilmente omicidio) del direttore dei servizi
segreti, il generale Delphin Kahimbi, tradizionalmente kabilista e storicamente uno dei nemici
degli Stati Uniti in Congo, USA che lo hanno sempre accusato di aver commesso ripetute e
frequenti violazioni dei diritti umani e che ne hanno sempre chiesto l’incriminazione.
Stati Uniti che, come scrive questo articolo di France TV, “hanno le casse vuote” e cercano
l’alleanza del più grande paese fornitore di minerali del mondo per ristorare la propria economia
molto danneggiata dalla pandemia in corso.
https://www.francetvinfo.fr/monde/afrique/politique-africaine/rdc-un-proche-de-lancien-president-
joseph-kabila-retrouve-mort_3860319.html.

Questo è il “prima”, la situazione interna ed internazionale dell’RDC immediatamente


precedente all’assassinio di Luca Attanasio: un presidente che, lungi dal farne un’apologia
politica, sembra tentare di rimpossessarsi dei poteri effettivi del suo paese fino ad ora detenuti nelle
mani di una sorta di “deep state” kabilista-filotutsi, il quale certamente non intendeva rimanere
fermo a guardare.
L’ASSASSINIO

Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci

Sin dalle primissime ore successive al delitto, uno degli argomenti che suscitava maggiore dibattito
riguardava l’esistenza o meno di un avviso di viaggio da parte del convoglio diplomatico italiano
diretto alle forze armate congolesi.
Dopo iniziali smentite e illazioni da parte congolese, tale avviso di viaggio è poi
inequivocabilmente emerso, testimoniando che le autorità locali erano state debitamente informate
del viaggio e che quindi la responsabilità dell’accaduto non fosse attribuibile alla negligenza del
corpo diplomatico tricolore.

Nonostante i sospetti della stampa nostrana e non solo ricaddero in un primo momento sulle
milizie dell’Allied Democratic Forces, gruppo islamista vicino all’ISIS, noi sin da subito
avevamo gettato lo sguardo in direzione ruandese, affidandoci al seguente articolo in cui il
governatore della regione del Nord Kivu riportava di essere a conoscenza di testimoni che hanno
sentito gli assalitori parlare la lingua kinyarwanda, un dialetto ruandese usato nelle zone di confine
tra i due paesi.

https://www.adnkronos.com/attacco-in-congo-voci-di-riscatto-sparatorie-e-giallo-sulla-
scorta_1sJfKcwl9v6PX2gflGJwVe/amp.html?fbclid=IwAR0d2rG-
DxxzCVNlLpnp62Cqne2gefGZCPX-swhK40QFng2da5-acT7SMow
Il delitto ha generato fondamentalmente una reazione immediata: l’operazione Ruwenzori II,
condotta dalle forze armate congolesi contro le Allied Democratic Forces di etnia ugandese e di
ideologia integralista islamica, come se l’ADF fosse da subito il sospetto principale.
L’operazione Ruwenzori II, avviata a pochi giorni dal delitto, ebbe un’altra caratteristica:
l’immediato sostegno in funzione antiterroristica degli Stati Uniti, manifestato pochi giorni
dopo il delitto dalla vicepresidente Kamala Harris, e in seguito concretizzatosi nell’invio di
una speciale unità antiterrorismo e nell’estate dello stesso anno nell’invio di unità speciali
antiterrorismo provenienti dagli Stati Uniti, come raccolto qui

https://www.whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2021/02/26/readout-of-vice-
president-kamala-harris-call-with-president-felix-tshisekedi-of-the-democratic-republic-of-the-
congo/ e qui https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2021/08/16/rep-democratica-del-congo-
presidente-accetta-laiuto-degli-usa/
Questa è stata una delle conseguenze dell’attentato, ciò che accadde dopo, ma andiamo invece a
vedere qualcuna delle cose che accaddero prima.

GLI INCONTRI BWIRA-RUSIMBI

Claude Rusimbi

Il nostro blog Storia ‘900, come dimostrato e dimostrabile, già nella settimana seguente
all’assassinio del povero Luca Attanasio, grazie ai nostri contatti direttamente sul territorio
congolese, aveva riportato le prove di una serie di incontri assai particolari avvenuti nei mesi
precedenti all’omicidio.

È documentata una serie di incontri dall’agosto al dicembre del 2020 tra il colonnello Claude
Rusimbi del 3411° reggimento di stanza a Goma, capitale della regione del Nord Kivu, nonché
personaggio notoriamente colluso, anche secondo alcune testimonianze autorevolmente
raccolte dall’ONU, con due dei maggiori esponenti del gruppo ribelle banyamulenge M-23,
gruppo nato a seguito di una scissione interna al gruppo ribelle Nduma; Gilbert Bwira e
Desiré Ngabo, rispettivamente leader e portavoce dell’M-23, avvenuto al Tony Golf Hotel di
Goma, come emerso da alcuni documenti fuoriusciti da ambienti vicini all’esercito.
Il colonnello Claude Rusimbi è decisamente uno dei personaggi chiave di questa faccenda.
Stiamo parlando di un colonnello delle FARDC di etnia banyamulenge notoriamente colluso e
già individuato da diverse fonti come un militare infedele segretamente al servizio del Ruanda
dove, lo ricordiamo, l’etnia tutsi (da cui derivano i banyamulenge) è al potere dai tempi della
cacciata degli hutu dopo il Genocidio del ’94, comandata dal potente presidente Paul Kagame.

In una relazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, viene addirittura citato ed
individuato come uno degli ufficiali delle FARDC di Goma che intrattengono rapporti con le
milizie dell’M-23 e che insieme ad esse combattono contro l’NDC-R, il gruppo ribelle ora
rivale dell’M-23 comandato da Gilbert Bwira e storicamente legato al Ruanda.
-non è affatto un caso che uno dei leader e fondatori dell’M-23 sia il colonnello disertore Sultani
Makenga di stanza in Nord Kivu, esattamente il numero 11 nella lista degli infiltrati banyamulenge
di Congovox precedentemente riportata-
https://www.undocs.org/fr/S/2020/1283
In questo articolo del giornale ruandese Bwiza
https://translate.google.com/translate?hl=it&sl=rw&tl=it&u=http%3A%2F%2Fwww.bwiza.com%2
F%3FUN-yashyize-hanze-amazina-y-abasirikare-bakuru-ba-RDC-ishinja-gufasha&prev=search,
si riporta inoltre che, non solo Rusimbi, ma due dei suoi diretti superiori, ovvero il generale
Innocent Gahizi e il colonnello Charles Sebutama (o Sematama), sarebbero stato identificati come
militari infedeli legati al gruppo ribelle banyamulenge M-23 comandato da Gilbert Bwira, suoi
fiancheggiatori e alleati contro il gruppo rivale Nduma Defense Congo Renové (NDC-R).

Innocent Gahizi e Charles Sebutama (riportato in RDC come Sematama), il primo


comandante del 34° distretto militare di Goma, il secondo colonnello del 3411° reggimento di
Goma, stesso reggimento in cui militava il colonnello Claude Rusimbi, tutti e tre associati al
gruppo ribelle banyamulenge M-23 capeggiato da Gilbert Bwira, col quale Rusimbi si è
incontrato al Tony Golf Hotel di Goma.

Innocent Gahizi
Innocent Gahizi è uno dei massimi emblemi del potere tutsi kagamista sulla Repubblica
Democratica del Congo: ruandese tutsi di nascita, proveniente da una famiglia di militari e politici
tutsisti costretti a fuggire dal Ruanda negli anni ’50/’60 della Rivoluzione Hutu, dopo la cacciata
hutu e l’ascesa tutsi diventa uno dei più alti quadri delle forze miltiari tutsi guidate da Paul Kagame.

Quando il Ruanda tutsi di Kagame sostiene le milizie del presidente Laurent Kabila (padre dell’ex
presidente Joseph Kabila) per ottenere il rovesciamento (poi riuscito) di Mobutu, Gahizi diventa
inoltre uno dei fondamentali alleati militari di Kabila e, dopo la salita al potere di quest’ultimo, ne
diventa uno dei più fidati generali nonché uno dei principali contatti col Ruanda che ha sempre
funto come protettore della famiglia Kabila.

O meglio, ha protetto la famiglia Kabila finché questa ha fatto gli interessi del Ruanda.
Come ipotizzato infatti dal giornale ruandese Rugali, che ripercorre dettagliatamente la biografia
del generale Gahizi, lo stesso generale Gahizi sarebbe anche il selezionatore dei corpi speciali a
guardia personale del presidente, selezionandoli tra appartenenti alla sua tribù di origine tutsi
degli Inkontanyi, in modo da “detenere il comando sulla sicurezza personale del presidente
congolese.”
Quando, secondo il giornale Rugali, Laurent Kabila cessò di fare gli interessi di Kigali (la capitale
ruandese), gli Inkontayi avrebbero provveduto ad assassinarlo nel gennaio del 2001 nonché, nello
stesso articolo, si fa riferimento agli strettissimi legami di interesse politico e militare tra Innocent
Gahizi e il gruppo ribelle banyamulenge M-23.

https://translate.google.com/translate?hl=it&sl=rw&tl=it&u=https%3A%2F%2Frugali.com%2Frdc-
general-innocent-gahizi-urimo-kwica-impunzi-zabanyarwanda-muri-congo-ni-muntu-
ki%2F&prev=search
Per quanto riguarda Charles Sematama, sottoposto di Innocent Gahizi e superiore di Claude
Rusimbi, di lui si sa che ha disertato dalle forze armate congolesi il 28 febbraio 2021, appena 6
giorni dopo l’uccisione di Luca Attanasio vicino Goma dove erano avvenuti gli incontri al Tony
Golf Hotel tra il suo sottoposto Rusimbi e i capi della milizia M-23 Bwira e Ngabo.

Charles Sematama si è rifugiato con molti suoi uomini nelle zone di confine tra RDC, Burundi e
Ruanda, accolto e ospitato da un altro ufficiale disertore, Michel Rukundo alias “Makanika”

https://actualite.cd/2021/02/28/rdc-le-colonel-charles-sematama-commandant-dun-regiment-masisi-
deserte https://actualite.cd/index.php/2021/03/03/rdc-le-colonel-deserteur-charles-sematama-
accueilli-dans-les-hauts-plateaux-par-les
Eppure queste cose (l’incontro Rusimbi-Bwira, le vicende di Gahizi, la diserzione di
Sematama, i rapporti tra FARDC e ribelli soprattutto M-23), non sono le uniche coincidenze
avvenute immediatamente prima e dopo l’omicidio del nostro ambasciatore. A questi indizi che
conducono a ipotizzare una qualche forma di responsabilità o partecipazione militare di uomini
dell’M-23 su coordinamento di elementi infedeli del 3411° reggimento del Nord Kivu, si
aggiungono altri indizi, di natura ben più politica.

IL BILATERALE BEYA-KAZURA

Sopra Francois Beya, capo del


gabinetto di sicurezza congolese, sotto Jean Bosco Kazura, capo di stato maggiore ruandese

Il 13 febbraio 2021, nella capitale ruandese Kigali, si sono incontrati in veste ufficiale il capo del
gabinetto della sicurezza della RDC, Francois Beya, e il capo di stato maggiore delle forze armate
ruandesi, il generale Jean Bosco Kazura.

Il motivo di questo incontro era la possibilità, voluta e insistita dal Ruanda, di rafforzare i
confini tra i due paesi e di ottenere il potere da parte ruandese di sconfinare oltre il territorio
congolese per compiere azioni militari contro i ribelli di etnia hutu nascosti entro l’instabile
confine congolese.
https://www.politico.cd/encontinu/2021/02/23/jean-marc-kabund-accuse-francois-beya-de-tenir-au-
rwanda-des-propos-qui-expose-la-rdc.html/77703/
Il capo del gabinetto per la sicurezza Francois Beya si disse entusiasta delle richieste del Ruanda,
che ufficiosamente prevedevano la concessione di maggiore autorità alle forze armate ruandesi nel
controllo delle zone di confine con la RDC, compreso il compiere operazioni sul suolo congolese.

L'accordo, nonostante l'ottimismo dei due emissari che hanno parlato di "sfida all'occidente per
dimostrare al mondo la capacità di RD Congo e Ruanda di superare da soli i conflitti, è stato,
testualmente, "rigettato con forza" da Tshisekedi e dall'UDPS, partito socialdemocratico attualmente
al governo congolese.

Jean Marc Kabund, presidente dell'UDPS, ha annunciato:


"L’UDPS considère les propos de (conseiller spécial, ndlr) BEYA au Rwanda de grave et les rejette
avec force. Ces propos qui exposent le pays ne reflètent pas la vision du Chef de l’Etat qui prône le
multilatéralisme comme mode de règlement des conflits mondiaux et demande à ce dernier de
s’assumer”.

Riassumendo: bocciati con forza i risultati del bilaterale che chiedeva posizioni favorevoli per il
Ruanda quasi in “sfida” all’occidente, in cambio di una visione "multilaterale" per la risoluzione dei
conflitti.

Altra coincidenza interessante, la dura condanna delle richieste ruandesi espresse il 13 febbraio è
avvenuta solo 10 giorni dopo, il 23 febbraio, proprio il giorno dopo l’assassinio di Luca Attanasio,
come se il delitto fosse stato un messaggio all’UDPS e pronta fosse arrivata la risposta dello stesso
partito nel ribadire il “no” da parte dell’UDPS di Tshisekedi al Ruanda tutsi di Paul Kagame.
REAZIONI E CONSEGUENZE

Felix Tshisekedi

La morte di Luca Attanasio cavalcò le pagine dei giornali di tutto il mondo, suscitò un fortissimo
clamore internazionale e, soprattutto, mise in enorme difficoltà il governo di Felix Tshisekedi.
La Repubblica Democratica del Congo, paese pressoché sconosciuto dall’opinione pubblica, finì
sulle prime pagine di tutti i giornali occidentali e tutti ebbero davanti agli occhi le dettagliate
descrizioni delle sue guerre irrisolte, dei suoi feroci conflitti etnici insanati e della violenza
paramilitare e terroristica dilagante. A subire più di tutti in senso politico fu, senza alcun dubbio,
Felix Tshisekedi che fu immediatamente dipinto dai giornalisti e dagli analisti non solo occidentali
ma anche africani, come incapace di garantire l’ordine, il capo di stato di un paese fallito, alla guida
di un governo inefficiente. La ripercussione sulla considerazione diplomatica internazionale fu
pesantissima.

Appena il 15 marzo, 21 giorni dopo la morte di Luca Attanasio, ebbe luogo un incontro nella
capitale congolese Kinshasa ancora tra il capo del gabinetto della sicurezza congolese Francois
Beya e il potente capo di stato maggiore della difesa Jean Bosco Kazura, ancora una volta sulla
questione sulla sicurezza al confine, con il Ruanda a pretendere di poter sconfinare in RDC per
compiere operazioni militari, non diversamente da quanto richiesto nel bilaterale del 12 febbraio.
Dunque, di sfruttare il pretesto delle operazioni militari per di fatto contrabbandare minerali e
allo stesso tempo compiere lo scopo ufficiale cioè schiacciare i ribelli hutu nemici dei tutsi ruandesi
e dei congolesi banyamulenge. Ma stavolta il bilaterale si concluse con un accordo di
cooperazione militare tra FARDC e ruandesi al confine. La morte di Attanasio ha concesso
questo effetto.
Inoltre, il mese di marzo sono inoltre stati estremamente turbolenti in Nord Kivu, nelle città di
Goma e di Beni, con importanti gruppi di protesta che a vario titolo seminarono il disordine e
la sobillazione in tutta la zona, come i gruppi di pressione LUCHA e il gruppo Veranda
Matsunga, i quali entrambi protestarono contro il governo di Tshisekedi, causando scontri e
innescando morti e repressioni.

Contemporaneamente, il Nord Kivu fu teatro di una visibile recrudescenza di tutta la situazione


paramilitare locale, nelle stesse ore e nei giorni successivi alla morte di Attanasio, aumentarono in
modo molto sensibile gli attacchi e gli attentati di paramilitari, i rapimenti (fenomeno diffusissimo
in RDC) e le incursioni. I motori di ricerca sono pieni di fonti a conferma di questo notevole
incremento di azioni violente.

Basti osservare i dati raccolti da Protection Cluster riguardo il mese di marzo, dove emerge che le
azioni violente in generale perpetrate dai miliziani, dalle razzie ai stupri, dai rapimenti agli
attentati, sono raddoppiate rispetto al mese precedente: 2245 azioni violente organizzate
contro le 1243 del mese precedente.

https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/profil_zone_nord_kivu_mars_2021_vf_28_04
_2021_v2.pdf
La primavera del 2021 in Nord Kivu, tra proteste e feroci recrudescenze di gruppi armati, si è
caratterizzata anche per l’omicidio di una serie di figure di spicco dal punto di vista sociale-politico
che vanno ad aggiungersi al delitto di Attanasio.

Cheikh Moussa Jamali


Cheikh Alì Amin

È il caso di Cheikh Moussa Jamali e Cheikh Ali Amin, entrambi alti esponenti della comunità
islamica congolese (COMICO) e tra i principali capi della comunità islamica del Nord Kivu,
entrambi assassinati da non specificati gruppi armati a pochi giorni di distanza agli inizi di
maggio, il 1 e il 6 del mese, suscitando proteste e scontri con protagonista la società
musulmana e ulteriori destabilizzazioni della regione.

Destabilizzazione: questo si sta profilando essere il filo rosso insinuato lungo tutto questa vicenda.
Destabilizzazione del Nord Kivu e del presidente Tshisekedi.
La generale situazione di instabilità e insicurezza procedette più o meno sugli stessi livelli per tutta
la primavera fino al 6 maggio, giorno stesso dell’omicidio di Cheikh Moussa Jamali, quando Felix
Tshisekedi proclamò lo stato di assedio in tutto il Nord Kivu e nella regione confinante
dell’Ituri.
Misura riconosciuta e giudicata dalla stampa nazionale e internazionale come fallimentare.
https://www.dw.com/fr/rdc-ituri-nord-kivu-violences-etat-de-siege-bilan-deux-mois/a-58181250

Il Nord Kivu è stato non minormente interessato, dal 22 al 25 maggio, dalla violenta eruzione del
vulcano Nyragongo con relativo terremoto che ha causato numerose vittime, moltissimi profughi e
un ulteriore fattore di destabilizzazione di tutta l’area.

LA SVOLTA
Paul Kagame e Felix Tshisekedi al bilaterale di Rubavu-Gysenyi

La situazione di generale instabilità proseguì fino all’estate 2021, quando avvenne quello che
secondo la nostra ricostruzione è senza dubbio il punto di svolta di tutta questa vicenda: un terzo
bilaterale tra RDC e Ruanda, stavolta non tra Beya e Kazura ma tra i due capi di stato
Tshisekedi e Kagame.

https://www.focusonafrica.info/rdc-rwanda-accordi-commerciali-e-politici-per-una-nuova-
convivenza-nella-regione-dei-grandi-laghi/

I due capi di stato si sono incontrati nelle città ruandesi vicine al confine congolese di Rubavu e
Gisenyi, al termine del quale si stabilirono nuovi accordi tra i due paesi.
Tra i nuovi accordi: cooperazione nel settore dell’estrazione di oro (si ottengono finalmente gli
obiettivi minerari da sempre inseguiti dal Ruanda, prima in modo contrabbandistico e illegale
come esaminato dai rapporti sopra citati), e l’inserimento della RDC, tramite
l’”accompagnamento” del leader regionale ruandese, nella Comunità dell’Africa Orientale,
l’ambita, ricca e ambiziosa (in termini sia regionali che di interessi geopolitici planetari) società di
stati africani orientali in cui figurano Ruanda, Kenya, Tanzania, Uganda, Burundi e Sudan del Sud.

Negli accordi si affrontò anche la questione assolutamente rilevante e scottante nelle relazioni tra i
due paesi: l’importantissimo Rapporto Mapping, ovvero il rapporto stilato da organi internazionali e
dall’ONU che riguarda che violenze e i crimini di guerra commessi dai soldati ruandesi in RDC nel
periodo tra il 1994 e il 2004, ai tempi della Guerra del Kivu. Voci autorevoli, come quella del dottor
Denis Mukwege, medico di guerra premio Nobel per la pace, hanno riportato dettagliatamente la
condizione di violenza e stupro di donne portata avanti dai ruandesi durante il periodo di
occupazione dell’Est della RDC. Ma naturalmente il Ruanda di Kagame ha sempre negato tali
accuse e tentato di screditare le fonti autrici del Rapporto Mapping, causando alte tensioni e
condizioni di gelo diplomatico tra i due paesi, anche e soprattutto nei mesi e nelle settimane
precedenti al bilaterale ruandese.

Nel bilaterale di Rubavu-Gisenyi, storico e fondamentale nella storia delle relazioni tra i due
paesi, Paul Kagame ha addirittura fatto delle parziali ammissioni dei crimini commessi dai
soldati ruandesi, segnando un momento epocale di avvicinamento tra due paesi dal rapporto
storicamente difficile. Un vero e proprio “quid pro quo”, “qualcosa per qualcosa”: il
riconoscimento puramente verbale e diplomatico dei crimini riportati nel Rapporto Mapping da
parte ruandese, l’ammissione su accompagnamento del Ruanda della RDC nel percorso di
ammissione nella Comunità dell’Africa Orientale, l’ottenimento per il Ruanda della
compartecipazione alle estrazioni di oro congolese.

Ad agosto dello stesso anno è stato preso accordo anche tra RDC e Kenya: il Kenya potrà dislocare
militare nelle zone orientali della RDC per aiutare le FARDC a reprimere le milizie: i medesimi
interessi territoriali sono dunque stati richiesti e concessi anche al Kenya come pegno per l’entrata
della RDC nella CAO .
https://www.notimerica.com/politica/noticia-rdcongo-presidente-rdc-anuncia-kenia-desplegara-
tropas-pais-combatir-terrorismo-20210422134123.html

Già nelle ore successive al bilaterale ruandese, si assistette a un incredibile sequenza di eventi ad
alta intensità, che suscitano non pochi sospetti: giorno dopo giorno, ogni giorno di più, nel periodo
immediatamente seguente al bilaterale ruandese è iniziata una netta concatenazione di
eliminazioni, sconfitte e rese spontanee da parte di diversi gruppi ribelli, sgominati e
neutralizzati da una serie di frequenti azioni militari vincenti.

https://www.lalibre.be/international/afrique/2021/06/22/etat-de-siege-dans-lest-de-la-rdc-reddition-
dune-centaine-de-miliciens-JJZDBFZOM5AVPJNN7MYTKHVY6I/

https://twitter.com/kivusecurity/status/1276145148380971008
https://www.politico.cd/la-rdc-a-la-une/2021/07/27/nord-kivu-apres-18-ans-de-rebellion-plus-de-
90-combattants-apcls-se-rendent-aux-fardc-a-masisi.html/89261/

https://www.politico.cd/encontinu/2021/07/11/nord-kivu-13-miliciens-dont-7-captures-et-80-armes-
de-guerre-presentes-au-gouverneur-militaire.html/88426/

Di articoli simili se ne trovano assai sulla rete, e come si può leggere, riguardano non già delle
vittorie delle FARDC su tutte le milizie, bensì i successi militari congolesi riguardano quasi
esclusivamente il Fronte Democratico per la Liberazione del Ruanda, l’FDLR hutu eterno ed
irriducibile nemico del Ruanda tutsi di Paul Kagame.

Gli accordi militari e politico-economici a cui i due paesi sono giunti a seguito della catena di
violenza innescata dall’omicidio di Luca Attanasio, accordi che si sono manifestati nel diritto
ruandese di sconfinare i territorio congolese e nell’avere ottenuto privilegi sull’estrazione di
oro, hanno portato a una netta cooperazione militare tra i due paesi che si è espressa principalmente
nella repressione dell’FDLR, arcinemico dei tutsi ruandesi di Kagame e dei Banyamulenge
congolesi che formano il “deep state” della RDC.

Ma la domanda, a questo punto inevitabile, è: è possibile che, per citare ancor auna volta il
politico dell’UDPS Seth Kikuni, il delitto di Attanasio abbia “giocato un ruolo”, ovvero sia
dunque stato appositamente calcolato da ambienti banyamulenge congolesi (Gahizi,
Sematama, Rusimbi, Bwira) su ordine del Ruanda al fine di generare una progressiva
destabilizzazione (aumento delle azioni violente, omicidio di esponenti musulmani), con la
partecipazione delle FARDC che si celano dietro e spesso cooperano con gruppi ribelli
filotutsi, dell’intera zona del Nord Kivu al fine di mettere sotto pressione il governo di Tshisekedi e
costringerlo a una serie di condizioni favorevoli per riportare la pacificazione della regione,
ottenendo infine sia favori nell’estrazione di oro, sia di reprimere i nemici hutu dell’FDLR?

Certo, ancor più sospetta tra tutte le coincidenze di questa vicenda, c’è che nel periodo seguente al
bilaterale di Rubavu-Gisenyi, è avvenuta una cosa completamente insolita che parrebbe avvalorare
la tesi di un “gioco di pressione” etnico tra Ruanda e RDC.

La comunità dei tutsi congolesi del Sud Kivu, sia di origine ruandese che banyamulenge locali,
storicamente e tradizionalmente fedeli a Joseph Kabila ed etnicamente da sempre manovrati dal
Ruanda kagamista, il 28 luglio, cioè a poco più di un mese di distanza dal bilaterale ruandese, ha
aderito al partito UDPS di Tshisekedi e ha dichiarato che lo sosterrà alle prossime elezioni del 2023;
di fatto andando contro alla tradizione dei tutsi-banyamulenge congolese storici nemici di
Tshisekedi e rappresentando un importantissimo punto di svolta inedito per la storia politica interna
del paese.

https://www.facebook.com/1781790022074232/posts/2851802028406354/
Da questi ultimi passaggi della vicenda, cioè dal bilaterale di Rubavu-Gisenyi fino al mese
successivo, si può immaginare che sia esistito un piano ruandese probabilmente in atto sin
dall’inizio: ovvero “destabilizzare per ristabilizzare”.

Generare, alla fine di un lungo periodo di rivalità e inimicizia tra Ruanda e RDC (o meglio tra
Ruanda e UDPS), una situazione di crescente instabilità e violenza opportunamente fomentata o
quanto meno non-contrastata dagli alti quadri militari filotutsi congolesi, comprendente l’omicidio
mirato di personalità politico-sociali interne ed estere (Attanasio, Amin, Djamali) e il sostegno
dato dai ruandesi ai gruppi ribelli filotutsi congolesi (incontro Rusimbi-Bwira), al fine di
mettere in difficoltà il governo di Tshisekedi sia all’esterno -mediaticamente e diplomaticamente-,
sia all’interno -con crescenti contrasti religiosi, etnici e politici- e costringerlo ad accettare delle
condizioni che in precedenza, seppur più volte richieste, non erano mai state accettate: il diritto
concesso ai militari ruandesi di sconfinare in RDC per operazioni militari (nei fatti per
reprimere gli hutu FDLR) e la compartecipazione all’estrazione e al commercio di oro, che i
militari ruandesi o gli alleati gruppi paramilitari filotutsi congolesi contrabbandavano già da prima,
come emerso nei rapporti prima citati.

Solamente l’ottenimento da parte ruandese di queste due pretese ha fermato (parzialmente, cioè
quasi solo riguardo i gruppi nemici del Ruanda come l’FDLR; nonostante ci siano state anche
importanti azioni contro gli islamici dell’ADF), in maniera visibile e sensibilmente notevole, la
degenerazione della violenza interna all’est della RDC, con relativi successi militari e addirittura
sostegno politico della comunità banyamulenge filo tutsi del Sud Kivu.
Emmanuel Macron in visita in Ruanda incontra Paul Kagame

La situazione di instabilità etno-politica sia interna alla RDC che al confine ruandese-burundese va
ad inserirsi all’interno di una crisi geopolitica molto più estesa e che si va rifacendo a due delle
maggiori superpotenze, spesso molto ostili tra di loro: Francia e Stati Uniti.
La Francia, tradizionale attore protagonista nelle vicende politiche ed economiche dell’Africa
centrale, e gli Stati Uniti, che hanno ben sfruttato la crisi politica della RDC che ha aperto loro le
proprie risorse e le proprie basi militari, ben accolti dal nuovo presidente Felix Tshisekedi, nelle
vicende che abbiamo precedentemente trattato.
Dal canto suo, la Francia ha inteso di parteggiare nello scontro diplomatico e politico che per un
tratto di tempo ha visti contrapposti RDC (freschi dell’appoggio statunitense) e Ruanda, invece
vecchio partner militare degli Stati Uniti ai tempi della Crisi dei Grandi Laghi.

Nel marzo 2021, con un gesto di importanza epocale, Emmanuel Macron è stato in visita nella
capitale ruandese Kigali dove ha rilasciato delle dichiarazioni storicamente e
diplomaticamente sensazionali, ammettendo che “La Francia ha avuto un ruolo nel Genocidio
Ruandese”, “la Francia non è stata complice, ma è stata responsabile di non aver previsto il
massacro”

https://www.dw.com/en/rwanda-macron-admits-french-responsibility-in-genocide/a-57680013

Dichiarazioni che, per chi conosce le dinamiche del genocidio, suonano assai banali e forse
addirittura discolpanti in confronto alla realtà dei fatti, ma la portata diplomatica e politica di queste
parole è enorme: uno dei pochissimi casi in cui una superpotenza ammette le proprie responsabilità
in un’atrocità della storia attuale recente. Dichiarazioni ben accolte dal presidente Paul Kagame.
Un modo diplomatico e politico per rinsaldare e avvicinare due paesi che entrambi sono
entrati in una disputa geopolitica: da una parte l’RDC di Tshisekedi che può da poco contare
sull’appoggio americano, dall’altra Ruanda e Francia, che sono in via di coalizzazione per affermare
ciascuna la propria presenza nella regione, specialmente dopo i cambiamenti interni dovuto
all’elezione del nuovo presidente congolese: una Francia che in sostanza vuole rimarcare la sua
presenza nella zona per contrastare le recenti intromissioni americane.

Al giorno 24 gennaio 2022, sono giunte altre due notizie da interpretare e da porre in appendice a
questo dossier prima della pubblicazione:

-1) Il 18 gennaio 2022 il giornalista corrispondente di France 24 Justin Kabumba ha riportato la


notizia dell’arresto dei presunti assassini di Luca Attanasio, pubblicando le foto di 5 uomini presunti
appartenenti all’M-23 che avrebbero tentato di sequestrare l’ambasciatore con l’intenzione di
chiedere un riscatto di 1 milione di dollari salvo poi ucciderlo nella sparatoria scaturita.

https://twitter.com/kabumba_justin

Secondo la versione, i 5 sarebbero stati anche gli esecutori dell’omicidio dell’uomo d’affari
congolese Simba Ngezayo avvenuto nel novembre 2020.
Inutile dire che tale versione, molto semplicistica, non ha convinto quasi nessuno, a cominciare dal
padre di Luca Attanasio, Salvatore che è stato estremamente duro e critico nei confronti di questa
notizia proveniente dll’RDC, dicendo che tali arresti non valgono nulla e esprimendo la sua idea
secondo la quale i 5 sospettati sono null’altro che capri espiatori da consegnare all’opinione
pubblica nazionale e internazionale.

https://www.ansa.it/lombardia/notizie/2022/01/19/attanasio-padre-arresti-non-valgono-
nulla_c9660f53-eaf8-479d-980f-c068c5a7c3e1.html

-2) In Nord Kivu, in data 19 gennaio 2022 il governo ha deciso di prorogare lo stato di emergenza
in vigore dal 6 maggio 2021 per ulteriori 15 giorni.
https://actualite.cd/2022/01/19/rdc-felix-tshisekedi-promulgue-la-loi-prorogeant-letat-de-siege-en-
ituri-et-nord-kivu

Di pari passo procede la costante e paziente trafila di successi delle FARDC nei confronti dei
vari gruppi armati che infestano le regioni del Kivu e dell’Ituri:

https://www.politico.cd/la-rdc-a-la-une/2021/12/15/ituri-deux-factions-des-adf-avec-au-moins-35-
combattants-se-rendent-aux-autorites.html/99804/

https://www.politico.cd/la-rdc-a-la-une/2022/01/22/nord-kivu-une-vingtaine-de-miliciens-mai-mai-
se-rendent-aux-fardc-a-masisi.html/102525/
Nel frattempo procedono le trattative per l’introduzione dell’RDC nella Eastern African
Community, che viene guardata con molta positività ed entusiasmo dall’autorevole giornale
ruandese filo-tutsi e viene definita “widely expected to be approved”.

https://www.newtimes.co.rw/news/eac-leaders-discuss-congo-kinshasa-admission
Nel suo celebre brano “Io so”, il grande intellettuale Pier Paolo Pasolini scrive:

“Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di
conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che
coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero
coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e
il mistero.”

Questo è il criterio che abbiamo usato, lungi dal paragonare noi di Storia ‘900 al Poeta: abbiamo
cercato di dare un senso a una serie di tanti e significativi -a nostro avviso- indizi puntellati qua e là
lungo il Caso Attanasio, di trovare un senso a dichiarazioni puramente diplomatiche, di connettere
notizie lontane di mesi o di anni, provenienti da decine di fonti diverse scritte in tre lingue differenti
(francese, inglese, kinyarwanda), di ricercare la fonte più idonea al tipo di materiale da noi cercato,
abbiamo spulciato e consultato documenti da centinaia di pagine provenienti dagli uffici delle
Nazioni Unite così come le testate sociali politicamente schierate, ovunque fosse possibile catturare
informazioni, o ricostruirle, o anche solo intuirle o presumerle.
Un lavoro che ci ha impegnati per un anno al momento in cui viene terminato e del quale possiamo
dire di essere soddisfatti.

Dedichiamo questo nostro prodotto a Luca Attanasio, un giovane ambasciatore senza dubbio alcuno
lontano da ogni cosa losca, ucciso durante un gioco forse più grande di lui e che non poteva
immaginare, al fedele carabiniere Vittorio Iacovacci che col proprio eroismo ha onorato l’Arma e a
Mustapha Milambo; lo dedichiamo alla sua sposa Zekia Seddiki e alle loro figlie; e lo dedichiamo a
tutti gli italiani, in Italia e all’estero, di oggi e di ieri, morti nella sacra ed eterna guerra per la ricerca
della Verità; a Pier Paolo Pasolini e a Giuseppe Fava, a Mauro De Mauro e a Ilaria Alpi, agli
“anarchici della baracca” e a Mauro Rostagno e a centinaia, migliaia di altri ricercatori di verità non
conosciuti ma ugualmente e senza dubbio presenti al cospetto della gloria e della giustizia.

“Arcana intellego”

Nicolò Rinaldi di Federico


-la redazione di Storia ‘900
Vittorio Iacovacci, Luca Attanasio e Mustapha Milambo

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