Nel linguaggio giornalistico e nell’opinione pubblica si è parlato di conflitto etnico assumendo che sia prodotto da vecchie ostilità, pulsioni latenti, istinti primordiali basati sul “sangue” “Una volta tolto il coperchio, il contenuto del calderone comincerebbe a traboccare” Il mito come strumento ideologico Questo mito è stato usato dalle élites nazionaliste in lotta o dai gruppi al potere come strumento ideologico per conquistare consenso nella presa di potere e territori Non c’è nulla di ancestrale, autentico, primordiale nella identità serba o croata, o hutu e tutzi, nè alcun odio naturale reciproco; sono state particolari forze al potere (es. nazionalisti) a etnicizzare il conflitto “Quando gli uomini entrano in conflitto non è perchè hanno costumi o culture diverse, ma per conquistare il potere, e quando lo fanno seguono schieramenti etnici perchè l’etnicità diventa il mezzo più efficace per farlo” (Fabietti, 1995)
l’identità etnica sembra più la conseguenza che non la
causa dei conflitti STORIA E CRITICA DI UN CONCETTO “EQUIVOCO” (FABIETTI U. 1995)
Le etnie servono ai gruppi per produrre una definizione
del sé e dell’altro collettive, per distinguersi dagli altri Carattere oppositivo e contrastivo dell’identità I nomi sono spesso imposti dall’esterno, frutto di un’elaborazione culturale di un gruppo dominante (es. Beduini)
Più che realtà “assolute” appaiono “prodotte”,
“costruite” Carattere costruito ma operativo dell’etnicità Sebbene l’appartenenza etnica si basi spesso sulla manipolazione di “miti” fittizi e memorie storiche, su un’idea di falsa autenticità di cui le persone spesso non hanno consapevolezza (oblio della memoria), il sentimento diviene un dato “reale” e “concreto” tanto da essere impiegata per promuovere la “pulizia etnica” IL CASO DEL RWANDA La guerra civile ruandese (1990- 1993) contrappose le forze governative e i ribelli del Fronte Patriottico, dal punto di vista etnico: gli Hutu e i Tutsi. Appena un anno dopo la conclusione del conflitto, tuttavia, l'assassinio di Habyarimana portò a una nuova crisi, sfociata nel genocidio ruandese del 1994. SECONDA METÀ 800
Regno centralizzato composto da diversi gruppi
ciascuno individuato in base a criteri “occupazionali” e alla proprietà della terra La classe aristocratica tutsi (leggende: popolo di pastori provenienti dal Nord in epoca remota) e gli agricoltori hutu che detenevano prerogative rituali I colonizzatori europei assunsero questa ripartizione occupazionale e la rivestirono di un significato etnico-razziale FASE DEL DOMINIO COLONIALE
Quando tedeschi e belgi stabilirono un dominio
coloniale abolirono la monarchia e il ruolo rituale degli hutu e scelsero come interlocutori politici i tutsi Per legittimare ciò furono imposte ideologie razziali esplicite: considerano i tutsi di origine ariana, come “tribù” della cristianità, adottarono l’ipotesi “camitica” (popoli “vicini” agli europei, formati dai discendenti di Cam, figlio di Noè) I cortigiani tutsi, in base a un calcolo politico, si convertirono al cattolicesimo e abbandonarono la regalità sacra tradizionale, adottarono l’ipotesi camitica per legittimare il loro governo Di conseguenza, la maggioranza hutu si vide qualificare come “contadini” di lingua bantu, venne negato loro l’accesso all’istruzione e qualsiasi ruolo sul piano politico (vs i vantaggi politici, economici e sociali dei tutsi) All’interno della nuova struttura coloniale e di quella post-coloniale i due gruppi iniziarono a stratificarsi lungo due linee etniche LE ETNIE “TRADIZIONALI” COME “CREAZIONI COLONIALI” (J.L. AMSELLE)
Adottare leggende che volevano i tutsi un popolo
conquistatore ebbe “effetti reali” sia sul piano della volontà tutsi che sul piano della ribellione hutu.