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IL NORD E IL SUD DEL MONDO

Crollano gli imperi coloniali: la decolonizzazione.


Le colonie diventano indipendenti. Fra il 1945 e il 1975 le colonie dell’Asia e dell’Africa si liberarono dal
dominio coloniale, trasformandosi in stati indipendenti. Questo fenomeno è detto decolonizzazione.
La via alla decolonizzazione fu preparata da movimenti nazionalisti. Durante le guerre mondiali, in particolare la
Seconda, molti soldati provenienti dalle colonie avevano combattuto a fianco degli Europei, e avevano capito che
i bianchi potevano essere battuti.
USA e URSS incoraggiavano i movimenti di liberazione, sperando di poter estendere la loro influenza sui nuovi
stati indipendenti.

I tempi della decolonizzazione. La maggior parte delle colonie ottenne l’indipendenza pacificamente. Quasi
tutte le ex colonie inglesi entrarono a far parte del Commonwealth britannico e mantennero con l’Inghilterra
rapporti commerciali.
Tuttavia le potenze europee tentarono di mantenere parti del loro impero, sia introducendo riforme
amministrative, sia impegnandosi in logoranti conflitti. Le guerre furono molto sanguinose, per esempio, nelle
colonie dove le risorse delle colonie erano più ricche o più importante era la loro posizione strategica.

La guerriglia è lo strumento delle lotte coloniali. Sia in Asia sia in Africa le lotte di liberazione furono
condotte mediante la guerriglia, con imboscate, attentati e sabotaggi. La guerriglia metteva in difficoltà gli
eserciti regolari, soprattutto quando i guerriglieri avevano l’appoggio delle popolazioni locali, che davano loro
cibo e informazioni e li nascondevano in caso di bisogno.

Il processo di decolonizzazione inizia in Asia. Il fenomeno della decolonizzazione ebbe inizio nel continente
asiatico, dove esistevano antichissime civiltà e religioni che avevano impedito alla popolazione di accettare i
modelli imposti dalla cultura occidentale.
Nel 1945 l’Indonesia olandese si proclamò indipendente; l’India e la Birmania raggiunsero entrambe
l’indipendenza dal Regno Unito, nel 1947 e nel 1948, ma senza conquistare la democrazia. L’Indocina francese
ottenne l’indipendenza nel 1954, dopo otto anni di guerra.

I tempi della decolonizzazione. In Africa il processo di decolonizzazione interessò prima i paesi del Maghreb,
a ovest del Nilo, dove i movimenti nazionalisti chiedevano autonomia richiamandosi all’antica civiltà araba e alla
fede islamica. In un solo anno, il 1960, divennero indipendenti ben diciassette paesi. Per questo il 1960 è stato
chiamato «l’anno dell’Africa».

Terzo e quarto mondo: paesi poveri e paesi in rapido sviluppo.


Che cosa significano le espressioni Terzo mondo e Sud del mondo. L’espressione «Terzo mondo» nacque
negli anni Cinquanta del Novecento per indicare quei paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina che
costituivano un gruppo a sé, un Terzo mondo, fra i due blocchi, quello comunista e quello capitalista, che si
contendevano dominio del pianeta.
Negli anni successivi l’espressione cominciò a indicare i paesi «sottosviluppati» o «in via di sviluppo». Questi
paesi, in gran parte ex colonie, avevano economie deboli ed erano poco industrializzati. Le loro popolazioni
erano afflitte da povertà, analfabetismo e alta mortalità infantile.
Oggi i paesi «sottosviluppati» o «in via di sviluppo» sono indicati con l’espressione Sud del mondo, dato che si
concentrano nell’emisfero meridionale. Per contrasto i paesi ricchi e industrializzati formano il cosiddetto Nord
del mondo.

Nel Sud del mondo esistono grandi differenze: i paesi in rapido sviluppo e il «Quarto mondo». I paesi
del Sud del mondo erano e sono molto diversi fra loro per popolazione, risorse economiche e regimi politici.
Negli ultimi anni le differenze sono ancora aumentate. Alcuni paesi in via di sviluppo, per esempio la Cina e
l’India, sono passato ai primi posti nella graduatoria degli stati che crescono più in fretta. Altri paesi, invece,
come la Somalia, l’Etiopia e l’Afghanistan sono rimasti fermi o addirittura regrediti.
Per indicare i più poveri fra i paesi del Terzo mondo gli studiosi usano l’espressione «Quarto mondo».

Una nuova forma di dipendenza economica. Anche dopo l’indipendenza, l’economia delle ex colonie
continuò a reggersi sulle esportazioni di prodotti agricoli e di materie prime. Lo sfruttamento delle risorse locali
rimase in mano alle multinazionali. Perciò molte ex colonie continuarono a dipendere economicamente dalle
nazioni più ricche. Queste nazioni erano in grado di influenzare anche la vita politica dei nuovi stati.
La nuova forma di controllo economico, e a volte politico, dei paesi sottosviluppati fu chiamata neocolonialismo.

I paesi del Terzo mondo sono gravati dai debiti. Gli scambi commerciali fra il Nord e il Sud del mondo non
erano vantaggiosi per il Sud, che esportava materie prime a basso costo e importava prodotti industriali a prezzi
alti. I paesi del Sud, già poveri, si indebitarono e per pagare i debiti cercarono di sfruttare ancora di più le
piantagioni e le miniere, ritardando il proprio sviluppo industriale.
Le cose peggiorarono negli anni Settanta, quando i paesi produttori di petrolio aumentarono i prezzi e anche i
paesi del Nord alzarono i prezzi dei prodotti industriali. Allora molti stati del Sud del mondo non furono più in
grado di restituire i prestiti ottenuti, e il loro debito aumentò.
All’iniziò degli anni Novanta il debito annuo era uguale e perfino superiore alla ricchezza PIL, per molti paesi
sottosviluppati.

L’indebitamento è un problema di difficile soluzione. L’indebitamento dei paesi sottosviluppati costituisce


un grave problema del nostro tempo. Alcuni pensano che l’unica soluzione sia la cancellazione dei debiti del
Terzo mondo. Questa proposta fu avanzata nel 1999 da diversi governi europei.
Tuttavia, per favorire lo sviluppo del Terzo mondo, l’annullamento dei debiti non basta. Sarebbero necessarie tre
cose: più consistenti aiuti economici da parte delle nazioni ricche; l’apertura dei nostri mercati ai prodotti dei
paesi del Sud; e infine un controllo più rigido sull’uso dei finanziamenti. Può succedere, infatti, che il denaro
destinato allo sviluppo sia usato da persone corrotte per finanziare progetti economici sbagliati e perfino guerre
sanguinose.

La difficile indipendenza dell’Africa.


Nell’Africa nera il risveglio coloniale inizia nel 1957. Nell’Africa subsahariana il risveglio coloniale iniziò nel
1957, quando la colonia inglese della Costa d’Oro, d’accordo con la Gran Bretagna, divenne lo stato
indipendente del Ghana.Altri paesi giunsero all’indipendenza solo attraverso lotte sanguinose.

I primi leader africani affrontano enormi problemi e difficoltà. I primi dirigenti africani si trovarono in
difficoltà. Agli stati africani neo indipendenti volevano dare unità nazionale e istituzioni democratiche di tipo
europeo.
Ma sulla via dell’unità si trovarono in contrasto con i vari gruppi etnici. I nuovi stati, infatti, ricalcavano i confini
delle vecchie colonie, e al loro interno convivevano diverse popolazioni con culture e tradizioni diverse. Quanto
ai modelli politici europei, essi apparvero lontani dalle tradizioni locali e difficili da realizzare. Perciò nella
maggior parte degli stati si affermarono regimi autoritari, vere e proprie dittature. Gli eserciti cominciarono a
intervenire e in tutta l’Africa si susseguirono colpi di stato militari.

Un esempio: il Congo. Le guerre africane furono guerre fra poveri in cui si intrecciarono gli interessi delle
potenze occidentali: in questi conflitti i bianchi intervennero con lo scopo di favorire la nascita di governi amici
da cui ottenere vantaggi economici.
Così nell’ex Congo belga le compagnie straniere incoraggiarono la secessione del Katanga, per poter sfruttare le
ricche miniere. Il Congo fu così sconvolto da una feroce guerra civile.
La difficile via verso lo sviluppo. I progetti di sviluppo economico dei paesi africani puntavano soprattutto
sull’industrializzazione. Ma il decollo industriale non ci fu perché mancavano capitali, e perché il mercato locale
era troppo povero. Per di più l’agricoltura non riuscì più a sfamare la popolazione.
Ciò avvenne per cause diverse. Prima di tutto ci furono calamità naturali. Poi si ebbe un rapido aumento della
popolazione. Infine vi furono in tutto il continente guerre civili e conflitti etnici, provocati spesso da contrasti
religiosi.

Apartheid: la segregazione razziale nel Sudafrica. Una storia a sé è quella degli stati dell’Africa meridionale,
governati da minoranze di bianchi. Nell’Unione Sudafricana i coloni bianchi avevano imposto ai Sudafricani di
pelle nera un brutale regime di separazione razziale, detto aparthheid. Le leggi dell’apartheid negavano ai neri il
diritto di voto, i matrimoni «misti», costringevano la popolazione di colore a vivere in quartieri-ghetto. Come
reazione a questa politica si formarono movimenti e partiti che miravano alla conquista dei diritti civili per i neri.
Il primo e il più importante fu l’African National Congress il cui leader era Nelson Mandela.
Poiché il Commonwealth britannico, cui l’Unione apparteneva, criticò la politica dell’apartheid, i dirigenti
sudafricani bianchi proclamarono la Repubblica Sudafricana indipendente.
Il superamento dell’apartheid fu avviato solo negli anni Novanta e Mandela fu eletto presidente della Repubblica
Sudafricana

L’America Latina fra dittature e democrazia.


Il controllo degli Stati Uniti sull’America Latina. Sui paesi dell’America Latina e dell’America centrale, gli
Stati Uniti esercitarono la loro supremazia economica e la loro influenza politica. Negli anni del secondo
dopoguerra questo controllo proseguì per impedire la diffusione del comunismo, e per la stessa ragione gli USA
si opposero alla rivoluzione cubana di Fidel Castro.

Si estendono i focolai di guerriglia. Sull’esempio cubano, la guerriglia si diffuse in altri paesi dell’America
Latina. Per organizzare la lotta armata, Ernesto Guevara, detto Che, viaggiò a lungo nell’America meridionale e
centrale finché fu ucciso in Bolivia nel 1967: la sua figura di ardente rivoluzionario entrò subito nella leggenda.
Il tentativo di estendere ad altri paesi la rivoluzione cubana fallì, ma in Colombia le Forze Armate Rivoluzionarie
della Colombia portano avanti ancora oggi una sanguinosa guerriglia.

Il golpe del generale Pinochet. In alcuni casi furono dei golpe a stroncare sul nascere esperimenti di vita
democratica: la vicenda del Cile ne è un esempio.
In Cile, nel 1970, fu eletto presidente della repubblica il socialista Salvador Allende. Egli avviò un vasto
programma di riforme. La sua politica però contrastava gli interessi dei conservatori e delle multinazionali
americane, che decisero di reagire. Il prezzo del rame fu abbassato da gruppi capitalisti stranieri, l’economia
entrò in crisi e il paese cadde nel caos.
Nel settembre 1973 il governo di Allende fu abbattuto da un colpo di stato militare e il presidente venne ucciso.

In Brasile e in Argentina si affermano regimi populisti. Gli altri due stati dell’America Latina, il Brasile e
l’Argentina, sperimentarono un fenomeno politico detto populismo.
Sia Vargas, in Brasile, sia Perón, in Argentina, simpatizzavano per i regimi fascista e nazista.
Contemporaneamente emanavano provvedimenti a favore dei lavoratori e nazionalizzavano industrie per
sottrarle ai capitalisti stranieri. Questo comportamento procurò loro molti nemici, ma anche un vasto consenso
popolare. In particolare il “peronismo”, cioè il populismo argentino, ebbe l’appoggio degli operai di città, i
cosiddetti descamisados.

Gli anni delle dittature militari. Negli anni ‘50-’70, alla guerriglia si alternarono frequenti golpe che portarono
a violente dittature. In Brasile le istituzioni democratiche persero ogni valore. In altri stati le dittature militari
sciolsero partiti e sindacati, determinando una situazione di guerra civile. Gli oppositori del regime vennero
arrestati o addirittura rapiti, torturati e fatti sparire nel nulla. È il caso dei desaparecidos, persone scomparse
senza lasciar traccia di sé, in realtà assassinate segretamente.

Il ritorno alle forme democratiche. A partire dagli anni Ottanta, a seguito di una crisi economica, le dittature
militari cominciarono a cedere il posto a governi regolarmente eletti e la vita democratica rinacque in tutto il
continente. Tuttavia i nuovi governi si trovarono a dover fronteggiare la disoccupazione, il debito estero e la
violazione di diritti umani.
Quasi tutti i dittatori riuscirono a rimanere impuniti, negoziando la propria immunità in nome della
«pacificazione nazionale».

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