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Migrazioni di transito

Transit migration, il termine con cui si indicano i movimenti migratori intorno all’UE (Turchia, Nord Africa e
Sahara). Anni ’90 cfr. Sorgoni da area Schengen. Costruire le frontiere esternalizzando i confini serve per
proteggere la fortezza Europa dall’arrivo di questi migranti quando in realtà i suoi confini sono molto porosi
e labili perché l’esternalizzazione dimostra come molti migranti arrivano in Europa e costruiscono comunità
in queste zone di confine: sospensione tra 2 mondi (quello che ha lasciato e che vuole raggiungere) X
FRONTIERE. Doppia assenza perché tu arrivi in un posto che non ti considera parte del posto ma sei anche
assente nel luogo d’origine, quindi si fa vedere che si è presenti tornando per matrimoni… Obiettivo
dell’antropologia delle migrazioni= ridurre l’impatto della narrazione noi vs. loro e la narrazione di
criminalizzazione/vittimizzazione=mancanza di agency perché l’Europa presentandosi come meta ultima di
arrivo il migrante deve costruirsi una vita in queste zone di transito cfr. temporalità Sorgoni: colonia
sospesa da un lato, dall’altro all’insegna della solidarietà tra persone attraverso cui si tessono reti sociali, si
creano comunità emozionali per un comune destino. Per capire la migrazione dal punto di vista
transnazionale bisogna osservare la storicità, avere uno sguardo in senso diacronico per capire queste
dinamiche. Esempio dei Senegalesi in Piroga verso le Isole Canarie. Molti senegalesi migrano e si inizia
questa cultura della pesca per sostentamento. Risale alla fine del XIX secolo, riguarda soprattutto il gruppo
etnico Lebou che cercano mari più pescosi. I pescatori arrivano fino alle Canarie con la visione del successo
sociale. In quelle zone la pesca diventa meno possibile perché c’è tanto turismo (molti pescatori non
possono più essiccare e affumicare il pesce perché dava fastidio ai turisti) e le lunghe ore di lavoro sono
scarsamente remunerate nell’ambito della pesca artigianale. Questioni materiali: certi oggetti (fotografie,
ritagli di giornale). L’oggetto può assumere diverse connotazioni sociali, culturali, emozionali= popolazione
dell’Africa orientale, il telefono incorporato nella popolazione degli swahili diventa un oggetto di posizione
sociale illustre. Carattere di elevazione sociale della casa mostrando la sua facciata. Importante studiare
anche chi rimane (l’immobilità). In Senegal si descrivono i migranti come kamikaze o giovani avventurieri =
una fase di rito di passaggio di status sociale (fase di transitorietà che porterà al successo). Quelli che
restano vedono i migranti come eroi e quindi devi portare a casa i frutti del tuo successo, distribuendo doni
e ostentando la tua ricchezza. Un ragazzo del Nordafrica non riesce a fare successo in Francia, ritorna nel
paese fa i soldi nella capitale e torna nel suo villaggio per far finta di essere diventato ricco. C’è l’idea in
quelli che rimangono devi essere motore di cambiamento perché fai successo, quindi anche loro sono
invogliati a partire: nella testa di chi rimane si crea un immaginario (el dorado). Questa costruzione è molto
giocata sui mass media= creano media scapes che sono delle rappresentazioni che ti fanno invogliare ad
andare nel luogo pubblicizzato. Ci sono anche un sacco di forum e siti web che sono manuali d’uso per
organizzare la traversata verso l’Europa con delle scusanti per farti rimanere nel paese di migrazione.

Frontiere e confini (cfr. Sorgoni)

Identità-frontiera-ordine invece adesso CLASSE (relazioni di scambio ineguale di valore economico tra
identità)

- VALORE (capitale economico, sociale, intellettuale e simbolico)

- CAMPO (area in cui si svolge lo scambio). Esistono sia confini esterni dati dalle frontiere che
favoriscono la costruzione dei confini interni.

Transanzionalismo/diaspora

Grazie alla tecnologia e alla globalizzazione i migranti tessono rotte e reti di relazioni quando migrano. Non
è più solo da punto A a B ma un continuum: la relazione con il paese d’origine, d’approdo e le varie
traiettorie che ha seguito per arrivare al punto B. Si abbandona modello bipolare: immigrati sradicati dalla
loro terra, devono arrivare a punto B e obiettivo è essere assimilato a quella terra (sradicamento e
assimilazione, punto di vista sterile). mantengono vecchie e costituiscono nuove reti e relazioni sociali
multiple attraversando i confini e le frontiere, in grado di collegare la loro società di origine a quelle di
approdo: si creano spazi sociali che oltrepassano la distinzione tra il rurale e l’urbano ma anche i confini
nazionali, geografici e politici. Alimentano circuiti attraverso cui passano persone ma anche informazioni,
oggetti, idee, narrazioni e immagini (el dorado europeo). Con la prospettiva trasnanzionale con cui si
guarda alla migrazione moderna, si abbandona il nazionalismo metodologico= il pensiero che lo Stato
occidentale con i suoi confini e radici sia l’unico esistente e non può essere contaminato. Ci sono alcuni
studi che valutano la diaspora come risemantizzazione del nazionalismo= politicizzano la loro identità
d’origine in un altro posto. Cosmopolitismo= si può appartenere a più realtà senza essere radicati al proprio
territorio. Si inizia a fare delle etnografie multisituate, non si analizza solo 1 area (paese d’approdo) come
prima ma si moltiplicano i luoghi dove fare etnografia. Approccio transnazionale permette di tenere conto
del retroterra socioculturale dei soggetti e il loro legame col contesto di origine e loro sono visti come
portatori di un cambiamento sociale. Il concetto di diaspora esce nei post-colonial studies e si pone in ottica
transnazionale vs. sedentarietà cfr. Sorgoni. Non tutte le migrazioni sono diaspore: 1. Origine
catastrofica/involontaria (ebraica); 2. Spinte volontarie o per ragioni di espansione (greca/coloniali); 3.
Presenza idealizzata dell’homeland (patria): i gruppi diasporici si mantengono in contatto tra di loro per
questa visione della terra d’origine che li accomuna. DIVERSE FORME DI DIASPORA:

• Diaspore vittime (africana e palestinese),

• Diaspore lavorative (indiana),

• Diaspore commerciali (cinese o libanese),

• Diaspore imperialistiche (britannica)

• Diaspore culturali (caraibica)

Van Hera= per essere diaspora deve esserci dispersione in almeno 2 territori, costruiscono una comunità
duratura e tessono contatti tra una comunità diasporica e un’altra medesima. DIASPORA PALESTINESE=
espulsione involontaria perché mandati via dalla Nato essendoci gli ebrei, crea ricadute sui territori
confinanti (Libano) che cercano di non includerli nella cittadinanza (Nakba). Valenza di soggettivazione dato
da una spinta universalizzante (appartenenza a una comunità unica= senso di solidarietà, memoria
comune) e una localizzante (diverse realizzazioni della stessa diaspora, si riconfigurano nel territorio in cui
sono). Palestinesi nell’esilio newyorkese vs. nei posti limitrofi della Palestina storica= i palestinesi che
continuano la loro politica ma da lontano, rischio che si scordino di far parte della loro comunità vs.
esperienza diretta di bombardamenti. DIASPORA AFRICANA= per gli schiavi, di commercio, dei rifugiati
politici. 1. Dopo la schiavitù c’è processo di rimpatrio dalle Americhe. Josef project= progetto governativo
del Ghana che riconosce un particolare status giuridico ai discendenti degli schiavi, un incentivo per favorire
o il loro ritorno o degli investimenti per il loro paese d’origine. 2. i territori africani dopo la colonizzazione
cercano di rialzarsi a livello economico ma devono fare fronte a declino economico, emergenza di siccità,
colpi di stato e spostamenti di gruppi dall’Africa verso la Cina e creano delle reti commerciali con la Cina e
manda le rimesse nel paese d’origine.

Il genere

Women studies= donna migrante e basta e donna universale invece si considera con i Gender studies= i
cambiamenti sociali che può portare con sé la donna quando migra e per le donne che rimangono che
impatto ha, i rapporti tra i generi e come influiscono sulle migrazioni mettendo in discussione l'idea di una
donna universale. Cfr. sesso vs. genere Fab. In Kerala= costruzione del genere maschile, ripartizione del
genere maschile (4 categorie: giovane-uomo che è troppo incline all’individualismo quindi tutte le ricchezze
le spende per sé (incosciente) – uomo le cui ricchezze le spende tutte per la comunità e a lui non rimane
nulla (non sa gestire la sua economia) – l’uomo che ha trovato l’equilibrio tra i 2. Capoverde= società
matrifocale/matrilineare. L’essere uomini è riconosciuto nel fare molti figli e sposarsi (presuppone
ricchezza) e devi andare a ingravidare altre donne. Molte donne rimangono madri ma non mogli, e quindi
povere e quindi i figli vengono dati in cura alle donne più ricche (con marito). Quando le donne iniziano a
emigrare le donne diventano ricche, quindi tornano in patria facendo matrimoni sfarzosi e distribuire il
capitale alle donne che si prendono cura dei figli. Quindi sono molte più le donne ricche dei mariti ricchi. Le
donne che rimangono sono povere e quindi le guardano con sguardo d’invidia e come se non fossero brave
madri perché non si prendono loro cura dei propri figli ma li lasciano ad altre madri ma anche donne che
sottostavano alla società patriarcale e hanno portato un riscatto sociale. Spesso introdotte nel sistema della
cura (badanti) e questo rivela che c’è mancanza nel welfare italiano che deve essere sopperito dai migranti.
I filippini vanno in Occidente per cercare lavoro e devono fare spesso lavori tipici femminili (badanti, donne
delle pulizie).

LAVORO

Fortemente connessi perché è il lavoro a far muovere la migrazione. Il lavoro diventa causa e promessa
(quando parti), aspettativa e risultato (quando torni) e dal punto di vista del paese d’approdo è l’unico
modo di rimanere legale nel paese senza essere deportati (legge Bossi-Fini per cui tu puoi restare in Italia
legalmente solo se vieni con un contratto di lavoro ma hanno solo aumentato l’illegalità perché loro
arrivano lo stesso). Cfr. Aime situazione economica + ci rubano il lavoro. Impiego nelle mansioni più basse e
si crea una divisione culturale di tipo gerarchico: alla fascia dei bianchi corrispondono i lavori migliori e
fasce basse lavori nelle industrie, flessibili, piccole-medie imprese: discriminazione, esclusione, razzismo,
determinismo culturale. Cfr. filippini 2 etnografie= differenza tra come lavorano 1. Sebastiano Ceschi
(antropologo neutro, non sotto copertura e solo va in fabbrica) Gruppo di lavoratori senegalesi in una
fabbrica a Bergamo. 2. Sociologo (va nel luogo di lavoro sottoforma di lavoratore anche lui, in disguise, sia
nel cantiere edile che in Romania). Cantiere edile in provincia di Bologna con lavoratori rumeni. Punto
comune= in una condizione migratoria transnazionale che posizione occupa il lavoro? Valutano che il lavoro
è percepito come importante sia per il luogo d’approdo che d’origine, quindi sono costantemente a cavallo
tra questi 2 mondi. Nella 2 il lavoro si vede come un intrappolamento, ma continuano a farlo per il culto del
lavoro socialista, e cercare di conquistare i loro diritti, non in una condizione legale/regolare.
Giuridicamente regolari in Senegal parte dell’etica della religione del muridismo che gli dice che il lavoro
nobilita l’uomo per questo devono lavorare tanto. Questi elementi culturali e religiosi divengono espedienti
per poter andare avanti nel lavoro mantenendo reti di rapporto con i luoghi di provenienza.

Da razzismo differenzialista (essenzializzazione della cultura/religione) a razzializzazione (processo


mediante il quale sulla base di stereotipi e differenze visibili e apparenti=corpo si costruisce l’altro come
diverso). Cittadinanze secondo generazioni= grave problema intorno alle seconde generazioni: hanno
ottenuto la cittadinanza ma etichettati sempre diversi (i figli dei migranti) e infatti avranno crisi identitarie. I
figli dei migranti hanno desiderio di ottenere una cittadinanza in cui si sentono italiana però avere rapporto
con le altre culture (farmi riconoscere come italiano e come marocchino che sono i miei genitori).

Religioni

Cfr. fabietti definizione di religione + funzione integrativa…. secolarizzazione: essenzializzazione (visione


fissa, identity-based sgretolata con migrazioni transnazionali perché continua ad adattars ai luoghi e al
tempo in cui si è oltrepassando i confini: es. nei media)/visione evoluzionista/privatizzazione +
globalizzazione. 1. L’interpretazione funzionalista= Durkheim cfr. sociologica. 2. Interpretazione simbolica=
Geertz/Tylor. 3. Bordieu= dimensione del potere in ambito religioso. Le religioni nascono da un potere che
ha prodotto la religione e ha continuato a reiterarla nel tempo. Le religioni servono per tessere reti
transnazionali relazionali e mettono in moto flussi economici perché tante donne boliviane vengono in Italia
magari senza documenti e le aiutano a venire in Italia e gli trovano un’occupazione. È possibile un
sincretismo tra religioni perché le donne boliviane sovrappongono la Vergine con la Madre Terra. La Chiesa
diventa un broker di mediazione tanto che nascono chiese pentecostali ed evangeliche si aprono a fare
liturgie in lingue diverse per includere tutti. Diaspora sikh= espatriano perché il sikhismo nasce come
un’istanza di rivendicazione territoriale vs. il dominio britannico e la ripartizione del Panjab tra Pakistan e
India. I templi sikh sono sia aperti a tutti che luoghi di cultura dove trasmettere la cultura e insegnare il
panjabi ai figli delle popolazioni nate e cresciute all’estero. Nella diaspora sikh si configura un’ambivalenza
tra il voler mantenere quell’entità etnoterritoriale + rivendicano la portata della religione sikh come
universale = combattere forme di discriminazione ed essere accettati. White sikhism= persone bianche che
si convertono alla religione sikh. Esempio di muridismo= anche le religioni più fissiste e meno inclini al
cambiamento (islam) anche l’islam si adatta in ottica transnazionale. Muridismo a cui sono affiliati molti
senegalesi che si rivedono nella questione del pellegrinaggio di Bamba e ha delle comunità anche in Italia
molto consistenti che vengono a costituirsi come centri culturali (dahira) che si configurano e riconfigurano
in altre parti nascendo un po’ dal nulla. Ricostituire i precetti delle proprie religioni nella vita quotidiana
come i senegalesi che per il loro culto muridista lavoravano come dei muli perché per loro lavorare è etica.

IL MULTICULTURALISMO= Vengono rispettate le policies di multiculturalismo nei centri di accoglienza e


nelle scuole senza far sentire inferiore/pratiche di paternalismo/trattarlo come un criminale/ Valori e
principi culturali inconciliabili (prospettiva primitivista)/(vittimizzazione)= poverini fanno fatica a integrarsi?
No. Emilia Romagna= norme per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati, una legge terreno di
scontro con lo Stato (c’era Berlusconi) con cui vogliono togliere il migrante da questa categorizzazione e
come ospite temporaneo (non come soggetto di diritti). Etnografia= Centro Ausl di Bologna, come vedono
gli operatori i migranti e i migranti gli operatori. Farid va a scuola e gli insegnanti lamentano i
comportamenti aggressivi, non consoni alle dinamiche scolastiche da parte di Farid e iniziano a fare delle
visite domiciliari ai genitori che a detta degli operatori non sono collaborativi. Gli operatori non considerano
la loro frustrazione: avere una condizione precaria, perché hanno cambiato un sacco di volte il lavoro,
convivere con la paura di essere espulsi, fare lavori denigranti con grande sforzo per dar la possibilità al
figlio di studiare. I genitori si dimostrano riluttanti nel dare fiducia agli operatori che non tengono conto del
perché Farid si comporta in quel modo. Costrutto etnocentrico dell’integrazione: migrante deve emulare i
modi dell’italiano per integrarsi. Non viene considerato il fatto che è vissuta come esperienza incorporata di
sofferenza e sottovalutata, negandone le cause. Farid si comporta così deve andare da un’equipe di
psicologi. A Casalecchio di Reno= Donne in cammino dove si tratta di famiglie che hanno visto l’esperienza
della migrazione. Escamotage per essere più accettate perché hanno capito che nelle dinamiche
differenziali presenti nelle istituzioni: i migranti più parlano e si muovono come persone del luogo più
hanno possibilità di essere presi. Una ragazza di religione islamica si toglie il velo quando va al consultorio
perché non vuole far vedere che è musulmana, quindi secondo la concezione occidentale essenzialista
vittima dell’uomo e che non capisce nulla della sessualità. Una ragazza marocchina per non fare la figura di
quella che non conosce il sistema biomedico, si fa curare da uno sciamano. Gli operatori scelgono tra chi è
cittadino meritevole e chi no: c’è un operatore che aiuta una donna con figli e poi l’aiuta in molti altri ambiti
senza che lei glielo chieda (cfr. Sorgoni). Gli operatori tendono a spiegare e formare gli immigrati come se
fossero dei bambini e in questo c’è un forte intento pedagogico.

LA SCUOLA

Il migrante a scuola si inserisce sempre come alunno con problemi di apprendimento. Come può influire
l’antropologia in questo caso? Dagli anni ’50 si è iniziato a studiare l’antropologia educativa ma è solo negli
anni ’80 che l’analisi della migrazione è diventata più compiuta grazie all’antropologa Ogbu, che si è
interrogata sulle ragioni determinanti gli insuccessi degli alunni. 1° filone di studi sulle differenze etnico-
razziali: nell’ambito nordamericano scontro successo/insuccesso dell’alunno e quanto questo viene
influenzato dal fatto che l’alunno proviene da una minoranza rispetto alla maggioranza. Ci sono minoranze
volontarie, cioè quelli che sono arrivati dopo per andare a cercare lavoro=immigrati, e minoranze
involontarie, cioè già presenti all’interno dell’America, indiani e neri. I figli delle minoranze involontarie
sarebbero più propensi ad andare male a scuola perché lo vedono come riscatto sociale. I figli delle
minoranze volontarie si impegnano di più perché i genitori sono arrivati lì volontariamente e nella loro
visione i figli devono andare bene per forza perché sono andati lì per un futuro migliore anche per loro. Ci
sono delle critiche a questo modello perché si parla di eccessivo determinismo e infatti molte ricerche
comparative smentiscono come quella di Margareth Gibson =strategia di adattamento senza assimilazione
(panjabi): i figli dei migranti cercano di andare bene a scuola senza rinunciare alla cultura di appartenenza.
McLaren= i genitori portoghesi arrivati in quartiere del Canada a Toronto mandano messaggi contrastanti:
da un lato vogliono che abbiano successo a scuola, dall’altro visto che i genitori sono lavoratori semi-
qualificati o disoccupati li scoraggiano dall’investire nella scuola (non serve andare a scuola perché non fa
uscire dalla povertà). Si va a creare il concetto di resistenza creato da Erickson= si ha una forte discontinuità
tra cultura famigliare e scolastica, il curricolo nuovo e un contesto non sempre accogliente nei loro
confronti portano spesso a vedere la scuola come una minaccia alla loro identità e quindi fanno resistenza
alla scuola creando scompiglio in classe. Non è la cultura che regola l’atteggiamento ma il contesto perché
se è favorevole e non ci sono logiche di razzismo anche le minoranze non volontarie possono andare bene a
scuola. Questo apre un nuovo filone di ricerca= osserva come gli alunni costruiscono le loro identità in
rapporto ai contesti. Paesi storicamente meta di immigrazione, con una più lunga esperienza nel gestire
l’istruzione di figli e figlie di immigrati/e:

• Francia: fino agli anni Settanta poca consapevolezza di essere un paese di approdo assenza di
ricerche sul sistema scolastico. È stato con l’acuirsi della crisi economica e con la svolta legislativa
(aumento segregazione della presenza migrante nelle periferie) che si è diffusa consapevolezza dei
problemi di studenti/studentesse di origine immigrata.

In Gran Bretagna la maggioranza di questi allievi/allieve ha la cittadinanza britannica anni ‘70: modello
assimilativo di politica educativa vacilla e si ha un orientamento interculturale che insiste sul principio della
discriminazione positiva (includere tanti studenti migranti) dal 1985. Nel caso della Germania dagli anni ’90
si applica un programma pedagogico interculturale. Si crea un’ambiguità tra indifferenza verso la differenza
ed etnicizzazzione dei problemi educativi delle minoranze. Paesi meta di recente di immigrazioni (Spagna,
Portogallo, Italia). Castaño e Moyano sottolineano i rischi insiti nella tendenza a porre l’accento sulle
differenze culturali come responsabili delle difficoltà connesse alla scolarizzazione di alunni/e immigrati/e:
anche se per certi versi questo facilita l’emergere della prospettiva interculturale, rende più frequenti
forme di razzismo differenzialista. Portogallo ritorno dalle ex-colonie dagli anni ’70 (soprattutto da Capo
Verde) + incremento flussi in entrata non ha coinciso con un decremento di quelli in uscita. Malgrado ciò
molto più tardi si rispose alla necessità di politiche educative adeguate a rispondere ai problemi delle
minoranze. Traduzione dell’educazione interculturale in pratiche extracurriculari di tipo esotizzante poco
efficaci (come in Spagna e Italia). Forte divario tra piano intenzionale e procedurale nell’applicazione
dell’approccio interculturale che tende a patologizzare il rapporto scuola/migrante. Il filone di studio
antropologico italiano= Matilde Callari Galli, Francesca Gobbo, immigrati si vedono molto come effetto
specchio, attraverso l’altro io vedo me stesso. Soprattutto in Italia c’è la problematica dell’esaltare la
diversificazione e la problematica nell’applicare una metodologia interculturale è più difficile perché in Italia
non ci sono migranti omogenei. 1) Scuole che incontrano i migranti= Mara Benadusi ha fatto un’etnografia
a Roma in una scuola dove il curriculum proposto dalla scuola era interculturale. Approcci diversi degli
insegnanti all’interculturalità: alcune si mettono in gioco e cercano di definire l’ambiente classe, altre che
davanti a forme di discriminazione non sanno come comportarsi, altre che evidenziano soprattutto le
carenze su cui intervenire invece di esaltare i punti di forza. Mondi bambini= importanza a come i bambini
si relazione coi pari: ci sono alcuni che vogliono mimetizzarsi con gli alunni e altri che usano la loro diversità
come arma per essere riconosciuti dagli altri come diversi come modo di riscatto dalla minoranza.
Cambiamento di prospettiva: smettere di considerare questi come problemi. 2) Migranti che incontrano le
scuole= Panjab nel cremonese Francesca Galloni. Strategie di adattamento senza assimilazione= studenti
Panjabi si adattano senza assimilare e mantenendo la loro cultura. L’adattamento senza assimilazione qua
non è possibile (fanno anche commenti razzisti e si dimenticano solo momentaneamente della loro identità
di panjabi mettendo un’identità maglietta) e quindi gli studenti italiani li vedono come bulli ed è più facile
socializzare e farsi accettare dalla comunità dei pari.

SALUTE

La salute rappresenta un diritto umano fondamentale (art. 25 della Dichiarazione unviersale dei diritti
umani) in rapporto alla migrazione. Rispetto alle pratiche di cura uno dei contributi maggiori viene dalla
scuola di Harvard che problematizza la medicina e ne inserisce di nuove oltre a quella occidentale e
biomedica. Divide il rapporto medico-paziente secondo 2 modelli esplicativi: disease (medico) e illness
(paziente) attraverso cui danno senso alla malattia. (legittimazione), invece il medico nomina la malattia e
una potenziale cura in un linguaggio comprensibile (comunicabilità). Cfr. Fabietti. La prospettiva di Harvard
è stata sostituita dall’antropologia medica critica che inserisce l’importanza del ruolo dei processi sociali
all’interno della malattia e dei rapporti di potere (violenza strutturale= razzismo… gli atti discriminatori,
simbolica=costruzione sociale del migrante). Cfr. conoscenza incorporata + antropopoiesi. Processo sociale:
livello organico (disease), il significato sociale che il malato dà alla malattia (illness), processi materiali e
simbolici che costruiscono la malattia (sickness). Non solo a livello biologico ma anche sociale:
musulmana/marocchina/Le pazienti nell’ospedale di Ferrara erano preoccupate del fatto che facessero
sperimentazioni sul corpo dei migranti (pakistana e di lingua araba). O donna marocchina che aveva sentito
che era morta per il parto e allora pensa che anche lei marocchina possa subire lo stesso quando non è così.

Etnopsichiatria, termine di origine greca composto da: Etnos (razza, territorio); Psyché (soffio vitale,
spirito); Iatréia (l’arte del prendersi cura). Beneduce= etnografia politica della sofferenza dove studiati i
legami sociali dentro i quali la sofferenza e malattia mentale emergono.

Etnopsichiatria è una multidisciplina tra l’antropologia e la clinica (prima capisci a livello clinico e poi capire
perché di questo disagio a livello antropologico: pluridisciplinarietà non simultanea) applicabile a tutti i
sistemi di cultura altri che tratta della relazione tra malattia-cultura-cura e non una branca della psichiatria
perché tratta dell’influenza del contesto dentro cui nascono e si sviluppano le malattie. La necessità di un
approccio storico-genealogico (evento coloniale e tutti i rapporti egemonici/sociali) e socio-politico
(complessità della questione migratoria nella società odierna). Cfr. Mami Wata/la taranta/possessione=
incorporazione (embodiment) contatto con forze sociali, economiche, politiche, storiche che plasmano il
corpo. Henri Collomb= l’assistenza è ripensata a Fann: si prova a curare la sofferenza psichica socializzando.
Nasce il disturbo da stress post traumatico= lega sofferenza a trauma connettendola con le situazioni di
violenza. Mettere sullo stesso piano vittima e torturatore è sbagliato nel PTSD, è l’oppressore che ha fatto
scattare questa sofferenza e se ne soffre è giusto che ne soffra. Lo vedono impazzire per le strade che
minaccia di uccidersi, gli vogliono fare un TSO ma lui non vuole perché è arrabbiato con le autorità: lui
aveva guidato senza patente perché stava accompagnando un’amica all’ospedale e gli hanno ritirato la
macchina: bisogna capire il motivo.

MIGRAZIONI DI RITORNO

Glemch definisce il ritorno come quel movimento degli emigranti che ritornano nel paese d’origine per
ristabilirvisi. Da includere l’eterogeneità delle situazioni di ritorno: da quelli temporanei, ai ritorni obbligati,
sino ai percorsi definiti ‘ancestrali’ (cioè mossi dal senso di appartenenza ad una comunità diasporica legata
idealmente a una patria comune). Ritorni volontari vs. ritorni obbligati/forzati= associato al termine
‘rimpatrio’, cioè quel ritorno che avviene non per iniziativa del migrante ma per imposizioni altre (autorità
politiche, disastri naturali, circostanze familiari, etc.). Una linea di analisi = Ritorno classico è quella che
esplora il nesso tra ritorno e sviluppo socioeconomico delle comunità d’origine. Trasformarsi in ‘promotori
di sviluppo’= incidono positivamente sul contesto d’origine. Le competenze di rete che sono la conoscenza
di reti di contatti all’estero fondamentali per captare le opportunità internazionali. Una seconda linea di
ricerca sul ritorno analizza i processi di reinserimento dei migranti, oggi si parla di homecoming. I ritorni
forzati: ritorno a mani vuote sono più soggetti degli altri a quel sentimento di spaesamento che è stato
definito reverse culture shock, ad indicare il trauma della perdita di punti di riferimento nell’incontro con
un contesto che si presenta irriconoscibile (vergogna dell’espulsione nella percezione del migrante +
stigmatizzazione e invisibilizzazione della società).

Un’altra questione riguarda il ritorno dei rifugiati ed esiliati, che in questi casi deve fare i conti con un
processo di home-making, cioè di ricostruzione del senso da attribuire alla nozione di casa. Le famiglie di
Hong Kong quando hanno i figli li crescono istruiscono in Canada e poi li fanno tornare a Hong Kong perché
polo d’attrazione economico e professionale, mentre il Canada per la qualità della vita: la capacità di
muoversi in uno spazio transnazionale permette loro di approfittare dei vantaggi di entrambi i paesi
(etnografia del ritorno pendolare).

Co-sviluppo

Co-sviluppo= risemantizzazione del migrante (da criminale a utile per apportare qualcosa al paese
d’approdo, visione sbagliata perché il migrante non ti deve niente) perché si inizia a vedere come utile
quando funge da mediatore tra il paese d’approdo e d’origine intessendo dei rapporti di tipo economico-
sociale-politico. Associazione commerciale che commerciava prodotti del Ghana in Italia e quindi apriva una
prospettiva transazionale giovando nel paese d’approdo e d’origine. Finanziamenti soprattutto da Italia,
Francia e Spagna e accordi tra paese di origine e di ritorno. Vuoi dei soldi perché non soddisfatto
dell’esperienza o per iniziare un progetto nel tuo paese di origine? Te li do io. 2 barriere principali: 1. È
necessario che sia inserito nel tessuto sociale del paese d’approdo. 2. È necessario trovare un punto di
incontro tra paese d’approdo e paese d’origine per essere un mediatore e convincere entrambi i paesi
all’attivazione dei progetti di co-sviluppo. I limiti di queste attività sono dovute alle barriere e ostacoli di
queste persone che devono iniziare a costruirsi una vita nel paese di approdo; capacità di attivarsi
attraverso i confini nazionali attivando reti sociali e individuare gli attori chiave con cui creare una relazione
nella società ospite. Non è detto che tutti riescano a fare da intermediari tra questi due mondi, per questo
ci sono persone investite a livello comunitario a cui sono riconosciute capacità oratorie/di negoziazione.

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