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3 LA NARRAZIONE COME PERCORSO DI AUTOCURA

gli esseri viventi pensano per storie, che rispecchiano la molteplicità dei punti di vista e la pluralità: aiutano
a traghettare da una contingenza ad altre contingenze

→ non è quindi strano che la migrazione, esperienza di rottura delle regole e che rende necessario il
passaggio ad un’altra contingenza, incoraggi chi migra a rinarrare il proprio vissuto (così da combattere lo
straniamento che prova nel non conoscere le nuove regole )

= l'esperienza migratoria rappresenta un'estremizzazione del processo di individuazione della società


moderna e contemporanea, che sottrae al soggetto le tradizionali coperture collettive

nel ridefinire la società contemporanea, dato che le migrazioni, con le loro ingiustizie e ineguaglianze, ne
sono un fatto totale, è necessario denunciare l'ambiguità dell'individualismo moderno la pedagogia della
cura riconosce la narrazione (auto)biografica come strumento utile a circoscrivere la sofferenza, controllare
le crisi e ricomprendere gli eventi in un ordine temporale dotato di senso→ si conferisce alla persona la
consapevolezza necessaria per organizzare teleologicamente i suoi desideri e progetti

il senso della migrazione si esplicita nella pratica di un racconto che sia capace di mitigare e contenere la
violenza di quell'esperienza → grazie alla penna molti hanno intrapreso un cammino di emancipazione e
riscatto sociale e morale che, con il racconto, vogliono mostrare a loro stessi

il soggetto migrante vive una condizione di squilibrio tra passato e presente: la narrazione è ciò che gli
permette di sviluppare la sua auto-osservazione e autoriflessione, così da riorganizzarsi meglio sia
cognitivamente che emotivamente => il racconto offre al migrante un antidoto contro lo straniamento, che
trova forme, parole, immagini per esprimersi; queste parole e forme diventano lo strumento principale con
cui sostenere e controllare l'evento critico

la narrazione è in grado di favorire al tempo stesso un rinegoziazione continua, poiché non isola un
linguaggio concluso, ma mantiene quel carattere liquido che favorisce i movimenti continui dei confini del
sé il migrante condivide col soggetto nomade il senso di responsabilità dello stare al mondo; per questo
sente il bisogno (e il dovere) di tracciare percorsi di senso e narrazioni che per lui non esistono più in
maniera aprioristica, ma si sviluppano continuamente col proprio vissuto materiale, interiore e simbolico →
entrambi sono votati dalla decostruzione di ogni senso di identità fissa, per resistere all'omologazione
culturale

è nel corso della narrazione che i legami e le affiliazioni si costruiscono, proprio perché al centro della
riflessione ci sono l'esperienza della persona e del gruppo d'appartenenza

questo mostra chiaramente la necessità di trasformare la struttura originaria; il migrante invita l'impegno
pedagogico a ripensare in termini mobili e interazionisti il concetto di identità, difendendo una soggettività
che diventa il punto focale di una moltitudine (e non di un'unica appartenenza)

!! in quest'ottica, la pratica autobiografica in una narrazione migrante diventa un dispositivo pedagogico


per comprendere la strategia di perenne riposizionamento dei soggetti dislocati !!

sono infatti le dislocazioni, geografiche e identitarie, che mettono in scena le identità complesse di quei
soggetti che si trovano a transitare in spazi di confluenza: l'esperienza narrativa autobiografica rappresenta
di per sé stessa un'esperienza di migrazione

ci si sporge al di fuori di sé in un movimento continuo fra il qui e l'altrove, il prima e il dopo, alla ricerca di
un sé differente nel caso specifico dei migranti, questo movimento è doppio: è un viaggio formativo nel
viaggio tra due mondi, necessario per ridefinire e accettare la propria identità

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quindi: la narrazione può essere considerata un vero processo di Bildung, un continuo tentativo auto-
formativo di ricerca di senso e di sé (fra identità e narrazione si instaura quindi un fortissimo legame !!)

CAP 2: LA GERMANIA, PICCOLA AMERICA

il secondo dopoguerra fu un punto di svolta nelle dinamiche migratorie europee: il vecchio continente
diventa uno dei poli di maggiore attrazione

 per capire la genesi della Migrantenliteratur in RFT è necessario ripercorrere le politiche e i discorsi fatti
sull'argomento, così da inserire il fenomeno nel contesto dell'epoca

2.1: i retroscena dell'emigrazione le emigrazioni costituiscono un fatto sociale totale, che provoca
cambiamenti e sconvolgimenti nella società di provenienza e in quella di accoglienza (Sayad); di qui la
distinzione tra emigrazione e immigrazione

in origine l'emigrazione verso i paesi europei era limitata temporalmente e ispirata agli interessi economici
dei paesi più sviluppati: in seguito all'industrializzazione del XIX secolo gli stati più industrializzati, tra cui la
Germania, potevano far fronte al bisogno di manodopera soltanto mediante stranieri

 l'emigrazione più recente comincia con gli anni '50; con gli anni Sessanta, il boom economico rende
Francia, Germania, Svizzera, Regno Unito, Belgio e Olanda estremamente bisognose di manodopera:
vengono avviati così i programmi di reclutamento attivo di Gastarbeiter in Turchia, Jugoslavia e Africa del
Nord  il flusso migratorio segue quindi asse Sud – Nord

la fine del colonialismo determina inoltre uno spostamento di massa verso la madrepatria, soprattutto in
Francia e Inghilterra: in Germania la situazione era diversa perché non si disponeva un bacino di
manodopera ex-coloniale a cui attingere

1955: la RFT stipula con l'Italia il primo accordo bilaterale per il reclutamento di lavoratori stranieri;
seguirono stessi accordi con Spagna e Grecia, Portogallo, Turchia, Marocco, Tunisia e Jugoslavia => questo
strumento degli accordi statali era una novità

era il ministero federale del Lavoro che gestiva la stipula di questi accordi, stabilendo coi suoi omologhi
stranieri le destinazioni e i tempi degli espatri si regolamenta così ogni fase dell'emigrazione:

ne si definisce la durata collegata al contratto di lavoro (al termine scade il permesso di soggiorno) questo
modo di gestione dell'emigrazione dall'alto è una forma di controllo, che rende il fenomeno il più
temporaneo possibile: si voleva governare la congiuntura economica senza attivare circuiti di cittadinanza
per i migranti (è da qui che nasce il termine Gastarbeiter, lavoratori-ospiti)

in una prima fase, venivano reclutati donne e uomini, giovani e sani, senza legami famigliari, alloggiati in
baracche intorno alle fabbriche o in pensionati nelle periferie

=> i contratti un questione favorivano ovviamente gli Stati-reclutatori; benché molti stati di provenienza
sostenevano il vantaggio di questo sistema, in realtà non si provocava altro che l'impoverimento della
struttura economico-produttiva del paese di provenienza, a cui era sottratta manodopera qualificata

2.2: il contesto giuridico gli accordi bilaterali tra RFT e i paesi di emigrazione si svolsero in parallelo alle
trattative per l'istituzione della Comunità europea unica:

– 1957: Trattato di Roma, si sancisce la libera circolazione di lavoratori comunitari: il comma 3 prevede
però delle restrizioni per giustificati motivi questo fa sì che i lavoratori marocchini, tunisini e turchi, a
differenza di quelli italiani, subirono un'ulteriore penalizzazione della loro permanenza in suolo tedesco

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sul fronte interno infatti la RFT promuove leggi molto restrittive sull'immigrazione: si volevano limitare gli
accessi, favorendo però l'integrazione dei migranti tedeschi già presenti nello stato

in quest'ottica viene varata nel 1965 la Auslaendergesetz, la Legge sugli Stranieri: ribadisce la temporaneità
del soggiorno, che per chi non rientrava nel trattato europeo, era subordinato alla durata del contratto di
lavoro

questa legge regolerà l'immigrazione fino al 2000, quando una nuova legge sulla cittadinanza la estende ai
bambini nati in suolo tedesco da stranieri: fino ad allora viene lasciata ai funzionari dell'immigrazione
discrezionalità assoluta nel concedere o negare il rinnovo del permesso di soggiorno

2.2.1: il potere di una legge sull'immaginario collettivo: la costruzione del pregiudizio

il varo della legge del '65 venne preparato con discorsi che reclamavano una più severa legislazione in
materia di immigrazione → nel discorso pubblico inizia a circolare così il problema dei Gastarbeiter,
assimilati ad una classe sotto-proletaria e potenzialmente sovversiva

questo status sociale si sposava con la creazione di pregiudizi morali negativi che aumentavano a dismisura
la costruzione, tra la popolazione, di un'alterità pericolosa e nemica

nella costruzione e diffusione del pregiudizio, il piano istituzionale del legislatore è direttamente collegato
ai comportamenti discriminanti degli autoctoni: egli infatti, utilizzando una determinata terminologia e
promulgano determinate leggi, influenza con la sua autorità la massa, dalla quale è al contempo lui stesso
influenzato nella ricerca di consenso

Wieviorka riconosce quattro livelli di produzione e manifestazione del pregiudizio etnico e culturale e del
razzismo:

1) l'infrarazzismo: legato alle circostanze, non sistematico e non ideologico. è riconducibile più a forme e
convinzioni xenofobe che pienamente razziste, che si risolvono spesso nella specificità delle situazioni

2) razzismo frammentato: si manifesta apertamente e diventa quantificabile

3) razzismo politico: quando quello frammentato diventa ideologico e viene assunto come principio
ispiratore. diventa così parte di un progetto di società ben definito

4) razzismo di Stato: si ha quando lo Stato stesso di organizza sulla base di un'ideologia razzista e mette in
atto politiche di esclusione e discriminazione di massa

nella RFT, la legge sugli stranieri del '65 cristallizzava per negazione (straniero è colui che non è tedesco ai
sensi dell'art.116 comma 1 della Costituzione) la rappresentazione dell'altro, come un'eccezione alla norma
positiva dell'appartenenza nazionale

a partire da questa legge, nacquero altri provvedimenti escludenti:

– il blocco degli arrivi, 1973

– agevolazione dei rientri nei paesi d'origine

=> l'immigrazione è trattata unicamente in termini di ordine pubblico

l'esistenza di un nesso così stretto tra leggi e immaginario collettivo, tra diritto e senso comune, dimostra il
circolo vizioso che si crea ogni volta che c'è bisogno di un capro espiatorio per giustificare un malessere del
tutto interno

la disuguaglianza giuridica stigmatizza come inferiore chi non ha diritti, emanando una quasi legge di
natura, che alimenta stereotipi e pregiudizi
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2.2.2: la posizione legale dei migranti

quali erano i diritti che la legislazione tedesca concedeva ai migranti?

ai lavoratori stranieri erano negate alcune tra le più importanti garanzie costituzionali: come la possibilità
di avere il permesso di soggiorno

anche quando concesso, per un periodo sempre limitato, erano comunque negati i diritti fondamentali
della Costituzione gli stranieri godono di tutti i diritti fondamentali ad esclusione di quello della libertà di
assemblea, di associazione, di libera circolazione, della libera scelta professionale, lavorativa e formativa,
nonché di quello della protezione all'estradizione

inoltre: nei diversi Laender il trattamento ai non-tedeschi era estremamente variegato, dato che fino al
1990 ogni regione poteva stabilire le proprie norme

[le regioni governate dai socialdemocratici SPD tendevano a cercare di ridurre l'esclusione dei lavoratori
stranieri → ad es, nell'educazione religiosa, si cercò di introdurre una sperimentazione di educazione
religiosa // le regioni governate dai cristiani-democratici CDU adottavano politiche molto più restrittive;
nell'educazione religiosa si optò per un modello affidato e gestito in toto dalla Turchia, così che
l'educazione diventò un indottrinamento religioso che stigmatizzava l'incontro con la società tedesca
considerata priva di valori e secolarizzata]

2.3: Gastarbeiter sì, cittadini no

la RFT ha adottato un sistema di istituzionalizzazione della precarietà: lo stato incoraggiava gli immigrati a
coltivare la propria cultura originaria in vista del loro ritorno nel paese di origine

l'integrazione dei lavoratori-ospiti nella società tedesca era ritenuta un inutile costo sociale, dato che il loro
orizzonte esistenziale prevedeva il rientro in patria il fatto che fin dall'inizio lo Stato tedesco abbia rifiutato
la sua condizione di paese d'immigrazione ha avuto molte ripercussioni legali sulla posizione degli stranieri

il 23 novembre 1973, in seguito al primo shock petrolifero, fu decisa la sospensione del reclutamento per
limitare l'arrivo di nuova manodopera in realtà la crisi del petrolio fu usata come giustificazione di questa
decisione, non la causa: già dalla fine degli anni Sessanta si era capito che la permanenza dei lavoratori si
stava prolungando (ed era seguita da sempre più ricongiungimenti famigliari)

nonostante la sospensione del reclutamento, il numero di stranieri continuò ad aumentare: in seguito le


cifre si stabilizzarono, ma non diminuirono mai come secondo le previsioni dei legislatori

// l'idea originaria di una rotazione costante di lavoratori senza legami familiari era stata abbandonata dagli
stessi imprenditori: a che scopo formare manodopera specializzata e produttiva per andarla a sostituire di
nuovo a breve?

tuttavia → la società tedesca non era pronta ad accogliere sul lungo termine questi stranieri e le famiglie:

– nessuno si era posto il problema di dove i figli degli stranieri dovessero andare a scuola

– nessuno si era posto il problema di dove questa famiglie potessero andare a vivere (donne e bambini non
potevano stare nelle baracche delle imprese)

– la previdenza sociale, fino ad adesso, aveva incassato i contributi di lavoratori stranieri senza dare niente
in cambio: l'insediamento definitivo presupponeva una retribuzione pensionistica a cui nessuno aveva
pensato

la società fu così costretta a confrontarsi coi bisogni che le generazioni precedenti non avevano espresso

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+ la conformazione urbanistica stesse delle città iniziò a cambiare: la maggior parte degli stranieri si
concentrò in quartieri dove gli affitti erano bassi (per tutti gli anni Ottanta la prima generazione di immigrati
ha mostrato una forte propensione al risparmio che combinata coi salari minimi li faceva vivere in
condizioni di pura sussistenza)

2.4: lo stigma sul diverso:bil modo in cui il discorso pubblico utilizza i concetti di integrazione e
assimilazione

– nel 1981, il presidente della Repubblica von Weizsaecker si esprime in questi termini: a coloro che sono
pronti ad integrarsi è necessario dare ogni aiuto immaginabile

– la CDU di Amburgo stigmatizza la minoranza turca come “il gruppo meno disposto ad integrarsi, ma che al
tempo stesso mostra la minor disposizione a far rientro in patria”

nel secondo esempio l'integrazione viene apertamente intesa come adattamento parziale; anche la
dichiarazione di von Weizsaecker intende integrazione secondo il significato invece di assimilazione = la
rinuncia alla propria cittadinanza come prezzo da pagare per una pacifica convivenza (integrazione =
possibilità concessa di inserirsi nella società salvaguardando i propri valori sociali e la cultura originaria)

l'esistenza degli stranieri si riconosce solo nel settore produttivo: l'integrazione diventa così un premio per
chi accetta il percorso di inclusione dettato da regole assimilatorie

secondo una tale ottica, l'immigrazione resta una questione a cui dare risposte strutturali: bisogna
rassicurare il cittadino con il mantenimento dello straniero nello stato di subordinazione necessario perché
continuino ad essere scaricate su di loro le mansioni più pesanti e le responsabilità di adattarsi alla società
ospitante ciò presuppone una nuova classificazione: tra i singoli/gruppi che vogliono/non vogliono
integrarsi → questa divisione tra stranieri capaci di integrarsi e stranieri incapaci di farlo, a cui viene negata
la permanenza, svolse una funzione di legittimizzazione della politica repressiva verso gli ultimi

in periodo di crisi, molti tedeschi riconducono le loro paure non a fattori socio-economici, ma li catalizzano
verso un capro espiatorio: quei gruppi di stranieri che erano in realtà colpiti per primi dalla crisi

i gruppi sociali che vedono minacciata la loro posizione cercano un gruppo esterno o un singolo emarginato
su cui indirizzare la propria aggressività: è questo gruppo esterno che viene additato come colpevole

la costruzione del capro espiatorio trae origine da opinioni condivise, preferenze, e pregiudizi; la scelta della
vittima è fatta sulla base di caratteristiche che siano in grado di distinguerla nettamente dal proprio gruppo
di appartenenza => la vittima deve essere visibile, a portata di mano, e debole

2.5: più stranieri di altri, il “caso” turco

agli inizi degli anni Ottanta, il cancelliere Kohl, CDU, voleva rispedire in patria la metà dei turchi che
vivevano in Germania; in un colloquio col primo ministro inglese Tatcher afferma che c'è necessità di
ridurre il numero dei turchi del 50%

rispetto agli altri lavoratori-ospiti, i turchi “provengono da una cultura molto diversa; uno su due se ne deve
andare e i rimanenti devono essere istruiti nelle scuole tedesche” => sono le parole e il pensiero di
un'epoca in cui l'Unione democratico-cristiana rifiutava di accettare che la Germania fosse diventata da
tempo un paese di immigrazione: nel 1983 infatti venne promulgata una “Legge per agevolare il rientro”
che dava agli stranieri che accettavano di andarsene una somma di denaro (solo mezzo milione accettò
l'offerta)

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affermare che erano gli immigrati turchi a costituire un problema per la società era l'ennesimo
capovolgimento dei fatti, dato che erano le condizioni legali ed economiche che questi vivevano in RFT che
rappresentavano un problema per la loro integrazione, non viceversa

i principali pregiudizi sulla minoranza turca:

– le differenze etnico-culturali erano la causa dell'atteggiamento di rifiuto di questi lavoratoriospiti, e quindi


ciò che finiva per provocare attriti e disprezzo

– l'immagine stereotipata della famiglia patriarcale anatolica, contadina e arretrata, pietrificata nella
tradizione islamica, che condannava le donne ad essere analfabete e schiave dell'uomo => si cristallizza così
il volto di una nazione che in realtà era in veloce cambiamento

– i turchi svolgevano lavori umilissimi, per cui erano incolti e non specializzati: al contrario, gran parte di
questi erano estremamente qualificati, più di quanto richiesto dal lavoro che facevano abitualmente

– i turchi si isolano volontariamente, cercando di rinsaldare nel ghetto la loro comunità nazionale; era in
realtà la riluttanza dei tedeschi ad affittare ai turchi a costringerli a concentrarsi in case fatiscenti in zone
periferiche

2.5.1: dal passato al presente: continuità o cambiamento

ancora oggi è difficile rintracciare una visione unanime della condizione della popolazione turca in
Germania

a partire dagli anni Novanta inizia a delinearsi un ceto medio turco, che provoca così un cambiamento degli
stili di vita della comunità: l'omogeneità con cui si era descritta la prima generazione di turchi Gastarbeiter
ora non è più adeguata per descrivere la comunità la frequenza delle scuola pubbliche ha iniziato solo in
tempi recenti ad offrire alle quarte e quinte generazioni la possibilità di mobilità sociale promessa dalla
scuola: tuttavia i problemi di istruzione rimangono → nel 2010 risulta che uno su cinque dei turchi in
Germania ha una scarsa conoscenza della lingua tedesca

2.6: cultura, migrazioni, etnie: attori e discorsi

A riguardo con gli anni Ottanta il discorso sul concetto di cultura e cultura della migrazione si polarizza: due
studiosi (attivi nella diffusione e riconoscimento della Gastarbeiterliteratur) propongono due approcci
distinti

– la germanista Ackermann offre una definizione specifica per la cultura della migrazione: essa include i
concetti di valore e le forme del rapporto con gli altri, che comprendono la cultura del cibo, dell'abitare, del
vestire, i media e l'ambito artistico => approccio multiculturale

– il critico letterario Hartwig sostiene che nella prassi culturale si interpretano simbolicamente le esperienze
interiori ed esteriori dei soggetti e nel farlo di producono rapporti sociali => approccio interculturale

il concetto di multiculturalismo si riferisce alla convivenza di più culture, nel rispetto reciproco, all'interno
della stessa società: alla base c'è il concetto che le minoranze mantengano le proprie peculiarità,
salvaguardando il loro diritto a resistere nella società di accoglienza

il multiculturalismo comprende diversi modelli normativi, accomunati da:

– il primato del gruppo d'appartenenza rispetto al singolo

– la definizione dell'identità personale

– la spazializzazione delle differenze (assegnare a diversi gruppi luoghi separati)


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– il relativismo per cui si riconosce una equivalenza fra i sistemi valoriali propugnati dalle culture dei diversi
gruppi

è su quest'ultimo punto che il multiculturalismo si mostra debole: questa concezione sottolinea la logica
dell'appartenenza piuttosto che la logica relazionale

la realtà prodotta da questo approccio ha portato, come in Gran Bretagna e Australia, all'esclusione delle
minoranze e alla loro non partecipazione alla società e cultura della maggioranza

il concetto interculturale sottintende invece che le culture non sono monoliti, ma prodotti di sistemi
simbolici mobili, che si confrontano tra di loro, si intrecciano e si influenzano reciprocamente

la cultura non è qualcosa che esiste in quanto tale, i suoi simboli esistono solamente perché le persone li
usano, li condividono e socializzano

nel discorso sul tema della migrazione, il concetto di cultura suscitava nell'arena politica tedesca diffidenza,
e dava adito a posizioni contrapposte: si parlava di inquinamento della cultura tedesca a fronte dei troppi
stranieri presenti

≠ il Comitato per gli Stranieri di Berlino sottolineava come fosse la posizione legale degli stranieri a influire
sula loro identità culturale

Pazarkaya, intellettuale e scrittore turco, avvertiva infatti che era impossibile realizzare gli sforzi di
integrazione degli stranieri senza cambiare le leggi che li riguardavano (“non si possono integrare uomini
con gli stessi doveri ma con meno diritti”)

per mantenere quindi la loro identità storico-collettiva, gli immigrati turchi opponevano una forte
resistenza simbolica al potere uniformante della cultura tedesca (ad esempio le letture del Corano e il velo
femminile: sono strategie difensive che permettevano di ancorarsi a qualcosa di noto)

+ raramente gli stranieri prendevano la parola all'interno di questo dibattito sempre crescente; per questo
motivo si rivendica l'uscita dalla posizione di oggetto mediante l'espressione artistica = obiettivo: incidere
sulla realtà tedesca, che relega la cultura migrante in posizione subalterna gli autori della
Migrantenliteratur intuiscono che le politiche sociali della RFT hanno come missione quella di mantenere le
culture altre in posizione subalterna: vedi l'ambito scolastico, con una pedagogia compensativa per stranieri
e le scuole per stranieri

=> in questo modo i soggetti perdono la loro soggettività e sono percepiti unicamente come membri di una
certa cultura, quindi identificano un determinato popolo (la missione di preservare le culture altre non è
altro che una conservazione della propria !!)

è già in queste osservazioni che si anticipa l'approccio interculturale: gli autori capirono che era necessario
un progetto di interazione basato sull'apertura di una cultura alle altre, in un processo di apprendimento
reciproco e di interscambio creativo

quindi: il fenomeno dell'immigrazione in RFT è caratterizzato da una logica dell'accoglienza strumentale e


utilitaristica: i migranti vengono inseriti soltanto in specifici contesti la prospettiva dell'immigrato era di una
permanenza temporanea; gli è concesso il mantenimento delle sue specificità culturali ma lo si accusa poi
di essere restio all'integrazione

gli stranieri erano solo a disposizione dell'andamento economico della nazione d'accoglienza

CAP 3: L'ORIGINE DELLA LETTERATURA MIGRANTE NELLA RFT

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3.3: gli autori da lavoratori-ospiti a migranti

Le difficoltà definitorie presentate precedentemente derivano dalla riduttività e stigmatizzazione che


conseguiva la limitazione della letteratura sulla migrazione agli autori che provenivano da tradizionali paesi
d'emigrazione

fino alla metà degli anni Ottanta, buona parte di essi erano già scrittori professionisti; le cause della loro
migrazione erano molteplici:

– scelta imposta da motivi economici

– scelta dettata da insoddisfazione per il clima politico e culturale del loro paese d'origine

– motivi accademici/specializzazione professionale non bisogna quindi considerare tutti questi Gastarbeiter
nel senso classico del termine: una piccola parte degli autori della prima generazione appartiene infatti alla
classe operaia

questa generalizzazione si è poi trasferita anche sugli scrittori della seconda generazione: sono questi ad
essersi il più delle volte interrogati sulle qualità stilistiche della loro opera (rimarcano il valore universale
della letteratura)

comprendono che se la Gastarbeiterliteratur vuole sopravvivere artisticamente è necessario un


affinamento dello stile e l'apertura ad altre tematiche

questa prospettiva muta ulteriormente per i giovani della terza generazione, arrivati in Germania da piccoli
o lì già nati; la loro scrittura rivela un processo di autocoscienza da cui traspare il senso di smarrimento e la
ricerca d'identità culturale

=> per loro la letteratura è ancora uno strumento terapeutico, che supplisce alla comunicazione che non
riescono ad instaurare né con la società né coi genitori; lo stile è un lusso che non si possono ancora
permettere

fino alla metà anni Ottanta: gli scrittori delle minoranze erano promotori di una letteratura operaia per i
temi, interculturale per le implicazioni espressive e tedesca per il confronto rivendicativo con la realtà del
paese di accoglienza

fine del decennio: le forme della letteratura cambiano perché si rivelano troppo pressanti per le seconde e
terze generazioni => si ricercano modelli estetici in grado di esprimere la loro ricerca esistenziale di uno
spazio terzo

3.4: la diffusione editoriale della Migrantenliteratur

questa letteratura inizia ad essere conosciuta a partire dal 1979; il 1983 può essere considerato l'anno di
maggiore diffusione (appaiono varie pubblicazioni individuali, diciassette antologie e numerose
miscellanee)

i testi erano pubblicati da case editrici di nicchia, fondate spesso da editori appartenenti a quelle minoranze
specifiche → la Arat, fondata nel '78 da Dogan aveva infatti l'obiettivo di

– rivolgersi al pubblico più giovane di origine turca per sostenerne la resistenza contro l'appiattimento
assimilatorio e l'acquisizione di una cultura di massa sovranazionale

– promuovere il superamento di una cultura essenzialmente ridotta al piano folcloristico al lettore turco si
proponevano quindi una letteratura turco-tedesca del mondo del lavoro e letteratura turca contemporanea
le case editrici tedesche di rilievo hanno pubblicato nel corso del decennio soprattutto antologie e edizioni

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su licenza; le poche informazioni riguardo stampa e tiratura di questi lavori confermano il sospetto che
questa letteratura fosse molto meno stampata e letta dei saggi specifici sulla migrazione

a partire però dal 1983 una sezione apposita nella storia della letteratura viene consacrata alla letteratura
degli autori stranieri + la rivista LiLi consacra un interno numero monografico su questo genere anche il
crescente numero di premi (sempre e comunque ad hoc) dimostra il lento sdoganamento della letteratura
migrante (premio della città di Offenbach a Scheinhardt pr organizzare nella biblioteca attività culturali per
stranieri // premio dell'Accademia delle Arti bavarese a Biondi e Oren)

3.5: le antologie, la ricerca di una tribuna pubblica

le antologie hanno rappresentato negli anni Ottanta la risposta alle richieste degli autori di un luogo di
ascolto e di un pubblico più ampio e differenziato

→ molte antologie promuovono istanze progressiste; autori ed editori si schierano contro la xenofobia della
RFT criticando la legge sugli stranieri del '65: si rivendicavano i diritti fondamentali delle ormai seconde e
terze generazioni che non potevano più essere relegati alla condizione di cittadini di seconda classe

l'importanza di questa espressione letteraria sta nel fatto che i diretti interessati prendono la parola e
riescono a formulare bisogni, desideri ed emozioni troppo a lungo taciuti

- l'antologia Zu Hause in der Fremde affronta temi e impressioni tipiche dei Gastarbeiter:

- ricordi dei sogni che avevano preceduto l'emigrazione

- vita nei dormitori e pensionati

- isolamento

- perplessità di fronte ad una lingua aliena

- quotidiane esperienze di pregiudizi e razzismo

- malattie da stress

- corruzione valori tradizionali

=> il volume vinse nel 1983 il premio Ebert per miglior libro politico

3.6: tedesco o madrelingua? nella scelta un progetto

in Germania la lingua ha sempre rappresentato un aspetto di fondamentale importanza: la coscienza


nazionale tedesca si basa proprio sull'ideologia ottocentesca di Herder e dei fratelli Grimm, che enfatizzano
l'importanza del Volk tedesco e della sua lingua

ancora oggi si richiede la conoscenza della lingua nazionale agli stranieri che vogliono acquisire la
cittadinanza: la logica di questa richiesta sta nelle difficoltà d'integrazione di un individuo che non parla la
lingua della maggioranza (l'acquisizione della lingua promuove autostima sociale e senso di appartenenza)

il fatto che i primi autori abbiano scelto di scrivere in tedesco oppure nella loro lingua madre dipende da
una pluralità di fattori:

– la premessa per una scrittura in tedesco è la conoscenza dello stesso; bisogna sapersi esprimere
adeguatamente in quella lingua (più un autore resta in Germania più osa esprimersi in tedesco)

– le possibilità e le modalità espressive del tedesco sono molto diverse da quelle del turco, e la scelta
dell'una o dell'altra è quindi motivata dalle intenzioni stilistiche degli autori

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la scelta del tedesco permette di introdurre elementi di ironizzazione sul Gastarbeiterdeutsch, quel
linguaggio semplificato coi verbi all'infinito che i nativi usavano quando si trovavano di fronte ad uno
straniero ≠ la scelta della lingua madre consente di giocare con testi in cui si inseriscono spezzoni di frasi
tedesche (commistione linguistica)

anche l'obiettivo ovviamente influenza la scelta della lingua di scrittura:

• gli autori della collana Suedwind Gastarbeiterdeutsch e del PoLiKunst assegnano alla scelta del tedesco
una duplice valenza, nell'ottica della resistenza e della solidarietà

la condanna alla passività politica, sociale e culturale produsse infatti la volontà di articolare i propri diritti in
maniera diretta → la lingua, pensata come semplice mezzo per farsi comprendere, assume un peso del
tutto differente perché diventa la premessa fondante per la conquista di quei diritti negati

scegliere di esprimersi in tedesco permette un discorso diretto tra le varie minoranze ed in seguito tra esse
e la realtà tedesca: è un passo decisivo verso un avvicinamento tra culture

• scegliere la lingua madre voleva dire volersi rivolgere al proprio gruppo nazionale od ai lettori rimasti in
patria

tra gli autori turchi soprattutto si manifesta in maniera evidente la tendenza a difendere il proprio status di
minoranza con il mantenimento della lingua madre e della propria cultura

=> tentativo di rimettersi in continuità col fluire della storia della propria famiglia, ricomporre le parti
separate, sentirsi in armonia con il proprio mondo di riferimento

 il poeta Aras Oren era tra i più accaniti sostenitori della lingua madre: è consapevole che la fedeltà alla
lingua materna non sta nella sua passiva riproduzione ma nella libera esposizione alle ricchezze che
derivano dalla sua apertura

le parole di una lingua non sono entità statiche, fissate in un significato dato: esse maturano, data la
tendenza stessa della lingua a trasformarsi nel suo caso quindi la letteratura non è né propriamente tedesca
né propriamente turca, bensì è l'elaborazione e il prodotto di entrambe

CAP 4: CHI PARTE, CHI RESTA, CHI VIVE TRA DUE MONDI: LA LETTERATURA MIGRANTE TURCA

4.3: la migrazione nel vissuto di chi parte

se la gran parte dei turchi si sposta in RFT tra gli anni Settanta e Ottanta per motivi economici, c'è anche
una grande parte di turchi che decidono di provare sulla pelle l'esodo dei connazionali per poterne scrivere

molti di questi commisero errori di valutazione e sottovalutarono la complessità del compito che si
proponevano; molte di queste opere, infatti, sono rimaste alla superficie del problema, senza approfondire
le riflessioni sulle caratteristiche del paese di adozione

risulta quindi più proficuo ragionare sui contributi letterari degli scrittori che già da tempo risiedono in
Germania e sono quindi in grado di valutare con occhio attento le ripercussioni identitarie, sociali e culturali
della migrazione

4.3.1: Fakir Baykrut, dalla pedagogia alla letteratura

Baykrut nasce in un piccolo paese turco nel 1939 ed emigra in Germania nel 1979; le sue umili origini non
gli impediscono di prendere il diploma di maestro elementare e cominciare ad insegnare, scrivendo nel
tempo libero racconti e novelle, queste due attività parallele gli procurano in patria una fama notevole;
sostiene la politica kemalista che aveva introdotto l'istruzione obbligatoria, laica e statale (anche per le
donne)
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Baykrut trae ispirazione dalle riflessioni pedagogiche maturate dal suo percorso professionale: contadini,
persone semplici delle campagne anatoliche sono i protagonisti dei suoi racconti in cui rispecchia il dissidio
interiore di chi vede sgretolarsi i valori tradizionali della società contadina per lasciare il posto a quelli della
società industriale

nel 1972 Baykrut, in pensione, decide di emigrare e vivere di persona l'esperienza della migrazione

grazie alla sua esperienza pedagogica, Baykrut in Germania segue a Duisburg un progetto sperimentale di
promozione del dialogo interculturale

promuove così un servizio di sostegno e sviluppo delle potenzialità di ragazzi stranieri: questo progetto ha
un successo straordinario, data la partecipazione entusiasta della comunità turca della città

 romanzo a puntate Ali der Kluge: si ricostruisce la biografia di formazione di Alì, che nel corso degli anni
supera le crisi di identità provocate dalla scissione tra le due patrie il passato dell'autore lo porta a
cimentarsi a fini pedagogici con una pratica di narrazione biografica che è individuale, perché è di Alì, ma
anche collettiva, perché in Alì si incarnano tutti i coetanei

il genere del Bildungsroman permette a Baykrut di seguire l'origine, l'evoluzione e la crescita di un giovane
verso la maturità => promuove così l'integrazione sociale

la prospettiva da cui analizzare e intendere questo lavoro è duplice:

– il contenuto, che ripercorre la formazione dell'eroe nel suo inizio e nel suo sviluppo

– l'accezione pedagogica, perché la rappresentazione esemplare di una biografia di apprendimento


permette la formazione del lettore in modo più vasto e approfondito per Baykrut infatti l'educazione del
lettore è un aspetto da non sottovalutare; scrivendo pensa ai giovani fruitori, che cercano risposte sul senso
della vita e soluzioni di portata esistenziale

+ l'intenzionalità pedagogica si evince anche dalla tempistica della pubblicazione: il tempo sospeso tra una
puntata e l'altra offre l'opportunità di riflettere su quanto si è letto (si favorisce così l'immedesimazione
empatica con l'eroe)

lo stile di Baykrut è semplice ma elevato nella ricchezza di immagini e dal sottile insegnamento che percorre
l'opera, dato che vuole decostruire stereotipi e pregiudizi reciproci tra turchi e tedeschi

 tra i riconoscimenti vinti dall'autore turco, si ricorda quello dell'Associazione Industriali per la raccolta Die
Nachtschicht, 1984 la raccolta comprende tredici racconti in cui l'autore illustra gli aspetti della convivenza
turchi – tedeschi, offrendo spaccati di vita quotidiana che delineano bene ciò che provoca l'attrito tra le due
società => le critiche al tedesco non sono mai dirette, ma svolte in maniera ironica, snodate lentamente
senza mai cadere nel risentimento

gli uomini e le donne di Baykrut non sono eroi, sono attaccati alla loro terra e alle loro usanze; per questo
sono estremamente reali, rappresentativi dei loro connazionali (il lettore tedesco, attraverso questi
personaggi, era in grado di comprendere meglio il turco, a calarsi nella sua pelle ed evitare così la
propagazione delle contrarietà che avvelenano la convivenza tra i due)

è difficile trovare recensioni tedesche sul lavoro di Baykrut; l'autore è molto più conosciuto e apprezzato
nella Svizzera

→ da un lato, la sua casa editrice, la Unionsverlag, ha sede a Zurigo

→ dall'altro lato, in Germania Baykrut non gode della simpatia di Pakarzaya, che costituisce un importante
punto di riferimento per la critica tedesca

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4.3.2: Aras Oren, la poetica dell'impegno

nato ad Istanbul nel 1939, ha lavorato come attore e direttore artistico prima di emigrare a Berlino nel '69
=> in patria non poteva realizzare la sua concezione brechtiana di teatro lavora come manovale, come
operaio di fabbrica di birra e infine come redattore radiofonico delle trasmissioni in lingua turca

Oren è riconosciuto come il più famoso scrittore turco in Germania: tratta temi connessi alla ricerca
d'identità, senso di estraneità, vivere tra due culture, il discredito delle donne nella società maschilista e la
loro possibilità di ribellione (scava a fondo nelle preoccupazioni e sofferenze di chi vive lo scontro tra le due
culture)

-la sua opera, fatto unico del genere letterario, è l'unica ad essere conosciuta sia in Germania che all'estero:
i suoi libri, grazie al successo internazionale, sono pubblicati anche in Turchia

l'opera più importante di Oren è la Trilogia Berlinese: tre volumi scritti nella forma del poema senza rima,
che in Turchia era stato portato alla ribalta dal poeta premio Nobel Nazim Hikmet

Oren si ispira, per la sua Trilogia Berlinese, al Die Menschenlandschaften (I paesaggi degli uomini), un
affresco epico della vita nell'Anatolia => Oren analizza e descrive la vita dei suoi connazionali nel ghetto di
Kreuzberg

quest'esperienza di vita nelle fatiscenti case del ghetto è raccontata attraverso gli occhi di Niyazi, un
operaio turco che parla bene tedesco e ben si muove tra i suoi amici turchi e tedeschi. il suo impegno una
volta politico, col tempo si trasforma in una visione più intimista del mondo questa svolta è già rilevabile
nelle sue poesie, dove si tratta il dramma degli uomini sradicati dal proprio paese che non riescono a
gettare radici nuove; Oren vede i suoi connazionali come sull'orlo del baratro, rischiano di precipitare in un
vuoto storico e spirituale

per questo lui propone una nuova cultura che rispecchi le peculiarità dei Gastarbeiter, una cultura che non
è né prolungamento dell'arte e letteratura turca né un'imitazione di quelle tedesche: deve dotarsi di una
forma espressiva autonoma, all'incrocio tra le due realtà

lo stile di Oren riflette immediatamente questa sintesi intellettuale di Oren; il linguaggio figurato che usa,
spesso ricco di lirismi e metafore orientali, si alterna ad un discorso narrativo semplice, costruito sulla base
del parlato

4.3.3: Sinasi Dikmen, una risata vi seppellirà

Dikmen nasce sul mar Nero nel 1945; emigra in RFT nel 1972, dove è assunto nel reparto chirurgico della
clinica universitaria => Dikmen non è uno scrittore professionista !! inoltre è uno dei pochi turchi ad aver
sposato il progetto PoLiKunst, e quindi scrive in lingua tedesca

1983: pubblica la raccolta di satire Wir werden das Knoblauchkind schon schaukeln (sistemeremo anche
questa). In queste satire Dikmen critica, senza dare l'impressione di farlo, l'assurdità di certe norme e
comportamenti apparentemente inoffensivi => trasforma il negativo in positivo [quando descrive la
settimana tipo tedesca, si scopre che questa si riduce a tre giorni: i cinque giorni lavorativi valgono per uno
poiché tutti uguali, il sabato si lava la macchina e la domenica è lutto nazionale perché tutto chiude]

i racconti di Dikmen sono ironici, scritti in un linguaggio quotidiano: si ironizza sia sui turchi che sui
tedeschi, mettendo così a nudo gli stereotipi alla base dell'incomprensione tra i due nelle sue satire si
affrontano problemi di identità e integrazione dei turchi, ma in maniera talmente ironica e in contesti così
quotidiani che viene meno quel tono lamentoso col quale si diceva i turchi di presentassero (apparivano
spesso come inermi vittime dei tedeschi)

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Hai visto la foto?
Appartamento cercasi: il contadino non si rivela razzista ma non tollera i turchi come musulmani che non
bevono alcol, non accetta una componente essenziale della loro cultura religiosa e identitaria. Il dentista
non li accetta perché il padre ha i denti cariati…

Le satire di Dikmen hanno portato un'importante novità nel genere della Gastarbeiterliteratur: l'utilizzo
della satira per svolgere critica sociale evita il rischio di annoiare o offendere (si annullano i pregiudizi
mettendoli in ridicolo)

Per Dilkmen, che ha iniziato a scrivere soltanto dopo che è emigrato, la letteratura è sì il mezzo per
riflettere sui fenomeni individuali e collettivi ma anche uno strumento di auto-terapia: la mia motivazione a
scrivere satire non è l'idealismo, ma la mia gratificazione interiore.

4.4: il vissuto di chi vive tra due mondi

(anni 80) le seconde e terze generazioni: il problema principale diventa quello della ricerca identitaria tra
cultura interna ed esterna. abbiamo detto esserci uno scambio continuo e reciproco: questo viene meno
quando la cultura interna perde i suoi riferimenti esterni

questi giovani, a differenza dei genitori, non hanno perso una patria e quindi il riferimento alla cultura
esterna; essi sono esposti ad una doppia cultura esterna, e da qui nasce la difficoltà di creare un ponte che
metta in relazione le due e le sintetizzi

si tratta di una liminalità esistenziale di giovani ed adolescenti: a scuola sono discriminati perché turchi, a
casa sono in conflitto per i loro comportamenti troppo tedeschi inoltre: la lingua è un altro fattore
importante. gli adolescenti che parlano solo turco trovano difficoltà ad inserirsi a scuola e non imparano
bene il tedesco; quelli che cominciano la scuola direttamente in Germania invece si adattano ai costumi
europei e rifiutano i genitori troppo retrogradi => ad entrambi rimane comune il problema di assumere in
sé tutti i sensi di rivalsa dei genitori: spesso viene inculcato loro un forte senso di competizione

la sofferenza psicologica è quindi ciò che muove la produzione artistica della seconda generazione: il tema
centrale è la ricerca di identità e lo straniamento tra le due culture (si ricercano amore, sostegno e
sicurezza)

4.4.1: mi narro, mi curo: autori, tematiche e prospettive

1980: viene pubblicata un'antologia (un viaggio quotidiano dalla Turchia alla Germania) di racconti di
adolescenti turchi che descrivono le sensazioni suscitate dal contatto con la realtà tedesca. Le narrazioni
danno voce al loro smarrimento tra i due mondi, ai disturbi psicologici e emozionali che ne derivano e
all'irritazione per una società, quella tedesca, che sentono come propria ma che li disdegna come stranieri +
i modi espressivi di questi scrittori sottintende lo spaesamento che provano nei confronti della vita
quotidiana, della famiglia, della società e dei coetanei i loro racconti ripercorrono con naturalezza i
retroscena culturali e sociali del loro vissuto personale le emozioni prevalgono su tutto il resto, i testi non
sono arrabbiati, e gli elementi di critica sociale sono radi; il quadro generale che si evince è quello di una
generazione abbandonata che si nutre solo delle sue illusioni

 ogni scrittore elabora le questioni in maniera diversa, ma tutti fanno fronte ad un sentimento di
estraneità, mancanza, discontinuità della propria vita che rispecchiano diverse modalità di costruire il ponte
tra le culture esterne

1) Bektas arriva già adulto in Germania ed è uno dei soli a scrivere in turco e far poi tradurre i testi; descrive
la vita di chi è stato costretto a emigrare per necessità attraverso immagini introspettive dei sentimenti e
problemi del singolo, della sua ricerca di calore e solidarietà (si superano i limiti dell'analisi sociale)
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2) Pirincci ha nove anni quando arriva a Colonia; nel 1981 scrive in tedesco il suo romanzo Traenen sind
immer das Ende (alla fine sono sempre lacrime) che non tratta affatto il tema dell'emigrazione: è una
moderna storia d'amore scritta in prima persona. Akif, l'alter ego dell'autore, si innamora di Christa, una
ragazza tedesca di buona famiglia; di turco c'è ben poco in Akif => la Turchia rimane sullo sfondo [di fatto
non mi sento turco ma nemmeno tedesco. non oscillo neanche nel mezzo. a dire il vero, non mi sento
proprio niente]

3) Aktoprak nasce ad Ankara e arriva in Germania a cinque anni è uno scrittore che combina i due poli nella
sua stessa persona per sviluppare un discorso artistico libero dalle barriere nazionali. La sua prima raccolta
di poesie è pubblicata nel 1983; le liriche sono in tedesco, lingua quotidiana e lingua letteraria //
nonostante ciò, l'atmosfera è permeata dalla tradizione orientale, dato che il poeta dà voce a esperienze
che non sono né turche né tedesche. Aktoprak rifiuta le tematiche della Gastarbeiterliteratur: sostiene
infatti un'apertura ad altri temi.

Nel 1985 pubblica un'altra raccolta di poesie d'amore principalmente: esse sono percorse da accenni alle
differenze culturali che esistono tra Germania e Turchia che rendono evidente la tensione tra paese natio
visto come luogo mitico e società d'accoglienza vista come realtà => la sensibilità biculturale di Aktoprak gli
permette di calarsi nella psicologia dei due popoli, a cui sente di appartenere

CAP 5: QUANDO LE DONNE PRENDONO LA PENNA

le tematiche affrontate dalle scrittrici meritano un posto a parte: i piani di discriminazione delle donne
turche erano plurimi => sia dalla società tedesca che dalla comunità turca – la forma di sudditanza
patriarcale ha messo le donne turche in posizione di immediato sospetto in Germania; questa prima
dissonanza rispetto alla loro identità femminile si aggiunge al senso di liminalità esistenziale condivisa da
tutti i migranti

5.1: donne in partenza da due culture: le due Turchie

negli anni Settanta il numero di donne reclutate in Germania aumentò; per gli imprenditori era più
vantaggioso amministrare forza-lavoro femminile poco specializzata e soprattutto estranea a qualunque
forma di organizzazione politica. Le donne, nubili di solito, venivano alloggiate in pensionati o dormitori,
erano più malleabili alle richieste dei datori di lavoro ed erano più disposte dei colleghi maschi a cambiare
casa o mansione => dopo il blocco del reclutamento, moltissime donne, ricongiuntesi coi mariti e senza
permesso di soggiorno, erano un'inesauribile riserva di lavoro nero

 per le donne turche l'emigrazione ha messo in crisi il modello femminile ereditato dalle origini; quello
offerto dal paese di accoglienza era sì più emancipatorio ma comunque estraneo. Le femministe tedesche
guardavano con sgomento e sdegno le nuove arrivate; si costruì pian piano lo stereotipo della “povera
turca” incapace di ribellarsi al millenario ordine patriarcale. Le donne più istruite, colte e coscienti della loro
posizione venivano considerate delle mere eccezioni all'interpretazione che ormai in Germania era stata
data di queste donne.

di fatto esistevano due Turchie:

– quella europea e urbanizzata, quella del governo

– quella asiatica, della tradizione agricola turcomanna

=> il quadro era evidentemente più complesso. la maggioranza delle donne immigrate provenivano da
sperduti paesi anatolici: erano sottomesse prima dai padri e poi dai mariti [nonostante le riforme di Ataturk
di inizio secolo avessero proclamato la parità tra uomo e donna e concesso il diritto di voto, le donne delle

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campagne non avevano riscontrato alcun cambiamento sostanziale il governo centrale non aveva eliminato
i particolarismi locali e non aveva cambiato la struttura autoritaria di famiglie e comunità].

nelle città invece, molte donne e ragazze accedettero a nuovi impieghi ed entrarono all'università; tra gli
anni Sessanta e Settanta una generazione di giovani studiose indagava la condizione della donna in Turchia

=> uno studio della sociologa Kandiyoti ha evidenziato i mutamenti intervenuti nella struttura della famiglia
nei primi anni del decennio in un paese vicino Ankara. Mentre un numero crescente di maschi si
urbanizzava per studiare e cercare lavoro, questa possibilità rimaneva preclusa per le loro coetanee: il
matrimonio era ancora l'unico destino

+ la sociologa Erturk mostra la società turca come fortemente gerarchizzata; l'uomo ha potere decisionale
assoluto, e l'istituzione del matrimonio perpetua lo status minoritario della donna come proprietà
dell'uomo (padre e marito poi). Il controllo della moralità delle figlie diventa quindi fondamentale dato che
è quella moralità intatta che garantirà il matrimonio della ragazza: per questo la comunità assume un ruolo
di sorveglianza (le bambine devono restare isolate da ciò che avviene al di fuori della famiglia) → dopo il
matrimonio, questo controllo passa al marito, che deve farsi rispettare dalla moglie per godere del rispetto
della comunità nei villaggi, anche il diritto all'istruzione sancito dalla Costituzione non si applicava per le
ragazze; l'educazione era nociva per la moralità, compromette l'innocenza

=> le riforme kemaliste avevano quindi riguardato una stretta élite urbana che poté goderne

 con gli anni Ottanta, ci si interroga sempre più radicalmente sul senso dello sfruttamento femminile.
Tekeli, sociologa, diventa la portavoce di una generazione di femministe liberali che si interrogano non più
soltanto sull'arretratezza dell'Anatolia, ma più sull'intero apparato legislativo per il quale tutte le donne
dovrebbero essere grate per l'eternità in Germania, nessun movimento femminista prese mai in conto la
duplicità della questione e il movimento emancipatorio che era nato come conseguenza

5.2: le ripercussioni del passato sul presente: le donne turche in RFT

sin dall'infanzia la donna anatolica è abituata ad essere iperattiva nella comunità femminile: una volta in
Germania, il suo ruolo multiplo vacilla se non trova lavoro fuori casa + anche quando lo si ha, l'uscita dalla
famiglia comporta un senso di smarrimento nelle città tedesche. Le donne turche si scontrano
quotidianamente con l'incomprensione del partner e della comunità nazionale: essa era l'unica forma di
socializzazione dell'unità monolitica famigliare. La situazione di straniera della donna turca era
caratterizzata da:

– pessime condizioni abitative

– immense difficoltà linguistiche

– rifiuto da parte della società tedesca sul posto di lavoro, la paura del licenziamento la rendeva passiva,
quindi bersaglio dell'ostilità delle lavoratrici tedesche più garantite e quindi disposte a dare battaglia

+ inoltre, il carico a cui era sottoposta in quanto madre e moglie raddoppiava rispetto alle colleghe
tedesche nel caso in cui la donna non fosse occupata, questa soffriva la solitudine di non trovarsi più nella
comunità femminile del villaggio → la donna turca era poco abituata a prendere decisioni autonome, dato
che è cresciuta in una condizione di minorità

5.3: l'uscita allo scoperto nell'approdo letterario

agli inizi degli anni Ottanta, le donne turche si appropriano della loro storia tramite la scrittura, mostrando
di aver ben compreso il grado della loro triplice discriminazione: come donne, come turche e come
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lavoratrici non qualificate. I loro racconti e poesie sono autobiografici, lo stile è semplice ed efficace,
descrivono la vita quotidiana, il rapporto col marito e i figli, l'ambiente di lavoro, i vicini di casa ≠ le autrici
più giovani della seconda e terza generazione affrontano temi più legati al rapporto, conflittuale, coi
genitori troppo retrogradi e coi coetanei turchi e tedeschi. Ciò che prevale è comunque il disagio di non
trovare né un'identità né una patria: come nel caso degli autori maschi della seconda generazione, la
mancanza di una patria non è da intendersi come luogo fisico ma più come sistema di valori e cultura a cui
fare riferimento

 le scrittrici Ozakin e Scheinhardt sono considerate dalla critica come i due esempi più rappresentativi
della letteratura della migrazione, sono entrambe appartenenti alla prima generazione di scrittrici, ma
estremamente diverse per percorsi e scelte di vita: per questo sono emblematiche delle due Turchie e dei
due modi di essere donna nell'emigrazione

5.3.1: Ozakin: la sofferenza dell'esilio

Ozakin si laurea in lingue ed insegna francese ad Istanbul; dopo il colpo di stato militare dell'80, viene
invitata dal Literarisches Colloquium di Berlino e decide di non fare ritorno. Aveva già pubblicato tre
romanzi e due raccolte di racconti in Turchia, che escono tradotti in Germania.

A partire dagli anni successivi => l'emigrazione della Ozakin è politica: donna emancipata e di successo, ha
preferito l'esilio al silenzio e in Germania, ha continuato a scrivere per dominare il suo senso di
smarrimento. Il tema dell'emigrazione resta sullo sfondo delle sue opere: i suoi personaggi femminili
soffrono non perché costretti a vivere all'estero, ma perché non riescono a liberarsi dai dettami della
società maschilista che le relega in posizione subordinata

 nel romanzo autobiografico La passione degli altri, descrive in forma diaristica le sue esperienze durante
un viaggio di conferenze in varie città tedesche. Questo viaggio diventa metafora della perdita delle radici.
le sue riflessioni si concentrano sulla condizione della donna turca in patria e all'estero e sull'emancipazione
femminile tedesca (in particolare gli intellettuali della sinistra alternativa; la Ozakin li sente come suoi
naturali interlocutori ma non ci ha dialogo, perché teme la si consideri solo in quanto donna turca atipica e
non in virtù della totalità della sua persona). L'autrice ha fatto suo il motto delle femministe tedesche
d'inizio anni Settanta scrivere per sopravvivere: l'insicurezza esistenziale proietta i suoi dubbi sul mondo
esterno

5.3.2: Scheinhardt: emancipazione alla turca

la vita della Scheinhardt è romanzesca: nasce in un villaggio anatolico parecchio fanatico da madre
analfabeta membro di una setta integralista → impartisce alle figlie un'educazione ortodossa (l'unico libro
ammesso in casa era il Corano), la scrittrice è costretta ad andare a scuola di nascosto dalla madre; grazie al
sostegno degli insegnanti venne iscritta al liceo e conosce fortuitamente quello che sarà suo marito, un
tedesco studente di teologia → dopo essersi sposati, la Scheinhardt segue il marito in Germania dove lavora
dapprima come operaia tessile, poi come cameriera e infine hostess 1971: si iscrive alla facoltà di Magistero
a Gottinga, che le permetterà di insegnare e svolgere dei lavori di ricerca sulle famiglie turche nel Nordreno-
Westfalia

1981: resta disoccupata e decide di dedicarsi alla letteratura: la sua picaresca biografia la spinge a prendere
la parola in nome di quelle donne migranti che ancora non si sentivano pronte ad articolare la propria storia
come racconto: di qui la scelta di scrivere (auto)biografie in prima persona di donne turche di bassa
estrazione sociale, basate su interviste, ricerche e osservazioni. La scrittura in prima persona avrebbe
stimolato la solidarietà e l'empatia del lettore tedesco, ma al contempo è una scelta stilistica che vuole dare
emancipazione alle protagoniste !!

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// pubblica in tedesco il suo primo romanzo Freuen, die sterben ohne dass sie gelebt haetten, narra in
prima persona le vicende di Suna, una ragazza anatolica in Germania a seguito del marito → dopo averlo
ucciso, Suna in carcere si riappacifica con se stessa (inizia a mettere in discussione ciò che fino ad ora non
aveva mai affrontato). Si tratta di un racconto sotto forma di memorie dal carcere: il dramma di Suna sta
nell'isolamento dell'ambiente circostante: – il contatto coi tedeschi è nullo – per quanto solida, anche la
comunità turca non può proteggerla perché l'affare è privato Suna di risolve così ad uccidere, perché è
l'unica opzione rimastale. La protagonista si contrappone al divario culturale che fino ad ora aveva subito
passivamente: si apre alla cultura tedesca e riflette sulle sue origini, arrivando a denunciare entrambe le
società (quella tedesca per passività, quella turca per indifferenza). Nel racconto, la scrittrice usa
espressioni che rendono verosimile il processo di autoanalisi della protagonista: esse denotano l'intento
pedagogico della scrittrice, che accompagna le protagoniste in un percorso di cura e conoscenza del mondo
circostante

 il suo secondo lavoro, Drei Zypressen è una raccolta di tre racconti che si basano su avvenimenti reali
accaduti a tre giovani donne turche: tutte e tre sono state portate in Germania contro la loro volontà, e lo
smarrimento che provano lì è comune a tutte. Tutte e tre possono contare soltanto su loro stesse: quello
che cercano è quindi un'identità che permetta loro di vivere nelle due culture, senza conflitti il libro
presenta tre donne che si difendono e lottano per affermare se stesse e la loro libertà + la Scheinhardt
sostiene che un fenomeno può essere compreso e analizzato solo se lo si conosce personalmente: per
questo molti dei suoi lavori sono frutto di un diretto lavoro sul campo

5.4: le scrittrici della seconda generazione

durante il periodo di affermazione della Ozakin e della Scheinhardt, molte altre giovani donne iniziavano a
scrivere e a pubblicare nelle antologie → quando la Ackermann istituisce il concorso letterario Tuerken
deutsche Sprache, 1984, sono soprattutto ragazze ad inviare i loro scritti il tema fondamentale, comune
anche agli scrittori maschi, della ricerca di un'identità che combini entrambi i riferimenti culturali è
complicato dalla necessità di crearsi un'altra identità di genere

!! spesso, la giovane donna che scrive frequenta la scuola tedesca:

– di mattina è una studentessa normale

– di pomeriggio torna a casa dei genitori che le fanno una colpa la libertà che ha vissuto fuori

questi racconti infatti parlano dei contrasti quotidiani che sostengono le ragazze coi padri e della passività
rassegnata delle madri. Spesso infatti l'atteggiamento del racconto è di rassegnazione; non poche ragazze
narrano come, pur di lasciare la casa paterna, accettavano di sposarsi a sedici anni

 Das Kopftuch, racconto di Zehra Cirak, offre un amaro e comico esempio di questo modo di procedere =>
è la storia di due sorelle, quindici e diciotto, da poco in Germania che si vergognano del velo che sono
costrette a portare dopo varie vicissitudini, la sorella maggiore non riesce a liberarsi della condizione che in
generale devono subire le donne: matrimoni combinati come era stato imposto il velo pur di non sottostare
a quest'ordine, la maggiore prepara il terreno della sua emancipazione e si taglia la lunga chioma di capelli,
così da non dover più indossare il velo.

 Ma a chi apparteniamo noi?

Quindi: le donne turche scrivono in risposta alla tensione che provano rispetto alla discriminazione etnica in
Germania e rispetto alla discriminazione di genere in famiglia, le loro storie mostrano l'avvicendarsi di
diverse generazioni di donne (la figura della figlia è ricorsiva) perché la scrittura non vuole essere solo

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terapeutica, ma soprattutto una scrittura per le altre donne => per educare e motivare quelle della
comunità turca e mostrare il loro volto sfaccettato e complesso alle donne tedesche

CAP 7: GENESI ED EVOLUZIONE DELLA LETTERATURA MIGRANTE IN ITALIA

7.1: trent'anni dopo: altri “ospiti” che non se ne vanno

il tema dell'immigrazione, nonostante rappresenti una costante della nostra storia, continua ad essere
affrontato in maniera emergenziale e su scala politica e umanitaria; anche se si è ammesso di essere
diventati paese di immigrazione, non c'è stata una riflessione culturale che abbia compreso le vere
dinamiche della migrazione → l'Italia in quanto società multiculturale ha bisogno di un approccio
interculturale per non implodere su se stessa. Un contributo a questo progetto viene dato sicuramente
dalla letteratura dei nuovi italiani, che però, come in Germania, sono considerati come migranti, stranieri o
di origine migrante, l'Italia ora come la Germania allora adotta un atteggiamento ambiguo, alternando
atteggiamenti di apertura e chiusura politicamente pilotati

– la posizione legale dei migranti, come già in RFT, influisce fortemente sul rapporto con i nativi e le
condizioni esistenziali di chi si sente tollerato solo sul lavoro; ad oggi, gli attentati recenti hanno aggravato
la situazione => i giovani musulmani sono nemici interni di cui diffidare, e l'opinione pubblica ci crede
ciecamente al punto di spaccarsi anche sulla questione dello ius soli (approvato alla Camera, è fermo al
Senato dal 2015 nonostante la forma di ius soli presentata è temperata)

=> la letteratura è il veicolo che permette di ascoltare le voci dialoganti dei migranti che descrivono i
mutamenti della società e promuovono una nuova educazione; stimolano un ripensamento della società
così come della letteratura italiana

7.2: l'Italia migrante tra spinte centrifughe e centripete

la storia contemporanea italiana è caratterizzata da un'emigrazione:

• intensa numericamente

• distribuita nel tempo

• variegata per provenienza territoriale e sociale

• diversificata per luogo di arrivo

gli studiosi hanno identificato quattro fasi del fenomeno:

1) prima fase: dalla seconda metà dell'Ottocento al 1900; fase di scoperta e consolidamento della rotta
transatlantica → gli italiani si spingono verso l'America del Nord o del Sud, in Argentina o Brasile; a
emigrare sono maschi giovani di estrazione rurale

2) seconda fase: dal 1900 al 1913; momento più intenso dell'esodo transoceanico (periodo Grande
Migrazione) → furono coinvolte molte donne; questo favorì, sia per chi restava in patria che per chi
emigrava e riusciva a lavorare, l'emancipazione femminile

3) terza fase: periodo tra le due guerre; emigrano giovani meridionali verso gli USA. Con gli anni Venti
questa migrazione viene frenata dalle politiche restrittive statunitensi e dal regime fascista che desisteva i
giovani a partire

4) quarta fase: dalla fine del conflitto mondiale; emigrazione verso paesi industrializzati nord Europa
(Francia, Germania, Svizzera, Inghilterra)

7.2.1: italiani negli Stati Uniti: il pregiudizio escludente del colore


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quali erano le condizioni degli italiani emigrati?

– nelle prime fasi migratorie, all'italiano era attribuita un'origine nazionale sgradita

– dopo il 1929, vennero concessi i diritti civili agli immigrati di origine europea (per evitare una loro
coalizzazione coi neri) tra i caucasici stessi si faceva però distinzione tra i white caucasian, i nordici ben
graditi, e i caucasian, più vicini ai neri che ai bianchi e quindi sgraditi => per questo pregiudizio gli italiani
furono poveri più a lungo delle altre minoranze: essi sperimentano il privilegio di essere bianchi rispetto ai
neri, ma anche la discriminazione per non essere abbastanza bianco rispetto ai white caucasian

7.2.2: da esclusi a escludenti: quando gli altri arrivano da noi

fino agli anni Settanta l'Italia è interessata al fenomeno migratorio marginalmente; sono donne somale,
eritree e etiopi che arrivano per lavorare come domestiche → la presenza straniera non era insolita ma
essendo numericamente insignificante non era rilevante

la situazione cambia quando nei paesi del nord Europa si attuano politiche restrittive e l'Italia diventa meta
appetibile della migrazione: essendo prevalentemente costiera, gli accessi sono facilitati e poco controllati +
essendo in mezzo al Mediterraneo, è il primo approdo naturale per chi vuole arrivare in Europa. Nei primi
anni Ottanta si intensifica l'arrivo di donne addette alla collaborazione domestica, fino a che durante tutto il
decennio i flussi fioriscono e aumentano considerevolmente

- anni Novanta: l'immigrazione si afferma come caratteristica strutturale della società italiana, dati i sempre
più numerosi, ricongiungimenti famigliari (+ il crollo del Muro rappresenta poi una svolta)

// nel 1991 sbarcano migliaia di albanesi al porto di Bari il clima diventa così sempre più emergenziale: il
primo tentativo di regolamentazione dell'immigrazione, la legge Turco-Napolitano del 1998, verrà ripresa e
inasprita da quella Bossi-Fini del 2001 (ridotta durata massima permesso di soggiorno a due anni e richiesta
di coordinamento europeo del fenomeno, dato che spesso l'Italia è solo un approdo intermedio verso altre
destinazioni) questa chiusura, speculare alla sospensione tedesca del reclutamento del 1973, non ha mai
prodotto gli effetti desiderati: inoltre, dal 2011, la primavera araba ha aumentato gli arrivi dal Maghreb

=> nelle società multiculturali odierne si incontrano/scontrano sistemi di pensiero, comportamento e stili di
vita impensabili nel paese di origine dei migranti e viceversa [antropologo Chambers: la modernità, la sua
forma di Stato e la sua ideologia liberale dipendono da presupposti di proprietà e possesso. Coloro che
sono privi dei mezzi per impadronirsi del mondo, senza una rivendicazione legale che possa essere espressa
in capitale, sono strutturalmente emarginati.]

!! la letteratura della migrazione risponde a tale trasformazione politica, sociale e antropologica !!

7.3: i migranti prendono la penna: le ricorsività tra Germania e Italia

 in Germania la letteratura della migrazione risale alla metà anni Settanta e annovera anche parecchi
scrittori italiani (Abate, Biondi, … )

 in Italia la letteratura della migrazione assume duplice movimento: centripeto e centrifugo: emigrati
italiani che scrivono all'estero e immigrati stranieri che scrivono da noi

perché la critica letteraria italiana rimane così democraticamente indifferente in entrambi i casi? Gnisci
afferma sia perché:

- da un lato si vuole rimuovere il trauma collettivo dell'emigrazione nazionale

- dall'altro si vuole proteggere il canone letterario autoctono da caratteristiche interculturali come anche in
Germania, sono gli studi di letteratura comparata che hanno avvicinato questo genere letterario agli

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accademici e poi alle scienze sociali e analogamente nei due paesi si è posto il problema terminologico di
definire questo genere. Si è parlato di scrittori migranti, scrittori allofoni, stranieri che scrivono in italiano;
tutte etichette inadeguate, che volevano racchiudere sia chi è nato altrove ed ha imparato l'italiano sia chi
in Italia è nato

!! in Italia però, a differenza della Germania, non c'è un gruppo prevalente come quello turco: gli scrittori
non avevano una comunità grande alle spalle da poter scrivere nella loro lingua madre => per questo la
lingua italiana diventa il primo necessario approdo per la loro scrittura

 altro elemento ricorsivo riguarda il dibattito sul valore dei testi: se sul piano estetico entrambe le
letterature non godono di completa autonomia nel giudizio critico, gli scrittori migranti suscitano comunque
fascino e curiosità

 altro tratto comune è la critica e protesta degli scrittori della prima fase: a livello tematico infatti le due
letterature risultano speculari => si tratta del fenomeno migratorio vissuto in prima persona o come figlio di
immigrati (le differenze ovviamente sono da reperire a livello temporale; quella solidarietà tra classe
operaia tedesca e turca che si augurava il PoLiKunst non poteva riproporsi in Italia in anni nei quali la forza
della classe operaia era venuta drasticamente meno)

• entrambe le letterature hanno poi in seguito proseguito su temi più interculturali: volontà di dialogo e
confronto => la ricerca e costruzione identitaria diventano motivi cardine (il migrante non appartiene più
alla terra di origine ma nemmeno a quella di accoglienza)

7.4: dalla cronaca nera alle librerie

i primi lavoratori-scrittori iniziano a pubblicare i loro lavori in seguito al tragico omicidio del sudafricano
Masslo da parte di un gruppo di giovani italiani, 1989 => l'opinione pubblica reagisce con sdegno + la
politica l'anno successivo promulga la legge Martelli che rimuove i limiti geografici per il riconoscimento
dello status di rifugiato

sempre nel 1990 vengono pubblicati due libri che riscuotono una certa attenzione:

– Io venditore di elefanti di Pap Khouma

– Immigrata di Methnani

questi primi libri nascono come forme di resistenza: si mostrano al lettore le sofferenze, gli squilibri e le
ingiustizie dell'esperienza migratoria. Nasce un genere ibrido a metà strada tra autobiografia e fiction:
esperienza personale e narrazione di fantasia si mescolano questi esordi mostrano tre elementi
rintracciabili in opere successive:

a) testimonialità autobiografica

b) valenza politica di denuncia del processo di integrazione non riuscito (con le difficoltà economiche e
materiali, discriminazione, incomprensioni)

c) scrittura a quattro mani; la padronanza della lingua ancora incerta necessita di un co-autore italiano
perché l'opera sia accettata a livello editoriale. Spesso questi co-autori italiani non si limitavano a
intervenire su lingua e sintassi, ma stratificavano i contenuti stessi con pensieri e stereotipi loro

Il percorso retrospettivo nel dolore della propria vicenda ha portato questi scrittori a rendere pubblica la
loro storia; in cambio, chiedono al lettore riconoscimento e ospitalità => proposta di scambio, gli scrittori
immigrati tendono la mano ai lettori italiani per instaurare una piattaforma di dialogo

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Queste prime opere nascono dalla necessità di autocura e operano come forma di resistenza collettiva: si
mostra la propria esperienza personale che è però paradigmatica di quella di molti altri in chiave
pedagogica. Questi scritti sono pratiche (auto)biografiche che innescano: (Demetrio)

– sentimenti di autostima: l'autore riconosce di avere una storia degna di essere narrata

– sentimenti di esostima: l'autore capisce di essere in grado di narrarla

– sentimenti di eterostima: qualcuno si interessa alla storia dell'autore per questo queste letture meritano
un'interpretazione pedagogica: sono in grado di generare un trasposto empatico nel lettore che genera
riflessività e avvicinamento, presupposti fondamentali dell'approccio interculturale

7.5: immersioni ed emersioni: la fase carsica

sul lungo periodo la migrazione non può essere l'unica fonte di ispirazione: si conoscono persone, si
stabiliscono relazioni e nessuno rimane uguale a se stesso => si avvia un processo di assestamento che
porta un eclissamento delle grandi casi editrici e una rivendicazione degli autori, che vogliono appartenere
alla letteratura italiana tout court e poter quindi spaziare verso altri argomenti. Chi vive e scrive in un paese
rivendica il diritto di cittadinanza anche della sua letteratura; il ritrovarsi raggruppati tutti in una categoria
omologante è origine di insofferenza la fase carsica, come l'ha definita Gnisci, segna la transizione ad
un'epoca più propriamente letteraria: la migrazione resta sullo sfondo e il contenuto si sposta sul versante
identitario e esistenziale (la padronanza della lingua è aumentata, non c'è bisogno di autori e co-autori).
Come in Germania, anche in Italia si manifesta una pluralità di soggetti e una conseguente pluralità di
generi: romanzi, racconti, poesie questa svolta inizia idealmente nel 1999, quando vengono pubblicati vari
libri (i racconti di Masri, il romanzo La Straniera di Tawfik e il romanzo Verso la notte Bakonga di Gangbo)

– Gangbo nasce in Congo nel 1977 e arriva in Italia a quattro anni; il suo romanzo è un'eccezione nel
panorama della lett migrante perché fa parte della seconda generazione e l'italiano è la sua lingua madre.
La sua atipicità si esprime nei temi, stili e generi di narrazione proposti

- Verso la notte Bakonga è un romanzo di formazione: il perno è il disagio esistenziale di Mika e la sua
volontà di realizzarsi a dispetto della sua nerezza

- Rometta e Giulieo ha carattere estremamente sperimentale: l'autore propone una riscrittura meticcia
della tragedia shakespeariana e narra l'amore tra una studentessa italiana e un giovane cinese

– l'iracheno Tawfik è un intellettuale impegnato, giornalista, docente di letteratura araba a Genova e


studioso di filosofia a Torino, il suo romanzo La Straniera presenta una particolare ricercatezza linguistica:
Tawfik sfuma l'immaginario mediorientale per connetterlo a quello italiano (il passato arabo dei
protagonisti emerge nel presente di una Torino multiculturale)

7.6: le donne conquistano la scena

la produzione letteraria delle donne permette di cogliere il tema della differenza di genere e culturale da
una prospettiva nuova => le voci femminili delle scrittrici in questione rappresentano un riscatto sociale
culturale ed emotivo per tutte le donne, represse nei loro paesi di origine attraverso la scrittura l'autrice-
donna acquisisce consapevolezza della molteplicità e complessità e costruisce così un'identità plurima
all'interno della cultura italiana le figure femminili più rappresentative sono:

– la peruviana Dazza

– l'algerina Nassera Chohra

– il transessuale brasiliano Farias

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+ numerose donne apparse con la fase carsica la numerosa presenza femminile si può attribuire a vari
fattori:

• il far parte di una letteratura di nicchia le protegge e avvantaggia, dato che il mercato editoriale
prevalentemente maschile non garantirebbe loro la stessa libertà

• ragioni storiche legate alle prime migrazioni in Italia, che erano proprio femminili

• come già avvenuto in Germania, le donne provengono da contesti patriarcali: la migrazione implica quindi
una duplice difficoltà: adattarsi alle condizioni del paese di accoglienza e venire a contatto con un femminile
più emancipato, questo provoca una strutturazione di un'identità più forte e complessa la scrittura
femminile conquista molte più sfere del racconto rispetto a quella maschile: il contesto del lavoro così tanto
centrale, con la letteratura femminile spesso diventa marginale a questa ricchezza contenutistica si
aggiunge quella espressiva: si spazia dal monologo teatrale a testi lirici e poetici e romanzi e autobiografie

7.6.2: da Nassera Chohra a Igiaba Scego

lo scritto autobiografico della Chohra si iscrive tra i lavori della prima generazione in quanto a
testimonialità, valenza politica di denuncia e co-autorialità tuttavia: la Chorha si apre a riflessioni che vanno
oltre la sola esperienza migratoria, ovvero quelle riguardanti la diversità nel colore della pelle e nel
femminile del corpo: motivi tutti ricorrenti nelle scrittrici posteriori che la Chohra anticipa. Il suo libro
Volevo diventare bianca prepara e apre la strada alle scrittrici della seconda generazione. Nassera Chorha
nasce a Marsiglia da famiglia algerina e si trasferisce in Italia nel 1990; il suo racconto autobiografico narra
della sua esperienza migratoria in Italia ed è stato scritto in collaborazione con una giornalista nel racconto
quasi di formazione del suo lavoro, l'autrice descrive il suo percorso di crescita dalle banlieue marsigliesi
all'Italia => è passata dal rifiuto del proprio corpo, e della sua diversità in quanto nera, alla realizzazione
della sua ricchezza e positività tramite il suo alter-ego Naci scopre per la prima volta la sua diversità che la
getta in un profondo senso di inadeguatezza → questo senso di minorità non la abbandona nemmeno da
adulta

– il tema del corpo è centrale: esso diventa poi anche luogo di violenza subita, dalla madre e fratello, e di
discriminazione

– altro tema fondamentale è quello del cibo come metafora culturale: mediante l'assunzione di cibi halal, la
carne rossa e il vino, Naci spera di assimilare la cultura italiana alla fine, l'iniziale rifiuto del proprio corpo e
pelle dà origine ad un apprezzamento positivo del suo essere meticcia: Naci capisce di essere una figura di
frontiera, nel senso metaforico del termine lì è dove si lotta contro l'assimilazione e si ha la libertà di
inventare nuove identità; in quest'opera l'identità monoculturale e rigida lascia il posto ad un'identità
fluida.

Anche il racconto della Scego, Salsicce, trasferisce il dramma identitario in una questione alimentare: la
protagonista (origini somale) decide di comprare e mangiare cinque chili di salsicce per provare la sua
italianità. Sentendosi divisa tra l'identità somala e quella italiana, pensa che le salsicce potrebbero
sciogliere questa ambiguità: in realtà, lei appartiene in egual misura ad entrambe le culture la decisione
finale di non mangiare il cibo haram rappresenta simbolicamente il rifiuto di un'appartenenza unica;
l'identità della narratrice è ibrida e plurale, non può scegliere tra due mondi

7.7: seconde generazioni crescono

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gli scrittori di seconda generazione scrivono secondo diverse tipologie; sono tutti comunque accomunati dal
fatto di appartenere ad una generazione involontaria, sospesa tra due culture differenti ed in bilico => dai
testi emerge un senso di piena appartenenza ad entrambe

// si delinea la necessità di una ridefinizione terminologica e concettuale della letteratura migrante, che
diventa ora letteratura italiana dell'immigrazione, il tema centrale diventa ora il groviglio identitario di
giovani figli di immigrati che cercano una definizione, un proprio posto nel mondo → vengono quindi meno
i riferimenti alle privazioni materiali, le lacerazioni nostalgiche, il viaggio intrapreso, le discriminazioni
subite l'italiano, in questo processo di riconoscimento identitario, diventa la lingua di alfabetizzazione e
socializzazione di questi giovani, che si appropriano così di una finezza stilistica estranea alla prima
generazione. I protagonisti sono spesso giovani uomini e donne che rivendicano la loro doppia
appartenenza culturale e linguistica, forti di un'identità non lacerata ma complessa e mai definita = vivere
tra due mondi è problematico ma avvincente; è l'individuo che deve responsabilmente rendersi conto della
ricchezza di una prospettiva molteplice, in una società che si propone invece apparentemente univoca

7.8: la diffusione editoriale della letteratura migrante

una volta esauritosi il pathos iniziale che aveva spinto le grandi case editrici ad investire sulla drammaticità
e compassione delle storie dei migranti, sono le case di nicchia a far conoscere la produzione migrante
(Fara, Terre di mezzo, Dell'Arco-Marna, Sinnos). Questa specializzazione editoriale, simile a quella tedesca,
mostra le stesse conseguenze:

– penalizzazione quantitativa e qualitativa delle produzioni letterarie degli immigrati

– accostamento della critica ai testi come testimonianze dal valore pedagogico, sociologico e antropologico
=> si trascura il loro valore letterario !!

7.9: lingua italiana al plurale

nella prima fase della letteratura migrante, la scelta dell'italiano rispondeva all'esigenza di affermare il
diritto a proclamare la propria identità => data la mancanza, come in Germania, di un nutrito pubblico
parallelo, la scelta dell'italiano si è imposta quasi immediatamente l'italiano diventa così una lingua franca
con cui dialogare e solidarizzare; come in Germania, anche da noi la maggior parte degli scrittori sono
intellettuali laureati che non hanno il sostegno della loro comunità nazionale e quindi si rivolgono
necessariamente all'italiano per continuare a scrivere. Inoltre: l'italiano è stato appreso e utilizzato lontano
dalle implicazioni che avrebbe avuto l'apprendere la lingua del dominatore coloniale (come il francese o
l'inglese)

– la scrittrice perugina di genitori giordani Qader sostiene che scrivere è il veicolo per parlare di sé ed
essere riconosciuti come italiani, nuovi italiani, diversamente italiani

– il rapporto dell'algerino Lakhous con l'italiano è estremamente forte [quando scrivo in due versioni, io
italianizzo l'arabo e arabizzo l'italiano] l'italiano diventa così una lingua reinventata dalle esperienze
migratorie, assumendo quindi un'identità dinamica

7.10: luogo, cultura e lingua: antinomie che pluralizzano l'identità

le antinomie luogo – cultura – lingua hanno scardinato i pilastri dell'identità unica; nella letteratura
migrante questa identità diventa una parte di sé da curare o da usare come strumento di resistenza.
attraverso l'analisi delle tematiche e il confronto tra la produzione tedesca e quella italiana si è voluto
dimostrare come in entrambi i casi si sono messi in discussione i concetti base di un discorso nazionale

a) le criticità legate all'antinomia luogo (patria/paese straniero) si incentrano su aspetti legati ai diritti di
appartenenza e cittadinanza; quest'ultima è particolarmente legata alla questione identitaria, soprattutto
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delle seconde generazioni si tratta non solo di partecipare alla vita politica e godere di eguali diritti, ma di
veder riconosciuta un'identità che associ i valori della cultura di origine a quelli repubblicani italiani o
tedeschi

!! la lezione pedagogica che si trae è che la cittadinanza giuridica deve necessariamente essere integrata in
termini simbolici e culturali non legati ad un'identità fissa, ma ad appartenenze multiple la letteratura presa
in esame mostra infatti come i movimenti migratori rendono i confini geografici degli spazi modificabili e
riscrivibili [vedi dibattito ancora scottante in Italia sulla cittadinanza// legge sugli stranieri tedesca del 2000]

b) l'antinomia cultura riguarda l'impossibilità evidente per gli immigrati di accettare un'idea di cultura unica
ed univoca, infatti nella maggior parte dei testi emerge la difficoltà, nei contesti sociali, di esprimere la
propria identità che è figlia di almeno due culture, quella esterna (paese origine) e interna (paese
accoglienza). il parallelo realtà culturale italiana – tedesca mostra come entrambi i paesi siano società
multiculturali dove la pluralità culturale, religiosa e linguistica è ormai un'evidenza: bisogna quindi accettare
la presenza di più culture e accettare il concetto di cultura ibrida

c) l'antinomia lingua mette in crisi anch'essa l'identità monolitica; abbiamo visto come in entrambi i paesi le
lingue sono sottoposte a mutazioni, manipolazioni e creolizzazioni continue lo scrittore immigrato che
sceglie di scrivere nella lingua del paese di accoglienza compie un'operazione sicuramente dolorosa di
distacco dalla lingua madre, che tuttavia non abbandona mai del tutto; la sua esistenza plurima implica per
forza la creazione di un linguaggio nuovo e dinamico. i testi sia tedeschi che italiani sono caratterizzati da
plurilinguismo, che mescola le due lingue ai dialetti, cadenze locali e slang giovanili, facendoci concludere
che gli incontri interculturali influenzano anche la lingua, che modificano dall'interno

quindi: questi testi letterari rappresentano dei laboratori di sperimentazione interculturale e rinnovamento
culturale e linguistico perché decostruiscono elementi fondamentali del discorso nazionale egemone =>
questa letteratura invita la pedagogia a riflettere su nuove identità che si pongono come nuove traiettorie
ibride di un mondo in cui ormai la migrazione (e le sue conseguenze) è la norma

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