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L’“altra” immigrazione: ritorno

alle Radici
Un Paese ci vuole per essere vivi, per essere uomini, ci vogliono radici
per le persone, le comunità, i popoli. Questa la filosofia che ha
ispirato Davide Demichelis, ideatore e conduttore di Radici, la serie
di quattro reportage che verranno trasmessi su Rai 3 a partire dal
10 giugno.
Protagonisti di questo viaggio in direzione contraria, alle radici
della persona, sono immigrati che vivono in Italia da parecchi anni:
nella prima puntata Rosita, studentessa a Bergamo, poi Mohamed,
sindacalista a Bologna, Nela, attrice a Roma e infine Maguette, musicista
a Torino. Demichelis li ha accompagnati fino ai loro Paesi d’origine
– Bolivia, Marocco, Bosnia, Senegal – ed è entrato nelle loro
vite per capire le loro radici. Il racconto che ne esce è un continuo
oscillare tra la storia culturale, politica e sociale del proprio Paese
e la “piccola storia” personale fatta di famiglia e amici, di luoghi ed
emozioni.
In questo modo l’immigrato diventa una guida d’eccezione
perché parla italiano e può quindi comunicare direttamente le
sensazioni nel ritrovare i luoghi natali e la sua gente, e può anche
raccontare i motivi che lo hanno spinto a lasciare il proprio Paese.
Una prospettiva nuova, dunque, nella scoperta di terre lontane, con
l’obiettivo di entrare molto più in profondità nella cultura e nel tessuto
sociale per rispondere a quelle domande che tutti si pongono
sul modo di vivere degli immigrati nelle loro terre d’origine.
Il programma di Rai 3 è un documentario, ma anche condivisione,
un viaggio fatto insieme ai protagonisti, tra esperienze che aiutano
a comprendere le caratteristiche geografiche e socio-culturali
di ogni territorio: un mosaico composto per esempio da una festa
tradizionale dei cantastorie senegalesi, dall’incontro con un medico
tradizionale boliviano, da una visita al Teatro operistico bosniaco,
dai cantieri edili marocchini che contrastano con le immagini di Ifrane,
stazione sciistica rinomata in tutto il Paese (chiamata la “Svizzera
del Marocco”). Il risultato è un ritratto di Paesi fatto in chiaroscuro,
perché insieme alle straordinarie bellezze naturalistiche del territorio
in Radici convivono le diseguaglianze, le forme di sfruttamento, la
povertà. Un ritratto, come dice il conduttore, può aiutare a superare
diffidenze e timori che ci portiamo dentro: «Sapere che in Bolivia si
usano i computer o che in Marocco si va anche a sciare, ci aiuta a
familiarizzare con realtà che conosciamo poco».
Ma l’obiettivo è puntato anche sulla quotidianità dell’immigrato
in Italia che racconta la sua vita nel nostro Paese, il suo lavoro, la sua
casa, la sua città e le persone con cui vive per documentare quanto
ha portato della sua cultura nel Belpaese.
Uno sguardo nuovo, dunque, sul fenomeno dell’“altra” immigrazione,
che registra – secondo i dati Istat* 2010 – 4 milioni e 235
mila immigrati regolari, pari al 7% della popolazione, cioè una crescita
di 3 milioni di unità negli ultimi 10 anni. Di contro, gli irregolari,
secondo le ultime stime, sono circa mezzo milione.
«I disperati che attraversano il Mediterraneo con le “carrette del
mare” sono alcune decine di migliaia ogni anno – dice Demichelis
– ma fanno notizia: a causa della drammaticità della situazione
i media parlano quasi esclusivamente di loro. Gli immigrati regolari,
invece, sono molto più numerosi, contribuiscono a creare l’11% del
Prodotto interno lordo*, incidendo per il 10% sul totale dei lavoratori
dipendenti. Ma di loro si parla raramente. Eppure, senza il loro
contributo, lo Stato perderebbe ogni anno 11 miliardi di contributi
fiscali e previdenziali. La gran parte degli stranieri in Italia conduce
quindi un’esistenza normale, spesso segnata da un lavoro duro, al
solo scopo di garantirsi la sopravvivenza e magari mandare qualche
aiuto alla famiglia, nel Paese d’origine».
Il programma Radici vuole proprio essere un viaggio nel mondo
dell’immigrazione, quella regolare e poco conosciuta, un tentativo
di restituire un volto e un’identità alla “maggioranza silenziosa” degli
stranieri in Italia.

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