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INTRODUZIONE
La genetica è una disciplina che studia la modalità di trasmissione dei caratteri ereditari da una
generazione all’altra e le variazioni dei geni che determinano le caratteristiche fisiche ereditarie
dell’uomo e di ogni essere vivente.
GENI E ALLELI
I geni sono responsabili dei caratteri ereditari e si trovano sui cromosomi.
Ciascun gene occupa nel cromosoma una specifica posizione detta locus.
Ne consegue che i vari geni sono disposti lungo i cromosomi secondo un
ordine lineare ben preciso, caratteristico per ogni specie.
Un gene è costituito da una sequenza di DNA che codifica una specifica
proteina.
I geni determinano le caratteristiche fisiche ereditarie di: uomo, animali, piante
e ogni essere vivente.
Poiché possediamo 2 copie di ciascun cromosoma, possediamo anche 2
copie di ciascun gene, una copia ereditata dal padre e una copia dalla
madre.
Le differenti caratteristiche che può assumere lo stesso gene si chiamano alleli.
Tutti gli individui possiedono una coppia di alleli per ogni carattere ereditario:
GENOTIPO E FENOTIPO
L’insieme dei geni di un individuo è detto genotipo, quindi il genotipo è tutto quello che si trova nei
cromosomi.
Invece, l’insieme dei caratteri di un individuo è detto fenotipo, quindi il fenotipo è tutto ciò che
possiamo osservare di un individuo come: altezza, colore degli occhi…
DEFINIZIONI
o GENE: segmento di DNA che codifica per una proteina o per uno specifico RNA
o ALLELE: forma alternativa di un gene ad uno specifico locus genico
o LOCUS: localizzazione su un cromosoma di un gene o di una specifica sequenza di DNA
o OMOZIGOTE: individuo che possiede 2 alleli identici ad un determinato locus
o ETEROZIGOTE: individuo che possiede 2 alleli diversi (uno dominante e uno recessivo) ad un
determinato locus
o EMIZIGOTE: individuo che possiede una sola copia di un gene o di una sequenza di DNA
(maschi sono emizigoti per il cromosoma X)
MUTAZIONI
Una mutazione è un evento casuale che produce un cambiamento del patrimonio genetico ed è
ereditabile quando avviene nei gameti.
I cambiamenti della struttura del genoma che causano una variazione del genotipo possono
essere: genomiche, cromosomiche e geniche.
Mutageni chimici: molte sostanze naturali (catrame, Sali inorganici, sostanze vegetali) e di sintesi
(coloranti, plastiche…)
MUTAZIONI GENOMICHE E CROMOSOMICHE
Le mutazioni genomiche e cromosomiche sono dei cambiamenti che producono un’alterazione
visibile dei cromosomi e possono essere:
La gravità delle anomalie cromosomiche è correlata al tipo di cromosoma e alla quantità di geni
interessati; quanto più grave è lo sbilanciamento cromosomico tanto più precoce sarà
l’interruzione di gravidanza.
MUTAZIONI GENICHE
Una mutazione genica è una variazione del DNA che altera un singolo gene, ciò porta alla
formazione di nuovi alleli, che sono detti alleli mutanti (alleli malattia).
Possono essere distinte in 2 categorie: mutazioni puntiformi e mutazioni per sequenze ripetute
(mutazioni dinamiche).
Le mutazioni geniche sono causate da errori nella duplicazione del DNA, da ricombinazione o da
agenti mutageni.
L’informazione genetica di ogni individuo è contenuta nel suo DNA.
Il DNA contiene le istruzioni biologiche per produrre le
proteine: l’informazione genetica è scritta nei codoni
(triplette di nucleotidi) che sono tradotti in sequenze di aa.
Se le informazioni sul DNA cambiano per effetto di una mutazione, può cambiare o non funzionare
la proteina corrispondente.
Mutazioni geniche puntiformi
La mutazione genica è un cambiamento della sequenza del DNA di uno o pochi nucleotidi.
Sono dovute a:
Mutazione missenso
La mutazione missenso è una mutazione genica, in cui la sostituzione di una base nucleotidica con
un’altra base provoca il cambiamento del significato del codone.
Ad esempio, se il codone AGC che codifica per l’aa serina diventa AGA, (sostituzione della C con
A) questo codone cambia significato e specifica per la sintesi dell’aa arginina.
Il cambiamento del nucleotide determina al momento della sintesi proteica, il cambiamento
dell’aa.
Conseguenza: la sostituzione dell’aa può determinare la perdita della funzione della proteina
stessa e causare una malattia.
Mutazione silente
La mutazione silente provoca un cambiamento nel codone, ma non
comporta un cambiamento nell’aa, per questo è definita silente.
Se il cambiamento del DNA cambia il codone CTA in CTG, la mutazione è
silente perché entrambi i codoni codificano per lo stesso aa, la leucina.
Poiché non cambia l’aa che viene inserito nella proteina, la mutazione
silente non ha effetto.
CODICE GENETICO
Il codice genetico è degenerato.
Il codice genetico regola la trasmissione dell’informazione che
avviene a partire dalla sequenza nucleotidica del DNA, che viene
trascritta nell’RNA messaggero (mRNA) e poi tradotta nella
sequenza di aa di una proteina.
L’informazione genetica è scritta nei codoni (triplette di nucleotidi) che sono tradotti in sequenze di
aa nelle proteine.
È letto a triplette (codoni), senza sovrapposizioni e più codoni possono specificare lo stesso aa: il
codice è degenerato.
Esiste un codone d’inizio ATG che codifica per la metionina ed esistono 3 codoni di stop: TAG, TGA
e TAA.
Inoltre il codice genetico è universale.
Se le informazioni sul DNA cambiano per effetto di una mutazione, cambiano le informazioni nelle
proteine.
Mutazione frameshift
La mutazione frameshift prevede l’inserzione o la delezione di basi che va
ad alterare la cornice di lettura del messaggio genetico, che a valle della
mutazione viene completamente scombinato.
Conseguenza: proteina alterata, che di solito non funziona.
GENETICA MENDELIANA
Gli esperimenti di Mendel stabilirono 3 principi che sono alla base della genetica:
1. Alcuni alleli sono dominanti, altri recessivi → Prima legge di Mendel o legge della
dominanza: incrociando tra loro 2 individui di linea pura che differiscono per un solo
carattere si ottengono nella prima generazione filiale (F1) individui che manifestano il
carattere dominante mentre quello recessivo rimane nascosto
2. Durante la formazione dei gameti, gli alleli segregano (si separano) l’uno dall’altro →
Seconda legge di Mendel o legge della segregazione dei caratteri: incrociando tra loro 2
eterozigoti della F1, gli alleli che determinano il carattere si separano in gameti diversi.
3. Geni indipendenti assortiscono indipendentemente → Terza legge o legge
dell'indipendenza dei caratteri: le coppie di alleli di ciascun carattere si comportano
indipendentemente le une dalle altre durante la formazione dei gameti.
Acondroplasia o nanismo
Ipercolesterolemia familiare
Sindrome di Marfan
La gravità delle manifestazioni cliniche (espressività) varia da caso a caso: alcuni pazienti
presentano sintomi lievi, altri possono avere disturbi più importanti che necessitano di monitoraggio
periodico e di eventuale trattamento.
Albinismo (oculo-cutaneo)
È importante ricordare che la produzione dell’emoglobina, dalla vita fetale a quella adulta,
cambia.
Infatti durante la vita fetale l’emoglobina prodotta si differisce da
quella adulta per produzione di catene α e γ e in parte la β
comincia ad essere prodotta soltanto tardivamente durante la vita
fetale.
Nel momento della nascita la produzione delle catene
emoglobiniche cambia in modo che durante la vita adulta si
producano soltanto catene α e le catene γ siano sostituite dalla
sola produzione delle catene β.
Più comuni sono le mutazioni puntiformi (>200 descritte in letteratura) esse possono interessare la
trascrizione, il processamento o la translazione dell’RNA messaggero.
Fibrosi cistica
Alla base di questa malattia c’è un aumento delle secrezioni mucose particolarmente viscose che
determina un’ostruzione dei dotti escretori con sintomatologia diffusa che riguarda
particolarmente: infezioni polmonari ricorrenti, insufficienza pancreatica, cirrosi epatica, ostruzione
intestinale e infertilità maschile.
Il gene della fibrosi cistica è denominato CFTR (Cystic Fibrosis
Transmembrane Conductance Regulator) è localizzato sul braccio
lungo del cromosoma 7, in posizione q31.2.
Il gene è formato è costituito da 27 esoni e codifica la proteina CFTR
che è costituita da 1480 aa.
La mutazione più
frequentemente (70%
dei pazienti affetti da CF) consiste in una
delezione di 3 paia di basi nel gene CFTR.
Questa delezione causa la perdita dell’aa
fenilalanina localizzato nella posizione 508 della
sequenza proteica.
Il cromosoma X è lungo circa 150.000.000 coppie di basi e possiede circa 2000 geni, di cui circa
1200 con funzione nota.
Femmina XX e maschio XY: per compensare la differenza di dosaggio genico dei cromosomi X
nelle femmine (2 copie nelle femmine e 1 sola copia nei maschi ) viene attivato un meccanismo
che si chiama lyonizzazione o inattivazione di una delle 2 X in modo che maschi e femmine
esprimano lo stesso dosaggio genico.
Lyonizzazione: nelle femmine 1 dei 2 cromosomi X è inattivato casualmente in ciascuna cellula allo
stadio di blastocisti
Non sono noti moltissimi casi di patologie: ipertricosi (peli che coprono tutto il corpo) e
incontinentia pigmenti (skin lesions).
Ereditarietà recessiva X-linked
Emofilia
L’emofilia è una malattia ereditaria, trasmessa dai genitori ai
figli, causata dalla mancanza di alcuni fattori della
coagulazione necessari per la normale emostasi del sangue.
Si conoscono 2 tipi di emofilia:
Distrofia muscolare
La distrofia muscolare di Duchenne e di Becker sono causate da mutazioni nel gene
distrofina.
Il gene distrofina mappa sul braccio corto del cromosoma X (Xp21)
Le mutazioni possono essere:
La trasmissione dell’eredità Y-linked colpisce solo i maschi: tutti i maschi ereditano il cromosoma Y
dal padre.
I maschi affetti hanno sempre un padre affetto.
Orecchie pelose
La femmina malata trasmette la malattia a tutti i figli (sia maschi che femmine).
Gli unici organelli presenti dopo la fecondazione sono quelli
presenti nei gameti femminili dove la mutazione è nei
mitocondri della cellula uovo.
Il maschio malato non trasmette la malattia alla progenie.
Lo spermatozoo perde i mitocondri quando feconda la
cellula uovo.
MELAS (Mitochondrial Encephalomyopathy with Lactic Acidosis and Stroke like): malattia familiare
con esordio, di solito, prima dei 15 anni caratterizzata da ischemie cerebrali ricorrenti
MERRF (Mioclono Epilessia con Fibre Ragged Red): malattia familiare con età di insorgenza, gravità
e evoluzione delle manifestazioni cliniche estremamente variabili anche nell’ambito della stessa
famiglia
LHON (Neuropatia Ottica Ereditaria di Leber) con esordio in età giovanile e netta prevalenza nel
sesso maschile.
MALATTIE GENETICHE
1. Malattie monogeniche
L'eredità è unifattoriale o monogenica: il carattere biologico è specificato da un solo gene
trasmesso secondo le leggi mendeliane della dominanza, della segregazione e
dell'indipendenza.
I caratteri monogenici hanno la caratteristica di essere qualitativi (genetica qualitativa).
2. Malattie poligeniche
L’eredità e l’espressione del fenotipo dipende da più geni ognuno dei quali contribuisce in
modo additivo all’espressione del fenotipo.
L’effetto dei geni è cumulativo e nessuno è dominante o recessivo rispetto agli altri.
3. Malattie multifattoriali o malattie complesse
L'ereditarietà delle malattie complesse è multifattoriale quando il carattere biologico è
controllato da un insieme di molti geni che agiscono in concorso con fattori ambientali
(alimentazione, condizioni igieniche, clima, tabagismo, attività fisica...).
− Modello poligenico: l’espressione del carattere dipende da più geni ognuno dei quali
contribuisce in modo additivo all’espressione del fenotipo.
L’effetto dei geni è cumulativo.
− Modello multifattoriale: il carattere biologico è controllato da più geni che agiscono
insieme a fattori ambientali (alimentazione, condizioni igieniche, clima, tabagismo, attività
fisica...)
I caratteri quantitativi sono caratteri misurabili che possono variare all’interno di un determinato
intervallo in modo:
Sono caratteri che non segregano secondo leggi mendeliane, ma sono almeno in parte
geneticamente determinati.
I caratteri quantitativi sono caratteri in cui il fenotipo viene classificato mediante misurazione.
Esempi sono: il peso, l’altezza, la pressione arteriosa, il QI, i livelli di colesterolo nel sangue…
Quando i caratteri quantitativi vengono raggruppati in classi di valori, presentano generalmente
una distribuzione nella popolazione che approssima una distribuzione gaussiana (anche detta
normale).
A livello di popolazione, i caratteri quantitativi vengono espressi non in termini di frequenze
fenotipiche, genotipiche e alleliche (come avviene per i caratteri qualitativi), ma in termini di
media e deviazione standard della distribuzione dei valori osservati.
Es. altezza
Supponiamo che i geni A e B contribuiscano entrambi per determinare l'altezza.
Ciascun gene può presentarsi in 2 forme alleliche:
→ A e B dominante
→ a e b recessivo
Tali che se sono presenti nella forma dominante (A e B) contribuiscono per 5 cm aggiuntivi
all'altezza finale, mentre se sono presenti nella variante recessiva (a e b) causano la perdita di 5
cm di altezza.
I genotipi possibili ad ogni locus saranno: AA, Aa, aa, BB, Bb, bb.
Fenotipicamente ci aspettiamo che le frequenze dei genotipi siano:
AA → BB = 120 cm [4 geni dominanti che contribuiscono ciascuno per 5 cm: 100 + (5x4)]
MALATTIE MULTIFATTORIALI
Un carattere è multifattoriale quando si combinano sia gli effetti prodotti da più geni sia da fattori
esogeni/ambientali: ciascun gene contribuisce, ma non è sufficiente a generare da solo il fenotipo
malattia.
In una malattia multifattoriale si devono combinare gli effetti prodotti da più
geni e da fattori esogeni/ambientali.
In alcuni casi i geni possono contribuire alla predisposizione della malattia:
modello a soglia e suscettibilità.
Chi eredita i geni che conferiscono una maggiore suscettibilità alla malattia, eredita un rischio più
elevato di sviluppare la malattia rispetto alla popolazione generale.
Soltanto gli individui geneticamente predisposti sviluppano la malattia se sono esposti a fattori
ambientali scatenanti.
Il modello poligenico a soglia estende la teoria poligenica dei caratteri quantitativi continui ai
caratteri dicotomici.
Secondo questa teoria, alla base dei caratteri dicotomici poligenici, c’è una variabilità genetica
continua, dovuta all’effetto additivo degli alleli di più geni.
Il carattere si manifesta solo quando si supera una soglia critica.
I fattori additivi che concorrono nel determinare il superamento della soglia per cui si manifesta il
fenotipo si chiamano fattori di suscettibilità.
L’insieme dei fattori di suscettibilità di un individuo determinano il suo livello di suscettibilità.
I fattori di suscettibilità possono essere oltre che genetici anche ambientali.
Familiari di individui affetti avranno una maggiore probabilità di sviluppare la malattia rispetto a
individui della popolazione generale.
Le malattie complesse sono controllate da fattori genetici e ambientali, che possono predisporre o
essere protettivi.
Quando il numero dei fattori o il tipo di interazione (additiva, moltiplicativa)
raggiunge la soglia critica, la malattia si manifesta.
Ogni fattore coinvolto ha un basso effetto fenotipico.
La percentuale dei parenti che cadono oltre il livello soglia diminuisce man
mano che si riduce il grado di parentela e la percentuale di condivisione di
geni.
Per una malattia multifattoriale la soglia del rischio diminuisce con il
diminuire del grado di parentela.
I gemelli monozigoti (MZ) hanno lo stesso sesso, gli stessi alleli e polimorfismi, spesso hanno un
ambiente più simile.
I gemelli dizigoti (DZ) hanno lo stesso sesso nel 50% dei casi, il 50% degli alleli in comune e il 50%
dei polimorfismi in comune.
Gli studi sui gemelli sono uno strumento molto utile per la valutazione dei fattori genetici nella
determinazione di caratteri (sia normali che patologici)
Studi di adozione
Negli studi di adozione i ricercatori tentano di stabilire se i comportamenti o le caratteristiche
psicologiche dei bambini adottati sono più simili a quelle dei genitori adottivi o a quelle dei genitori
biologici:
1. Implicazione di fattori genetici: maggiore frequenza del carattere nei genitori biologici
rispetto ai genitori adottivi.
2. Implicazione di fattori ambientali: maggiore frequenza del carattere nei figli adottati rispetto
alla popolazione generale.
Somiglianze tra soggetti adottati e genitori adottivi riflettono principalmente influenze ambientali.
Somiglianze tra soggetti adottati e genitori biologici riflettono principalmente influenze genetiche.
Es.
Il genitore biologico muore di infezione prima dei 50 anni e il figlio adottato è 5 volte più suscettibile
di morire per infezioni in giovane età rispetto alla popolazione generale.
Si deduce una forte componente genetica.
Il genitore adottivo muore per malattie cardiovascolari prima dei 50 anni, e i figli adottati sono 3
volte più suscettibili di morire per malattie cardiovascolari rispetto alla popolazione generale.
Si deduce una forte componente ambientale.
Aggregazione familiare
Il contributo di fattori genetici è dimostrata dall’osservazione di una maggiore frequenza del
carattere nei parenti di soggetti affetti rispetto alla popolazione generale.
Analisi di linkage
L’analisi di linkage permette di determinare la posizione cromosomica di un locus responsabile di
una determinata malattia/carattere genetico rispetto a marcatori polimorfici noti.
È un approccio molto utile per il mappaggio e l’identificazione di geni responsabili di malattie
genetiche mendeliane (oltre 1,200 geni identificati).
L’identificazione di geni implicati in malattie ad ereditarietà complessa (pochissimi geni identificati
finora) è più difficoltosa.
Il marcatore genetico rappresenta sequenze polimorfiche di DNA
(presentano quindi più varianti alleliche) che si trovano in un locus
specifico all’interno del cromosoma.
Tipi di marcatore:
Nell’analisi di linkage maggiore è l’ereditabilità tanto maggiore è l’importanza dei fattori genetici e
la ricerca dei geni della suscettibilità:
• L’incidenza di queste malattie nelle famiglie dei malati cresce col crescere dell’incidenza
nella popolazione
• Il sex ratio è in genere diverso da 1, cioè vi è sempre un sesso più colpito dalla malattia
• Il rischio medio di ricorrenza è del 2-5% per i parenti di 1° grado dei probandi e va
decrescendo nei parenti di 2° e 3° grado
• Il rischio di ricorrenza aumenta (5% o anche più):
o Col crescere del numero dei parenti affetti
o Col crescere del grado di severità della malattia
o Se il probando appartiene al sesso normalmente meno colpito
Nelle malattie cardiovascolari i fattori ambientali danno un contributo particolarmente forte alla
malattia e sono: ipertensione, sedentarietà, stress, fumo, obesità, diabete e colesterolo.
La variabilità genetica è dovuta a dei cambiamenti nella sequenza del DNA che spesso sono dei
polimorfismi.
La variabilità genetica è responsabile delle diversità individuali, ed è un fattore positivo per
l’adattamento all’ambiente e per l’evoluzione della vita.
Il 99,9% della sequenza del nostro DNA nucleare è identico a quello di un altro individuo.
La piccola frazione restante (≈ 0,1%) è responsabile della variabilità genetica e determina tutte le
nostre caratteristiche (incluso l’insorgenza di patologie).
Il genoma è il complesso dei geni che definiscono un individuo ovvero l’intera sequenza di DNA
contenuta nel nucleo di ogni cellula.
Il DNA è identico in tutte le cellule di un individuo.
Contiene circa 3 miliardi di paia di basi ed è organizzato in:
– Geni: nell’uomo ci sono circa 30.000 geni (2% dell’intero genoma), sono sequenze
codificanti per le proteine
– Sequenze codificanti: generano RNA funzionali, ma che non codificano per proteine (es.
RNA ribosomiale)
– Sequenze non codificanti: con funzione strutturale e regolatrice della trascrizione
Il 99,9% del DNA è conservato tra individui diversi, mentre lo 0,1% del DNA è diverso ed è sufficiente
per renderci diversi.
Solo i gemelli identici possiedono lo stesso genoma.
Una differenza dello 0,1% nella composizione del DNA è sufficiente per dar luogo alla variabilità
della popolazione.
La variabilità della popolazione è dovuta alla presenza di polimorfismi che individuano
genotipi/fenotipi diversi.
→ SINEs (Short INterspersed Elements): es. sequenza Alu è una breve sequenza interspersa di
circa 300 bp.
Si stima che le sequenze Alu presenti nel genoma umano siano più di un milione e che
quindi rappresentino il 10% del genoma umano totale.
L'inserzione di sequenze Alu è implicata in diverse malattie ereditarie umane e in varie
forme di cancro: possono rivelarsi dannose e causare disordini ereditari.
→ LINEs (Long INterspersed Elements): ripetizioni di circa 6000 bp intersperse nel genoma.
L'espressione degli elementi SINE e LINE porta ad instabilità genetica.
• Renina: proteasi prodotta dal rene in risposta a riduzione della pressione sanguigna o
riduzione del livello di sodio nei tubuli renali
• Angiotensinogeno: α-globulina di origine epatica sotto controllo positivo di estrogeni,
glucocorticoidi, ormoni tiroidei, angiotensina II
• Angiotensina I: decapeptide risultante dalla scissione del legame peptidico fra 10° e 11°
residuo dell’angiotensinogeno ad opera della renina
• Angiotensina II: octapeptide risultante dalla scissione del legame peptidico fra 8° e 9°
residuo dell’angiotensina I ad opera dell’enzima di conversione dell’angiotensina I (ACE)
Una volta attivata l’angiotensina II, si attiva in modo intenso e diretto l’apparato contrattile delle
fibrocellule della muscolatura liscia vasale inducendo: vasocostrizione, aumento delle resistenze
circolatorie periferiche ed aumento della pressione arteriosa.
Stimola la produzione di aldosterone (corticale del surrene) favorendo così la ritenzione salina e
idrica con aumento della volemia e quindi della pressione arteriosa.
Inoltre stimola la crescita cellulare.
Se la concentrazione di sodio plasmatico diminuisce:
Quando l’individuo comincia a fare attività fisica si assiste ad una perdita di acqua che insieme
alla perdita degli elettroliti comporta una diminuzione
della pressione arteriosa.
Questa diminuzione viene immediatamente captata
dal rene che rilascia renina, prodotta dalle cellule
iuxtaglomerulari, nel circolo sistemico.
La renina rilasciata comporta la formazione
dell’angiotensina I che viene immessa nel circolo
sanguigno e attiva il rilascio dell’enzima ACE che
converte l’angiotensina I in angiotensina II.
A sua volta, l’angiotensina II attiva, a livello delle
ghiandole surrenali, il rilascio di aldosterone che
determina la perdita degli ioni sodio e il rilascio degli
ioni potassio.
Questo squilibrio osmotico aumenta il riassorbimento di
acqua che ha come effetto l’aumento della pressione arteriosa.
L’attivazione della produzione dell’enzima ACE viene messa in circolo, ma in realtà la distribuzione
di questo enzima è circolante soltanto per il 10% con effetti immediati a livello cardiovascolare e
omeostasi renale.
Il restante 90% rimane a livello del tessuto locale (endotelio polmonare e renale) con effetti a lungo
termine come: “adattamento” locale dell’organo e attivazione rene-indipendente.
Esiste una grande variabilità fra individui nei livelli di ACE circolante nel plasma.
Tale variabilità è principalmente dovuta alla presenza del polimorfismo Alu da inserzione o
delezione (I/D) nel gene ACE.
Le sequenze Alu sono elementi SINE e sono sequenze lunghe circa 300 bp.
Nella popolazione esistono 3 possibili genotipi relativi al polimorfismo I/D nel gene ACE:
Il polimorfismo Alu ha un effetto fenotipico, infatti i soggetti omozigoti DD hanno attività enzimatica
ACE plasmatica maggiore rispetto ai soggetti eterozigoti ID ed omozigoti II.
La presenza (inserzione I) della sequenza Alu favorisce le persone che praticano sport di durata.
Studi su gruppi di atleti olimpionici allenati a 4000 m di altitudine, senza l’uso supplementare di
ossigeno, praticanti discipline su lunghe distanze e di canoisti hanno evidenziato un eccesso di
genotipi omozigoti I/I o eterozigoti I/D fra gli atleti d’élite rispetto alla popolazione di controllo.
La presenza dell’allele I sembra associato alla performance di durata.
Il sistema renina-angiotensina è presente a livello del tessuto muscolare sia scheletrico che
cardiaco.
Soggetti omozigoti o eterozigoti per l’allele I (II o ID) sarebbero favoriti dal punto di vista metabolico
perché:
− È migliore lo sfruttamento degli acidi grassi come fonte energetica (probabile azione ACE
nel tessuto adiposo);
− Hanno ridotta risposta vasocostrittoria all’ipossia a livello polmonare (vantaggio respiratorio)
− Mostrano un aumento della bradichinina che contrasta la risposta ipertrofica a livello
cardiaco
L’allele D in individui con genotipo omozigote (DD) si associa a maggior incremento di:
La presenza del polimorfismo Met235Thr porta alla formazione di 2 possibili forme alleliche:
I. Omozigote TT: entrambi gli alleli codificano per la treonina e determinano un’ipertrofia
eccentrica del ventricolo sinistro con maggior performance negli sport di “sprint”
II. Eterozigote TM: livelli intermedi
III. Omozigosi MM: entrambi gli alleli codificano per la metionina e determinano una maggior
produzione di angiotensina II, favorendo gli sport di resistenza
Diversi studi hanno dimostrato che pazienti che presentano una forma alterata del gene AGT
(genotipo T/T) hanno un rischio circa 3 volte maggiore di sviluppare patologie cardiovascolari,
quali: coronopatie, infarti miocardici, arteriosclerosi e cardiomiopatie ipertrofiche rispetto ai
pazienti con il gene normale.
Questi individui possono quindi trarre notevoli benefici nella riduzione dell’apporto di sodio nella
dieta che permette significativa diminuzione della pressione arteriosa senza la necessità di
ricorrere ad una terapia farmacologica.
Polimorfismo ACTN3
ACTN3 è l'unico gene che ha mostrato associazione significativa tra uno specifico genotipo e
prestazioni atletiche tra più coorti di atleti d'élite.
I geni ACTN codificano la formazione di proteine chiamate actinine che legano actina e servono
per stabilizzare i filamenti di actina permettendo la produzione di contrazioni più forti.
Esistono 2 tipi principali di geni ACTN:
Il gene ACTN3 è composto di 21 esoni che codificano per una proteina di 901 aa.
La proteina è espressa principalmente nel muscolo scheletrico e funziona come componente
strutturale della linea Z sarcomerica.
Il polimorfismo che converte la citosina in timina
(C > T) nel codone 577 determina la formazione di
una variante non funzionale che è stata associata
con prestazioni sportive di élite (R577X).
La miostatina è uno dei geni utilizzato per l’approccio al doping genetico per modificare e
aumentare la crescita delle cellule dei muscoli scheletrici (modificare per mutagenesi il gene
miostatina e somministrare un inibitore della miostatina rappresentato dalla follistatina).
Nel 2004 studiando un bambino tedesco di 5 anni che presentava uno sviluppo
abnorme della forza e della massa muscolare venne identificata per la prima
volta nell'uomo la presenza di una mutazione nel gene che codifica per la
miostatina.
Polimorfismo PPAR
I PPAR sono recettori intracellulari attivati da elevate concentrazioni di lipidi coinvolti nel
metabolismo, nell’immagazzinamento o nel movimento dei lipidi stessi verso organelli intracellulari
o nella loro eliminazione.
Sono stati identificati, fino ad oggi, 3 differenti geni che codificano per 3 diversi tipi di recettori
PPAR: α, δ e γ.
I recettori PPAR-α sono espressi prevalentemente in tessuti che metabolizzano notevoli quantità di
acidi grassi come: fegato, rene, cuore e muscolo scheletrico.
I recettori PPAR-δ hanno una distribuzione più ubiquitaria, con prevalenza per: tessuto nervoso,
adiposo e cute.
I recettori PPAR-γ è elevata nel tessuto adiposo, dove modulano la differenziazione degli adipociti
ed inducono l’espressione di geni critici per l’adipogenesi.
Il polimorfismo L162V è stato associato con obesità ed elevati livelli di lipidi nel plasma.
Polimorfismo PPAR-γ
I recettori PPAR-γ si trovano su diversi tessuti, ma soprattutto in: adipociti, cellule intestinali e
macrofagi.
Uno dei polimorfismo più studiati di PPAR-γ è il polimorfismo derivante dalla sostituzione della
prolina con l’alanina nel codone 12 dell’esone 6 (Pro12Ala).
Alcuni studi supportano un ruolo benefico del polimorfismo Pro12Ala, che è associato con una
ridotta trascrizione del gene PPAR-γ 2.
Tale polimorfismo è associato a diminuzione del body mass index (BMI), riduzione dei livelli di
insulina, aumento dei livelli di HDL e migliore sensibilità all’insulina.
Attitudine psicologica
Resistenza allo stress e controllo delle emozioni sono in una certa misura geneticamente
determinate.
Il gene trasportatore della serotonina 5-HTT è un neurotrasmettitore che regola moltissimi processi
tra cui l’umore, il sonno e l’appetito.
È stato dimostrato che un polimorfismo di lunghezza nel promotore di questo gene influisce sul
tasso di assorbimento della serotonina.
Il trasportatore della serotonina (5HTT) può codificare per 2 forme alleliche: HTT lungo (L) e HTT corto
(S).
Uno studio psicologico di atlete femmine con il genotipo SS e LS ha rivelato che irritazione e livelli di
pessimismo erano inferiori a quelli di atlete con i genotipi LL.
Genotipo SS e LS si associano ad una ridotta attività trascrizionale che comporta minore
espressione della proteina: meno serotonina maggiore stabilità dell’umore e del benessere.
Predisposizione sportiva
In America una società afferma che attraverso un test genico è possibile predire le “capacità
sportive” di un individuo e per questo motivo ha creato “Athletic Talent Laboratory Analysis System
“ (ATLAS).
La società sostiene che lo studio della variazione ACTN3 nei bambini tra 8 e10 anni « può
determinare che tipo di atleta sei nato per essere» e propone alle società sportive questo test per
l'immissione di giovani nello sport.
“Nello sport di vertice attuale si definisce talento un soggetto che, tenuto conto dell’allenamento
già realizzato, è capace di prestazioni sportive superiori alla media rispetto a gruppi di riferimento
di soggetti dello stesso livello di sviluppo biologico e con abitudini di vita simili.” (Hohmann, Carl,
2001).
Il talento sportivo in parte è ereditabile, infatti spesso notevoli capacità sportive si registrano fino a 3
generazioni precedenti della stessa famiglia.
Se la genetica è in grado di decidere chi sarà un campione e chi no è ancora da stabilire perché
nella prestazione sportiva sicuramente la genetica è una componente importante, ma è
necessario che l’atleta sia ben predisposto ad una determinata prestazione attraverso
allenamento e dieta specifici, oltre che ad ambiente, tecnologica e prestazione mentale in grado
di portarlo ad una prestazione sportiva di eccellenza.
DOPING
La definizione di doping secondo la legge 14 dicembre 2000, n° 376 (art. 1) del Ministero della
Salute è la seguente: “Costituiscono doping: la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di
sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche
mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni
psichiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti”.
È l'uso (o abuso) di sostanze o medicinali con lo scopo di aumentare artificialmente il rendimento
fisico e le prestazioni dell'atleta.
Il doping è vietato dai regolamenti di tutte le società sportive.
WADA
Il Comitato Olimpico Internazionale è il massimo organismo sportivo mondiale.
Il compito principale del Comitato Olimpico Internazionale è quello di supervisionare
l'organizzazione dei Giochi Olimpici.
Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha creato un'apposita agenzia, la WADA (World Anti
Doping Agency), che si occupa della lotta al doping.
WADA emette e aggiorna costantemente il Codice Mondiale Anti Doping: aggiorna
continuamente l’elenco di farmaci "proibiti", specificando anche i tipi e le dosi dei farmaci
consentiti.
ADAMS
Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano ha espresso parere favorevole all’utilizzo del sistema
informatico denominato ADAMS per la gestione delle informazioni sugli atleti (compresa la gestione
dei form “whereabouts”).
L'Anti Doping Administration and Management System (ADAMS) è un software della World Anti
Doping Agency (WADA) che è stato adottato per l'avvio e l'implementazione dei test anti-doping
per i migliori atleti del mondo.
WADA ha creato ADAMS nel 2005 per l'uso in tutto il mondo.
ADAMS è la “banca dati ” in cui i dati dell’atleta sono conservati e che si riferiscono a:
1. Risultati di laboratorio
2. Autorizzazioni TUE (Therapeutic Use Exemption)
3. Violazioni delle norme anti-doping
È quindi lo strumento fondamentale per pianificare, coordinare, ordinare controlli e serve per la loro
gestione.
Consente, per esempio, di evitare duplicazioni non necessarie dei controlli.
Serve per la reperibilità degli atleti ed è uno strumento cruciale per i controlli a sorpresa.
Contiene tutte le informazioni dell’atleta e consente a tutte le organizzazioni di avere semplice e
rapido accesso alle informazioni.
Rappresenta una garanzia di trasparenza.
ABP
CIO e WADA hanno proposto l’introduzione di un nuovo programma per contrastare la lotta al
doping: creare un passaporto biologico dei giocatori, l'Athlete Biological Passport (ABP), per
monitorare i giocatori nel tempo e rivelarne indirettamente gli effetti del doping.
Questi 'test intelligenti' sono visti come deterrenti per tutti i giocatori che potrebbero prendere in
considerazione l'uso di sostanze illecite.
Il passaporto biologico consiste nel tracciamento nel tempo dei parametri ematici e steroidei
dell'atleta, perciò rappresenta un profilo genetico grazie al quale sono monitorati nel lungo termine
i cambiamenti dei valori ematici.
Una volta realizzato un test base del sangue di ogni atleta, questi campioni servono poi come
riferimento per gli altri esami.
Il passaporto in sé non rileva la presenza di sostanze dopanti, ma indica un’anomalia che potrebbe
suggerirla.
È una tecnica indiretta che non rileva la presenza/assunzione diretta del farmaco dopante, ma
individua gli effetti anomali che tali sostanze inducono sull'organismo.
a) Ematologico: ha lo scopo di rilevare qualsiasi forma di doping del sangue (esami del
sangue)
b) Steroideo: ha lo scopo di individuare forme dirette e indirette di doping con agenti
anabolizzanti (test delle urine)
c) Endocrinologico: ha lo scopo di rilevare il doping con fattori di crescita, come l'ormone
della crescita (GH) e fattore-1 di crescita insulina (IGF-1) (sangue e urina)
DOPING
La diffusione del doping nel mondo sportivo non è tanto negli atleti professionisti, ma soprattutto
negli atleti dilettanti o delle categorie minori e in particolar modo nello sport amatoriale.
Il rendimento sportivo può essere implementato con sostanze che aumentano il rendimento
muscolare oppure che agiscono a livello del SNC.
Le sostanze che possono aumentare il rendimento muscolare sono: ormoni steroidei (androgeni,
estrogeni, progestinici), eritropoietina, ormone GH e IGF-1.
Le sostanze che invece possono agire a livello del SNC sono: amfetamine, cocaina, efedrina,
metilefedrina.
Una delle maggiori sfide per i laboratori anti-doping è quella di riconoscere e rilevare l’abuso di
sostanze illecite.
1. Agenti anabolizzanti
2. Ormoni e sostanze correlate
3. β-2 agonisti
4. Agenti con attività anti-estrogenica
5. Diuretici ed agenti mascheranti
6. Stimolanti
7. Narcotici
8. Derivati della cannabis
9. Farmaci corticosteroidi
Le sostanze proibite in particolari discipline sportive sono:
I. Alcool: proibito nelle competizioni di automobilismo (>0.10 g/L), arco (>0.10 g/L), biliardo
(>20 g/L), karate (>0.10 g/L)…
II. β-bloccanti (es. atenololo, labetalolo, metoprololo, nadololo, sotalolo, timololo...): proibito
nelle competizioni di automobilismo, arco, bridge, ginnastica, nuoto sincronizzato…
2- Somatotropina o GH
Gli effetti ricercati dalla somministrazione della somatotropina o GH (Growth Hormone) sono:
➢ Deformazioni ossee
➢ Gravi insufficienze cardiache
➢ Diabete e neoplasie
➢ Malattia di Creutzfeldt Jacob
➢ Disturbi tiroidei
3-Corticotropina
La corticotropina (ACTH) è un ormone prodotto dall’ipofisi che regola la produzione degli ormoni
corticosteroidi (come cortisolo e aldosterone).
L’effetto ricercato prodotto dall’assunzione dell’ACTH è un aumento transitorio del GH con
conseguente effetto anabolizzante.
Gli effetti collaterali sono:
→ Ipertensione
→ Aumento della glicemia
→ Può interferire con la fertilità
4-Eritropoientina
L’eritropoietina (EPO) è un ormone prodotto dal rene e dal fegato che stimola la produzione di
globuli rossi.
Dal 1983 viene sintetizzato in laboratorio.
Gli effetti ricercati con tale somministrazione sono:
❖ Ipertensione arteriosa
❖ Ictus cerebrali
❖ Infarto del miocardio
5-β-2 agonisti
I β-2 agonisti (salbuterolo, formoterolo…) sono farmaci broncodilatatori usanti in caso d’asma.
La somministrazione di β-2 agonisti sembra promuovere l’ipertrofia muscolare con un aumento che
può variare, negli animali, dal 10 al 50%.
L’effetto ricercato è di tipo anabolizzante, mentre gli effetti collaterali possono essere:
Tachicardia
Insonnia
Infarto cardiaco
Ipotensione
• Perdita di peso
• Mascherare la presenza di altri prodotti
• Disidratazione
• Insufficienza renale
• Aritmie cardiache
1. Aumento di trasporto di O2
a. Doping ematico
b. Uso di prodotti che aumentano l’assorbimento, il trasporto o il rilascio dell’O2
c. Camera ipobarica
2. Manipolazione farmacologica, chimica e fisica: uso di sostanze e metodi che possano
alterare l’integrità e la conformità dei campioni raccolti nei controlli anti-doping
3. Doping genetico: uso non terapeutico dei geni, elementi genetici e/o cellule, che hanno la
capacità di migliorare la prestazione sportiva
Aumento di trasporto di O2
Il doping ematico per emotrasfusione può essere fatto utilizzando 2 possibilità:
Il vantaggio del doping ematico omologo comporta nessuna diminuzione della performance.
Gli svantaggi del doping ematico omologo, invece, potrebbero essere:
• Possibilità di essere individuati (individuazione degli antigeni minori dei GR del donatore)
• Contrarre malattie dal donatore
• Reazioni da trasfusione
Lo svantaggio dovuto al doping ematico autologo può causare una diminuzione della
performance durante l’allenamento dopo l’estrazione del sangue.
Nell’autoemotrasfusione per gli sport di resistenza un mese prima della gara vengono estratti 700-
900 ml di sangue, che vengono poi conservati e rimessi in circolo 1 o 2 giorni prima dell'impegno
agonistico.
In seguito alla trasfusione si verifica un repentino miglioramento della capacità aerobica e della
prestazione nelle prove di resistenza (ciclismo, maratona, nuoto di durata, triathlon, sci nordico…).
Doping genetico
Il WADA ha inserito nella lista dei metodi proibiti il doping genetico, definito come “l’uso non
terapeutico di cellule, geni, elementi genici o la modulazione dell’espressione genica che possano
aumentare la performance sportiva”.
Il doping genetico usa le stesse tecniche della terapia genica allo scopo di migliorare la
prestazione sportiva.
Gli effetti ricercati utilizzando questo metodo sono:
Terapia genica
Negli anni ‘70 nasce l’idea della terapia genica che consiste nell’utilizzo di materiale genetico per
generare un effetto terapeutico, con diverse strategie di intervento a seconda dello scopo
prefissato (mutazioni: ereditarie (patologie genetiche), acquisite (tumori), dovute a virus (malattie
infettive)).
Il farmaco nella terapia genica è rappresentato dal DNA o dall’RNA.
L’obiettivo principale è quello di curare:
Le strategie adottate dalla terapia genica non convenzionale, rappresentata dalla correzione del
difetto genetico restaurando la normale espressione genica, sono:
→ Assenza di immunogenicità
→ Alta efficienza ex vivo
→ Rilascio di grossi geni
→ Utile per le vaccinazioni a DNA
Gli svantaggi rappresentati dall’uso dei vettori non virali possono essere:
Vettori ideali
Un vettore ideale dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:
1. Ex vivo: le cellule bersaglio (es. SC) sono prelevate dal paziente, modificate geneticamente
in laboratorio e reintrodotte nello stesso individuo.
Non causa problemi immunologici, presenta un’efficienza delle metodiche di trasduzione in
vitro e agisce solo su alcune malattie
(immunologiche, ematologiche, metaboliche).
2. In situ: il transgene viene rilasciato localmente nel sito
di azione mediante iniezione intramuscolare o
intratumorale o per inalazione…
La sua azione è mirata per: tumori localizzati,
patologie dell’apparato respiratorio (es. FC), tessuto
cutaneo…
3. In vivo: il transgene viene somministrato per via
sistemica endovenosa nel corpo del paziente.
Utilizzato per cellule e tessuti poco accessibili, ha una scarsa efficienza di trasduzione,
barriere.
Nel trasferimento genico in vivo la somministrazione del vettore avviene attraverso: aerosol,
iniezione diretta, perfusione dell’organo, uso di cateteri, gene gun/elettroporazione, via sistemica.
DOPING GENETICO E SPORT
Il doping genetico rappresenta un’alternativa alla somministrazione di sostanze dopanti che sono
rilevabili dai laboratori WADA.
Permette di implementare la regolazione naturale di geni e il potenziamento di proteine all’interno
dell’organismo.
I tessuti modificabili da doping genetico sono: polmoni, muscoli, cuore, fegato, eritrociti,
vascolarizzazione.
Gli approcci di ingegneria genetica che si possono ipotizzare come doping genetico nello sport
sono:
Ex vivo: prelievo del tessuto emopoietico per modificare l’emopoiesi (recettore EPO,
trasporto O2)
In vivo locale (es. muscolo): fattori di crescita, modificatori fibre muscolari cardio-
modulatori...
In vivo locale (es. articolazioni): sostanze antidolorifiche, inibitori dell’infiammazione, fattori
di riparo...
In vivo sistemico: anabolizzanti, fattori ormonali, killer del dolore, controllo vascolare...
Recettore PPARδ
Nel muscolo l'espressione di PPARβ/δ aumenta con l'esercizio fisico, con
conseguente aumento della capacità ossidativa (brucia grassi) e aumento
delle fibre di tipo I.
L’espressione di PPARδ promuove il passaggio delle fibre muscolari da tipo
IIb a contrazione rapida a quelle di tipo IIa e di tipo I lente che è quello che
accade fisiologicamente in seguito ad esercizio fisico costante.
Geni correlati all’angiogenesi
L’espressione di geni quali: fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF), fattore di crescita
tissutale (TGF) e fattore di crescita degli epatociti (HGF), è correlata all’aumento della formazione di
nuovi vasi sanguigni e quindi ad un maggiore trasporto di O2 ai tessuti con conseguente aumento
della capacità di resistenza allo sforzo fisico.
VEGF
Gli obiettivi di questo studio clinico di fase 1 erano (1) di documentare la
sicurezza e la fattibilità del trasferimento genico intramuscolare mediante
l'uso di DNA plasmidico ingegnerizzato con VEGF e (2) per analizzare i
potenziali benefici terapeutici della terapia genica in pazienti con ischemia
critica degli arti.
La crescita e rigenerazione del tessuto muscolare avviene aumentando l’espressione di geni che
hanno un’azione stimolante come IGF-1 e GH, oppure inibendo geni che di solito agiscono come
repressori dei processi di crescita come la miostatina.
Se inserisco un extra gene IGF-1 il meccanismo di equilibrio tra IGF e miostatina verrebbe
bypassato, inducendo ipertrofia del muscolo e la crescita incontrollata delle fibre.
GH
L'attività sportiva rappresenta un forte stimolo per la secrezione di GH.
La secrezione di GH nel corso di attività fisica è influenzata in modo particolare da: intensità dello
sforzo, tipo di allenamento del soggetto e temperatura ambiente.
Il doping genetico con GH potrebbe essere utilizzato per favorire la mobilizzazione dei grassi
stimolando la lipolisi comportando un aumento dell’ossidazione degli acidi grassi, favorendo il
dimagrimento e la sintesi di corpi chetonici nei tessuti.
D’altra parte la somministrazione cronica di GH ha effetti iperglicemizzanti con ridotta utilizzazione
di glucosio, ridotta glicogenolisi ed insulino resistenza.
Inoltre collabora con gli ormoni tiroidei, con gli ormoni sessuali steroidei e con l’IGF-1 al processo di
sviluppo e accrescimento dell’apparato scheletrico garantendo il trofismo muscolare ed osseo
nell’adulto.
Miostatina
La miostatina è una proteina regolatrice della crescita muscolare.
Appartiene alla superfamiglia dei TGF-β (Trasforming Growth Factor β) ed è responsabile del
differenziamento dei muscoli scheletrici.
Ha una funzione inibitoria della proliferazione delle cellule satelliti alle fibre muscolari.
Mutazioni genetiche del gene miostatina provocano abnormi crescite dei muscoli (es. ceppo
bovino Belgium blue bull).
Approcci al doping genetico permettono di modificare per mutagenesi del gene miostatina e
somministrare un inibitore della miostatina come la follistatina che è un regolatore della miostatina.
Inoltre i rischi possono essere legati alle modalità di trattamento: malpratica (vettore o via
somministrazione inadeguati), materiale contaminato (patogeni o allergeni) e mancanza di follow
up.
BIOETICA
La bioetica nasce dal Codice di Norimberga (1947) con la condanna di ogni sperimentazione
sull’uomo senza il suo consenso.
La sperimentazione clinica deve essere sempre aderente alla Dichiarazione di Helsinki (1964-2000)
sui diritti degli individui e dei pazienti.
Il termine “bioetica” fu coniato dall’oncologo americano V. R. Potter che per la prima volta parlò di
bioetica nel 1970 in un paio di pubblicazioni:
La bioetica viene intesa come una nuova disciplina che possa combinare la conoscenza
biologica con la conoscenza del sistema dei valori umani, difficile questo punto tra le 2 culture.
La bioetica perciò è lo studio sistemico della condotta umana, nell’ambito delle scienze della vita
e della salute, esaminata alla luce di valori e di principi morali.
La bioetica è una disciplina rigorosa, argomentativa e razionale che si occupa dell’agire
dell’uomo, del suo comportamento e interviene quando il ponte culturale tra scienza e coscienza
ha una ripercussione sulla salute dell’individuo.
Il documento di Erice, stilato nel 1991, ha definito le competenze della bioetica su 4 ambiti:
EUGENETICA
L’eugenetica è l’utilizzo della genetica al fine di valutare o manipolare o selezionare alcuni effetti
etnici o caratteristiche fenotipiche e genotipiche.
Il piano eugenetico nazista aveva come obiettivo l’eliminazione degli ebrei abitanti in Europa, dei
gruppi “inferiori” e di quelli “difettosi” o «non puri».
Con la “legge di sterilizzazione genetica” la Corte di Sanità Ereditaria legittimò la sterilizzazione di
225.000 persone, infatti con le leggi di Norimberga del 1935, il piano diventa esplicitamente
antisemita e vengono proibiti i matrimoni tra persone di provenienza etnica differente.
Infine nel 1939 venne istituito il programma eugenetico di eutanasia per gli individui “inutili”.
Oggi qualsiasi selezione su base genetica può avere aspetti di eugenetica come:
• Introduzione della diagnosi prenatale: principio di diagnosi genetica e tutela della salute
della madre e del bambino
• Procreazione medicalmente assistita: fecondazione eterologa
Ecco che rientra il concetto di “eufenica”, ingegneria dello sviluppo umano (J. Lederberg):
cervello, risposta immunitaria, invecchiamento.
Perciò oggi si parla di eufenica e di eugenetica riformata.
Altro aspetto dibattuto all’interno della bioetica sono i mostri genetici, ossia la modifica dell’essere
umano, la costruzione di ibridi genetici, di molecole di DNA di origini diverse con la tecnica del
DNA ricombinante.
Nel 1974 ad Asilomar ci fu un congresso che cercava di definire giuridicamente quali fossero le
responsabilità legali della biologia molecolare e dell’ingegneria genetica nascente, quindi fino a
dove una manipolazione genetica potesse spingersi e a che punto dovesse invece fermarsi.
Si introduceva quindi il concetto di biosicurezza e si concluse con un setting valido ancora oggi in
quasi tutti i Paesi, che afferma l’impossibilità di effettuare modificazioni genetiche sugli embrioni.
L’ingegneria genetica nasce nel 1978 ed è rivoluzionaria perché introduce una serie di tecnologie
importantissime che riguardano il sequenziamento del genoma umano e quindi rivoluziona non
solo la genetica medica, ma anche la medicina.
Infatti è possibile ottenere: mappatura del genoma, diagnosi prenatali e test genici, terapie
geniche e biotecnologie applicate su uomo, animali e piante.
Su queste basi è diventato necessario un atto che non riguarda soltanto la genetica medica che è
il consenso informato e come dice Fletcher: “La conoscenza etica ha il potere di proporre come e
se usare informazioni genetiche in base alla decisione libera del paziente”.
Il consenso informato è una manifestazione di volontà che viene accordata dal paziente, ad un
qualsiasi trattamento sanitario.
È chiaro che tale atto di volontà richiede il fatto che il professionista (o la struttura sanitaria) debba
adoperarsi al fine di informare compiutamente, il paziente che subirà il trattamento sanitario,
affinché lo stesso possa prestare un consapevole consenso.
Ad oggi il consenso informato è più appropriato definirlo come modulo di consenso e modulo
informativo, mantenuti separati.
Il consenso può essere ritirato dall’individuo in qualsiasi momento della vita e per qualsiasi ragione
ed è legato al modulo informativo, pertanto riguarda esclusivamente l’oggetto del suo contenuto
informazione.
È individuale e non estendibile ad altri individui anche se consanguinei e per i minori deve essere
dato da entrambi i genitori o da un tutore legare.
I principi guida per i test genetici devono tutelare la confidenzialità dei dati nel rispetto
dell’autonomia personale sempre con i 3 principi dell’OMS nelle Linee guida stilante nel 1981 e
tutt’oggi valide.
Anche gli screening genetici neonatali obbligatori non sono mai eseguiti per ottenere un pool
genetico sano o una riduzione dei costi sanitari, ma per poter accedere ad una terapia precoce e
salva vita (es. galattosemia).
Il Consiglio d’Europa, con la Convenzione di bioetica sancisce che “non si può accedere a test
presintomatici di malattie genetiche o che permettono di identificare il soggetto come portatore di
un gene responsabile di una malattia o di scoprire una predisposizione o suscettibilità genetica ad
una malattia, se non a fini medici o di ricerca medica, e sotto riserva di un consulente genetico
appropriato” previa raccolta del consenso informato.
The General Data Protection Reguletion (GDPR) è il nuovo pacchetto di misure per la protezione dei
dati, adottato nel maggio 2018, e mira ad adeguare l’Europa all’era digitale.
Oltre il 90% degli europei afferma di volere gli stessi diritti in materia di protezione dei dati in tutta
l’UE, a prescindere da dove i dati vengono trattati.
Ogni consulenza è un caso a sé, con problematiche diverse legate sia alla patologia sia alla
particolare situazione di chi richiede la consulenza.
Le linee guida etiche per i test etici secondo l’OMS sono le seguenti:
→ I test genetici dovrebbero essere sempre consigliati quando l’informazione può essere
utilizzata per terapia e prevenzione, quindi per il miglioramento della vita
→ I test genetici dovrebbero essere sempre volontari e basati sul consenso informato
→ I test genetici devono essere offerti agli adulti sul principio dell’autonomia, anche se una
terapia non è immediatamente disponibile
→ Nei bambini, i test genetici presintomatici, non devono essere offerti a meno ché questo test
possa fornire importantissime ripercussioni in ambito di terapia e cura di una determinata
patologia
→ Tutti gli organismi privati e pubblici non devono accedere ai risultati dei test genetici
Il consenso informato deve essere sempre raccolto e deve essere disegnato in modo da informare,
con il modulo informativo, il paziente per: significato, limiti, possibili risultati e impatto sulla vita
riproduttiva del test.
TERAPIE GENICHE
Nelle terapie geniche somatiche si interviene sul patrimonio genetico di cellule dell’organismo
(soma = corpo), mentre nelle terapie genetiche germinali si interviene nelle prime fasi di
formazione dello zigote o dell’embrione, o sui gameti, e si elimina il difetto genetico, trasmettendo
così la modificazione anche agli eventuali discendenti, ma quest’ultima tipologia è vietata.
Gli aspetti positivi sono molti, infatti ci sono nuove possibilità di cura, l’unità terapeutica è
emergente per molte patologie, la prevenzione e il miglioramento di quadri clinici gravi, i principi di
autonomia, benefico e libertà sull’individuo.
Le criticità invece, che si possono presentare riguardano la sicurezza, le conoscenze (parziali), gli
effetti sulla linea germinale, gli elevati costi (in particolare per terapie personalizzate) e l’integrità
del patrimonio genetico (genotossicità, integrazione genomica).
La clonazione è la replicazione da una singola cellula, mediante sostituzione del nucleo di una
cellula somatica, creando un individuo che è completamente clone del donatore del nucleo.
Il clonaggio completo in realtà non esiste perché l’eredità nucleare non è l’unico materiale
genetico che possediamo, ma a questo va aggiunto il DNA mitocondriale che appartiene alla
cellula accettrice.
Da ricordare che nel febbraio del 1997 vennero pubblicati i risultati dell’esperimento di clonazione
di un agnellino, la pecora Dolly che morì con un invecchiamento precoce.
Oggi la clonazione è uno strumento importantissimo utilizzato ampiamente i molti settori come:
P. Ramsey afferma che “gradualmente, la genetica sembra aver fornito un’altra visione dell’uomo:
ciascuno di noi è un insieme di anormalità normali, e di normalità anormali, combinazioni di più o
meno deboli forze genetiche e di più o meno forti debolezze genetiche”.
CONSULENZA GENETICA
La consulenza genetica è uno dei principi cardine della genetica medica e può essere offerta in
moltissime epoche: prenatale, postnatale, preconcezionale, pretest, postest, screening genetici
(newborn, portatori).
La consulenza genetica dialoga in modo incessante con i laboratori di genetica medica che si
occupano di una serie di diagnostiche laboratoristiche che includono: test genetici per malattie
monogeniche, analisi cromosomiche e citogenetiche, analisi di malattie poligeniche e test di
suscettibilità (farmacogenetica), diagnosi PMA e preimpianto, predisposizione genetica in
patologie HLA associate, tipizzazione HLA per la determinazione della compatibilità in indagini pre-
trapianto.
La consulenza genetica è un atto medico, non direttivo, che ha lo scopo di informare un paziente
a rischio per una malattia genetica, o i suoi familiari su:
In un’ipotetica flowchart la genetica medica parte sempre da un fenotipo clinico, che è quello del
paziente e valuta, con diversi strumenti, l’albero genealogico, la modalità ereditaria, richiede
ulteriori accertamenti, fa una diagnosi genetica, identifica gli individui a rischi basati sull’analisi del
genotipo e propone possibilità preventive o di terapia.
I. Anamnesi genetica: raccolta delle informazioni necessarie per la valutazione del paziente
o dell’individuo che richiede una consulenza genetica.
Viene effettuata tramite l’anamnesi personale e familiare del probando.
È un momento fondamentale, in cui vengono raccolte le informazioni necessarie, che
possono aiutare lo specialista in genetica medica a far luce sulla reale origine genetica
della malattia.
Vengono annotate informazioni precise sui diversi componenti familiari, inclusi quelli
precedenti, che si ritiene abbiano avuto la stessa malattia.
A tal fine possono essere utili, oltre alle cartelle cliniche e alle varie documentazioni
sanitarie, anche fotografie dei familiari deceduti.
II. Ricostruzione dell’albero genealogico (medica): è una ricostruzione grafica che consente
di raccogliere le informazioni di carattere genetico della famiglia in esame.
Dev’essere estesa ad almeno 3 generazioni: probando, genitori e nonni.
La ricostruzione grafica della storia familiare utilizza un’appropriata simbologia.
III. Accertamenti specialistici (medica): le visite specialistiche richieste dal genetista per
confermare o escludere altri eventuali segni minimi della malattia nel probando e nei suoi
familiari.
Possono essere richiesti anche esami strumentali come RX, TAC o esami di laboratorio.
Nel sospetto di una specifica condizione vengono effettuati esami genetici (molecolari e/o
citogenetici).
Il genetista medico è un punto di raccordo fra molte branche della medicina specialistica
perché vede il paziente in una sua dimensione totalizzante, tanto che i genetisti più che
parlare di fenotipo parlano di fenomica.
Il fenotipo riguarda soltanto un particolare fenotipo clinico, mentre la fenomica racchiude
tutte le branche specialistiche.
IV. Test genetico (laboratori)
V. Report genetico (medica/laboratori)
VI. Calcolo del rischio (medica): è la possibilità che una condizione patologica a base
genetica presente nel probando si verifichi nuovamente in altri membri appartenenti alla
stessa famiglia.
Il calcolo del rischio si basa sull’accertamento della modalità di trasmissione della malattia,
sui dati strumentali e di laboratorio disponibili e sulla posizione del probando all’interno della
famiglia.
Il rischio genetico può essere fornito in termini probabilistici o con un valore percentuale.
VII. Consulenza postest (medica): rischio di ricorrenza, prevenzione, terapie, opzioni
riproduttive.
La comunicazione è il momento in cui lo specialista in genetica medica comunica al
probando o ai suoi familiari le informazioni ottenute e le possibili conseguenze.
La consulenza non dev’essere mai direttiva e quindi non deve influenzare le possibili
decisioni del probando o della famiglia.
L’acquisizione dei dati, la comunicazione dei risultati e il sostegno psicologico adeguato, in
caso di conferma di malattia genetica, sottolineano come lo specialista in genetica
medica abbia la necessità di avvalersi della collaborazione di altri professionisti, medici e
non medici, per raggiungere gli obiettivi della consulenza genetica stessa.
➢ Consulenza genetica riproduttiva: si effettua prima di una gravidanza per sapere se, sotto il
profilo genetico, si hanno problemi o rischi che possono riflettersi sulla salute del nascituro e
poter operare scelte riproduttive consapevoli.
I motivi più frequenti per cui è richiesta sono:
o Malattia genetica sospettata o accertata nella coppia richiedente o nei loro
familiari
o Stato di portatore sano di malattia genetica in uno o entrambi i genitori
o Poliabortività
o Infertilità
o Consanguineità
➢ Consulenza prenatale: si effettua in corso di gravidanza nei casi in cui siano state
individuate nel feto, nella madre o in altri familiari, condizioni che potrebbero esporre il feto
stesso ad un aumentato rischio di patologie congenite.
Riconosce indicazioni specifiche per le quali è assolutamente indicata come:
o Malattia sospettata o documentata nel feto (malformazioni, anomalie
cromosomiche accertate alla diagnosi prenatale, alterazioni di marcatori ecografici
o biochimici)
o Età materna avanzata (≥ 35 anni), che costituisce l’indicazione più frequente allo
studio del cariotipo fetale
Altri motivi frequenti per cui è richiesta una consulenza
genetica prenatale sono:
o Malattia genetica, sospettata o accertata, in un
genitore e/o nei suoi familiari
o Stato di portatore sano di malattie genetiche in
uno o entrambi i genitori
o Poliabortività
o Consanguineità
o Pregressa infertilità
Nella consulenza prenatale è importante indagare su:
❖ Storia personale e/o familiare di abortività ripetuta, natimortalità, malformazioni
congenite, difetti cardiaci congeniti e morte in culla.
❖ Storia familiare di deficit intellettivo (NB se per via materna) o autismo
❖ Storia personale o familiare di patologie muscolari con inabilità in età giovanile (NB
se presenti in soggetti maschi collegati per via materna)
❖ Storia familiare o personale di patologie importanti dei grandi apparati: cuore
(cardiomiopatie, patologie aritmiche), sistema nervoso centrale e periferico
(patologia del motoneurone, disturbi del movimento, demenza, neuropatie); rene
(soggetti in dialisi o trapiantati); apparato uditivo e visivo (sordità, cecità) che
occorrono in soggetti giovani-adulti, in multipli soggetti, anche con diversa tipologia
in diversi soggetti
❖ Consanguineità fra i partners
❖ Esposizione a potenziali teratogeni durante la gravidanza
➢ Consulenza teratologica: fornisce informazioni relative al rischio riproduttivo derivante
dall’esposizione ad agenti mutageni (radiazioni ionizzanti o sostanze che causano
alterazioni a carico del materiale genetico)o teratogeni (sostanze chimiche,
farmacologiche, malattie infettive, virali o batteriche, malattie materne croniche o acute)
➢ Consulenza pre e post test: vengono così definiti i colloqui informativi preliminari
all’esecuzione di certi test o per l’interpretazione dei loro risultati
➢ Consulenza presintomatica: vengono così definite le consulenze genetiche offerte a
individui sani con il rischio di essere portatori (eterozigoti) per malattie mendeliane ad
esordio tardivo.
Richiede una consulenza multiprofessionale in presenza anche di uno psicologo proprio per
la delicatezza del tipo di comunicazione e una valutazione pre-psicologica sull’attitudine e
sulla conformazione psico-fisica della personalità dell’individuo a ricevere una consulenza
presintomatica così importante.
Es. Core di Huntington, demenza presenile, amiloidosi ereditaria, SLA.
La malattia di Huntington è una malattia neurodegenerativa ereditaria caratterizzata da
disturbi del movimento (corea), modificazioni della personalità e demenza.
È una malattia a esordio tardivo e generalmente compare tra i 35 e i 45 anni di età.
In alcuni casi può manifestarsi prima dei 20 anni (forma giovanile).
La forma tardiva si manifesta dopo i 55 anni e può essere più complessa da diagnosticare.
La frequenza della malattia è stimata in 5-10 individui su 100.000, ma non sempre viene
correttamente diagnosticata.
Alcuni individui richiedono di sapere se sono portatori e se svilupperanno la patologia in età
adulta.
➢ Consulenza oncogenetica: nel 2000 il Gruppo di Lavoro Genetica Oncologica della Società
Italiana di Genetica Umana (SIGU), ha elaborato un documento in cui vengono fornite
indicazioni sugli obiettivi, le caratteristiche principali e le condizioni minime della
consulenza genetica in ambito oncologico (CGO).
La peculiarità della CGO si fonda su 3 specifici aspetti:
La relazione tra i geni e il cancro è particolarmente complessa e le conoscenze
delle basi genetiche del rischio ereditario alla malattia sono ancora in continua
evoluzione e solo in parte definite
La prevenzione, discussa durante la consulenza oncogenetica riguarda
l’identificazione di eventuali azioni mediche volte a ridurre la morbilità e/o la
mortalità di cancro in persone non ammalate
Il tumore è una malattia molto frequente nel mondo occidentale ed ha importanti
valenze psicosociali
Alla luce di queste premesse gli obiettivi specifici della CGO sono:
La valutazione del rischio genetico individuale di tumore, sulla base delle
conoscenze disponibili, compresi i testi genetici, qualora esistenti ed utilizzabili
L’accompagnamento dell’individuo o della famiglia nella comprensione della
componente genetica della malattia, del rischio di trasmetterla, delle basi
scientifiche su cui si fondano sia il calcolo del rischio sia le misure di sorveglianza, sia
le opzioni disponibili per affrontare il rischio di malattia
La programmazione di eventuali misure di sorveglianza clinica e strumentale
(secondo linee guida nazionali o internazionali, o in base a programmi locali di
ricerca specificamente formalizzati ed approvati)
Il supporto per un’integrazione ottimale di tutto ciò nella propria storia personale e
familiare e nelle scelte individuali
➢ Visita dismorfologica: branca più importante della genetica medica e probabilmente la più
clinica in cui c’è una visita fenotipica e fenomica del paziente che valuta la presenza di
dismorfismi corporei che servono per indirizzare una diagnosi quasi sempre riguardante la
presenza di una patologia sindromica nel paziente.
Circa il 3% dei bambini nasce con un’anomalia congenita che riflette una patologia
sindromica e determina difetti alla nascita.
Un neonato con una patologia apparentemente sindromica orienta verso una condizione
genetica quando sono presenti anomalie multiple, più di 3 anomalie cosiddette minori,
almeno un’anomalia cosiddetta maggiore e la presenza contemporanea di un’anomalia
maggiore e più anomalie minori.
Nella maggior parte dei casi le anomalie dismorfiche capitano improvvisamente in una
coppia che nella storia familiare non ha avuto nessun altra patologia sindromica, quindi è
difficile discriminare le sindromi ad eziologia genetica che potrebbero avere un rischio di
ricorrenza nella prole della coppia, da quelle che sono assolutamente ambientali.
La consulenza genetica è un atto medico offerto a: pazienti, individui e familiari a rischio di essere
portatori o di sviluppare una patologia ereditaria che possono essere informati delle conseguenze
della malattia, della possibilità di svilupparla, di prevenirla, di trasmetterla e delle terapie
disponibili.
Le patologie genetiche mendeliane o a base ereditaria riguardano tutto il nucleo familiare e non il
singolo individuo.
• Conferma della diagnosi clinica nei pazienti affetti da patologie mendeliane e a base
genetica (diagnosi molecolare)
• Identificazione dei portatori (eterozigoti)
• Diagnosi presintomatica
• Diagnosi preimpianto
• Diagnosi prenatale
• Screening di popolazione
• Screening neonatale
Il materiale che viene utilizzato per la diagnosi molecolare sono gli acidi nucleici, quindi DNA ed
RNA, ottenibili da: sangue periferico (fonte più utilizzata in diagnostica), tessuti o cute, saliva e
cellule in coltura.
Analisi di frammenti
L’analisi dei frammenti o VNTR è molto utilizzata nel quotidiano in ambito di genetica medica sia
per diagnosi prenatale sia per segregazione di patologie e anche in ambito forense.
Consiste in amplificazioni in regioni ripetute che sono dei polimorfismi nella lunghezza di sequenze
di dimensioni ridotte ripetute in tandem che possono essere usati come markers molecolari.
Il numero di repeats in un determinato locus varia tra i diversi soggetti e tali regioni sono chiamate
VNTR's (Variable Number of Tandem Repeats).
I VNTR sono polimorfismi del DNA molto informativi (molto frequentemente polimorfici nella
popolazione generale).
La tecnica permette la definizione delle dimensioni degli alleli attraverso la reazione di PCR con
primers fluorocromati, specifici per il frammento oggetto dell’espansione, e successiva elettroforesi
capillare su sequenziatore automatico.
Perciò quest’analisi si basa su: reazione di PCR, visualizzazione su sequenziatore capillare e
valutazione del genotipo e degli alleli.
Una delle applicazioni più note di analisi di frammenti è rappresentata dall’analisi forense che
permette:
L’OMIM afferma che ad oggi sono circa 25.000 le patologie genetiche conosciute con l’analisi fino
a 17.370 geni per poter riconoscere eventuali malattie genetiche.
Post genomica
Nella post genomica è possibile sequenziare il genoma di un individuo in circa
48h con una spesa molto piccola, circa $1.000.
Le applicazioni possibili sono:
Cardiomiopatie: presentano
una forte eterogeneità
genetica, addirittura i fenotipi
sono sovrapporti e la mutazione
di alcuni geni causano sia forme ipertrofiche che forme
aritmiche o strutturali o dilatative.
Rispetto ai pannelli genici (che esplorano solo geni noti) il WES identifica nuovi geni-malattia
oppure può essere utilizzato come un pannello genico virtuale e “interrogato” per geni noti
(Clinical Exome).
Nonostante il WES sia estremamente informativo, circa il 40% dei pazienti con malattia rara
rimangono non diagnosticati anche dopo analisi di pannelli genici o WES perché nel paziente il
gene coinvolto è un gene nuovo.
Ecco perché si utilizza il sequenziamento completo del genoma umano.
CITOGENETICA
In base all’identificazione morfologica dei cromosomi è possibile costruire il cariotipo umano che è
un ideogramma che numera i cromosomi in base alla loro grandezza.
I cromosomi sono poi distinti, in base alla loro morfologia, in:
BANDEGGI
I bandeggi sono delle tecniche che consentono di trattare e colorare le regioni dei cromosomi atti
a rivelare arrangiamenti, tipici e caratteristici di ogni cromosoma, di bande chiare e scure
orizzontali all’asse lungo il cromosoma stesso.
L’arrangiamento in bande è tipico per ogni cromosoma ed è possibile identificare una regione
cromosomica corrispondente a una singola banda in modo univoco.
Ogni regione cromosomica viene identificata utilizzando un numero o una lettera corrispondente al
cromosoma stesso (es. 5, X o Y) seguito dal simbolo del braccio corto (p) o di quello lungo (q).
Le bande citogenetiche sono poi numerate dal centromero al telomero.
Il cromosoma 22q11.2, per esempio, identifica il braccio lungo del cromosoma 22, banda 1,
sottobanda 1, sottosottobanda 2.
I cromosomi possono essere bandeggiati in metafase, risultando in una media di 400 bande per
genoma aploide, o in prometafase fino a 800 bande per genoma aploide.
La grandezza in paia di basi di una banda citogenetica varia tra le 4 e le 10 Mb, risoluzione media
di un cariotipo standard.
Il fenomeno del bandeggiamento è probabilmente in relazione alla composizione in basi del DNA
e alla struttura della regione cromosomica che comprende il grado di condensazione e il tipo di
proteine associate.
Bande chiare in G, si ritrovano più abbondanti in regioni del genoma ricche di geni attivi con
contenuto maggiore dei nucleotidi G e C.
È possibile identificare delle varianti cromosomiche che non sempre sono patogenetiche, possono
anche essere polimorfiche e ci permettono di fare diagnosi di patologie con varianti
cromosomiche o patologiche oppure di identificare polimorfismi.
Alla citogenetica classica, negli anni successivi al 1980 è entrata la FISH e poi dopo gli anni ’90 il
cariotipo molecolare che si basa sull’utilizzo dell’array-CGH.
La FISH è una tecnologia basata sulla ibridazione in situ dei preparati citologici con sonde
fluorescenti di DNA che possono consistere in genomi completi, interi cromosomi, parti di essi o
singoli loro tratti, fino a qualsivoglia segmento genomico (inserito in vettori quali cosmidi, PACS,
BACS e YACS) o sequenze di DNA, ripetute o singole.
La FISH in interfase determina il numero di cromosomi e rileva riarrangiamenti specifici in alcuni tipi
di patologie (es. test rapido: screening aneuploide sulle cellule del liquido amniotico).
→ Sindrome di Cri-du-Chat
→ Sindrome di Miller-Dieker
→ Sindrome di Smith-Magenis
→ Sindrome di George
→ Sindrome di Kallman
→ Sindrome di Williams
→ Sindrome di Wolf-Hirschhorn
→ Sindrome di Prader-Willi o sindrome di Angelman
Sindrome di Williams-Beuren
La sindrome di Williams-Beuren ha una prevalenza alla nascita di 1/7.500-1/20.000, ma può non essere
diagnosticata con microdelezione 7q11.
È caratterizzata da:
• Faccia da elfo
• Occhi blu (77%) con pattern stellato dell’iride (74%), ma questo vale per i nordeuropei,
strabismo (40%)
• Naso con la punta bulbosa
• Bocca larga e guance piene
• Microdontia e micrognazia
• Statura 10 cm in meno del normale
• Ipercalcemia
• Stenosi periferica delle arterie polmonari
• Stenosi aortica sopravalvolare
Sindrome di Wolf-Hirschhorn
La sindrome di Wolf-Hirschhorn è una delezione a 4p16.3 caratterizzata da:
− Scarso accrescimento
− Ritardo mentale, ipotonia
− Labbro leporino
− Conformazione ad elmo guerriero greco della testa
L’allestimento dei 2 DNA vede, per convenzione, in verde quello del paziente e in rosso quello di
controllo.
I 2 colori in mix, dal punto di vista cromatico genereranno un
giallo se c’è una equimolarità tra i 2 cromosomi.
Questo sono poi ibridizzati su un array dove sono spottate
varie sonde e se vedremo una prevalenza di giallo significa
che i 2 genomi sono equimolari, mentre con una prevalenza
verde sarà in maggior quantità il genoma del paziente e con
una prevalenza rossa sarà in maggior quantità il genoma del
controllo.
Il tutto viene poi visualizzato su una forma di ibridizzazione
prima e poi su una rilevazione fluorimetrica tramite un laser.
Il software del CGH ricostruisce di nuovo l’ideogramma dei dati con il cromosoma rappresentato
da una serie di puntini neri su un valore 1 che rappresenta l’equiquantità fra il DNA del paziente e il
DNA del controllo corrispondente a tutte le regioni che si vogliono studiare su uno specifico
cromosoma.
o Sindromi
o Ritardi mentali e deficit cognitivi
o Patologie genetiche complesse (plurimalformative)
o Malattie mendeliane dovute a larghe delezioni e duplicazioni
ANOMALIE CROMOSOMICHE
La non-disgiunzione meiotica è alla base del 100% delle aneuploidie
gametiche e il 50% delle aneuploidie tra gamete maschile e femminile.
Si tratta della mancata disgiunzione cromosomica durante la seconda
divisione meiotica che determina la comparsa di gameti diploidi o
aploidi dove non è presente il cromosoma segregato durante la prima
divisione meiotica.
Le aneuploidie di numero come: triploidie, tetraploidie, trisomie,
monosomie, mosaicismi sono legate ad anomalie di non-disgiunzione
meiotica.
Le anomalie di struttura come: traslocazioni, inversioni, delezioni,
duplicazioni e ring (cromosomi ad anello) riconoscono un’origine
diversa, prevalentemente legata a fenomeni di riarrangiamento
intercromosomico sempre durante la meiosi.
Anomalie di numero
Le anomalie di numero sono la categoria che include anomalie che comportano una variazione
del numero dei cromosomi con l'aggiunta o la perdita di serie complete di cromosomi.
Si parla di triploidia in possesso di un set aggiuntivo completo di cromosomi (normalmente
diploide), mentre si parla di tetraploidia quando, di solito, il
risultato di raddoppiamento di un set completo di cromosomi
spesso dovuto ad un fallimento della prima divisione zigotica ed
è letale per l'embrione.
Femmine XXX
Nelle femmine XXX l’incidenza è di 1 su 1000 femmine nate vive.
Le caratteristiche cliniche principali sono: fertilità conservata e assente o moderata riduzione del
IQ.
Anomalie di struttura
Tra le anomalie strutturali, molto importanti sono le traslocazioni bilanciate.
In una traslocazione bilanciata non c'è guadagno o perdita di materiale
cromosomico, 2 cromosomi hanno punti di rottura (breakpoints) che non causano
né rottura (interruzione) di geni né perdita di sequenze di DNA.
Di conseguenza, una traslocazione bilanciata presenta un fenotipo normale.
Inoltre, fanno parte delle anomalie di struttura, le microdelezioni segmentarie possono essere
interstiziali o terminali.
Se abbastanza ampia una delezione interstiziale si associa a un fenotipo grave (es. sindrome di
Williams).
Una delezione terminale comporta la perdita di materiale all'estremità del braccio corto di un
cromosoma (sindrome di Wolf-Hirschhorn).
Infine troviamo le traslocazioni robertsoniane (rob) che coinvolgono i cromosomi acrocentrici 13,
14, 15, 21 e 22.
Nessuna regione cromosomica è assente perché queste contengono un braccio corto privo di
geni che può essere perduto con la fusione dei bracci q di 2 cromosomi acrocentrici.
La più frequente traslocazione robersoniana è la rob(13q14q) che rappresenta il 75% di tutte le rob,
segue poi la rob(14q21q) e la rob(21q21q).
Si formano in genere durante la meiosi femminile e comportano
infertilità maschile o abortività ripetuta.
Nel caso di traslocazioni robertsoniane è anche possibile
calcolare la percentuale alla nascita di figli con cariotipo
sbilanciato da genitori portatori sani:
▪ t(13;14) M= F 1%
▪ t(14;21) F= 15% M= 2%
▪ t(21;22) F= 10% M= 5%
▪ t(21;21) M= F 100%
Esistono numerose problematiche nelle patologie da mutazioni dinamiche peculiari ad esse e sono
legate a 3 fattori principali:
• Anticipazione: correlazione tra lunghezza della sequenza ripetuta, età di esordio e gravità
della malattia.
Alcune forme (es. SCA7) molto più instabili di altre con anticipazione più evidente (il figlio
può diventare sintomatico prima del genitore, con evoluzione rapida e morte precoce).
• Bias parentale: in quasi tutte le SCA l’espansione si verifica nelle meiosi paterne
• Alleli intermedi: si riscontrano in numerose SCA con quadro clinico eterogeneo
• Problemi del test presintomatico: non esistono terapie né trattamenti preventivi che
permettano di modificare l’insorgenza o la storia naturale della patologia, inoltre la
variabilità fenotipica e l’identificazione dell’espansione in un soggetto asintomatico non
permette di predire età d’esordio e gravità della malattia
Atassia di Friedreich
L’atassia di Friedreich è una patologia autosomica recessiva dovuta ad espansione di triplette che
in genere si manifesta in età infantile associata ad una forma progressiva di atassia che si
accompagna ad un disturbo piramidale, quindi prettamente cordonale del midollo spinale, con
riflessi profondi e vivaci e riduzione della sensibilità periferica.
Circa il 25% dei pazienti può avere un’espressione atipica della presentazione con i riflessi tendinei
mantenuti, quindi senza una profonda areflessia come è tipicamente presente negli individui
Friedreich.
La stragrande maggioranza dei pazienti hanno una tripletta GAA espansa nel gene FXN, cioè nella
frataxina, ma a differenza delle forme autosomiche dominanti, il Friedreich non si associa ad
anticipazione.
Infatti questa è una patologia dall’osso fascio e quindi da mancanza e perdita di funzione.
In rari casi, la presenza di un allele espanso GAA si può associare anche a mutazioni puntiformi
dell’allele controlaterale, quindi non ha la presenza di mutazioni dinamiche in un allele, in
eterozigosi sempre con un’espressione di triplette GAA.
In epoca pediatrica si valuta la presenza di questa atassia progressiva con disartria tipicamente
segno di coinvolgimento cerebellare e iporeflessia legata al coinvolgimento dei cordoni posteriori.
Anche l’atassia di Friedreich è un’atassia spinocerebellare.
L’esordio avviene sempre prima dei 25 anni, in alcuni casi possono esserci segni accessori come
debolezza e coinvolgimento del sistema piramidale con papineschi piramidale, molto spesso si
associa una scogliosi molto importante, il piede cavo e una cardiopatia di tipo ipertrofico.
I pazienti Friedreich soffrono anche di altre patologie come: intolleranza al glucosio, quindi diabete
mellito, atrofia ottica e sordità.
Tutte patologie legate alla funzione mitocondriale della proteina frataxina.
Nel Friedreich c’è varietà allelica, la tripletta GAA è una tripletta polimorfica che nella popolazione
generale si trova nell’introne 1 del gene frataxina.
Il gene ha un range normale di 5-33 GAA ripetuti, la premutazione va da 34 a 65 GAA e la
mutazione piena corrisponde a > 66 ripetizioni GAA fino a migliaia di ripetuti.
Questa è una caratteristica tipica delle regioni geniche non codificanti perché l’espansione è resa
possibile dal momento in cui non vi è un controllo del trascritto perché queste espansioni non
vanno a formare l’mRNA.
Ci sono anche delle regioni grigie o borderline che variano fra 44 e 66 ripetuti.
La valutazione del gene frataxina si basa sulla presenza di ripetizioni multiple di GAA ad intervalli.
Sindrome dell’X-fragile
Nella sindrome dell’X-fragile l’espansione CGG si trova nella regione 5I non tradotta o 5I UTR del
gene FMR1.
La sindrome dell’X-fragile (sindrome di Martin-Bell o FRAXA) è stata descritta per la prima volta nel
1943 da Martin e Bell, 2 pediatri.
È la forma ereditaria più diffusa di ritardo mentale e seconda sindrome ereditaria per frequenza
dopo la sindrome di Down.
È una malattia causata dalla mutazione del gene FMR1 (Fragile X Mental Retardation-1) situato sul
braccio lungo del cromosoma X.
Colpisce 1 maschio su 4000 e 1 femmina su 6000.
I portatori sani sono 1 su 800 (maschi) e 1 su 256 (femmine).
La mutazione del DNA modifica la struttura del cromosoma X visibile a livello citogenetico perché
la mutazione presenta una “strozzatura” in regione terminale (Xq27.3), ove è situato il gene FMR1
determinando una fragilità del cromosoma X che tendeva a rompersi.
Il gene FMR1 è un gene composto da 17 esoni e la presenza dell’esone 1 normale prima della
AUG, tripletta d’inizio della traduzione del gene è normale con la presenza di circa 30 ripetizioni
non metilate, poi nella premutazione sono presenti oltre 90 ripetuti non metilati e infine la presenza
della mutazione full con migliaia di ripetuti che comporta, a livello della regolazione
dell’espressione genica e genomica, una profonda metilazione che determina un completo
silenziamento della proteina FMR.
La tripletta normale CGG è poi portatore di
premutazioni che non hanno un fenotipo clinico
classico e poi la mutazione completa che
determina il quadro clinico.
➢ Ritardo mentale (di grado variabile, da lieve a grave): il primo segno della malattia è il
ritardo nello sviluppo psicomotorio, in particolare nell’apprendimento del linguaggio
➢ Anomalie comportamentali: estrema distraibilità, scarso autocontrollo, irrequietezza,
impulsività, deficit di attenzione, iperattività, inusuali movimenti delle mani, morsi alle mani,
scarso contatto oculare con l’interlocutore, movimenti stereotipati.
Possibili episodi convulsivi.
➢ Caratteristiche fisiche:
→ Maschi (più severamente compromessi e più frequentemente identificati): viso
stretto e allungato, fronte e mandibola prominenti, orecchie più grandi e più basse
della media, palato alto, ipotonia, legamenti iperestensibili, macrorchidismo post-
puberale (90%), piedi piatti, capo più grande della media, prolasso della mitrale
→ Femmine: possibile aspetto normale oppure viso allungato, orecchie prominenti e
palato alto
➢ Intolleranza tattile: tendenza a reagire con emozioni e comportamenti negativi (es. fuga) di
fronte alla prospettiva di essere toccati o tenuti in braccio
➢ Caratteristiche motorie fini:
→ Scarse capacità di motricità fine o di controllo delle mani e dei muscoli delle dita
→ Difficoltà nella scrittura (per limitata abilità nel pianificare e portare a termine azioni
motorie fini e complesse), nel vestirsi, nell’alimentarsi autonomamente
➢ Linguaggio disfunzionale: perseverazione verbale e tangenzialità
➢ Autismo: il 16% dei maschi autistici possono essere affetti da FRAXA e i maschi FRAXA hanno
incidenza di autismo dal 5% al 54%
I. Forma lieve: lieve ipostenia prossimale, cataratta, (diabete mellito), normale durata e
qualità di vita
II. Forma classica: esordio 2°-3° decade con miotonia e debolezza muscolare, cataratta,
anomalie di conduzione cardiaca, (diabete mellito, ipogonadismo, lieve ritardo mentale,
ipotiroidismo)
III. Forma congenita: grave ipotonia alla nascita, difficoltà respiratorie, debolezza
generalizzata, ritardo mentale e mortalità precoce
È una patologia autosomica dominante a penetranza completa con frequenza di 1/8000 nati vivi.
Nella distrofia miotonica c’è correlazione diretta tra lunghezza dell’espansione CTG nei linfociti ed
età di esordio o gravità del fenotipo clinico.
Inoltre è probabile che sia presente un’instabilità nella trasmissione mitotica → Mosaicismo
somatico nei diversi tessuti (espressione variabile)
La distrofia miotonica congenita è una forma molto grave di DM con esordio alla nascita con
conseguente ipotonia e grave debolezza generalizzata, spesso con insufficienza respiratoria e
morte precoce.
Il ritardo mentale è spesso presente.
La trasmissione della forma congenita avviene prevalentemente per via materna perché gli oociti
di una madre DM1 rimangono vitali anche se possiedono espansioni CTG molto estese, mentre gli
spermatozoi di un padre DM1 con elevate espansioni CTG non sopravvivono oppure sono sterili.
La possibilità di avere figli affetti dalla forma congenita CDM aumenta con la lunghezza
dell’espansione CTG nelle madri DM1 (generalmente > 300-600).
Le patologie ereditarie con compromissione del movimento sono malattie corniche, spesso ad
evoluzione progressiva con compromissione delle capacità motorie, a cui consegue una riduzione
dell’autonomia personale dei pazienti.
Nelle forme “primarie” non è disponibile un trattamento casuale.
Per alcune malattie esistono trattamenti sintomatici efficaci che non arrestano l’evoluzione della
malattia, non controllano globalmente il quadro clinico e possono perdere di efficacia nel tempo.
o Precoce: prima dei 21 anni con esordio in un arto (inferiore) e successiva frequente
progressione ad altre parti del corpo. Di solito è una forma “genetica”.
o Tardiva: dopo i 21 anni con esordio in uno specifico distretto muscolare e tendenza a
rimanere localizzata. Per lo più “sporadica”.
Le distonie primarie sono genetiche, infatti sono numerosi i geni identificati come causativi di
distonie genetiche.
Sono 13 e possiedono diverse caratteristiche: alcuni hanno un esordio molto precoce, alcuni sono
generalizzati, altri sono prevalentemente segmentali, altri sono associati al parkinsonismo, sono
responsivi al trattamento con dopamina o a localizzazione segmentale più importante come
prossimale o distale e con forme parossistiche.
Queste forme riconoscono un’ereditarietà prevalentemente
autosomica dominante, in alcuni casi recessiva come la distonia
parkinsonismo, dovuta ad una mutazione della tirosina idrossilasi,
mentre in alcuni casi è legata al cromosoma X come la forma DYT3
generalizzata con parkinsonismo.
I geni di queste patologie, alcuni sono noti come prodotto genico,
mentre in altri casi è noto soltanto il locus in cui queste forme
mappano e il gene responsabile causativo non è ancora stato
completamente identificato e caratterizzato.
La distonia primaria generalizzata da mutazione DYT1 rappresenta 1/9 delle forme primarie con
prevalenza ultrarara 1-4 su 100.000 (5 volte > in Ashkenazi).
Esordio in infanzia o adolescenza solitamente con interessamento arto
inferiore/tronco.
La progressione è frequente entro i 5 anni.
L’ereditarietà è autosomica dominate con ridotta penetranza (30-40 %) ed
espressività variabile.
La mutazione DYT1 avviene su 9q34 con delezione GAG nella regione codificante la proteina
“torsinA”.
− Anticolinergici (es. triexifenidil): solo il 40-50% degli affetti rispondono alla terapia
− Baclofen (Lioresal): farmaco analogo al neurotrasmettitore naturale dell’acido γ-
amminobutirrico (GABA).
Ha un’efficacia del 30% nei bambini, mentre negli adulti l’effetto è meno evidente.
− Clonazepam e altre benzodiazepine (lorazepam): sopprime le contrazioni muscolari,
facilitando l’inibizione della neurotrasmissione GABA
− Carbamazepine o agenti di deplezione della dopamina (reserpina, tetrabenzine): solo l’11-
30% dei pazienti ha beneficio
TREMORI
I tremori sono oscillazioni ritmiche, involontarie, di una parte del corpo con movimento modesto e
con distribuzione e frequenza più o meno costante, che risultano dall’azione alternata o sincrona di
un gruppo di muscoli e dei loro antagonisti.
Si accentuano con l’emozione e lo sforzo, mentre si riducono con il riposo e scompaiono con il
sonno.
Si associano in genere ad ipertonia.
Malattia di Parkinson
La malattia di Parkinson è caratterizzata da 4 sintomi cardinali che sono:
a) Tremore di riposo
b) Acinesia/bradicinesia
c) Rigidità plastica
d) Instabilità posturale
È una patologia frequente poiché ha una prevalenza di circa 200 su 100.000 (Italia: circa 120.000
pazienti) e un’incidenza di circa 20 su 100.000 per MP.
L’incidenza e la prevalenza aumentano progressivamente con l’aumentare dell’età: prevalenza
500 su 100.000 per età > 70 anni.
Il 10-20% dei casi sono diagnosticati solo dopo alcuni anni.
L’età d’insorgenza si aggira intorno ai 58 ± 10 anni con un ambito che varia dai 20 agli 84 anni.
Non è significativamente diversa nei 2 sessi.
La malattia di Parkinson è legata alla mutazione di una serie di
geni identificati, in particolare mutazioni del gene dell’α-
synucleina sul cromosoma 4q identificata in un’ampia famiglia
italiana (Contursi) e 5 famiglie greche (trasmissione
autosomica dominante) e mutazioni del gene parkina in una
forma autosomica recessiva responsabile di circa il 20-30% dei
casi ad esordio sotto i 40 anni.
Ad oggi sono molti i geni causativi della malattia di Parkinson
con varianti sia dominati sia recessive e le forme di esordio
giovanile sono più rare rispetto a quelle ad esordio adulto.
Nel Parkinson oltre all’inesistenza di terapie eziologiche anche su base genetica, questa patologia
è considerata complessa e in cui gli aspetti genetici interagiscono in modo importante con
l’ambiente, per cui il modello al quale ci si ispira è legato ad una serie di geni le cui mutazioni
causano la patologia e molto spesso causano patologie mendeliane monogeniche, ma anche
patologie che determinano una suscettibilità alla patologia che possono essere più
frequentemente coinvolti nelle patologie ad esordio tardivo.
Un’interazione spesso complessa tra questi geni e aspetti ambientali, stili di vita determinano un
maggiore o minore incremento di suscettibilità e di rischio a sviluppare una malattia di Parkinson.
Il sistema della membrana sarcolemmare, come tutte le membrane cellulari, è un doppio strato
fosfolipidico organizzato con i ponti idrofilici orientati uno verso l’altro internamente e il polo
idrofobico orientato all’esterno e nel sarcolemma sono localizzate moltissime proteine definite
proteine del sarcolemma che vanno a costituire delle isole proteiche formate da: sarcoglicani (α,
β, γ, δ), distrofina che lega la F-actina del citoscheletro, α e β distroglicano, sarcospan.
I distroglicani sono dei ponti che mettono in comunicazione la membrana del sarcolemma con la
matrice extracellulare ricca in proteine come la laminina e il collagene.
Intracitoplasmatici sono presenti la calpaina, una proteina del
citosol importante per la comunicazione tra sarcolemma e
sarcomero.
Poi troviamo tutta la struttura sarcomerica e contrattile del
muscolo striato sia cardiaco sia muscolare con le teste di
miosina che fanno da ponti ATPasici con contrazione, le
lunghe sequenze di desmina del sarcomero e quindi i legami
tra sarcolemma e sarcomero, attraverso tutte le proteine del
citoscheletro delle miofibrille.
A sua volta il sarcomero è in comunicazione con il nucleo tramite la membrana nucleare interna
ed esterna, con i pori nucleari importanti per la comunicazione tra nucleo e tessuto muscolare.
Sono inoltre presenti emerina e lamina A/C che sono proteine nucleari legate alla distrofia.
Dal punto di vista clinico le malattie neuromuscolari e le miopatie hanno prevalentemente una
distribuzione muscolare dei cingoli o distale, ossia i muscoli preferibilmente coinvolti sono i muscoli
dei cingoli scapolare (bicipite, trapezio, grande e piccolo pettorale)e pelvico (psoas, ileopsoas e
quadricipite).
Nella distrofia muscolare di Duchenne-Becker vediamo anche un piccolo coinvolgimento a carico
dei muscoli della gamba, in particolare del tricipite.
Nell’Emery Dreifuss notiamo una distribuzione muscolare prevalentemente cingolo distale o
pelvico distale dove sono coinvolti i muscoli della spalla, dell’arto superiore
e i muscoli distali in particolare il tibiale anteriore e il tricipite.
Nella distrofia muscolare dei cingoli, simile alla distrofia muscolare di
Duchenne-Becker, ma senza distribuzione muscolare distale, quindi
tricipatele, inoltre sono spesso risparmiati i muscoli posteriori del collo e
paravertebrali che sono invece sempre colpiti nella distrofia muscolare di
Duchenne-Becker.
Nella distrofia facioscapolo-omerale assistiamo al coinvolgimento dei
muscoli facciali, dei muscoli mimici, quindi dei muscoli periorbitali e
periorbicolari, del muscolo delle labbra e dei masticatori, oltre ad avere un
coinvolgimento del cingolo scapolare e distale dell’arto inferiore.
Nella miopatia distale assistiamo ad un coinvolgimento muscolare
esclusivamente distale sia dell’arto superiore sia dell’arto inferiore.
Nella miopatia oculofarignea è spesso di origine mitocondriale e vede coinvolti spesso i muscoli
dei cingoli classici oltre ai muscoli paravertebrali del collo e ai muscoli per i movimenti delle
palpebre.
Distrofie muscolari
La classificazione per le distrofie muscolari più utilizzata è quella fenotipo-mediata.
Le miopatie congenite sono le più gravi con esordio neonatale, prettamente autosomiche
recessive con diversi geni, loci e difetto proteico
identificato da varie proteine della matrice extracellulare.
Alcune distrofie muscolari hanno invece un locus genico
variabile sia in eterocromosomi sia in autosomi.
C’è un’enorme eterogeneità nelle distrofie muscolari dei
cingoli, con moltissime forme differenti, moltissime
localizzazioni geniche su vari cromosomi e altrettanti geni
identificati.
Oggi in genere
si predilige una classificazione gene-specifica ciò è
principalmente dovuto alla presenza di fenotipi simili o
sovrapponibili (fenocopie) dovuti a mutazioni in geni
diversi (vedi il gruppo di distrofie muscolari dei cingoli o
LGMD) o altrimenti a fenotipi diversi o discordanti dovuti
a mutazioni nello stesso gene.
La classificazione gene-mediata aiuta a comprendere i
meccanismi patogenetici e poi ad indirizzare la
diagnosi clinica e la caratterizzazione genetica.
Anche la localizzazione della proteina del gene corrispondente possono aiutarci nella nosografia
delle patologie da distrofia muscolare o miopatia congenita.
L’identificazione dei geni le cui mutazioni sono responsabili delle distrofie muscolari hanno chiarito
sia il ruolo sia la localizzazione delle proteine connesse, evidenziando la presenza di un sistema di
proteine del sarcolemma, coinvolte nel sostegno della membrana muscolare e nell’integrità
cellulare.
Si ipotizza che mutazioni nel gene che codifica per queste proteine modifichi fortemente
l’architettura dei muscoli striati (sia scheletrico che cardiaco).
Le caveole sono delle piccole invaginazioni della membrana che rientra e poi può richiudersi.
Queste caveole, come vescicole, poi si liberano nel citosol e portano dei segnali all’interno della
cellula.
La caveolina-3 si localizza esattamente a livello di queste superfici caveolari, perciò è una
proteina molto importante nella trasmissione dei segnali di intermembrana, perciò nella
regolazione di cascate che riguardano differenti proteine regolatrici come: Ras-, NO- e le proteine
G.
Studiando la caveolina-3 dal punto di vista RNA e proteico, possiamo studiarla con
un’analisi Northern blotting che visualizza con chiarezza la presenza dell’mRNA
della caveolina-3 sia nel cuore sia nel muscolo scheletrico, molto abbondante e
un trascritto di circa 1,35 Kb.
Alcune caveoline-3 copurificano con il complesso glicoproteico associato alla
distrofina e possono essere immunoprecipitate con anticorpi anti-distrofina: ciò
suggerisce l’esistenza di un distinto complesso proteico contenente entrambe le
proteine.
PAZIENTE 1: maschio di 16 anni con storia familiare negativa. All’età di 3 anni, un aumento di CK
ematico è stato riscontrato alle analisi ematiche di routine (436 U/L). Un follow-up clinico e di
laboratorio ha confermato gli elevati livelli di CK persistenti (783 – 1084 U/L) associati solo a
debolezza muscolare prossimale moderata ed episodi di mialgia. Studi istologici e istochimici sulla
biopsia muscolare hanno mostrato modifiche miopatiche moderate. Studi immunocitochimici
hanno mostrato un normale modello di
immunocolorazione della distrofina e del complesso
DAG. Analisi molecolare per le delezioni del gene
distrofina era negativa.
Mutazione CAV3 identificata R26Q MISSENSO.
Disferlina
La disferlina è una proteina di membrana.
In quest’immagine è possibile visualizzare l’analisi di immunofluorescenza della caveolina-3, della
disferlina e dell’a-sarcoglicano nelle biopsie muscolari dei pazienti con LGMD1C, LGMD2B e MM.
In tutti questi casi la disferlina è ridotta e questa è una sua caratteristica perché la disferlina,
essendo una proteina che si associa al complesso di
membrana, ogni volta che è presente un deficit proteico
dovuto a mutazioni genetiche di una delle proteine di
membrana, molto spesso anche la disferlina non si localizza
pur essendo presente ed è ridotta.
Nel caso MM l’assenza di disferlina è sottesa da una
mutazione a carico del gene per la disferlina stessa.
I. Definizione del fenotipo (possibili fenocopie esempio distrofie muscolari dei cingoli)
II. Analisi proteica su biopsia muscolare tramite immunofluorescenza o Western blotting
III. Diagnosi genetica e definizione del genotipo
Le mutazioni presenti in questo gene sono un po’ di tutti i tipi, perciò vi è una grande eterogeneità
allelica, infatti ci sono delezioni (65%), duplicazioni (12%) e piccole mutazioni (22%).
I grandi arrangiamenti come delezioni e duplicazioni vengono diagnosticati con una tecnica
definita MLPA, mentre le piccole mutazioni (nonsense, missense, frame-shift, splicing) sono
diagnosticate tramite sequenziamento
Esistono alcune mutazioni atipiche in una percentuale molto piccola (1%).
La distrofina è una proteina di ancoraggio elastica che funge da ponte tra citoscheletro e proteine
integrali del sarcolemma (DAG: complesso glicoproteine associate a distrofina).
La distrofina lega, attraverso la molecola del NOS, il complesso
sarcomerico delle glicoproteine di membrana e poi, attraverso il
legame con l’F-actina si lega al sarcomero.
Conferisce flessibilità e stabilità al sarcolemma e protegge il
sarcolemma dai continui microdanni indotti da
contrazione/decontrazione muscolare.
Le fibre muscolari che perdono la distrofina sono meccanicamente
fragili, quindi si destabilizza il complesso DAG e compare una
debolezza muscolare progressiva.
Dal punto di vista clinico, la diagnosi di Duchenne e Becker è caratterizzata da un quadro classico
di miopatia dei cingoli con un quadro distrofico, dal punto di vista diagnostico, e da una
cardiomiopatia che invariabilmente insorge in questi pazienti.
La biopsia muscolare è molto spesso importante, anzi è rimasto tutt’oggi uno strumento
diagnostico per distinguere, a volte, il fenotipo clinico tra forme gravi di Duchenne e forme più lievi
di Becker, ma l’analisi genetico-molecolare è indispensabile per effettuare una diagnosi definitiva.
La diagnosi si basa su 2 preminenti metodiche: MLPA per delezioni/duplicazioni e sequenziamento
del gene DMD per piccole mutazioni.
Raramente però viene utilizzata anche l’analisi di RNA per mutazioni atipiche e un Array-CGH per
mutazioni complesse.
Un’importante teoria che correla genotipo con fenotipo, nelle distrofinopatie, è il mantenimento del
frame di lettura, molto importante e la cornice di lettura dei codoni delle triplette che codificano
per gli aa deve essere mantenuto perché questo consente di avere una proteina che, se anche è
più corta, è tuttavia funzionante e in questo caso avremo
un fenotipo Becker.
Nei casi in cui il frame di lettura non è mantenuto, perciò la
perdita nucleotidica non rappresenta un multiplo di 3,
l’mRNA si arricchisce di molto codoni di STOP prematuri e
ci sarà assenza di proteina e fenotipo grave di Duchenne.
Dal punto di vista proteico, la proteina della distrofina ha
diversi domini, tra cui i principali sono: dominio che lega
l’actina al 5I o dominio NH2, il dominio finale o C-terminale
che lega il complesso glicoproteico di transmembrana e
un lungo dominio centrale definito rod domain formato da
piccoli ripetuti chiamati R che sono piccole regioni di aa che vengono ripetuti in tandem con
lunghi motivi e che conferiscono l’elasticità alla porzione della proteina distrofina.
Dal punto di vista istologico e morfologico, a livello muscolare, abbiamo degli aspetti molto classici
e tipici di questa forma e che in generale contraddistinguono tutte le distrofie muscolari e cioè:
degenerazione muscolare, necrosi delle cellule muscolari, infiammazione causata dall’entrata
massiva del Ca della cellula miogena.
Il tutto è accompagnato da una rigenerazione muscolare che poi determina una riduzione della
capacità di riparo del muscolo stesso, deposito di tessuto
fibro-adiposo e infine, sostituzione completa del tessuto
muscolare con tessuto fibro-adiposo (pseudoipertrofia
muscolare).
Dal punto di vista diagnostico, sulla biopsia muscolare utilizzando
l’indagine di immunofluorescenza o immunoistochimica è possibile
avere anticorpi contro la distrofina e visualizzarla.
ATALUREN
Per l’Ataluren, il cui nome commerciale è il Translarna, il meccanismo d’azione è molto simile alla
gentamicina, infatti agisce sulla subunità 60s del ribosoma ed è in grado rimettere in frame i codoni
di STOP.
Ci sono stati una pletora di esperimenti che hanno dimostrato l’attività di questo farmaco nei
modelli animali e oggi l’Ataluren è considerato un farmaco orfano, così definito poiché di
pertinenza delle malattie rare, approvato sia da EMA che da FDA.
L’Ataluren è stato leggermente modificato rispetto alla gentamicina per ridurre gli effetti collaterali
soprattutto a livello della tossicità renale perché il dosaggio di Ataluren che deve essere utilizzato
nei pazienti Duchenne è molto elevato.
La sua attività read through, quando incontra un codone di STOP,
l’Ataluren o PTC124 (chiamato così quando fu scoperta la
molecola), riesce a leggere attraverso questo STOP e proseguire la
traduzione sul messaggero attraverso il ribosoma e quindi avere la
produzione di una proteina funzionante.
Il Translarna è un farmaco che si assume per bocca, sono delle bustine solubili, approvato in Europa
e questo farmaco è prescrivibile, con un piano terapeutico, per tutti i pazienti Duchenne che
hanno delle mutazioni nonsenso.
OLIGONUCLEOTIDI ANTISENSO
Gli oligonucleotidi antisenso si basano sul razionale che
eliminando un esone da un trascritto patologico fuori frame si può
ripristinare di nuovo il frame distrofina.
Un paziente con delezione 50 è fuori frame, ma se in questo
paziente vengono omessi gli oligonucleotidi antisenso, anche
l’esone 51, si va a formare un trascritto congiunzione dell’mRNA
49-52 che sarà di nuovo in frame e riuscirà a produrre la proteina,
sebbene più corta.
L’antisenso agisce sempre sull’RNA eterogeneo prima dello splicing.
Recentemente è stato reso disponibile un approccio di terapia genica per la distrofia muscolare di
Duchenne utilizzando dei mini geni che contengono regini cruciali della distrofina, clonati in vettori
virali, in particolare in virus adeno-associati e oggi sono dei trial clinici con risultati preliminari molto
promettenti in alcuni bambini trattati sia negli Stati Uniti sia in Europa.
Il Duchenne si sta avviando verso il trattamento di terapia genica perché l’efficacia della terapia
genica è molto maggiore rispetto agli antisenso, naturalmente la terapia genica necessita di
poche somministrazioni che possono essere sostenute da richiami, ma non necessita di un
dosaggio incronico, come hanno oggi i bambini con antisenso che ricevono il farmaco tutte le
settimane.
Ci sono problemi da affrontare abbastanza importanti come il raggiungimento dell’intera massa
muscolare, gestire la regolazione complessa di questo gene con isoforme tessuto-specifiche, il
problema immunitario in ambito di terapia genica è quanto mai rilevante perché la produzione di
anticorpi adeno-associati è molto comune perciò il farmaco perde la sua efficacia nel tempo
perché l’organismo sviluppa anticorpi nei confronti del vettore e sulla modalità di rilascio del
farmaco è ancora necessario lavorarci per avere un target completo di tutta la massa muscolare.
Un’altra importante malattia sia dal punto di vista epidemiologico che per le novità terapeutiche è
l’amiotrofia spinale, una patologia autosomica recessiva, anche detta 5q perché il gene si
localizza sul braccio lungo del cromosoma 5.
Il gene in cui si trovano mutazioni responsabili della miotrofia spinale si chiama SMN (Survival Motor
Neuron) e la patologia riguarda i motoneuroni α delle corna anteriori del midollo spianale.
È il secondo disordine autosomico recessivo più grave dopo la fibrosi cistica, nella popolazione
caucasica e la seconda causa di patologia neuromuscolare in ambito pediatrico dopo la distrofia
muscolare di Duchenne.
Ha un’incidenza di 1 su 6000-10000 nati vivi e la frequenza dei portatori eterozigoti del gene SMN
sono circa 1 su 40-60.
I motoneuroni α sono importanti poiché da questi viene poi generato, lungo il neurone periferico
che va ad innervare la fibra muscolare e al di là della funzione motoria strettamente legata
all’attività motoneuronale, i motoneuroni α hanno una funzione trofica importantissima.
Ecco perché l’amiotrofia spinale determina un’atrofia muscolare secondaria progressiva.
Dal punto di vista clinico l’amiotrofia spinale o SMA riconosce 5 forme diverse in base alla severità:
la forma gravissima e congenita di tipo 0 che viene diagnosticata in utero per assenza dei
movimenti muscolari rilevati dalla madre, la forma classica di tipo I di Werdnig-Hoffmann, la forma
intermedia di Werdnig-Hoffmann di tipo II, la forma giovanile di tipo III e la forma IV di Kugelberg-
Welander ad esordio adulto.
Le mutazioni che occorrono nel gene SMN1 sono per il 95% delle delezioni di 2 esoni, in genere 7 e
8 in omozigosi, perciò con uguale genotipo autosomico recessivo.
Circa il 5% dei pazienti possiede mutazioni frame-shift ossia mutazioni puntiformi che determinano
dei genotipi da eterozigote composto.
È importante anche considerare l’aspetto genetico, quindi l’effetto che le mutazioni hanno sulla
proteina SMN.
Nelle 4 forme clinicamente diverse, la severità clinica ben correla con la quantità di proteina
prodotta:
▪ Tipo 1 → 9%
▪ Tipo 2 → 14%
▪ Tipo 3 → 18%
▪ Portatori eterozigoti → 45-55%
Le modalità e gli approcci terapeutici per la SMA sono diversi: approcci di terapia genica,
approcci farmacologici per aumentare il trascritto di SMN e stabilizzare la proteina SMN, dare un
effetto di neuroprotection dei motoneuroni α e le cellule staminali.
L’approccio entrato nella Farmacopea e che rappresenta un farmaco orfano, è quello che
determina un incremento d’inclusione dell’esone 7 nel gene SMN2 per vicariare l’assenza di SMN1.
Questo è un approccio di modulazione dello splicing che, tramite una molecola antisenso,
determina un riconoscimento ridotto del polimorfismo che esclude l’esone 7 ed aumenta
l’inclusione dell’esone 7 che porta alla determinazione di una proteina in tutto identica ad SMN1.
Ecco perché la modulazione tramite lo splicing
dell’esone 7 del gene SMN2 è perfettamente
vicaria all’assenza di proteina SMN1.
CARDIOPATIE GENETICHE
Le cardiopatie genetiche sono malattie ereditarie che possono coinvolgere il muscolo cardiaco
e/o il sistema di conduzione cardiaco o le strutture valvolari o i grandi vasi.
La semplice osservazione degli alberi genealogici di patologia ha consentito non solo di osservare
che oltre il 50% delle cardiomiopatie hanno un carattere familiare, ma anche di riconoscerne la
modalità di trasmissione:
Le cardiopatie genetiche dagli anni ’90, a seguito del genoma umano, sono state riconosciute le
basi genetiche e i geni causativi di queste malattie.
Le problematiche dei test genetici in paziente con cardiopatie genetica sono:
Le cardiopatie genetiche si basano su un’analisi familiare molto accurata che prevede l’analisi
dell’albero genealogico di almeno 3 generazioni.
Bisogna sempre chiedere la familiarità per cardiomiopatia che include:
In caso di presenza di uno degli elementi anamnestici di cui sopra si dovrà cercare di ricostruire
l’albero genealogico possibilmente per almeno 3 generazioni, dato che già ci consentirà di
riconoscerne o almeno ipotizzarne la modalità di trasmissione.
➢ Prettamente ipertrofiche
➢ Prettamente dilatative
➢ Aritmiche
− Sindrome di Brugada
− Sindrome del QT lungo
− Sindrome del QT corto
− Sindrome catecolaminergica
Oltre a queste riconosciamo il blocco atrio-ventricolare familiare che è una forma progressiva di
fibrosi a carico del fascio di His e della branche atrio-ventricolari per mutazione del canale del Na.
Il prolasso valvolare mitralico possiede un gene legato al cromosoma X codificante per la filamina
A.
Infine troviamo la dissezione aortica (es. Malattia di Marfan).
Un altro aspetto che rende identificabili le cardiomiopatie sono il fatto che nelle cardiomiopatie
sono coinvolti geni che modificano le proteine strutturali del cardiomiocita, quindi mutazioni in geni
codificanti per le proteine strutturali sono frequentemente legate a
cardiomiopatie dilatative o ipertrofiche o restrittive.
Le canalopatie, le quali sottengono la gran parte delle patologie
aritmiche, sono causate da gene prettamente coinvolti nell’attività
o trasmissione di segnale dei cardiomiociti, come quelli che
formano i canali ionici.
In realtà sappiamo che nelle patologie cardiache ereditarie, spesso i fenotipi si sovrappongono.
Perciò identificare o cercare mutazioni in geni specifici, in un quadro di cardiomiopatia o
ipertrofico o dilatativa o aritmica è spesso molto complesso e richiede un approccio massivo.
Cardiomiopatia restrittiva
Un esempio di cardiomiopatia restrittiva è l’amiloidosi che si
caratterizza per i depositi amiloidi che sono amorfi e fortemente
eosinofili e appaiono verdi al microscopio a luce polarizzata
dopo colorazione con il rosso Congo.
Spesso a livello cardiaco c’è un aumento degli spessori delle
pareti, con diametri e volumi delle camere conservate, possono
anche essere coinvolti gli apparati valvolari.
L’amiloidosi è una malattia sistemica che presenta spesso un
coinvolgimento multiorganico, in particolare del SNP.
Cardiomiopatia dilatativa
La cardiomiopatia dilatativa è genetica nel 30–50% dei casi con familiarità se è presente in 2 o più
membri della stessa famiglia o in presenza di un familiare con storia di
morte improvvisa (< 35 anni).
L’esordio clinico è tipico, non esclusivo, dell’età adulta (30- 50 anni) ed
esistono circa 40 geni diversi che codificano per proteine di:
citoscheletro, sarcomero, dischi Z, membrana nucleare, desmosomi,
canali ionici, fattori trascrizionali, geni mitocondriali.
La trasmissione è autosomica dominante, ma anche recessiva ed X-linked (es. DMD).
Nella cardiomiopatia dilatativa la mortalità a 5 anni è del 20%, senza riconoscimento clinico, per
morte improvvisa (50% per aritmie ventricolari, il restante 50% da bradicardia, embolia polmonare,
dissociazione elettromeccanica).
Si presenta infatti spesso con aritmie ventricolari asintomatiche e sintomatiche con sincope, ma la
morte improvvisa come prima manifestazione è infrequente.
Il rischio di morte improvvisa è maggiore nei pazienti con indicatori di malattia avanzata, quando è
maggiore anche la mortalità per tutte le cause.
Gli indicatori prognostici strumentali (non potenti) sono rappresentati da: frazione di eiezione*,
volume tele-diastolico, età, iponatriemia, pressione di incuneamento polmonare, ipotensione
sistemica e fibrillazione atriale.
* FE < 20% spesso non ha un valore predittivo positivo elevato per morte improvvisa.
Gli indicatori prognostici clinici (più potenti) sono: sincope, TVNS in soggetti con miglior FE.
In questi pazienti non sono particolarmente utili studi elettrofisiologici cardiaci perché i segni visibili
non sono specifici.
❖ Blocco AV (laminopatie): aumentato rischio di morte improvvisa anche per FE ancora non
severamente depresse per cui vi è indicazione ad impianto di PM con funzione di ICD.
❖ Aumento delle CPK in contesto X-linked: distrofinopatie ed emerinopatie
❖ Granulocitopenia ciclica con LVNC: tafazzinopatie X-linked
❖ Lattacidemie: forme a trasmissione mitocondriale matrilineare
❖ Sordità: epicardinopatie autosomiche dominanti
❖ Cataratta giovanile autosomica dominante: mutazioni del gene CRYAB
Cardiomiopatia aritmogena
La cardiomiopatia aritmogena è caratterizzata da aritmie
ventricolari di tipo blocco di branca sinistra che insorgono
più frequentemente in seguito a sforzo fisico.
La diagnosi differenziale va posta rispetto alle tachicardie
ventricolari del ventricolo destro.
Spesso la prima e ultima manifestazione di malattia è la morte improvvisa con incidenza annua
dallo 0,08 al 9%; è una malattia evolutiva → F.U. sia dei malati che dei portatori “sani” delle
mutazioni geniche causative
La trasmissione autosomica dominante è prevalente o recessiva nelle più rare forme
cardiocutanee (es. Sindrome di Naxos e di Carvajal) a penetranza incompleta.
Dal punto di vista genetico, la cardiomiopatia aritmogena è dovuta a mutazioni di oltre 30 geni ad
oggi identificati e il più importante è il recettore rianodinico (RyR2), o mutazioni del gene che
codifica per il fattore di crescita trasformante (TGFβ3) e il gruppo di 5 geni che codificano per le
proteine desmosomiali come: plakofillina-2 (PKP2), desmoplakina (DSP), desmogleina-2 (DSG2),
desmocollina-2 (DSC2) e plakoglobina (JUP).
Nella sindrome di Brugada non vi è una terapia farmacologica efficace e quindi si deve ricorrere
all’impianto di ICD nei pazienti ad alto rischio.
I canali ionici hanno una struttura proteica complessa, multidominio e sono formati da domini di
intramembrana immersi all’interno della membrana del cardiomiocita e i domini extracellulari
come il sensore del voltaggio, la regione di canale sensibile alle
variazioni ioniche e al flusso ionico di transmembrana.
Spesso mutazioni molto gravi che comportano queste patologie
sono sensori nella sede del voltaggio, ma non esclusivamente,
anche a carico di altri domini delle proteine di altri canali.
Nella sindrome del QT lungo abbiamo una stratificazione del rischio per i pazienti:
Le analisi genetiche sono dunque fondamentali nella sindrome del QT lungo tanto che i
portatori di mutazioni, anche se non sintomatici e/o evidenti all’ECG, vanno: trattati con
β-bloccanti, educati sullo stile di vita e informati in merito alla possibilità di trasmettere il
genotipo alterato alla prole.
Sindrome di Brugada
La sindrome di Brugada ha una
trasmissione autosomica dominate
con un’espressione maschile nel 90%
degli individui con ECG diagnostico.
Esiste un gene maggiore che codifica
per la subunità del canale del Na
(SCN5A), ma sono identificati anche
loci non-SCN5A.
Si presenta con sincope o arresto cardiaco
che ricorrono prevalentemente nei maschi tra
la 3° e la 4° decade di vita e sono descritti rari
arresti cardiaci anche in neonati e bambini.
Un importante fattore predisponente l’arresto
cardiaco è l’iperpiressia o febbre.
La storia familiare è importante infatti chi presenta un pattern ECG tipo Brugada spontaneo
presenta un rischio maggiore di arresto cardiaco di morte nel sonno.
Nei soggetti con storia di sincope e pattern ECG tipico presentano un rischio 6 volte più alto di
arresto cardiaco rispetto agli asintomatici.
L’aritmia ventricolare compare a riposo e prevalentemente nel sonno.
L’analisi genetica è utile per i pazienti asintomatici per riconoscere precoci evidenze di malattia ed
ai fini di un counselling genetico, ma non per la stratificazione del rischio.
DISSEZIONE AORTICA
Più di una sono le patologie congenite/ereditarie e quindi familiari
che possono essere complicate da dissezione aortica con morte
improvvisa:
I. Sindrome di Marfan (diagnosi mediante Criteri di Ghent): mutazione sul gene fibrillina 1
(FBN1)
II. Sindrome di Loyes-Dietz (fenotipo simile al Marfan): mutazioni nei geni TGFBR1 (alterazioni
scheletriche più accentuate e coinvolgimento vascolare più precoce) e TGFBR2 (fenotipo
meno severo)
III. Sindrome di Ehlers-Danlos (iperelasticità cutanea e iperlassità legamentosa): tipo IV o
“vascolare” che presenta un difetto nella produzione del procollagene di tipo III (rischio di
rottura arteriosa, aneurismi, dissecazioni)
IV. Dissecazione aortica familiare: mutazione nel gene ACTA2 (codifica per l’α-actina delle
cellule muscolari lisce) e mutazione del gene MYH11 (codifica la catena pesante della
miosina)