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Bradicardia sinusale
Si tratta di un ritmo sinusale con una frequenza inferiore a 60 bpm.
È frequente in caso di:
pazienti giovani e sportivi;
pazienti in trattamento con farmaci con effetto cronotropo negativo (beta-bloccanti, calcio-
antagonisti);
pazienti anziani. in questo caso si associa a periodi di tachicardia, costituendo la sindrome
bradicardia-tachicardia o disfunzione del nodo del seno;
patologie extracardiache che provocano bradicardia (ipotiroidismo, ipertensione intracranica,
brucellosi, febbre tifoidea, ecc.).
In caso di sindrome bradicardia-tachicardia, alla presenza dei sintomi legati alle bradiaritmie, il
paziente presenta sintomi dovuti alla comparsa di tachiaritmie sopraventricolari (palpitazioni, in
particolare).
Se si visita il paziente nel momento in cui presenta le alterazioni del ritmo, si riscontra una
frequenza cardiaca molto bassa con toni ritmici o aritmici a seconda del tipo di aritmia presente.
Spesso, tuttavia, il paziente si rivolge al medico quando è asintomatico e non aritmico, riferendo
sintomi lipotimici, sincopali, o anche tachiaritmici. In questo caso, l’obiettività e l’ECG possono
essere del tutto normali. L’esecuzione di un ECG dinamico di 24-48 ore è spesso sufficiente a
identificare anomalie dell’attività sinusale che orientano la diagnosi.
Il trattamento delle bradiaritmie è indicato in due condizioni principali: (1) quando l’aritmia è
sintomatica; (2) quando, anche se l’aritmia non è sintomatica, le sue caratteristiche e/o il contesto
clinico nel quale si verifica fanno ritenere che vi è un rischio sufficientemente alto che essa
possa evolvere verso forme più gravi, pericolose per la vita del paziente.
Nella stimolazione elettrica definitiva, si possono introdurre, a seconda del tipo di bradiaritmia,
uno o due cateteri a contatto con le pareti delle cavità cardiache destre (solo in ventricolo, solo in
atrio, oppure un catetere in ventricolo e uno in atrio). I cateteri, in questo caso, sono introdotti
tramite una vena succlavia (in genere la sinistra) e collegati sottocute a un piccolo pacemaker
artificiale, della dimensione di una scatoletta di cerini, che viene, a sua volta, impiantato nel
sottocute del paziente in un’apposita “tasca” precedentemente preparata, solitamente situata
sopra il muscolo pettorale in regione sottoclaveare sinistra. La frequenza di scarica del pacemaker
(insieme ad altri parametri) può essere programmata dall’esterno mediante un telecomando.
A seconda del numero e della sede dei cateteri introdotti, il pacemaker potrà essere in grado di
stimolare solo l’atrio destro, solo il ventricolo destro o entrambe le camere cardiache. I pacemaker
con un solo catetere elettrodo impiantato sono detti monocamerali, mentre quelli con due
cateteri elettrodi impiantati nelle due camere cardiache sono detti bicamerali.
Il tipo di pacemaker utilizzato e la sua programmazione dipendono dal tipo di aritmia ipocinetica
che si deve trattare. In generale, si cerca, comunque, di programmare il pacemaker in modo da
favorire il più possibile l’attivazione cardiaca da parte del ritmo spontaneo e far subentrare il
pacemaker solo quando si manifesta la bradiaritmia. Questo si può ottenere grazie alla possibilità
di programmare il pacemaker “a domanda”. Infatti i pacemaker, oltre alla capacità di stimolare il
cuore (proprietà di cattura), hanno anche la capacità di percepire (proprietà di “sentire”, o
sensing) l’attività spontanea della camera cardiaca con cui il catetere è a contatto. Ne deriva che il
pacemaker emette impulsi per stimolare il cuore solo quando l’attività spontanea è assente o sotto
una certa frequenza; quando, invece, è presente un’attività spontanea valida, il pacemaker la
percepisce e si inibisce, lasciando che il cuore sia attivato dall’attività elettrica spontanea.
Per indicare il tipo di pacemaker di cui un paziente è portatore viene correntemente utilizzato un
codice a tre lettere, che ne riassumono le modalità di funzionamento.
• La prima lettera stabilisce quale camera può essere stimolata dal pacemaker. Essa può essere
una A, una V o una D. La lettera A indica che il pacemaker può stimolare solo l’atrio, la lettera V
indica che il pacemaker può stimolare solo il ventricolo, la lettera D (che sta per dual chamber)
indica che il pacemaker può stimolare sia l’atrio sia il ventricolo (è, quindi, un pacemaker
bicamerale).
• La seconda lettera del codice definisce di quale camera il pacemaker può percepire l’attività
spontanea (funzione di sensing). Essa può essere una A, una V, una D o una O. Anche in questo
caso le lettere A, V e D vengono utilizzate per indicare se questa funzione è presente,
rispettivamente, solo per l’atrio, solo per il ventricolo o per entrambe le camere. La lettera O,
invece, indica l’assenza di qualsiasi funzione di sensing da parte del pacemaker.
• La terza lettera definisce il tipo di comportamento del pacemaker in risposta al segnale di
sensing. Essa può essere una O, una I, una D o una T. La lettera O, in questo caso, indica che il
pacemaker impiegato non prevede alcun tipo di risposta a un eventuale segnale di ; la lettera I
indica che il pacemaker inibisce l’elettrodo stimolatore in risposta al segnale di della camera
principale stimolata; la lettera D indica un doppio controllo, atriale e ventricolare, del (pacemaker
bicamerale). Infine, la lettera T (da triggered) indica che il pacemaker risponde alla percezione di
un’attività spontanea emettendo una scarica.
Come detto, la scelta del tipo di pacemaker da impiegare dipende dalla situazione clinica e dal tipo
di aritmia ipocinetica da correggere. A dispetto dell’ampia gamma di possibili programmazioni di
un pacemaker, quelli di gran lunga più impiegati sono i pacemaker VVI e quelli DDD.
Sulla base di quanto detto, il pacemaker VVI ha un unico catetere elettrodo, che stimola in
ventricolo (prima V), sente l’attività ventricolare (seconda V) ed è inibito quando è presente
un’attività spontanea dei ventricoli a frequenza superiore a quella di stimolazione del pacemaker
(lettera I). Esso, quindi, subentra a stimolare il ventricolo solo quando la frequenza ventricolare
spontanea cala al di sotto di un certo valore (in genere, 60-70 bpm) (Figura 6.10). Sebbene un
pacemaker di questo tipo sia efficace e potrebbe essere impiantato in qualsiasi tipo di
bradiaritmia, attualmente viene applicato soprattutto nei casi di fibrillazione atriale cronica con
bassa frequenza ventricolare.