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CARDIOPATIA ISCHEMICA

Definizione
Serie di quadri clinici che hanno in comune lo sviluppo di un'ischemia miocardica, evento scaturito da un
aumento dell'ossigeno richiesto a fronte di un'inadeguato supporto di ossigeno.

Epidemiologia
La cardiopatia ischemica è la cardiopatia con maggiore incidenza e prevalenza nei paesi sviluppati. In Italia ci
sono circa 2 milioni di soggetti affetti da cardiopatia ischemica, responsabile del 35% dei decessi dovuti a
malattie cardiovascolari.

Eziopatogenesi
 Aterosclerosi coronarica (causa più frequente)
 Spasmo coronarico
 Alterazioni del microcircolo coronarico
 Cause extracoronariche
 Coronaropatie ostruttive varie (es. Embolia coronarica; Coronarite ostiale da aortite luetica;
Coronarite nell'ambito di una vasculite come ad es. Poliarterite nodosa; sindrome di Takayasu,
malattia di Kawasaki)
 Anomalie congenite delle coronarie (es. origine di una coronaria dall'arteria polmonare o decorso
anomalo di una coronaria

Determinanti del consumo miocardico di ossigeno


 Frequenza cardiaca
 Postcarico (tensione delle pareti cardiache in sistole, determinata dalle resistenze all'eiezione di
sangue)
 Precarico (tensione delle pareti cardiache in diastole, determinata dal ritorno venoso)
 Contrattilità

Cause di ischemia miocardica


 Stenosi coronariche
 Disfunzioni del microcircolo coronarico
 Spasmo coronarico
 Trombosi coronarica

Conseguenze dell'ischemia miocardica


 Alterazioni metaboliche (essenzialmente c'è riduzione dei livelli di glucosio nelle cellule
miocardiche, con passaggio a metabolismo anaeorobio e produzione di lattato; quindi si ha
riduzione del pH e riduzione delle riserve di ATP intracellulari, che provoca accumulo di Na e Ca
intracellulare e riduzione di K nel citoplasma. Tutto questo aumento di Ca intracellulare provoca un
sovraccarico di ioni calcio nei mitocondri con ulteriore depressione della produzione di ATP e inoltre
c'è anche produzione di radicali dell'ossigeno che danneggiano le membrane cellulari).
 Alterazioni meccaniche (depressione della funzione contrattile, riduzione della gittata sistolica,
portata cardiaca e della frazione di eiezione)
 Alterazioni elettriche (all'ECG principalmente ci sono alterazioni del tratto ST: nel caso dell'ischemia
subendocardica registreremo un sottoslivellamento del tratto ST; nel caso dell'ischemia transmurale
un sopraslivellamento del tratto ST --- comparsa di un'onda T negativa --- inoltre quando si
determina una necrosi di una regione miocardica quella zona diventa “elettricamente muta” tanto
che all'ECG, dato che il segnale elettrico non passa, verrà registrata come un'onda negativa nella
parte iniziale del complesso QRS, la cosiddetta onda Q di necrosi).
SINTOMI
Dolore ischemico cardiaco
E' l'ultimo evento della cascata ischemica in ordine temporale. Il dolore tipico è oppressivo o costrittivo,
tipicamente caratterizzato da inizio e fine graduali e non viene influenzato dagli atti respiratori, dalla
posizione del corpo e dalla digitopressione sulla parete toracica. E' un dolore localizzato in sede
retrosternale, che può irradiarsi in altre sedi soprattutto la superficie ulnare dell'arto superiore sx, spalle,
collo. Nella forma tipica inoltre l'insorgenza del dolore è ricollegabile a una causa scatenante come esercizio
fisico, stress emotivo, esposizione al freddo, pranzo ecc.

Altri sintomi sono: dispnea, astenia e palpitazioni; nel caso di aritmie gravi inoltre possiamo avere lipotimia
o sincope.

Diagnosi differenziale di dolore toracico

 Pericardite: in questo caso il dolore è retrosternale ma tende ad accentuarsi con gli atti del respiro e
si riduce con l'assunzione della posizione seduta. La diagnosi può essere confermata dal rilievo di
sfregamenti pericardici all'auscultazione e da alterazione tipiche all'ECG e all'ecocardiogramma.
 Dissecazione aortica: il dolore è retrosternale, in genere molto intenso già all'esordio, con tipica
irradiazione al dorso e a volte anche posteriormente e in basso. Il dolore è definito come una
“pugnalata”, è un dolore molto intenso e violento. Le alterazioni all'ECG di solito sono modeste,
perciò la diagnosi può essere confermata con l'ecordiografia transesofagea o con l'angiografia
digitale computerizzata.
 Embolia polmonare: al dolore in questo caso sono associati dispnea intensa, cianosi, stato di shock
e se l'embolia non interessa un grosso tronco polmonare assume le caratteristiche del dolore
pleuritico. La diagnosi può essere confermata con l'angio TC.
 Pneumotorace: dolore acuto localizzato a livello dell'emitorace interessato con irradiazione alla
spalla e all'arto superiore omolaterali, a cui si aggiunge dispnea. Diagnosi con esame obiettivo e RX
torace.
 Pleurite: dolore superficiale, puntorio (“a pugnalata), circoscritto e accentuato agli atti respiratori.
Diagnosi confermata con esame obiettivo.
 Disturbi di origine GI, neuromuscolare, osteoarticolare e psicologica

MANIFESTAZIONI CLINICHE DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA

La cardiopatia ischemica si può manifestare in due modalità: CARDIOPATIA ISCHEMICA CRONICA e


SINDROME CORONARICA ACUTA.

1. CARDIOPATIA ISCHEMICA CRONICA comprende essenzialmente l'Angina cronica stabile e l'Angina


variante di Prinzmetal.

- Angina cronica stabile è caratterizzata da episodi di angina pectoris che presentanto caratteristiche
costanti per almeno 2 mesi; tipicamente gli attacchi anginosi sono causati da situazioni come sforzi fisici,
stress emotivi e l'eliminazione del fattore scatenante causa la regressione della sintomatologia. L'alterazione
fisiopatologica fondamentale è rappresentata dalla presenza di placche aterosclerotiche stabili a livello
coronarico o anche da disfunzioni del microcircolo. La manifestazione clinica fondamentale è costituita
dall'angina fa sforzo, sintomo che si presenza in maniera costante dopo una certa soglia di sforzo, indicando
la presenza di stenosi fisse. In alcuni pazienti tuttavia diversi fattori come stenosi dinamiche posso rendere
la soglia anginosa variabile. Di solito l'esame obiettivo è negativo, all'auscultazione si può rilevare comparsa
di III e/o IV tono in caso di significativa alterazione del ventricolo sx indotta dall'ischemia.

Diagnosi: esami di laboratorio (glicemia, assetto lipidico aumentano il rischio cardiovascolare); ECG a riposo
(se c'è l'attacco anginoso riscontriamo un sottoslivellamento del tratto ST maggiore o uguale a 1mm in
genere in V4,V5,V6 e possiamo anche avere alterazioni della T; ECG da sforzo, test principale per la diagnosi
di angina stabile, considerato positivo quando si osserva un sottoslivellamento orizzontale del tratto ST
maggiore o uguale a 1mm e se è positivo bisogna considerare a quale carico di lavoro si manifestano le
alterazioni ischemiche; ECG dinamico secondo Holter per 24-48ore; Scintigrafia miocardica perfusionale;
Ecocardiografia (per evidenziare alterazioni della contrattilità ventricolare; Coronarografia (esame definitivo
per la diagnosi di cardiopatia ischemica aterosclerotica, in quanto consente di evidenziare direttamente la
presenza, numero ed entità delle stenosi).

Terapia: correzione stile di vita per ridurre i fattori rischio (ipercolesterolemia, diabete, obesità, fumo);
terapia antiaggregante con acido acetilsalicilico, clopidogrel; ß-bloccanti indicati solo nei pazienti con infarto
miocardico pregresso o disfunzione ventricolare SX. ACE-inibitori indicati nei pazienti con disfunzione
ventricolare SX o con ipertensione arteriosa. Per quanto riguarda la terapia dell'attacco anginoso invece è
consigliata assunzione di una perla di trinitrina o altro nitroderivati per via sublinguale o spray orale. La
profilassi va fatta con ß-bloccanti, Ca-antagonisti e nitrati a lungo termine.
Si può anche fare rivascolarizzazione miocardica, al fine di ripristinare un flusso coronarico normale nel
territorio irrorato da vasi coronarici con stenosi clinicamente significative mediante 1) interventi per via
percutanea di angioplastica coronarica e 2) by-pass aorto-coronarico.

- Angina variante di Prinzmetal è caratterizzata da angina prevalentemente a riposo, sopraslivellamento del


tratto ST all'ECG ed evidenza di spasmo coronarico alla coronarografia, spasmo che può verificarsi sia in
presenza di stenosi sia in un vaso del tutto normale.

Diagnosi: è clinica. Va sempre sospettata in pazienti con angina a riposo, ci può essere anche l'occorrenza di
palpitazioni, lipotimie o sincopi durante gli attacchi anginosi devono far sospettare la presenza di aritmie
pericolose per la vita. La conferma diagnostica può essere ottenuta mediante la documentazione di un
sopraslivellamento del tratto ST maggiore o uguale a 1mm all'ECG a riposo.

Terapia: nitrati, la profilassi invece si basa sui calcio-antagonisti.

2. SINDROME CORONARICHE ACUTE senza sopraslivellamento del tratto ST comprendono l'Angina


instabile e l'infarto NSTEMI (infarto miocardico acuto senza sopraslivellamento del tratto ST). La
maggiore differenza tra le due presentazione è che nell'angina instabile non si osserva un numero
significativo degli indici ematici di necrosi miocardica, mentre tale aumento viene rilevato
nell'infarto. Il meccanismo fisiopatologico principale comune delle SCA senza sopraslivellamento del
tratto ST è costituito dalla trombosi intracoronarica subocclusiva, in genere localizzata a livello di
placche aterosclerotiche instabili che vanno incontro a complicanze, e il trombo può essere
sufficientemente occlusivo da determinare ischemia in caso di aumento modesta della domanda
miocardica di O2 o addirittura a riposo. In genere il trombo non è totalmente occlusivo quindi
l'ischemia è limitata al subendocardio.

- Angina instabile è caratterizzata da una recente variazione del quadro anginoso, che può essere costituito
da un aumento della frequenza e/o della durata dell'angina, dalla sua comparsa per sforzi meno intensi o a
riposo, o anche a una minore sensibilità alla terapia con nitrati sublinguali. Una forma di angina instabile è
l'angina postinfartuale ad esempio che si presenta dopo poche settimane dall'evento ischemico acuto.
In genere gli episodi anginosi in questo caso durano pochi minuti, indicando che alla base vi è un'ischemia
transitoria.

Diagnosi: esame obiettivo in genere negativo, possono comparire durante un episodio anginoso segni di
scompenso cardiaco, come dispnea, rantoli polmonari basali, e III tono cardiaco. L'ECG può mostrare
sottoslivellamento del tratto ST e/o un'onda T negativa, alterazioni che possono persistere durante un
attacco anginoso. Gli indici di necrosi miocardica sono normali.

- NSTEMI è caratterizzato da necrosi miocardica che interessa solo il subendocardio. Dal punto di vista
clinico il paziente presenta dolore toracico che dura più di 20/30 minuti preceduto o meno nelle ore e nei
giorni precedenti da episodi anginosi transitori.
Diagnosi: ECG durante la fase di dolore toracico mostra un sottoslivellamento del tratto ST più o meno
marcato e diffuso e/o un'onda T negativa. Tipica di questa forma di infarto è la mancanza all'ECG dell'onda
Q di necrosi. Gli indici di necrosi miocardica mostrano valori ematici aumentati. In presenza di un quadro
clinico ed elettrocardiografico più tendente all'angina instabile, il riscontro di un aumento anche minimo di
troponine deve portare a una diagnosi di infarto.

Terapia: necessità di un ricovero ospedaliero. La terapia di prima linea è finalizzata ad evitare l'evoluzione
del trombo subocclusivo verso un'occlusione trombotica coronarica completa: questo obiettivo viene
conseguito attraverso la somministrazione di anticoagulanti (acido acetilsalicilico, clopidogrel) e
anticoagulanti (eparina non frazionata, eparina a basso peso molecolare). La terapia antiischemica prevede
somministrazione di ß-bloccanti, calcio antagonisti e nitrati. Inoltre è consigliato in tutti i pazienti con SCA
l'utilizzo di statine, che migliorerebbero secondo alcuni il decorso clinico. Infine un intervento di
rivascolarizzazione miocardica per via percutanea è utile nei pazienti a più alto rischio come diabetici, pz che
presentano sintomi di scompenso, gravi aritmie, disfunzione ventricolare SX, rialzo significativo di indici di
necrosi miocardica, ecc.

3. INFARTO MIOCARDICO ACUTO CON SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST è caratterizzato


da necrosi miocardica che interessa una regione miocardica per tutto il suo spessore, ovvero in caso
di infarti transmurale. Il meccanismo fisiopatologico responsabile dello STEMI è rappresentato dalla
trombosi acuta, totalmente occlusiva e persistente di un vaso coronarico; il trombo nella maggior
parte dei casi si forma a livello di una placca aterosclerotica instabile che va incontro a
complicazione. Diversi fattori influenzano l'estensione dell'infarto miocardico e la conseguente
compromissione dell'attività contrattile del cuore come la sede dell'occlusione e la durata
dell'occlusione.

Manifestazioni cliniche: l'insorgenza dell'IMA presenta un ritmo circadiano, con picco di frequenza nelle ore
del mattino e un secondo picco nelle ore pomeridiane, andamento influenzato dalla variazione circadiana
dell'attività piastrinica e del rilascio delle catecolamine plasmatiche.
Il sintomo fondamentale è il dolore toracico, anche se nel 15-20% dei casi può essere assente. Al dolore si
può associare nausea, astenia intensa, sudorazione algida e vomito, e può associarsi anche dispnea fino al
quadro di edema polmonare acuto. All'auscultazione cardiaca possono essere rilevati aritmie, la comparsa
di III o IV tono, e un soffio da insufficienza mitralica se c'è stato interessamento dei muscoli papillari. In caso
di infarto molto esteso (perdita del 40% del miocardio totale) la compromissione della contrattilità può
determinare un quadro di shock.

Diagnosi: ECG è l'esame da eseguire immediatamente in un pz con dolore toracico sospetto di IMA. Nell'IMA
transmurale si possono distinguere 4 stadi principali di evoluzione:
- Stadio 1 nelle prime ore di esordio dei sintomi nelle derivazioni che esplorano l'area infartuata si osserva
un sopraslivellamento del tratto ST, tanto marcato da inglobare l'onda T, con o senza una piccola onda Q di
necrosi, mentre nelle derivazioni opposte le alterazioni saranno opposte.
- Stadio 2 dopo alcune ore dall'esordio si osserva una progressiva riduzione del sopraslivellamento del tratto
ST, con comparsa di onde T negative e onde Q di necrosi profonde e larghe, e queste alterazioni possono
durare poche ore fino a parecchi giorni.
- Stadio 3 si osserva la normalizzazione del tratto ST, la negatività dell'onda T si fa più profonda e c'è
persistenza dell'onda Q di necrosi.
- Stadio 4 dopo alcune settimane si osserva la normalizzazione dell'onda T e la persistenza dell'onda Q di
necrosi, che può anche normalizzarsi col tempo, diventando non diagnostica.
L'ECG non solo consente di fare diagnosi di infarto ma permette anche di individuare la localizzazione e di
suggerire l'entità della sua estensione. In genere se l'infarto è ANTERIORE le derivazioni che presentano
sopraslivellamento del tratto ST sono V1,V2,V3,V4 e V5, se l'infarto è LATERALE avremo sopraslivellamento
in V5,V6, aVL e D1, se l'infarto è INFERIORE avremo sopraslivellamento in D2, D3 e aVF, e infine in caso di
infarto POSTERIORE avremo sottoslivellamento in V1,V2,V3. Infine l'evoluzione nel tempo delle alterazioni
all'ECG durante la fase acuta è un ottimo indice di valutazione di ripristino del flusso ematico attraverso la
coronaria occlusa, ovvero tanto più rapidamente regrediscono le alterazioni ECG tanto più preoce e migliore
è l riperfusione del miocardio nella regione infartuale;
Un altro elemento diagnostico è la presenza degli indici ematici di necrosi miocardica, quali:
- Creatinkinasi: la CK totale e la sua isofroma cardiospecifica CK-MB iniziano ad aumentare 4-6 ore dopo
l'esordio dei sintomi, raggiungono picco a 24 ore e tornano normali a 72 ore. Il dosaggio della CK/CK-MB
non consente soltanto di confermare la diagnosi di infarto ma anche di fare una valutazione dell'entità della
necrosi, infatti più è alta la concentrazione di CK/CK-MB tanto più estesa sarà la necrosi.
- Troponine: le Troponine T e I iniziano ad aumentare 4-6 ore dopo l'esordio dei sintomi, raggiungono il
picco a 24 ore e possono rimanere elevate anche dopo 2 settimane. Sono gli indici ematici di necrosi
miocardica più sensibili e specifici.
- Mioglobina: aumenta già entro 2 ore dall'esordio dei sintomi, quindi può fungere da indicatore precoce di
infarto miocardico.
- Lattico Deidrogenasi: la LDH inizia ad aumentare più tardivamente della CK/CK-MB e persiste aumentata
nel siero più a lungo, quindi può fungere da indicatore tardivo di infarto miocardico.
Ecocardiogramma: se l'area è sufficientemente estesa, l'ecocardiogramma mostra un'alterazione della
contrattilità della regione ischemica (ipocinesia, acinesia, discinesia) e inoltre possiamo valutare la frazione
di eiezione, che è la stima migliore per valutare la funzionalità del ventricolo sx.
Va effettuata comunque dopo qualche giorno dall'episodio, perché ci possono essere fenomeni come lo
“stordimento miocardico” che possono far sovrastimare l'estensione della necrosi.

Terapia: 1) intervento precoce di rivascolarizzazione consente il salvataggio di almeno una parte di


miocardio ischemico in via di necrosi, e l'efficacia terapeutica è elevatissima nelle prime 2 ore dopo l'infarto;
2) fibrinolisi ottenuta con farmaci fibrinolitici che inducono la lisi dei legami di fibrina del trombo,
utilizzando farmaci come streptochinasi e l'attivatore tissutale del plasminogeno. Questo intervento tuttavia
è controindicato in soggetti che hanno avuto emorragie gravi recenti, oltre ad essere associata ad un
aumentato rischio di emorragia intracranica; 3) angioplastica primaria, laddove sia possibile e in tempi
brevi, costituisce il trattamento di scelta per la ricanalizzazione della coronaria ostruita, anche se presenta
alcuni limiti come la necessità di poter essere effettuata solo in centri specializzati in emodinamica e quindi
con operatori esperti e inoltre richiede tempi di applicazione più lunghi rispetto alla fibrinolisi.

COMPLICANZE DELL'INFARTO DEL MIOCARDIO

 Complicanze aritmiche Nella fase acuta di un infarto del miocardio possono insorgere pressoché
tutti i tipi di aritmie, che possono aggravare la funzione contrattile del cuore, estendere l'area
necrotizzata ed evolvere verso forme aritmiche particolarmente gravi, causando arresto cardiaco e
morte del paziente. Possiamo avere essenzialmente BRADIARITMIE come bradicardia sinusale,
blocchi atrio-ventricolari (1° grado, 2° grado tipo I e tipo II, 3° grado o blocco A-V completo); e
TACHIARITMIE 1) sopraventricolari (extrasistoli, tachicardia sopraventricolare e infine fibrillazione
atriale e flutter atriale, e in questo caso la terapia di prima scelta è l'amidarone) e 2) ventricolari
(extrasistoli, tachicardia ventricolare, ritmo idioventricolare, fibrillazione ventricolare, che è la
principale causa di morte per IMA e può essere divisa in primitiva, insorgendo nelle 24-48 ore
successive all'infarto e può essere risolta con defibrillazione elettrica, e secondaria che insorge nelle
48 ore successive e va trattata con l'impianto di un defibrillatore automatico)
 Complicanze emodinamiche/meccaniche quali SCOMPENSO CARDIACO e SHOCK CARDIOGENO,
espressione entrambe di una grave compromissione ventricolare. Lo scompenso dapprima provoca
congestione vascolare polmonare e se il quadro poi peggiore si manifesta edema polmonare.
L'ipotensione data dallo shock conclamato invece si manifesta con segni di ipoperfusione periferica
quali cute fredda, subcianosi, tachicardia, confusione mentale e oliguria. Queste condizioni
richiedono trattamento con diuretici, vasodilatatori e farmaci inotropi positivi, mentre lo shock
cardiogeno può essere trattato con la contropulsazione aortica. Importante poi se c'è shock
ipovolemico perché quest'ultimo può essere trattato con infusione di liquidi.
 Infarto del ventricolo DX che se è molto esteso può accompagnarsi a sintomi da ipotensione e
scompenso cardiaco dx.
 Rottura del setto interventricolare quadro emodinamico caratterizzato da un brusco aumento della
portata a livello del circolo polmonare per l'instaurarsi di uno shunt sx-dx, la portata sistemica si
riduce e il ventricolo sx va incontro a un sovraccarico di volume, con quadro di scompenso e/o
shock. All'auscultazione abbiamo un soffio olosistolico, con sdoppiamento del II tono a causa del
sovraccarico del ventricolo dx. Terapia: correzione chirurgica.
 Rottura o malfunzionamento di un muscolo papillare che può provocare un'insufficienza valvolare,
in genere mitralica. L'unica terapia è la sostituzione della valvola colpita
 Rottura della parete libera del ventricolo SX compare dai 3 ai 10 giorni dopo l'infarto ed è un
evento frequente negli anziani e nelle donne. Manifestazioni cliniche sonoq uelle del
tamponamento cardiaco acuto. Caratteristico aspetto è la dissociazione tra attività meccanica (polso
assente) e elettrica (persistenza dei QRS all'ECG).
 Aneurisma ventricolare SX il quale può provocare scompenso cardiaco, compromettendo la
dinamica contrattile cardiaca, costituisce poi una sede per l'instaurarsi di fenomeni di rientro
facilitando insorgenza di aritmie ventricolari pericolose e può costituire una sede per stasi ematica
facilitando la formazione di trombi che possono dare origine a fenomeni tromboembolici. Dal punto
di vista diagnostico riscontriamo un itto sollevante a livello del precordio, presenza di III tono
cardiaco, sopraslivellamento del tratto ST all'ECG e diagnosi certa con radiografia ed
ecocardiografia. La terapia è con correzione chirurgica.
 Rischio di reinfarto e angina postinfartuale
 Pericardite epistenocardica insorge 2-4 giorni dopo l'episodio di infarto e clinicamente si manifesta
con dolore toracico tipico, che aumenta all'inspirazione e diminuisce assumendo una posizione
seduta. All'auscultazione sono presenti sfregamenti pericardici, all'ECG può essere presente un
sopraslivellamento del tratto ST e la presenza di versamento pericardico visibile
all'ecocardiogramma è diagnostica. Questo è importante perché è l'elemeno che ci permette la
valutazione di una sospensione della terapia anticoagulante, al fine di evitare emopericardio.
 Sindrome di Dressler pericardite postinfartuale, dovuta ad un instaurarsi di una reazione
autoimmune contro antigeni del pericardio liberatisi durante il processo necrotico. Compare dopo
1-6 settimane dall'infarto e si manifesta con dolore pericarditico febbre eventualmente associati a
dolore pleuritico.
 Morte cardiaca improvvisa nel 10-20% può essere anche il quadro all'esordio, avviene in modo
inatteso e senza nessun apparente sintomo o comunque entro 1 ora dall'evento. In genere è dovuta
comunque a una fibrillazione ventricolare in corso di STEMI.

CUORE POLMONARE

Definizione: si definisce cuore polmonare un'alterazione della struttura e/o della funzione del ventricolo dx
dovuta a un aumento della pressione nell'arteria polmonare.
L'ipertensione polmonare è la condicio sine qua non del cuore polmonare. La diagnosi di ipertensione
polmonare deve essere posta in presenza di una pressione media nell'arteria polmonare maggiore o uguale
a 25 mmHg in condizioni di riposo.

Fisiopatologia: Normalmente la pressione nell'arteria polmonare oscilla 22-25 mmHg (sistolica) e 8-


10mmHg (diastolica) con una pressione media di 15 mmHg. Il circolo polmonare è inoltre dotato di
meccanismi di protezione che comprendono essenzialmente:
 Reclutamento progressivo di vasi arteriosi che rimangono chiusi in condizioni di riposo
 Distensibilità notevole dei vasi arteriosi
 Quantità elevata di diramazioni vascolari dell'albero arterioso polmonare

In presenza di un aumento patologico della pressione in arteria polmonare, il ventricolo dx va inizialmente


incontro a ipertrofia e se aumenta ulteriormente il ventricolo dx va incontro a dilatazione.
Nel cuore polmonare acuto, in cui l'aumento del postcarico avviene improvvisamente , prevale la
dilatazione, mentre nel cuore polmonare acuto, in cui avviene gradualmente, prevale l'ipertrofia. In
entrambi i casi l'ipertensione polmonare comporta un aumento della pressione telediastolica del ventricolo
dx che, superati i meccanismi di compenso di ipertrofia e dilatazione, può determinare un'insufficienza del
ventricolo stesso con riduzione della gittata. Di conseguenza, meno sangue arriva al ventricolo sx e la
riduzione del suo riempimento determinerà una riduzione della gittata cardiaca, e si instaura così un circolo
vizioso che contribuisce a deprimere la funzionalità di entrambi i ventricoli.

Eziopatogenesi Le principali cause sono malattie che interessano il sistema respiratorio e che sono in
grado, con meccanismi vari, di determinare un aumento della pressione polmonare.
Possono essere malattie polmonari (BPCO; Fibrosi cistica; Interstiziopatie polmonari), disordini della
circolazione polmonare (tromboembolia polmonare; ipertensione polmonare idiopatica), malattie
neuromuscolari (miastenia gravis), deformità della gabbia toracica (cifoscoliosi) e per disordini del controllo
della ventilazione (ipoventilazione centrale primitiva; sindrome delle apnee ostruttive).

Sintomi: i sintomi del cuore polmonare cronico sono in genere correlati alla patologia di base. Il sintomo
più comune è la dispnea, può insorgere sincope da tosse o da sforzo a causa dell'incapacità del ventricolo
dx di apportare una quantità di sangue adeguata al cuore sinistro. Possiamo avere dolore addominale e
ascite, edema delle estremità inferiori e ipossia, con vasodilatazione periferica. Per i il cuore polmonare
acuto i sintomi sono quelli associati a embolia polmonare.
Segni sono tachipnea, elevate pressioni venose giugulari, epatomegalia ed edema declive. Posso riscontrare
onde v prominenti nel polso venoso giugulare, conseguenza dell'insufficienza tricuspidale. Altri segni sono
fremito del ventricolo dx palpabile lungo il margine sternale sx o in epigastrio, click di eiezione polmonare
sistolico, e il segno di Carvalho, ovvero l'aumento di intensità del murmure olosistolico dell'insufficienza
tricuspidale durante l'inspirazione, che può andare perduto con il peggioramento dello scompenso del
ventricolo dx.

Diagnosi All'ECG possiamo riscontrare presenza di onda P polmonare, deviazione dell'asse cardiaco a destra
e segni di ipertrofia ventricolare dx. L'RX torace mostra un ingrossamento dell'arteria polmonare principale
e dei vasi ilari. La spirometria e lo studio dei volumi polmonari possono identificare difetti
restrittivi/ostruttivi indicativi di malattia polmonare, mentre un'emogasanalisi ipossiemia e/o ipercapnia.
La TC del torace è utile nella diagnosi della malattia tromboembolica acuta. L'ecocardiografia 2D è utile per
misurare lo spessore del ventricolo dx e le sue dimensioni, così come valutare l'anatomie delle valvole
cardiache di destra.

Terapia: l'obiettivo primario del trattamento del cuore polmonare cronico consiste nel curare la patologia
polmonare alla base, dal momento che ciò porterà a diminuire le resistenze vascolari polmonari e ad
alleviare il sovraccarico pressorio sul ventricolo dx, riducendo il lavoro respiratorio grazie a ventilazione
meccanica non invasiva, impiego di broncodilatatori e trattamento di eventuali infezioni, oltre a un'adeguata
ossigenazione e correzione di acidosi respiratoria. I diuretici sono efficaci, cos' come i vasodilatatori
polmonari mentre è dubbia l'utilità della digossina e perciò va somministrata con giudizio, a basse dosi e
monitorata attentamente.
Per il trattamento del cuore polmonare acuto vedere quello per l'embolia polmonare.
IPERTENSIONE ARTERIOSA
È un aumento dei livelli pressori al di sopra dei valori medi che si rilevano nella maggior parte dei soggetti
apparentemente sani.

Epidemiologia
Nelle popolazioni occidentali la pressione sistolica arteriosa aumenta gradualmente sino alla tarda età,
mentre valori di pressione diastolici tendono a livellarsi o anche a diminuire leggermente dopo i 50 anni.
L’i.a. essenziale è di gran lunga quella più frequente.

IPERTENSIONE ARTERIOSA ESSENZIALE

È quello stato di ipertensione in cui gli elevati valori pressori non riconoscono un’evidente causa organica.

Eziopatogenesi
La pressione arteriosa risulta dall’interazione tra fattori ambientali e genetici. La patologia mostra una certa
familiarità. Sono stati individuati 17 geni . I fattori ambientali più importanti sono: dieta ipersonica e ricca di
lipidi, vita sedentaria, fumo, stress.

Fisiopatologia
Costituisce in primis un fattore di rischio per l’insorgenza di aterosclerosi (soprattutto a livello coronarico) e
di arteriolosclerosi. A livello arteriolare è presente una forma di autoregolazione della pressione arteriosa,
rappresentata dalla vasocostrizione; oltre certi limiti, tale meccanismo perde il proprio effetto protettivo,
determinando l’ingresso di sostanze disciolte ne sangue all’interno delle pareti delle arteriole. Quando tale
processo avviene in modo lento e progressivo, si verifica una fibrosi della parete arteriolare.

Clinica
Nelle fasi iniziali, si osserva un aumento della gittata. Quando l’i.a. si è stabilizzata nella sua forma
conclamata, la maggior parte dei soggetti presenta una gittata normale in presenza di resistenze periferiche
aumentate. Se l’i.a. non viene trattata negli stadi tardivi, le resistenze periferiche risulteranno molto elevate
e la gittata tenderà a diminuire evolvendo verso lo scompenso. L’i.a. si manifesta clinicamente solo quando
raggiunge un grado severo e la diagnosi avviene a causa di qualche sintomo indicativo di iniziale sviluppo di
complicanza o danno d’organo. I sintomi più comuni sono: cefalea , dispnea, cardiopalmo, vertigini,
epistassi, disturbi della visione.

Complicanze
Arterie di grosso e medio calibro. La lamina elastica interna diviene più sottile e si formano nuovi strati che
si appongono in direzione dell’intima. Lo strato muscolare diviene più spesso. Nelle fasi più avanzate, la
tonaca elastica può andare incontro a rottura e parziale riassorbimento, mentre il tessuto fibroso va a
sostituire quello muscolare. I vasi si dilatano, hanno pareti spesse e rigide, spesso hanno decorso tortuoso. Il
flusso si fa turbolento, compaiono lesioni endoteliali e inizia la progressiva formazione delle placche
aterosclerotiche. Lo sviluppo delle placche segue due modelli differenti:

 Strie lipidiche: gruppi di macrofagi contenenti gocce lipidiche. Essi giacciono subito al di sotto
dell’intima, che appare ispessita. L’endotelio può ulcerarsi, possono aderirvi le piastrine e possono
formarsi dei trombi.
 Lesioni proliferative: gruppi di cell muscolari lisce di provenienza sottoendoteliale, privi di
macrofagi, in cui successivamente si accumulano quantità variabili di fibrina. Circa il 50% di queste
lesioni contiene un nucleo centrale di materiale lipidico extracellulare.

Entrambe le tipologie di lesione convergono dando origine a placche aterosclerotiche. Queste possono
complicarsi (rottura, embolia) e determinare conseguenze funzionali gravi a livello delle coronarie, arterie
renali, carotidi, vertebrali.

Arterie di piccolo calibro. Ispessimento della tonaca muscolare come nelle arterie di grosso calibro, ma
l’espansione dell’intima è più pronunciata come conseguenza dell’accrescimento concentrico del tessuto
connettivo. La progressiva arteriolosclerosi ialina può coinvolgere tutta la parete, fatta eccezione per
l’endotelio. Il lume si restringe con aumento delle resistenze periferiche e della pressione arteriosa.

Occhio. All’esame del fonso oculare si vedono diversi gradi di retinopatia ipertensiva. Il grado 3 e 4 si
associano ad un’ importante riduzione della capacità visiva; è elevato il rischio di trombosi venosa retinica.

Encefalo. Tante complicanze come:


 Ictus
 TIA
 Emorragia sub aracnoidea
 Demenza multinfartuale
 Encefalopatia ipertensiva

Rene. L’iperplasia e la nefroangiosclerosi ialina causano un aumento della resistenza vascolare renale con
riduzione del flusso plasmatico renale. Grazie all’autoregolazione renale, nelle fasi iniziali della malattia il
rene riesce a compensare, il filtrato glomerulare è costante e la funzionalità renale rimane inalterata. Nelle
fasi più avanzate si assiste invece a un progressivo declino della funzionalità renale. La proteinuria è
variabile. Alcuni pz posso avere microematuria o iperuricemia.

Cuore. Il cuore è sottoposto ad un sovraccarico di lavoro finalizzato a mantenere costante la gittata cardiaca
a fronte di un aumento delle resistenze periferiche;in risposta a questo sovraccarico il ventricolo sx si
ipertrofizza; si individuano tre tipi di ipertrofia:
 Concentrica: aumenta lo spessore parietale non accompagnato da ingrandimento della cavità
ventricolare
 Eccentrica: consiste in una dilatazione della cavità ventricolare senza aumento proporzionale dello
spessore parietale, nonostante l’incremento della massa del ventricolo
 Irregolare: consiste nella formazione di zone di ipertrofia asimmetriche
Alla lunga la deposizione di collageno riduce la compliance ventricolare, ostacolando il riempimento
ventricolare. Il mancato rilasciamento diastolico ventricolare inibisce il riempimento coronarico
predisponendo il soggetto ad un’ischemia sub endocardica. Alla fine il cuore va incontro a scompenso.

Diagnosi
Nell’impostazione degli esami di lab e strumentali in un pz iperteso bisogna considerare quali obiettivi:
 L’esclusione di forme secondarie di ipertensione che sospetto in caso di: i.a. che esordisce prima dei
30 anni in un soggetto con familiarità negativa, valori di pressione diastolica>120 mm/Hg,
importante danno d’organo (creatininemia > 1,5 mg/dl), ipokalemia, palpitazioni, soffi addominali.
 La valutazione dei fattori di rischio cardiovascolare associati
 Valutazione di una ripercussione sistemica

Esami di lab. Indici di funzionalità renale (azotemia, creatinine mia, clearance della creatinina), elettroliti
plasmatici e urinari, esame delle urine (proteinuria, esame del sedimento). Questi tre servono per escludere
un’i.a. di origine renale. Altri esami sono: emocromo, glicemia, uricemia, assetto lipidemico
Esami strumentali (valutazione del danno d’organo). ECG, ecocardio, prove da sforzo cardiache, eco-color
Doppler, esame del fondo dell’occhio.

Terapia
In tutti i pz si consiglia di modificare lo stile di vita: abolizione del fumo, esercizio, calo ponderale, dieta
ipocalorica, ridotto consumo di sodio, moderato consumo di bevande alcoliche. Un pz che ha modificato lo
stile di vita ma che continua ad avere valori < 160/100 mm/Hg deve iniziare una terpaia farmacologica con
un diuretico tiazidico a basso dosaggio. Se non ha efficacia si da anche un ACE-inibitore.
IPERTENSIONI SECONDARIE
Comprende diverse condizioni poco frequenti. Sono:
 I. Renale: patologie parenchimali e vascolari del rene
 I.di origine endocrina: feocromocitoma, iperaldosteronismo, sd di Cushing

PERICARDITI
Sono infiammazioni del pericardio e possono essere distinte in
 Acute: durano da meno di 6 settimane
 Croniche: dura da più di 6 mesi. Può essere suddivisa ulteriormente in essudativa e costrittiva
 Subacute: dura da più di 6 settimane ma meno di 6 mesi

Possono avere diverse eziologie: virali (rosolia, CMV, EBV, EZV…), batteriche, micotiche, parassitarie,
epistenocardica, neoplastica, associate a connettiviti sistemiche, a patogenesi immunitaria, da radiazioni,da
uremia, conseguenti a patologie degli organi circostanti.

PERICARDITE COSTRITTIVA

Definizione
È l’esito di una pericardite di lunghissima durata, con formazione di tessuto di granulazione che oblitera
quasi tutta la cavità pericardica; tale tessuto poi si ritrae fino alla formazione di fibrosi cicatriziale, con
calcificazioni e aderenze tra foglietti pericardici. La conseguenza è una compressione di tutte le camere
cardiache con ostacolo al loro riempimento.

Eziologia
In teoria tutte le pericarditi croniche possono evolvere in una forma costrittiva

Fisiopatologia
Il cuore non si dilata per mancata compliance pericardica; si verifica quindi un aumento della pressione
nelle camere cardiache che provoca congestione venosa sia polmonare che sistemica. Si riduce anche la
gittata cardiaca.

Clinica
Inizialmente si verifica solo scompenso dx; poi si aggiunge lo scompenso sx.
Ispezione. Pz deperito, sub itterico, con ascite ed edemi periferici. Possono rendersi visibili i circoli
anastomotici porto-cavali. Le giugulari sono turgide ed è presente il segno di Kussmaul (mancato collasso
inspiratorio delle giugulari).
Palpazione. Itto difficilmente percepibile.
Auscultazione. Udibile il caratteristico “knock pericardico”, causato dal brusco arresto della dilatazione
ventricolare durante la proto diastole e dovuto all’urto delle pareti ventricolari col pericardio irrigidito. Tale
suono è meglio udibile a livello del margine sternale sx o all’apice cardiaco.

Diagnosi
ECG. Non ci sono alterazioni tipiche.
Rx torace. Ombra cardiaca non ingrandita. A volte sono visibili calcificazioni.
Ecocardiogramma. Ispessimento ed irrigidimento del pericardio, dilatazione delle vv sovra epatiche, segno
di kussmaul, movimenti paradossi del setto interventricolare durante la respirazione, aumento del flusso
trans mitralico durante l’espirazione.
TC e RM. Per vedere calcificazioni, adesioni, ispessimenti pericardici.
Terapia
Pericardiectomia, diuretici e restrizione salina per ridurre il sovraccarico idrico e gli edemi.
SCOMPENSO CARDIACO

Condizione patologica caratterizzata dall’incapacità del cuore di pompare una quantità di sangue (portata
cardiaca) adeguata alle necessità metaboliche dell’organismo.

Epidemiologia
L’incidenza nella popolazione aumenta in relazione all’età e raddoppia per ogni decennio dai 40 agli 80 anni.
Nell’età adulta è più frequente negli uomini a causa della maggior prevalenza della cardiopatia ischemica.

Eziologia
Classifichiamo le cause dello scompenso in:
 Cause primarie, che provocano direttamente lo scompenso
 Cause precipitanti, che rendono evidente uno scompenso subclinico, determinano l’aggravamento
di uno scompenso preesistente o precipitano uno scompenso acuto
Cause primarie:
 Patologie che compromettono la funzione sistolica del miocardio:
 Cardiopatia ischemica
 Cardiomiopatia dilatativa
 Patologie che compromettono la funzione diastolica del miocardio
 Cardiomiopatia ipertrofica
 Cardiomiopatia restrittiva
 Patologie che sottopongono il cuore ad un sovraccarico di lavoro cronico
 Patologie con sovraccarico di pressione (es. ipertensione arteriosa, stenosi valvolare)
 Patologie con sovraccarico di volume (es. insufficienza valvolare)
Cause precipitanti:
 Stress fisico, psichico, alimentare, ambientale
 Ipertensione arteriosa
 Aritmie
 Infezioni sistemiche
 Aumento della portata cardiaca
 Insufficienza renale
 Embolia polmonare
 Assunzione di farmaci controindicati o sostanze tossiche

Fisiopatologia
In presenza di una riduzione della contrattilità miocardica o di un sovraccarico di lavoro cardiaco, le
conseguenze emodinamiche più immediate sono rappresentate dall’aumento della pressione venosa a
monte e/o dalla riduzione della gittata sistolica a valle della camera insufficiente. L’organismo reagisce con
una serie di meccanismi di compenso che hanno lo scopo di mantenere la portata cardiaca su valori
normali. Col peggiorare dello scompenso, tali meccanismi diventano progressivamente insufficienti ed
incapaci di garantire una gittata cardiaca adeguata sotto sforzo o addirittura a riposo nelle fasi finali. Va
peraltro sottolineato che i meccanismi di compenso, inizialmente benefici, quando vengono attivati per
lunghi periodi possono contribuire nell’aggravare lo scompenso. Tali meccanismi sono:
 Meccanismo di Starling: all’aumentare del volume telediastolico, aumenta anche la gittata sistolica
 Meccanismi neuroendocrini: la riduzione della gittata stimola i meccanocettori presenti nel
miocardio ventricolare, nell’aorta e nel seno carotideo; tali strutture stimolano in via riflessa il
sistema adrenergico che induce vasocostrizione periferica con ridistribuzione del sangue agli organi
nobili (cuore e cervello). La riduzione della gittata provoca anche un’ipoperfusione renale con
attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone: la conseguenza dell’attivazione di questo
sistema enzimatico è un aumento della ritenzione di acqua e sodio, finalizzato ad un aumento della
volemia. L’angiotensina 2, inoltre, induce vasocostrizione arteriosa periferica. Nel caso di un cuore
insufficiente, l’aumento prolungato delle resistenze periferiche finisce con il comportare un’ulteriore
riduzione della portata cardiaca; ciò determina, a sua volta, un’ulteriore vasocostrizione per
ridistribuire il flusso insufficiente, e così via in un circolo vizioso. La somministrazione di
vasodilatatori arteriosi è finalizzata proprio ad interrompere questo circolo vizioso. Analogamente,
l’aumento prolungato della volemia provoca un aumento eccessivo del precarico il quale, per la
legge di Frank-Starling, determina una riduzione della gittata cardiaca. La somministrazione di
vasodilatatori venosi e di diuretici è finalizzata proprio a ridurre la volemia oppure a ridistribuire il
sangue verso la periferia.
 Ipertrofia miocardica e rimodellamento ventricolare: l’ipertrofia miocardica costituisce un’ulteriore
meccanismo di compenso che il cuore mette in atto per migliorare la sua efficienza contrattile in
condizioni di insufficienza cardiaca persistenti nel tempo. Le variazioni della geometria del
ventricolo che va incontro ad ipertrofia sono diverse a seconda del tipo di sovraccarico a cui il cuore
è sottoposto:
 Ipertrofia concentrica: in caso di sovraccarico di pressione, i cardiomiociti delle pareti ventricolari
rispondono con l’aggiunta in parallelo di miofibrille: ciò comporta un aumento dello spessore della
parete, mentre il volume ventricolare non viene modificato. Per la legge di Laplace (S=Pr/2h),
l’aumento dello spessore (h) compensa l’aumento della pressione (P), in modo da limitare lo stress
di parete (S)
 Ipertrofia eccentrica: in caso di sovraccarico di volume, i cardiomiociti delle pareti ventricolari
rispondono con l’aggiunta in serie di sarcomeri: ciò comporta la dilatazione del ventricolo. Per la
legge di Laplace, l’aumento del raggio (r) comporterebbe un aumento dello stress di parete, che
anche in questo caso viene limitato da un modesto aumento di spessore.
Se il grado di ipertrofia diventa eccessivo, esso finisce col compromettere la funzione sistolica e diastolica
del ventricolo, oltre che favorire l’insorgenza di ischemia miocardica, sia per il maggior lavoro cui è
sottoposto il cuore sia per l’insufficiente sviluppo del microcircolo coronarico.
Conseguenze fisiopatologiche dell’insufficienza cardiaca conclamata:
 Congestione venosa: l’aumento della pressione venosa che consegue all’insufficienza cardiaca si
trasmette a monte sino ai capillari, dove produce alterazioni negli scambi di acqua e ioni che esitano
nella formazione di edema interstiziale. Nel caso del polmone, quando la quantità di acqua nel
circolo aumenta supera la possibilità di drenaggio da parte del sistema linfatico polmonare, essa
inonda gli alveoli e l’edema diventa alveolare.
 Ipoperfusione degli organi periferici: l’ipoperfusione dei tessuti in genere provoca ipossia periferica
e, nei casi più gravi, acidosi. L’ipoperfusione del rene, oltre un certo limite, produce insufficienza
renale che, nei casi di shock cariogeno, arriva sino all’anuria completa. La congestione venosa
epatica, associata all’ipoperfusione può condurre, nei casi gravi, alla necrosi centro lobulare, con le
relative manifestazioni dell’insufficienza epatica.

Manifestazioni cliniche
I sintomi e i segni clinici dello scompenso cardiaco sono sempre riconducibili in qualche modo alla
congestione venosa o all’ipoperfusione periferica; essi possono combinarsi in vario modo, dando luogo a
quadri clinici variabili.
CRITERI DI FRAMINGHAM PER LA DIAGNOSI DI
SCOMPENSO CARDIACO
CRITERI MAGGIORI Dispnea parossistica notturna
Turgore delle vene giugulari
Rantoli
Cardiomegalia
Edema polmonare acuto
Ritmo di galoppo da terzo tono
Pressione venosa centrale > 16 cmH2O
Reflusso epato-giugulare
CRITERI MINORI Edemi periferici
Tosse notturna
Dispnea da sforzo
Epatomegalia
Versamento pleurico
Riduzione della capacità vitale di un terzo del
normale
Tachicardia (frequenza cardiaca>120 bpm)
CRITERI MAGGIORI O MINORI Perdita di peso > 4,5 kg in 5 giorni in risposta al
trattamento

La diagnosi è ritenuta certa in presenza di due criteri maggiori o di un criterio maggiore e due minori.

Sintomi
 Funzione respiratoria. L’edema interstiziale provocato dalla congestione venosa polmonare
determina dispnea, ortopnea e dispnea parossistica notturna. Quando l’edema interstiziale è
talmente importante da arrivare a comprimere i bronchioli, provocando un aumento delle
resistenze delle vie aeree, si parla di asma cardiaco. Nei casi più gravi, la congestione polmonare
può provocare edema alveolare, dando luogo al quadro di edema polmonare acuto.
 Attività muscolare. L’ipoperfusione dei muscoli determina astenia e facile affaticabilità.
 Funzione renale. Nello scompenso è frequente la comparsa di nicturia: durante il giorno, la
posizione ortostatica determina ipoperfusione renale e quindi riduzione della diuresi, al contrario,
quando viene assunta la posizione clinostatica durante la notte, aumenta il ritorno venoso e quindi
la perfusione renale, con aumento della diuresi. Nelle fasi più avanzate dello scompenso,
l’ipoperfusione diventa costante e produce oliguria e, quando la portata cardiaca è gravemente
ridotta, anuria completa
 Funzione cerebrale. L’ipoperfusione cerebrale determina perdita di memoria, difficoltà di
concentrazione, insonnia, ansietà. Nei casi acuti (edema polmonare e shock cariogeno) si osservano
confusione mentale, agitazione, sonnolenza, coma.
La valutazione del livello di attività fisica che determina la comparsa di sintomi (in particolare dispnea e
fatica muscolare) consente di precisare il grado di capacità funzionale del paziente, che è strettamente
dipendente dalla gravità dello scompenso.
CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE DEI PAZIENTI
CARDIOPATICI NELLA NEW YORK HEART
ASSOCIATION (NYHA)
CLASSE 1 Pazienti senza limitazioni dell’attività fisica. L’attività
fisica abituale non causa sintomi
CLASSE 2 Lieve limitazione dell’attività fisica. Il pz è
asintomatico a riposo, ma un’attività fisica abituale
causa sintomi
CLASSE 3 Grave limitazione dell’attività fisica. Il pz è
asintomatico a riposo, ma un’attività fisica anche
inferiore a quella abituale causa sintomi
CLASSE 4 Impossibilità di eseguire qualsiasi attività fisica senza
avere disturbi. Il pz può presentare sintomi di
scompenso a riposo. I disturbi aumentano se viene
intrapresa una qualsiasi attività fisica

Segni
 Esame generale. La presenza di edema periferico è una manifestazione frequente e tipica dello
scompenso. Esso non è solo il risultato dell’aumento di pressione nel circolo venoso sistemico ma
anche nello scompenso sx puro, in cui non si verifica congestione venosa sistemica; d’altro canto,
può mancare nello scompenso dx puro insorto acutamente, poiché per manifestarsi deve
accumularsi il liquido extracellulare nei tessuti, cosa che richiede alcuni giorni. L’edema compare
prima ai piedi e alle caviglie ed è tipicamente simmetrico (edemi declivi); la presenza di edema può
essere evidenziata col segno della fovea (la digitopressione della regione pretibiale determina un
affossamento della cute che scompare lentamente). Nei casi più gravi, l’edema può diventare
generalizzato (anasarca), coinvolgendo gli arti superiori, il torace (versamento pleurico), l’addome
(ascite) e i genitali. Se l’edema non viene risolto e persiste nel tempo, esso può provocare
indurimento della cute, con formazione di aree dicromiche (caratterizzate da macchie brune o
rossastre), soprattutto sul dorso del piede e alle caviglie. La vasocostrizione cutanea diventa
clinicamente evidente solo in presenza di shock cariogeno : in questo caso, la cute appare pallida,
fredda e madida di sudore; le estremità sono cianotiche. Lo scompenso cronico grave può portare
ad uno stato di cachessia con perdita di peso e anoressia, indotto dall’aumentata produzione di
citochine pro infiammatorie (soprattutto TNF).
 Esame cardiovascolare. Sono presenti tachicardia (per effetto dell’ipertono adrenergico),
spostamento dell’itto a sx e in basso alla palpazione del precordio (dovuto alla dilatazione del
cuore), presenza di un terzo e/o un quarto tono all’auscultazione cardiaca, turgore delle giugulari
(da aumento della pressione venosa centrale nello scompenso dx). Nei pz con scompenso cronico la
pressione arteriosa è normale o modestamente ridotta, a meno che non esista una condizione di
ipertensione arteriosa di base. D’altro canto, nello scompenso cardiaco acuto la pressione arteriosa
è spesso elevata, soprattutto quella diastolica, per effetto della vasocostrizione periferica
compensatoria.
 Esame del torace. Nei casi di scompenso lieve l’esame è normale. Quando aumenta la pressione del
circolo venoso polmonare, compaiono rantoli crepitanti alle basi polmonari, cioè rumori umidi
inspiratori che non si modificano dopo i colpi di tosse, a differenza dei rumori umidi di origine
bronchiale. Quando l’edema interstiziale e la congestione della mucosa bronchiale comprimono le
vie aeree terminali possono comparire anche ronchi e sibili. In caso di edema polmonare acuto, i
rantoli possono diventare grossolani e si diffondono a tutto l’ambito polmonare (marea montante).
Nello scompenso cronico l’aumento di pressione dei capillari pleurici determina la comparsa di un
versamento pleurico (idrotorace).
 Esame dell’addome. L’aumento della pressione venosa centrale determina epatomegalia e, nei casi
più gravi, splenomegalia. Se la congestione epatica si prolunga, la compromissione prodotta dalle
venule sugli epatociti produce segni clinici di danno epatico (alterazioni ematiche, iperbilirubinemia,
ecc.). Nei casi di scompenso grave, l’aumento di pressione nei capillari peritoneali determina la
comparsa di ascite.

Diagnosi
Gli esami di laboratorio di routine e l’ECG possono fornire informazione utili a identificare le cause primarie
dello scompenso, oppure possono aiutare il medico nell’identificare le possibili cause precipitanti. Utile per
la diagnosi di un’origine cardiaca di sintomi compatibili con lo scompenso è il dosaggio del BNP e del suo
precursore NT-proBNP. La radiografia del torace consente di valutare le dimensione del cuore e il grado di
congestione polmonare. L’ecocardiogramma color-Doppler è senz’altro l’esame che contribuisce più di ogni
altro all’identificazione delle cause dello scompenso e a valutarne la gravità. Esso consente di identificare
rapidamente molte delle patologie cardiache in grado di causare uno scompenso e di esaminare
adeguatamente la funzione contrattile globale e regionale del ventricolo sx e, con minore precisione, del
ventricolo dx. A tal proposito, esso permette di calcolare la frazione di eiezione del ventricolo sx (FEVSn),
che costituisce il parametro più importante e più largamente utilizzato nella pratica clinica per identificare lo
stato della contrattilità miocardica; normalmente, la FEVSn è compresa tra 60 e 75% ed è comunque
superiore al 50%.
Prognosi
In media, la prognosi dei pz con scompenso non è buona. La metà circa delle morti è improvvisa,mentre
negli altri casi si assiste ad un progressivo deterioramento cardiaco. La mortalità è stata ridotta grazie
all’impiego di farmaci che contrastano il rimodellamento del miocardio e all’impianto di ICD che prevengono
la morte improvvisa. Restano tuttavia numerosi i casi che alla lunga risultano refrattari a tutti i trattamenti;
in questi casi la mortalità entro pochi mesi è elevata. La prognosi è più favorevole nei casi in cui lo
scompenso è determinato da cause primarie rimovibili (es valvulopatia, cardiopatia ischemica con un’ampia
area di miocardio ibernato ecc..). I fattori prognostici comprendono: gravità dei sintomi (classi NYHA),
FEVSn, capacità di esercizio, funzione renale, livelli ematici di BNP/NT-proBNP.
Manifestazioni cliniche di scompenso acuto grave
Edema polmonare acuto. Si manifesta quando la pressione dei capillari polmonari è >25mm/Hg: in tal caso,
si verifica la trasudazione di liquido negli alveoli polmonari. Ne consegue una compromissione sia degli
scambi gassosi che della meccanica ventilatoria. L’ipossia e l’acidosi che ne derivano provocano ulteriore
peggioramento della funzione cardiaca, con riduzione della portata e ulteriore aumento delle pressioni
capillari polmonari, generando così un circolo vizioso. La riduzione della portata induce inoltre
vasocostrizione periferica, comportando un aumento del carico di lavoro per il cuore che peggiora
ulteriormente la funzione cardiaca. Il pz in edema polmonare acuto si presenta agitato, seduto sul letto,
dispnoico, con respiro caratterizzato da espirazione prolungata con sibili e ronchi, da inspirazione rumorosa
e gorgogliante e, nei casi più gravi con emissione con la tosse di un espettorato schiumoso, talvolta rosato.
La cute appare fredda e sudata, le estremità e le labbra sono cianotiche. Alcuni pz possono riferire anche
dolore retro sternale (se vi è una sottostante cardiopatia ischemica). Il pz è tachicardico, con pressione
elevata (soprattutto quella diastolica). La diuresi è ridotta. All’auscultazione toracica si apprezzano rantoli
inspiratori su tutti i campi polmonari. L’EGA rivela ipossia, acidosi (metabolica e respiratoria) e spesso
ipercapnia. Se non si interviene rapidamente l’edema evolve vero lo shock cariogeno e l’arresto circolatorio.
L’obiettivo principale del trattamento è ridurre in modo marcato il precarico e, in caso di elevata pressione
arteriosa, anche il postcarico.
Shock cardiogeno. Si manifesta quando la portata scende al di sotto dei valori minimi necessari a mantenere
la funzione degli organi vitali. Le cause più frequenti comprendono: infarto miocardico acuto e/o sue
complicanze meccaniche, miocarditi gravi, tamponamento cardiaco, embolia polmonare. La violenta
vasocostrizione che si innesca per mantenere la perfusione di organi vitali quali il cuore e il cervello unita
all’ipossia e all’acidosi, finisce per compromettere irreversibilmente la permeabilità e la contrattilità dei vasi
del microcircolo: la conseguenza è un sequestro di massa ematica in periferia che compromette il
riempimento cardiaco e riduce ulteriormente la portata, fino all’arresto circolatorio. Il pz in shock si
presenta dispnoico, in stato confusionale e semi-incosciente. Alcuni pz possono riferire anche dolore
restrosternale (se vi è una sottostante cardiopatia ischemica). La cute è fredda e sudata con ampie aree
marezzate da machhie cianotiche. I polsi sono quasi assenti con pressione bassissima o addirittura non
misurabile. La diuresi è molto scarsa o assente. L’EGA rivela acidosi metabolica grave anche in caso di
trattamento tempestivo e intensivo, Il pz con shock evolve spesso verso l’arresto circolatorio e la morte.
Terapia
Gli obbiettivi della terapia dello scompenso sono due: il miglioramento dei sintomi e della prognosi. Non
tutti i farmaci che migliorano i sintomi migliorano anche la prognosi: per es ACE-inibitori e beta-bloccanti
migliorano sia i sintomi sia la prognosi, mentre i diuretici solo i sintomi e i farmaci inotropi, con l’eccezione
forse della digitale, migliorano i sintomi ma peggiorano la prognosi. Il trattamento deve comprendere
interventi medici e chirurgici finalizzati a correggere o rimuovere, dove possibile, la causa primaria dello
scompenso (coronaropatia, valvulopatia, cardiopatia congenita ecc). il trattamento deve comprendere
misure dirette a prevenire o eliminare eventuali cause precipitanti dello scompenso (infezioni, aritmie,
embolia ecc.).
Riassumendo, i farmaci utilizzati in caso di scompenso cronico sono: ACE-inibitori, beta-bloccanti, nitrati,
diuretici, glicosidi digitalici e catecolamine. La terapia non farmacologica prevede: pacemaker bi
ventricolare, trapianto cardiaco.
I farmaci utilizzati nello scompenso acuto sono: diuretici, nitrati, glicosidi digitalici.

VIZI VALVOLARI
Le valvulopatie possono essere distinte in:
 Stenosi valvolari: ostruzione al flusso di sangue in senso anterogrado, dovute a restrizione dell’area
valvolare
 Insufficienze valvolari: incontinenza della valvola, con rigurgito di sangue in senso retrogrado,
dovute a lesioni dirette degli apparati valvolari o a dilatazione delle camere cardiache.
STENOSI MITRALICA

Eziologia e anatomia patologica


La causa più frequente di s.m. pura rimane la malattia reumatica; altre cause meno frequenti includono
l’eziologia iatrogena dovuta ad esiti di correzione chirurgica di un’insufficienza mitralica mediante plastica
della valvola. Questa valculopatia è molto frequente nel sesso femminile.
La s.m. è caratterizzata da ispessimento dei lembi valvolari dovuto a processi fibrotici e/o calcifici, e da
fusione parziale delle commessure con frequente coinvolgimento delle corde tendinee. Pertanto i lembi
valvolari diventano ipomobili e rigidi, determinando il restringimento dell’ostio valvolare , che assume una
forma ad imbuto. Mentre il danno valvolare primitivo è causato direttamente dall’endocardite reumatica, la
successiva progressione delle lesioni è dovuta al trauma cronico generato dalle turbolenze del flusso sulle
strutture valvolari. L’atrio sx appare dilatato, talvolta con depositi di calcio parietali. Nelle fasi avanzate della
malattia, l’ipertensione polmonare determina ipertrofia della media e fibrosi dell’intima nelle arteriole
polmonari.

Fisiopatologia
In presenza di s.m. il passaggio di sangue dall’atrio al ventricolo sx può essere mantenuto entro certi limiti
fisiologici solo aumentando la pressione atriale. Questo aumento di pressione genera congestione venosa
polmonare, che può evolvere in ipertensione arteriosa polmonare. Il gradiente di pressione che si genera a
livello della mitrale, dipende tuttavia non solo dal grado di stenosi, ma anche dalla portata e dalla frequenza
cardiaca. Pertanto, tutte le situazioni che comportano un aumento della portata cardiaca e/o della
frequenza cardiaca causano un aggravamento del quadro emodinamico della stenosi mitralica. Così un
soggetto asintomatico a riposo può diventare sintomatico durante sforzo fisico o alla comparsa della
fibrillazione atriale. L’evoluzione successiva del quadro fisiopatologico e clinico è legata all’ipertensione
arteriosa polmonare secondaria all’ipertensione venosa. Inizialmente, l’ipertensione arteriosa è solo di tipo
funzionale, ovvero le arteriole rispondono con la vasocostrizione all’aumento di pressione del circolo
polmonare; successivamente, subentrano delle alterazioni anatomiche delle arteriole, che conducono ad
un’ipertensione polmonare irreversibile. L’ipertensione arteriosa polmonare cerca di ridurre la congestione
venosa polmonare e i sintomi correlati. Tuttavia essa genera un sovraccarico pressorio del ventricolo dx, il
quale si ipertrofizza, si dilata e può andare incontro a disfunzione contrattile. Ne consegue la dilatazione
dell’anello tricuspidale, con insufficienza della valvola. Quindi, progressivamente, si assiste alla scomparsa
dei fenomeni legati alla congestione venosa polmonare, mentre compaiono quelli legati allo scompenso dx,
con congestione venosa sistemica, e della bassa gittata cardiaca.

Manifestazioni cliniche
Il primo sintomo è quasi sempre la dispnea da sforzo; con la progressione della stenosi, la dispnea tende ad
insorgere per sforzi meno intensi , fino alla dispnea parossistica notturna e all’ortopnea. Episodi di edema
polmonare acuto possono verificarsi in occasione di improvvisi aumenti del flusso trans mitralico o di
fibrillazione atriale. Altri sintomi correlati all’ipertensione venosa polmonare sono la tosse e l’emottisi. In
fasi molto avanzate della malattia, possono comparire sintomi legati all’atriomegalia sx, quali la disfonia (da
compressione del nervo laringeo ricorrente sx) e la disfagia (da compressione dell’esofago). Tardivamente,
compaiono i segni dello scompenso dx e della bassa gittata cardiaca. La bassa gittata determina astenia,
facile affaticabilità e vasocostrizione periferica, particolarmente spiccata nei distretti circolatori non
essenziali come la cute. La maggior estrazione di O2 dal sangue capillare cutaneo ne consegue determina la
comparsa di cianosi periferica, facilitata dalla stasi venosa. Questi fenomeni danno origine alla cosiddetta
facies mitralica, caratterizzata da pallore del viso associato a cianosi dei pomelli e delle labbra . col
progredire dello scompenso dx appaiono epatomegalia, edemi declivi degli arti inferiori e, in fase avanzata,
ascite. Tra le complicanze della stenosi mitralica, la più frequente è la fibrillazione atriale, dovuta
all’ingrandimento dell’atrio sx. La complicanza più temibile è rappresentata dalle embolie sistemiche
(cerebrali, renali, spleniche, periferiche) conseguenti alla formazione di trombi nell’atrio sx dilatato o
nell’auricola.

Esame obiettivo
Alla’auscultazione cardiaca, il primo tono appare di intensità accentuata e di breve durata, mentre il
secondo tono è normale o, in caso di ipertensione arteriosa polmonare, accentuato. In protodiastole è
udibile il classico schiocco d’apertura della mitrale, di breve durata e ad alta frequenza, che segue la
componente aortica del secondo tono. Subito dopo lo schiocco, inizia un soffio (o rullio) diastolico a bassa
frequenza. Nella fase presistolica si ha un’accentuazione del soffio (rinforzo presistolico) legata all’aumento
del flusso trans mitralico conseguente alla sistole atriale. Tali reperti sono più facilmente auscultabili a livello
della punta e in decubito laterale sx. Nella stenosi mitralica grave, i lembi valvolari possono diventare tanto
rigidi da non dare più origine ai rumori di cui sopra (stenosi mitralica silente). Quando si sviluppa
ipertensione arteriosa polmonare, si possono apprezzare altri reperti, legati alla dilatazione dell’arteria
polmonare, quali un click proto sistolico sul focolaio polmonare e un soffio diastolico in decrescendo ad alta
frequenza sullo stesso focolaio o sulla linea margino-sternale sx, espressione di un’insufficienza polmonare
secondaria (soffio di Graham-Steel).

Diagnosi
ECG. Le alterazioni tipiche sono quelle relative all’atriomegalia sx: onda P bifida e prolungata in D2 e un
aumento della componente terminale della stessa onda in V1. In presenza di ipertensione polmonare,
l’ipertrofia del ventricolo dx provoca una deviazione a dx dell’asse cardiaco e la comparsa di un’onda R ad
elevato voltaggio in V1. In caso di fibrillazione atriale sarà presente il tracciato tipico.
Radiografia del torace. In proiezione post-ant, sull’ombra cardiaca si possono notare la presenza di un
doppio contorno dell’arco inferiore sx (dovuta alla dilatazione dell’atrio sx) e la prominenza dell’arco medio
sx (dovuta alla dilatazione dell’auricola sx). l’atrio sx dilatato, inoltre, può sollevare e orizzontalizzare il
bronco sx. Nei campi polmonari, la congestione venosa cronica può determinare la comparsa delle strie di
Kerley (dovute ad edema e/o fibrosi dei setti interlobulari), soprattutto a livello del seno costo-frenico
laterale. In proiezione lat-lat con esofago bariato è visibile l’impronta dell’atrio sx dilatato.
Ecocardiogramma color Doppler.

Terapia
Medica. Profilassi antibiotica per chi ha valvulopatia secondaria ad endocardite infettiva. Beta-bloccanti e
digitalici per evitare le fibrillazioni e ridurre la frequenza cardiaca durante lo sforzo. Diuretici nei pz con
dispnea. Terapia anticoagulante. Nei pz con aritmie si consiglia la cardioversione elettrica.
Chirurgica. Sostituzione della valvola.

INSUFFICIENZA MITRALICA

Quella di origine reumatica ha la stessa incidenza nei due sessi; inoltre è spesso associata a stenosi mitralica
e valvulopatia aortica. Può essere acuta (es. rottura di un muscolo papillare in corso di infarto miocardico) e
cronica (es. endocardite reumatica).

Fisiopatologia
Durante la sistole, in corso di i.m., parte del sangue contenuto nel ventricolo sx può rigurgitare nell’atrio sx,
mentre si riduce la quantità di sangue espulso in aorta, e quindi la portata. In ventricolo sx è sottoposto ad
un sovraccarico di V e quindi si dilata. L’atrio sx subisce modifiche dipedenti dall’entità di rigurgito e dalla
modalità d’insorgenza dell’insufficienza:
 In caso di insufficienza cronica, l’atrio sx si dilata con riduzione della gittata.
 In caso di insufficienza acuta, l’atrio sx non ha tempo di dilatarsi quindi il rigurgito provoca un
aumento rapido della pressione nell’atrio sx e nel circolo polmonare.

Manifestazioni cliniche
 Riduzione della gittata cardiaca: affaticamento, ridotta capacità di sforzo
 Aumento della pressione venosa polmonare (nelle forme acute): edema polmonare, dispnea,
ortopnea, aumento della pressione arteriosa polmonare (più tardivamente)
 Fibrillazione atriale: come complicanza della dilatazione atriale
Esame obiettivo
Auscultazione. Primo tono attutito e coperto spesso da un soffio olosistolico da rigurgito. Secondo tono
normale o aumentato in caso di ipertensione arteriosa polmonare. Terzo tono alla fine della sistole atriale
per la brusca messa in tensione dell’apparato mitralico. Soffio diastolico in caso di i.m.massiva, legato
all’aumentato flusso di sangue che attraversa la mitrale (dato da ritorno venoso polmonare + frazione di
rigurgito). Quarto tono in caso di i.m. acuta massiva; è presistolico ed è dovuto alla diminuzione della
compliance ventricolare.

Diagnosi
ECG. Stesse della stenosi. Se si verifica ipertrofia del ventricolo di sx si avrà un’onda R ad elevato voltaggio in
V5 e V6. Se si ha fibrillazione si evidenzia il quadro tipico.
Rx del torace. Cardiomegalia sx.
Eco-color Doppler. Evidenzia la valvola insufficiente, i flussi, la cardiomegalia, vegetazioni e/o trombi
valvolari.

Terapia
Medica. Come stenosi. Nell’i.m.acuta si usano nitrati e diuretici.
Chirurgica. Come stenosi

PROLASSO DELLA VALVOLA MITRALE

Eziologia e anatomia patologica


È l’anomalia valvolare più comune e mostra una certa familiarità. È una patologia che determina una
chiusura sistolica anomala, con protrusione nell’atrio sx di uno o entrambi i lembi della valvola: ciò provoca
un’insufficienza valvolare di vario grado. Il p.m. può essere primario (idiopatico) o secondario a diverse
condizioni patologiche ( miocardiopatie ischemiche, collagenopatie…).

Fisiopatologia
Come insufficienza mitralica

Manifestazioni cliniche
Il p.m. determina la sindrome di Barlow (ha vari gradi di gravità); i sintomi più comuni sono palpitazioni
(dovute a tachiaritmie) e precordi algie. Altri sintomi sono simili a quelli rilevati nell’i.m. di varia natura.

Esame obiettivo
I pz tendono ad aver habitus longilineo; speso presentano anomalie scheletriche oppure alterazioni
somatiche tipiche della sd di Marfan. All’auscultazione si sente un click meso-telesistolico, a volte seguito da
un soffio da rigurgito. I reperti sono rilevabili alla punta e al mesocardio.

Diagnosi
ECG. Anomalie nella ripolarizzazione rilevabili soprattutto in D2, D3, aVF, V5, V6. Può mostrare anche
aritmie ventricolari e sopraventricolari. L’ECG dinamico secondo Holtere e l’ECG da sforzo posso essere utili
nei pz con lipotimie e sincopi.
Rx del torace. Come i.m.
Eco-color doppler. È l’esame più importante che consente di valutare il movimento sistolico “ad amaca” dei
lembi valvolari prolassanti.

Terapia
Come i.m.

STENOSI AORTICA

Eziologia e anatomia patologica


È un ostacolo allo svuotamento del ventricolo di sx che si verifica attraverso il tratto di efflusso (stenosi
sottovalvolare), la valvola (stenosi valvolare) o la prima parte dell’aorta ascendente (stenosi sopravalvolare).
Le ostruzioni valvolari sono conseguenza di processi infiammatori o degenerativi che si sovrappongono, in
alcuni casi, a malformazioni congenite. Di conseguenza sono più frequenti in età adulta o avanzata. Le
ostruzioni sopra- e sottovalvolari sono sempre congenite e di conseguenza più frequenti in età infantile o
giovanile. L’anomalia genetica più frequente è la valvola bicuspide.

Fisiopatologia
La s.a. costituisce un ostacolo all’eiezione di sangue durante la sistole; per superare le resistenze della
stenosi e mantenere una portata normale, la pressione nel ventricolo sx deve superare quella in aorta,
generando un gradiente pressorio. Quando l’ostio valvolare si riduce meno di un quarto dell’area normale,
tale gradiente è > o = a 50 mm/Hg. Il sovraccarico pressorio determina ipertrofia concentrica del ventricolo
di sx. Questo meccanismo ha due conseguenze:
 Riduzione della compliance ventricolare, che fa salire la pressione diastolica intraventricolare. Per
ottenere un riempimento ventricolare completo l’atrio sx deve esercitare una contrazione più
energica e si ipertrofizza
 Aumento della massa ventricolare, che compromette le diramazioni distali delle coronarie,
compromettendo la perfusione del miocardio
Lo sforzo fisico è il meccanismo più comune capace di compromettere i meccanismi di compenso di cui
sopra.

Manifestazioni cliniche
A lungo asintomatica, grazie al compenso del ventricolo sx. quando la stenosi raggiunge un’entità critica si
avranno dispnea, angina, sincope. Questi sintomi compaiono soprattutto sotto sforzo.

Esame obiettivo
Polso arterioso. Tardo cioè caratterizzato da una lenta ascesa dell’onda pressoria (dovuta al rallentamento
della fase di eiezione) e poi diventa piccolo quando la pressione differenziale cade.
Palpazione. Se c’è una marcata ipertrofia ventricolare, l’itto è energico, prolungato e spostato in basso e a
sx.
Auscultazione. C’è lo sdoppiamento paradosso perchè aumenta la fase di eiezione sx e quindi la
componente aortica del secondo tono cade dopo quella polmonare. Compare un quarto tono quando
diminuisce la compliance ventricolare. Soffio a diamante: soffio sistolico aspro a bassa frequenza, udibile sul
focolaio aortico e al secondo spazio intercostale sx; comincia dopo il primo tono, raggiunge un massimo al
culmine dell’eiezione e termina prima del secondo tono; si irradia verso i vasi del collo e verso l’apice
cardiaco; nelle malformazioni congenite il soffio a diamante può essere preceduto da un click d’eiezione,
prodotto dall’apertura brusca delle valvola rigida.

Diagnosi
ECG. Segni di ipertrofia sx e di sovraccarico del ventricolo di sx.
Rx torace. Prominenza dell’arco inferiore di sx e dilatazione dell’aorta ascendente.
Eco-color Doppler. Evidenzia la valvola stenotica con eventuali anomalie congenite sopra e sottovalvolari,
l’ipertrofia concentrica del ventricolo di sx, flusso ematico.

Terapia
Medica. Prevenzione e controllo delle aritmie.
Chirurgica. Sostituzione valvola

INSUFFICIENZA AORTICA

Eziologia e anatomia patologica


L’i.a. è il reflusso di sangue dall’aorta al ventricolo sx durante la diastole, causato da un’alterata chiusura
dell’ostio valvolare. Può essere secondaria a lesioni che interessano direttamente le cuspidi valvolari (es.
endocardite reumatica, trauma) oppure che provocano dilatazione della radice aortica.

Fisiopatologia
Parte del sangue espulso in aorta ristagna nel ventricolo sx durante la diastole; in sistole, quindi, dovrà
espellere un V di sangue pari alla somma della normale gittata sistolica e della quota rigurgitante. Il
ventricolo sx si dilata e poi si ipertrofizza. Nella i.a. prevale il sovraccarico di V (nella s.a. prevale il
sovraccarico di pressione). In questo caso a lungo andare la dilatazione e l’ipertrofia si combinano e si forma
il cor bovinum (cuore enorme). L’aumento della massa miocardica espone a fenomeni di ischemia. Con gli
anni la funzione del ventricolo sx tende a ridursi: la riduzione della gittata cardiaca provoca vasocostrizione
periferica riflessa, che aumenta la quota di sangue rigurgitante e uinnesca un circolo vizioso che porta a
compenso cardiaco. Nell’i.a. acuta, il ventricolo sx non ha tempo di dilatarsi e si verifica rapidamente un
quadro di scompenso sx con edema polmonare e grave insufficienza di circolo.

Clinica
Nella fase asintomatica dell’i.a. l’unico disturbo possono essere le palpitazioni. Quando il ventricolo sx non
compensa più compaiono dispnea ingravescente (prima a riposo, poi da sforzo, ortopnea, dispnea
parossistica notturna) e a volte angina.

Esame obiettivo
Nell’i.a.grave, la pressione sistolica è molto aumentata, e quella diastolica molto diminuita; compaiono
segni periferici:
 Polso celere (o scoccante o di Corrigan); a volte il polso può presentare due picchi (pulsus bisferiens)
 Segno di De Musset: movimento ritmico della teta prodotto dalla vivace pulsatilità delle carotidi
 Polso retinico e polso irideo
La riduzione delle resistenze periferiche causa:
 Segno di Traube: doppio rumore secco udibile sull’arteria femorale in sistole
 Segno di Durouzier: soffio sistolico o sisto-diastolico udibile sull’arteria femorale
 Polso capillare (o segno di Quincke): pulsazione della linea di demarcazione tra zona pallida e zona
rosea che si osserva comprimendo il letto ungueale
 Segno di Hill: differenza tra pressione arteriosa sistolica negli arti inferiori e negli arti superiori >30
mm/Hg
Palpazione. L’itto si sposta in basso e a sx, è energico e prolungato
Auscultazione. Soffio diastolico ad alta frequenza dopo il primo tono. Soffio sistolico se aumenta la frazione
di eiezione del ventricolo sx. Soffio di Austin-Flint (solo in caso di i.a.grave) : meso-telediastolico, a bassa
frequenza, rullio, la mitrale non si chiude perché aumenta la pressione diastolica.

Diagnosi
ECG. Come stenosi aortica
Rx torace. In proiezione post-ant, si ha l’allungamento dell’arco inf sx con spostamento in basso e
lateralmente dell’apice; in proiezione lat-lat vedo la riduzione dello spazio tra ventricolo sx e colonna.
Frequente è anche la dilatazione dell’aorta ascendente: in questo caso vedo la sporgenza dell’arco sup dx. La
somma tra sporgenza dell’arco inf sx e sup dx definisce il quadro di “cuore a scarpa”
Eco-color Doppler. Come stenosi aortica.

Terapia
Chirurgica.

BRADIARITMIE
Disturbi del ritmo cardiaco caratterizzati da diminuzione della frequenza cardiaca.

BRADICARDIA SINUSALE
L’impulso nasce nel NSA con frequenza <60 bpm. Fisiologica negli atleti e negli anziani. Può verificarsi in
alcune condizioni patologiche (infarto, ipotiroidismo) o dipendere da un farmaco (beta-bloccanti,
antiaritmici…)

ARITMIA SINUSALE
Caratterizzata da una variabilità degli intervalli P-P (>120 ms). Le variazioni legate alla respirazione sono
fisiologiche. La forma di a.s. non respiaratoria è spia di malattia del NSA.

BLOCCHI SENO-ATRIALI
L’impulso nasce a livello del NSA ma è alterata la conduzione tra le cellule nodali o con il miocardio atriale.

MALATTIA DEL NSA


Alterata formazione e/o conduzione agli atri dell’impulso sinusale per una compromissione patologica della
funzione del NSA. Le anomalie ECG comprendono bradicardia sinusale, blocchi seno atriali e pause sinusali.
In caso di bradiaritmie sinusali marcate, l’attività cardiaca può essere garantita dai ritmi di scappamento.
Quando l’asistolia è prolungata si può avere la sd di Morgagni-Adams-Stokes (MAS): è dovuta ad una
ipoperfusione cerebrale che si prolunga per più di 20 s, con perdita di conoscenza. Se l’ischemia si prolunga
per più di 30 s, il pz va in arresto respiratorio e muore se non compare rapidamente un ritmo cardiaco e se
non viene rianimato. In caso di sd bradicardia-tachicardia, alla presenza dei sintomi legati allabradiaritmia, il
pz presenta sintomi dovuti alla comparsa di tachicardie sopraventricolari (palpitazioni).

BLOCCHI A-V
Anomala diffusione dell’impulso dagli atri ai ventricoli.

BLOCCO A-V DI I GRADO


Tutti gli impulsi raggiungono i ventricoli ma a velocità ridotta.

BLOCCO A-V DI II GRADO


Uno o più impulsi rimangono bloccati nel sistema di conduzione.
 Tipo 1 (Mobitz 1): è caratterizzato da intervalli P-P sempre uguali, intervallo P-R che diventa
progressivamente più lungo fino a che un’onda P non è seguita dal complesso QRS, allungamento
progressivo dell’intervallo R-R, complesso P-QRS che segue l’onda P bloccata riprende con un
intervallo P-R normale; questa “ritmicità” va sotto il nome di “fenomeno di Luciani-Wenckenbach”.
 Tipo 2 (Mobitz 2): l’impulso atriale a volte raggiunge i ventricoli, a volte no. All’ECG ci sono P
ritmiche seguite ritmicamente dal QRS, con intervallo P-R costante. In modo più o meno frequente
alcune onde P non sono seguite dal QRS.

BLOCCO A-V DI III GRADO O COMPLETO


Nessun impulso viene condotto ai ventricoli. All’ECG si ha la dissociazione tra P, ritmiche tra loro, e QRS,
ritmici tra loro ma completamente dissociati dalle P.
Eziologia
I BAV possono essere congeniti (rari) o acquisiti (cardiopatia ischemica, cardite reumatica…)
Clinica
Il BAV I è in genere asintomatico. Il BAV II è sintomatico se crea pausa molto lunghe o bassa FC. Il BAV III è
sempre sintomatico e legato alla ipoperfusione cerebrale. I sintomi più frequenti sono lipotimie e sincopi
con evoluzione a MAS.

BLOCCHI DI BRANCA
Conduzione alterata a livello di una delle due branche.

Blocco di branca dx
Il ventricolo dx si depolarizza in ritardo quindi le sue parti basali si depolarizzano dopo che tutto il ventricolo
sx ha completato la sua attivazione. All’ECG sarà presente un complesso rSR’ in V1 e V2, con R’ di ampiezza
e larghezza maggiori rispetto a r. Nel BBD incompleto la durata del QRS è di 0,08-0,11 s, mentre nel BBD
completo è >0,12s.

Blocco di branca sx
La durata dell’attivazione ventricolare è analoga a quella già descritta per il BBD. All’ECG sarà visibile un
complesso rS in V1,V2, V3, V4 con S molto profonda, e un complesso R, RR’, o RsR’ in D1, aVL, V5, V6. Il BBS
incompleto dura 0,10-0,12 s, quello completo >0,12 s.

Emiblocco anteriore sx
L’impulso arriva al ventricolo sx solo grazie al fascicolo post.
Emiblocco posteriore sx
L’impulso arriva al ventricolo solo grazie al fascicolo ant.

Terapia
Viene fatta solo quando l’aritmia è sintomatica o se c’è il rischio che progredisca versi forme più gravi.
Medica. Solo in condizioni di emergenza. Si usa l’atropina (farmaco vago litico).
Chirurgica. Pacemaker

FIBRILLAZIONE ATRIALE E MECCANISMO DI RIENTRO


La fibrillazione atriale è un’aritmia ipercinetica. È più frequente in presenza di patologie cardiache
strutturali, anche se è relativamente frequente anche in persone anziane senza evidenti anomalie cardiache
e può presentarsi in giovani o adulti in assenza di apparenti cause organiche (fibrillazione atriale solitaria).

Patogenesi
Gli atri vengono eccitati in maniera caotica da tanti micro rientri e acquisiscono una frequenza di 400-650
impulsi/min. Gli impulsi che raggiungono il NAV sono molti, ma la maggior parte viene bloccata dal NAV
stesso; l’attivazione ventricolare avviene in modo del tutto irregolare e con una frequenza elevata (140-150
bpm).

Manifestazioni cliniche e diagnosi


Le cause più frequenti sono di varia natura: cardiopatia associata a dilatazione atriale (scompenso cardiaco,
valvulopatie, cardiomiopatie…), processi infiammatori che interessano gli atri (pericardite), cuore
polmonare acuto ed embolia polmonare, cuore polmonare cronico e BPCO. I sintomi principali sono
palpitazioni, dispnea, angina (in presenza di malattia coronarica rilevante). All’esame obiettivo sia il polso
che i toni cardiaci sono irregolari. All’ECG si nota l’assenza delle onde P, che vengono sostituite da
deflessioni assolutamente irregolari e ad alta frequenza (ONDE F); in modo analogo, i complessi QRS si
succedono ad intervalli del tutto irregolari. La fibrillazione atriale può essere:
 Parossistica: si risolve spontaneamente entro 7 giorni dall’esordio
 Persistente: si risolve spontaneamente dopo 7 giorni dall’esordio
 Permanente: non si risolve

Terapia
La terapia ha due obiettivi:
 Ridurre la frequenza cardiaca: dare beta bloccanti, calcio antagonisti o, in caso di scompenso
significativo, digossina
 Sbloccare l’aritmia ripristinando il ritmo sinusale: fare cardioversione farmacologica o elettrica. La
prima viene ottenuta dando per es. l’amiodarone; la seconda non si fa se l’aritmia dura da più di 48
h, a causa di un aumentato rischio di eventi tromboembolici conseguenti al ripristino del ritmo
sinusale (si consiglia quindi di somministrare prima degli anticoagulanti).
MECCANISMO DEL RIENTRO
Perché un rientro possa aver luogo, sono necessarie tre condizioni:
 Deve esistere un circuito, anatomico o funzionale, piccolo o grande, caratterizzato da due vie di
conduzione in grado di attivare una zona di miocardio a valle
 L’impulso, per qualche motivo, deve essere bloccato in una delle due vie: perché ciò sia possibile, è
necessario che esista una differenza di periodo refrattario tra le due vie
 La conduzione nella via non bloccata deve essere sufficientemente lenta da arrivare alla parte
distale della via bloccata solo dopo che questa ha recuperato la condizione di eccitabilità.

Quando il circuito attraverso cui si verifica il rientro è piccolo, si parla di micro rientro; quando invece
esso è grande (per es. nella sindrome di Wolff-Parkinson-White) si parla di macrorientro.

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