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Vista panoramica di Crotone

Crotone, [kro'tone] in IPA (Alfabeto Fonetico Internazionale), Croto in latino, Κρότωνin greco
antico, Κρότωνας in greco moderno, Cutroni in dialetto crotonese, fa parte – come territorio
comunale – dell'Autorità del bacino interregionale del fiume Esaro. Per quanto riguarda il versante
meridionale, invece, è immerso interamente nell'area marina protetta di Capo Rizzuto che insieme
al promontorio di Capo Colonna chiude la città in una grande conca dividendola dal golfo di
Squillace.
La fondazione di Crotone risale al 718 a.C., come citato da Eusebio nel suo "Cronicon" sebbene
altre fonti la rimandino al 710 a.C., o al tempo del re Polidoro, nel 743 a.C.
La città venne fondata dagli Achei.
La leggenda narra che il nome Crotone derivi da "Kroton", figlio di Eaco, che morì ucciso per
errore dal suo amico Eracle. Questi, per rimediare all'errore compiuto e per onorare l'amico che lo
aveva ospitato, lo fece seppellire con solenne cerimonia sulle sponde del torrente Esaro e poi vicino
alla tomba fece sorgere la città a cui diede il suo nome. Secondo una leggenda, l'oracolo di Apollo a
Delfi ordinò a Myskellos di Rhype di fondare una nuova città nel territorio compreso fra Capo
Lacinio e Punta Alice. Dopo aver attraversato il mare ed esplorato quelle terre, Myskellos pensò che
sarebbe stato meglio fermarsi a Sybaris, già florida e accogliente anziché affrontare i pericoli e le
difficoltà nella fondazione di una nuova città. Il dio adirato gli ordinò di rispettare il responso
dell'oracolo. Secondo Ovidio sarebbe stato invece Eracle ad ordinare a Myskellos di recarsi sulle
rive del fiume Esaro. Un'altra tradizione fa risalire il nome della città all'eroe Crotone, fratello di
Alcinoo Re dei Feaci. Dopo una coesistenza iniziale relativamente pacifica, tra le città
magnogreche, verso la metà del VI secolo a.C. iniziarono le discordie, che riproducevano a distanza
lo scontro tra Atene e Sparta. Nel 560 a.C. Kroton e Locri iniziarono una guerra decennale, che si
concluse con la battaglia della Sagra, vinta dai Locresi, sostenuti da Sparta.

Vista della città bagnata dallo Ionio


La città era famosa per il suo clima salubre, per la bellezza delle sue donne, per le fertili campagne
e per la forza fisica dei suoi uomini, tra cui ricordiamo il pluri olimpionico Milone, tanto che superò
ogni altra città greca nel numero di vincitori nei Giochi olimpici: un proverbio diceva "ultimo dei
Crotoniati primo dei Greci". Una leggenda narra che Milone partì dalla polis ionica portando un
vitello e giunse ad Olimpia con un toro sulle spalle, destando meraviglia e clamore e vincendo
quindi numerose gare. La costa presentava un profilo molto diverso da quello attuale, al largo del
tratto di mare tra l'antica Enotria (l'odierna Cirò, patria del nettare degli Dei, il vino che veniva dato
in premio ai vincitori dei giochi olimpici ateniesi), e l'attuale Le Castella. A poche miglia dalla riva,
imponenti per la loro bellezza, spuntavano dalle acque dello Ionio delle isole, ora inghiottite dal
mare, visibili dalla costa. Esse orientavano anche i navigatori più inesperti. Melissea, di fronte la
costa tra Torre Melissa e Marina di Strongoli, i cui resti i pescatori subacquei conoscono bene, era
caratterizzata da una balconata marmorea sommersa, che probabilmente cingeva l'isola. Tyris un
boschetto galleggiante abitato da pescatori Brutii (popolo indigeno), era situata fra Torretta di
Crucoli e Punta Alice (Cirò Marina). Eranusa, situata davanti l'attuale Le Castella, dove si trovano
resti archeologici sommersi: un lastricato di pavimentazione di un'antica strada, un molo con
scalinate scalpellate nella roccia, cisterne, un antico faro. La più famosa è sicuramente l'isola di
Ogigia, indicata anche come Calipso, descritta da Omero come un vero e proprio paradiso terrestre.
L'isola infatti, abitata dalla ninfa Calipso così come narra Omero nell'Odissea, ospitò per otto anni
Ulisse durante il suo viaggio di ritorno da Troia. Nelle antiche carte geografiche del Regno di
Napoli vi è poi un'altra isola di dimensioni simili, indicata con il nome di Dioscoron, ovvero l'isola
dei Dioscuri.

Mappatura aerea del porto di Crotone


Kroton fu anche celebre per i suoi medici tra cui ricordiamo Democede (amico di Pitagora) ed
Alcmeone, il quale introdusse la sperimentazione trasformando la medicina, che fino ad allora era
contaminata da magia e superstizione, in una scienza. Pitagora, nato a Samo nel 572 a.C. si trasferì
a Kroton presso l'amico Democede. Creò una scuola di sapere di scienza, matematica, musica,
poiché Pitagora aveva portato con sè il sapere e numerosi manoscritti orientali, provenienti dal
Tibet, scritti ebraici del Re Salomone [Clavicole].
Dopo l'arrivo di Pitagora, Kroton mosse contro Sibari, fino ad allora sua alleata. Infatti era abitudine
dei crotoniati di recarsi alle terme a Sibaris, o per assistere a spettacoli, oppure per frequentare
prostitute. Nel 512 a.C., tre nobili crotoniati vennero sgozzati e i loro corpi furono dati in pasto ai
lupi che affollavano le paludi intorno Sibaris, perché uno di loro si era innamorato di una bellissima
vestale dagli occhi azzurri, che aveva tentato di rapire. Questo fatto, aggiunto alla rivalità centenaria
fra le due città dovuta a motivi commerciali, politici e di diversa appartenenza religiosa, convinsero
i crotoniati a scendere in guerra contro Sibaris. Nel 510 a.C. si svolse una battaglia nei pressi del
fiume Nika (Cariati), da dove i crotoniati inseguirono e annientarono le forze sibarite in una
battaglia finale al guado del fiume Trionto (nei pressi di Mirto Crosia). Secondo la leggendaria
tradizione, si erano fronteggiati ben 100.000 crotoniati, guidati dall'atleta olimpico Milone, contro i
sibariti che li superavano per tre volte. La vittoria arrise a Kroton nonostante l'inferiorità numerica
poiché i sibariti usarono, per la battaglia, cavalli ammaestrati a eseguire passi di danza negli
spettacoli al suono dei flauti. I crotoniati, nella battaglia di Nika, iniziarono a suonare i flauti,
eseguendo la stessa melodia con la quale i cavalli erano stati ammaestrati per danzare, con il
risultato che le avanguardie delle truppe sibarite furono disarcionate immediatamente. E dopo
settanta giorni di saccheggi venne deviato, sembra su idea di Pitagora, il corso del fiume Crati i cui
flutti fecero sparire Sibari per sempre.
Pitagora con i suoi discepoli conquistò il potere politico della città: in pochi anni si consolidarono
governi pitagorici in molte poleis della Magna Grecia costituendo una sorta di confederazione fra
città-stato con capitale Kroton, come risulta da numerose monete coniate fra il 480 e il 450 a.C.
Giunta al massimo della sua egemonia politica e culturale, Kroton fu travolta da una serie di
conflitti sociali che sfociarono nella sanguinosa rivolta guidata da Cilone durante la quale molti
pitagorici furono trucidati e lo stesso Pitagora dovette fuggire da Kroton e riparò a Metaponto.
Parallelamente caddero anche gli altri governi consimili e vi furono stragi e persecuzioni di
pitagorici in tutte le poleis italiote.
Caduto il governo pitagorico, Kroton visse un periodo di decadenza. Costituì, con Metaponto e
Caulonia, la Lega Italiota per difendersi dagli attacchi delle popolazioni lucane. Nel 383 a.C. la
federazione fu sconfitta da Dionigi I di Siracusa in una sanguinosa battaglia.
I Romani conquistarono Kroton nel 277 a.C., guidati dal console Cornelio Rufino. Durante la
seconda guerra punica Annibale vi tenne i suoi accampamenti invernali per tre anni e di qui si
imbarcò per l'Africa nel 203 a.C.. Nel 194 a.C. vi fu dedotta una colonia romana. Seppur decaduta
durante l'impero romano, la città risorse nuovamente in epoca Bizantina, quando fu sede di un
presidio.
Nel 1284 fu concessa dagli Angioini ai Ruffo di Catanzaro. Alla morte nel 1434 di don Niccolò,
figlio di Antonello e ultimo marchese di Crotone, gli successe la figlia Giovannella, assassinata
nella sua dimora un anno dopo. Indi le successe la sorella Enrichetta, che sposò in seconde nozze il
nobile spagnolo don Antonio Centelles, conte di Collesano e principe di Santa Severina, senza
eredi.
Nel XVI secolo, il re di Spagna Carlo V concesse alla città ampi privilegi e ne fece potenziare il
porto. Nel 1541, il viceré don Pedro Toledo fece restaurare e fortificare il castello preesistente, oggi
noto come "Castello di Carlo V".
Nel XVI secolo la città venne chiamata "Cotrone".
Nel 1928 la città cambiò nome da Cotrone a Crotone.
Il suo porto, che strategicamente colma le distanze fra i vicini porti di Taranto e di Messina,
favorisce ogni attività di scambio e si propone come traino per l'economia agricola e le attività
industriali. L'insediamento industriale ha visto la città protagonista nel periodo a cavallo fra le due
guerre mondiali, anche grazie alla vicinanza con la centrale idroelettrica di Calusia, presso Cotronei.
La popolazione crotonese raddoppia durante gli anni trenta, fino a sfiorare i 60.000 abitanti odierni.
Alla fine degli anni '80 le industrie principali, Pertusola Sud e Montedison, soffrono una profonda
crisi, della quale risente l'intera città.
Al termine degli anni '90 Crotone vede esaurirsi la sua storia industriale, la città cade in una
profonda crisi finanziaria che la obbliga a ridisegnare la propria dimensione socio-economica. La
città oggi è la quinta della Calabria per numero di abitanti, e riveste il ruolo di centro urbano più
significativo dell'area ionica della regione.
Il territorio crotonese, lontano ormai da quell'esperienza operaia del secolo scorso, si sta
riconvertendo nei settori agroalimentare e turistico.

Cattedrale - Facciata principale


Città del buon cibo, città di mare, città di storia, città della cultura, Crotone offre ai suoi visitatori un
vasto patrimonio culturale che ha sempre più ricca in tutta più di due millenni, passando dalla
archeologia della Magna Grecia alle fortificazioni della dinastia aragonese, a un centro storico
medievale, dove si misero preziose case nobili e antichi luoghi di culto:
La Cattedrale: la costruzione originaria della Cattedrale dovrebbe risalire al IX secolo. Inizialmente
fu intitolata a San Dionigi, successivamente, intorno al 1462-1463 alla Maria Santissima Assunta in
cielo. Nel corso dei secoli, la chiesa fu soggetta a vari interventi di restauro, sebbene nel XVI secolo
il vescovo A. Lucifero operò una sua ricostruzione integrale, utilizzando materiali asportati
dall'antico tempio di Hera Lacinia. L'interno della chiesa è a tre navate, divise da pilastri. Nella
Cattedrale degna di nota è la Cappella della Madonna di Capo Colonna, che racchiude l'icona della
Madonna di Capo Colonna, detta anche "Madonna Nera" per il colorito scuro con il quale è dipinta
la sua carnagione. La tavola, a cui si attribuiscono molti miracoli, viene festeggiata a Crotone a
maggio, mese mariano per eccellenza e risale al sec. X-XI. La cappella invece, consacrata nel 1911,
fu progettata dal Farinelli ed affrescata dal Severini. È riccamente decorata da stucchi ed affreschi,
realizzati nel 1904 da Filippo de Falco e dal Boschetto, narrano del ritrovamento della Sacra
Immagine e degli eventi miracolosi dovuti all'intercessione della Madonna Nera. Degno di nota è
anche il Fonte Battesimale collocato nella Cappella Epifania, risalente al secolo XIII.

La Chiesa del Santissimo Salvatore: già esistente nel 1500 è una delle chiese storiche di Crotone.
Nel 1783 fu lesionata dal terremoto, ricostruita ex-novo e portata all'attuale grandezza. Prima di
questa data, il coronamento della facciata presentava il caratteristico andamento ondulato presente
in altre chiese del periodo viceregnale.

Chiesa dell'Immacolata - Navata


La Chiesa dell'Immacolata: la sua costruzione risale al 1554, quando era costituita da un modesto
tempietto con cripta sottostante. Nel 1682 sul vecchio oratorio venne costruita la chiesa dedicata
all'Immacolata su iniziativa della Congregazione dei Plebei, formata da artigiani e borghesi, cosi
chiamata per distinguersi dalla Congregazione dei Nobili che aveva sede nella chiesa di San
Giuseppe. Una nuova ed elegante chiesa venne innalzata nel 1758, ampliata successivamente da
Girolamo Cariati e consacrata da Monsignor Capocchiani. La consacrazione avvenne nel 1777. La
facciata della chiesa, di impostazione neoclassica, risale al 1830 circa, ed è, quindi, posteriore alla
sua costruzione. Degna di nota è la cripta a cui si accede tramite una porta lignea del Seicento. È
costituita da due archi che immettono nell'attuale cappella, con cornicioni in pietra tufacea locale e
pavimento in terracotta dipinto di rosso, tutti originali del '500. L'ambiente è costituito da una porta
e lastroni in vetro e ferro che racchiudono, adagiati su tre gradini, i 490 teschi dei frati della
Confraternita. Sul corpo superiore, al lato destro, è invece conservata una scultura lignea
rappresentante il Cristo Crocifisso, realizzato tra il 1630-1640. Si tratta di uno dei pochissimi
crocifissi al mondo in cui il Cristo è rappresentato con gli occhi aperti, un attimo prima di spirare. In
origine era conservato nella cappella del convento-ospedale in cui operavano i Frati
Fatebenefratelli. Con la soppressione del convento fu trasferito nella chiesa di San Giuseppe, nella
cappella gentilizia della famiglia Zurlo, in cui fu conservato in cattive condizioni venendo
sottoposto all'azione dell'acqua piovana. Infatti, il 3 maggio del 1956, nel corso di una processione,
la testa si staccò causando la frantumazione del cristallo nell'occhio sinistro, ancora visibile. Il
crocifisso fu allora trasferito nella chiesa dell'Immacolata ed opportunamente restaurato.
La Chiesa di Santa Maria in Prothospatariis: risalente al XV secolo, è per questo una delle più
antiche di Crotone. Nel 1525 infatti è testimoniata la sua esistenza come parrocchia entro le mura.
Di regia nomina, fu forse fondata dalla famiglia nobile "Prothospatariis", di origine greca, che
quindi ne aveva anche il patronato. Secondo altri studiosi invece, il nome alluderebbe ai Prenotari,
ovvero ad un insieme di persone notabili del luogo che avevano il patronato in questa chiesa. Fino
al 1777 aveva due altari: uno dedicato a San Luigi Gonzaga, l'altro a San Gaetano. La chiesa, ad una
navata, presenta un corpo allungato con abside semicircolare. La facciata principale ha un portale di
pietra tufacea sormontato da una trabeazione a linea continua decorata con motivi floreali e sorretta
da mensole laterali. Al di sopra vi è un rosone con vetri colorati.
Chiesa di Santa Chiara - Armadio
La Chiesa di Santa Chiara: parte del complesso monastico di Santa Chiara, le strutture originarie
vengono fatte risalire alla fine del 1300, mentre l'attuale costruzione risente degli apporti del 1700
ed inizio 1800. La chiesa, in stile barocco, è stata consacrata nel 1774, come è riportato su una
lapide marmorea posta all'entrata. La lapide, in latino, narra l'abbellimento, la ricostruzione, i tesori
offerti nella seconda metà del 1700 dalla badessa M. Angelica Galluccio. Il convento ospitava le
figlie delle famiglie nobili crotonesi: ne fanno fede i molti stemmi nobiliari (Galluccio, Ventura,
Sculco, Lucifero) apposti su ogni dono offerto al monastero. La chiesa di Santa Chiara si configura
come il gioiello del centro storico della città, soprattutto per il ricco patrimonio che custodisce al
suo interno, tra cui un armadio che racchiude un organo a canne, costruito nel 1753 da Tommasio
De Martino, organario della regia cappella di Napoli e le gelosie in legno del coro, a cui era affidato
il compito di custodire la clausura delle clarisse.

L'Ex - Municipio: attuale Casa della Cultura, fu in origine sede del Convento di San Giovanni di
Dio, retto dall'Ordine religioso dei "Fratelli Ospedalieri" e insediato nel 1667. Annesso
all'Ospedale, chiamato anche dal popolo "Fatebenefratelli", era una chiesetta dedicata alla
Madonna della Pietà o Addolorata. L'ospedale giunse ad ospitare circa 600 ammalati poveri, anche
forestieri. Nel 1777 il numero dei frati del convento scese a 3 e, di conseguenza, anche per
mancanza di fondi, il convento fu soppresso alla fine del secolo. L'ospedale rimase attivo divenendo
pubblico con il nome di San Giovanni di Dio. Nel 1883 ca. l'edificio fu riadattato per ospitarvi il
Palazzo Municipale, mentre la chiesa fu trasformata in magazzini e l'ospedale fu spostato. In
seguito fu anche sede di scuole elementari e di alcuni uffici dell'ASL. Nella seconda metà dell'800
l'edificio fu molto rimaneggiato. Il vecchio campanile fu trasformato in torre dell'orologio ed alla
facciata fu data una impronta ottocentesca. Incorrispondenza del balcone centrale nel 1906 sono
state poste due lapidi: una a ricordo dei magistrati della Repubblica Napoletana morti a seguito
della Restaurazione Sanfedista; l'altra a commemorare la spedizione dei Fratelli Bandiera, sbarcati a
Crotone nel 1844.
Chiesa di San Giuseppe - Facciata
La Chiesa di San Giuseppe: il corpo centrale risale probabilmente al XVI, mentre le cappelle
gentilizie furono aggiunte nel 1719, per volontà del sacerdote Onofrio Sandria come riporta
un'iscrizione lapidea sul portale. Fu restaurata nel 1744 dopo un violento terremoto e consacrata nel
1756. Si ritiene che la sua costruzione sia stata voluta da alcune famiglie nobili crotonesi riuniti
nella Confraternita dei Sette dolori della Vergine Maria o dell'Addolorata, che la offrirono poi in
dono alla città. L'interno è costituito da una navata centrale con ai lati 4 cappelle edificate dalle
seguenti famiglie gentilizie: Galluccio, Lucifero, Sculco, Zurlo (appartenuta quest'ultima alla
famiglia Ayerbis d'Aragona). L'altare maggiore è stato, invece, donato dalla famiglia Berlingieri. La
facciata è ornata da un bel portale in stile tardo barocco in arenaria.

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