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Mappa dell'Attica.
A questo punto, Archidamo II, consapevole della mancanza di un'ef cace
tattica poliorcetica, cercò prima di attirare le forze ateniesi fuori dalle mura,
ma senza esito[25], poi richiese invano l'appoggio della otta persiana
dell'imperatore achemenide Artaserse I di Persia e poi di quella siracusana,
così egli non poté fare altro che saccheggiare campi e villaggi abbandonati,
mentre Pericle guidava la otta alla devastazione delle coste
peloponnesiache.
Infatti, la otta ateniese di 100 navi, scortata da altre 50 triremi provenienti da
Corcira, iniziò a navigare lungo le coste del Peloponneso, devastando ogni
città non suf cientemente presidiata: Metone, in Laconia, fu conquistata, lo
stesso destino subirono diversi centri dell'Elide, gli abitanti di Egina furono
costretti ad abbandonare l'isola, che verrà in seguito colonizzata dagli
ateniesi; in autunno toccò alla regione di Megara essere invasa[26]. Nella
primavera successiva furono inviati 4 000 uomini alla conquista di Epidauro,
ma senza successo[27]; mentre per mare gli ateniesi furono vittoriosi a
Naupatto, mantenendo il controllo del golfo di Corinto[28].
La peste di Atene[modi ca | modi ca wikitesto]
Dopo i fatti di Corcira, si aprì un nuovo teatro di guerra in Magna Grecia, dove
le città ioniche con a capo Reggio si scontrarono con quelle doriche con a
capo Siracusa; Atene, dietro il pretesto dei legami di sangue con Reggio, ma
con lo scopo di bloccare le esportazioni di grano verso il Peloponneso,
dispose l'invio di una nuova otta al comando del navarco Lachete e di un
ulteriore contingente, sebbene un nuovo focolaio di peste avesse provocato
la morte di altri 4 400 opliti e 300 cavalieri: la spedizione portò alla conquista
delle Isole Eolie e alla vittoria navale di Milazzo[43].
Nel frattempo, seguendo l'ormai consueta strategia, gli spartani, guidati da re
Agide II, glio di Archidamo II, invasero nuovamente l'Attica, ma furono
bloccati da alcuni terremoti che obbligarono il contingente peloponnesiaco
alla ritirata; gli ateniesi, sotto la guida di Nicia, devastarono l'isola di Melo che
non intendeva schierarsi con Atene e proseguirono no alla Locride[44].
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Mappa dell'Acarnania e dell'Etolia; si noti in basso a destra la città di Naupatto,
principale base ateniese nell'area.
In seguito, alla luce anche della necessità di bloccare i traf ci tra l'Italia
meridionale e la Sicilia, gli ateniesi concentrarono i loro sforzi nella conquista
della piazzaforte di Ambracia e dell'isola di Leucade: il comandante ateniese,
Demostene di A dna prima intraprese una campagna contro gli Etoli, alleati di
Sparta, ma subì forti perdite e fu costretto a ripiegare verso Naupatto;
cogliendo l'occasione, gli spartani inviarono oltre 13 000 soldati per affrontare
le indebolite forze ateniesi di stanza e per conquistarla, mentre i loro alleati di
Ambracia posero sotto assedio la città di Olpe[45].
Gli ateniesi decisero di correre in aiuto di Olpe e, dopo cinque giorni di stasi,
scoppiò la battaglia: in inferiorità numerica, Demostene decise di ricorrere alla
tattica dell'imboscata con truppe leggere; dopo un duro combattimento, le
forze peloponnesiache si ritirarono e l'esercito di Ambracia, rimasto solo, fu
costretto a ritirarsi in montagna, ma non riuscì a evitare un'ulteriore pesante
disfatta[46].
Proseguiva, intanto, il con itto in Sicilia, dove gli alleati di Atene, consci della
superiorità delle forze terrestri siracusane, avevano richiesto l'invio di ulteriori
rinforzi; gli ateniesi, decisero di inviare altre quaranta navi e sostituirono il
comandante Lachete con Pitodoro; si concluse così il sesto anno di guerra[47].
Battaglia di Pilo e Sfacteria[modi ca | modi ca wikitesto]
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Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Pilo e Battaglia di Sfacteria (425
a.C.).
Le operazioni militari ripresero nell'estate dell'anno 425 a.C.: i siracusani
occuparono, su invito degli stessi abitanti, la città di Messina; re Agide II
invase nuovamente l'Attica; Atene inviò un'ulteriore otta di quaranta vascelli
per sostenere il governo democratico di Corcira, il quale era impegnato nel
fronteggiare una dura opposizione interna, sostenuta da Corinto e dalla lega
del Peloponneso[48].
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Fasi della battaglia di Sfacteria.
La otta ateniese, sotto la guida di Demostene di A dna costeggiò il
Peloponneso, ma una tempesta lo costrinse a fare scalo nella baia di Pilo
Osservando la ricchezza di legname e le difese naturali del posto, ordinò ai
suoi uomini di costruire ulteriori forti cazioni, af nché Pilo diventasse non
solo una base navale, ma anche un punto da cui intraprendere scorrerie
verso la Messenia[49]. Concluso il lavoro, gli Ateniesi lasciarono a presidio
della base Demostene con cinque triremi, mentre il resto della otta
veleggiava verso Corcira e la Sicilia; gli spartani, impegnati in una
celebrazione religiosa, si dimostrarono incuranti e ritennero che avrebbero
comunque potuto riconquistare Pilo con un attacco in forze. Infatti, non
appena giunse notizia dell'accaduto ad Agide II, questi sospese l'invasione
dell'Attica e, rientrato in fretta e furia a Sparta, decise di porre d'assedio la
base ateniese per terra e mare; Demostene, accortosi in tempo delle
manovre del nemico, riuscì a stento ad inviare due navi per avvisare la otta
ateniese[50]. Consapevoli dell'arrivo di rinforzi ateniesi, gli spartani fecero
sbarcare lo spartiata Epitada insieme a un manipolo di opliti sulla piccola
isola di Sfacteria, che, desolata, priva di solidi punti d'attracco e tta di
boschi, avrebbe potuto bloccare dal mare la baia di Pilo, completando quindi
l'accerchiamento dei soldati ateniesi[51].
Demostene, tuttavia, non rimase con le mani in mano: rafforzò le difese, tirò
in secca la otta e con il contingente rimasto, circa 60 opliti più una pattuglia
di arcieri, attese sulla spiaggia l'attacco spartano; gli spartani decisero di
colpire proprio nel punto individuato da Demostene e si accesero una serie di
violenti scontri che durarono, a fasi alterne, due giorni; al terzo giorno di
battaglia, nalmente, giunsero circa 50 navi ateniesi, le quali attaccarono la
otta assediante spartana, nché questa fu costretta a ritirarsi. A questo
punto restava solo il contingente spartano su Sfacteria, solo ed isolato[52].
Fallita ogni possibilità di una tregua[53], gli ateniesi ripresero l'assedio a
Sfacteria la quale continuava a resistere; ad Atene, però, gli scarsi progressi
nella battaglia provocarono aspre discussioni in seno all'assemblea, nché
l'idea di un attacco diretto, da parte di pochi uomini, caldeggiata da Cleone
prevalse sulle opinioni opposte di Nicia. Cleone occupò prima la spiaggia
dell'isola e costrinse gli spartiati a ritirarsi all'interno e poi, dopo un duro
assedio, li indusse ad arrendersi e a consegnarsi prigionieri, fatto mai
accaduto nella storia di Sparta[54].
La prolungata campagna di Pilo, tuttavia, logorò anche gli ateniesi i quali
furono costretti a trascurare il fronte siciliano, ove i siracusani e i loro alleati
riuscirono a ottenere diversi successi terrestri, fra cui la conquista di Nasso.
Atene decise allora di ritirare il proprio contingente e di rinunciare
all'intervento diretto nelle contese tra le poleis siciliote[55].
La campagna di Tracia[modi ca | modi ca wikitesto]
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Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Delio e Battaglia di An poli.
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con Argo e a consegnare la piazzaforte di Panatto, ma costoro preferirono
smantellarla da cima a fondo[66].
Avendo perso la possibilità di allearsi con i Beoti, gli argivi inviarono messi a
Sparta per stipulare una pace de nitiva, ma, a seguito di complicati negoziati,
si convenne alla rati ca di una tregua di cinquant'anni; nel frattempo, i
rapporti tra Sparta ed Atene volsero nuovamente al peggio, dal momento che
la restituzione di Panatto, ormai rasa al suolo, era ben poca cosa rispetto alla
consegna di Pilo, ancora intatta. Ad Atene riacquistò forza la fazione ostile a
Sparta che, presto, trovò un capo in Alcibiade: costui, infatti, brillante oratore,
offeso per non essere stato incluso nelle trattative, iniziò a perorare l'alleanza
con Argo e, segretamente, inviò un messaggero personale ad Argo; ben
presto, dati gli antichi legami di amicizia e l'esistenza di un regime
democratico simile a quello ateniese, gli argivi iniziarono a considerare
l'ipotesi di accogliere le proposte di Alcibiade[67].
Per evitare il peggio, Sparta inviò ad Atene un'ambasciata con pieni poteri,
allo scopo di risolvere ogni divergenza. Gli ambasciatori, però, prima che
parlassero in assemblea, furono invitati in segreto da Alcibiade, il quale,
giurando agli ambasciatori la sua buona fede, usò uno stratagemma che li
fece apparire come bugiardi rispetto all'assemblea, che, nonostante la forte
opposizione di Nicia, accettò di rati care una tregua di cento anni con Argo,
Mantinea e l'Elide in funzione anti-spartana; con l'ingresso di Atene nella
coalizione, i corinzi si riallinearono a Sparta[67].
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Mosaico rappresentante Alcibiade, principale ispiratore dell'alleanza tra Atene ed Argo.
Poco dopo, a seguito di provocazioni da ambo le parti, scoppiò una guerra tra
Epidauro e Argo che ben presto coinvolse anche, sia pure indirettamente,
Sparta e Atene. Gli alleati della coalizione, infatti, prendendo a pretesto la
mobilitazione spartana, decisero di assediare Epidauro, Sparta inviò aiuti alla
città assediata e Atene rispose rafforzando la base navale di Pilo; per i mesi
successivi, si svolsero schermaglie e combattimenti di scarsa entità, nché fu
pattuita una tregua di quattro mesi tra Argo e Sparta, nel corso della quale gli
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ateniesi inviarono oltre 1 300 opliti in soccorso di Argo, e le città della
coalizione (tranne la stessa Argo) occuparono Orcomeno in Arcadia[68].
La perdita di Orcomeno indusse gli spartani, guidati dal loro re Agide II, a
stroncare de nitivamente l'esercito della coalizione e i due eserciti si
incontrarono a Mantinea. Nella battaglia, l'ala sinistra spartana dovette
cedere terreno alle truppe della coalizione e Agide attuò una manovra di
accerchiamento in modo da portare sollievo al anco pericolante; dopo un
duro combattimento le truppe anti-spartane ripiegarono lasciando la vittoria ai
nemici. Nell'inverno, in ne, Sparta ed Argo stipularono un'alleanza di
cinquant'anni, riconsegnandosi i territori e i prigionieri fatti[69].
Sparta era impegnata a risolvere i problemi in Elide e a paci care Argo,
ostacolata dagli aiuti sotto banco che Atene inviava alle fazioni anti-spartane.
Atene, nei primi mesi del 416 a.C., decise di inviare un esercito in Tracia allo
scopo di risolvere le questioni pendenti con re Perdicca II di Macedonia e un
ulteriore contingente di 3 000 soldati (1 200 opliti ateniesi, 200 arcieri e 200
arcieri a cavallo rafforzati da 1 500 fanti alleati) e 40 navi contro l'isola di
Melo, colonia spartana, neutrale nel corso del con itto, allo scopo di
ottenerne la sottomissione. Gli abitanti di Melo inviarono ambasciatori ad
Atene per ribadire la propria neutralità, ma gli ateniesi ri utarono ogni
accordo ed assediarono l'isola; in ne, a seguito di un tradimento, Melo aprì le
porte agli ateniesi che trucidarono l'intera popolazione adulta, vendettero
donne e bambini come schiavi e in ne inviarono 500 cittadini come coloni[70].
Tucidide, nella sua "Guerra del Peloponneso" riporta una versione del
discorso che avvenne tra gli ambasciatori Ateniesi e i Meli[71]: questo testo è
un'importante fonte che fornisce preziose informazioni riguardo alla struttura
della lega marittima che, con il passare degli anni e le vicende della guerra si
trasformò lentamente da simmachia in chiave anti-persiana a impero
talassocratico ateniese. La differenza del trattamento riserbato dagli Ateniesi
a Mitilene rispetto a Scione e Melo evidenzia il radicale cambiamento
avvenuto con l'avvento della guerra del Peloponneso e mette in luce le prime
avvisaglie della crisi che porterà alla scon tta nella guerra e allo scioglimento
dell'alleanza, che ormai si era trasformata in un dominio oppressivo[72].
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città di Segesta invocò l'aiuto dell'alleata Atene per scon ggere Selinunte,
città appoggiata da Siracusa, che era a sua volta alleata di Sparta. L'idea di
Alcibiade era questa: Atene doveva impadronirsi della Sicilia per guadagnarsi
numerose ricchezze da investire nella lotta contro Sparta e nuovi alleati[73].
Il partito oligarchico, guidato da Nicia[74], disapprovava l'idea di sguarnire
Atene per una spedizione dal dubbio esito, mentre il trattato di pace con
Sparta era assai precario[75]. Prevalse ampiamente l'opinione di Alcibiade, al
punto che gli ateniesi decisero di inviare un contingente per no superiore alle
aspettative. Infatti, furono predisposte 134 triremi, con un equipaggio di
25 000 uomini e 6 400 truppe da sbarco; il comando fu af dato ad Alcibiade,
a Nicia e a Lamaco[76][77][78]. La otta partì nel giugno del 415 a.C.
Scandalo delle Erme[modi ca | modi ca wikitesto]
1.
2.
Improvvisamente, dopo aver indotto con l'inganno i siracusani ad avanzare
verso Catania, Nicia, con la otta, veleggiò verso Siracusa, sbarcò a Tapso e
conquistò di sorpresa la collina dell'Epipole, postazione strategica che
dominava gli accessi a Siracusa, riuscendo in tale impresa a scon ggere i
reparti scelti e la cavalleria siracusana, assai temuta tra i greci[88][89].
Nei mesi seguenti, nonostante dif coltà tecnico-logistiche, gli ateniesi
eressero un muro d'assedio per cingere interamente Siracusa e quindi
isolarla dalla terraferma. I siracusani, tuttavia, costruirono un secondo muro
per intercettare quello ateniese e ingaggiarono furiosi combattimenti, in uno
dei quali trovò la morte Lamaco[90][91][92].
In ogni caso, Siracusa non fu sola: ben presto, infatti, gli spartani e i corinzi
decisero di inviare alcuni limitati contingenti di rinforzo sotto la guida dello
spartano Gilippo; Nicia sottovalutò la minaccia e Gilippo, inviati messaggeri a
Siracusa, convinse la città a non cedere, poi riprese l'offensiva. Il primo
scontro fu un completo insuccesso, data l'indisciplina dei siracusani, ma nel
secondo l'esercito ateniese subì una dura disfatta e il muro ossidionale fu
troncato in diversi punti[93][94].
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L'insuccesso indebolì non poco la posizione degli Ateniesi, poiché l'esercito
ateniese subì numerose perdite e Gilippo riuscì a convincere altre città
siciliote a portare soccorso a Siracusa[95]; gli Ateniesi, intanto, istigati dal
partito più oltranzista, promossero Eutidemo e Menadro come colleghi di
Nicia e decisero di preparare una seconda spedizione navale, sotto il
comando di Demostene[93][96][97].
La situazione, frattanto, peggiorava rapidamente specialmente per la perdita
del Plemmirio, posizione strategica che consentiva di bloccare l'accesso al
porto di Siracusa nonché luogo ove gli ateniesi conservavano danaro e le
attrezzature per la otta[98].
La vittoria indusse i siracusani, rianimati dagli aiuti e guidati con mano ferma
dal professionista spartano, a rafforzare ulteriormente la otta in modo da
ingaggiare uno scontro navale e, se possibile, rompere il blocco prima
dell'arrivo dei rinforzi ateniesi. Nicia, consapevole di ciò, mantenne la otta
nei pochi approdi sicuri, ma Meandro ed Eutidemo, freschi di nomina,
bramosi di compiere una qualche brillante impresa prima che giungessero i
rinforzi, diedero battaglia e subirono un'atroce disfatta[99][100].
Finalmente giunsero i rinforzi, 73 navi, 5 000 opliti, 3 000 giavellottisti, arcieri
e frombolieri, che atterrirono sia i Siracusani sia Nicia, il quale propendeva
per mantenere il blocco terrestre e navale sulla città. Al primo consiglio di
guerra Demostene sollecitò un attacco risolutivo o la ritirata, lasciando
sgomento Nicia, che avrebbe volute costringere la città alla resa che già
diversi aristocratici trattavano segretamente con lui[101].
Tali consigli, tuttavia, furono rigettati da Demostene e dagli altri colleghi: la
notte, gli ateniesi compirono una sortita riuscendo a riconquistare le posizioni
occupate dai siracusani, nché non intervennero nello scontro i Beoti, i quali,
serrate le le, contrattaccarono e riuscirono a respingere gli ateniesi sulle
posizioni di partenza[101][102].
Indeboliti dalle perdite e debilitati per le malattie, dovute alle paludi vicine, gli
strateghi ateniesi, Demostene in particolare, iniziarono a pensare alla ritirata;
Nicia, tuttavia, con dando nei suoi contatti a Siracusa[103], si oppose
fermamente almeno nché non venne a conoscenza dell'arrivo di una
seconda armata di rinforzo ai Siracusani[104].
Disfatta nale[modi ca | modi ca wikitesto]
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Le fasi di un'eclissi di Luna.
La partenza era ormai pronta quando, il 27 agosto del 413 a.C., si veri cò
un'eclissi di luna che suscitò il panico tra le truppe: Nicia, consultandosi con i
suoi auguri, ritenne opportuno attendere il nuovo ciclo lunare non avendo
visto la luna tornare limpida dopo il fenomeno[105][106][107].
La situazione, già precaria, precipitò. Gli ateniesi, in vista della partenza,
avevano chiesto a Catania di sospendere i rifornimenti, a ciò si aggiungevano
le malattie e gli attacchi del nemico che, durante uno scontro navale, riuscì ad
affondare diverse navi ateniesi, provocando forti perdite e, tra queste, lo
stratega Eurimedonte[108][109].
Con la vittoria i siracusani avevano bloccato l'accesso del porto: Nicia e
Demostene, per non perdere il resto della otta, tentarono la controffensiva
armando tutte le navi a loro disposizione con qualunque mezzo, ma il risultato
fu favorevole ai siracusani che avevano dalla loro il vantaggio dello spazio
angusto, che impediva la mobilità della otta ateniese[110].
In ne, privi di mezzi, gli ateniesi si disposero alla ritirata via terra, ma Nicia fu
ingannato dal nemico. Ermocrate, infatti, comandante siracusano, inviò alcuni
attendenti af nché lo esortassero a non mettersi in cammino di notte onde
evitare il pericolo di agguati; Nicia, allora, posticipò alla mattina la partenza,
ignaro che gli avversari avessero avuto il tempo per uscire dalla città e
preparare agguati lungo il percorso degli ateniesi[111].
Il giorno seguente, quindi, allo stremo delle forze, Nicia comandò la partenza
e assunse il comando dell'avanguardia mentre Demostene avrebbe guidato
la retroguardia; dopo otto giorni di marcia, le truppe siracusane raggiunsero
quelle ateniesi presso il ume Asinaro e, dopo una lunga resistenza,
indussero i 7 000 superstiti alla resa: Demostene morì in battaglia, Nicia fu
messo a morte dai Siracusani (nel timore che rivelasse agli spartani delle
trattative tra loro e gli ateniesi) e i soldati furono imprigionati alle Latomie
presso Siracusa, ove molti morirono per fame e stenti[112][113].
Se già la disfatta siciliana era stata un durissimo colpo, questa era stata
seguita da una nuova invasione dell'Attica da parte delle truppe spartane, il
cui esito fu per no peggiore rispetto a ogni altra campagna militare in Attica.
Infatti, su consiglio di Alcibiade[114], re Agide II decise di occupare militarmente
la fortezza di Decelea: gli spartani furono così in grado di impedire
permanentemente agli ateniesi il vettovagliamento dall'Attica nonché l'utilizzo
delle miniere d'argento del Laurio, una delle più importanti fonti di reddito
della città[115][116].
Alleanza spartano-persiana[modi ca | modi ca wikitesto]
Le città greche in Anatolia alleate di Atene e obiettivo di conquista di Sparta. In blu sono
segnate le colonie ioniche, in rosso quelle doriche, in giallo le eoliche.
Mentre gli spartani consolidavano il loro controllo su Decelea e si
apprestavano ad armare una otta di oltre 100 triremi, anche gli ateniesi,
dopo aver limitato ogni spesa super ua, decisero di armare una nuova otta
e di costruire una fortezza presso capo Sunio, in modo da garantirsi almeno i
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rifornimenti navali. La situazione ateniese, già grave, peggiorò ancora quando
l'Eubea, Lesbo, Chio, Eritre, Clazomene, Efeso, Mileto e Mitilene decisero di
inviare ambasciatori a Sparta per concordare una sollevazione contro Atene;
in ne, Tissaferne, satrapo di Lidia e Caria, a nome del gran re, offrì il suo
appoggio in funzione anti-ateniese[117].
Insieme a Tissaferne, anche il satrapo di Frigia, Farnabazo II decise di inviare
ambasciatori a Sparta in modo da unire le forze per scacciare de nitivamente
gli ateniesi dallo stretto dei Dardanelli. L'arrivo delle due ambascerie
persiane, tuttavia, creò contrasti a Sparta tra chi preferiva le proposte di
Tissaferne e chi intendeva allinearsi con Farnabazo: Alcibiade, sempre
presente a Sparta, consigliò la proposta di Tissaferne e Sparta, dopo aver
iscritto Chio tra i propri alleati, inviò una otta di 40 triremi nella Ionia. Gli
ateniesi, tuttavia, si accorsero dell'intrigo di Chio e inviarono una otta di pari
entità per bloccare l'iniziativa spartana, riuscendo nell'intento[118].
Alcibiade, però, che aveva stretto amicizia con l'eforo Endio, convinse gli
spartani ad armare una seconda otta, grazie alla quale conquistò Chio e
Clazomene, istigò la città di Mileto a rivoltarsi contro Atene e, tramite un suo
uf ciale di nome Calcide, negoziò un trattato di alleanza con Tissaferne. Gli
ateniesi furono presi dal timore che Sparta potesse conquistare la Ionia e
pertanto, attingendo alle riserve di 1 000 talenti, fu decretato l'armamento di
un'ulteriore squadra navale di 30 navi[119].
Nei mesi seguenti, si svolsero diverse schermaglie tra le due otte, senza
esiti apprezzabili: il navarco spartano Astioco, infatti, tentò di conquistare
l'isola di Lesbo, appena paci cata dagli ateniesi, ma, non riuscendoci, fu
costretto a ripiegare su Mileto, mentre gli ateniesi ripresero l'iniziativa, posero
sotto assedio Chio e, con l'appoggio di un contingente argivo, respinsero un
contrattacco spartano-persiano nei pressi di Mileto, ancora nelle mani dei
ribelli[120].
A seguito di ciò, giunse in appoggio a Sparta una otta di 55 triremi
siracusane, le quali si unirono alla otta spartana per dare battaglia agli
ateniesi. Questi ultimi, sotto la guida di Frinico, decisero di ritirarsi da Mileto
per concentrare tutte le forze. Gli spartani, intanto, consolidarono il loro
controllo su Mileto e sulla terraferma[121]. Una volta consolidate le rispettive
posizioni, gli spartani, di stanza a Mileto, negoziarono un nuovo trattato con
Tissaferne, mentre gli ateniesi mossero contro Chio, che inviò messaggeri al
navarco Astioco per ottenere rinforzi. Il comandante spartano inizialmente
ri utò e questo permise agli ateniesi di sbarcare sull'isola e di istigare alla
rivolta gli schiavi presenti. Solo a questo punto Astioco, pressato dai suoi
sottoposti, decise di attaccare, riuscendo a sorprendere e scon ggere una
otta nemica nella battaglia di Syme. Poco dopo, anche Rodi aderì
all'alleanza spartana[122].
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Tali vittorie, tuttavia, non rafforzarono la coesione nel comando spartano:
infatti, i rapporti tra Astioco e Alcibiade non erano buoni. Quest'ultimo presto
iniziò ad avvicinarsi a Tissaferne, al quale consigliava di lesinare il più
possibile gli aiuti a Sparta, in modo da prolungare ulteriormente la guerra,
mentre al contempo si predisponeva la possibilità di essere richiamato in
patria; gli spartani ebbero sentore di tali manovre e ordinarono ad Astioco di
catturare Alcibiade, il quale si rifugiò dal suo nuovo alleato Tissaferne[123].
Colpo di Stato ad Atene[modi ca | modi ca wikitesto]
La pesante scon tta, in ne, riaccese, a Sparta, le voci di chi chiedeva una
pace di compromesso con Atene: infatti, con la otta, ancorata a Chio, in
pessime condizioni molti spartani avevano perso la speranza di una vittoria
navale risolutiva. I detrattori di Lisandro, temendo che potesse ritornare al
comando della otta, premevano a favore di un negoziato: nalmente, dopo
aspre discussioni, il governo spartano offrì ad Atene la resa del forte di
Decelea, il ritiro dall'Attica e il ripristino dello status quo ante bellum;
l'assemblea ateniese, tuttavia, su raccomandazione di Cleofonte, ri utò
l'offerta[159][160].
Battaglia di Egospotami[modi ca | modi ca wikitesto]
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Lo stesso argomento in dettaglio: Trenta Tiranni.
Finalmente, dopo quasi un anno di assedio per terra e mare, nel marzo del
404 a.C., Atene, stremata e timorosa di rappresaglie, decise di arrendersi[170]
[171]: gli ateniesi furono obbligati a consegnare la otta (tranne 12 navi), a