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La guerra del Peloponneso durò 27 anni, dal 431 a.C. al 404 a.C. Inizialmente combattuta fra Atene
e Sparta, finì per coinvolgere tutte le città greche, raggiungendo perfino le colonie occidentali.
Fu, per i Greci di allora, qualcosa di simile alle nostre “guerre mondiali”. Infatti lo
storico Tucidide (460 a.C. circa – 395 a.C. circa), che la raccontò nella sua opera “La guerra del
Peloponneso”, la definisce «il più grande sconvolgimento che abbia interessato i greci e una parte
dei barbari e che si sia esteso, per così dire, alla maggior parte dell’umanità».
La guerra del Peloponneso fu un fenomeno unitario, anche se gli antichi la suddivisero in tre fasi
principali: la guerra archidamica, dal 431 al 421 a.C.; la fase intermedia, dal 421 al 413 a.C.;
la guerra deceleica dal 413 al 404 a.C., cioè fino alla sconfitta di Atene.
La guerra del Peloponneso scoppiò quando alcune poleis alleate di Sparta e minacciate
dall’espansionismo ateniese, in particolare Corinto, Tebe, Megara, riuscirono a convincere Sparta a
rompere la pace trentennale del 445 a.C. e ad iniziare le ostilità.
LA PRIMA FASE DELLA GUERRA DEL PEOLOPONNESO: LA GUERRA
ARCHIDAMICA
La prima fase della guerra del Peloponneso chiamata “guerra archidamica” deve il suo nome
ad Archidamo, il re di Sparta che nel 431 a.C. invase l’Attica.
Dal punto di vista militare, il rapporto di forze tra i due blocchi in lotta – la Lega di Delo con Atene,
la Lega peloponnesiaca con Sparta – era piuttosto chiaro: i peloponnesiaci erano superiori nelle
forze di terra, gli ateniesi per mare. Per questo motivo Pericle decise di non accettare lo scontro
diretto con gli opliti spartani e di chiudersi nella città, al riparo delle Lunghe mura. Le Lunghe
mura, la cui costruzione era stata avviata da Temistocle e completata da Pericle stesso, univano
Atene al Pireo consentendo di ricevere rifornimenti.
Era una buona strategia, ma nel 430 a.C. una epidemia (forse di tifo) – passata alla storia come
la peste di Atene – decimò gli ateniesi ammassati nel centro urbano, uccidendo lo stesso Pericle
(429 a.C).
Con la scomparsa di Pericle, in Atene si rinnovarono le tensioni tra i democratici, favorevoli al
proseguimento della guerra, e gli aristocratici, che avrebbero voluto la pace con Sparta.
Ebbero il sopravvento i democratici guidati da Cleone, un uomo del demos, ricco mercante di
cuoio. La guerra quindi continuò, ma senza risultati decisivi. Infatti, dopo una decina di anni di
scontri logoranti e senza sbocchi, nel 421 a.C. si giunse alla pace di Nicia, dal nome
dell’aristocratico ateniese che la firmò. L’accordo, stipulato tra gli ateniesi, gli spartani e i rispettivi
alleati, stabilì: 1) di porre fine a tutte le ostilità; 2) di restituire i prigionieri; 3) di regolare le
controversie future in modo pacifico.
Atene e Sparta strinsero, inoltre, un’alleanza difensiva che le obbligava a sostenersi
vicendevolmente in caso di aggressioni esterne o di rivolte. L’intesa segnava indubbiamente un
successo ateniese, perché la città dell’Attica ottenne anche il riconoscimento dell’inviolabilità del
proprio impero.