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La Guerra del Peloponneso, 431 a.C – 404 a.

Il V secolo a.C. fu per tutti i Greci un secolo di guerre sanguinose e di violente battaglie. Prima i
Greci si trovarono a fronteggiare la minaccia dei Persiani [la prima guerra persiana e la seconda
guerra persiana] e riuscirono a mettere da parte le loro reciproche avversità in nome della libertà
collettiva di tutta l’Ellade. Tuttavia, presto, accantonato il pericolo persiano (pace di Callia, 449,
con cui i Persiani rinunciavano all’Egeo e alle città greche dell'Asia Minore, mentre Atene non si
sarebbe più intromessa in Egitto e a Cipro), il desiderio di egemonia e di potere condussero alla
lunghissima guerra del Peloponneso. Essa durò ben 27 anni, dalla primavera del 431 a.C. al 404
a.C.

La guerra del Peloponneso, inizialmente combattuta fra Atene e Sparta, finì per coinvolgere tutte
le città greche, raggiungendo perfino le colonie occidentali della Magna Grecia. Dovette essere,
per i Greci di allora, qualcosa di simile alle nostre “guerre mondiali”. Infatti lo storico Tucidide (460
a.C. circa – 395 a.C. circa), che la raccontò nella sua opera La guerra del Peloponneso, la definisce
«il più grande sconvolgimento che abbia interessato i greci e una parte dei barbari e che si sia
esteso, per così dire, alla maggior parte dell’umanità».
Al termine delle guerre persiane, l’Ellade era divisa in due blocchi contrapposti: Lega del
Peloponneso (guidata dall’aristocratica e conservatrice Sparte) e la Lega di Delo (i cui alleati erano
sudditi della democratica Atene).
Il conflitto Atene-Sparta e le loro reciproche alleate durò oltre mezzo secolo, essendo iniziato già
quando era ancora in corso la contesa della Grecia con i Persiani ed all’origine di esso vi era
soprattutto il timore di Sparta e molte poleis nei confronti della crescente potenza imperialistica di
Atene, che con Temistocle si era munita di solide mura (479 a.C.) e con Pericle si era impadronita
del tesoro della lega di Delo, trasformando gli alleati in sudditi (454 a.C).
Esso portò a due guerre dette del Peloponneso:

La prima guerra del Peloponneso (460 a.C. - 445 a.C.) fu combattuta tra Sparta, la Lega del
Peloponneso e gli altri alleati di Sparta, in particolare Tebe, contro la Lega di Delo guidata da
Atene con il supporto di Argo. Il conflitto, in realtà, non fu una vera e propria guerra e consistette
in una serie di scontri minori, da parte di Sparta, preoccupata dell'accresciuta potenza ateniese, e
si concluse con una tregua (la Pace dei Trent'anni (inverno del 446-445 a.C.) tra Sparta e Atene,
che confermava l'equilibrio, precario, tra le due potenze rivali, senza risolverne i contrasti.

La seconda guerra del Peloponneso (431 a.C.-404 a.C.)


Considerata la vera guerra del Peloponneso, fu un fenomeno unitario, anche se gli antichi la
suddivisero in tre fasi principali:
- la guerra archidamica, dal 431 al 421 a.C.;
- la fase sicula, dal 421 al 413 a.C.;
- la guerra deceleica dal 412 al 404 a.C., cioè fino alla sconfitta di Atene.

I FASE: la guerra archidamica (431-421 a.C.)


La prima fase della guerra del Peloponneso chiamata “guerra archidamica” deve il suo nome ad
Archidamo, il re di Sparta che nel 431 a.C. invase l’Attica. La guerra del Peloponneso scoppiò
quando alcune poleis, alleate di Sparta e minacciate dall’espansionismo ateniese, in particolare
Corinto, Tebe, Megara, riuscirono a convincere Sparta a rompere la pace trentennale del 445 a.C.
e ad iniziare le ostilità contro Atene e la Lega di Delo.
Dal punto di vista militare, il rapporto di forze tra i due blocchi in lotta era piuttosto chiaro: i
peloponnesiaci erano superiori nelle forze di terra, gli ateniesi per mare. Per questo motivo Pericle
decise di non accettare lo scontro diretto con gli opliti spartani e di chiudersi nella città, al riparo
delle Lunghe mura, che univano Atene al Pireo consentendo di ricevere rifornimenti via mare.
Era una buona strategia, ma nel 430 a.C. una epidemia (forse di tifo, anche se più comunemente è
stata definita di peste) – passata alla storia, appunto, come la peste di Atene – decimò gli ateniesi
ammassati nel centro urbano, uccidendo lo stesso Pericle (429 a.C).
Con la scomparsa di Pericle, in Atene riesplosero le tensioni tra i democratici, guidati da Cleone,
favorevoli al proseguimento della guerra, e gli aristocratici, di Nicia, che volevano la pace.
Ebbero il sopravvento i democratici guidati da Cleone, un uomo del demos, ricco mercante di
cuoio. La guerra quindi continuò, ma senza risultati decisivi. Infatti, dopo una decina di anni di
scontri logoranti e senza sbocchi, nel 421 a.C. si giunse alla pace di Nicia, dal nome
dell’aristocratico ateniese che la firmò. L’accordo, stipulato tra gli ateniesi, gli spartani e i rispettivi
alleati, stabilì di porre fine a tutte le ostilità; di restituire i prigionieri; di regolare le controversie
future in modo pacifico. Atene e Sparta strinsero inoltre un’alleanza difensiva che le obbligava a
sostenersi vicendevolmente in caso di aggressioni esterne o di rivolte. L’intesa segnava
indubbiamente un successo ateniese, perché la città dell’Attica ottenne anche il riconoscimento
dell’inviolabilità del proprio impero.

II FASE: guerra sicula (421 a.C. - 413 a.C.)


Se la prima fase della guerra del Peloponneso era stata combattuta soprattutto nel Peloponneso e
nell’Attica; a questo punto lo scenario si spostò in Sicilia.
La pace di Nicia fu infatti un compromesso di breve durata. Da un lato, le città che avevano spinto
Sparta alla guerra, rimaste insoddisfatte della pace, premevano per una ripresa delle ostilità;
dall’altro lato, in Atene si accese nuovamente il dibattito tra chi, come lo stesso Nicia, voleva
seguire una linea prudente, che accettasse l’equilibrio con Sparta, e chi invece, come Alcibiade,
leader dei democratici, sosteneva che si dovesse riprendere il conflitto per realizzare un’egemonia
globale sul mondo greco. Nipote di Pericle, una volta eletto stratego, Alcibiade convinse
l’assemblea popolare ad accettare le richieste di aiuti che arrivavano da Segesta, una città allora in
guerra con Siracusa e Selinunte, alleate di Sparta (CASUS BELLI). Nei piani di Alcibiade una
spedizione vittoriosa in Sicilia, oltre a dare un duro colpo a Sparta, avrebbe permesso di estendere
l’egemonia ateniese fin nel Mediterraneo occidentale.
Ma la guerra in Sicilia fu catastrofica. Alcibiade, richiamato subito in patria con l’accusa di
sacrilegio (gli fu imputata la mutilazione delle Erme, le statue del dio Ermes, avvenuta poco prima
della sua partenza), passò al servizio di Sparta, che, grazie all’appoggio della Persia, di Corinto e di
alcune ex alleate che si ribellarono ad Atene, inflisse una disastrosa sconfitta presso Siracusa agli
ateniesi, guidati da Nicia e Lamaco. Solo pochi superstiti riuscirono a tornare in patria, mentre i
comandanti furono uccisi e molti vennero venduti come schiavi o rinchiusi nelle latomìe, le cave di
pietra di Siracusa.
Crollato il “mito” della potenza marittima ateniese, fra le città alleate si moltiplicarono le
defezioni e le rivolte. Sparta comprese che l’occasione era propizia per assestare al nemico il
colpo di grazia proprio sul suo terreno preferito, il mare, l’Egeo.
Per fare questo, però, erano necessarie una flotta e risorse finanziarie di cui Sparta non disponeva.
Maturò qui una svolta destinata ad avere enormi conseguenze sulla Grecia: Sparta chiese e
ottenne l’aiuto dei Persiani. In cambio, diede loro mano libera sulle poleis dell’Asia Minore, per la
cui libertà ottant’anni prima i greci avevano combattuto e vinto.
Da questo momento, senza impiegare un solo soldato, i persiani riacquisteranno una influenza
decisiva sulla vita della Grecia, sfruttando abilmente i conflitti tra le poleis e concedendo il
proprio sostegno ora agli uni ora agli altri. Il tempo dell’autonomia greca volgeva ormai alla fine.

III FASE: la guerra deceleica (412 a.C. - 404 a.C.).


La terza e conclusiva fase della guerra del Peloponneso si chiama deceleica, dal nome di Decelea,
una città vicina ad Atene, occupata dagli spartani, i quali, su consiglio di Alcibiade, con un presidio
fisso di opliti in Attica, bloccarono i rifornimenti ad Atene dei prodotti agricoli, delle miniere
d’argento del laurio e i collegamenti con l’Eubea. Inoltre, la sconfitta era costata molto denaro alle
casse della Lega Delio-Attica e molte poleis alleate defezionarono; mentre ad Atene vi fu la
profonda crisi interna che nel 411 a.C. portò addirittura alla temporanea caduta della
democrazia.
Gli esponenti più conservatori del partito aristocratico, convinti che proprio gli eccessi della
democrazia fossero stati la causa della crisi ateniese, convinsero infatti l’assemblea ad avallare una
sorta di colpo di stato. La Bulé fu sciolta; la remunerazione delle cariche pubbliche fu abolita; la
cittadinanza fu limitata a 5000 persone; il potere fu affidato a un Consiglio dei Quattrocento, i cui
membri erano scelti tra i cittadini più influenti. Nel 410 a.C., però, una ribellione dei marinai, fra i
quali erano molto numerosi i teti, provocò una caduta del governo e un ritorno alla democrazia,
grazie anche al rientro in patria di Alcibiade.

La prima sfida è navale: alla vittoria spettacolare, ma non decisiva, degli Ateniesi contro gli spartani
alle isole Arginuse (406 a.C.), segue la loro terribile sconfitta nel 405 a.C., a Egospotami
(nell’Ellesponto) per opera della flotta spartana guidata dal comandante Lisandro. Gli Spartani
assediarono Atene, mentre i suoi alleati l’abbandonavano, bloccarono il porto e, dopo quattro
mesi di assedio, la costrinsero a capitolare (aprile 404 a.C.).
Finiva così la guerra del Peloponneso con la totale sconfitta di Atene, che vedeva sfumare il suo
primato sulla Grecia. Sparta, convinta dallo stesso Lisandro, non volle distruggere completamente
la città, come chiedevano Tebe e Corinto, ma impose ad Atene condizioni di pace durissime:
distruzione delle Lunghe mura; consegna di tutte le navi tranne dodici; abbattimento della
democrazia e instaurazione di un regime oligarchico.

Conseguenze delle guerre del Pelopenneso


Ad Atene, l’incarico di redigere nuove leggi fu affidato a un consiglio di trenta membri, guidati
dall’intellettuale aristocratico Crizia. Questo consiglio però instaurò un regime oligarchico che per
la sua durezza fu detto “dei Trenta tiranni“. I democratici furono colpiti con condanne a morte,
confische, esilio; la cittadinanza fu limitata a tremila persone. Inoltre un contigente spartano
occupava l’Acropoli, fomentando il malcontento popolare.
La salvezza venne dall’esterno. Nel 403 a.C. infatti i democratici che si erano rifugiati fuori città per
sottrarsi alle persecuzioni, guidati da Trasibulo, rientrarono in città, sconfissero i Trenta tiranni e
ristabilirono una democrazia moderata. Alla caduta dei Trenta tiranni seguì però un clima da “resa
dei conti”, nella quale maturò la condanna a morte del grande filosofo Socrate (469-399 a.C.).
Atene non tornò più all’antica potenza, ma riacquistò comunque una certa prosperità
commerciale e la capacità di giocare un ruolo politico importante. E non perse, neppure nei
momenti più bui, il suo primato artistico e culturale. In questi anni infatti furono attivi in città
filosofi come Platone, discepolo di Socrate, commediografi come Aristofane, oratori come
Isocrate.
L’egemonia di Sparta, si rivelò ancora più pericolosa del tentativo imperialistico di Atene,
contribuendo ulteriormente a dividere e quindi indebolire le poleis, creando in Grecia una
situazione instabile, di cui avrebbero approfittato i Persiani; tanto più che la sua economia
arretrata l’aveva portata a dipendere sempre più dai finanziamenti dei satrapi persiani. Costretta
da una nuova guerra di Atene e altre polis, istigate dal sovrano persiano Artaserse, agli inizi del IV
secolo, Sparta firmè con la Persia la pace del Re (389 a.C.), con cui la Persia otteneva le colonie
greche dell’Asia Minore ed il frazionamento politico della Grecia, imponendo alle poleis di non
unirsi più in leghe.
Seguì una lunga fase di guerre (prima Tebe e Atene contro Sparta, poi Atene e Sparta contro
Tebe), che si sarebbe provvisoriamente conclusa con la prima grande sconfitta spartana, ad opera
di Tebe, a Leuttra (371 a.C.).
Iniziava così l’egemonia sulla Grecia di Tebe, grazie alle due grandi personalità di Pelopida ed
Epaminonda, che ottennero, sia pure per breve tempo, importanti risultati: l’avanzata nel
Peloponneso con la costituzione di una Lega arcadica, la liberazione della Messenia e,
successivamente, la conquista di Bisanzio (importante scalo portuale per i traffici commerciali sul
mar Nero) e della Tessaglia (ma in questa impresa morì Pelopida). Sparta e Atene si allearono
contro Tebe, ma vennero sconfitte a Mantinea (362 a.C.), dove morì Epaminonda.
Si concludeva così anche il breve dominio tebano, in una Grecia sempre più lacerata e indebolita,
mentre si apprestavano ad approfittarne vecchi (i Persiani) e nuovi (Macedoni) nemici.

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