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Indice
Biografia
Primi anni
Attività politica fino al 431 a.C.
Prima dell'entrata in politica
Ostracismo di Cimone
L'ascesa al potere e le prime spedizioni
militari
Battaglia finale contro i conservatori
Il governo di Atene
La Guerra contro Samo
Attacchi personali
La guerra del Peloponneso
Preludio al conflitto
Il primo anno di guerra
Le ultime campagne e la morte
Vita privata
Giudizio storico
Guida politica
Strategia militare
Capacità oratoria Nascita Colargo, Grecia, 495
Lascito a.C. circa
Note Morte Atene, Grecia, 429
Esplicative a.C.
Riferimenti
Cause della
Bibliografia Peste
morte
Voci correlate Dati militari
Altri progetti
Paese servito Antica Atene
Collegamenti esterni
Forza armata Esercito ateniese
Arma Fanteria
Biografia
Anni di
461 a.C. - 429 a.C.
servizio
Primi anni Grado Generale (strategos)
Pericle nacque nel demo di Colargo, una località poco più a Guerre Prima guerra del
nord di Atene. La sua data di nascita è incerta, anche se per Peloponneso (454 -
convenzione si indica l'anno 495 a.C.: alcuni, infatti, 445 a.C.)
propendono per il 492 a.C. o poco prima poiché nel 472 Guerre della lega
a.C. finanziò l'opera I Persiani. Altri, invece, dal fatto che delio-attica (450 - 449
non viene indicato se egli abbia partecipato o meno alle a.C.)
guerre persiane hanno sostenuto che è impossibile che sia Seconda guerra sacra
nato prima del 498, ma questo argomento è stato respinto (448 a.C.)
ex silentio.[3][4] Guerra di Samo (440
a.C.)
Fu figlio del politico Santippo, che, anche se ostracizzato
Guerra del
nel 485 a.C. circa, tornò ad Atene solo cinque anni dopo
Peloponneso (431 -
per guidare un contingente ateniese a Micale, dove la
429 a.C.)
Grecia avrebbe riportato una vittoria importante. La madre
di Pericle, Agariste, era una discendente della potente e Battaglie Battaglie a Sicione e
controversa famiglia degli Alcmeonidi e le sue connessioni ad Acarnania (454
familiari ebbero un ruolo determinante nell'inizio della a.C.)
carriera politica di Santippo. Agariste era inoltre una Espulsione dei barbari
discendente del tiranno di Sicione, Clistene, e nipote del da Gallipoli (447 a.C.)
grande riformatore ateniese Clistene, un altro Alcmeonide. Assedio di Bisanzio
Al riguardo, Plutarco riferisce che Clistene fu il nonno di (438 a.C.)
Agariste,[5] ma ciò non è storicamente plausibile, per cui si
Altre cariche Politico
preferisce affermare che Clistene fosse zio di Agariste.[6]
[1]
Secondo Erodoto e Plutarco, Agariste sognò, pochi giorni voci di militari presenti su Wikipedia
prima della nascita di Pericle, di aver partorito un leone.[5][7]
Un'interpretazione dell'aneddoto considera il leone come
simbolo di grandezza, ma la storia può inoltre alludere alla dimensione inusuale del cranio di Pericle, che
divenne un bersaglio dei commediografi contemporanei[5][8] e che, come ricorda Plutarco, Pericle usasse
nascondere con l'elmo, simbolo della sua carica di stratego.
«Perfetto in ogni parte del corpo, egli aveva la testa oblunga e sproporzionata ed è per questo che
tutti gli scultori l'hanno raffigurato con l'elmo per evitare che la messa a nudo di tale difetto potesse
far pensare che volevano schernirlo. I poeti attici lo chiamavano Schinocefalo (Σχινοκέφαλον) cioè
“testa di cipolla marina” [talora, infatti, gli attici chiamano schinòs questo tipo di cipolla]. Il
commediografo Cratino nei Chironi dice: “la Discordia e il vecchio Crono si accoppiarono e
generarono un grandissimo tiranno che gli dei chiamarono ‘Adunatore di teste’ (Κεφαληγερέταν
nel testo greco)”; nella Nemesi: “Vieni o Zeus ospitale e gran capo!”. Teleclide, invece, scrive:
“Talvolta siede sull'Acropoli col capo chino appesantito dai mille dubbi, talvolta, dalla sua testa,
capace di contenere undici letti, erompe spontaneo un enorme fragore”. Eupoli, poi, nei Demi,
laddove chiede notizie dei quattro grandi politici richiamati dall'ade [per ridare splendore ad Atene],
citando, per ultimo, il nome di Pericle, esclama: “Hai ricondotto il capo di quelli di laggiù”.»
La nobiltà e la ricchezza della sua famiglia gli permisero di continuare gli studi. Imparò la musica dai
maestri del tempo (Damone e Pitoclide potrebbero essere stati suoi insegnanti)[10][11] ed è considerato il
primo politico ad aver attribuito una grande importanza alla filosofia.[9] Gli piaceva la compagnia dei filosofi
Protagora, Zenone di Elea e Anassagora; Anassagora, in particolare, divenne un suo amico intimo e lo
influenzò molto.[10][12] Il tipo di pensiero e il carisma retorico di Pericle potrebbero essere stati prodotti in
parte dall'accento di Anassagora sulla tranquillità emotiva di fronte alle difficoltà e allo scetticismo sui
fenomeni divini.[6] La sua proverbiale calma è considerata un prodotto dell'influenza di Anassagora.[13]
Nel 463 a.C. Pericle accusò Cimone, capo della fazione conservatrice, di aver trascurato gli interessi vitali
di Atene in Macedonia:[18] anche se Cimone fu poi assolto, questo confronto dimostrò che il principale
avversario politico di Pericle era vulnerabile.[19]
Ostracismo di Cimone
Intorno al 461 a.C. i vertici del partito democratico ateniese decisero di prendere come obiettivo l'Areopago,
un concilio cittadino controllato dall'aristocrazia ateniese, che una volta fu la più potente assemblea nella
polis.[3] Il leader del partito e maestro di Pericle, Efialte, propose una netta riduzione dei poteri
dell'Areopago, e l'Ecclesia, la principale assemblea ateniese, approvò tale proposta senza una forte
opposizione.[17] Questa riforma segnò l'inizio di una nuova era della «democrazia radicale»:[3] il partito
democratico divenne gradualmente dominante nella politica ateniese e Pericle sembrò voler perseguire una
politica populista per ingraziarsi il favore dei concittadini. Secondo Aristotele, la posizione di Pericle può
essere stata conseguenza del fatto che il suo principale oppositore politico, Cimone, era un uomo tanto ricco
quanto generoso, capace di assicurarsi il favore del popolo donando generosamente una parte della sua
considerevole fortuna personale.[18] Lo storico Loren J. Samons sostiene, tuttavia, che Pericle possedeva
risorse personali sufficienti per affermarsi coi propri mezzi in politica, se così avesse voluto.[20]
Orazione funebre di Pericle come ricordata da Tucidide II, 41 (http://ww
w.antiqvitas.it/doc/doc.tuc.Pericl.htm)
«In sintesi io affermo che tutta la nostra città sia un modello didattico della
Grecia e che mi sembra che i nostri uomini, presi singolarmente, rivolgano la
loro indipendente personalità, con moltissima versatilità, accompagnata da
decoro, alle più svariate occupazioni. E proprio la potenza della città, che
abbiamo conseguito in seguito a queste nostre capacità, rivela che questo non
è uno sfoggio di parole di questo momento, quanto piuttosto la verità dei fatti.
Sola, infatti, fra quelle d'oggi, affronta la prova essendo superiore alla sua
fama e sola né provoca sdegno nel nemico che l'assale, da quali avversari è
ridotto male, né (suscita) il malcontento nei sudditi, come se fossero governati
Cimone, oppositore da persone indegne. Inoltre, dopo aver dimostrato con grandi prove che anche
politico di Pericle; busto la nostra potenza è suffragata da testimonianze, saremo ammirati dai
a Larnaca, Cipro
contemporanei e dai posteri, dato che non abbiamo inoltre bisogno né di
Omero che ci elogi né di qualcuno che con i suoi versi sul momento ci
diletterà, ma la verità smentirà la rappresentazione dei fatti, e che invece costringemmo ogni mare ed ogni
terra a diventare accessibile alla nostra audacUia ed edificammo insieme ovunque ricordi destinati a durare
in eterno di sventure e successi. Dunque, per una tale città, questi uomini morirono nobilmente in
combattimento, perché ritenevano giusto che non fosse loro strappata via, ed è naturale che ognuno degli
uomini sopravvissuti desideri soffrire per essa».
Nel 461 a.C. Pericle riuscì a eliminare dalla scena politica il suo principale oppositore usando l'arma
dell'ostracismo; Cimone era stato accusato di aver tradito la città, agendo come alleato di Sparta.[21]
Anche dopo l'ostracismo di Cimone, Pericle continuò a promuovere una politica populista.[17] Per primo
propose una legge che permetteva ai poveri di guardare spettacoli teatrali senza pagare, con lo Stato che
copriva il costo della loro entrata. Con altri decreti nel 458 a.C. abbassò il requisito di proprietà per i
magistrati, e poco dopo il 454 a.C. elargì generosi stipendi a tutti i cittadini che avevano prestato servizio
come giurati nell'Heliaia (il tribunale supremo di Atene)[22] Il suo provvedimento più controverso fu,
tuttavia, una legge del 451 a.C. che riconosceva cittadini ateniesi solo coloro che avevano entrambi i
genitori ateniesi.[23]
Tali misure spinsero i critici di Pericle a considerarlo come responsabile della degenerazione progressiva
della democrazia ateniese. In seguito, Pericle introdusse una normativa che concedeva l'accesso delle classi
inferiori al sistema politico e agli uffici pubblici, da cui erano state precedentemente escluse a causa dei
limitati mezzi o delle origini umili.[24] In seguito, la flotta, spina dorsale della potenza ateniese fin dai tempi
di Temistocle, fu presidiata quasi interamente da membri delle classi inferiori.[25] Konstandinos
Paparrigopulos, un grande storico greco moderno, sostiene che Pericle propose queste leggi per ampliare e
stabilizzare tutte le istituzioni democratiche,[26] mentre secondo lo storico Samons Pericle credeva che fosse
necessario far crescere i demoi, in cui egli vedeva una fonte di energia non sfruttata e l'elemento cruciale di
dominio militare ateniese.[27]
Cimone, d'altra parte, apparentemente credeva che non ci fosse spazio per un'ulteriore evoluzione
democratica, ed era certo che la democrazia avesse raggiunto il suo picco e che le riforme di Pericle
avevano portato allo stallo del populismo; Cimone, in ogni caso, accettò la nuova democrazia e non si
oppose alla legge sulla cittadinanza dopo il suo ritorno dall'esilio nel 451 a.C.[28] Secondo Paparrigopoulos,
la storia vendicò Cimone, perché Atene, dopo la morte di Pericle, affondò nel baratro dell'agitazione politica
e della demagogia; Paparrigopoulos sostiene che una regressione senza precedenti discese sulla città, la cui
gloria morì a causa della politica populista di Pericle.[26] Secondo un altro storico, Justin Daniel King, la
democrazia radicale favorì il popolo, ma danneggiò lo Stato,[29] mentre d'altra parte Donald Kagan asserisce
che le misure democratiche di Pericle fornirono le basi per una forza politica inattaccabile.[30]
Pericle guidò le sue prime spedizioni militari durante la prima guerra del
Peloponneso, che fu causata in parte dall'alleanza della sua città con
Megara e Argo e dalla conseguente reazione di Sparta. Nel 454 a.C.
attaccò Sicione e Acarnania,[32] e successivamente tentò, senza successo,
di prendere Oeniadea sul golfo di Corinto, prima di tornare ad Atene.[33]
Nel 451 a.C. Cimone, ritornato dall'esilio, negoziò una tregua di cinque
anni con Sparta dopo una proposta dello stesso Pericle, un evento che
indica un cambiamento nella politica strategica seguita da questi.[34]
Pericle potrebbe aver capito l'importanza del contributo di Cimone durante
Busto di Pericle, custodito
nell'Altes Museum di Berlino i conflitti contro i Peloponnesiaci e i Persiani, ma lo storico Podlecki
sostiene che il presunto cambiamento di posizione fu inventato dagli
storici antichi per sostenere «una visione tendenziosa della mobilità di
Pericle».[35]
Plutarco afferma che Cimone strinse un accordo per condividere il potere con i suoi oppositori, secondo il
quale Pericle sarebbe stato il responsabile degli affari interni e Cimone sarebbe stato il capo militare di
Atene, sostenendo una campagna all'estero.[36] Kagan pensa che Cimone si adattò a delle nuove condizioni
e promosse un matrimonio politico tra la fazione di Pericle e la sua.[28]
A metà degli anni 450 a.C. gli Ateniesi lanciarono un tentativo, che
poi si rivelò un fallimento, di aiuto a una rivolta egiziana contro la
Persia, che portò a un assedio prolungato di una fortezza persiana
nel Delta del Nilo. La campagna culminò in un disastro su vasta
scala, e la forza di assedio fu sconfitta e distrutta.[37] Intorno al 450
gli Ateniesi inviarono delle truppe a Cipro: Cimone sconfisse i
Persiani a Salamina (città cipriota da non confondersi con l'isola nel
Golfo Saronico dove Temistocle sconfisse la flotta persiana di
Rovine di Salamina, città cipriota
Serse), ma morì di malattia nel 449 a.C.; si dice che Pericle abbia dove si svolse la battaglia, durante la
avviato entrambe le spedizioni in Egitto e a Cipro,[38] anche se quale Cimone perse la vita
alcuni ricercatori, come Karl Julius Beloch, sostengono che l'invio
di una così grande flotta fosse conforme con lo spirito politico di
Cimone.[39]
A complicare la situazione di questo periodo è la questione della Pace di Callia, che chiuse le ostilità tra
Greci e Persiani; l'esistenza stessa del trattato è assai discussa, e i suoi dettagli e le sue trattative sono
ugualmente ambigui.[40] Ernst Badian crede che un patto di pace tra Atene e la Persia sia stato stipulato per
la prima volta nel 463 a.C. (rendendo gli interventi ateniesi in Egitto e a Cipro violazioni della pace) e
trattato nuovamente dopo la campagna di Cipro, tornando a essere applicato nel 449 a.C.[41] John Fine,
però, suggerisce che il primo trattato di pace tra Atene e la Persia si concluse nel 450 a.C., perché Pericle
aveva capito che il conflitto con la Persia stava ostacolando la capacità di Atene di diffondere la sua
influenza sulla Grecia.[40] Kagan pensa che Pericle abbia usato Callia, un cognato di Cimone, come simbolo
di unità e lo utilizzò ancora varie volte per trattare importanti accordi.[42]
Nella primavera del 449 a.C. Pericle propose un decreto che portò alla creazione di una riunione di tutte le
poleis greche, al fine di esaminare la questione della ricostruzione dei templi distrutti dai persiani. Questo
progetto non andò a buon fine a causa della posizione di Sparta, ma le reali intenzioni di Pericle furono
poco chiare:[43] alcuni storici pensano che egli avesse voluto creare una sorta di confederazione di tutte le
città greche, altri pensano che voleva semplicemente affermare la supremazia di Atene.[44] Secondo lo
storico Terry Buckley, l'obiettivo di questo decreto era invece rinnovare la Lega delio-attica.[45]
Durante la seconda guerra sacra Pericle guidò l'esercito ateniese contro Delfi e reintegrò i suoi diritti di
sovranità sulla Focide.[46][47] Nel 447 a.C. Pericle si impegnò nella sua spedizione più ammirata: l'espulsione
dei barbari dalla città tracia di Gallipoli. Il motivo che spinse Atene a compiere quest'impresa era legato alla
colonizzazione della regione in cui si trovava la città;[6][48] a quel tempo, tuttavia, Atene era ostacolata da
una serie di rivolte tra le sue città alleate (o, per meglio dire, subordinate). Sempre nel 447 gli oligarchi di
Tebe cospirarono contro la fazione democratica: gli Ateniesi chiesero loro la resa immediata ma, dopo la
battaglia di Coronea, Pericle fu costretto ad ammettere la perdita della Beozia, al fine di recuperare i
prigionieri catturati in quel conflitto;[9] con la Beozia nelle mani dei nemici, la Focide e la Locride si
ribellarono e caddero presto sotto il controllo degli oligarchi.[49] Nel 446 a.C. scoppiò una rivolta ancora più
pericolosa quando l'Eubea e Megara si ribellarono; Pericle marciò su Eubea con le sue truppe, ma fu
costretto a ritirarsi quando l'esercito spartano invase l'Attica. Attraverso la corruzione e le trattative, Pericle
disinnescò la minaccia imminente e gli Spartani tornarono nella loro città.[50][51] In seguito, quando Pericle
fu indagato per la gestione del denaro pubblico, non fu sufficientemente giustificata una spesa di 10 talenti,
dal momento che i documenti ufficiali riferiscono che i soldi furono spesi per uno «scopo molto grave»;
tuttavia, lo «scopo molto grave» (cioè la corruzione) doveva sembrare tanto fondamentale ai revisori dei
conti che approvarono la spesa, senza ingerenze ufficiali e senza nemmeno indagare su questo caso.[52]
Dopo che la minaccia di Sparta fu scongiurata, Pericle marciò nuovamente sull'Eubea per schiacciare una
rivolta, e successivamente inflisse punizioni severe ai proprietari terrieri della città più importante della
regione, Calcide, tra cui la perdita dei propri terreni. Nel frattempo, i residenti della città di Istiaia, che aveva
massacrato l'equipaggio di una trireme ateniese, furono deportati e sostituiti da duemila coloni ateniesi.[52]
La crisi fu portata a termine dalla Pace dei trent'anni, stipulata intorno al 446 a.C., in cui Atene si impegnava
ad abbandonare i possedimenti acquisiti nel corso del 460 a.C. e, insieme a Sparta, di non tentare di
conquistare le città alleate a quest'ultima.[49]
Il governo di Atene
Pericle volle stabilizzare la posizione dominante della sua città e far
valere la sua preminenza in Grecia. Si pensa che il processo
attraverso il quale la lega di Delo si trasformò in un impero ateniese
sia cominciato ben prima dell'amministrazione di Pericle,[54] poiché
varie città affiliate alla lega avevano già deciso di rendere omaggio
ad Atene, invece di fornire semplicemente navi equipaggiate per la
flotta dell'alleanza, ma la trasformazione fu accelerata e portata a
Fidia mostra il fregio del Partenone a compimento con misure attuate da Pericle.[55] Il passo finale nella
Pericle, Aspasia, Alcibiade e ad altri trasformazione a impero potrebbe essere stato innescato dalla
amici, di Sir Lawrence Alma-Tadema, sconfitta ateniese in Egitto, che minacciò il dominio della città sul
1868 Mar Egeo e portò alla rivolta di alcune città alleate, come Mileto ed
Eritre.[56] Dopo questi eventi, sia a causa di una reale paura per la
sua sicurezza, o come pretesto per ottenere il controllo delle finanze della Lega, Atene trasferì presso di sé il
tesoro della alleanza, che prima era a Delo, nel 454-453 a.C.[57] Intorno al 450 a.C. le rivolte a Mileto ed
Eritre furono represse e Atene restaurò il suo dominio sui suoi alleati.[58] Attorno al 447 lo statista Clearco
propose un decreto sul denaro, che impose il peso e le dimensioni delle monete d'argento ateniesi a tutti i
suoi alleati.[45] Secondo una delle disposizioni più severe del decreto, l'eccedenza di un processo di
coniazione doveva andare a un fondo speciale, e chiunque avesse proposto di usarla in un altro modo,
rischiava la pena di morte.[59]
Fu dal tesoro dell'alleanza che Pericle raccolse i fondi necessari per realizzare il suo piano ambizioso di
costruzione, con particolare attenzione alla ristrutturazione dell'Acropoli, che comprendeva i Propilei, il
Partenone e la statua d'oro di Atena, scolpita da Fidia, amico di Pericle.[60] Nel 449 a.C., Pericle propose un
decreto che permette l'utilizzo di 9 000 talenti per finanziare il vasto programma di ricostruzione dei templi
ateniesi.[45] Lo storico latino Valerio Massimo narra nell'opera Factorum et dictorum memorabilium libri IX
che, quando un giorno era giunto Alcibiade, a quel tempo adolescente, nella dimora di Pericle, vedendolo
triste e in disparte, gli chiese cosa fosse accaduto e quello disse che non sapeva come render conto del
denaro speso per i Propilei. Dunque Alcibiade gli consigliò di sfruttare la guerra contro Samo in cui gli
Ateniesi erano impegnati per nascondere il suo errore.
Angelos Vlachos, un accademico greco, sostiene che l'utilizzo del tesoro dell'alleanza, avviato ed eseguito
da Pericle, è una delle più grandi malversazioni della storia umana; questa appropriazione indebita finanziò,
tuttavia, alcune delle creazioni artistiche più belle del mondo antico.[61]
Tra il 438 e il 436 a.C. Pericle guidò la flotta ateniese nel Ponto, dove instaurò relazioni amichevoli con le
città greche della regione.[67] Inoltre, Pericle focalizzò la sua attenzione anche su progetti interni, come la
fortificazione di Atene, e sulla creazione di nuove cleruchie, come Andro, Nasso nel 444 a.C., così come
Anfipoli nel 437 a.C.[68]
Attacchi personali
Tuttavia, nonostante il forte carisma e il saldo governo, né Pericle né tanto meno i suoi collaboratori o
confidenti, Fidia e Aspasia, furono immuni da attacchi sia personali sia giudiziari a dimostrazione che il
ruolo politico dello statista non fu mai assoluto.[69]
Lo scultore Fidia, direttore dei progetti edilizi di Pericle e in particolare di quelli all'Acropoli, fu accusato di
essersi appropriato di parte dell'oro destinato alla costruzione della statua di Atena oltre che di empietà,
avendo inciso sullo scudo della medesima statua la figura di un vecchio calvo, raffigurante proprio Fidia,
che con entrambe le mani reggeva un masso; e vi era raffigurato lo stesso Pericle, o comunque una figura
somigliante allo statista, nell'atto di combattere le amazzoni.[70] Il processo
fu deleterio per Fidia che morì in carcere,[71] probabilmente mentre
attendeva la celebrazione del processo per il furto o forse per la condanna di
empietà o addirittura avvelenato[70], e colpì non poco l'immagine di Pericle.
In ogni caso, all'inizio della guerra del Peloponneso Atene si trovò nella scomoda posizione di affidare il
proprio futuro a un leader la cui preminenza era stata, per la prima volta in un decennio, seriamente
scossa.[9]
Le cause della guerra del Peloponneso sono tuttora oggetto di dibattito, anche se già nell'antichità non pochi
storici ponevano gran parte delle responsabilità a carico di Pericle e della politica imperialista di Atene: per
esempio, Plutarco sostenne che gli Ateniesi si fossero volti al conflitto con una sorta di arroganza e amore
per la sfida, un concetto, peraltro, già presente in Tucidide il quale, tuttavia, addebitava la guerra al timore
degli Spartani per la potenza ateniese, fattore senz'altro presente ma ridimensionato nell'odierna storiografia.
Preludio al conflitto
Nei rapporti con Sparta, Pericle agì convinto che la guerra fosse inevitabile, se non benvenuta.[77] Perciò,
non esitò a inviare navi e soldati alla colonia di Corcira la quale si era ribellata alla madrepatria Corinto,
fedele alleata di Sparta.[78]
Nel 433 a.C., le flotte di Corinto e Atene si scontrarono nella battaglia di Sibota, il cui esito fu
inconcludente, e l'anno seguente, quando Potidea, colonia corinzia membro della lega delio-attica, si ribellò
ad Atene, gli insorti ottennero l'aiuto della madrepatria, aggravando il solco che divideva le due città.
Nello stesso periodo Pericle, nel tentativo di imporre la sovranità
ateniese su Megara, città affiliata alla lega del Peloponneso e posta
tra Atene e Corinto, impose il cosiddetto Decreto Megarese: con
tale atto, Pericle escludeva i commercianti di Megara dal mercato
ateniese e degli alleati, devastandone l'economia e allo stesso tempo
violando apertamente le clausole della pace dei trent'anni senza
alcuna giustificazione[79] a parte la discutibile accusa di coltivare
terra sacra dedicata a Demetra e dare rifugio a schiavi fuggiti,
comportamenti empi.[80]
Anassagora e Pericle, di Augustin-
Louis Belle (1757–1841)
Inevitabilmente, il conflitto con Megara inasprì i rapporti con Sparta
che, dopo alcuni consulti con gli alleati, inviò ad Atene un
ultimatum con cui si richiedeva l'espulsione della famiglia degli
Alcmeonidi,[N 1] Pericle incluso, e l'abrogazione del Decreto
Megarese; se le richieste non fossero state accolte, Sparta avrebbe
dichiarato guerra.
Fallita così l'ultima possibilità di trattativa, Archidamo II invase l'Attica senza incontrare alcuna resistenza
dal momento che Pericle, intuendo la strategia spartana, aveva nel frattempo provveduto a evacuare l'intera
popolazione entro le lunghe mura di Atene.[86]
Lo storico Tucidide non riporta il discorso con cui Pericle convinse la
popolazione a trasferirsi in Atene ma si soffermò sui disagi che gli sfollati
subirono, costretti ad abbandonare la loro terra, i loro beni e i santuari
ancestrali per trasferirsi in un'area urbana sovraffollata cambiando
completamente stile di vita.[87][88]
Nella seconda parte dell'anno, mentre l'esercito spartano si acquartierava nell'Attica, Pericle inviò una flotta
di 100 triremi per costeggiare e devastare il Peloponneso e numerose unità di cavalleria per impedire la
devastazione della fattorie più vicine ad Atene.[92][93]
Al termine dell'estate, mentre il nemico si ritirò presso i suoi quartieri invernali a Corinto, Pericle fece
approvare un decreto per il quale la città avrebbe messo da parte 1 000 talenti e 100 navi, da usarsi in caso
di massima emergenza o di attacco navale ad Atene, stabilendo la morte come pena per chiunque
proponesse un uso diverso del denaro o delle navi.
Nell'autunno, Pericle guidò l'attacco su Megara e pochi mesi dopo pronunciò quello che diventerà il suo più
famoso discorso, l'orazione funebre per i caduti del primo anno di guerra, in cui onorò i cittadini morti per
Atene di cui tratteggia il governo democratico e i suoi principi cardine.[94]
Secondo Plutarco, poco prima della spedizione, avvenne un'eclisse solare che spaventò non poco gli
equipaggi: tuttavia, Pericle utilizzò le conoscenze astronomiche che aveva acquisito da Anassagora e riuscì
a calmarli.[97]
Tuttavia, nell'estate dello stesso anno, scoppiò un'epidemia che devastò Atene;[98] l'identità esatta del morbo
è ignota così come la sua fonte. In ogni caso, la difficile situazione della città, causata dall'epidemia, innescò
una nuova ondata di clamore pubblico che costrinse Pericle a difendersi in un discorso finale, presentato
dallo storico Tucidide come una vera e propria emozionante resa dei conti tra lo statista e i suoi
oppositori.[99] Tale discorso è considerato ancor oggi come uno dei migliori dello statista non solo per
l'abilità retorica ma anche per il rancore verso i suoi compatrioti, accusati di ingratitudine.[9] Riuscì, per
pochi mesi, a domare il risentimento del popolo ma in seguito i suoi nemici interni ebbero la meglio, lo
privarono della carica di stratego e lo misero sotto accusa.
In tale processo, di cui fu promotore e grande accusatore di Pericle il demagogo Cleone, astro nascente della
politica ateniese, Pericle ebbe la peggio e fu multato per un importo compreso tra i 15 e i 50 talenti.[100]
L'anno seguente, tuttavia, gli Ateniesi non solo riabilitarono Pericle ma lo rielessero ancora una volta come
stratega, reintegrandolo nel comando delle forze armate.[9]
Questo fu l'ultimo successo di Pericle: in quell'anno l'epidemia falcidiò la sorella di Pericle ed entrambi i
figli legittimi, Paralo e Santippo, e, sebbene gli Ateniesi avessero accolto tra i cittadini il figlio illegittimo,
Pericle il Giovane avuto da Aspasia, l'uomo era distrutto dal dolore. Pochi mesi dopo, nell'autunno, morì di
peste.
Si ricorda che, poco prima della sua morte, gli amici di Pericle si fossero riuniti intorno a lui, enumerando,
convinti che Pericle essendo privo di conoscenza non potesse sentire, le sue virtù in pace e i suoi nove trofei
di guerra. Pericle, tuttavia, anche se moribondo, era ancora cosciente ed esclamò:
«Mi stupisco che voi elogiate e ricordiate di me solo ciò in cui ha avuto parte anche il caso, come
capita a molti altri strateghi, quando il mio merito più grande è quello di non aver causato
personalmente la morte di nessun ateniese»
Vita privata
Pericle, secondo l'usanza ateniese, si sposò con un membro della propria famiglia: non è noto il nome della
moglie ma è certo che fosse stata già maritata a Ipponico dal quale aveva avuto un figlio, Callia, e che da lei
Pericle ebbe due figli, Paralo e Santippo.[63] Il matrimonio, tuttavia, non fu felice e così Pericle, con il pieno
consenso della moglie e dei suoi parenti, le trovò un nuovo marito.
A seguito del divorzio, Pericle si legò con un'etera, Aspasia di Mileto, con la quale prese a convivere more
uxorio e dalla quale peraltro Pericle ebbe un figlio illegittimo, suo omonimo. La relazione suscitò molte
reazioni e l'opposizione di Santippo che, avendo ambizioni politiche, non esitò a calunniare il padre.[102]
Nonostante tutto le persecuzioni non minarono il morale dello statista, per quanto scoppiò in lacrime per
proteggere la sua amata Aspasia, quando fu accusato di corrompere la società ateniese.
Negli ultimi anni, tuttavia, ai problemi politici si aggiunsero una serie di lutti familiari: prima perse la sorella
e poi entrambi i figli, Paralo e Santippo, tutti colpiti dall'epidemia. Non avendo eredi, gli Ateniesi
mitigarono la legge sulla cittadinanza, fatta approvare da Pericle stesso, nel 451 (o 452) a.C.: tale legge,
infatti, limitava il diritto di cittadinanza a coloro i quali erano di origine ateniese sia dal lato paterno quanto
da quello materno[103] ma, per compassione alle sventure dello stratego, iscrissero suo figlio illegittimo,
Pericle il Giovane, nelle fratrie, comunità di cittadini, e gli permisero di accedere alla cittadinanza per
quanto fosse cittadino ateniese solo dal lato paterno.[104][105]
Giudizio storico
Indubbiamente la figura di Pericle segnò un'intera epoca e ispirò giudizi contraddittori circa le sue decisioni
politiche più significative; inoltre, il fatto che fosse al tempo stesso un vigoroso statista, generale e oratore
rende più complessa la valutazione oggettiva delle sue azioni.
Guida politica
Alcuni studiosi contemporanei, ad esempio Sarah Ruden,
definiscono Pericle un populista, demagogo e un «falco»,[106] altri
studiosi, invece, ammirano la sua leadership carismatica.
Scrisse Plutarco:
«Ogni volta che lo butto giù sostiene di non essere caduto e lo dice con una tale sicumera da
convincere tutti i presenti e farsi assegnare la vittoria.»
Plutarco, a differenza di Tucidide, ci offre un ritratto più sfumato dello statista, riprendendo anche alcune
critiche di altri autori:
Inoltre, quanto al giudizio espresso da Tucidide secondo cui Pericle «non era condotto dal popolo, bensì lo
guidava»,[101] alcuni studiosi del secolo XX, come Malcolm F. McGregor e John S. Morrison, hanno
proposto che Pericle fosse il volto pubblico carismatico e che in realtà le proposte derivassero dai suoi
consiglieri o comunque dalla sua cerchia politica.[108][109]
Infine, secondo King, Pericle, aumentando il potere del popolo, lasciò gli Ateniesi senza un leader
autorevole e peraltro ricorda quanto, durante la guerra del Peloponneso, perfino Pericle stesso fosse
dipendente dal sostegno popolare.[29]
Strategia militare
Per oltre 20 anni Pericle ebbe, in qualità di stratego, il comando militare anche se, per prudenza, non
intraprese mai di sua iniziativa una campagna di cui non fosse evidente il rischio né tanto meno accolse gli
«impulsi vani dei cittadini».[110]
Il suo operato, secondo l'opinione di molti storici, in pratica ricalcò la linea politica già intrapresa da
Temistocle e dal principio per cui Atene dipendeva dalla sua egemonia marittima e che non potesse
contrastare la superiorità dell'esercito terrestre spartano.[111] In ogni caso, cercò di ridurre al minimo il
vantaggio terrestre che possedevano gli Spartani rafforzando le mura di Atene, che avevano gravemente
scosso l'uso della forza militare nelle relazioni internazionali greche.[112]
Durante la guerra del Peloponneso, Pericle avviò una strategia difensiva il cui scopo era «l'esaurimento del
nemico e la conservazione dello status quo».[113] Secondo Platias e Koliopoulos Atene, essendo la fazione
più forte, non aveva bisogno di battere Sparta militarmente ma poteva semplicemente sventare i piani del
nemico[113] e aspettare che esaurisse le forze. Pertanto, gli Ateniesi dovevano rifiutare ogni composizione (e
quindi non revocare il decreto megarese) ed evitare sempre ogni spedizione diversiva come quella,
fallimentare, sostenuta da Atene e appoggiata in precedenza da Pericle, in Egitto.[114]
Tale strategia, però, risultava intrinsecamente impopolare per quanto Pericle, grazie al suo carisma
personale, fosse riuscito a convincere il popolo;[115] proprio per questo motivo, Hans Delbrück definì
Pericle uno dei più grandi statisti e capi militari della storia.[116]
Dopo la sua morte gli Ateniesi rimasero sostanzialmente fedeli a tale linea di condotta, al di là di alcune
spedizioni offensive,[117] cercando di preservare anziché espandere i loro possedimenti, fino alla catastrofica
Spedizione in Sicilia,[115] e forse, se Pericle non fosse morto, la sua politica avrebbe avuto successo.[118]
In ogni caso la strategia di Pericle raccolse numerosi sostenitori quanto detrattori che in comune affermano
quanto Pericle stesso fosse migliore come politico e oratore che come stratega.[119]
Donald Kagan definì la strategia di Pericle «pia illusione che non è riuscita», Barry S. Strauss e Josiah Ober
hanno dichiarato che «come stratega era un fallimento e merita una parte di responsabilità per la grande
sconfitta di Atene», e Victor Davis Hanson ritiene che Pericle non aveva elaborato una strategia chiara per
un'efficace azione offensiva che avrebbe potuto costringere Tebe o Sparta a fermare la guerra.[120][121][122]
Kagan fondò la sua critica su quattro motivi: in primo luogo, respingendo concessioni minori ha portato alla
guerra; in secondo luogo, imprevista da parte del nemico, mancava di credibilità; terzo, era troppo debole né
sfruttava eventuali opportunità; infine dipendeva da Pericle per la sua esecuzione e, quindi, non poteva non
essere abbandonato dopo la sua morte.[123] Quanto ai costi, Kagan stimò che ogni anno la strategia di
Pericle costasse oltre 2.000 talenti, somma sufficiente per appena tre anni di conflitto e che pertanto si
poteva adattare solo a un breve scontro, non certo per quello in corso.[124][125]
Altri, come ad esempio Donald W. Knight, concludono che la strategia era troppo difensiva e non avrebbe
avuto successo.[126]
D'altra parte, Platias e Koliopoulos rigettano queste critiche fino a dichiarare che «gli Ateniesi persero la
guerra solo quando invertirono drammaticamente la grande strategia di Pericle che esplicitamente
disdegnava ulteriori conquiste»[127] e Hanson ribatte che, sebbene non innovativa, avrebbe potuto portare a
una stagnazione del conflitto in favore di Atene.[124]
Infine, alcuni sostengono che è solo una conclusione popolare che i successori di Pericle mancassero delle
sue capacità o del suo carisma.[128]
Capacità oratoria
Sia i commentatori moderni di Tucidide sia gli storici e scrittori
contemporanei assumono posizioni differenti sulla questione per cui
i discorsi di Pericle citati da Tucidide non rappresentino (o
rappresentino solo in parte) le parole dello statista, ma costituiscano
una libera creazione letteraria oppure una parafrasi di Tucidide.
Pericle, infatti, non distribuì mai le sue orazioni e pertanto gli storici
non sono in grado di rispondere con certezza se i tre discorsi Dipinto di Hector Leroux (1682–
riportati da Tucidide siano realmente frutto di Pericle o una 1740), che ritrae Pericle e Aspasia
mentre ammirano la statua di Atena
rielaborazione dello storico, se questi vi abbia aggiunto le proprie
nello studio di Fidia
nozioni e pensieri. Facendo leva sul contrasto tra lo stile letterario,
appassionato e idealista dei discorsi di Pericle e lo stile compassato
e analitico di Tucidide, alcuni affermano che Pericle fosse una fonte principale di tali discorsi. Altri, invece,
obbiettano che la differenza stilistica si possa addebitare all'integrazione del discorso retorico all'interno
dell'opera storiografica e che Tucidide abbia semplicemente adoperato due stili differenti.
«era impresa critica riprodurne a memoria, con precisione e completezza, i rispettivi contenuti; per
me, di quanti avevo personalmente udito, e per gli altri che da luoghi diversi me ne riferivano.
Questo metodo ho seguito riscrivendo i discorsi: riprodurre il linguaggio con cui i singoli
personaggi, a parer mio avrebbero espresso nelle contingenze che via via si susseguivano i
provvedimenti ritenuti ogni volta più opportuni.»
(Tucidide I, 22 (http://www.miti3000.it/mito/biblio/tucidide/peloponneso/primo_uno.htm))
Se lo storico contemporaneo Donald Kagan, ne The Peloponnesian War, afferma che Pericle avesse
adottato nei suoi discorsi «uno stile elevato, libero dai trucchi volgari e disonesti», a parere dello storico
Diodoro Siculo, «eccelleva su tutti i suoi concittadini in abilità oratoria»[129]; nelle parole di Plutarco:
Gorgia, nell'omonimo dialogo di Platone, usa Pericle come esempio di potente eloquio;[130] nel Menesseno,
tuttavia, Socrate afferma ironicamente che Pericle, essendo educato da Aspasia, allenatrice di molti oratori,
sarebbe superiore a qualcuno se fosse stato educato da Antifonte,[131] e inoltre attribuisce la paternità
dell'orazione funebre ad Aspasia e critica la venerazione di Pericle da parte dei suoi contemporanei.[132]
Infine, Platone ricorda ne il Fedro l'origine di uno dei soprannomi con cui è noto Pericle, «Olimpio»,
solitamente connesso a Zeus, perché come Zeus era il re degli dei, così Pericle superò tutti nell'oratoria;[133]
Aristofane, invece, ironicamente usò tale appellativo per sottolinearne la boria e l'orgoglio, e in tal modo lo
apostrofa in una sua commedia: «Nell'ira balenò Pericle Olimpio, tuonò, sconvolse tutta quanta la
Grecia».[134]
Quintiliano, elogiando lo stile di Pericle, ricorda che egli si preparava assiduamente per i discorsi e che,
prima di presentarsi in tribuna, pregava gli Dei affinché non proferisse alcuna parola impropria.[135] Sir
Richard C. Jebb conclude che «unico statista ateniese, Pericle deve essere stato unico per due aspetti anche
come oratore ateniese: in primo luogo perché ha occupato una posizione di supremazia personale come
nessun uomo raggiunse prima o dopo di lui, in secondo luogo perché i suoi pensieri e la sua forza morale gli
fecero ottenere una tale fama per l'eloquenza come nessun altro ebbe mai dagli Ateniesi né prima né dopo di
lui».[136]
Lascito
Certamente le opere letterarie o artistiche, commissionate da Pericle o composte durante il suo governo,
costituiscono tuttora l'eredità più visibile dello statista ateniese e, al riguardo, Paparrigopoulos scrisse che
questi capolavori sono «sufficienti a rendere il nome della Grecia immortale nel nostro mondo».[119]
Il giudizio politico è, invece, più sfumato: Victor L. Ehrenberg, per esempio, sostenne che l'imperialismo
ateniese, che nega la vera democrazia e la libertà per il popolo di tutti a vantaggio di un solo Stato
dominante, fu parte del lascito dello statista.[137]
Altri, riprendendo Tucidide, si spingono oltre affermando che un tale arrogante imperialismo portò alla
rovina Atene[138] e peraltro è ancor oggi oggetto di vivaci discussioni il rapporto tra imperialismo e la
promozione della democrazia nei paesi oppressi.[139][140]
Molti, al contrario, sostengono che bisogna ascrivere a Pericle la nascita di un umanesimo ateniese[141] di
cui la libertà d'espressione costituisce il segno più duraturo[142] insieme alla democrazia intesa come gestione
partecipativa del potere da parte di una fetta consistente della popolazione maschile; aspetti che ancor oggi
rendono Pericle il «topos dello statista ideale nella Grecia antica».[119][143]
Note
Esplicative
1. ^ L'espulsione era motivata dal fatto che Megacle, arconte eponimo nel VII secolo a.C., si
era reso responsabile dell'uccisione nei luoghi sacri di Cilone e dei suoi seguaci durante il
tentato colpo di stato del 632 a.C.
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Voci correlate
Democrazia ateniese
Aspasia di Mileto
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