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Atene è una città dell’Attica cioè una regione storica dell’antica Grecia. Dal punto di vista
geografico, l’Attica è costituita da pianure:
• Il pedìon dell’Imetto e l’Egaleo
• Il pedìon a sud del’Imetto con il demo di Peania
• Il pedìon di Maratona, a nord-est
• Il pedìon di Eleusi a nord-ovest
e laddove non vi sono pianure, vi sono colline e montagne: dal Laurio, all’Imetto, al Pentelico e al
Parnete. Abbiamo dunque un territorio articolato naturalmente predisposto alla formazione di
poteri locali, separati e distinti. E’ un territorio non privo di risorse agricole, né minerarie e
soprattutto strategicamente proiettato sull’Egeo e perciò destinato ad uno sviluppo marinaro sia in
termini commerciali che militari. Atene fu sede di un palazzo miceneo posto sull’Acropoli (centro
sacro della città), fortificato da mura ciclopiche (l’antico pelasgico), inoltre necropoli micenee sono
a Maratona, a Sparta etc. Questo palazzo non ha però restituito tavolette e da ciò si presume che il
palazzo non è stato importante (Atene non è città del Peloponneso e l’esperienza del palazzi è
principalmente peloponnesiaca!).Nella tradizione mitica un ruolo particolare spetta alla figura di
Teseo, uno dei re d’età micenea, famoso sia per l’azione di civilizzazione dei luoghi dell’Attica e tra
Attica e Peloponneso ( è un eroe civilizzatore, come lo è Eracle per l’ambiente dorico), sia per il
sinecismo e cioè l’unificazione dell’Attica intorno ad un unico centro cioè Atene. Ma in realtà
l’unificazione avvenne più tardi, nel corso dell’VIII sec: quindi ciò che la tradizione ricorda per il
periodo miceneo dell’Attica non si concentra nella figura di Teseo, né si può considerare
agevolmente miceneo! Prima di Teseo si ricordano i nomi di quattro re: Cecrope, Erittonio,
Pandione e il padre di Teseo, Egeo. A Teseo poi sarebbero succeduti almeno altri sette re fino a
Medonte, segue poi la dinastia dei Medontidi che in parte è considerata dalla tradizione come una
serie di re, in parte come arconti a vita. Una tradizione letteraria inaffidabile ha cercato di coprire
la mancanza di documentazione con l’elaborazione a tavolino di un’evoluzione costituzionale della
polis ateniese: a una fase monarchica (cui corrispondono nomi di re privi di consistenza storica) si
sarebbero succeduti governi retti da arconti ( da archon il cui plurare è archontes “colui che
comanda”) prima eletti a vita, poi in carica per dieci anni, infine dal 683 a.C annuali con Creonte
che è l’arconte eponimo. Dietro tali ricostruzioni si nasconde il dominio esclusivo di un gruppo
ristretto di famiglie, note sotto il nome collettivo di Eupatridi (i ben nati). Il centro del potere in
città rimase a lungo il consiglio dell’Areopago (“collina di Ares”) dove avvenivano le riunioni: il
collegio di anziani costituito da tutti gli ex arconti.
Formazione del collegio arcontale.
Il collegio arcontale è costituito da 9 arconti:
• Arconte eponimo: è colui che dà il nome all’anno, che ad Atene va dal primo giorno del
mese di Ecatombeone all’ultimo giorno del mese di Sciroforione ( da Luglio a Luglio);
• Arconte basileus: non si tratta di una continuità con il wanaka. Egli conserva le competenze
religiose del sovrano e dunque ha un ruolo soprattutto sacrale, poiché presiede i misteri eleusini;
• Arconte polemarco: Secondo Aristotele il nome significherebbe “colui che ha potere in
guerra”, egli infatti aveva incarichi militari ed era alla guida dell’esercito. Tuttavia l’arconte
polemarco perderà le sue funzioni militari che passeranno allo strategòs e continuerà ad essere
gestore delle liti tra cittadini e non cittadini.
• Poi c’è il gruppo dei 6 Tesmotèti “tesmos + titemi”= porre le leggi. Tesmos sono le leggi che
provengono da Dio, non è il nomos. In origine i thesmòi erano orali ma ad un certo punto
divennero scritte.
Secondo Aristotele i poteri degli arconti derivavano dalla distribuzione dei poteri prima concentrati
nella sola figura del re. Scaduto il mandato arcontale, gli arconti entravano a far parte della boulè
dell’Areopago.
Dunque nell’Athenaion Politeia, Aristotele concepisce la storia del collegio dei 9 arconti come
quella di una progressiva erosione del potere dei basileis, a cui si affianca il polemarco e i
tesmoteti e sebbene questa rappresentazione possa peccare di meccanicità, tuttavia Aristotele
sembra aver colto molto bene il carattere fondamentale del collegio degli arconti, ispirato al
principio di equilibrio dei poteri.
L’Areopago.
Scaduto l’anno di carica degli arconti, essi entravano a far parte dell’Areopago, il consiglio
dell’Atene aristocratica presso l’Acropoli di Atene, su cui si riunivano i membri della boulè
(secondo la tradizione mitica, qui sarebbe stato giudicato Ares da 12 dei per un omicidio
compiuto). Quest’assemblea è a carattere elitario perché era esclusiva degli arconti usciti di carica
e la funzione era la custodia delle leggi (nomofulachìa) contro ogni violazione e la giurisdizione sui
delitti di sangue. L'Areopago perse lentamente il controllo della vita pubblica col sorgere delle
prime forme di democrazia. Dal 487 a.C si assiste al lento declino dell’Areopago grazie alla
rivoluzione democratica già avviata da Clistene e con la fondazione della boulè, in seguito Efialte e
Pericle nel 462 a.C limitarono i poteri dell’Areopago, che cominciò ad occuparsi solo dei reati
relativi al sacrilegio e agli omicidi. L’Areopago riacquista importanza con il declino della
democrazia e il sorgere della civiltà ellenistica.
In età classica (V sec) con la democratizzazione di Atene, gli arconti vengono richiamati a
presiedere i tribunali e secondo Aristotele in particolare l’arconte eponimo aveva giurisdizione
sulle cause di diritto privato tra i cittadini: il polemarchos su cause riguardanti gli stranieri; il
basileus, oltre a funzioni sacre, presiede tribunali che giudicano casi di empietà e quei tribunali che
giudicano i diversi casi di omicidio:
• Areopago: sebbene privato dei poteri politici dopo il 462 a.C, conservò il prestigio del
passato. Composto da ex arconti la sua giurisdizione abbracciava i reati di sangue, ovvero
l'omicidio premeditato, ferite inferte con l'intenzione di uccidere, incendio di casa abitata ed
avvelenamento. In caso di omicidio, poteva condannare il reo a morte; in caso di ferite, poteva
applicare la sanzione massima dell'esilio e della confisca dei beni;
• Palladio: così denominato poiché aveva sede nel santuario di Atena dove era custodita
l'immagine sacra del Palladio, proveniente da Troia; giudicava le cause di omicidio involontario e,
se l'uccisore dimostrava di non aver agito intenzionalmente, poteva concedere la pena dell'esilio
senza attuare confisca dei beni.
• Delfinio: aveva sede nel santuario di Apollo Delfinio fuori le mura di Atene ed era investito
della causa se l'arconte basileus, in sede di istruttoria, avesse ritenuto che l'omicidio fosse
scusabile. L'omicidio era legittimo nei seguenti casi: per difesa di sé o della proprietà, omicidio
avvenuto in guerra o durante una competizione sportiva, uccisione di adulteri colti in flagrante.
• Freatto: sedeva nel santuario omonimo sulla sponda del mare presso il porto di Zea, in
luogo non bene identificato; giudicava coloro che, esuli per omicidio involontario, erano accusati
di aver commesso dolosamente e con premeditazione altro delitto.
La figura di Draconte.
Nel 621- 624 a.C vi fu il CODICE DI DRACONTE: un codice di leggi che si occupava di omicidio, di
lesioni, di furti, di questione ereditarie, di adulteri, di contratti e di diritto di proprietà, di
provvedimenti suntuari (cioè contro il lusso), del diritto di cittadinanza. Molta attenzione era
rivolta alle questioni procedurali, segno che le leggi si rivolgevano in primo luogo a coloro che
detenevano il potere. La legislazione sull’omicidio fu trascritta su pietra alla fine del V secolo ed è
per questo giunta fino a noi, potremmo anche pensare che si tratti di un falso però Atene ha
avuto, alla fine del V sec, una riforma dell’alfabeto, per cui tutti i documenti furono trascritti e la
maggior parte delle trascrizioni sono fededegne. In tale iscrizione vi è il superamento
dell’autotutela omerica: mentre nel mondo omerico il risarcimento e le pene venivano stabilite
dalle parti in causa che si riunivano e trovavano un accordo (i parenti dell’ammazzato chiedevano
una ricompensa) , con Draconte interviene lo Stato, vi è la conquista della statalità, che ha il diritto
di arrogare la pena, lasciando alla famiglia della vittima l’iniziativa dell’azione penale. Le pene era
distinte in base al tipo di delitto: era lecito uccidere l’adultero colto in flagrante; c’era l’esilio in
caso di delitto involontario, anche se vi poteva essere il perdono e il ritorno dopo il consenso
unanime dei parenti (che se mancavano venivano sostituiti dai membri della fratria del morto); nel
caso di delitto volontario c’era l’esilio perpetuo e la confisca dei beni. Il fatto che non viene citato
l’Areopago, dimostra che in certi ambienti non c’era! La legge di Draconte fu fatta in seguito
all’eccidio dei ciloniani. Beloch riconduce il nome Draconte a “dràcon”= serpente, ritenendo che
fosse un’ipostasi (personificazione) della dea Atena e quindi non realmente esistito. Musti dice che
i legislatori non sono figure solari ma mitiche però Draconte è l’unico che non ha una cronologia
oscillante per cui è una figura più stabile e non viene visto quindi da Musti come personaggio
mitico. Aristotele dice che Draconte fu autore di una politeia e divise la cittadinanza in vari censi
( Aristotele parla di una divisione in termini monetari e quindi riflette la situazione di IV secolo cioè
il secolo in cui lui vive e in cui c’era la moneta). Dunque la legge di Draconte è il primo tassello
verso la statalità ateniese, ma è esagerato attribuirgli una politeia vera e propria. Spesso si è
messo in relazione la legge di Draconte con l’episodio di Cilone e dei ciloniani: la legge sarebbe
intervenuta per regolare la questione. Nell’Athenaion Politeia, Aristotele attribuisce a Draconte
una costituzione timocratica (relativo ad una costituzione ordinata secondo il censo) da ritenersi
però appartenente ad un’età più tarda, forse al V sec a.C e forse sotto Clistene, dall’analisi di alcuni
elementi politico-economico-sociali contenuti nella descrizione della stessa politeia:
• Limitazione della cittadinanza a quanti avevano il censo utile per procurarsi le armi e
servire l’esercito;
• Istituzione di una boulè di 400 membri;
• Ruolo di controllo affidato all’Areopago per la custodia delle leggi e la sorveglianza
dell’operato del magistrato;
• Istituzione della strategìa
La studiosa Cinzia Bearzot ritiene molto dubbia la testimonianza aristotelica sulla costituzione
draconiana sulla basi di questi elementi che appaiono influenzati da modelli di V/IV sec a.C. Musti
ritiene infatti poco probabile che, accanto alla boulè dell’Areopago, la comunità aristocratica
ateniese conoscesse già prima di Solone una boulè di 400 membri.
Solone.
Solone è una figura storica indiscutibile, una figura di grosso spessore in merito all’esperienza
politica e figura di mediatore politico. Egli era tra i 7 saggi e apparteneva ad una famiglia
aristocratica e assai abbiente, anche se la tradizione successiva amò dipingerlo anacronisticamente
come esponente della classe media, in riferimento al suo porsi come mediatore tra ricchi e poveri
(“diallaktès”: arbitro tra le varie parti sociali). Solone si era procurato notorietà tra gli ateniesi in
virtù del ruolo svolto nella recente guerra contro Megara per il possesso dell’isola di Salamina e
grazie alle sue composizioni poetiche che descrivevano la difficile situazione politica e sociale della
polis: i frammenti superstiti costituiscono la fonte più affidabile sul suo pensiero e sulle azioni da
lui intraprese. La sua attività, oltre ad essere ricostruita dai frammenti della sua opera, è stata
ricostruita da Erodoto e da fonti di IV sec a.C rifluite in Aristotele e nella “Vita di Solone” di
Plutarco (I sec. d.C).
Nel corso della seconda metà del VII sec a.C vi fu una crisi della società ateniese: le terre erano
concentrate nelle mani del ristretto gruppo degli Eupatridi, mentre parte di coloro che le
coltivavano in condizione di affittuari ( detti hektemeròi= “quelli della sesta parte” avrebbero
dunque dovuto versare forse 1/6 del prodotto al proprio creditore), era stata ridotta in condizione
schiavile. La povertà del suolo e l’estrema vulnerabilità dei piccoli proprietari terrieri di fronte alle
calamità naturali, erano caratteristiche comuni di gran parte delle comunità greche. Per cercare di
uscire dalle difficoltà, senza cadere nella guerra civile, si scelse di affidarsi ad un uomo scelto
all’interno della comunità, cui furono offerti i pieni poteri: una procedura simile a quella che, in
anni vicini, era stata seguita a Mitilene, affidando le sorti ad un esìmneta (un arbitro). Tale
personalità fu Solone che venne eletto arconte nel 594 a.C.
Solone stabilì alcuni punti fermi nella riflessione politica:
- I problemi della comunità possono essere affrontati e risolti all’interno della stessa, senza
ricorrere a spiegazioni o mediazioni divine
- Tutti i componenti concorrono con il loro operato al buon funzionamento della comunità
- Perché la comunità funzioni nel migliore dei modi, ciascuno deve rinunciare a eccessive
ambizioni personali e sacrificare una parte del vantaggio privato nell’interesse della collettività.
Si tratta di principi fondamentali, che vanno in direzione della progressiva erosione dello spazio
privato a favore dello spazio pubblico, il cui rafforzamento è indispensabile per una migliore
confidenza.
Solone soprattutto nel IV sec, divenne presso i suoi concittadini una figura leggendaria, le cui
imprese tendevano a perdere i contorni storici per essere adattate alle esigenze del presente.
Solone tuttavia è una figura realmente esistita, si riconnetteva ai Nelidi (appartiene a quegli
ambienti che valorizzano la figura di Nelèo, un eroe tessalico, eolico che passa per Atene, prima di
andare in Ionia). Solone non volle farsi tiranno, egli ha una cultura delfica, non incline alla
tirannide. Inoltre egli depressiona l’acquisizione onnivora dell’aristocrazia che egli chiama “iubris”
tracotanza: dai frammenti potrebbe apparentemente emergere una politica antiaristocratica, egli
dunque si difende dalla tendenza iubristica dell’aristocrazia, dalla tendenza demagogica e dalla
tirannide. Egli non fu un rivoluzionario e pensava che i più fortunati per nascita o censo, dovessero
avere le maggiori responsabilità e i più grandi onori all’interno della comunità. Poiché la crisi era
nata dalla terra, il fulcro degli interventi soloniani, riguardò il regime fondiario. Solone estinse per
legge i debiti contratti dagli Ateniesi verso qualsiasi concittadino (provvedimento chiamato
“seisachteia”= scuotimento dei pesi, cioè i pesi insostenibili dei debiti), restituendo a ciascuno le
terre che aveva coltivato in precedenza e addirittura cercando in tutta la Grecia quanti erano stati
venduti come schiavi per riscattarli e farli tornare in patria. Tale misura suscitò il malcontento degli
Eupatridi, che vedevano minacciati i loro interessi. Ma d’altra parte egli scontentò anche la parte
più povera della cittadinanza ateniese, che sperava in un ben più radicale intervento che portasse
a una redistribuzione delle terre dell’Attica. Ciò se fosse avvenuto, avrebbe comportato una vera
rivoluzione del tutto estranea al pensiero di Solone, il quale riteneva che le famiglie più abbienti
dovessero mantenere i loro privilegi e il controllo della cosa pubblica ma in un regime di maggiore
equità.
Le classi censitarie: una celebre riforma attribuita a Solone divise la cittadinanza ateniese in 4 classi
basate sulla produzione agricola:
1. Pentacosiomedimni, coloro le cui terre erano in grado di raggiungere una produzione di
500 medimni (un medimdno era circa 52,5 litri) di grano o olio o vino;
2. Cavalieri, 300 medimni, “ippeis”
3. Zeugiti, 200 medimni, da “zeugos”= cocchio, inzialmente si intendeva come chi ha una
coppia di buoi ma in realtà sono gli opliti
4. Teti, meno di 200 medimni.
(I medimni sono contenitori di amidi)
L’accesso alla vita politica, da quel momento, fu regolato dall’appartenenza a una di queste classi:
le principali magistrature erano riservate a coloro che facevano parte della prima o al più, delle
prime due classi, mentre ai teti era concessa solo la partecipazione all’assemblea ma non il
privilegio di rivestire cariche. Con questo provvedimento, per la prima volta veniva introdotto un
regime fondato sulla ricchezza e non sulla nascita per regolare la vita politica di una comunità: si
tratta di un criterio timocratico. Tale struttura costituzionale persiste anche negli anni a venire.
Solone legislatore: Secondo la tradizione, Solone fu autore di riforme in campo costituzionale. In
particolare gli venne attribuita l’introduzione di un consiglio di 400 cittadini (100 per ciascuna
tribù) dunque progenitore del consiglio dei Cinquecento clistenico. E’ probabile che tale consiglio
sia un’invenzione degli oligarchici che , nel 411, cercarono di istaurare ad Atene un regime
imperniato su un consiglio di 400 uomini, altrettanto dubbia è l’ipotesi che Solone abbia creato il
tribunale popolare dell’Eliea. In quanto all’introduzione da parte di Solone, di un codice di leggi,
questo avrebbe riguardato ogni aspetto della vita quotidiana dei cittadini. Molte leggi però
appaiono come tarde rielaborazioni di IV sec, quando la sua figura era ormai diventata leggendaria
e il suo nome veniva utilizzato per dare lustro a qualsiasi tipo di provvedimento. Tra le leggi,
certamente non vanno considerate originali le leggi che prevedono pene pecuniarie, perché
l’Atene del tempo non conosceva ancora l’uso corrente della moneta. E’ certo invece che
riguardassero molti aspetti della vita quotidiana: temi economici e etici riguardanti la famiglia, i
funerali e il lusso. Inoltre vi è una legge che obbligava il cittadino a schierarsi in caso di contese
civili: il cittadino non poteva restare neutrale, al fine di una partecipazione del cittadino alla vita
della propria comunità: un principio che sarà fondamentale nell’Atene democratica del secolo
successivo.
Un’elegia di Solone è l’”Eunomia” : mentre a Sparta eunomia è intesa come conservazione del
cosmos, l’eunomia per Solone è più laica, si tratta di un convergere verso la società. Egli vuole
stemperare gli eccessi della vita politica e ci riesce quando esalta il concetto di “dìke”= la giustizia.
Solone è dunque il fondatore di un’oligarchia moderata secondo cui ognuno ha doveri e diritti in
base al suo stato sociale. La dikè dunque assegna le cose in base a chi tu sei !
I Pisistratidi.
Alla morte di Pisistrato (528 a.C) gli succedono i figli, che la tradizione conosce in numero di 4:
- Ippia e Ipparco nati da moglie legittima
- Iofonte e Egesistrato nati da una donna argiva ( è da sottolineare questo stretto rapporto
con Argo: una delle cause dell’ostilità spartana nei confronti della discendenza di Pisistrato al
potere di Atene).
Il potere fu nelle mani di Ippia, il figlio maggiore. Ipparco è presentato come intellettuale che
pratica un mecenatismo verso i poeti: per merito di Ipparco Atene ospitò poeti come Simonide e
Anacreonte. Un momento di crisi della tirannide dei Pisistratidi si verifica nel 514 anno in cui
Ipparco, invaghitosi del giovane Armodio ma da questi respinto, inizia ad assumere
comportamenti persecutori, infastidendolo (quindi in questo caso non si tratta di un tirannicidio).
Nasce così la congiura di Armodio e Aristogitone, due giovani aristocratici. A questo punto il
governo di Ippia comincia a venir meno poiché si deteriorano i rapporto con la popolazione di
Atene. Ci sono in realtà due tradizioni: una che parla dell’uccisione di Ipparco come tirannicidio,
l’altra che dice che Ipparco è stato ucciso per aver infastidito un ragazzo. La tirannide per la
tradizione finisce nel 511 a.C. Gli Alcmeonidi hanno un ruolo fondamentale in merito alla fine della
tirannide. Volevano ritornare ad Atene ma perdono nella battaglia di Lipsidrio ma quando
interviene Cleomene I, re spartano, non soddisfatto della politica peloponnesiaca, Ippia fu
circondato nell’Acropoli e si arrende autoesiliandosi. Se ne andò a Sigeo, suo possedimento
nell’Ellesponto.