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ATENE ARCAICA.

Atene è una città dell’Attica cioè una regione storica dell’antica Grecia. Dal punto di vista
geografico, l’Attica è costituita da pianure:
• Il pedìon dell’Imetto e l’Egaleo
• Il pedìon a sud del’Imetto con il demo di Peania
• Il pedìon di Maratona, a nord-est
• Il pedìon di Eleusi a nord-ovest
e laddove non vi sono pianure, vi sono colline e montagne: dal Laurio, all’Imetto, al Pentelico e al
Parnete. Abbiamo dunque un territorio articolato naturalmente predisposto alla formazione di
poteri locali, separati e distinti. E’ un territorio non privo di risorse agricole, né minerarie e
soprattutto strategicamente proiettato sull’Egeo e perciò destinato ad uno sviluppo marinaro sia in
termini commerciali che militari. Atene fu sede di un palazzo miceneo posto sull’Acropoli (centro
sacro della città), fortificato da mura ciclopiche (l’antico pelasgico), inoltre necropoli micenee sono
a Maratona, a Sparta etc. Questo palazzo non ha però restituito tavolette e da ciò si presume che il
palazzo non è stato importante (Atene non è città del Peloponneso e l’esperienza del palazzi è
principalmente peloponnesiaca!).Nella tradizione mitica un ruolo particolare spetta alla figura di
Teseo, uno dei re d’età micenea, famoso sia per l’azione di civilizzazione dei luoghi dell’Attica e tra
Attica e Peloponneso ( è un eroe civilizzatore, come lo è Eracle per l’ambiente dorico), sia per il
sinecismo e cioè l’unificazione dell’Attica intorno ad un unico centro cioè Atene. Ma in realtà
l’unificazione avvenne più tardi, nel corso dell’VIII sec: quindi ciò che la tradizione ricorda per il
periodo miceneo dell’Attica non si concentra nella figura di Teseo, né si può considerare
agevolmente miceneo! Prima di Teseo si ricordano i nomi di quattro re: Cecrope, Erittonio,
Pandione e il padre di Teseo, Egeo. A Teseo poi sarebbero succeduti almeno altri sette re fino a
Medonte, segue poi la dinastia dei Medontidi che in parte è considerata dalla tradizione come una
serie di re, in parte come arconti a vita. Una tradizione letteraria inaffidabile ha cercato di coprire
la mancanza di documentazione con l’elaborazione a tavolino di un’evoluzione costituzionale della
polis ateniese: a una fase monarchica (cui corrispondono nomi di re privi di consistenza storica) si
sarebbero succeduti governi retti da arconti ( da archon il cui plurare è archontes “colui che
comanda”) prima eletti a vita, poi in carica per dieci anni, infine dal 683 a.C annuali con Creonte
che è l’arconte eponimo. Dietro tali ricostruzioni si nasconde il dominio esclusivo di un gruppo
ristretto di famiglie, note sotto il nome collettivo di Eupatridi (i ben nati). Il centro del potere in
città rimase a lungo il consiglio dell’Areopago (“collina di Ares”) dove avvenivano le riunioni: il
collegio di anziani costituito da tutti gli ex arconti.
Formazione del collegio arcontale.
Il collegio arcontale è costituito da 9 arconti:
• Arconte eponimo: è colui che dà il nome all’anno, che ad Atene va dal primo giorno del
mese di Ecatombeone all’ultimo giorno del mese di Sciroforione ( da Luglio a Luglio);
• Arconte basileus: non si tratta di una continuità con il wanaka. Egli conserva le competenze
religiose del sovrano e dunque ha un ruolo soprattutto sacrale, poiché presiede i misteri eleusini;
• Arconte polemarco: Secondo Aristotele il nome significherebbe “colui che ha potere in
guerra”, egli infatti aveva incarichi militari ed era alla guida dell’esercito. Tuttavia l’arconte
polemarco perderà le sue funzioni militari che passeranno allo strategòs e continuerà ad essere
gestore delle liti tra cittadini e non cittadini.
• Poi c’è il gruppo dei 6 Tesmotèti “tesmos + titemi”= porre le leggi. Tesmos sono le leggi che
provengono da Dio, non è il nomos. In origine i thesmòi erano orali ma ad un certo punto
divennero scritte.
Secondo Aristotele i poteri degli arconti derivavano dalla distribuzione dei poteri prima concentrati
nella sola figura del re. Scaduto il mandato arcontale, gli arconti entravano a far parte della boulè
dell’Areopago.
Dunque nell’Athenaion Politeia, Aristotele concepisce la storia del collegio dei 9 arconti come
quella di una progressiva erosione del potere dei basileis, a cui si affianca il polemarco e i
tesmoteti e sebbene questa rappresentazione possa peccare di meccanicità, tuttavia Aristotele
sembra aver colto molto bene il carattere fondamentale del collegio degli arconti, ispirato al
principio di equilibrio dei poteri.

L’Areopago.
Scaduto l’anno di carica degli arconti, essi entravano a far parte dell’Areopago, il consiglio
dell’Atene aristocratica presso l’Acropoli di Atene, su cui si riunivano i membri della boulè
(secondo la tradizione mitica, qui sarebbe stato giudicato Ares da 12 dei per un omicidio
compiuto). Quest’assemblea è a carattere elitario perché era esclusiva degli arconti usciti di carica
e la funzione era la custodia delle leggi (nomofulachìa) contro ogni violazione e la giurisdizione sui
delitti di sangue. L'Areopago perse lentamente il controllo della vita pubblica col sorgere delle
prime forme di democrazia. Dal 487 a.C si assiste al lento declino dell’Areopago grazie alla
rivoluzione democratica già avviata da Clistene e con la fondazione della boulè, in seguito Efialte e
Pericle nel 462 a.C limitarono i poteri dell’Areopago, che cominciò ad occuparsi solo dei reati
relativi al sacrilegio e agli omicidi. L’Areopago riacquista importanza con il declino della
democrazia e il sorgere della civiltà ellenistica.
In età classica (V sec) con la democratizzazione di Atene, gli arconti vengono richiamati a
presiedere i tribunali e secondo Aristotele in particolare l’arconte eponimo aveva giurisdizione
sulle cause di diritto privato tra i cittadini: il polemarchos su cause riguardanti gli stranieri; il
basileus, oltre a funzioni sacre, presiede tribunali che giudicano casi di empietà e quei tribunali che
giudicano i diversi casi di omicidio:
• Areopago: sebbene privato dei poteri politici dopo il 462 a.C, conservò il prestigio del
passato. Composto da ex arconti la sua giurisdizione abbracciava i reati di sangue, ovvero
l'omicidio premeditato, ferite inferte con l'intenzione di uccidere, incendio di casa abitata ed
avvelenamento. In caso di omicidio, poteva condannare il reo a morte; in caso di ferite, poteva
applicare la sanzione massima dell'esilio e della confisca dei beni;
• Palladio: così denominato poiché aveva sede nel santuario di Atena dove era custodita
l'immagine sacra del Palladio, proveniente da Troia; giudicava le cause di omicidio involontario e,
se l'uccisore dimostrava di non aver agito intenzionalmente, poteva concedere la pena dell'esilio
senza attuare confisca dei beni.
• Delfinio: aveva sede nel santuario di Apollo Delfinio fuori le mura di Atene ed era investito
della causa se l'arconte basileus, in sede di istruttoria, avesse ritenuto che l'omicidio fosse
scusabile. L'omicidio era legittimo nei seguenti casi: per difesa di sé o della proprietà, omicidio
avvenuto in guerra o durante una competizione sportiva, uccisione di adulteri colti in flagrante.
• Freatto: sedeva nel santuario omonimo sulla sponda del mare presso il porto di Zea, in
luogo non bene identificato; giudicava coloro che, esuli per omicidio involontario, erano accusati
di aver commesso dolosamente e con premeditazione altro delitto.

Il tentativo di Cilone: primo episodio storicamente individuabile della storia ateniese.


La situazione ad Atene, nel corso del VII sec, era tutt’altro che stabile e pacifica. Il momento di crisi
si riflette anche nel primo episodio della storia ateniese che ebbe luogo nel 632, con il colpo di
Stato di Cilone. Cilone era un aristocratico, apparteneva ad una classe sociale elevata e fu anche
vincitore alle Olimpiadi. Sposò la figlia del tiranno Teagene di Mègara, con cui stabilisce
un’alleanza e negli anni ’30 del VII sec a.C tenta l’istaurazione della tirannide ad Atene. A ciò si
oppone una delle più grandi famiglie ateniesi cioè gli Alcmeonidi, che agirono facendo intervenire
una sorta di milizia privata più che l’esercito della polis. La tradizione vuole che i ciloniani legati
con un filo di corda andarono supplici presso il tempio di Atena. Gli Alcmeonidi li massacrarono
non rispettando però la protezione divina. Dopo questo evento cruento, la tradizione parla degli
alcmeonidi come empi. (Erodoto filoalcmeonideo racconta questo evento in maniera diversa, più
sfumata). Circa 30 anni dopo, la tradizione dice che ci fu una pestilenza ad Atene e gli ateniesi non
sapendo che fare avrebbero chiamato da Creta Epimenide cretese che era un “catartès” cioè un
purificatore (Creta aveva tradizioni catartiche: ad es Apollo andò a Creta a farsi purificare).
L’Epimenide storico, ricordato da Aristotele come profeta del passato, è un “demurgos”
professionista e avrebbe detto che la peste ad Atene era dovuta al fatto che ad Atene ci fossero
degli empi cioè gli Alcmeonidi. Il racconto più dettagliato, dopo quello vago ed enigmatico di
Erodoto, lo offre Tucidide nelle Storie. Secondo lui l’aristocratico Cilone, interpretando
erroneamente un responso dell’oracolo di Delfi che gli aveva indicato la festa di Zeus come buona
occasione per un colpo di Stato ad Atene, aveva occupato l’Acropoli durante i giochi olimpici. Era
sostenuto da un club di coetanei, ma si appoggiava anche alle truppe di Teagene, tiranno di
Megara, di cui aveva sposato la figlia. Gli Ateniesi, però, erano intervenuti in massa dai campi per
assediare i ciloniani sull’Acropoli, e poi l’assedio era stato gestito collettivamente dai nove arconti
di Atene, fra i quali spiccava Megacle, della potente famiglia degli Alcmeonidi. Infine, quando molti
congiurati erano già morti di fame e di sete, Cilone e il fratello erano scappati, e i sopravvissuti si
erano posti come supplici nel tempio di Atena. Gli arconti avevano persuaso i ciloniani a uscire dal
tempio con la promessa che li avrebbero sottoposti a regolare processo, ma poi avevano fatto una
strage, lapidandoli e sgozzandoli sugli altari dove si erano rifugiati. Il sacrilegio era inaudito, una
macchia indelebile su Megacle e sui suoi discendenti, che da allora vennero chiamati «empi nei
confronti della dea».
All’inizio della Costituzione degli Ateniesi, Aristotele sottolinea che Megacle e gli altri autori del
sacrilegio erano stati poi processati ed espulsi da Atene, o meglio i vivi erano stati esiliati, e persino
le ossa di quelli che nel frattempo erano morti erano state esumate e gettate fuori dai confini. Più
tardi anche Plutarco, nella biografia di Solone (638-558 a.C.), ricorda il processo e l’esilio dei
sacrileghi vivi e l’esumazione dei morti, mentre Diogene Laerzio precisa che Solone aveva
chiamato da Creta il saggio e veggente Epimenide per purificare la città da una pestilenza,
quest’ultima vista come conseguenza diretta del sacrilegio. Epimenide aveva eseguito alcuni riti e
preghiere, permettendo a Solone di richiamare gli Alcmeonidi dall’esilio: Clistene, autore di
importanti riforme che di fatto fondarono la democrazia ateniese, era del loro ceppo. Ma la
maledizione continuò ad essere usata come arma politica per molto tempo.
La data e la sequenza dei fatti di Cilone sono discusse. La maggior parte degli studiosi pone il colpo
di Stato e il sacrilegio fra il 640, presunta data della vittoria olimpica di Cilone, e il 621, data delle
leggi di Dracone sugli omicidi (codice di Dracone) , leggi che regolamentavano i giudizi per
assassinio, limitando l’autorità delle grandi famiglie a favore dello Stato, e che furono forse un
modo di rispondere alle ripercussioni dei tragici fatti. Il processo e la condanna degli Alcmeonidi
sono invece posti una generazione dopo l’accaduto, intorno al 600-590 a.C., il che giustificherebbe
il riferimento all’espulsione delle ossa dei sacrileghi che al momento del processo erano già morti
e sepolti. Permangono tuttavia numerosi dubbi, non solo perché la vicenda subì continue
deformazioni e condizionamenti in senso filo o antidemocratico, ma anche perché si tratta di uno
dei più antichi episodi della storia greca propriamente detta — al di fuori del mito — e pertanto
presenta forti problemi di sovrapposizioni e confusioni nella memoria collettiva.
Nel maggio 2016, durante gli scavi per la costruzione della National Library of Greece e della
National Opera di Atene, è stata rinvenuta nella zona del Falero (Fàliro), un sobborgo a sud-ovest
di Atene, sito del più antico porto e della più grande necropoli della città, una sepoltura di massa
con ottanta scheletri umani ed equini ben conservati. Gli scheletri sono stati trovati allineati uno
vicino all’altro, con le mani legate da ceppi di ferro, alcuni con la faccia rivolta a terra, cosa che li
ha fatti considerare prigionieri o schiavi. Le loro ossa e i denti in buone condizioni sono indizio di
buona estrazione sociale e suggeriscono che essi morirono in giovane età. Probabilmente furono
uccisi con colpi alla testa, tutti insieme, vittime forse di un’esecuzione politica. Uno scenario che
ricorda le Fosse Ardeatine o Srebrenica. Due piccoli vasi trovati nella sepoltura sono stati datati
intorno alla metà o all’ultimo quarto del VII secolo a.C. (650-600 a.C.) La direttrice dei servizi
archeologici regionali, Stella Chrysoulaki, pensa che si possa trattare della fossa comune in cui
vennero gettati i seguaci di Cilone.
Nel 596 anno in cui cominciò la 1° guerra sacra, la tradizione vuole che il contingente ateniese
sarebbe stato guidato da un alcmeonideo per cui gli Alcmeonidi tornarono subito ma non si
libereranno mai della macchia di empietà. Pisistrato sposò un’alcmeonide poi ripudiata perché
empia. La mamma di Pericle era alcmeonidea e quando ci fu la peste ad Atene, gli Spartani dicono
agli ateniesi che il motivo della peste è Pericle che è un alcmeonide.

La figura di Draconte.
Nel 621- 624 a.C vi fu il CODICE DI DRACONTE: un codice di leggi che si occupava di omicidio, di
lesioni, di furti, di questione ereditarie, di adulteri, di contratti e di diritto di proprietà, di
provvedimenti suntuari (cioè contro il lusso), del diritto di cittadinanza. Molta attenzione era
rivolta alle questioni procedurali, segno che le leggi si rivolgevano in primo luogo a coloro che
detenevano il potere. La legislazione sull’omicidio fu trascritta su pietra alla fine del V secolo ed è
per questo giunta fino a noi, potremmo anche pensare che si tratti di un falso però Atene ha
avuto, alla fine del V sec, una riforma dell’alfabeto, per cui tutti i documenti furono trascritti e la
maggior parte delle trascrizioni sono fededegne. In tale iscrizione vi è il superamento
dell’autotutela omerica: mentre nel mondo omerico il risarcimento e le pene venivano stabilite
dalle parti in causa che si riunivano e trovavano un accordo (i parenti dell’ammazzato chiedevano
una ricompensa) , con Draconte interviene lo Stato, vi è la conquista della statalità, che ha il diritto
di arrogare la pena, lasciando alla famiglia della vittima l’iniziativa dell’azione penale. Le pene era
distinte in base al tipo di delitto: era lecito uccidere l’adultero colto in flagrante; c’era l’esilio in
caso di delitto involontario, anche se vi poteva essere il perdono e il ritorno dopo il consenso
unanime dei parenti (che se mancavano venivano sostituiti dai membri della fratria del morto); nel
caso di delitto volontario c’era l’esilio perpetuo e la confisca dei beni. Il fatto che non viene citato
l’Areopago, dimostra che in certi ambienti non c’era! La legge di Draconte fu fatta in seguito
all’eccidio dei ciloniani. Beloch riconduce il nome Draconte a “dràcon”= serpente, ritenendo che
fosse un’ipostasi (personificazione) della dea Atena e quindi non realmente esistito. Musti dice che
i legislatori non sono figure solari ma mitiche però Draconte è l’unico che non ha una cronologia
oscillante per cui è una figura più stabile e non viene visto quindi da Musti come personaggio
mitico. Aristotele dice che Draconte fu autore di una politeia e divise la cittadinanza in vari censi
( Aristotele parla di una divisione in termini monetari e quindi riflette la situazione di IV secolo cioè
il secolo in cui lui vive e in cui c’era la moneta). Dunque la legge di Draconte è il primo tassello
verso la statalità ateniese, ma è esagerato attribuirgli una politeia vera e propria. Spesso si è
messo in relazione la legge di Draconte con l’episodio di Cilone e dei ciloniani: la legge sarebbe
intervenuta per regolare la questione. Nell’Athenaion Politeia, Aristotele attribuisce a Draconte
una costituzione timocratica (relativo ad una costituzione ordinata secondo il censo) da ritenersi
però appartenente ad un’età più tarda, forse al V sec a.C e forse sotto Clistene, dall’analisi di alcuni
elementi politico-economico-sociali contenuti nella descrizione della stessa politeia:
• Limitazione della cittadinanza a quanti avevano il censo utile per procurarsi le armi e
servire l’esercito;
• Istituzione di una boulè di 400 membri;
• Ruolo di controllo affidato all’Areopago per la custodia delle leggi e la sorveglianza
dell’operato del magistrato;
• Istituzione della strategìa
La studiosa Cinzia Bearzot ritiene molto dubbia la testimonianza aristotelica sulla costituzione
draconiana sulla basi di questi elementi che appaiono influenzati da modelli di V/IV sec a.C. Musti
ritiene infatti poco probabile che, accanto alla boulè dell’Areopago, la comunità aristocratica
ateniese conoscesse già prima di Solone una boulè di 400 membri.

Solone.
Solone è una figura storica indiscutibile, una figura di grosso spessore in merito all’esperienza
politica e figura di mediatore politico. Egli era tra i 7 saggi e apparteneva ad una famiglia
aristocratica e assai abbiente, anche se la tradizione successiva amò dipingerlo anacronisticamente
come esponente della classe media, in riferimento al suo porsi come mediatore tra ricchi e poveri
(“diallaktès”: arbitro tra le varie parti sociali). Solone si era procurato notorietà tra gli ateniesi in
virtù del ruolo svolto nella recente guerra contro Megara per il possesso dell’isola di Salamina e
grazie alle sue composizioni poetiche che descrivevano la difficile situazione politica e sociale della
polis: i frammenti superstiti costituiscono la fonte più affidabile sul suo pensiero e sulle azioni da
lui intraprese. La sua attività, oltre ad essere ricostruita dai frammenti della sua opera, è stata
ricostruita da Erodoto e da fonti di IV sec a.C rifluite in Aristotele e nella “Vita di Solone” di
Plutarco (I sec. d.C).
Nel corso della seconda metà del VII sec a.C vi fu una crisi della società ateniese: le terre erano
concentrate nelle mani del ristretto gruppo degli Eupatridi, mentre parte di coloro che le
coltivavano in condizione di affittuari ( detti hektemeròi= “quelli della sesta parte” avrebbero
dunque dovuto versare forse 1/6 del prodotto al proprio creditore), era stata ridotta in condizione
schiavile. La povertà del suolo e l’estrema vulnerabilità dei piccoli proprietari terrieri di fronte alle
calamità naturali, erano caratteristiche comuni di gran parte delle comunità greche. Per cercare di
uscire dalle difficoltà, senza cadere nella guerra civile, si scelse di affidarsi ad un uomo scelto
all’interno della comunità, cui furono offerti i pieni poteri: una procedura simile a quella che, in
anni vicini, era stata seguita a Mitilene, affidando le sorti ad un esìmneta (un arbitro). Tale
personalità fu Solone che venne eletto arconte nel 594 a.C.
Solone stabilì alcuni punti fermi nella riflessione politica:
- I problemi della comunità possono essere affrontati e risolti all’interno della stessa, senza
ricorrere a spiegazioni o mediazioni divine
- Tutti i componenti concorrono con il loro operato al buon funzionamento della comunità
- Perché la comunità funzioni nel migliore dei modi, ciascuno deve rinunciare a eccessive
ambizioni personali e sacrificare una parte del vantaggio privato nell’interesse della collettività.
Si tratta di principi fondamentali, che vanno in direzione della progressiva erosione dello spazio
privato a favore dello spazio pubblico, il cui rafforzamento è indispensabile per una migliore
confidenza.
Solone soprattutto nel IV sec, divenne presso i suoi concittadini una figura leggendaria, le cui
imprese tendevano a perdere i contorni storici per essere adattate alle esigenze del presente.
Solone tuttavia è una figura realmente esistita, si riconnetteva ai Nelidi (appartiene a quegli
ambienti che valorizzano la figura di Nelèo, un eroe tessalico, eolico che passa per Atene, prima di
andare in Ionia). Solone non volle farsi tiranno, egli ha una cultura delfica, non incline alla
tirannide. Inoltre egli depressiona l’acquisizione onnivora dell’aristocrazia che egli chiama “iubris”
tracotanza: dai frammenti potrebbe apparentemente emergere una politica antiaristocratica, egli
dunque si difende dalla tendenza iubristica dell’aristocrazia, dalla tendenza demagogica e dalla
tirannide. Egli non fu un rivoluzionario e pensava che i più fortunati per nascita o censo, dovessero
avere le maggiori responsabilità e i più grandi onori all’interno della comunità. Poiché la crisi era
nata dalla terra, il fulcro degli interventi soloniani, riguardò il regime fondiario. Solone estinse per
legge i debiti contratti dagli Ateniesi verso qualsiasi concittadino (provvedimento chiamato
“seisachteia”= scuotimento dei pesi, cioè i pesi insostenibili dei debiti), restituendo a ciascuno le
terre che aveva coltivato in precedenza e addirittura cercando in tutta la Grecia quanti erano stati
venduti come schiavi per riscattarli e farli tornare in patria. Tale misura suscitò il malcontento degli
Eupatridi, che vedevano minacciati i loro interessi. Ma d’altra parte egli scontentò anche la parte
più povera della cittadinanza ateniese, che sperava in un ben più radicale intervento che portasse
a una redistribuzione delle terre dell’Attica. Ciò se fosse avvenuto, avrebbe comportato una vera
rivoluzione del tutto estranea al pensiero di Solone, il quale riteneva che le famiglie più abbienti
dovessero mantenere i loro privilegi e il controllo della cosa pubblica ma in un regime di maggiore
equità.
Le classi censitarie: una celebre riforma attribuita a Solone divise la cittadinanza ateniese in 4 classi
basate sulla produzione agricola:
1. Pentacosiomedimni, coloro le cui terre erano in grado di raggiungere una produzione di
500 medimni (un medimdno era circa 52,5 litri) di grano o olio o vino;
2. Cavalieri, 300 medimni, “ippeis”
3. Zeugiti, 200 medimni, da “zeugos”= cocchio, inzialmente si intendeva come chi ha una
coppia di buoi ma in realtà sono gli opliti
4. Teti, meno di 200 medimni.
(I medimni sono contenitori di amidi)
L’accesso alla vita politica, da quel momento, fu regolato dall’appartenenza a una di queste classi:
le principali magistrature erano riservate a coloro che facevano parte della prima o al più, delle
prime due classi, mentre ai teti era concessa solo la partecipazione all’assemblea ma non il
privilegio di rivestire cariche. Con questo provvedimento, per la prima volta veniva introdotto un
regime fondato sulla ricchezza e non sulla nascita per regolare la vita politica di una comunità: si
tratta di un criterio timocratico. Tale struttura costituzionale persiste anche negli anni a venire.
Solone legislatore: Secondo la tradizione, Solone fu autore di riforme in campo costituzionale. In
particolare gli venne attribuita l’introduzione di un consiglio di 400 cittadini (100 per ciascuna
tribù) dunque progenitore del consiglio dei Cinquecento clistenico. E’ probabile che tale consiglio
sia un’invenzione degli oligarchici che , nel 411, cercarono di istaurare ad Atene un regime
imperniato su un consiglio di 400 uomini, altrettanto dubbia è l’ipotesi che Solone abbia creato il
tribunale popolare dell’Eliea. In quanto all’introduzione da parte di Solone, di un codice di leggi,
questo avrebbe riguardato ogni aspetto della vita quotidiana dei cittadini. Molte leggi però
appaiono come tarde rielaborazioni di IV sec, quando la sua figura era ormai diventata leggendaria
e il suo nome veniva utilizzato per dare lustro a qualsiasi tipo di provvedimento. Tra le leggi,
certamente non vanno considerate originali le leggi che prevedono pene pecuniarie, perché
l’Atene del tempo non conosceva ancora l’uso corrente della moneta. E’ certo invece che
riguardassero molti aspetti della vita quotidiana: temi economici e etici riguardanti la famiglia, i
funerali e il lusso. Inoltre vi è una legge che obbligava il cittadino a schierarsi in caso di contese
civili: il cittadino non poteva restare neutrale, al fine di una partecipazione del cittadino alla vita
della propria comunità: un principio che sarà fondamentale nell’Atene democratica del secolo
successivo.
Un’elegia di Solone è l’”Eunomia” : mentre a Sparta eunomia è intesa come conservazione del
cosmos, l’eunomia per Solone è più laica, si tratta di un convergere verso la società. Egli vuole
stemperare gli eccessi della vita politica e ci riesce quando esalta il concetto di “dìke”= la giustizia.
Solone è dunque il fondatore di un’oligarchia moderata secondo cui ognuno ha doveri e diritti in
base al suo stato sociale. La dikè dunque assegna le cose in base a chi tu sei !

Dunque le attività di Solone sono 3:


- Arbitro (diallaktès)
- Legislatore
- Arconte, nel 594-593 a.C
Riguardo al periodo post-soloniano: Si dice che Solone finita la sua opera, si trasferì in Egitto
perché non voleva assistere allo sconvolgimento delle sue leggi che sarebbe effettivamente
avvenuto. Ad Atene riprendono le staseis cioè i conflitti politici.
Dopo 5 anni di anarchia “assenza di un arconte”, vi fu per un paio di anni (582-580 a.C) l’arcontato
di Damàsia, ricordato come un tentativo tirannico. Abbattuto Damàsia, si sperimente ad Atene un
arcontato decemvirale composto da:
• 5 eupatrìdai “gente di nobile lignaggio”
• 3 àgroikoi “contadini”
• 2 demiurgoi “artigiani”
Questi due strani arcontati sono sintomo di una società attraversata da gravi problemi quando
Solone va via.
Abbiamo poi ad Atene una lotta politica cioè uno scontro tra 3 partiti, fazioni:
- I pedièci (quelli della pianura)
- I paralii (quelli della costa)
- Quelli della diacrìa (al di là della zona montuosa) (tra questi c’è Pisistrato).
Questi 3 gruppi che si contrastano, sono a carattere territoriale e clientelare cioè sono gruppi locali
che si trovano intorno a grandi famiglie aristocratiche:
I paralii sono l’oligarchia moderata= famiglia dei Nicomìdi; i pedièci sono l’oligarchia radicale, i
conservatori= famiglia degli Alcmeonidi; quelli della diacria sono i democratici= famiglia dei Filaidi
La lotta tra questi 3 gruppi regionali è un presupposto allo stabilimento della tirannide ateniese!

Pisistrato (VI sec a.C).


La tradizione (Erodoto, Tucidide, Aristotele) ne parlano come uno che governò non in termini
tirannici ma più alla maniera di una polis. Pisistrato, originario di Brauron, località sulla costa
orientale dell’Attica, è un aristocratico che veniva dalla diacrìa, apparteneva alla famiglia dei Filàidi
(egli verrebbe dunque da un’area democratica e infatti la tirannide viene dalla demagogia!). La
tradizione gli attribuisce merito come polemarco nella guerra contro Salamina (isola di fronte
Atene, sul golfo Saronico, contesa tra ateniesi e megaresi). Anche Solone si occupa di questa
questione ma a Solone si attribuì una legge che vietava di parlare di Salamina, un atto di
antinterventismo dunque, Pisistrato invece risolse la questione, agendo in qualità di polemarco e
conquistando Salamina In veste di polemarco il giovane Pisistrato dunque acquistò fama vincendo
i megaresi contro i quali Atene era in guerra, sottraendogli così definitivamente l'isola di Salamina
e il porto saronico di Nisea. In questo caso “polemarco” fa riferimento alla guerra, al guidare una
spedizione militare piuttosto che all’arconte polemarco. La notorietà raggiunta con la conquista di
Salamina, fu rafforzata da una politica volta a ingraziarsi i meno abbienti tra i cittadini dell’Attica
fino ad arrivare ad un colpo di Stato nel 560 a.C, con cui divenne tiranno: Pisistrato irruppe nella
boulè in cui c’era ancora Solone (nel 558 Solone muore). Pisistrato viene rimproverato da Solone
ed era circondato da mazzieri (figure non oplitiche che aiutarono Pisistrato alla presa del potere.
Cacciato (questo primo esilio durò 12 anni), rientrò ad Atene grazie all’alleanza con la potentissima
famiglia degli Alcmeonidi poichè Pisistrato sposo un’alcmeonide, quindi non si può dire che gli
Alcmeonidi sono un partito antitirannico. Pisistrato sposa la figlia di Mègacle e poi la ripudia
tirando in ballo la storia dell’empietà. La rottura dopo poco tempo dell’accordo, costrinse di nuovo
Pisistrato alla fuga (il secondo esilio durò 10 anni dal 543 al 533). Nel 546, grazie ad un esercito
privato, sconfisse un debole esercito ateniese che si era messo contro di lui. Pisistrato prese così
possesso nuovamente della città (siamo nel 533), stavolta mantiene il potere fino alla morte
avvenuto nel 528 a.C
Pisistrato fu un tiranno privo di quei tratti violenti che connotano l’immagine di tanti uomini che
detengono un potere assoluto: governò rispettando l’assetto istituzionale ateniese e migliorando
per molti aspetti la città, tanto che molti ricordarono il periodo del suo governo come una sorta di
età dell’oro. Atene infatti nel corso del VI sec, conobbe un grande sviluppo culturale ed
economico: a questo periodo vengono datate le prime monete ateniesi, con la testa di Atena sul
diritto e una civetta sul rovescio. Della sua azione di governo possiamo ricordare:
- Lo sviluppo edilizio della città, accompagnato da una grande attenzione alla vita artistica e
culturale (curò una versione dei poemi omerici in quanto interessato ad Omero; si attribuisce
inoltre a Pisistrato la nascita della tragedia dal momento che egli favorisce il controllo pubblico,
politico di certe manifestazione legate al culto di Dioniso. Dioniso è collegato al ritorno della
primavera, al vino e dare importanza ad una divinità che non è nel nòvero dei 12 dei, fa capire
come Pisistrato sostiene la campagna.
- Integrazione tra città e chora cioè la campagna: migliora le vie di comunicazione tra Atene
e le varie zone dell’Attica, concede aiuti ai piccoli proprietari terrieri, istituisce giudici itineranti
affinchè i contadini dell’Attica non fossero costretti a recarsi ad Atene per ottenere giustizia. Tutto
ciò per rendere meno marcate le differenze tra città e campagna.

La politica estera di Pisistrato.


• Salamina e Nisea, conquista prima della tirannide;
• Nell’Egeo centro-meridionale egli consolida l’influenza ateniese su Delo e stringe buoni
rapporti con il tiranno Policrate di Samo;
• Egeo nord- settentrionale e zona degli stretti tra Asia e Europa: Pisistrato creò una piccola
flotta da guerra valendosi delle naucrarie, una distribuzione di cittadini, che fu da lui creata o
almeno vigorosamente utilizzata, in gruppi obbligati ciascuno a fornire una nave. Fuori dell'Attica
Pisistrato affermò la sua autorità nelle isole dell'Egeo, aiutando Ligdami a stabilire il suo dominio in
Nasso e assumendo la protezione del santuario di Apollo in Delo, che era il centro sacro delle
Cicladi. Inoltre egli cercò di assicurarsi il predominio sull'Ellesponto (stretto dei Dardanelli), ciò che
era di grande importanza per il rifornimento di grano dalle sponde settentrionali del Ponto, del
quale l'Attica cominciava ad avere bisogno. Quì sotto la sua alta sovranità il Filaide Milziade I fondò
un principato ateniese nel Chersoneso di Tracia (nome antico della penisola di Gallipoli), dove più
tardi da lui stesso o dai suoi successori furono conquistate e popolate di coloni ateniesi le isole di
Lemno e di Imbro. Presso lo sbocco poi dello stretto dei Dardanelli, nella Troade, Pisistrato occupò
sulla costa asiatica Sigeo, ciò che diede occasione a una lunga guerra con i Mitilenesi perché la
strappò loro. Nella penisola greca Pisistrato coltivò buone relazioni con i Tessali, ma senza
romperla con i Beoti e così pure con Argo, ma rimanendo in buoni rapporti con Corinto. A ogni
modo può dirsi che quello di Pisistrato fosse dopo Periandro il secondo tentativo per costituire un
impero marittimo fatto dai Greci in età storica. Esso si collega con lo sviluppo del commercio
ateniese attestato dai ritrovamenti ceramici, i quali mostrano come alla metà del sec. VI esso
cominciasse a prevalere anche nel Ponto settentrionale e in Etruria, dove riuscì a poco a poco ad
eliminare a poco a poco la concorrenza corinzia.

I Pisistratidi.
Alla morte di Pisistrato (528 a.C) gli succedono i figli, che la tradizione conosce in numero di 4:
- Ippia e Ipparco nati da moglie legittima
- Iofonte e Egesistrato nati da una donna argiva ( è da sottolineare questo stretto rapporto
con Argo: una delle cause dell’ostilità spartana nei confronti della discendenza di Pisistrato al
potere di Atene).
Il potere fu nelle mani di Ippia, il figlio maggiore. Ipparco è presentato come intellettuale che
pratica un mecenatismo verso i poeti: per merito di Ipparco Atene ospitò poeti come Simonide e
Anacreonte. Un momento di crisi della tirannide dei Pisistratidi si verifica nel 514 anno in cui
Ipparco, invaghitosi del giovane Armodio ma da questi respinto, inizia ad assumere
comportamenti persecutori, infastidendolo (quindi in questo caso non si tratta di un tirannicidio).
Nasce così la congiura di Armodio e Aristogitone, due giovani aristocratici. A questo punto il
governo di Ippia comincia a venir meno poiché si deteriorano i rapporto con la popolazione di
Atene. Ci sono in realtà due tradizioni: una che parla dell’uccisione di Ipparco come tirannicidio,
l’altra che dice che Ipparco è stato ucciso per aver infastidito un ragazzo. La tirannide per la
tradizione finisce nel 511 a.C. Gli Alcmeonidi hanno un ruolo fondamentale in merito alla fine della
tirannide. Volevano ritornare ad Atene ma perdono nella battaglia di Lipsidrio ma quando
interviene Cleomene I, re spartano, non soddisfatto della politica peloponnesiaca, Ippia fu
circondato nell’Acropoli e si arrende autoesiliandosi. Se ne andò a Sigeo, suo possedimento
nell’Ellesponto.

Clistene. (565-492 a.C= VI-V sec)


Come abbiamo detto poco prima, intervengono gli Spartani, con l’intento di istaurare un governo
aristocratico, sotto la guida di Isagora, esponente di una delle famiglie più illustri di Atene. Le cose
però non andarono come previsto perché l’alcmeonide Clistene cacciò dall’acropoli il contingente
spartano, costrinse Isagora all’esilio e nel 508, con l’appoggio del popolo fece una riforma delle
istituzioni ateniesi, che oggi consideriamo come l’inizio del regime democratico ad Atene! Clistene
era il nipote di Clistene tiranno di Sicione (che nel 592 a.C partecipò alla I Guerra Sacra, indetta
dall’anfizionia delfica), venne eletto arconte per la prima volta nel 524 a.C ma fu esiliato verso la
fine della tirannide di Ippia, per poi ritornare nel 510 dopo la caduta del tiranno. Da un lato
dunque abbiamo Isagora che voleva una tirannide in senso oligarchico, dall’altro abbiamo Clistene
che voleva stabilire una democrazia (Erodoto (484-425= V sec) infatti negli anni 40 del V sec visse
ad Atene e in un rapido passaggio disse che Clistene aveva introdotto la democrazia ad Atene. Ciò
però non era vero perché la democrazia è con Pericle (495-429) che raggiunse la sua forma più
compiuta. Erodoto fa un anacronismo ma ci fornisce un’informazione importante cioè che Clistene
veniva letto come introduttore della democrazia, quindi è storica la percezione che si ha di Clistene
come democratico).
Provvedimenti di Clistene:
 Riforma delle tribù (fiulè) detta anche filetica o tributa: ad Atene vigeva l’ordine filetico
ionico, esistevano cioè 4 tribù ioniche. Clistene aumentò il numero a 10 e ciascuna prendeva il
nome da eroi del mito suggeriti dall’oracolo di Delfi, ed erano determinanti nella composizione dei
collegi di magistrati e nell’attribuzione dei posti nel consiglio dei Cinquecento. Inoltre queste tribù
non erano più genetiche ma a base territoriale per superare così la conflittualità regionale: il
territorio della penisola dell’Attica venne infatti diviso in tre parti: la fascia costiera, l’interno e il
centro urbano di Atene. In ciascuna delle tre parti vennero individuate dieci trittìe, per un totale di
trenta. Ciascuna tribù era appunto formata da 3 trittìe (3x10). Ogni tribù prendeva membri dalla
paralìa, dal pedìon e dalla diacrìa.Aristotele quando parla di Clistene, sintetizza la sua politica con
una parola chiave: “mescolare”, infatti con la nuova struttura delle tribù territoriali, Clistene
mescolò la cittadinanza e ruppe i vincoli gentilizi che animarono l’Attica fino a Pisistrato. Vidal
Naquet notò che mentre le tribù ioniche avevano come riferimento il mondo naturale delle
quattro stagioni, dato che erano quattro, con Clistene abbiamo una geometrizzazione del territorio
poiché inventa un’impostazione politica sulla razionalità del numero 10.
 I demi: il territorio dell’Attica venne suddiviso in demi, che erano circa 139. E’ impossibile
dare un’unica traduzione al termine “demo”, a seconda dei casi esso poteva indicare un quartiere
della città, un piccolo villaggio dell’Attica o un centro abitato di maggiori dimensioni. Il cittadino
acquisiva il suo status attraverso l’iscrizione ai registri del proprio demo, e di conseguenza il suo
nome venne accompagnato dal demotico (cioè dall’indicazione del demo di provenienza) e non
più solo dal patronimico. Il demo in sé conserverà una grande vitalità culturale, religiosa e anche
politica.
 L’organo più innovativo introdotto nel 508 a.C da Clistene fu il consiglio (boulè) dei
Cinquecento. In esso sedevano, eletti per anno, 50 cittadini per ciascuna tribù (50x10 tribù) estratti
a sorte da un elenco di volontari. Questo organisco era incaricato di preparare l’ordine del giorno
dell’assemblea, gestiva inoltre l’amministrazione e garantiva la presenza quotidiana dello stato:
infatti 50 consiglieri (esponenti di una sola tribù), a turno, assicuravano la loro presenza costante
nella sede del consiglio, per la durata di una pritanìa (circa 36 giorni), sorteggiando ogni giorno, tra
di loro, un presidente.
 A Clistene si attribuisce anche l’invenzione del collegio dei 10 strateghi. Quella di
“strategòs” era ad Atene la carica più importante, Pericle ad es si fece nominare quattordici volte
strategòs per restare al potere. Generalmente per strategòs si ritiene un capo militare, colui che si
occupa di guerra, ma non è solo questo: egli proviene dal ceto aristocratico ed è una figura anche
a carattere diplomatico, non è primariamente un combattente ma un uomo politico.
 L’ostracismo. Tutti i cittadini potevano partecipar all’ekklesìa cioè all’assemblea che si
riuniva circa una quarantina di volte all’anno sulla collina della Pnice e decideva su molte questioni
fondamentali per la vita dello stato, tra cui la guerra e la pace. Di competenza dell’assemblea era
anche una procedura particolare e cioè l’ostracismo. Una volta all’anno l’assemblea ateniese si
riuniva per decidere se fosse opportuno liberarsi di qualche membro della comunità, se la risposta
era positiva, in una successiva riunione ciascun cittadino scriveva su un coccio di ceramica ( detto
“òstrakon”, da cui il nome di questa procedura) il nome di chi avrebbe desiderato colpire. Chi
otteneva il maggior numero di voti veniva ostracizzato, cioè esiliato per 10 anni dalla città, senza
però perdere i suoi bene e né la possibilità di riacquistare i suoi diritti una volta trascorso questo
periodo di tempo. Tale procedura fu per la prima volta applicata tra 487 e 416 e furono colpiti
molti personaggi ateniesi di spicco. L’ostracismo dunque nacque dal desiderio della comunità di
liberarsi di personalità “ingombranti” e sospette di aspirare alla tirannide. Gli òstraka giunti fino a
noi, dimostrano come gruppi di attivisti preparavano cocci già scritti e li distribuivano ai cittadini
per le votazioni con l’intento di esiliare esponenti delle fazioni avversarie.
Clistene dunque lotta contro poteri aristocratici concentrati: fa sì che le nuove tribù evitino il
concentramento clientelare e questo è alla base della creazione della democrazia (nell’Atene di V
sec democrazia è un termine negativo però, perché indica il potere delle masse). Clistene realizzò
la sintesi tra campagna e città iniziata da Pisistrato. E’ il politico che porta avanti e realizza istanze
soloniane e il programma pisistratico di complementarietà tra città e campagna.
Il significato delle riforme clisteniche:
• Si può parlare di vera e propria democrazia? No, poiché il potere delle famiglie più potenti
non venne eccessivamente compromesso, infatti restava intatto il vecchio ordinamento
costituzionale basato sul collegio degli arconti (cui potevano accedere solo le prime due classi
censitarie) e sul consiglio dell’Areopago, cui spettava il controllo delle leggi e della condotta dei
cittadini ateniesi.
• Perché Clistene attuò questa trasformazione della vita politica? Alcuni hanno pensato che
egli voleva mantenere il potere della sua famiglia, gli Alcmeonidi, blandendo il popolo e riducendo
il potere delle clientele avversarie nelle varie zone dell’Attica; altri hanno pensato che ciò è stato
fatto in seguito all’esigenza di coprire l’immissione nella cittadinanza di numerosi elementi
(persino schiavi) che non ne avrebbero avuto diritto.
Ciò che è importante notare è la miscela di tradizione e innovazione infatti Clistene innova le
strutture politiche ateniesi.

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