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ISTITUTO ITALIANO DI NUMISMATICA

ANNALI DELL’ISTITUTO ITALIANO DI NUMISMATICA – 2013


AN NALI

ROMA
N E L L A S E D E D E L L’ I S T I T U T O
ISSN 0578–9923 2013

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AIIN, 59 (2013), pp. 27–67

RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA*


(Tavola I)

Il tema della moneta di ferro spartana non è certamente nuovo.


Esso si inquadra in una lunga tradizione di studi, che ne ha fissato le
caratteristiche principali, spesso deviate dall’immagine stereotipata
della chiusura spartana agli scambi commerciali e a qualunque forma
di ricchezza monetata.
Questa tradizione di studi ha dato origine a due posizioni diffe-
renti: la prima ritiene la moneta di ferro spartana priva di valore in-
trinseco, la traccia di un primo stadio dello sviluppo monetario1; la se-
conda, invece, la interpreta come l’evoluzione di un conservatorismo
sociale, un processo condizionato ideologicamente2.
Per evitare interpretazioni riduttive e unilaterali o anacronistiche
di questa moneta così particolare, in quanto espressione culturale più
che economica della polis dei Lacedemoni, occorrerà elaborare una
prospettiva interpretativa che tenga conto della sua forma, valore, fun-
zione nella società spartana, in base ai dati ricavabili dalla documenta-
zione antica, considerati nel loro contesto storico preciso, e dei carat-
teri che definiscono il ‘ferro’ spartano una moneta.
L’interpretazione sul nómisma spartano prende avvio dall’intui-
zione di A. Segrè3 prima e di H. Michell dopo, quando credevano di

* Un ringraziamento particolare va al prof. N. Parise, che con la sua sensibilità


e competenza mi ha fatto amare una disciplina e incoraggiata nella ricerca. Grazie al
confronto avuto con il prof. Parise e con i proff. E. Greco e M. Nafissi, ho potuto af-
frontare un argomento così complesso quanto interessante. A loro vanno i miei più
sinceri ringraziamenti. Infine, un sentito grazie rivolgo ai referees anonimi per la po-
sitiva valutazione e per i proficui suggerimenti.
1
MÜLLER 1839; KÖHLER 1882.
2
FINLEY 1982, pp. 22–40.
3
SEGRÈ 1928.

27
VALERIA TOSTI

dover distinguere per Sparta due differenti mezzi di scambio4, l’obelós,


di cui si attestano alcuni esemplari in santuari spartani, e il pélanor, di
cui non abbiamo attestazioni archeologiche, ma che le fonti descrivono
solo nel valore (nominale) e nella sua inutilizzabilità perché fatto di
ferro addolcito nell’aceto5. Prima degli inizi del IV sec. a.C.6, le testi-
monianze letterarie, uniche fonti a nostra disposizione, non documen-
tano una proibizione nell’uso della moneta e più in generale della ric-
chezza in forma di moneta7. Da questa constatazione si è diffusa tra gli
studiosi l’opinione secondo cui il nómisma spartano fu un’invenzione
successiva alla vittoria di Egospotami, frutto di una particolare propa-
ganda che, in nome di Licurgo e dell’oracolo delfico, avversava in quel
momento il grande successo di Lisandro e, secondo alcuni, la sua pro-
posta di coniare monete in symmachía (Tav. I, 1)8. Datazione completa-
mente differente viene ipotizzata da altri studiosi9, secondo i quali la
decisione di non battere una propria moneta che potesse competere

4
MICHELL 1946–7.
5
X. Lac. 7, 5–6, come anche gli autori ellenistici, non specificano né la forma,
né il metallo del nómisma spartano. Solo in Polluce viene esplicitato che la moneta
spartana aveva la forma di spiedo. Il termine ‘pélanor’, ‘focaccia’, non è usato prima
di Esichio. Il valore, invece, basato su una convenzione ufficiale (NENCI 1974, pp.
646–51), è solo nominale.
6
Come si vedrà nelle pagine seguenti, la proibizione della ricchezza monetata e
l’uso a Sparta di una moneta convenzionale compare con Senofonte e sarà definitiva-
mente fissata dalla descrizione che Plutarco fa della società spartana.
7
Dopo aver verificato l’anacronismo delle fonti letterarie che parlano di proibi-
zione della moneta a Sparta e l’uso di un nominale di ferro privo di valore, PICARD
1980 conclude che il divieto dell’uso della moneta coniata sembra essere successivo al
404 a.C., dopo l’arrivo a Sparta di un’ingente quantità di denaro in seguito alla vitto-
ria nella guerra del Peloponneso e il richiamo alla legge suntuaria licurghea sembrava
essere una via sicura per l’accettazione della mozione.
8
Tra le varie ipotesi avanzate sulla cronologia della moneta SUN, con Eracle
che strangola due serpenti, ci convince maggiormente quella proposta da FABIANI
1999, secondo la quale il periodo dell’alleanza nata al tempo della spedizione microa-
siatica di Agesialo (396–4 a.C.) sarebbe stato quello più adatto a spingere città lon-
tane geograficamente e diverse per storia e stirpe (città ioniche e doriche) a unirsi tra
di loro e battere moneta. Di altro avviso è CHRISTIEN 2002, pp. 176–8 che daterebbe
la coniazione della moneta in symmachía al 407 a.C. ad Efeso, non a caso il quartiere
centrale di Lisandro. Questa proposta non trova tutti d’accordo.
9
Di questa opinione è FIGUEIRA 2002, con bibliografia precedente.

28
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

con quella eginetica e la creazione di moneta di ferro addolcito a bas-


sissimo valore intrinseco costituirebbe una delle novità ascrivibile alla
‘sixth–century revolution’, nell’ambito di una politica di controllo re-
strittivo della ricchezza posseduta dai privati cittadini spartani.
Il quadro della situazione non sembra però del tutto soddisfa-
cente, perché il problema è stato sempre studiato in associazione agli
spiedi di ferro attribuiti al re di Argo, Fidone10 e agli strumenti premo-
netali e, in questo modo, si è rimasti legati all’idea riduttiva della mo-
neta di ferro quale segno dell’isolamento di Sparta a partire dalla metà
del VI sec. a.C.11. La prospettiva sulla moneta spartana può assumere
nuovi risvolti se rileggiamo le fonti letterarie alla luce delle riflessioni
sul ‘miraggio spartano’, i cui effetti distorti sono ormai da tempo rico-
nosciuti12, e sulle tradizioni spartane, oggi considerate di dubbia esi-
stenza. La moneta spartana, così come tutto ciò che si vuole far risalire
a Licurgo e alla Grande Rhetra13, rientra perfettamente in un campo di

10
L’assimilazione del sistema monetario spartano agli spiedi di ferro argivi ha
inizio con Eforo (FHG 70 F 115, F 176) e poi si è fissata nella tradizione di studi. Da
ultimo si vedano PARMEGGIANI 2001; HUDAK 2009 e FIGUEIRA 2002, in particolare
nelle pp. 146–147, nonostante riconosca la non storicità della riforma monetaria di
Fidone, la paragona all’altrettanto anacronistico decreto monetario spartano, che
prevedeva monete di ferro, decreto attribuito alla figura ancor meno storica di Li-
curgo.
11
L’idea dell’austerità spartana voluta da Chilone intorno alla metà del VI non
è più accettata all’unisono: vd. a questo proposito NAFISSI 2009, p. 130. Il rapporto
con la ricchezza a Sparta era forse più complesso del semplice e netto rifiuto: come fa
notare HODKINSON 2000, pp. 151–186 doveva esistere un tipo di economia in cui le
differenze economiche non venivano eliminate del tutto, piuttosto ridotte a rango se-
condario, in accordo ai valori civici spartani. Cfr. anche FIGUEIRA 2002, che sostiene
l’esistenza di un’economia basata sul baratto.
12
Il ‘miraggio spartano’ fu studiato per la prima volta da OLLIER 1933 (1943);
cfr. anche TIGERSTEDT 1965–78; POWELL–HODKINSON 1994.
13
Il testo della Grande Rhetra, secondo quanto riferisce Plutarco (Lyc. 6), fu
trasmesso a Licurgo dalla Pizia. La letteratura in merito è immane per l’importanza
che riveste il testo nella conoscenza di Sparta arcaica. Si citano qui di seguito i contri-
buti essenziali, rimandando alle rispettive bibliografie: HAMMOND 1950; FORREST
1963; KIECHLE 1963, pp. 142–76; PAVESE 1967; SEALEY 1969; OLIVA 1971, pp.
63–122; BRINGMANN 1975; ROUSSEL 1976, pp. 233–45; LÉVY 1977; CARTLEDGE 1979
= 2002, pp. 115–17; WELWEI 1979; BRINGMANN 1980; CARTLEDGE 1980; CLAUSS
1983, p. 116; DUCAT 1983, p. 204; NAFISSI 1991, pp. 51–81; RUZÉ 1991, pp. 15–30;

29
VALERIA TOSTI

studi in cui il limite tra storia e ‘storia inventata’14 è assai labile. Per
questo cercheremo di muoverci con maggiore prudenza tenendo
conto del significato generale che può avere l’utilizzo di un nominale
di questo tipo e della consapevolezza che la moneta non era il solo
strumento di scambio possibile15.
Seguendo un ragionamento che trova il suo fondamento nella
mancanza assoluta di prove archeologiche, si giungerà alla conclusione
che il nómisma spartano possa considerarsi un’invenzione letteraria si-
curamente successiva agli inizi del IV, dopo la vittoria di Egospotami e
l’arrivo in città di ingenti quantità di metalli preziosi e monete coniate.
Il nuovo ruolo rivestito da Sparta nei rapporti economici e politici della
Grecia e i noti casi di corruzione ebbero conseguenze sulla società spar-
tana e sul suo comportamento economico: tutta quella ricchezza andava
ad incidere innanzitutto sulle relazioni sociali degli spartani, che fino a
quel momento avevano denigrato – ma non proibito – l’accumulo di
ricchezza.
La sua invenzione letteraria dunque punta a nostro avviso ad ac-
crescere il mito del ‘miraggio spartano’ come una società anticremati-
stica, scandita e regolamentata da una moneta priva di valore intrin-
seco, oltre che ingombrante e non riutilizzabile.

PAVESE 1992; WALTER 1993, pp. 157–65; OGDEN 1994; MUSTI 1996; THOMMEN
1996, pp. 30–44; LIBERMAN 1997; RUZÉ 1997, pp. 157–72; MEIER 1998, pp. 186–207
e pp. 243–53; RICHER 1998, pp. 93–115; VAN WEES 1999; LINK 2000, pp. 19–30;
LIPKA 2002; MAFFI 2002; MEIER 2002; VAN WEES 2002; LÉVY 2003, pp. 23–36; LINK
2003; THOMMEN 2003, pp. 34–7; LUTHER 2004, pp. 29–59; WELWEI 2004, pp. 59–69;
KÕIV 2005; DREHER 2006; LUTHER 2006, pp. 84–6; RAAFLAUB 2006, pp. 394–8. Da
ultimo NAFISSI 2010, sostenitore dell’«intentional history», il quale ritiene che la Rhe-
tra sia un’invenzione retrospettiva elaborata dagli stessi Spartani secondo la loro idea
della Sparta delle origini: essa non costituisce un documento che segna l’inizio della
costituzione spartana, quanto l’inizio della leggenda della costituzione spartana.
14
Per una ricostruzione dell’«intentional history», che trova la sua più completa
definizione con GEHRKE 1994 e 2001, si veda il contributo di PROIETTI 2012.
15
Cfr. LOMBARDO 1979, p. 119; SIMIAND 1991, p. 189, con il quale concorda
PARISE 1996, p. 726.

30
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

Breve storia degli studi

Riprendendo i dati preliminari esposti molto sinteticamente nella


prefazione, ci sembra necessario provare a delineare le linee principali
secondo le quali si è svolta l’interpretazione della moneta di ferro
spartana, al fine di individuare dei punti problematici e una nuova
prospettiva di ricerca, che provi a liberarsi dalla dipendenza dagli
spiedi di Fidone di Argo16 e dallo stereotipo dell’isolamento e chiusura
di Sparta agli scambi e traffici commerciali.
I primi scavi archeologici condotti a Sparta agli inizi del Nove-
cento dalla British School at Athens portarono alla luce barre di ferro
nel santuario di Artemis Orthia e in un santuario lungo la via per Me-
galopoli17: gli scavatori vollero subito riconoscere in questi spiedi di
ferro, dal peso troppo variabile per poterlo ricondurre ad uno speci-
fico18, il primo sistema monetario spartano, gli obeloí, ben noto dalle

16
L’equivoco dell’assimilazione degli spiedi di ferro spartani con quelli argivi
sarebbe nato dall’errata interpretazione di un passo di Plutarco (Lys. 17, 2–4). Se-
condo tale interpretazione esisteva un rapporto tra le due forme pre–monetali e si
considerava la moneta di ferro spartana una creazione di Licurgo, sviluppo locale, in
una regione ricca di miniere di ferro, degli obeloí–obelískoi dell’originaria fase
pre–monetale. Degli spiedi argivi essa avrebbe conservato sia la forma, che lo svan-
taggio del gran peso unito ad uno scarso valore.
17
DICKINS 1906–07, p. 173 e WOODWARD 1929b, pp. 391–3; DAWKINS 1930,
p. 299. La maggioranza degli spiedi rinvenuti ad Artemis Orthia si data tra la fine
dell’VIII e la fine del VII sec. a.C., ma si attestano esemplari fino alla prima metà del
III sec. a.C. Sembra che la loro fine coincida con la prima coniazione d’argento spar-
tano. Gli spiedi di ferro trovati ad Artemis Orthia, ora conservati al Fitzwilliam Mu-
seum, sono stati pubblicati per la prima volta da SELTMAN 1924, p. 120, fig. 67.
18
HODKINSON 2000, pp. 162–3 fa giustamente notare che nonostante i nume-
rosi ritrovamenti in santuari greci, soprattutto dal tardo VIII sec. a.C. all’inizio del VI
sec. a.C. (cfr. STRØM 1992 e MELVILLE JONES 1993, pp. 35–45), di cui alcuni di questi
interpretati senza ombra di dubbio come dediche proto–monetarie (vd. BROWN
1950, pp. 191–2 e COURBIN 1959, pp. 223–4), è difficile stabilire un peso standard a
causa del loro cattivo stato di conservazione. SEGRÉ 1928 ha ricordato che anche i fa-
sci di oboli in ferro meglio conservati (lunghezza 1,20 m) avevano un peso inferiore a
quello delle mine eginetiche (una manciata di 6 campioni, tra i meglio conservati, pe-
sava 2,418 kg). Si veda anche FURTWÄNGLER 1980; VON REDEN 1997, p. 160 ha soste-
nuto più generalmente che non abbiamo alcuna indicazione sulla standardizzazione
dei pesi degli obeloí circolanti in un’area definita e garantita da una più alta autorità.

31
VALERIA TOSTI

fonti letterarie. Diversamente B. Laum individuava nei falcetti di


ferro, sempre dedicati ad Artemis Orthia, una sopravvivenza della mo-
neta di ferro spartana19.
Da queste due differenti posizioni ha avuto inizio la speculazione,
fortemente influenzata dal rinvenimento degli spiedi di ferro nell’He-
raion di Argo, dove Fidone, prōtos heuretēs della moneta, secondo la
tradizione aveva dedicato i precedenti mezzi della circolazione20.
Fu J.N. Svoronos il primo a indagare la moneta spartana con l’au-
silio delle fonti letterarie, attribuendo a Licurgo la creazione dei pela-
nores, dei quali però alla sua epoca, come ancora nella nostra, non ri-
mangono tracce archeologiche, a causa, secondo lo studioso, della fa-
cile deperibilità del materiale (ferro addolcito) o dell’ignota forma
della moneta tale da non consentire un suo riconoscimento21. Già nel
1947 H. Michell, oltre a rigettare l’ipotesi di Laum delle falci di Orthia
come il nómisma spartano, riconoscendovi invece solo una funzione
cultuale, dubitava persino della paternità licurghea22, ipotizzando che

19
LAUM 1925. Vd. MONTEPAONE 2004, pp. 104–115. Contro la tesi di Laum
sull’origine sacrale della monetazione primitiva, cfr. in particolare REGLING 1930, pp.
2 sgg. e più recentemente PARISE 1987, pp. 51–57 e PARISE 2000, pp. 91–99.
20
Nel 1894 Ch. Waldstein rinvenne nell’Heraion di Argo, in livelli di VII sec.
a.C., una barra di ferro insieme a 180 spiedi/obeloí di ferro di lunghezza uniforme, a
sezione rettangolare, tenuti insieme da due tenie dello stesso metallo e da una sorta di
focaccia in piombo: vd. WALDSTEIN 1902, pp. 61–63, 77 e fig. 31. La presumibile, an-
che se imprecisabile, relazione aritmetica tra la barra e il fascio di spiedi (vd. COURBIN
1983, p. 154) suggerisce che si tratti di una dedica di valore normativo (di diverso av-
viso STRØM 1992 e precedentemente FURTWÄNGLER 1980, pp. 81–98). Pur ammet-
tendo la paternità della dedica a Fidone, per la compatibilità cronologica (VIII–VII
sec. a.C.), se pur non certa, e l’assimilazione alla testimonianza orionea del ritiro dalla
circolazione della dedica di obeloí nell’Heraion argivo da parte di Fidone e dell’atto
della sua prima coniazione di moneta argentea, semplici ragioni cronologiche impedi-
scono di confermare il nesso tra l’anáthema dell’Heraion e l’inizio della monetazione
argentea di Egina, evento non anteriore al secondo–terzo quarto del VI sec. a.C. (cfr.
BROWN 1950, pp. 177–204 e di recente RAGONE 2006, in particolare pp. 77–90, con di-
scussione sull’astoricità dell’assunto e bibliografia precedente). Innegabile è ormai il
valore pre–monetale degli spiedi: a questo proposito si veda PARISE 1979; 1987; 2000.
21
SVORONOS 1910, pp. 53–58.
22
Cfr. MICHELL 1946–7, pp. 42–44: egli dubita anche della funzione monetaria
degli obeloí e avanza questa ipotesi: «It is possible that Sparta exchanged big iron for
imports, and from that the legend arose that iron was money?». Contra NENCI 1974,

32
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

questa attribuzione avesse avuto inizio solo in seguito al divieto di pos-


sesso personale della moneta del 404 a.C., dopo lo scandalo di Gilippo
Interessante a questo proposito la definizione data da A. Segrè
della moneta spartana, come ‘moneta primitiva’23, pur trattandosi di
uno strumento di scambio di una città che ebbe il controllo prima del
Peloponneso e poi dell’intera Grecia, mantenuta fino alla coniazione
della prima moneta con Areus I 24 (Tav. I, 2). Lo studioso distingueva
due tipi di moneta–oggetto in uso a Sparta, il pélanor e l’obelós, en-
trambi in ferro per la facile reperibilità della materia prima nelle vicine
miniere del Taigeto.
Dopo questi primi tentativi di definizione e classificazione l’im-
magine di questa moneta ha subito un processo di cristallizzazione. La
forte discrepanza tra l’inesistenza delle prove archeologiche e la ric-
chezza della documentazione letteraria25 ha provocato posizioni con-
trastanti sull’attribuzione o meno della moneta a Licurgo.

p. 649, secondo cui un commercio spartano del ferro non esclude l’effettiva esistenza
di ferro dolce monetario.
23
Vd. SEGRÈ 1928, pp. 201–205.
24
Per la datazione sulla morte di Areus, cfr. CHRISTIEN 1987, pp. 111–24. Per
GRUNAUER 1978, pp. 7–17, tavv. 1–4 la prima coniazione spartana ha inizio solo
con Cleomene III; per SELTMAN 1933, p. 256 invece non si conia prima del 280
a.C. con Areus. La stessa datazione viene attribuita da CHRISTIEN 2002, p. 171 e p.
183: la studiosa specifica che la prima coniazione non venne fatta nemmeno dagli
stessi spartani, ma probabilmente a Corinto. É significativo il fatto che non siano
stati ritrovati tesoretti a Sparta (si ricorda un solo tesoretto di età ellenistica: cfr.
TOD–WACE 1906 n°695, pp. 241–2; WACE 1907–8, pp. 149–58; THOMPSON–
MØRKHOLM–KRAAY 1973, n. 181) e solo qualche moneta sporadica (vd.
WOODWARD 1929b, 393–8), datate non prima della seconda metà del III sec. a.C.
L’assenza di monete di ferro e monete coniate nel territorio spartano potrebbe tro-
vare spiegazione in un’affermazione di LOMBARDO 1979, p. 115, secondo la quale
l’uso di tesaurizzare moneta coniata, sia propria che altrui, è una conseguenza del-
l’emissione di moneta propria. Occorrerebbe verificare tale ipotesi per poter tro-
vare questa come una delle possibili spiegazioni del mancato rinvenimento di teso-
retti nel territorio spartano. Su alcune città che battono moneta tardi, tra le quali
Cartagine, Bisanzio, Argo, Locri Epizefiri, dopo una rapida verifica, è stata riscon-
trata la stessa situazione spartana, con la presenza dei primi tesoretti soltanto dopo
le prime emissioni monetali.
25
L’ambito di ricerca appare ancora più controverso e spinoso anche per la
quantità e qualità della documentazione letteraria a disposizione, che è scarsa, con-

33
VALERIA TOSTI

Un’analisi comparata con i sidáreoi di Bisanzio e le monete di


cuoio di Cartagine ha permesso a G. Nenci di fare alcune considera-
zioni sul valore convenzionale della moneta, una ‘moneta–segno’ ga-
rantita dallo Stato, a circolazione limitata all’interno della città quale
™pic∫rion nÒmisma26. A Sparta l’uso di una moneta di ferro si spiega,
proseguiva Nenci, con motivi ideologici, volendo essere segno di seve-
rità e austerità dei costumi spartani, collegati a Licurgo. Con il mede-
simo metodo di comparazione, F. Barello avrebbe più tardi chiamato
in causa l’assetto politico di una città che determina la sua politica mo-
netaria e blocca la coniazione della moneta locale27.
Negli ultimi dieci anni le indagini sulla moneta di ferro e più in
generale sull’economia spartana hanno raggiunto definizioni più pun-
tuali e maggiori consapevolezze per mezzo delle analisi socio-econo-
miche di T.J. Figueira, S. Hodkinson e J. Christien. Le loro ricerche
hanno saputo sfruttare in modo critico le uniche fonti a disposizioni,
quelle letterarie, esaminate in modo puntuale e con un’attenzione par-
ticolare al contesto socio-politico28.

traddittoria, disuguale a differenza di quella ateniese (a questo proposito vd. AMPOLO


1979, in particolare n. 32).
26
NENCI 1974 ammette l’uso di un koinÒn nÒmisma, una moneta corrente fra i
Greci, ad esempio le tartarughe eginetiche, per scambi commerciali con l’esterno e
soprattutto per esigenze militari. Della stessa opinione è FIGUEIRA 1998, che richiama
il celebre passo di Platone (Lg. 742 a–b) per l’uso dell’ flEllhnikÒn quando si esce dai
confini della polis. Vd. anche FARAGUNA 2003. L’uso della moneta di ferro per un
mercato interno diventa un’idea condivisa da tutti gli studiosi, tra i quali ricordiamo
MUSTI 1981; BARELLO 1993b; HODKINSON 2000; FIGUEIRA 2002.
27
I confronti citati sono Locri Epizefiri, Argo, Larissa e Bisanzio: sono tutte so-
cietà di tipo tradizionale, dominate da un’oligarchia terriera e una servitù di tipo ilo-
tico, nelle quali avviene il rifiuto della valenza ideologica della moneta come mezzo di
scambio e arricchimento. Ricordiamo anche Erea e Tegea, non citate da Barello, ma
che utilizzano, come le altre, una moneta convenzionale in ferro. Vd. BARELLO 1993a.
Anche HODKINSON 2000, attraverso esempi di altre città prive di un proprio nomi-
nale, ritrova nella struttura socio–economica basata sulla proprietà terriera – un’élite
terriera e una popolazione servile – le cause della scelta di non battere moneta.
28
Cfr. FIGUEIRA 1998; 2002; HODKINSON 2000; 2009; CHRISTIEN 2002; 2004.
Un’analisi critica delle fonti letterarie era già stata fatta da COZZOLI 1979 e BULTRI-
GHINI 1999.

34
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

Forma e Valore

Partiamo dall’analisi della forma, del materiale e del valore del


nómisma spartano, secondo le indicazioni forniteci dalla documenta-
zione letteraria.
Per quanto riguarda la forma sono state elaborate diversi ipotesi29
non ancorate a nessuna fonte letteraria né tanto meno archeologica: gli
autori antichi lo definiscono genericamente nÒmisma o s…d»reoj30. No-
nostante la genericità delle fonti, si è voluto dare per scontato che la
moneta spartana fosse da assimilare agli obeloí dell’Heraion di Argo
(Tav. I, 3), condizionati probabilmente sia da fonti di gran lunga poste-
riori all’epoca della circolazione degli spiedi, che assimilavano la forma
del nómisma spartano all’obelós presente31, sia dalla tradizione che at-
tribuiva a Fidone di Argo la prima moneta in argento, le tartarughe egi-
netiche32. Una seconda ipotesi ha assimilato la moneta spartana ad una
focaccia, sulla base di una glossa di Esichio che chiama la moneta spar-
tana ‘pelanor’33. Se la prima ipotesi è supportata da rinvenimenti nel

29
Già SVORONOS 1906, pp. 192–202.
30
Senofonte (Lac. 7, 5), il primo testimone dell’uso della moneta di ferro a
Sparta, non specifica né la forma né il metallo. Cfr. Plutarco (Lyc. 9).
31
Vd. Poll. 7, 105; 9, 77–78; Orion s.v. ÑbelÒj; Suid. Etym.M. s.v. dracm» e s.v.
Ñbel…skoj. Sull’etimologia di ‘obelós’, vd. RAGONE 2006, pp. 60–64. In precedenza,
Plutarco (Lys. 17, 5) aveva nominato gli spiedi attribuendo loro una valenza moneta-
ria, senza però riferirsi al particolare caso spartano, ma più genericamente ad una
forma universale della prima valuta greca.
32
Il ruolo attribuito a Fidone nella creazione della moneta coniata, noto non
prima del V sec. d.C. con Orione di Tebe (s.v. ÑbelÒj), risulta essere un’invenzione
(la notizia sembra debba risalire ad Eraclide Pontico, fr. 152 Wehrli): egli si limitò
alla riforma di m√tra, ovvero un’operazione di ricalibratura riduttiva delle unità pon-
derali. Cfr. RAGONE 2006, pp. 90–101. La dedica degli spiedi all’Heraion di Argo si
spiegherebbe quindi non come un atto di «demonetizzazione», ma di consacrazione
dei vecchi mezzi della circolazione, in seguito al riassetto dei pesi e delle misure con-
cordemente attribuito a Fidone (vd. COOK 1958, pp. 257–59).
33
Hsch. s.v. p√lanor, p 1286 Latte. Su un’altra glossa (Hsch. s.v. ƒppÒpor, p
1848; cfr. 849) chiama la moneta di ferro ƒppÒpor, forse da ‰ppoj e per questo è stato
ipotizzato che sulla focaccia fosse impressa una protome equina. Vd. FIGUEIRA 2002,
p. 137. NENCI 1974, pp. 654–55 afferma che l’obelós di ferro fosse anche chiamato
pelanos, perché entrambi avrebbero subito un processo di trasformazione da offerta
votiva a valuta.

35
VALERIA TOSTI

santuario di Artemis Orthia, databili dall’età geometrica sino all’inizio


del III sec. a.C.34 (Tav. I, 4), la seconda non ha riscontri archeologici35.
Una terza ipotesi, già accennata in precedenza, è stata avanzata da
B. Laum36, che individuava nei falcetti di ferro offerti ad Artemis
Orthia il nómisma spartano37. In nessun contesto, e in particolar modo
in quello spartano, le falci sono da considerare una documentazione
attendibile per mancanza assoluta di fonti letterarie ed epigrafiche che
ci possono confermare un loro uso monetario, al pari degli obeloí. A
Sparta l’infondatezza di questa ipotesi è ulteriormente dimostrata
dalla cronologia dei falcetti in ferro trovati nel santuario di Artemis
Orthia, posteriori al IV sec. a.C.38.

34
Vd. n. 17. La datazione degli spiedi più recenti trovati nel santuario coincide-
rebbe con l’inizio della prima monetazione d’argento spartana, implicando così una
loro funzione monetale, oltre quella votiva (cfr. HODKINSON 2000, pp. 162–3). Il pas-
saggio degli spiedi da strumento per arrostire le carni e per la distribuzione egualita-
ria nei sacrifici e nei banchetti comuni a strumento pre–monetario avviene per «sosti-
tuzione», da obelós ad obolós: l’obelós rappresenta anche la ‘porzione’ di carne infil-
zata (vd. LAUM 1925) ed è quindi espressione di un’unità quantitativamente
determinata del valore di uno o più porzioni di carne, rappresentato dalle loro di-
mensioni e peso. Vd. PARISE 2000, pp. 28–39. La distribuzione egualitaria delle carni
rispecchia la definizione di eguali diritti politici dei partecipanti ai syssítia e fonda la
misura astratta del valore: cfr. VERNANT 1976; LEPORE 1978, pp. 219–24; MUSTI
1981, pp. 55–62.
35
L’identificazione di pelanóres a Sparta è molto dubbia: cfr. LAUM 1925 in
contrasto con MICHELL 1946–7; BLINKENBERG 1926, p. 108.
36
LAUM 1925 fece propria la teoria di POULSEN 1910 (ribadita poi da VON
WILAMOWITZ–MOELLENDORF 1937, pp. 521–522), secondo la quale i dr√pana ven-
gono inclusi tra gli utensili usati con funzioni monetarie, in seguito al rinvenimento di
una cinquantina di falci in ferro nella «grande fossa» di Rhenea, simili alle roncole di
Senofonte (Cyn. 2, 9) o di Polluce (5, 19) o a quelle trovate a Sparta nel santuario di
Artemis Orthia. Laum stabilì che i “segni premonetari” quali il tripode, il lebete, lo
spiedo, l’ánkyra, il pélekys e il drépanon, fossero divenuti tale perché strumenti del sa-
crificio, hierá chrémata, instrumenta sacra, avvalorando in tal modo la sua teoria sul-
l’origine religiosa del denaro. Ognuno di questi segni premonetari avrebbe avuto
modi di circolazione differenti e le falci sarebbero da identificare proprio con il
sidéroun nómisma spartano tramandatoci dalla tradizione confluita in Polluce (9, 79).
37
ROSE 1929, p. 406.
38
A Sparta le falci erano date in premio ai vincitori del paidikos agon, dedicate
poi ad Artemis Orthia fino al III sec. d.C. (per le dediche si veda WOODWARD 1929a,
pp. 296–353) ed è inaccettabile ritenerle il sidéroun nómisma spartano, come invece

36
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

Il silenzio delle fonti documentarie non ci consente di azzardare


nessuna ipotesi riguardo la forma, né di avvicinarci a una delle tre fi-
nora avanzate. L’unica tra quelle proposte ad essere attestata archeolo-
gicamente è l’obelós rinvenuto ad Artemis Orthia, la cui datazione sa-
rebbe congrua con quella della monetazione spartana. Questo stru-
mento pre–monetario appare nella tradizione di tutta la Grecia nel
ruolo di misura generale del valore valido ovunque. Gli spiedi trovati
ad Artemis Orthia non possono essere identificati con il sidéroun nó-
misma di cui parlano le fonti, ma semplicemente come il sistema
pre–monetale in uso a partire dall’VIII sec. a.C. non solo a Sparta, ma
in generale in tutta la Grecia39 e che, insieme ad altri mezzi pre–mone-
tali, consentiva gli scambi commerciali tra società caratterizzate da
un’economia monetaria ormai sviluppata ed evoluta.
Si è provato a spiegare la scelta del ferro innanzitutto per la ric-
chezza mineraria della Laconia40, ipotesi plausibile se non fosse che al-
tre città utilizzavano come mezzo di scambio una moneta di ferro, pur
essendo prive di giacimenti minerari, come ad esempio Bisanzio41; una
seconda ipotesi, che trova maggior riscontro rispetto a quella prece-
dente, spiega la scelta del ferro come una politica volta a scoraggiare le
importazioni di beni superflui42 e a isolare la città dai rapporti con il
mondo esterno, frenando la circolazione e la tesaurizzazione. Non
convince del tutto nemmeno questa seconda ipotesi, perché, come ap-

fa LAUM 1925. A questo proposito si veda PARISE 1987, pp. 51–57 e PARISE 2000,
pp. 91–99, che si oppone alla teoria delle falci come segno pre–monetario, asserendo
anzi che questi utensili con valore monetale sembrano addirittura essere un’inven-
zione moderna non essendoci traccia nelle fonti letterarie ed epigrafiche.
39
Ad esempio, oltre a quelli di Argo già ricordati, spiedi di ferro sono stati tro-
vati nell’Heraion di Samo (vd. FURTWÄNGLER 1980); da Erodoto (3, 135) veniamo a
conoscenza di spiedi di ferro mandati a Delfi da Rodopi, la cortigiana vissuta in
Egitto sotto il regno di Amasi; così come le dramme dell’iscrizione di Perachora (vd.
WADE–JERY 1940, p. 257 n. 1) e quelle dell’inventario dei Tespiesi (vd. PLATON –
FEYEL 1938).
40
MICHELL 1946–7, pp. 42–4.
41
A fare questa osservazione è NENCI 1974, pp. 639–57 da un confronto con al-
tre città che utilizzano una moneta convenzionale in cuoio o ferro. Sulla moneta di
ferro di Bisanzio, vd. MARTINELLI 2003.
42
BLAKEWAY 1935.

37
VALERIA TOSTI

profondiremo in seguito, gli scambi commerciali potevano avvenire


con mezzi differenti da quello monetario. Forse le motivazioni che
stanno dietro la scelta del ferro si possono comprendere alla luce del
processo di addolcimento che trasformava il ferro in ferro dolce, non
più utilizzabile per un’eventuale rifusione, trattandosi di un processo
irreversibile43. Contrariamente alla politica monetaria, coniare il side-
ros spartano significava sottrarre valore al metallo utilizzato – il valore
reale – a favore del valore teorico, rispecchiando così i principi della
società spartana. Non si tratta solamente del rifiuto ideologico della
moneta e della ricchezza. Il ferro per la società spartana rappresentava
l’arma da guerra e lo strumento da lavoro. Con la tecnica della tempra
in aceto, il ferro monetato sarebbe divenuto inadatto alla rifusione e
riutilizzazione, come ad esempio per forgiare strumenti da utilizzare in
guerra e nei lavori agricoli, le due attività basilari della società spar-
tana. Per evitare la contaminazione, si trasformava il metallo in ferro
addolcito, segnando una profonda linea di demarcazione tra le attività
nobili per l’uomo spartano, la guerra e il lavoro agricolo, e le attività
lucrose, per questo considerate immorali, quali il commercio e la te-
saurizzazione.
Dunque, l’unica vera certezza di cui disponiamo e su cui concor-
dano tutte le fonti letterarie è il valore del nómisma spartano, esclusi-
vamente nominale e non reale, oltre che inesistente dopo la tempra
nell’aceto. Sul valore monetario le fonti sono molto dettagliate: Plu-
tarco negli Apophthegmata Lakōnika indica che una moneta di ferro
pesa quanto 1 mina eginetica44, cioè 630 g e ha il valore di 4 chalkoí 45.
L’autore si sofferma sulla contraddizione tra l’alto valore che questa
moneta aveva a Sparta e lo scarsissimo suo valore oltre i confini della

43
Il processo di addolcimento con l’aceto ci viene tramandato da molte fonti,
tra le quali si ricorda Plut. Lyc. 9, 3; Lys. 17, 4: “il minerale appena estratto dal fuoco,
veniva subito temprato nell’aceto, perché non si potesse rifondere e la tempra lo ren-
desse tenero e inutilizzabile” (trad. di G. Pisani). Cfr. anche Cato maior 30, 1; Poll. 9,
79. Per un approfondimento del processo di lavorazione del ferro nell’aceto, vd. Ap-
pendice in FIGUEIRA 2002, pp. 160–1.
44
Plu. Mor. 226, D 5.
45
Una glossa di Esichio (s.v. p√lanor, p 1286 Latte) conferma questa corrispon-
denza con 4 chalkoí.

38
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

città: in effetti il rapporto tra il ferro dolce spartano e l’argento egine-


tico è di 1:1800 (630 g di ferro corrispondono a 0,35 g d’argento)46.
Già C.O. Müller riteneva che il rapporto 1:1800, ricavato dall’infor-
mazione di Senofonte47, svalutasse troppo il ferro spartano48. T.J. Fi-
gueira è della stessa opinione, confrontando i rapporti tra ferro ed ar-
gento eginetico di altre poleis greche, tramandatici da iscrizioni49, e ri-
tiene che il valore del pélanor sia stabilito su basi ideologiche e non su
effettivi rapporti di mercato. S. Hodkinson, invece, afferma che per il
rapporto ferro–argento la fonte di Plutarco sia attendibile: si potrebbe
trattare di un trattato di Dicearco o della “Costituzione degli Spar-
tani” di Aristotele50, e perciò tale rapporto risalirebbe al IV sec. a.C.,
periodo coincidente con l’abbondante afflusso di oro e argento du-
rante l’egemonia spartana, che avrebbe causato una forte caduta del
valore del ferro. D’altronde – nota ancora Hodkinson – il rapporto
non è poi così lontano da quello calcolato da P. Courbin di 1:2000 per
gli spiedi di ferro trovati in contesti arcaici51. Ma la forma con la quale
il rapporto è espresso in Plutarco non si può far risalire all’età arcaica,
epoca nella quale non esistevano ancora i chalkoí52. Questa forte di-
screpanza tra il valore del ferro e dell’argento si spiega non solo su
basi ideologiche, come vuole T.J. Figueira, ma anche su decisioni con-
venzionali prese dalla polis in base alle oscillazioni di valore relative a
questi due metalli, come afferma S. Hodkinson53.

46
SEGRÈ 1928; HODKINSON 2000, pp. 163–4; FIGUEIRA 2002, p. 139.
47
X. Lac 7, 5–6.
48
MÜLLER 1839, p. 15.
49
FIGUEIRA 2002, p. 139, n. 11: nel IV secolo a.C. a Delfi il rapporto tra ferro e
argento eginetico era di 1:133 – 1:480 (CID 49.II. 11–20; 56.I.83–6; 59.I.13–23,
II.69–73); ad Epidauro (inizi IV sec. a.C.) era di 1:375 – 409 (IG IV².1 103 B.65, 80,
83, 92, 98, 112, 114, cfr. 131, 133, 136, 138); a Delo nel III sec. a.C. era di 1:100 –
1:250 (IG IX 158.79–81, cfr. 142.48, ID 406A.80–1).
50
HODKINSON 2000 nel capitolo 2 afferma che la fonte di cui si serve Plutarco
per questa opera dei Moralia è poco attendibile.
51
COURBIN 1959.
52
I chalkoí probabilmente iniziano a circolare dal IV sec. a.C., quando si diffonde
la moneta di bronzo nel mondo greco. A riguardo cfr. PRICE 1968; PICARD 1989.
53
Vd. HODKINSON 2000, p. 164.

39
VALERIA TOSTI

Rimane comunque oscuro l’effettivo potere di acquisto, che si


può ipotizzare molto basso, avendo appreso dalle fonti il valore pon-
derale e il rapporto con l’argento eginetico. Lo stesso Senofonte54 e
successivamente Plutarco55 sottolineano il carattere ingombrante di
questa moneta, dal grande peso e poco valore intrinseco, difficile da
trasportare56.

Possesso pubblico e privato della moneta coniata

La testimonianza plutarchea (Lyc. 9, 4–9) ha fissato l’immagine di


Sparta come una società autarchica che rifiuta la ricchezza e ogni bene
di lusso e che utilizza solamente una moneta di ferro priva di valore in-
trinseco. In realtà, la stessa tradizione letteraria offre più informazioni
di quanto si creda, se analizzata criticamente e considerata nel suo
contesto storico preciso.
Prima di tutto bisogna ricordare una data fondamentale per la so-
cietà e l’economia spartana, il 404 a.C., anno conclusivo della guerra
del Peloponneso e iniziale della sua egemonia su tutta la Grecia. In
questo periodo Sparta si trova inondata improvvisamente di moneta
straniera, come testimoniano nel dettaglio Plutarco in Vita di Lisandro
(16, 17) e in Apophtegmata Lakōnika (10 B) e Diodoro (13, 106. 8–9)57.
Essi ci tramandano l’episodio di Gilippo, che tornò a Sparta subito
dopo Egospotami (marzo 404 a.C.) con una parte del cospicuo bot-

54
X. Lac. 7,5.
55
Plu. Lyc. 9, 1–5; Lys. 17, 1–5.
56
Plu. Lyc. 9, 2: “kaˆ toÚtJ d/¢pÒ polloà staqmoà kaˆ Ôgkou dÚnamin Ñl…ghn
œdwken, ìste dška mnîn ¢moib∆n ¢poq»khj te meg£lhj ™n o„k…v de‹sqai kaˆ zeÚ-
gouj ¥gontoj”.
57
Plutarco cita nel testo (Lys. 17, 3; 19, 5) le sue due fonti, Teopompo ed Eforo,
due scrittori di IV sec. a.C. che saranno stati ben informati della politica di quel pe-
riodo. Diodoro, nella descrizione degli eventi, sembra essere più distaccato e più atti-
nente ai fatti rispetto a Plutarco, che aggiunge spesso note di carattere morale. Il pen-
siero plutarcheo è stato influenzato dalle fonti di IV secolo a.C., come ancora nel II
secolo è accaduto a Polluce (9, 79) e Filostrato nella Vita di Apollonio di Tiana
(4, 32), e agli scrittori successivi sino al lessicografo Esichio.

40
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

tino. Il generale spartano si appropriò indebitamente di una parte di


esso per una somma pari a 1500 talenti e la nascose sotto le tegole
della propria casa. Alla consegna dei sacchi con le monete, gli efori si
accorsero immediatamente del denaro mancante e, dopo aver fatto
chiarezza sul misfatto, Gilippo venne mandato in esilio. Gli Spartiati
presero spunto da quest’episodio per attaccare Lisandro che aveva in-
trodotto grosse somme di denaro e chiesero agli efori di purificare la
città dalla contaminazione. La proposta di Lisandro di introdurre a
Sparta una moneta coniata fu a questo punto bocciata (Plu. Lys. 17,
6), ma si decise di tenere le monete d’oro e d’argento del bottino di
Egospotami solo per uso pubblico e fu stabilita la pena di morte per
chiunque fosse stato trovato in possesso di denaro.
Una delle vittime di questo provvedimento fu Thorax, un amico di Li-
sandro, colto in flagrante detenzione privata di denaro58.
Il 404 a.C. funge da vero e proprio spartiacque: prima di questa
data le fonti letterarie non documentano una proibizione di metalli
preziosi né tanto meno di ricchezza in forma di moneta59.
Alcmane (fr. 1, vv. 64–65) descrive una ragazza spartana di nome
Hagesichora con indosso un braccialetto d’oro; Erodoto (6, 86; 8, 5) ci
tramanda la storia di Glaukos e del milesio che gli affidò metà del suo
patrimonio, con la promessa di restituirlo ai suoi eredi; il suo rifiuto di
restituzione del denaro, se non dopo la consultazione da parte di
Glaukos dell’oracolo delfico, ebbe come conseguenza lo sterminio
della sua famiglia60. Sempre Erodoto (3, 56) riporta una versione, che
lui stesso definisce meno attendibile ma più diffusa, secondo la quale

58
Plu. Lys. 19, 7.
59
Questa riflessione non di poco conto è emersa con le ricerche di COZZOLI
1979 e recentemente con HODKINSON 2000, pp. 165–7, CHRISTIEN 2002, pp. 172–3,
FIGUEIRA 2002, pp. 137–70.
60
Dal passo erodoteo si evince che ricevere denaro non era una pratica così
insolita e contraria alle leggi spartane, ma anzi che rientrasse nell’antica xenía (vd.
FIGUEIRA 2002, pp. 153–4). La sua punizione “divina” non è conseguenza della de-
tenzione privata di una somma di denaro, ma del fatto che egli, sensibile al fascino
della moneta, non l’abbia voluta restituire alla richiesta degli eredi come i patti preve-
devano.

41
VALERIA TOSTI

Policrate avrebbe convinto i Lacedemoni a rinunciare all’assedio di


Samo consegnando loro una gran quantità di moneta locale di
piombo, ricoperta d’oro, attestando così una scarsa conoscenza, al-
meno a quel periodo, della valuta. Tucidide (1, 114; 2, 21. 1) ricorda la
corruzione dello spartano Pleistonax da parte di Pericle per evitare
l’invasione dell’Attica nel 446 a.C.61.. Nel discorso di Pericle (1,
140–144), Tucidide mette in luce la penía degli Spartani, definendoli
autourgoí, che “non hanno denaro né privato né pubblico” e per que-
sto impossibilitati ad affrontare impegni bellici prolungati62.
Da questi passi non risulta una qualche legge suntuaria o un di-
vieto di possedere moneta, proibizione che invece compare nelle fonti
letterarie a partire dagli inizi del IV sec. a.C., in seguito ai fatti del 404
a.C. Senofonte, nella Lakedaimon…wn Polite…a, è il primo a nominare
Licurgo e il suo divieto, scrivendo che «a Sparta, invece, Licurgo
proibì agli uomini liberi di dedicarsi ad alcuna attività lucrativa... (Li-
curgo) impedì nel modo seguente che si arricchissero illecitamente.
Per prima cosa stabilì una moneta tale che dieci mine solamente
giunte in casa non potessero restare nascoste né a servi né a padroni:
sarebbe servito, infatti, grande spazio e un carro da trasporto. (6) Inol-
tre oro e argento sono oggetto di investigazione e se si trova colui che

61
Dalla testimonianza tucididea emerge come la pratica della corruzione non
fosse un esercizio insolito nel mondo antico, tanto che Pericle era avvezzo a corrom-
pere i comandanti degli eserciti per ritardare l’invasione dell’Attica. La colpa del gio-
vane comandante spartano non fu quella d’aver preso una somma di denaro, ma di
non aver rispettato il piano militare. La corruzione di Pleistonax, considerato che
venne richiamato a Sparta con speciali onori, sia pure per intervento dell’oracolo del-
fico (Th. 5, 16, 3), non fu mai veramente verificata.
62
Il passo tucidideo contrappone volutamente il sistema ateniese, visto come
compiuto processo economico, a quello spartano, un sistema agrario e desultorio, in-
capace di sostenere le spese di una guerra come quella appena iniziata. Tucidide è
ateniese e attribuisce a Pericle un discorso che incoraggia i suoi concittadini nella
continuazione della guerra contro un nemico inferiore prima di tutto da un punto di
vista economico, che ha bisogno di hierá chrémata. Le guerre sono sostenute dalle ec-
cedenze e difatti il sistema economico ateniese è fondato sulle periousíai (BULTRI-
GHINI 1999). Il tema della ricchezza fu ad Atene uno degli argomenti chiave a soste-
gno o contro la guerra del Peloponneso e il passo di Tucidide è una fin troppo chiara
prova della volontà interventista di Pericle.

42
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

li possiede, egli viene punito. Perché dunque si dovrebbe desiderare di


essere ricchi lì dove il possesso porta maggior dolore anziché il suo go-
dimento felicità?»63.
Platone in due dialoghi, l’Alcibiade I (122D–123A) e l’Ippia mag-
giore (283B e D), descrivendo la Sparta subito dopo la guerra del Pe-
loponneso, non fa alcun accenno alla proibizione del possesso di me-
tallo prezioso, anzi parla di una Sparta molto ricca64. Solo nella Repub-
blica (547b–548b), testo più tardo, inserisce la nozione di divieto: il
filosofo nel suo trattato non vuole ritrarre la forma attuale ma si ispira
senza dubbio alle caratteristiche essenziali della società spartana. Nel-
l’ultimo dei suoi dialoghi, le Leggi (742 A–B), scritto pochi anni prima
di morire, Platone approva il rifiuto della moneta d’oro e d’argento in
favore di quella di ferro, ammettendo tuttavia l’uso dell’˜llhnikÒn
nÒmisma nei traffici internazionali. Anche Platone, come Senofonte, è
ingannato dall’idea che l’interdizione della ricchezza in forma di mo-
neta fosse caratteristica fondamentale della società spartana.
Altro spettatore della situazione del IV secolo è Aristotele, che
nella Politica (1271b 10–18) accusa Licurgo di aver reso la città priva
di risorse (¢cr»maton), con una forte bramosia di denaro da parte dei
privati cittadini, sottolineando il declino morale spartano a lui contem-
poraneo.
Le testimonianze letterarie del IV sec. a.C. appena analizzate de-
finiscono l’immagine di una Sparta anti–crematistica, ne esaltano la vi-
sione tradizionale aneconomica e il rifiuto ideologico dello scambio
economico come mezzo privilegiato di acquisizione dei beni, ma poi
cadono in errore, proiettando tale visione reale aneconomica nella
proibizione del possesso della moneta. Gli autori inoltre concordano
all’unisono nell’attribuzione della moneta di ferro a Licurgo, pro-
vando non la volontà storica, quanto l’autorità della tradizione.

63
X. Lac. 7, 5–6 (traduzione di LUPPINO MANES 1988); cfr. 14, 3.
64
Pl. Alc. I, 122 D–123 A: «grandi somme di oro e argento entravano a Sparta,
ma non usciva mai nulla»; Pl. Hp.Ma. 283 B e D: l’affermazione di Ippia sulla grande
disponibilità di chremata degli Spartani, a differenza di quello che pensava Socrate,
scatena una critica platonica alle società oligarchiche devote alle attività militari che
devono abbandonare ogni forma di bramosia e avidità. La chremastiké (capacità di
acquistare) non si concilia con l’areté, anzi è il principio opposto (Repubblica, 550E).

43
VALERIA TOSTI

Altro testimone del rapporto degli Spartani con la ricchezza è Po-


libio (6, 49; 8, 10) che sottolinea l’inadeguatezza della moneta di ferro
per intraprendere una qualunque spedizione militare e per soddisfare
i bisogni primari.
Questa discrepanza fra le testimonianze letterarie precedenti e
quelle successive il 404 a.C. è la conseguenza diretta degli eventi succes-
sivi alla vittoria nella guerra del Peloponneso e al noto misfatto di Gi-
lippo: tutta quella ricchezza andava ad incidere sui comportamenti e
sulle relazioni economiche, oltre che politiche e sociali degli spartani,
che rifiutavano ideologicamente l’accumulo di ricchezza perché causa
di comportamenti deplorevoli. Se fino al V sec. a.C. gli scrittori non si
erano particolarmente interessati al modo di commerciare degli spar-
tani e ai loro mezzi di scambio, perché non dissimili da quelli utilizzati
dalle altre poleis arcaiche e classiche, dopo la vittoria nella guerra del
Peloponneso si focalizzano tutte le attenzioni su Sparta. Il ruolo politico
assunto dopo il 404 a.C. incise sia sulle relazioni interne alla polis stessa
sia nei rapporti con l’esterno: solo dagli inizi del IV sec. a.C. gli scrittori
interpretano quella che era una semplice attenzione ai pericoli del de-
naro nel rispetto dei valori cittadini in una proibizione del possesso pri-
vato della ricchezza in moneta, con l’obbligo di utilizzare una moneta di
ferro addolcito per scambi interni. Il passaggio evidente nelle fonti let-
terarie di IV sec. a.C. ha fatto cadere in errore molti studiosi, che hanno
voluto vedere in tale proibizione della ricchezza, prima non manifesta,
la nascita della moneta di ferro. Pur non condividendo tale ipotesi, dob-
biamo in ogni caso riconoscere al vincitore di Egospotami la volontà di
un cambio radicale della politica economica della propria città, in se-
guito al nuovo ruolo ricoperto da Sparta e all’enorme afflusso di denaro
che arrivò con il bottino del 404 a.C. Tra le sue proposte, quella appro-
vata fu la possibilità di creare un tesoro pubblico (Plu. Lys. 17, 6), a uso
esclusivo dei bisogni dello Stato. Abbiamo attestazioni epigrafiche sul-
l’esistenza di un tesoro pubblico per ottemperare alle necessità e alle
spese previste nella guerra del Peloponneso (IG V 1.1)65, la cui data-

65
Epigrafe conservata nel museo archeologico di Sparta (6656) e trovata reim-
piegata nell’architrave della porta d’ingresso della chiesa di Agh. Vasileios Arkasades
(lungo la strada per Chirokampi). Questa tesoreria probabilmente fu creata per ser-

44
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

zione è pero controversa e viene fatta oscillare tra il 420 e il 380 a.C.:
W.T. Loomis dimostra che una datazione successiva al 404 a.C. è impos-
sibile; così come non è accettabile una datazione alla guerra archida-
mica, mentre più probabile come anno per la creazione del tesoro sem-
bra essere il 411 a.C.66. A prescindere dall’esatta datazione, per la quale
propendiamo per il 411 a.C., l’iscrizione risulta di notevole importanza
perché elenca i contributi degli alleati spartani nella guerra del Pelo-
ponneso conservati nel tesoro. Dall’analisi dell’iscrizione emerge chia-
ramente che le donazioni erano nella forma più conveniente ai donatori
e non era imposto uno specifico e unico nominale67. W.T. Loomis nota
che quando viene specificata la donazione in argento (3 volte), si tratta
di moneta non coniata, mentre negli altri casi nei quali è scritto “sta-
tere” o “mina” si intende moneta coniata68. Riteniamo probabile che il
tesoro custodisse i contributi degli alleati spartani durante la guerra del
Peloponneso e che dunque fosse una riserva speciale per un’occasione
particolarmente dispendiosa, ma che esistessero contemporaneamente
e precedentemente altri tesori pubblici. Di diversa opinione è D. Musti
che non crede nell’esistenza a Sparta di un tesoro pubblico prima della
fine del V sec. a.C.69.
Lo stato spartano avrà avuto bisogno già molto prima del 431 a.C.
di una riserva pubblica per affari esteri, per ambascerie70, per nutrire e
sostenere i suoi militari71 e per uso politico. Il possesso di ricchezza da
parte dello Stato serviva anche per affari con i cittadini72. Per poter af-

vire tutte le spese previste dalla guerra, come provano alcune testimonianze di paga-
menti in moneta: nel 420 a.C. Brasida dovette pagare i mercenari arruolati per la spe-
dizione verso Nord (Th. 4, 80); nel 408–7 a.C. ci fu da pagare il riscatto di prigionieri;
nel 413–2 a.C. vene costruita la flotta, grazie anche ai contributi persiani e delle città
greche alleate (Th. 8, 28–29, 44, 101; X. HG. 1, 5.2–7 e 6, 12).
66
Vd. LOOMIS 1992 e cfr. le altre datazioni ipotizzate in CAH vol. VI², p. 28 n.
17; MATTHAIOU–PIKOULAS 1989, pp. 77–124; MEIGGS–LEWIS 1989, n. 67, pp.
181–84; THEMOS 2006 in ‘Athens–Sparta’, n.160, pp. 272–273.
67
HODKINSON 2000, pp. 168–170, tav. 2.
68
LOOMIS 1992, p. 79.
69
Si veda MUSTI 1981, pp. 129–30.
70
CAWKWELL 1983, p. 96; CARTLEDGE 1987, p. 88; FLOWER 1991, p. 92.
71
VERNANT 1970, p. 265.
72
Le multe e il pagamento dei syssítia sono due esempi.

45
VALERIA TOSTI

frontare queste spese, Sparta si basava sui proventi di esazioni fiscali,


come quelli derivanti dai pagamenti delle multe73, dai bottini di guerra74
e dagli scarsi tributi pagati dai perieci ed iloti75. Come è stato possibile
dedurre dalla lettura dell’iscrizione IG V 1.1, dobbiamo supporre che
anche i contributi interni conservati in tesori statali fossero in nominali
diversi o anche in lingotti, dal momento che gli spartani dovevano avere
una buona conoscenza dell’economia monetaria e dei cambi76.
In realtà non era solo lo Stato a possedere moneta coniata e me-
tallo prezioso prima della legge promulgata da Lisandro, ma anche
privati cittadini, coinvolti in transazioni private (acquisto, vendita,
prestito, scambio, contratti) o in transazioni economiche con la polis
stessa. Gli Spartiati erano famosi per le loro capacità atletiche e per le
vittorie olimpiche, gare alle quali si poteva partecipare solo se si era in
possesso di un buon capitale, specialmente nella gara dei carri, per
l’acquisto e il mantenimento del carro e dei cavalli77. Inoltre molti vin-

73
Le multe venivano emesse in pelanóres, ma con un ragguaglio ponderale in
monete eginetiche, dimostrando una consapevolezza dell’economia monetale e una
chiarezza della gravità della sanzione anche ai non spartani. Il primo caso di multa at-
testato dalle fonti fu quello già citato di Pleistonax per una somma pari a 15 talenti;
nel 418 a.C. Agis fu minacciato con una punizione simile (100.000 dracme) per non
aver occupato l’Argolide (Th. 5, 63, 2–4).
74
Sappiamo che l’esercito spartano era l’unico, a partire dall’epoca classica, ad
essere accompagnato da venditori ufficiali di bottino, i laphyropólai (X. Lac. 13, 11;
HG. 6, 1, 26), che avevano il compito di venderlo durante la campagna militare, fa-
cendo arrivare a Sparta solo i proventi di quelle vendite. È improbabile pensare che
queste transazioni avvenissero solo in lingotti e mai in moneta coniata (vd. HODKIN-
SON 2000, pp. 168–170).
75
Nella società spartana i tributi erano pagati in gran parte con i beni di prima
necessità, prodotti da perieci ed iloti.
76
Unica eccezione è rappresentata dal passo di Erodoto (3, 56) che ci narra
dell’episodio di Policrate (vd. p. 13), dimostrando a quell’epoca una scarsa cono-
scenza monetaria.
77
Per COZZOLI 1979, p. 89, la possibilità di allevare cavalli è limitata a ceti be-
nestanti e di conseguenza la scelta degli hyppeîs ricadeva tra questi elementi. Le con-
dizioni che stabilivano i criteri di cittadinanza erano particolarmente restrittive (vd.
HODKINSON 2000, pp. 190–99), con un elevato censo che permettesse loro di procu-
rarsi privatamente una panoplia e contribuire ai syssítia (Arist. Pol. 1271a 26–37). Per
una stima dei costi connessi, nel V sec., alla partecipazione alla corsa delle quadrighe
nei giochi olimpici cfr. GRIBBLE 2012, pp. 45–71.

46
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

citori olimpici commissionavano per la loro vittoria statue a grandezza


naturale di bronzo o stelai per lo più a titolo privato78. In un caso sap-
piamo con certezza che lo scultore fu Mirone di Atene (Paus. 6, 2,
2–7), incaricato da Arcesilao; celebre è il caso di Polykles, vincitore
nella quadriga ad Olimpia nel IV sec., che aveva il soprannome di
Polychalkos «ricco di bronzo»79.
Altro esempio di possesso privato di ricchezza è fornito dalle te-
stimonianze di episodi di corruzione (ad es. Thorax e Glaukos), di cui
si è accennato sopra, che attestano la possibilità da parte di privati di
accumulare ricchezze.
L. Burelli Bergese ipotizza che ai re era permesso il possesso di
denaro e metalli preziosi, come si evince dalle fonti80.
La proibizione di denaro a Sparta approvata nel 404 a.C. dovette
durare molto poco, se già nel 362/1 a.C. un’iscrizione di Delfi (CID II,
1–30) attesta una donazione per la ricostruzione del tempio di Apollo
da parte di privati cittadini, tra i quali compaiono nomi di spartani81:
questa testimonianza è una prova, secondo S. Hodkinson, della cessa-
zione della proibizione del possesso di metalli preziosi e monete co-
niate da parte di privati a quest’epoca82. Probabilmente l’applicazione

78
Vd. NAFISSI 1991, pp. 163–164 e in particolare alla nota 43, dove vengono
elencate alcune vittorie atletiche di Spartani e le rispettive dediche fatte sia a Sparta
che ad Olimpia. Si ricorda la stele di Damonon (IG V 1,213= Moretti IAG 16), dove
si fa riferimento alle varie vittorie, in particolare a quelle in cui Damonon aveva gui-
dato il carro trainato dai cavalli da lui stesso allevati. Da ultimo, cfr. NAFISSI 2013,
pp. 105–174, con bibliografia precedente.
79
Cfr. Paus. 6, 1,7. Secondo MORETTI 1957, la vittoria nella quadriga è del 440
a.C.; per ROBERT 1900 è del 424 o 428 a.C., corrispondente alla 88º o 89º Olimpiade.
80
BURELLI BERGESE 1986 cita come fonti a sostegno della sua ipotesi Erodoto 9,
81 che parla di 10 talenti dati al re Pausania dopo Platea; Tucidide 5, 63,2 che ri-
corda la multa di 100.000 dracme ad Agide II e in 5, 16,3 la corruzione di Pleistonax
con 10 talenti da parte di Pericle.
81
L’iscrizione ricorda anche i contributi ufficiali fatti dai Lacedemoni come po-
lis: 2,542 dracme nella primavera del 361 a.C.; 7,120 dracme 2½ oboli nell’autunno
del 360 a.C.; 32 dracme nel 358 a.C. e 510 dracme nella primavera del 336 a.C. (CID
II 4.I. 33–34, 4.2, 48–54).
82
Vd. HODKINSON 2000, pp. 174–6, secondo il quale le offerte degli spartani
avvennero quasi certamente in argento coniato, dal momento che il loro versamento
fu registrato nella stessa maniera di quella degli altri greci. Si potrebbe anche ipotiz-

47
VALERIA TOSTI

di questa legge all’inizio fu molto severa, soprattutto nei confronti dei


sostenitori di Lisandro. L’oligarchia conservatrice spartana temeva la
sua spinta innovatrice e il suo crescente potere dopo la vittoria a Ego-
spotami e tentava in ogni modo di opporsi, percorrendo anche strade
estreme, come l’uccisione di uno dei suoi sostenitori.
Se dalle fonti letterarie è emerso che la proibizione della ricchezza
divenne un divieto solo dopo la vittoria nella guerra del Peloponneso,
nella realtà dei fatti Sparta richiese ingenti somme di denaro ai Persiani
in occasione di quella stessa dispendiosa guerra. Secondo T.J. Figueira a
Sparta, così come in altre realtà poleiche, doveva esistere un sistema si-
mile al cosiddetto mercato nero, sottratto cioè al controllo pubblico:
nessuna polis disponeva di un apparato sufficientemente adeguato a eli-
minare trasgressioni economiche, praticate da soggetti al di fuori dei
confini dei mercati ufficiali83. Leggendo Platone (Alc. I, 122e–123b) ci si
chiede dove fosse nascosta tutta quella ricchezza posseduta dagli Spar-
tiati, visto che «si vedono tracce di denaro che entra, mai di denaro che
esce» e come poter conciliare questa notizia con la richiesta di aiuti fi-
nanziari da parte degli alleati greci e Persiani nella guerra del Pelopon-
neso84. D. Musti, come si è detto, spiega questo fenomeno con il con-
cetto di «tesaurizzazione rimossa», cioè una tesaurizzazione dissimulata
e inutilizzabile, anche per spese militari eccezionali85. Di fatto è come se
non vi fosse stato denaro a Sparta e ciò autorizza Tucidide a far dire a
Pericle che i Peloponnesiaci (generalizzazione al Peloponneso di una si-

zare che il divieto di possesso di ricchezza monetata previsto dalla legge del 404 a.C.
non fosse esteso oltre i confini della Laconia e che gli spartani potessero utilizzare al-
l’estero monete conservate in qualche deposito fuori i confini del territorio lacone.
83
FIGUEIRA 2002, p. 160.
84
Oltre agli aiuti finanziari da parte dei Persiani, Tucidide testimonia che dopo
l’occupazione ateniese di Egina, gli abitanti dell’isola trovarono rifugio nella Tirea-
tide, nel territorio spartano, e qui continuarono a battere moneta (Th. 2, 27,1–2).
Questa notizia, supportata da fonti epigrafiche, conferma l’esistenza di aiuti econo-
mici da parte degli Egineti durante la guerra del Peloponneso. Vd. FIGUEIRA 1998,
pp. 121–23.
85
MUSTI 1981, pp. 80-88, pp. 129-130. Sul mancato utilizzo di questa ricchezza
si veda Th. I, 141, 3. Musti riconosce alla moneta di ferro la funzione di mezzo di
scambio, ma in forme frenanti, paragonabile al baratto, proprio per il suo essere in-
gombrante e poco maneggevole, oltre che per il suo valore puramente convenzionale.

48
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

tuazione che vale solo per Sparta) non hanno né ídia né koiná chre-
mata86. Pericle però poi aggiunge che gli spartani possono attingere agli
hierá chrémata, cioè tesaurizzati in santuari, come quelli di Olimpia e
Delfi. Esisteva anche una «tesaurizzazione rimossa» privata, perché at-
tuata fuori i confini della città o praticata di nascosto e ciò permise a
Platone nella Repubblica (8, 548 a–c) di etichettare gli Spartiati come
«uomini timocratici, avari delle loro ricchezze che non le posseggono
manifestamente».
Possedere depositi fuori Sparta non era illegale: l’episodio di
Glaukos narrato da Erodoto dimostra che non era illecito ricevere
grosse somme di denaro per i cittadini spartani e le fonti sono concordi
nel dire che essi fossero soliti depositare le loro ricchezze fuori città.
Ateneo (6, 23–25, 233d–234 c) riprende Posidonio (Fgr Hist 87 F
48=240 Edelstein–Kidd) per testimoniare che i Lacedemoni potevano
eludere il divieto di possedere denaro, rimanendo nella legalità, crean-
dosi depositi all’estero, per esempio presso gli Arcadi confinanti. Que-
ste due fonti letterarie trovano probabilmente conferma in un’iscri-
zione della metà del V secolo su lamina di bronzo, rinvenuta nel san-
tuario di Athena Alea a Tegea87: l’iscrizione riguarda disposizioni
relative alla donazione e al testamento di un certo Xouthias di una
somma pari a 400 mine di argento (presumibilmente eginetiche). Il te-
sto A dell’iscrizione è martellato, quindi fu eraso e si parlava di una
somma di 200 mine; nel testo B è trascritta una cifra pari a 400 mine o
600 mine se si debbono sommare le 200 presenti sull’altro lato dell’i-
scrizione. In ogni caso si tratta di una somma elevatissima per essere as-
segnata anche a più di uno xénos aristocratico, i quali più probabil-
mente dovevano ricoprire il ruolo di mediatori. Molto discussa è l’i-
dentificazione dell’alfabeto dell’iscrizione, se arcade o laconico, così
come è di dubbia identificazione la cittadinanza di Xouthias e di suo
padre Philachaios88: è prevalsa l’idea di Kirchhoff dell’attribuzione al-

86
Th. 1, 141, 3.
87
I.G. V 2, 159; SEG III 324; XI 1083; cfr. COMPARETTI 1916, pp. 247–259
(Atene, Museo Nazionale 1865) e THÜR–TAEUBER 1994.
88
Attribuiscono una paternità laconica al dialetto e un paternità spartana ai due
personaggi iscritti sulla lamina, COZZOLI 1979, pp. 57–58 che però precisa che

49
VALERIA TOSTI

l’alfabeto e dialetto laconico dell’iscrizione, ma non sono ancora stati


risolti tutti i dubbi a riguardo89. A prescindere comunque dalla prove-
nienza di Xouthias, di certo l’ingente somma di denaro custodito non
può essere presa come prova della non “spartanità” del personaggio,
come pensa U. Cozzoli90. Egli infatti ritiene che il detentore non possa
essere spartano perché altrimenti sarebbe stata un’infrazione delle
leggi troppo rilevante e difficilmente poteva rimanere nascosta al go-
verno della sua città, dato che allora i rapporti tra Sparta e Tegea erano
buoni. Ma questi depositi non erano illegali perché fuori i confini della
polis, altrimenti non avrebbero esposto un’iscrizione di questo tipo,
con nome del possessore e l’ammontare del deposito, nel recinto di
Athena Alea, visibile a tutti.
Un altro deposito era verosimilmente quello di Lisandro a Delfi91.
Se esisteva una ‘tesaurizzazione rimossa’ essa doveva avvenire sia
presso santuari collocati fuori i confini della Laconia sia all’interno
della città stessa, nascosta nelle case degli spartani.
Tale tesaurizzazione nascosta si spiega non con leggi suntuarie ri-
salenti al leggendario Licurgo, bensì con la considerazione deplore-
vole che gli spartani avevano del denaro. L’uso privato della moneta a
Sparta ha sempre significato la corrosione dell’ordine sociale. Per elu-
dere la legge morale prima e reale poi, i cittadini spartani praticavano
la ‘tesaurizzazione rimossa’, custodendo il proprio denaro fuori dai
confini della chóra92.

Xouthias fosse un perieco e non uno Spartiata; BURELLI BERGESE 1986, pp. 603–619;
DE CARVALHO GOMES 1995, pp. 103–106 secondo il quale era uno spartano ma con
una forte simpatizzazione politica verso Tegea; da ultimo FIGUEIRA 2002, pp. 153–4
specifica che probabilmente potrebbero essere Spartiati, ma i loro nomi sarebbero un
indizio di un’affiliazione con i vicini alleati non Dori, gli Arcadi. Di opinione contraria
è COMPARETTI 1916, pp. 247–59 che non trova nulla di laconico nel dialetto né tanto
meno nel nome dei due personaggi: Xouthias doveva essere un personaggio ben noto
a Tegea e in Arcadia e l’iscrizione doveva essere arcade perché dettata dal tempio.
89
I nomi Xouthias e Philachaios sono attestati epigraficamente nel Pelopon-
neso solo in questa iscrizione proveniente da Tegea.
90
Vd. n. 88.
91
Plu. Lys. 18, 3–4; FGH 404 F3.
92
Nonostante il meticoloso lavoro di THOMPSON, MØRKHOLM, KRAAY del 1973
sulla rassegna di tutti i tesoretti della Grecia, non è facile individuare quelli di appar-

50
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

Modalità del commercio spartano

Secondo lo studio di W. Sombart, poi ripreso e applicato al


mondo antico da M. Weber, Sparta corrisponderebbe al tipo di città
‘consumatrice’, dove la maggioranza della popolazione vive nell’hin-
terland, coltivando la terra e provvedendo alla sussistenza della ri-
stretta popolazione che vive in città93. Secondo questo modello, gli abi-
tanti della città, nel caso specifico gli Spartiati, vivrebbero da parassiti
sulla maggioranza della popolazione, perieci94 ed iloti95, richiedendo
tasse dai loro raccolti e utilizzando le riserve di cibo come forma di pa-
gamento. Si tratta di un sistema commerciale chiuso tra città ed hin-
terland e Sparta rappresenta il modello per eccellenza, nel quale, a dif-
ferenza di altre ‘città consumatrici’ del mondo antico, la sottrazione
agli iloti del cibo per la sussistenza era diretta, attraverso forme di pa-
gamento come tasse ed affitti96. Pur essendo questo modello ormai su-

tenenza a cittadini Spartani, se non quando accompagnati da iscrizione come nel


caso, pur dubbio, di Xouthias. Nel Peloponneso sono stati rintracciati per l’età ar-
caica 1 solo tesoretto a Kythera, per l’età classica 21 e per l’età ellenistica 73, di cui
uno solo a Sparta città.
93
SOMBART 1916, 1, pp. 142–154; WEBER 1999, pp. 63–67.
94
I perieci sono stati oggetto di recenti e numerosi studi, in seguito ai survey in-
glesi e tedeschi e alle iniziative del CPC: cfr. SHIPLEY 1992; 1997; 2000; 2004 a; 2004 b;
HALL 2000; EREMIN 2002; MERTENS 2002; HANSEN 2004. La natura dei centri perieci,
solitamente di piccole dimensioni, è controversa: alcuni vogliono considerarli poleis
dipendenti, altri semplici suddivisioni civiche (cfr. HANSEN 2004; MERTENS 2002).
95
L’opinione tradizionale rintraccia l’origine dell’ilotismo nella conquista spar-
tana della Messenia, con la riduzione in schiavitù della popolazione conquistata, che
rimaneva nelle proprie terre e lavorava per i fabbisogni degli Spartiati (cfr. MEIER
1998, p. 267 n. 112; HODKINSON 2000, pp. 127–8; 2003, 262–3; VAN WEES 2003; LINK
2004). Questa ipotesi non trova tutti d’accordo per l’inconsistenza delle testimonianze
letterarie. WHITBY 1994, p. 106 data il fenomeno dell’Ilotismo al più tardi al 460 a.C.,
per poi assumere nuovo significato dopo la liberazione della Messenia; LURAGHI 2002,
pp. 233–38 sostiene che l’Ilotismo acquistò la sua forma solo in età classica, regolando
e omogeneizzando le diverse forme di lavoro indipendente, nel contesto delle riforme,
che produssero anche lo status di hómoioi. Sembra probabile che in realtà in Laconia
coesistessero nell’VIII–VII sec. a.C. differenti tipi di dipendenti agricoli (schiavi–
merce, contadini impoveriti ridotti, come nell’Atene pre–soloniana, allo stato servile,
ecc.) e, come avveniva in altre poleis greche, la città esercitava una pressione econo-
mica sugli altri membri della comunità: vd. NAFISSI 2009, pp. 122–3.
96
HANSEN 2009, pp. 391–392 e HODKINSON 2009, pp. 423–432.

51
VALERIA TOSTI

perato, rimane il fatto che a Sparta coesistevano sin dall’VIII sec. a.C.
lavoratori agricoli dipendenti della polis, che mettevano in moto un si-
stema di tassazione per il quale non era richiesto necessariamente l’uso
di una moneta, almeno per gli scambi interni97.
A questo punto ci sembra necessario analizzare le modalità in cui
avvenivano gli scambi commerciali, sia all’interno del territorio lacone,
sia all’esterno con altre realtà che facevano uso sin dalla fine del VI
sec. a.C. di moneta coniata, soprattutto argento eginetico. La deci-
sione di Sparta di non battere un proprio nominale, dopo l’introdu-
zione delle tartarughe eginetiche, coincise con un periodo di profondi
cambiamenti avvenuti intorno alla metà del VI sec. a.C., quello che al-
cuni studiosi definiscono ‘sixth–century revolution’98. In questo pe-
riodo di trasformazione e rivoluzione, che interessava in particolar
modo la maturazione delle istituzioni politiche e la definizione degli
hómoioi99, giocò un ruolo fondamentale l’eforato100, istituito proprio
nel contesto delle riforme di VI sec. a.C., e non con Licurgo, come le
più antiche fonti fanno credere101. Proprio in questo periodo si assiste

97
I risultati del “Laconia Survey” offrono elementi più certi sulla situazione del
territorio attorno a Sparta: è stato osservato come intorno alla metà del VI sec. a.C. e
nel periodo immediatamente successivo queste terre, fino ad allora prive di insedia-
menti, furono occupate da piccole fattorie agricole. Lo stesso fenomeno si registra
anche nel resto della Grecia, ma in Laconia il fenomeno fu particolarmente improv-
viso e apparentemente spontaneo. La presenza stabile e continua di lavoratori agri-
coli nelle fattorie fu incoraggiata dalla necessità di produrre cibo sufficiente per po-
tersi qualificare come hómoioi, nell’offerta mensile ai pasti comuni. Vd. HODKINSON
2000, pp. 133–35; contra CATLING 2002, p. 234.
98
Ancora rimane valida l’opinione di FINLEY 1968, secondo cui il sistema spar-
tano fu il risultato di un lungo processo storico, i cui cambiamenti fondamentali pos-
sono essere ascritti alla ‘rivoluzione del VI sec. a.C.’. Cfr. HODKINSON 2000, pp. 3–4
e NAFISSI 2009, pp. 124 e sgg. che parla di questa rivoluzione in termini di ‘riforma’.
99
Il termine ‘hómoioi’ viene usato nel tardo V sec. a.C. (vd. SHIMRON 1979), ma
è il riflesso dei cambiamenti politico–istituzionali avvenuti a Sparta nel VI sec. a.C.
(vd. NAFISSI 2009, p. 130). Il vero significato di questa parola non è ‘quelli uguali’,
ma ‘quelli simili’: a questo proposito si veda MURRAY 1993, p. 175; CARTLEDGE 2001,
pp. 73–4.
100
Vd. RICHER 1998; SOMMER 2001; LUTHER 2004.
101
Hdt 1, 65, 5: «Licurgo poi creò le istituzioni militari, le unità giurate, le unità
di trenta uomini e le mense comuni, inoltre gli efori e i geronti» (trad. it. di V. Ante-
lami). Il silenzio della grande Rhetra a proposito di questa carica così importante dal

52
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

a Sparta ad un controllo restrittivo della ricchezza posseduta dai pri-


vati cittadini spartani, una denigrazione del lusso e una politica volta
ad ostacolare la valorizzazione del surplus, consentendo solo la fabbri-
cazione e il possesso del necessario, come viene testimoniato da Plu-
tarco nella ‘Vita di Licurgo’102.
Se pur in maniera controllata e più limitata, Sparta continuò a
commerciare anche dopo le restrizioni sul possesso della ricchezza e
l’introduzione di un nuovo mezzo di scambio nei commerci extrapo-
leici, la moneta eginetica, la cui unica conseguenza fu solamente la ri-
definizione dei meccanismi di funzionamento, regolamentazione, con-
trollo e sfruttamento dei rapporti di scambio fra esterno ed interno ne-
gli ™mpÒria103. La mancanza di una moneta coniata infatti non implicò
un isolamento104: Sparta continuerà ad avere rapporti commerciali uti-

punto di vista politico indurrebbe ad ipotizzare una cronologia non così remota,
come spesso si è affermato. Durante l’epoca classica ed ellenistica, le disposizioni ve-
nivano sempre attribuite a Licurgo, per la forza evocativa che esercitava sui contem-
poranei. Si veda a questo proposito FLOWER 2002.
102
Plu. Lyc. 9, 4–6: «Licurgo mise al bando, come stranieri, i mestieri inutili e
superflui; ma penso, la maggior parte se ne sarebbero andati via da Sparta insieme
alla moneta comune, anche se nessuno li avesse messi al bando, perché i loro prodotti
non avevano smercio. La moneta di ferro non era trasferibile presso gli altri greci, e
non vi aveva valore, perché era derisa: non era quindi possibile comprare nessuno dei
prodotti stranieri nemmeno di poco prezzo, e nessun carico di mercanzie approdava
ai porti, e non mettevano piede in Laconia né esperti di chiacchiere, né indovini da
strapazzo, né sfruttatori di prostitute, né fabbricanti di monili d’oro o d’argento, poi-
ché non c’era moneta. Dunque il lusso, privato così a poco a poco di quanto lo susci-
tava e alimentava, si estingueva da sé; e quelli che possedevano molto non ne avevano
nessun vantaggio, perché la ricchezza non aveva modo di mostrarsi in pubblico, ma
rimaneva confinata in casa e costretta all’inerzia» (trad. it. di M. Manfredini). Nel
passo viene anche specificato che l’introduzione della moneta di ferro avvenne ad
opera del leggendario legislatore: si confronti quanto già discusso nelle pagine prece-
denti, riguardo la forza evocativa che ha sempre suscitato Licurgo, sin dal IV sec.
a.C., quando per la prima volta gli viene attribuita la paternità nel sidéroun nómisma
spartano.
103
LOMBARDO 1979, pp. 119–120 e LOMBARDO 1997, pp. 690–692.
104
Molto diffusa (vd. n. 9) è l’idea di una crisi di metà VI sec. a.C., prima di tutto
economica, proprio per la mancanza di una moneta propria e la presenza di una mo-
neta di ferro non avente valore, che avrebbe scoraggiato i mercanti dal frequentare i
porti laconici. Di questa idea è BLAKEWAY 1935 e similmente HOLLADAY 1977, p. 112.
Per CHRIMES 1949, p. 307, poi meglio per STUBBS 1950 e HUXLEY 1962, pp. 73 sg.,

53
VALERIA TOSTI

lizzando oltre i propri confini, in seguito alla coniazione e alla larga


diffusione dei nominali d’argento, moneta straniera. Anzi, sotto certi
aspetti la coniazione potrebbe essere stata un ostacolo allo scambio tra
le poleis, perché spesso una moneta coniata non era accettata fuori dai
confini del proprio territorio ed aveva un valore notevolmente basso,
soprattutto se confrontato con i nominali di Egina, Atene e Corinto.
Sparta accanto al vecchio sistema del baratto, utilizzato in particolar
modo per traffici locali a breve raggio, preferisce accumulare moneta
eginetica da utilizzare nelle transazioni con le altre città105 e commer-
ciare direttamente con quella che al momento era la moneta più forte
sul mercato, dotata di un valore commerciale sempre superiore a
quello nominale106. In definitiva, Sparta differisce dalle altre città non
per le dinamiche commerciali, ma per la concezione del valore del-
l’uomo e delle cose, non misurabili economicamente. Gli spartani va-
lutano il cittadino per il valore dimostrato nel campo di battaglia o
nelle gare atletiche, per il rispetto dei costumi tradizionali e l’obbe-
dienza alle leggi della città e non per la ricchezza accumulata107.
Il commercio non era bandito, ma rigidamente controllato per
evitare che potessero penetrare beni superflui e comportamenti disdi-

invece, l’austerità è il frutto della crisi del commercio con l’oriente seguita dall’inva-
sione persiana. Contrario alla teoria di Stubbs è HOLLADAY 1977, pp. 112–114.
105
In economie agrarie e autarchiche come quella spartana, la moneta eginetica
venne introdotta attraverso cambi con le monete locali. Lo stesso fenomeno accade
nelle città cretesi: a questo proposito vd. FIGUEIRA 1981.
106
Le città che coniavano un proprio nominale riuscivano a guadagnare solo nei
commerci interni (cfr. AMANDRY 1993, pp. 1–7), quando i commercianti stranieri
erano costretti a cambiare la propria valuta con quella locale (vd. OSBORNE 1996).
Documenti epigrafici di IV sec. a.C. testimoniano l’abitudine ad utilizzare la moneta
del posto, ma alcuni indizi documentari consentono di far risalire questa regola al-
l’età arcaica. Vd. LOMBARDO 1997, pp. 693–694.
107
Questo concetto è indispensabile per capire le dinamiche sociali e politiche
spartane, nonostante sia in contrasto con il comportamento di alcune famiglie spar-
tiate, che erano solite accumulare ricchezza non per mezzo di azioni di compraven-
dita (cfr. Arist. Pol. 1270 a, 19–22. 1270 a, 19–22), ma attraverso eredità e matrimoni
tra le famiglie più ricche della città. La concentrazione di ricchezza fu una delle cause
dell’aumento degli hypomeiones, fenomeno iniziato nel V sec. a.C. e proseguito nel
secolo successivo. Per un’analisi delle cause della perdita di cittadinanza si veda
HANSEN 2009, pp. 393–396.

54
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

cevoli, qualificati negativamente, che andassero ad intaccare la mora-


lità e la formazione dell’uomo spartano.

Conclusioni

Lo studio della moneta di ferro spartana incontra grandi diffi-


coltà per la mancanza assoluta di un riscontro archeologico delle nu-
merose fonti letterarie e delle scarse fonti epigrafiche.
Difficile è anche avvicinarsi correttamente al problema, senza farsi
influenzare dalle tradizioni che hanno contribuito a creare il ‘miraggio
spartano’, condizionando spesso gli studi sulla storia e le istituzioni,
persino sull’economia e sul tipo di commercio praticato. Si è tentato di
analizzare il problema nelle sue sfaccettature, ma talune questioni sono
state solamente accennate, se non addirittura lasciate aperte108.
Per giungere alle conclusioni, occorre focalizzarsi su ciò che era
alla base del sistema economico spartano, perché solo così possiamo
comprendere un comportamento monetario apparentemente anomalo
e strano: l’inibizione e il controllo della ricchezza e della circolazione
monetaria. Sparta sembrerebbe ossessionata dagli effetti negativi pro-
vocati dal possesso della moneta, che se avveniva in forme eccessive era
considerato una minaccia per la società109. Da questo derivava il rifiuto
ideologico della moneta in quanto strumento di perversione. Man-
cando quindi di un valore sociale riconosciuto, la moneta non poteva
essere manifestata; tuttavia non si trattava di una proibizione, ma di un
rigido controllo110. I cittadini erano liberi di perseguire gli interessi eco-
nomici e il possesso di metalli preziosi non era bandito. Probabil-
mente, il solo periodo in cui fu veramente proibito il possesso della ric-
chezza in forma di moneta fu in seguito al misfatto di Gilippo e al ten-
tativo di Lisandro di coniare una moneta spartana (404 a.C.). Questa
proibizione potrebbe aver avuto vita breve, se già nel 362/1 a.C. un’i-

108
Pensiamo alla motivazione di utilizzare ferro edulcorato.
109
NAFISSI 2009, p. 129.
110
Questo spiega sia la presenza di depositi monetari fuori città, sia l’ipocrisia
che emerge dalla lettura di alcuni passi sulle abitudini degli spartani (ad es. Hdt. 6,
57, 2 e Pl. Alc.I 122e–123 b).

55
VALERIA TOSTI

scrizione di Delfi (CID II, 1–30) testimonia un contributo monetario


per la ricostruzione del tempio di Apollo da parte di privati cittadini
spartani, oltre che dalla polis di Sparta.
Il rifiuto della tesaurizzazione parrebbe trovare riscontro nelle ri-
cerche archeologiche condotte a Sparta che non hanno portato alla
luce tesoretti, ma solo monete sporadiche111.
Le fonti letterarie successive agli eventi del 404 a.C. ci informano
che la città usò per scambi interni una moneta in ferro addolcito, priva
di valore intrinseco. Tale peculiarità farebbe intendere che alla sua cir-
colazione presiedesse una logica ‘immateriale’112.
Non abbiamo prove archeologiche dell’esistenza di questa mo-
neta di ferro bagnata nell’aceto e altrettanto incerta è la sua forma;
mentre non sussistono dubbi sul suo valore, sul quale tutte le fonti tro-
vano accordo: in seguito ad un processo di lavorazione che lo trasfor-
mava in ferro dolce, quindi inutilizzabile per un’eventuale rifusione,
essa era priva di qualunque valore intrinseco, e possedeva esclusiva-
mente un valore nominale. Il ferro per la società spartana rappresen-
tava lo strumento della guerra e delle attività agricole, le due forme di
sussistenza che godevano nella scala dei valori del massimo degli
onori. L’impossibilità di riutilizzare quel ferro che si era ‘macchiato’ di
colpevolezza, perché mezzo di esaltazione di valori crematistici con-
trari a quelli spartani, impediva ogni forma di contaminazione.
Alla luce di quanto detto si potrebbe pensare che si tratti di una
invenzione letteraria113, sicuramente successiva agli inizi del IV, dopo la
vittoria di Egospotami e l’arrivo in città di ingenti quantità di metalli
preziosi e monete coniate. Il nuovo ruolo rivestito da Sparta nei rap-
porti economici e politici della Grecia e i casi di corruzione come
quello di Gilippo e il misfatto di Thorax ebbero conseguenze sulla so-
cietà spartana e sul suo comportamento economico: tutta quella ric-
chezza andava ad incidere innanzitutto sulle relazioni sociali degli
spartani, che fino a quel momento avevano denigrato – ma non proi-
111
Vd. TOD–WACE 1906 n°695, pp. 241–2; WACE 1907–8, pp. 149–58; THOM-
PSON–MØRKHOLM–KRAAY 1973, n.181; WOODWARD 1929b, pp. 393–8.
112
RAGONE 2006, p. 65.
113
L’intuizione dell’invenzione letteraria in BARELLO 1993b, poi in FLOWER
2002.

56
RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

bito – l’accumulo di ricchezza. Questi cambiamenti sono percepibili


dalle testimonianze letterarie, che fino a quel momento poco si erano
interessate al modo di commerciare degli spartani, non particolar-
mente dissimile da quello in uso presso altre poleis greche. Dopo il
404 a.C., invece, l’interesse per Sparta crebbe improvvisamente, visto
il suo nuovo ruolo politico, e gli scrittori trasformano quella che era
una semplice attenzione ai pericoli del possesso del denaro in un di-
vieto assoluto accompagnato dall’introduzione di una moneta di ferro
priva di valore intrinseco. Tutte le fonti letterarie convergono nell’at-
tribuire la moneta di ferro a Licurgo sin dal suo primo apparire114:
questa concordanza prova non tanto la storicità dell’esistenza di una
moneta di ferro licurghea, quanto l’autorità della tradizione e la forza
evocativa che ancora nel IV sec. a.C. aveva sui cittadini spartani.
La moneta è un linguaggio e come tale veicola un messaggio in-
tenzionale: gli spartani scelgono quella più appropriata alla propria
cultura e ideologia anti–crematistica, annullando ogni funzione e uti-
lità per le quali veniva coniata una moneta. Essa viene concepita come
strumento di definizione e mantenimento di uno spazio economico
‘isolato’ e protetto, il cui rapporto con l’esterno viene controllato e ri-
dotto al minimo.
D’altronde il nómisma svolgeva la sua funzione solo quando si
usciva fuori dai confini della città e si era costretti ad utilizzarlo come
mezzo di scambio commerciale, più pratico e maneggevole di qualun-
que altro115. Gli spartani non avevano bisogno di un proprio nominale,
se per il commercio interno, a breve distanza, potevano continuare a
praticare scambi per lo più in natura116, insieme all’uso degli spiedi di
ferro con funzione monetale, trovati nel santuario di Artemis Orthia117.
Per questo motivo era possibile inventare una moneta, avente valore

114
X. Lac. 7, 5–6 (vd. n. 63).
115
Gli spartani utilizzavano soprattutto la moneta che nel Peloponneso aveva
maggior valore ed era divenuta dopo la fine del VI sec. a.C. il medium ufficiale, la
moneta eginetica.
116
La generosità tra i cittadini era altamente apprezzata e gli scambi in natura
prevedevano reciprocità: vd. HODKINSON 2000, pp. 151–186; FIGUEIRA 2002: so-
stiene un’economia basata sul baratto.
117
Vd. nn. 17 e 34.

57
VALERIA TOSTI

solo localmente118, che non andava a incidere realmente sui rapporti di


scambio con le altre città greche o sulle transazioni private.
La coniazione di una moneta mirava, alle origini, a dotare la co-
munità di una collettiva misura del valore, mezzo di regolamentazione
della vita sociale, che nella sua quantità determinata di metallo non
prezioso – nel caso spartano con valore inferiore al valore reale del
metallo – assolveva anche le funzioni di scala dei prezzi e mezzo di ac-
quisto. Nella realtà economica di una polis, una moneta come quella
spartana descritta dalle fonti letterarie non poteva assolvere a nessuna
delle funzioni essenziali; la sua invenzione letteraria punta ad accre-
scere il mito del ‘miraggio spartano’ come una società anticrematistica,
scandita e regolamentata da una moneta priva di valore, oltre che in-
gombrante e non riutilizzabile.
Le fonti del IV sec. a.C., che hanno condizionato definitivamente
quelle successive, definiscono l’immagine di una Sparta anti–cremati-
stica, esaltando la visione tradizionale aneconomica e il rifiuto ideolo-
gico dello scambio economico come mezzo privilegiato di acquisizione
dei beni, ma poi cadono in errore proiettando tale visione reale del va-
lore della ricchezza nella proibizione del possesso della moneta. Alla
società spartana gli autori antichi fanno corrispondere una non–mo-
neta e la proibizione del possesso di ricchezza monetata, mettendo in
risalto i principi che ne erano alla base.
La moneta spartana è dunque una ricostruzione retrospettiva in-
serita in un’elaborazione intenzionale del passato, volta a esaltare i va-
lori anti–crematistici della società di Sparta: i suoi caratteri principali
si dimostrano relativi alla realtà dei meccanismi di funzionamento del
sistema economico e sociale in cui si iscrive.

VALERIA TOSTI

118
X. Lac. 7, 5; Pl. Lg. 742.

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RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

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67
tav01tosti_1tavMONTECCHI.qxd 23/10/14 08:34 Pagina I

TAVOLA I

1
2

Riflessioni sulla moneta di ferro spartana.

1. Tridrammo con ‘SUN’ rinvenuto in Asia minore (da CHRISTIEN 2002, p. 177). –
2. Tetradracma di Areus I 267-265 a.C. circa (da TOURATSOGLOU 2006, p. 256,
fig. 1). – 3. Obeloi da Kinouria. Atene, Museo Numismatico NMA919 a-f 2005
(da TOURATSOGLOU 2006, p. 259 n° 157). – 4. Obeloi dall'acropoli di Sparta. Museo
Numismatico di Atene, NMA 9201-c 2005 (da TOURATSOGLOU 2006, p. 258 n°156).
IST IT UTO ITAL IANO DI NUMISMAT ICA NORME REDAZIONALI
Via Quattro Fontane 13 – Palazzo Barberini Gli «Annali» si pubblicano in fascicolo unico ed includono studi teorici, edizioni di mate-
riale e notiziari interessanti la numismatica antica medievale moderna, la medaglistica e la
00184 R o m a sfragistica.
Vi si stampano articoli e note inviati alla Redazione che verranno sottoposti a peer review,
contributi pervenuti su invito del Comitato di Redazione, notizie inviate dalle Soprintendenze
ai Beni Archeologici, Artistici, Storici, Ambientali e Architettonici e dalle Direzioni dei Musei.
Agli AA. viene fornito il pdf del loro articolo.
I testi redatti in forma definitiva, corredati di un breve riassunto in inglese, francese o tede-
sco, debbono pervenire alla Redazione su dischetto, utilizzando i sistemi, Windows,
MacIntosh (Word – QXpress). A questo devono essere aggiunte due stampe, a spaziatura dop-
pia e con ampi margini laterali.
L’apparato illustrativo perverrà unitamente al testo. Le foto, stampate in bianco e nero, in
Presidente: SARA SORDA grandezza naturale, avranno tonalità omogenea e non troppo scura. Le eventuali indicazioni
utili per la composizione delle tavole (didascalie, ecc.) e in particolare le variazioni di scala,
Consiglio Direttivo: ANDREA GIARDINA, ADRIANO LA REGINA, ERMANNO vanno indicate chiaramente.
LOLLI, MASSIMO MIGLIO, NICOLA PARISE, ROMANO UGOLINI. I disegni – carte e grafici – dovranno prevedere la riduzione al formato della Rivista
(12x18); è necessario quindi porre attenzione alla leggibilità di tutti gli elementi.
Eventuali monogrammi e segni speciali devono essere evidenziati nel testo; di essi va for-
nito un disegno, in scala ed in ingrandimento.
Fondato nel 1912 come associazione privata, l’Istituto diventa ente pub- Per le note dei contributi verrà preferibilmente usato il sistema di citazione autore/anno:
blico con sede in Roma per effetto del R.D.L. 3 Febbraio 1936, n. 223. Ad es.: BREGLIA 1964.
Suoi compiti sono la promozione e la esecuzione di ricerche in campo Nella bibliografia finale i riferimenti bibliografici verranno esplicitati secondo i seguenti
criteri:
numismatico, la incentivazione e il coordinamento di attività scientifiche Per le monografie: nome puntato e cognome dell’autore in maiuscoletto, seguito da virgola;
nel settore, la edizione di cataloghi e pubblicazioni interessanti la materia. titolo dell’opera in corsivo, seguito da virgola; luogo e data di pubblicazione seguito da virgola;
rinvio alla/e pagina/e (p., pp.) iniziale e finale. Ad es.: L. BREGLIA, Numismatica antica. Storia
Per la realizzazione dei suoi compiti istituzionali, l’Istituto collabora con e metodologia, Milano 1964, pp. 277–282.
le Soprintendenze e i Musei pubblici, con le Università e gli enti di ricer- I volumi miscellanei vanno indicati con il titolo in corsivo seguito, dopo la virgola, dal nome
ca italiani e stranieri. puntato e dal cognome del curatore in maiuscoletto (per l’indicazione di curatela si userà la for-
mula del volume). I saggi in volume miscellaneo vanno indicati con il nome puntato ed il cogno-
Di intesa con il Museo «G. Filangieri» di Napoli e con la Commission me dell’autore in maiuscoletto ed il titolo fra virgolette, seguiti da ‘in’ e il titolo del volume in
Internationale de Numismatique nel 1965 l’Istituto ha creato in Napoli il corsivo. Ad es.: C. MONTEPAONE, “Ancora intorno al denaro di ferro spartano”, in Bernhard
Centro Internazionale di Studi Numismatici, del cui consiglio direttivo è Laum. Origine della moneta e teoria del sacrificio, a cura di N.F. PARISE, Roma 1997, pp. 71–92.
I saggi in riviste vanno ugualmente citati con il nome puntato ed il cognome dell’autore in
membro di diritto. maiuscoletto, seguiti dalla virgola e dal titolo in tondo fra virgolette; dopo la virgola sarà indi-
Membro del Conseil International de Numismatique e di numerose Società cata la sigla della rivista in corsivo separata da una virgola numero del volume in cifre arabe
Numismatiche straniere, collabora con l’American Numismatic Society e dall’anno posto entro parentesi, cui seguirà, preceduta dalla virgola l’indicazione delle pagi-
ne. Ad es.: A. STAZIO, “Breve storia di un’erronea attribuzione: il ripostiglio di Pianura 1844
per l’edizione della «Numismatic Literature». (IGCH 1907)”, in AIIN, 42 (1995), pp. 81–88.
È membro dell’Unione Internazionale degli Istituti di Archeologia, Storia Per le abbreviazioni ci si atterrà, ove possibile, all’uso dell’Année Philologique e a quelli
comuni dei repertori.
e Storia dell’Arte in Roma. Unità metriche: la virgola divide l’unità dai decimali; i nomi delle misure, abbreviati, sono
Possiede una biblioteca specializzata aperta al pubblico, una fototeca di seguiti da punto (mm. 3,2; 2,4 gr. ecc.).
monete e medaglie, una ricca collezione di medaglie, dono del sen. E. Nella compilazione delle schede si porrà attenzione alle norme seguenti, per quanto riguar-
Mazzoccolo. da la successione ed il contenuto delle singole voci:
Autorità emittente.
1. Indicazioni suppletive (familiare, monetiere, massaro ecc.). Zecca, datazione. Metallo,
nominale; peso; diametro; stato di conservazione (c.b.; c.m. ecc.), asse (preferibilmente
espresso in gradi).
Descrizione sintetica (la leggenda deve sempre precedere la descrizione del tipo e va tra-
scritta in lettere maiuscole, con l’uso dei consueti segni diacritici epigrafici).
Riferimento bibliografico essenziale.

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