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Capitolo 1

Corpi estesi

Le considerazioni svolte fino ad ora hanno riguardato particelle o corpi as-


similabili nel loro comportamento a punti materiali. Vediamo di affrontare
il problema della meccanica dei corpi estesi.
Data la natura corpuscolare della materia ogni corpo è un aggregato di
particelle (atomi o molecole). Viene quindi naturale rappresentare i corpi
come sistemi di punti materiali. Questa descrizione porta ad estendere a
corpi macroscopici la definizione delle grandezze fisiche partendo da quella
per una particella. Per molti scopi pratici tuttavia la descrizione di un sis-
tema fisico come aggregato di punti materiali risulta complicata. Essa può
semplificarsi considerevolmente se si assume che la materia sia un continuo,
caratterizzato in ogni punto da una funzione densità ρ(x, y, z), che rappre-
senta la distribuzione di massa in un intorno del punto considerato. Questa
seconda rappresentazione equivale a sostituire alla distribuzione discreta di
particelle una distribuzione continua ottenuta prendendo un volume centra-
to in ogni punto e calcolando il valore della massa in esso contenuta. Tale
volume non dovrà essere nè troppo grande, per non perdere le disomogeneità
presenti su scala macroscopica, nè troppo piccolo, perchè in tale caso si ot-
terrebbe una funzione densità che varia troppo rapidamente da un punto
all’altro.

1.1 Sistema di punti materiali


Consideriamo un sistema costituito da N particelle o punti materiali. In-
dichiamo con Pi la posizione dell’i-esima particella, con mi la sua massa e
con F~i la forza agente su di essa.
Il problema generale della dinamica del sistema consiste nel determinare il
moto delle particelle quando sono note tutte le forze agenti su di esse e lo
stato del sistema, vale a dire posizioni e velocità delle particelle, ad un certo
istante (condizioni iniziali).

1
2 CAPITOLO 1. CORPI ESTESI

La forza F~i cui è soggetta l’i−esima particella nel punto Pi è causata dall’in-
terazione della particella con le altre costituenti il sistema e da forze esterne,
dovute cioè all’interazione con corpi esterni al sistema. Indichiamo con
(I)
• F~i la risultante delle forze interne esercitate sulla particella i−esima
da tutte le altre particelle del sistema.
Evidentemente
N 0
(I)
X
F~i = F~ij (1.1)
j=1

con

F~ij = f orza esercitata dalla particella j sulla particella i (1.2)

L’apice nella somma esclude il caso i = j.


(E)
• F~i la risultante delle forze esterne agenti sulla particella i − esima.

La forza totale cui è soggetta la particella i − esima sarà pertanto data da


(I) (E)
F~i = F~i + F~i (1.3)

Vale la pena di osservare che la distinzione tra forze interne ed es-


terne dipende da come viene definito il sistema di particelle. Se, per esem-
pio, includiamo nel sistema una parte del resto dell’universo, alcune forze,
precedentemente considerate esterne, diventano interne.

1.1.1 Proprietà del sistema di forze


Per meglio comprendere il comportamento di un sistema esteso, conviene
studiare le proprietà di un sistema di forze. Con questo termine intendiamo
un insieme di forze F1 ...FN che sono applicate in N punti differenti.
Per caratterizzare il sistema di forze si introducono le seguenti grandezze
vettoriali

1. Il vettore risultante
Esso è definito come la somma vettoriale
N
X
~ =
R F~i (1.4)
i=1

Notare che non si tratta di una forza risultante, dal momento che non
è applicato ad una particella specifica del sistema, cioè la somma non
riguarda forze con lo stesso punto di applicazione.
Nel caso di un sistema di particelle possiamo calcolare il vettore R ~ (I)
1.1. SISTEMA DI PUNTI MATERIALI 3

~ (E) risultante delle forze esterne.


risultante delle forze interne e quello R
Il primo è zero in quanto è somma di forze di azione e reazione

N N X
N 0
X X
~ (I) =
R F~i = F~ij = 0 (1.5)
i=1 i=1 j=1

essendo somma di coppie di vettori di uguale intensità e direzione e


verso opposto.
Il secondo è dato da
N
(E)
X
~
R (E)
= F~i (1.6)
i=1

Segue da ciò che il vettore risultante è uguale al vettore risultante delle


forze esterne.
R~ =R ~ (E) (1.7)

2. Il momento risultante
Definiamo momento risultante del sistema di forze rispetto al polo fisso
O come
XN
~
MO = (Pi − O) × F~i (1.8)
i=1

ove Pi è il punto di applicazione della forza i − esima.


Se anzichè il polo O prendiamo il polo fisso O0 , abbiamo

N
X
~ O0 =
M (Pi − O0 ) × F~i
i=1
XN N
X
= (Pi − O) × F~i + (O − O0 ) × F~i
i=1 i=1
~ O + (O − O0 ) × R
=M ~ (1.9)

Questo ci dice che il momento risultante del sistema di forze è


uguale per qualunque polo solo se il vettore risultante è nullo.

3. Coppia di forze
Considero due punti materiali P1 e P2 su cui agiscono rispettivamente
la forza f~1 e f~2 . Supponiamo che le forze abbiano lo stesso modulo,
e agiscano con verso opposto su due rette parallele. In questo caso
il vettore risultante è nullo. Ne consegue che il momento risultante
può essere calcolato rispetto a qualunque punto perchè il risultato non
4 CAPITOLO 1. CORPI ESTESI

Figura 1.1: Coppia di forze

cambia. Posto di prendere O come origine abbiamo (vedi figura 1)


~ = (P1 − O) × f~1 + (P2 − O) × f~2
M
= ~r1 × f~1 + ~r2 × f~2
= ~r1 × f~1 − ~r2 × f~1
= ∆~r × f~1 = |f~1 ||∆~r| sin θn̂
= b|f~1 |n̂ (1.10)

la direzione n̂ è quella della normale al piano formato dalle due rette.


La lunghezza b = |∆~r| sin θ rappresenta la distanza tra le due linee di
azione ed è detta braccio della coppia di forze.
4. Linea di azione
Due forze possono avere la stessa direzione, ma giacere su rette par-
allele. Quando giacciono sulla stessa retta si dice che esse hanno la
stessa linea di azione. Due forze che hanno uguale linea di azione,
stessa intensità e verso opposto hanno vettore risultante e momento
risultante entrambi nulli (il braccio della coppia è nullo)
Discende da ciò che se un sistema di forze si può scindere in un certo
numero di sistemi costituiti da due forze con la stessa linea di azione,
di pari intensità e verso opposto, esso ha vettore risultante e momento
risultante nulli.
Il sistema delle forze interne è un sistema di questo tipo, dato che, pre-
sa una qualunque coppia di punti del sistema, le forze di interazione
hanno la stessa linea di azione, pari intensità e verso opposto. Ne con-
segue che non solo il vettore risultante, ma anche il momento
risultante delle forze interne è nullo.

1.2 Dinamica di un sistema di particelle


In linea di principio la determinazione dello stato di moto del sistema richiede
la soluzione di un sistema di N equazioni del moto vettoriali, cioè
d2~ri (I) (E)
mi 2
= F~i + F~i (1.11)
dt
1.2. DINAMICA DI UN SISTEMA DI PARTICELLE 5

nelle 3N incognite

xi = xi (t) yi = yi (t) zi = zi (t) i = 1...N (1.12)

Come abbiamo visto il problema può essere affrontato in termini generali


per un sistema binario, cioè con N = 2. Quando però si ha a che fare
con un sistema di molti punti il ricorso a questo sistema di equazioni non
è di grande utilità. Conviene lavorare con relazioni dinamiche più semplici,
capaci di rappresentare il comportamento collettivo del sistema di punti, pur
fornendo solo un’informazione parziale su di esso.

1.2.1 Prima equazione cardinale


Possiamo in primo luogo riscrivere le equazioni come
d~
pi (I) (E)
= F~i + F~i (1.13)
dt
ove p~i è la quantità di moto della singola particella. Se ora sommiamo
sull’indice i otteniamo
N
X d~pi ~ (E)
=R (1.14)
dt
i=1
Introduciamo ora la quantità di moto totale del sistema di punti
N
X
P~ = p~i (1.15)
i=1

che mi consente di scrivere


dP~ ~ (E)
=R (1.16)
dt
che va sotto il nome di prima equazione cardinale della dinamica dei
corpi estesi . Essa ci dice che ad ogni istante il vettore risultante di tutte le
forze esterne agenti su un sistema di punti materiali è uguale alla derivata
rispetto al tempo della quantità di moto totale del sistema.
Un sistema che non sia soggetto a forze esterne o che abbia vettore risultante
delle forze esterne uguale a zero è detto meccanicamente isolato. Discende
dal risultato precedente che in un sistema meccanicamente isolato si
conserva la quantità di moto.
Questo è il principio di conservazione della quantità di moto. Si noti che esso
presuppone che il vettore risultante delle forze interne sia nullo ed è pertanto
equivalente al principio di azione e reazione. Se le forze esterne sono nulle,
il sistema è meccanicamente isolato perchè le particelle sono soggette alla
sole reciproche forze di interazione.
In certi casi può avvenire che R ~ (E) sia diverso da zero, ma che una sua
componente, per esempio Rx sia nulla. In tale caso si conserva la componente
della quantità di moto lungo tale direzione.
6 CAPITOLO 1. CORPI ESTESI

1.2.2 Applicazioni ed esercizi


1. Rinculo di un cannone
Un cannone di massa M spara in direzione orizzontale dalla sommità
di una torre di altezza h un proiettile di massa m, che raggiunge il
suolo alla distanza D dalla torre. Trascurando la resistenza dell’aria,
calcolare la forza F orizzontale e costante che il sistema di amortiz-
zatori deve esercitare sul cannone perchè esso arretri di un tratto d
prima di fermarsi.
Indichiamo con v0 la velocità orizzontale del proiettile, la cui legge

Figura 1.2: Rinculo di un cannone

oraria sarà evidentemente


1
x = v0 t z = h − gt2
2
q
Il proiettile arriva al suolo al tempo t = 2h g per cui abbiamo
s r
2h g
D = v0 v0 = D
g 2h

Ora osserviamo che la quantità di moto iniziale, cioè prima dello sparo,
del sistema cannone+ proiettile in direzione orizzontale è nulla. Segue
da ciò che la velocità iniziale del cannone è data
mv0
M Vc + mv0 = 0 Vc = −
M
Infatti la separazione del sistema in due parti è conseguenza di sole
forze interne al sistema cannone+particella, e pertanto la quantità di
moto si deve conservare. Solo dopo la separazione entra in gioco la
forza esterna F degli amortizzatori che deve frenare il cannone fino ad
azzerarne la velocità su una distanza orizzontale d.
Il lavoro di tale forza deve essere pari all’energia cinetica iniziale cam-
biata di segno, vale a dire
1
−F d = − M Vc2
2
1.2. DINAMICA DI UN SISTEMA DI PARTICELLE 7

ovvero

1 m2 v 2
F = M 20
2 M d
1 m2 D2 g
=
2 2hM d

2. Disintegrazione
Un corpo di massa m viene lanciato all’istante t = 0 verticalmente
verso l’alto con velocità 9.8 m/s. Durante il moto, a causa di un’e-
splosione, il corpo si divide in due frammenti di massa m1 = m/3 e
m2 = 2m/3. I due frammenti arrivano contemporaneamente al suolo
e la distanza del primo frammento dal punto di lancio è d1 = 6 m.
Determinare a quale distanza dal punto di lancio arriva il secondo
frammento.
Poniamo che il moto avvenga nel piano Oxz e prendiamo il punto di

Figura 1.3: Disintegrazione

lancio come origine.


In questo processo l’unica forza presente è quella peso. Non c’è pertan-
to alcuna forza in direzione orizzontale. Ne consegue che la quantità
di moto si conserva in tale direzione. Il centro di massa del sistema
non si muove lungo x ma solo lungo z sotto l’azione della forza peso.
Al momento della disintegrazione i proiettili hanno velocità iniziali in
direzione orizzontale date dalla

m1 v1 = −m2 v2 v1 = −2v2

Per entrambi la legge oraria relativa alla coordinata verticale è

1
z = h − gt2 (1.17)
2
8 CAPITOLO 1. CORPI ESTESI
q
2h
pertanto arrivano al suolo al tempo t = g .
Lo spostamento lungo x sarà
s
2h
d1 = v1
g
s
2h
= −2v2
g
s
2h
d2 = v2
g

da cui ottengo
d2 1
=− d2 = −3 m
d1 2

3. Esercizio
Una grande slitta di massa M è ferma su una pista di ghiaccio rettilinea
con a bordo n persone, aventi la stessa massa m, ferme a un’estremità
della slitta. Le n persone possono abbandonare la slitta in due modi:
(i) corrono tutte da un’estremità all’altra e saltano giù simultanea-
mente con le stessa velocità v rispetto alla slitta;
(ii) possono saltare una alla volta con la stessa velocità.
Determinare quale dei due metodi impartisce alla slitta maggiore ve-
locità rispetto al ghiaccio.
Soluzione
(i) Indichiamo con u la velocità della slitta rispetto alla pista e con V
quella dei passeggeri. La conservazione del momento angolare impone
che
nm
M u + nmV = 0 u=− V
M
D’altra parte la velocità dei passeggeri rispetto alla slitta è

v =V −u

per cui
nm M + nm
v = V (1 + )= v
M M
Pertanto
M nm
V = v u=− v
M + nm M + nm
(ii) Nel caso del primo passeggero che attraversa la slitta la conser-
vazione della quantità di moto impone

[M + (n − 1)m]u1 + mV1 = 0
1.2. DINAMICA DI UN SISTEMA DI PARTICELLE 9

ove V1 è la velocità del passeggero rispetto alla pista e u1 è quella della


slitta.
Essendo

v = V1 − u1
m
= (1 + )V1
M + (n − 1)m
M + nm
= V1
M + (n − 1)m

Si ottiene
m M + (n − 1)m
u1 = − v
M + (n − 1)m M + nm
m
=− v
M + nm
che è giustamente una frazione 1/n della velocità precedente.
Per il secondo passeggero che lascia la slitta il bilancio della quantità
di moto è

[M + (n − 2)m]u2 + mV2 = [M + (n − 1)m]u1

Ricordando che
V2 = v + u2
otteniamo
mv
u2 = − + u1
M + (n − 1)m
mv mv
=− v−
M + (n − 1)m M + nm
mv
=− [M + nm + M + (n − 1)m]
(M + nm)[M + (n − 1)m]
mv
=− [2M + 2(n − 1)m + m]
(M + nm)[M + (n − 1)m]
2mv m2 v
=− −
M + nm (M + nm)[M + (n − 1)m]

che mostra come al secondo salto la velocità sia superiore al doppio


del primo.

1.2.3 Moto di un veicolo a reazione


Nella maggior parte dei veicoli la propulsione è assicurata dal fatto che il
veicolo esercita una forza su qualchecosa di esterno che, a sua volta, esercita
una forza uguale e contraria sul veicolo. Nei veicoli a reazione si ha invece
10 CAPITOLO 1. CORPI ESTESI

un sistema di propulsione che non esercita azioni su un mezzo o sistema es-


terno. La propulsione si ottiene come conseguenza della conservazione della
quantità di moto.
Trascuriamo inizialmente la forza gravitazionale, che la Terra o qualche al-
tro corpo possa esercitare sul veicolo, ed ogni forza di attrito. In queste
condizioni il veicolo non è soggetto a forze esterne e la quantità di moto si
conserva. Il motore del veicolo espelle una corrente di gas frutto della com-
bustione ad una velocità costante v~sc (velocità di scarico) rispetto al razzo.
Poichè il gas viene espulso con continuità, la massa del veicolo cambia di una
quantità − dm
dt nell’unità di tempo. Queste due grandezze sono determinate
dalle caratteristiche progettuali del motore.
La quantità di moto del veicolo all’istante di tempo t è m(t)~v (t). All’istante
t + dt avremo che la massa del veicolo sarà m − dm e la sua velocità ~v + dv.
Pertanto la sua quantità di moto risulta

p~(t + dt) = (m − dm)(~v + dv) = m~v − ~v dm + md~v − dmd~v (1.18)

l’ultimo termine può essere trascurato perchè infinitesimo di ordine superi-


ore.
Calcoliamo ora la quantità di moto del gas espulso. Osserviamo che la ve-
locità del gas rispetto al veicolo (sistema di riferimento mobile) è uguale a
quella del gas rispetto al sistema fisso V ~sc meno quella del veicolo rispetto
al sistema fisso, vale a dire
~sc − ~v
~vsc = V (1.19)

Pertanto la quantità di moto del gas sarà


~sc dm = (~v + ~vsc )dm
V (1.20)

Uguagliando la quantità di moto totale del sistema veicolo+gas espulso


prima e dopo l’espulsione si ottiene

m~v = m~v − ~v dm + md~v + ~v dm + ~vsc dm (1.21)

ovvero
dm
d~v = − ~vsc (1.22)
m
Segue da ciò che
d~v dm
m = −~vsc (1.23)
dt dt
Questa equazione mette in relazione la variazione della massa del veicolo
con quella della velocità del veicolo in un intervallo infinitesimo di tempo.
Essa mostra che il veicolo è sottoposto all’accelerazione dovuta alla forza
di propulsione
dm
F~ = −~vsc (1.24)
dt
1.2. DINAMICA DI UN SISTEMA DI PARTICELLE 11

che evidenzia come la forza propulsiva sia proporzionale alla velocità di scari-
co e alla variazione di massa per unità di tempo. Quest’ultima grandezza
dipende dalla rapidità di combustione del carburante nel motore del veicolo.
Se sono presenti forze esterne, come la forza peso e l’attrito del mezzo in cui
il veicolo si muove, esse andranno incluse in questa equazione. La dinamica
del veicolo sarà pertanto data da

~ − ~vsc dm = m d~v
R (1.25)
dt dt
Naturalmente se il veicolo viene lanciato da Terra (come per un razzo propul-
sore) occorre che F > mg. Di solito sistemi di questo tipo sviluppano in
partenza valori pari a tre-quattro volte l’accelerazione di gravità.
Per ottenere la relazione tra la velocità impartita all’aeromobile e la massa di
gas scaricata per un intervallo finito, occorre integrare l’equazione del moto
tra il valore delle grandezze all’inizio e alla fine del processo di espulsione.
Supponiamo di considerare un moto unidimensionale e che non ci siano forze
esterne. Se all’inizio la massa del veicolo è mi e la velocità vi , e alla fine la
massa è mf e la velocità vf , avremo
Z vf Z mf
1 dm
dv = − (1.26)
vsc vi mi m
ovvero
vf − vi mi
= ln (1.27)
vsc mf
mi
∆v = vsc ln (1.28)
mf

che è la formula di Ciolkovsky . Essa indica che, per una buona propul-
sione, occorre massimizzare

• la velocità di scarico;

• il rapporto tra la massa del veicolo a pieno carico con la massa del
veicolo vuoto.

Relativamente a questo ultimo punto vi sono considerazioni pratiche (sta-


bilità, limiti legati ai materiali, etc.) che limitano questo rapporto a valori
pari a 5 − 10.

1.2.4 Esempio
Un razzo a pieno carico ha una massa di iniziale mi = 21000 kg di cui
15000 kg di carburante. Il combustibile è espulso dal razzo ad un ritmo
dm
dt = 190 kg/s ad una velocità di scarico vsc = 2800 m/s . Nell’ipotesi che
il razzo sia lanciato verso l’alto e si trascurino le forze di attrito, ma non la
12 CAPITOLO 1. CORPI ESTESI

forza peso, calcolare:


(i) la forza di propulsione;
(ii) la forza sul razzo all’avvio e allo spegnimento del motore, cioè quando
l’intero combustibile è stato consumato;
(iii) la velocità del razzo in funzione del tempo.

• (i) la forza di propulsione è


dm
F = −vsc = 2800 × 190 = 5.3 × 105 N
dt
ove si è tenuto conto del fatto che la velocità di scarico è diretta verso
il basso, vsc < 0.

• (ii) All’avvio del razzo la forza totale agente su di esso è quella di


propulsione meno la forza peso riferita alla massa iniziale. Pertanto

Ftot = F − mi g = 5.3 × 105 − 2.1 × 104 × 9.8 = 3.2 × 105 N

Quando il combustibile è consumato si ha

Ftot = F − mf g == 5.3 × 105 − 6 × 103 × 9.8 = 4.7 × 105 N

• Dall’equazione del moto abbiamo


dm
dv = −gdt − vsc
dt
che dobbiamo integrare tra l’istante iniziale t = 0 e l’istante t, vale a
dire
mi
v(t) − v0 = −gt + vsc ln
mf
Alla fine della combustione, vale a dire al tempo
mi − mf 15000
tf = = = 78.5 s
dm/dt 190
la velocità risulta pari a
6000
vf = 9.8 × 78.5 − 2800 ln = 2697 m/s
21000

1.2.5 Seconda equazione cardinale


Se abbiamo un sistema di particelle possiamo definire un momento ango-
lare totale del sistema come somma dei momenti angolari della singole
particelle, vale a dire
XN
~O =
L ~liO (1.29)
i=1
1.2. DINAMICA DI UN SISTEMA DI PARTICELLE 13

Anche in questo caso è possibile scrivere l’equazione che fornisce l’evoluzione


nel tempo del momento angolare totale. Infatti si ha
N
~O
dL X d~liO
=
dt dt
i=1
XN
= ~ iO
M
i=1
N
~ (E)
X
= M iO
i=1

ovvero
~O
dL
=M ~ (E) (1.30)
O
dt
che va sotto il nome di seconda equazione cardinale della dinamica
dei corpi estesi . Essa ci dice che ad ogni istante il momento totale delle
forze esterne rispetto ad un polo O è uguale alla derivata rispetto al tempo
del momento angolare totale riferito allo stesso polo.

1.2.6 Esempio
Due particelle P1 e P2 di massa uguale ad m si muovono nel piano Oxy sotto
la sola azione delle forze di interazione reciproca. All’istante t = 0 s lo stato
del sistema binario è dato da

x1 (0) = l y1 (0) = 0 vx1 (0) = 0 vy1 (0) = v0


x2 (0) = 0 y2 (0) = −l vx2 (0) = 0 vy2 (0) = −v0

Ad un istante successivo τ si riscontra che

x1 (τ ) = 0 y1 (τ ) = l/2 vx1 (τ ) = v vy1 (τ ) = 0

Determinare la posizione della seconda particella e il valore di v.


Soluzione
Poichè sono in gioco solo forze interne al sistema, si conservano sia la quan-
tità di moto totale sia il momento angolare totale.
Relativamente alla prima si ha che a t = 0

Px = mvx1 + mvx2 = 0 Py = mvy1 + mvy2 = 0

Pertanto la quantità di moto totale è nulla e il centro di massa è fermo.


Le coordinate del centro di massa possono quindi calcolarsi dalle posizioni
14 CAPITOLO 1. CORPI ESTESI

al tempo t = 0, vale a dire


mx1 + mx2 l
xCM = =
2m 2
my1 + my2 l
yCM = =−
2m 2
Conoscendo le coordinate costanti del centro di massa e quelle della particella
P1 al tempo τ possiamo calcolare quelle della particella P2 in tale istante.
Si ha

x2 (τ ) = 2xCM − x1 (τ ) = l
3
y2 (τ ) = 2yCM − y1 (τ ) = − l
2
Per determinare la velocità v usiamo la conservazione del momento angolare.
Al tempo t = 0 abbiamo
~ = m(P1 − O) × ~v1 (0) + m(P2 − O) × ~v2 (0)
L
= mlî × v0 ĵ + mlĵ × v0 ĵ
= mv0 lk̂

Al tempo t = τ il momento angolare è dato da

~ = m l ĵ × v î − m(lî − 3 lĵ) × v î
L
2 2
1 3
= − mlv k̂ − mlv k̂ = −2mlv k̂
2 2
Uguagliando questa espressione alla precedente si ottiene
1
v = − v0
2

1.3 Lavoro ed energia


Il lavoro elementare della i − esima particella di un sistema è dato da

dWi = F~i · d~ri


(I) (E)
= F~i · d~ri + F~i · d~ri
(I) (E)
= dWi + dWi (1.31)

Il lavoro elementare del sistema è pertanto dato da


N
X
dW = dWi = dW (I) + dW (E) (1.32)
i=1
1.3. LAVORO ED ENERGIA 15

Definiamo configurazione del sistema il suo stato di moto, vale a dire l’in-
sieme delle posizioni e delle velocità dei punti materiali che lo costituiscono.
Il lavoro per passare da una configurazione A ad una B è dato da
(E) (I)
WAB = WAB + WAB (1.33)

Tale lavoro dipende in generale dal percorso che le particelle costituenti il


sistema effettuano nel passare dalla configurazione A a quella B.
E’ importante osservare che il contributo delle forze interne al
lavoro non è in generale nullo . Se infatti considero una coppia di
particelle con indici i e j il lavoro elementare effettuato da tale coppia è

dWij = F~ij · d~ri + F~ji · d~rj


= F~ij · (d~ri − d~rj )
= F~ij · d(~ri − ~rj ) (1.34)

Questa espressione mostra che il contributo al lavoro della forze interne è


legato ad un cambiamento della distanza tra coppie di punti (deformazione).
Si definisce corpo rigido un corpo che gode della proprietà che la
distanza tra una qualunque coppia di punti è costante. In un corpo
rigido il lavoro delle forze interne è nullo.
Osservazioni

• La nozione di corpo rigido riveste una notevole importanza nella mec-


canica dei corpi estesi. In pratica tuttavia nessun corpo è indeforma-
bile: un corpo si comporta come rigido se la sollecitazione cui è sotto-
posto non è troppo elevata. Nel progettare sistemi meccanici è impor-
tante sapere entro quali limiti un componente si comporta come corpo
rigido. Questi dipendono in generale dal materiale di cui il corpo è
costituito, dalla sua struttura cristallina, dalle sue costanti elastiche,
etc.

• Il concetto di corpo rigido presuppone che le interazioni si propaghino


con velocità infinita. Se cosı̀ non fosse lo spostamento di una particella
avverrebbe con un certo ritardo rispetto a quello delle particelle con
cui interagisce e le distanze cambierebbero nel tempo.

Possiamo derivare il teorema dell’energia cinetica nel caso di un sistema


di particelle. Poichè
1
dWi = F~i · d~ri = mi vi dvi = mi dvi2
2
abbiamo
N N
X 1 2
X 1 2
WAB = mi viB − mi viA = KB − KA (1.35)
2 2
i=1 i=1
16 CAPITOLO 1. CORPI ESTESI

che definisce l’energia cinetica totale del corpo in una data configurazione
come somma delle energie cinetiche delle singole particelle. Questa equazione
è la versione del teorema delle forze vive per un sistema di particelle.
Nel caso in cui le forze sia interne sia esterne siano conservative, si
definisce l’energia potenziale UiA della i − esima particella come la som-
ma dell’energie potenziali relative ad ogni forza nel punto Pi in cui si trova
la particella nella configurazione A. Il lavoro associato al passaggio dalla
configurazione A alla configurazione B è dato da
N
X N
X
WAB = WiAB = (UiA − UiB ) (1.36)
i=1 i=1

L’energia potenziale totale del sistema nella configurazione A è


N
X
U (A) = UiA (1.37)
i=1

per cui il lavoro può scriversi

WAB = U (A) − U (B) (1.38)

Se sono presenti solo forze conservative abbiamo che l’energia meccanica


totale del sistema si conserva, vale a dire

KA + UA = KB + UB (1.39)

Va precisato che, in assenza di forze esterne si conserva la quantità di


moto, ma non è detto che si conservi l’energia meccanica. Se le forze interne
sono, anche in parte, non conservative, l’energia meccanica viene, almeno in
parte, dissipata o comunque non conservata.

1.3.1 Applicazioni
1. Esercizio
Una granata lanciata verticalmente esplode in tre frammenti nel punto
di massima altezza h. Due di questi frammenti di massa m = 10 kg
volano in direzioni orizzontali perpendicolari tra di loro con velocità
v = 30 m/s. Il terzo frammento ha massa 3m. Determinare:
(i) modulo e direzione della velocità del terzo frammento dopo la col-
lisione;
(ii) l’energia cinetica totale impartita dall’esplosione ai tre frammen-
ti; (iii) l’energia cinetica interna quando i tre framnmenti arrivano al
suolo.
Soluzione
1.3. LAVORO ED ENERGIA 17

(i) Indico con z la direzione verticale e con x e y le direzioni di moto


rispettivamente del primo e del secondo frammento.
La quantità di moto della granata si annulla nel punto di massima
altezza. Questo comporta che le quantità di moto totali lungo x e y
dopo la collisione debbano essere nulle. In particolare, indicando con
v1 = v la velocità finale del primo frammento e con v2 = v quella del
secondo, e con ~v3 quella del terzo, dobbiamo avere

mv1 + 3mv3x = mv + 3mv3x = 0


mv2 + 3mv3y = mv + 3mv3y = 0

da cui si ottiene
1
v3x = v3y = v = 10 m/s
3
I tre frammenti non hanno al momento della collisione componente
della velocità lungo z. Questa viene acquistata quando essi cadono.
(ii) Nel punto di massima altezza prima della collisione la velocità della
granata è nulla e quindi è nulla l’energia cinetica totale del sistema.
L’energia cinetica impartita dall’esplosione è la somma delle energie
cinetiche dei tre frammenti
1
K = mv 2 + 3mv32
2
1 2
= mv + 3m v 2
2
2 9
mv 2 4
= mv 2 + = mv 2 = 12 kJ
3 3
(iii) L’energia cinetica dei tre frammenti all’arrivo al suolo è data dalla
energia cinetica iniziale più il lavoro della forza peso. Per ogni fram-
mento si ha, indicando con h l’altezza massima raggiunta dal centro
di massa,

1
K1 = K2 = mv 2 + mgh
2
mv 2
K3 = + 3mgh
3
D’altra parte la energia cinetica del centro di massa al suolo è

KCM = 5mgh

Ne deriva che l’energia cinetica interna è

4mv 2
K 0 = KCM − (K1 + K2 + K3 ) =
3
18 CAPITOLO 1. CORPI ESTESI

2. Esercizio
Due blocchi di legno A eB identici di massa M , connessi da una molla
di costante elastica k, sono posti a riposo su un piano orizzontale con la
molla in configurazione di equilibrio. Un proiettile di massa m << M
viene sparato dentro A con velocità v. Esso viene assorbito dal blocco
in un tempo molto breve, tale cioè che questo non si sposta in modo
apprezzabile prima che il proiettile si fermi al suo interno.
Tenendo conto che la molla ha massa trascurabile e in assenza di

Figura 1.4: Proiettile contro sistema di due blocchi

forze di attrito, determinare:


(i) la velocità di A dopo l’impianto del proiettile;
(ii) la quantità di moto totale del sistema dopo l’urto;
(iii) la velocità del centro di massa del sistema dopo l’urto;
(iv) l’energia cinetica traslazionale del sistema dopo l’urto;
(v) l’energia cinetica totale dopo l’urto;
(vi) la massima compressione della molla;
(vii) il periodo T delle oscillazioni della molla.
Soluzione
(i) La collisione iniziale tra il proiettile ed il blocco A è perfetta-
mente anelastica. Indicando con u la velocità finale del blocco, la
conservazione della quantità di moto comporta
mv
mv = (m + M )u u=
m+M
(ii) In sistema costituito dal proiettile più i due blocchi non è soggetto
a forze esterne. Pertanto la quantità di moto dopo la collisione deve
essere la stessa di quella prima, cioè
Pf = mv
(iii) In assenza di forze esterne il centro di massa si muove di moto
rettilineo uniforme. Dovendo conservarsi la quantità di moto la sua
velocità è
Pf mv
V = =
m + 2M m + 2M
(iv) L’energia cinetica traslazionale è quella che non cambia nei pro-
cessi interni, cioè quella del centro di massa. Si ha pertanto
1 1 m2 v 2
KCM = (m + 2M )V 2 =
2 2 m + 2M
1.3. LAVORO ED ENERGIA 19

(iv) L’energia cinetica totale dopo la collisione è somma di quella del


centro di massa più quella interna. Per determinare l’energia cinetica
interna consideriamo le velocità relativa dei due blocchi rispetto al
centro di massa. Si ha
0 mv mv
vA =u−V = −
m+M m + 2M
mM
= v
(m + M )(m + 2M )
0 mv
vB = −V = −
m + 2M
L’energia cinetica interna è pertanto data da
1 0 1 0
K 0 = (m + M )vA2 + M vB2
2 2
1 M 2 m2 v 2 1 m2 v 2
= (m + M ) + M
2 (m + M )2 (m + 2M )2 2 (m + 2M )2
1 m2 v 2 M
=
2 (m + 2M )(m + M )
L’energia cinetica totale è pertanto
K = K 0 + KCM
1 M m2 v 2 1 m2 v 2
= +
2 (m + 2M )(m + M ) 2 m + 2M
1 m2 v 2 M
= ( + 1)
2 m + 2M m + M
1 m2 v 2
=
2m+M
Si osservi che K 0 è l’energia del moto relativo dei due blocchi. In effetti
la velocità relativa è
0 0
vA − vB =u
e l’energia cinetica corrispondente sarebbe (con µ massa ridotta) data
da
1 2 1 M (m + M ) m2 v 2
µu =
2 2 m + 2M (m + M )2
1 m2 v 2
=
2 (m + 2M )(m + M )
Nell’ipotesi m << M si ha
1
K0 ≈ m2 v 2
4M
1
K≈ m2 v 2
2M
20 CAPITOLO 1. CORPI ESTESI

(vi) Si ha la massima compressione della molla quando l’energia cinet-


ica interna si è trasformata interamente in energia elastica. Indicando
con d la compressione abbiamo

1 m2 v 2 1
= kd2
2 (m + 2M )(m + M ) 2
ovvero s
M
d = nv
k(m + M )(m + 2M )
Se m << M si ha r
1
d ≈ mv
2kM
(vii) La pulsazione è data da
s s
k k(m + 2M )
ω= =
µ M (m + M )

che porta a s
2π M (m + M )
T = = 2π
ω k(m + 2M )

1.4 Equilibrio di un corpo esteso


Ci poniamo il problema di quali sono le condizioni perchè un sistema esteso
sia in equilibrio.
Osserviamo che perchè la particella i − esima sia in equilibrio occorre che

F~i = 0 (1.40)

cioè si annulli la somma della risultante delle forze. Si noti che nel con-
teggio delle forze vanno incluse anche le reazioni vincolari , cui la
particella in considerazione sia eventualmente soggetta.
Se imponiamo che tutto il sistema sia in equilibrio, tale relazione deve valere
per tutte le particelle, ovvero
N
X
F~i = 0 (1.41)
i=1

Tenendo conto che nella somma le forze interne si annullano e che ciò vale
anche per reazioni vincolari interne, questa condizione di traduce nella

~ (E) = 0
R (1.42)
1.4. EQUILIBRIO DI UN CORPO ESTESO 21

Questa condizione non è tuttavia sufficiente ad assicurare che il corpo sia


in quiete. Il corpo può avere vettore risultante nullo, ma momento risul-
tante diverso da zero. Occorre pertanto anche la condizione che si annulli il
momento della forze, vale a dire
~O = 0
M (1.43)

Anche per questa condizione solo le forze esterne (tra queste anche le reazioni
vincolari esterne) entrano in gioco. Possiamo pertanto scriverla

~ (E) = 0
M (1.44)
O

Riassumendo, condizione necessaria perchè un corpo sia in equilib-


rio è che il vettore risultante e il momento risultante delle forze
e reazioni vincolari esterne siano entrambi nulli .
E’ immediato osservare che queste condizioni non sono sufficienti. Si con-
sideri infatti un sistema costituito da una coppia di particelle soggette a due
forze uguali ed opposte lungo la stessa linea di azione. Sappiamo che il vet-
tore risultante e il momento risultante del sistema di forze è nullo. Tuttavia
le particelle sotto l’azione delle forze possono tendere ad allontanarsi o ad
avvicinarsi reciprocamente. In queste condizioni il sistema non è in quiete.
Se tuttavia abbiamo a che fare con un corpo rigido, vale a dire, se le distanze
tra le particelle sono costanti, il sistema risulta in equilibrio.
Diremo in generale che per un corpo rigido le condizioni che si an-
nullino il vettore risultante e il momento risultante sono neces-
sarie e sufficienti perchè esso si mantenga in equilibrio.
22 CAPITOLO 1. CORPI ESTESI
Capitolo 2

Centro di massa di un
sistema

La nozione di centro di massa, già introdotta per un sistema binario, si


estende ad un sistema di N particelle. Questo consente di

• identificare alcune grandezze meccaniche come proprietà del centro di


massa;

• separare i moti interni del sistema dal moto del centro di massa;

• semplificare lo studio della dinamica del sistema.

2.1 Definizione e proprietà


Dato un sistema di N particelle di masse mi , i = 1...N il centro di massa è
il punto geometrico le cui coordinate sono espresse dalla
PN
mi~ri
~rCM = Pi=1
N
(2.1)
i=1 mi

Introducendo la massa totale del sistema


N
X
M= mi (2.2)
i=1

possiamo scrivere
N
X mi
~rCM = ~ri (2.3)
M
i=1

che evidenzia come il centro di massa sia calcolato con una media pesata
sulle diverse posizioni delle particelle, ove hanno maggiore peso quelle che

23
24 CAPITOLO 2. CENTRO DI MASSA DI UN SISTEMA

contribuiscono maggiormente alla massa totale. Nei termini delle coordinate


cartesiane abbiamo
N
1 X
xCM = m i xi
M
i=1
N
1 X
yCM = mi yi
M
i=1
N
1 X
zCM = m i zi (2.4)
M
i=1
(2.5)

Se le N particelle sono in movimento possiamo ricavare la velocità del


centro di massa semplicemente derivando rispetto al tempo, vale a dire
N
d~rCM 1 X
~vCM = = mi~vi (2.6)
dt M
i=1

E’ immediato osservare che essendo la quantità di moto totale


N
X
P~ = mi~vi
i=1

avremo che
P~ = M~vCM (2.7)
cioè la quantità di moto totale del sistema è quella che avrebbe
una particella con massa pari alla massa totale e velocità pari a
quella del centro di massa, ovvero la quantità di moto del sistema
è uguale a quella del centro di massa.
Procedendo in modo analogo per l’accelerazione si ottiene
N
d2~rCM 1 X
~aCM = = mi~ai (2.8)
dt2 M
i=1

Segue da ciò, che, se il sistema di riferimento in cui si opera è inerziale,


N ~E
1 X~ R
~aCM = Fi = (2.9)
M M
i=1

ovvero
~ (E)
M~aCM = R (2.10)
il moto del centro di massa è determinato dal vettore risultante
delle forze esterne.
2.2. CENTRO DELLE FORZE PARALLELE 25

2.2 Centro delle forze parallele


Facciamo l’ipotesi che le forze esterne agenti sul sistema siano tra loro
parallele, vale a dire la forza che agisce sull’i − esima particella sia data
da
F~i = Fi û (2.11)
ove il versore û è lo stesso per tutte le particelle. Questo è ad esempio il
caso di un sistema di particelle soggette alla forza peso, per cui si ha

F~i = −mi g k̂ (2.12)

Il vettore risultante è semplicemente dato da


N
X
~ =
R Fi û (2.13)
1=1

ed è anche esso diretto lungo û.


Se si considera il momento risultante si ottiene
N
X
~O =
M ~ri × Fi û (2.14)
i=1
XN
=( Fi~ri ) × û (2.15)
i=1

che mostra come il momento sia ortogonale alla direzione delle forze e del
loro vettore risultante.
Ci poniamo ora la domanda se esista un punto C ove applicare il vettore R~
in modo che
~ O = (C − O) × R
M ~ = ~rC × R
~ (2.16)
Uguagliando questa espressione alla precedente otteniamo
N
X XN XN
( Fi~ri ) × û = ~rC × ( Fi )û = ( Fi )~rC × û
i=1 i=1 i=1

che porta alla


PN
Fi~ri
~rC = Pi=1
N
(2.17)
i=1 Fi
il punto C di posizione ~rC è chiamato centro delle forze parallele.
Nel caso particolare della forza peso abbiamo
PN
mi g~ri
~rC = Pi=1
N
= ~rCM (2.18)
i=1 mi g
26 CAPITOLO 2. CENTRO DI MASSA DI UN SISTEMA

cioè il centro di massa coincide con il centro delle forze peso del
sistema di particelle (baricentro).
Segue da ciò che il momento risultante della forza peso è
N
X
~ O = ~rCM ×
M mi~g = ~rCM × M~g (2.19)
i=1

Possiamo quindi pensare il peso totale del sistema come una forza applicata
nel centro di massa.

2.2.1 Energia potenziale della forza peso


Nel caso della forza peso anche l’energia potenziale totale di un sistema
di particelle aquista una forma molto semplice. Ricordiamo che per una
particella l’energia potenziale è data, a meno di una costante da

Vi (zi ) = mi gzi (2.20)

Se abbiamo N particelle, l’energia potenziale totale sarà


N
X
U= mi zi g = M zCM g (2.21)
i=1

Questo significa che un cambiamento dell’energia potenziale del sis-


tema può avere luogo solo se si ha uno spostamento verticale del
centro di massa. Dal punto di vista della determinazione del lavoro che
la forza peso compie nello spostarsi da una configurazione ad un’altra, non
vi è alcuna necessità di calcolare il lavoro delle singole particelle. L’unica
cosa rilevante è di quanto è cambiata la coordinata verticale del centro di
massa. Questo risultato spiega come mai sia possibile ottenere informazioni
sul moto di corpi nel campo della forza peso trattandoli come puntiformi e
semplicemente considerando il loro spostamento verticale.

2.3 Sistema di riferimento del centro di massa


Come nel caso di un sistema binario, conviene introdurre per qualunque
sistema di particelle il sistema di riferimento del centro di massa, cosı̀ definito
• origine nel centro di massa;

• orientazione degli assi identica a quello inerziale rispetto al quale si


studia il moto (sistema di riferimento di laboratorio);

• in assenza di forze esterne il sistema è inerziale, perchè l’accelerazione


del centro di massa è nulla.
2.3. SISTEMA DI RIFERIMENTO DEL CENTRO DI MASSA 27

La trasformazione dal sistema di riferimento di laboratorio a quello del


centro di massa dei vettori posizione e velocità delle particelle è data dalle
0
~ri = ~ri − ~rCM (2.22)
0
~vi = ~vi − ~vCM (2.23)

Poichè
0 0
~rCM = 0 ~vCM = 0
valgolo le seguenti relazioni
N
0
X
mi~ri = 0 (2.24)
i=1
N
0
X
mi~vi = 0 (2.25)
i=1

Quest’ultima equazione equivale a dire che la quantità di moto totale


nel sistema del centro di massa è nulla.
Come abbiamo osservato, in presenza di forze esterne con vettore risultante
diverso da zero, il moto del centro di massa rispetto al sistema di laborato-
rio è accelerato e, pertanto, nel sistema di riferimento del centro di massa
è presente ed agisce su ogni particella la forza fittizia −mi~aCM . Questo
comporta che il moto di ogni particella nel sistema del centro di massa sia
rappresentato dalla
(I) (E) 0
F~i + F~i − mi~aCM = mi~ai (2.26)

Se si somma questa equazione su tutte le particelle si ottiene


N
X
~ (E) −
R ~ (E) − M~aCM
mi~aCM = R
i=1
N
0
X
= mi~ai = 0 (2.27)
i=1

che mostra come il centro di massa sia in equilibrio sotto l’azione delle forze
esterne e della forza fittizia.
Se si calcola il momento delle forze nel sistema del centro di massa
prendendo come polo il centro di massa, si ottiene
N N N
0 (E) 0 (I) 0
X X X
~ CM =
M ~ri × F~i + ~ri × F~i − ~ri × mi~aCM
i=1 i=1 i=1
N
0
~ (E) − ~ (E)
X
=M CM (mi~ri ) × ~aCM = M CM (2.28)
i=1
28 CAPITOLO 2. CENTRO DI MASSA DI UN SISTEMA

vale a dire il momento risultante rispetto al centro di massa è


uguale al momento delle sole forze vere, senza contributi delle
forze fittizie.

2.3.1 I teoremi di Koenig

Con questo nome si indicano le relazioni che intercorrono tra l’energia ci-
netica e il momento angolare totale di un sistema di particelle calcolati nel
sistema di riferimento di laboratorio e le stesse grandezze calcolate nel sis-
tema di riferimento del centro di massa.

1. Energia cinetica
Dall’espressione nel sistema di laboratorio

1
K = mi vi2
2

otteniamo

N
1X 0
K= mi (~vi + ~vCM )2
2
i=1
N N
1X 02 1X 2
X 0
= mi vi + mi vCM +( mi~vi ) · ~vCM
2 2
i=1 i=1 i=1
1X 0 1
= mi vi2 + M vCM
2
2 2
i=1
1
= K 0 + M vCM
2
(2.29)
2

Si noti che il primo termine rappresenta l’energia cinetica totale nel


sistema di riferimento del centro di massa, mentre il secondo è l’en-
ergia cinetica di un punto materiale con massa pari a quella totale e
velocità pari a quella del centro di massa.
Questo risultato può enunciarsi nella seguente forma: l’energia ci-
netica totale di un sistema di particelle è somma dell’energia
cinetica nel sistema del centro di massa (energia cinetica
interna) più quella del centro di massa.

2. Momento angolare totale Considero il momento angolare rispetto


2.3. SISTEMA DI RIFERIMENTO DEL CENTRO DI MASSA 29

all’origine del sistema di laboratorio


N
X
~O =
L ~ri × mi~vi
i=1
N
0 0
X
= (~r i + ~rCM ) × (~vi + ~vCM )
i=1
N N N N
0 0 0 0
X X X X
= ~ri × mi~vi + ~ri × mi~vCM + ~rCM × mi~vi + ~rCM × mi~vCM
i=1 i=1 i=1 i=1

Ora osserviamo che, per le relazioni che caratterizzano il sistema del


centro di massa, il secondo e il terzo termine sono nulli.
Otteniamo pertanto
N N
0 0
X X
~O =
L ~ri × mi~vi + ~rCM × mi~vCM
i=1 i=1
0
~ CM + ~rCM × M~vCM
=L (2.30)

che può enunciarsi dicendo che il momento angolare totale nel


sistema inerziale è somma di quello calcolato nel sistema del
centro di massa più il momento angolare del centro di massa.
30 CAPITOLO 2. CENTRO DI MASSA DI UN SISTEMA
Capitolo 3

Corpi continui

Un corpo qualunque è costituito da atomi e molecole. Se assimiliamo ogni


atomo ad un punto materiale un corpo può vedersi costituito da un insieme
di particelle e quindi si possono applicare ad esso le considerazioni svolte
fino ad ora. Tuttavia, date le dimensioni degli atomi (circa 10−8 cm ), in un
corpo in fase solida ci sono circa 1022 atomi/cm3 . Questo significa che la teo-
ria che abbiamo sopra delineato comporterebbe, nel calcolo delle grandezze
fisiche del sistema, delle somme su un numero elevatissimo di particelle.
Conviene allora considerare un corpo come un continuo: questo ci consente
di sostituire le somme con integrali, il cui calcolo risulta più agevole, senza
fare errori significativi.

3.1 Densità

Figura 3.1: Calcolo della densità

Immaginiamo di dividere il corpo oggetto di studio in parti cosı̀ piccole


che la loro struttura interna possa essere ignorata. Il volume dV di queste
parti dovrà essere piccolo su scala macroscopica, ma grande su scala atomica
(cosı̀ da poter comunque contenere un numero elevato di atomi). Ogni vol-
ume elementare avrà al centro un punto P ≡ (x, y, z) e conterrà una massa

31
32 CAPITOLO 3. CORPI CONTINUI

dm. Definiamo densità del corpo nel punto P il valore del rapporto
dm
ρ(x, y, z) = (3.1)
dV
Questa grandezza è una funzione del punto P . Il calcolo per un identico
volume centrato in un diverso punto P 0 può dare un valore diverso. Quando
la densità è la stessa in ogni punto il corpo è omogeneo (densità
uniforme).
La massa totale del corpo sarà data dalla somma delle masse dei singoli
volumetti. Poichè trattiamo il corpo come un continuo la somma diventa
un integrale esteso a tutto il volume del corpo
Z Z
M= dm = ρ(x, y, z)dV (3.2)
V V
cioè l’integrale esteso a coprire il volume somma di tutti i volumi elementari
dV .
Se abbiamo a che fare con corpi con dimensionalità ridotta, in cui ad es-
empio la massa è distribuita su una superficie S (membrane, dischi, bolle,etc.)
o su una curva l (fili, circonferenze, aste, etc.) dobbiamo definire rispettiva-
mente una densità superficiale
dm
ρ= (3.3)
dS
o una densità lineare
dm
ρ= (3.4)
dl
Si avrà in questo casi
Z Z
M= ρdS M= ρdl (3.5)
S l
Se la superficie o la linea sono omogenee la densità è costante.

3.2 Centro di massa di un corpo continuo


Le coordinate del centro di massa si ottengono semplicemente estendendo
la definizione al caso continuo
Z Z
1 1
~rCM = dm~r = ρ(~r)~rdV (3.6)
M V M V
ovvero
Z
1
xCM = ρ(~r)xdV
M V
Z
1
yCM = ρ(~r)ydV
M V
Z
1
zCM = ρ(~r)zdV (3.7)
M V
3.2. CENTRO DI MASSA DI UN CORPO CONTINUO 33

ove ρ(~r) = ρ(x, y, z). Se il corpo è omogeneo, la densità è costante e si ha

Z Z
ρ 1
~rCM = ~rdV = ~rdV (3.8)
M V V V

La seconda equazione mostra che in un sistema omogeneo la posizione


del centro di massa non dipende dalla densità ma solo dalla forma.
Nel caso di un sistema bidimensionale avremo un integrale di superficie, vale
a dire
Z
1
~rCM = ρ(x, y)~rdS (3.9)
M S

ovvero
Z
1
xCM = ρ(~r)xdS
M S
Z
1
yCM = ρ(~r)ydS
M S

Infine in una dimensione abbiamo semplicemente

Z
1
xCM = ρ(x)xdx (3.10)
M l

3.2.1 Esempi

1. Centro di massa di un’asta omogenea


Si consideri un’asta di lunghezza l e prendiamo un estremo dell’as-
ta nell’origine dell’asse delle ascisse. I punti dell’asta sono compresi
nell’intervallo 0 ≤ x ≤ l. L’ascissa del centro di massa sarà

l
1 l2
Z
1 l
xCM = ρ xdx = =
M 0 l 2 2

come si poteva facilmente intuire data la simmetria del sistema, il


centro di massa giace a metà asta.

2. Centro di massa di un quadrato omogeneo di lato l


La densità superficiale è costante. Pertanto
34 CAPITOLO 3. CORPI CONTINUI

Figura 3.2: Quadrato di lato l

Z
ρ
xCM = xdS
M S
1 l
Z Z l
= dy xdx
S 0 0
1 l2 l
= 2
l =
l Z2 2
ρ
yCM = = ydS
M S
1 l
Z Z l
= dx ydy
S 0 0
1 l2 l
= 2
l =
l 2 2

Il centro di massa è al centro del quadrato.

3. Centro di massa di un semi-anello omogeneo di raggio R

Figura 3.3: Semi-anello di raggio R


3.2. CENTRO DI MASSA DI UN CORPO CONTINUO 35

Z πR
ρ
xCM = xdl
M 0
Z π
1
= R2 cos φdφ
πR 0
R π
Z
= cos φdφ = 0
π 0
Z πR
ρ
yCM = ydl
M 0
Z π
1
= R2 sin φdφ
πR 0
R π
Z
= sin φdφ
π 0
2R
= = 0.637 R
π
Notare che il fatto che xCM = 0 poteva arguirsi sulla base della simme-
tria del sistema, dato che il contributo della massa dm in x è opposto
a quello in −x. Non altrettanto avviene lungo y.

4. Centro di massa di una lamina piana semi-circolare


Come nel caso precedente xCM = 0 per simmetria. Occorre deter-

Figura 3.4: Semi-disco di raggio R

minare Z
1
yCM = ρ ydS
M S
Per il calcolo dell’integrale considero la superficie elementare di base
2x e altezza dy come in figura. Si ha

dS = 2xdy

Ora noto che


p
2x = 2 R2 − y 2
p
dS = 2y R2 − y 2
36 CAPITOLO 3. CORPI CONTINUI

quando y varia nell’intervallo 0 ≤ y ≤ R copro con le superficie ele-


mentari tutta l’area del semidisco.
Pertanto ho
2ρ R p 2
Z
yCM = R − y 2 ydy (3.11)
M 0
Posso trasformare l’integrazione su y in una su x. Poichè
p xdx
y= R 2 − x2 dy = − √ ydy = −xdx
R 2 − x2

ho Z R
4 4
yCM = x2 dx = R
πR2 0 3π

5. Determinare il centro di massa di una lamina triangolare omogenea


con forma di triangolo rettangolo di densità ρ e cateti di lunghezza a
e b.
Soluzione

Figura 3.5: Centro d massa trangolo rettangolo

Nel sistema di riferimento Oxy prendiamo l’asse x lungo il cateto OA


di lunghezza a e quello y lungo quello OB di lunghezza b.
L’area del triangolo è S = ab/2 e pertanto la massa della lamina risulta

ab
M = ρS = ρ
2
La massa elementare è dm = ρdS possiamo scegliere l’area elementare
ds come quella di una sottile striscia parallela all’asse x, di altezza
infinitesima dy e base x, vale a dire

dm = ρxdy
3.3. UN TEOREMA MOLTO UTILE 37

Ora osserviamo che la ipotenusa AB ha nel sistema di riferimento


indicato l’equazione
b
y =− x+b
a
Pertanto il valore di x che rappresenta la base delle striscia è
a
x = − (y − b)
b
Questo ci consente di scrivere
a
dm = ρ(− )(y − b)dy
b
Integrando questa espressione sulla variabile y dal valore zero al valore
b si copre l’intera area del triangolo. infatti
Z b
a ab
(− )(y − b)dy = ρ
0 b 2
Il calcolo delle coordinate del centro di massa porta ai seguenti valori
Z
1
xCM = xdm
M
a 2 b
Z
ρ
= (− ) (y − b)2 dy
M b 0
ρa2 b3 b3
= ( − 2 + b3 )
M b2 3 2
ρa2 b 2
= = a
M 3 3
e
Z
1
yCM = ydm
M
Z b
ρ a
= (− ) y(y − b)dy
M b 0
2 −b3 b
= − 2( )=
b 6 3

3.3 Un teorema molto utile


Il calcolo del centro di massa può risultare assai complicato. E’ di grande
utilità il seguente teorema
Dati due sistemi di particelle, il sistema 1 con N1 particelle e il sistema 2
con N2 particelle con centri di massa rispettivamente nel punto G1 e G2 ,
il centro di massa del sistema totale coincide con il centro di massa di due
punti materiali posizionati in G1 e G2 con massa pari rispettivamente alla
38 CAPITOLO 3. CORPI CONTINUI

massa totale M1 del primo sistema e M2 del secondo.


Dalla definizione di centro di massa abbiamo
N1
(1) 1 X
G1 − O = ~rCM = mi~ri
M1
1=1
N2
(2) 1 X
G2 − O = ~rCM = mi~ri (3.12)
M2
1=1

Il sistema complessivo avrà N = N1 + N2 particelle e massa pari a M =


M1 + M2 . Indiciamo le particelle del primo sistema con indice i = 1, ...N1 e
quelle del secondo con indice i = N1 + 1, ..., N1 + N2 . Pertanto il centro di
massa del sistema complessivo sarà
N
1 X
~rCM = mi~ri (3.13)
M
i=1
N1 NX
2 +N1
1 X 1
= mi~ri + mi~ri (3.14)
M M
i=1 i=N1 +1
M1 (1) M2 (2)
= ~rCM + ~r (3.15)
M M CM
L’ultima equazione è l’espressione del centro di massa dei due punti.
Questo teorema è molto utile quando si ha a che fare con sistemi che si
compongono di parti diverse, per ognuna delle quali è agevole calcolare il
centro di massa. Il centro di massa del sistema totale può calcolarsi come
centro di massa dei centri di massa delle singole parti.

3.3.1 Esempi ed applicazioni


Vediamo qualche esempio dell’uso del teorema per il calcolo dei centri di
massa.

1. Si determini il centro di massa del sistema composto da un’asta di


massa 3M e lunghezza L, ai cui estremi sono saldate in direzione or-
togonale due aste di pari lunghezza e massa M (vedi. figura 1).
Prendiamo come riferimento il sistema Oxy ove la direzione x è par-
allela all’asta di massa maggiore e la direzione y a quelle di massa
minore. Si scelga l’origine sulla retta parallela all’asta di massa mag-
giore passante per i punti medi delle due aste ortogonali. In questo
modo i centri di massa delle due aste di massa M hanno coordinate
(L/2, 0) e (−L/2, 0). Il centro di massa del sistema costituito dalle
due aste uguali si trova pertanto nell’origine.
Il centro di massa dell’asta di massa maggiore ha coordinate (0, L/2).
Possiamo calcolare il centro di massa totale prendendo il centro di
3.3. UN TEOREMA MOLTO UTILE 39

Figura 3.6: Sistema di tre aste

massa del sistema di massa 2M con centro nell’origine e del sistema


di massa 3M con centro sull’asse y a L/2. Otteniamo pertanto
1 L 3
xCM = 0 yCM = 3M = L (3.16)
5M 2 10
Si noti che il centro di massa non è un punto del sistema.
2. Si determini il centro di massa di una scatola cubica di lato a senza il
coperchio.
Osserviamo che, se ci fosse il coperchio, il centro di massa della scatola

Figura 3.7: Scatola cubica di lato a

sarebbe al centro del cubo, vale a dire


a a a
~rCM = î + ĵ + k̂
2 2 2
40 CAPITOLO 3. CORPI CONTINUI

D’altra parte se considero una singola faccia, il centro di massa ad essa


relativa cade nel suo centro. Se quindi considero la faccia con z = a,
0
il suo centro di massa sarebbe a ~rCM ≡ (a/2, a/2, a). La scatola senza
il coperchio può ottenersi rimuovendo questa faccia dal cubo.
Il centro di massa del cubo può vedersi come il centro di massa del
sistema costituito dalla scatola senza coperchio più la faccia rimossa.
Se indico con RCM il centro di massa della scatola senza coperchio ho
1 5 ~ 1 0
rCM = ( M RCM + M~rCM )
M 6 6
da cui otteniamo
6 1
XCM = (xCM − x0CM )
5 6
6 1 a
= (a − a) =
10 6 2
a
YCM =
2
6 1 0
ZCM = (zCM − zCM )
5 6
6 a 1
= ( − a)
5 2 6
6 2a 2
= = a
5 6 5

3. Un disco omogeneo di raggio R = 20 cm e centro O ha un foro circolare


di raggio r = 5 cm e centro O0 . La distanza d = |O − O0 | è pari a
10 cm. Trovare il centro di massa
Se il disco fosse pieno il centro di massa sarebbe nel centro del disco,

Figura 3.8: Disco forato

vale a dire
XCM = YCM = 0
Possiamo vedere il centro di massa del disco pieno come il centro di
massa di due corpi: quello di un disco pieno di centro O0 e raggio r e
3.3. UN TEOREMA MOLTO UTILE 41

quello del disco forato. Relativamente al primo il centro di massa ha


coordinate
x0CM = d 0
yCM =0
Se si indica con M la massa del cerchio pieno, con m quella contenuta
nel cerchio piccolo e con M 0 quella nel cerchio forato e con ρ la densità,
si ottiene

M = ρπR2 m0 = ρπr2 M 0 = ρπ(R2 − r2 )

Indicando con xCM e yCM le coordinate del centro di massa del disco
forato, devo avere

M 0 xCM + mx0CM
XCM = =0
M
M 0 yCM + myCM
0
YCM = =0
M
ovvero
mx0CM 0
myCM
xCM = − yCM = −
M0 M0
da cui otteniamo
ρπr2 d r2 d
xCM = − = −
ρπ(R2 − r2 ) R2 − r 2
yCM = 0

Con i dati del problema

xCM = −0.67 cm

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