SAVERIO ALTIERI
AA 2013-2014
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CAPITOLO 1
a) il suo valore è casuale, perciò non può essere predetto. Tuttavia, la probabilità che
assuma un particolare valore è prevedibile sulla base di una distribuzione di
probabilità.
b) E’ definita solo su domini finiti, e non infinitesimi; poiché i suoi valori variano in
modo discontinuo nello spazio e nel tempo, non ha significato parlare del gradiente
o della velocità di variazione di una grandezza stocastica.
c) In linea di principio, il suo valore può essere misurato con un errore
arbitrariamente piccolo.
d) Il valore di aspettazione di una quantità stocastica è il valore medio delle sue
misure quando il numero delle osservazioni tende all’infinito.
a) Una volta fissate le condizioni, il suo valore può essere predetto da calcoli.
b) E’ una funzione continua e differenziabile nello spazio e nel tempo, perciò è
definita anche per volumi infinitesimali. Inoltre, il suo gradiente e la sua velocità di
cambiamento sono anch’esse grandezze non stocastiche.
c) Una grandezza stocastica viene collegata ad una non stocastica attraverso il valore
di aspettazione della prima.
Nel contesto delle radiazioni ionizzanti vengono definite delle grandezze non
stocastiche che fanno riferimento a grandezze stocastiche e al loro valore di
aspettazione.
Fluenza di particelle (non stocastica)
dN
Φ= ( m-2 )
dA
dΦ d dN
ϕ= = (m-2 s-1)
dt dt dA
Se, invece che al numero di particelle, siamo interessati all’energia che attraversa la
superficie S considerata, indichiamo con R il valore di aspettazione dell’energia totale
trasportata dalle N particelle (esclusa quella associata alle masse a riposo); si può
definire, analogamente alla fluenza di particelle, la fluenza di energia
dR
Ψ= (J m-2)
dA
espressa in J m-2. Nel caso particolare di particelle monoenergetiche di energia E,
risulta
R = N ⋅ E (J)
e quindi
dR dN
Ψ= =E = EΦ (J m-2)
dA dA
dΨ d dR
ψ = = (J m-2 s-1)
dt dt dA
1.1 Distribuzioni differenziali
Le grandezze precedenti non tengono conto del fatto che le particelle che attraversano
la sfera possono avere una certa distribuzione in energia e che il campo di radiazioni
può essere anisotropo.
π 2π Emax
ψ = ∫ dθ ∫ dβ ∫ ψ ' ( E,θ , β ) sin θ dE
0 0 0
π 2π Emax
ϕ = ∫ dθ ∫ dβ ∫ ϕ ' ( E ,θ , β ) sin θ dE
0 0 0
Questa affermazione è valida per un qualsiasi tipo di campo (anche non isotropo) e
per una qualsiasi forma del volume considerato. Questo risulta estremamente utile nei
calcoli della fluenza con metodo Monte Carlo.
2. Sezione d’urto
L’interazione della radiazione con la materia viene descritta per mezzo della sezione
d’urto.
Σ = nσ cm-3cm2 = cm-1
dove n è uguale al numero di nuclei per unità di volume del materiale considerato; Σ
ha le dimensioni dell’inverso di una lunghezza e rappresenta la probabilità per unità
di lunghezza che la particella subisca un’interazione mentre attraversa un materiale di
data sezione d’urto macroscopica; il suo inverso rappresenta la distanza media
percorsa dalla particella prima di subire un’interazione.
3. Coefficiente di attenuazione
Indicando con μ la probabilità che una particella interagisca in uno spessore unitario,
la probabilità che l’interazione si verifichi nel tratto dl è μ⋅dl; e se N è il numero di
particelle incidenti su uno strato di spessore dl, in dl interagiranno un numero di
particelle dN dato da:
dN = μdl ⋅ N
La variazione subita dal fascio in un tratto dl, se ogni particella che interagisce in dl
viene eliminata dal fascio, è data da
dN
= − μ ⋅ dl
N
E, quindi, la variazione su un tratto finito di spessore L, se indichiamo con N0 le
particelle in ingresso e con NL quelle in uscita, è dato da
NL dN L
∫N0 N
= − ∫ μ ⋅dl
0
N L = N 0 e − μL
μ = μ1 + μ 2 + μ3 + ....
e conseguentemente abbiamo:
N L = N 0e − ( μ1 + μ 2 + μ 3 +....) L
Dividendo il coefficiente di attenuazione lineare di un dato materiale per la sua
μ
densità ρ viene definito il coefficiente di attenuazione massico di quel materiale
ρ
cm 2
solitamente misurato in . L’uso di queste unità rende più agevole il confronto
g
dei valori del coefficiente di attenuazione dei vari materiali.
3.1 Cattiva e buona geometria
Possono essere definite due disposizioni che caratterizzano la dimensione del fascio
e la posizione relativa fra sorgente e rivelatore:
1. disposizione in buona geometria
2. disposizione in cattiva geometria.
FASCIO COLLIMATO NARROW-BEAM GEOMETRY
BUONA GEOMETRIA
La figura riporta l’andamento della dose (legata all’intensità del fascio) in funzione
dello spessore di attenuatore interposto fra sorgente e rivelatore; mette in evidenza:
1. andamento esponenziale in buona geometria
2. scostamento dall’andamento esponenziale in cattiva geometria a causa della
radiazione secondaria che giunge sul rivelatore.
3.2 Fattore di buildup
I L = I 0e − μL → I L = B (μL )I 0e − μL
B è definito come rapporto fra le intensità della totalità della radiazione (primaria,
secondaria, diffusa …) che giunge sul rivelatore e di quella primaria:
I p + Is + Id
B=
Ip
B dipende fortemente dalla geometria del fascio e dal tipo di materiale attraversato; il
suo valore può essere determinato sperimentalmente e si trova tabulato.
Nella figura seguente viene riportato B per due diversi materiali (acqua e piombo) per
fotoni di diversa energia che incidono perpendicolarmente su mezzo seminfinito. Lo
spessore del materiale è riportato come numero di liberi cammini medi
L’equazione per l’attenuazione
I L = I 0e − μL → I L = B (μL )I 0e − μL
I
= Be − μL = e − μ 'L
I0
Che ci permette di definire il coefficiente di attenuazione efficace μ’
ln B
ln B − μL = − μ ' L ⇒ μ ' = μ −
L
Grandezze caratteristiche dell’interazione radiazione-materia
All’inizio del capitolo abbiamo visto alcune grandezze usate per descrivere un campo
di radiazioni; ora passiamo a studiare alcune grandezze non stocastiche utili alla
descrizione dell’interazione della radiazione con la materia. Queste grandezze sono:
1. il kerma K, che descrive il primo step del trasferimento di energia da parte
della radiazione indirettamente ionizzante alla materia, cioè, il trasferimento di
energia a particelle cariche ionizzanti che depositeranno energia nella materia;
2. la dose assorbita D, che descrive l’energia impartita alla materia da parte di
tutti i tipi di radiazione e che viene poi effettivamente depositata da parte delle
particelle cariche;
3. l’Esposizione X, che descrive i campi di raggi X e γ in termini della loro
capacità di ionizzare l’aria.
Kerma
Il kerma K viene definito per mezzo delle grandezze stocastiche “energia trasferita
εtr”e “dell’energia radiante R” ( energia associata alla radiazione esclusa la massa a
riposo).
Prima di definire l’energia trasferita, consideriamo questa figura:
+ (Rout )n
nonr rad
( Rout ) n = ( Rout ) n
L’energia trasferita in un volume V, da parte di radiazione non direttamente
ionizzante, è definita come
ε tr = ( Rin ) n − ( Rout ) n nonr + ∑ Q
(Rin)n = energia associata alle particelle neutre entranti in V;
(Rout)nnonr = energia associata alle particelle neutre che lasciano V, eccetto quella dei
fotoni prodotti in fenomeni di dissipazione radiativa subita da particelle cariche
messe in moto nel volume V (raggi X di bremsstrahlung, annichilazione in volo di
positoni …);
∑Q = energia derivante dalle trasformazioni di massa a riposo in energia, e
viceversa, che si verificano in V (Q è positivo se della massa si converte in energia,
negativo se l’energia si trasforma in massa).
Se a è la particella (es. il n) che interagisce col nucleo A, e b e B sono i nuclei o le particelle prodotte la
reazione nucleare si scrive:
a+ A→b+ B+Q
a( A, B)b
Q = Q – valore della reazione
Dal principio di conservazione dell’energia totale:
Ta + TA + ( M a + M A )c 2 = Tb + TB + ( M b + M B )c 2
(Tb + TB ) − (Ta + TA ) = [( M a + M A ) − ( M b + M B )]c 2
Qvalore = [( M a + M A ) − ( M b + M B )] c 2
1. Se Q > 0 reazione esotermica. Aumento dell’energia cinetica delle particelle
2. Se Q < 0 reazione endotermica. |Q|= minima energia cinetica di A ed a nel sistema del centro di
massa, perché la reazione possa avvenire.
In base alla sua definizione, si può osservare che l’energia trasferita non è altro che
l’energia cinetica trasferita dalla radiazione neutra alle particelle cariche nel volume
V specificato. Attraverso l’energia trasferita viene definito il Kerma K nell’intorno di
un punto P:
d (ε tr ) aspett . dε tr
K= ≡
dm dm
in cui (ε tr ) aspett è il valore di aspettazione dell’energia trasferita in V, e dεtr si riferisce
al volume infinitesimo dV che contiene una massa dm.
Quindi il kerma è il valore di aspettazione dell’energia cinetica trasferita alle
particelle cariche per unità di massa nell’ intorno del punto di interesse, inclusa
l’energia che potrebbe essere liberata nelle perdite radiative dalle particelle cariche
messe in moto in V.
Le unità di misura del kerma sono il gray (Gy) e il rad, così definiti:
μ 1 dN μ 1 dε tr
= ⇒ tr =
ρ ρ dl N ρ ρ dl E
che rappresenta la frazione dell’energia incidente che viene trasferita alle particelle
cariche come energia cinetica, per unità di percorso. Attraverso questo coefficiente
possiamo calcolare il kerma dalla fluenza di energia:
μ tr
K = Ψ⋅( ) E ,Z
ρ
Se nel punto P i fotoni non sono monoenergetici, ma hanno una distribuzione
spettrale Ψ’(E), allora il kerma in P può essere ottenuto integrando su tutto il range
energetico:
E Max
μ tr
K= ∫
E =0
Ψ' ( E )( ) dE
ρ E ,Z
μ tr
μ tr K ∫ Ψ' ( E ) ρ
dE
( )= =
ρ Ψ ∫ Ψ' ( E )dE
Relazione tra kerma e fluenza per i neutroni
μ tr μ
K = Ψ ⋅( ) E , A = Φ ⋅ E ⋅ ( tr ) E , A = Φ ⋅ ( Fn ) E , A
ρ ρ
μtr
in cui Φ è la fluenza dei neutroni, ed ( Fn ) E , A = E ⋅ ( ) E , A , è il fattore kerma per i
ρ
neutroni.
Per neutroni la cui fluenza è distribuita secondo lo spettro in energia Φ’(E), il kerma è
dato da
E Max
K= ∫ Φ' ( E ) ⋅ ( F )
E =0
n E, A dE
K ∫ Φ ' ( E ) ⋅ Fn dE
( Fn ) = =
Φ ∫ Φ' ( E )dE
Componenti del kerma
L’energia cinetica degli elettroni può essere dissipata attraverso le perdite per
collisione e quelle per radiazione; nelle perdite per collisione l’energia provoca
eccitazioni e ionizzazioni mentre nella perdita radiativa vengono emessi fotoni di
bremsstrahlung. Per questo motivo il kerma viene diviso in due componenti:
K = Kc + K r
1. Kc si riferisce all’energia cinetica che le particelle cariche spendono nelle
collisioni (e che portano ad un rilascio locale di energia nell’intorno del punto
in cui è stata messa in moto la particella carica);
2. Kr si riferisce all’energia cinetica spesa in perdite radiative con emissione di
fotoni; in questo caso i fotoni trasportano energia in punti lontani da quello in
cui la particella carica l’aveva ricevuta. Quando le particelle neutre primarie
sono i neutroni, i secondari carichi messi in moto sono particelle pesanti (p, α
…); in questo caso le perdite radiative sono trascurabili; pertanto Kr è
anch’esso trascurabile, e il kerma è praticamente tutto di collisione.
cioè è l’energia trasferita alle particelle cariche meno l’energia persa per radiazione.
L’esposizione è una delle prime grandezze non stocastiche definite nella fisica delle
radiazioni. E’ definita solo per la radiazione elettromagnetica. Si definisce
esposizione X la quantità
dQ
X =
dm
dove dQ è la carica totale degli ioni di un segno prodotti in aria quando sono
completamente fermate in aria tutte le particelle cariche (e+ ed e-) liberate dai
fotoni nel volume di aria dV e massa dm.
Per definizione l’esposizione non include la ionizzazione derivante dai fotoni prodotti
nelle perdite radiative; in questo modo risulta che l’esposizione X è la ionizzazione
equivalente al kerma di collisione Kc in aria, per raggi X e γ.
Per scrivere la relazione che lega l’esposizione alla fluenza di energia dei fotoni, è
necessario prima definire una nuova grandezza: l’energia media necessaria ad una
particella carica per produrre una coppia di ioni in aria ( W ). Ricordiamo che siamo
interessati alla ionizzazione equivalente al kerma di collisione; quindi nella
definizione di W non dobbiamo includere la parte di energia cinetica persa per
fenomeni radiativi. Supponiamo di avere a che fare con elettroni di diversa energia
cinetica di partenza e che si muovono in aria; sia Ti l’energia cinetica iniziale dell’i-
esimo elettrone messo in moto da un fotone nel volume infinitesimo di aria dV,
centrato nel punto P. Sia gi la frazione di Ti spesa dall’elettrone in interazioni
radiative lungo l’intero suo percorso in aria; allora 1-gi sarà la frazione di energia
spesa per collisione.
La somma di tutte le energie cinetiche dissipate per collisione dai vari elettroni
prodotti in uno specifico intervallo di tempo t si può scrivere come:
Ttot = ∑ Ti (1 − gi )
Sia ora Ni il numero totale delle coppie di ioni prodotte in aria dall’i-esimo elettrone
di energia Ti, e sia invece g’i la frazione di queste coppie che sono state generate dai
fotoni prodotti nelle perdite radiative. Allora 1-g’i è la frazione delle coppie di ioni
prodotte nelle collisioni che si verificano lungo la traccia della particella. Così il
numero totale di coppie di ioni prodotte nelle interazioni di collisione da tutti gli
elettroni originati in dV nel tempo t è:
N tot = ∑ N i (1 − g ' i )
Assumendo che la somma sia estesa a un numero sufficientemente grande di
particelle cariche da consentire a W di raggiungere il suo valore di aspettazione nel
gas in questione, si può scrivere:
W =
∑ T (1 − g )
i i
∑ N (1 − g ' )
i i
Usualmente W è espresso in eV/(coppia di ioni), e il suo valore corrente in aria secca
è 33.97 eV/coppia. Dividendo W per la carica dell’elettrone in coulomb, e
convertendo l’energia da elettonvolt a joules si ottiene
Waria
= 33.97 J/C
e
Naturalmente una discussione analoga vale per gli eventuali positroni prodotti nelle
interazioni.
Relazione tra esposizione e fluenza di energia
Per mezzo delle grandezze definite in precedenza, l’esposizione nel punto P, prodotta
dalla fluenza di energia Ψ da un fascio di fotoni monocromatici di energia E si può
scrivere come:
μtr 1 μ en 1
X = Ψ ⋅( ) E ,aria (1 − g ) ⋅ = Ψ ⋅( ) E ,aria ⋅
ρ ⎛W ⎞ ρ ⎛W ⎞
⎜⎜ ⎟⎟ ⎜⎜ ⎟⎟
⎝ e ⎠ aria ⎝ e ⎠ aria
1 (K )
= ( K c ) aria ⋅ = c aria
⎛W ⎞ 33.97
⎜⎜ ⎟⎟
⎝ e ⎠ aria
La stessa relazione è valida per fotoni la cui fluenza di energia è distribuita secondo
lo spettro Ψ’(E): in questo caso il kerma è ottenuto integrando su tutto lo spettro.
EMax
μen 1
X = ∫(ρ ) E ,aria ⋅
⎛W ⎞
Ψ ' ( E )dE
E =0
⎜ ⎟
⎝ e ⎠ aria
Importanza dell’esposizione
1. per una data energia del fotone, l’esposizione è proporzionale alla fluenza di
energia;
2. la miscela degli elementi dell’aria è tale da avere un numero atomico efficace
abbastanza simile a quello dei tessuti biologici molli (il muscolo, ad esempio),
il che rende l’aria un materiale “tessuto equivalente” per quanto riguarda
l’assorbimento di raggi X e γ; quindi se uno è interessato all’assorbimento dei
fotoni in tessuto può usare l’aria come mezzo sensibile nel rivelatore.
Ricordando le espressioni fra il kerma di collisione in un mezzo Z e l’esposizione in
aria:
⎛μ ⎞ μ en 1
K c = Ψ⎜⎜ en ⎟⎟ e X = Ψ( ) E , aria ⋅
⎝ ρ ⎠ E,Z ρ ⎛W ⎞
⎜⎜ ⎟⎟
⎝ e ⎠ aria
si vede che
⎛ μ en ⎞
⎜⎜ ⎟⎟
Kc ⎝ ρ ⎠ E,Z
∝
X ⎛ μ en ⎞
⎜⎜ ⎟⎟
⎝ ρ ⎠ E , aria
Ossia il rapporto fra il kerma di collisione in un dato materiale e l’esposizione in aria
è proporzionale al rapporto fra i coefficienti di assorbimento di quel materiale e
quello dell’aria.
Come si vede nella figura, nel caso del muscolo e dell’acqua tale rapporto rimane
circa costante (entro qualche percento) per il muscolo e per l’acqua da 4 KeV a quasi
10 MeV.
Nella figura seguente viene mostrato un altro esempio che riguarda l’osso:
Dose assorbita
Come vedremo più avanti, solo in casi particolari è possibile scrivere una relazione
che collega la dose alle grandezze radiometriche, a differenza di quanto avviene per il
kerma che può essere calcolato dalla fluenza di energia o di particelle attraverso il
coefficiente di trasferimento. Questo dipende dal fatto che, generalmente, non tutta
l’energia ricevuta dalle particelle cariche in V viene ceduta alla materia contenuta in
V; una parte di essa può essere ceduta anche fuori da V; inoltre in V può essere
assorbita anche una data quantità di energia che è stata ceduta alla particelle cariche
all’esterno di V.
La dose assorbita pur essendo una grandezza fondamentale nella fisica delle
radiazioni, è quella più difficile da calcolare, perchè strettamente legata alla
radiazione secondaria e al punto in cui l’energia viene effettivamente assorbita.
Tuttavia, esistono particolari situazioni in cui è possibile stabilire relazioni di
uguaglianza tra la dose e il kerma il cui calcolo è meno problematico. Questo accade
se sono soddisfatte le condizioni di equilibrio di radiazione o, a volte, anche
semplicemente l’equilibrio di particelle cariche.
Equilibrio di radiazione
( Rin ) n = ( Rout ) n e
( Rin ) c = ( Rout ) c
cioè l’energia delle particelle cariche e neutre che entrano in v è bilanciata
dall’energia di quelle che escono da v.
Si può dimostrare che ciò avviene se sono soddisfatte le seguenti quattro condizioni:
ε = ∑Q
dε ∑ Q
D= =
dm dm
Equilibrio di particelle cariche (EPC)
ε = ( Rin ) n − ( Rout ) n + ∑ Q ≡ ε n tr
Ossia, in condizioni di equilibrio di particelle cariche si giunge all’uguaglianza
ε = ε n tr
che comporta anche che sia
dε dε n tr
=
dm dm
e quindi si trova finalmente che, in condizioni di EPC
CPE
D = Kc
Quindi, l’equilibrio di particelle cariche permette di ricavare la dose dal kerma di
collisione; ossia una grandezza difficile da calcolare e da misurare, risulta
numericamente uguale ad una grandezza calcolabile.
⎛ μen ⎞
⎜⎜ ⎟⎟
DA ρ ⎠A
= ⎝
CPE
DB ⎛ μen ⎞
⎜⎜ ⎟⎟
⎝ ρ ⎠B
Una relazione analoga vale nel caso dei neutroni, imponendo, oltre che le condizioni
di CPE, anche l’uguaglianza dei flussi neutronici nei due mezzi:
DA CPE (Fn )A
=
DB (Fn )B
La condizione di equilibrio di particelle cariche facilita anche la misura
dell’esposizione; questa, infatti, per definizione corrisponde alla ionizzazione
equivalente al kerma di collisione Kc in aria; per ionizzazione equivalente, si intende
la ionizzazione prodotta dagli elettroni messi in moto nel volume considerato e
quando questi elettroni sono completamente fermati (anche se vanno a finire il loro
percorso fuori dal volume di riferimento provocando ionizzazioni fuori dal volume in
cui sono stati prodotti). Ma se siamo in CPE, mediamente l’energia cinetica (e quindi
il numero di ionizzazioni prodotte) associata agli elettroni che abbandonano il volume
di riferimento è rimpiazzata da quella di altri elettroni che vi entrano; quindi posso
fare la misura considerando un volume fissato senza preoccuparmi di seguire gli
elettroni che escono dal volume sensibile.
⎛μ ⎞ μen 1 Kc
K c = Ψ⎜⎜ en ⎟⎟ e X = Ψ( ) E ,aria ⋅ =
⎝ ρ ⎠ E ,Z ρ
⎜ ⎟
⎛W ⎞ ⎛W ⎞
⎜ ⎟
⎝ e ⎠ aria ⎝ e ⎠ aria
Non sempre, nei casi pratici, è possibile realizzare le condizioni di EPC; tali
condizioni non si verificano quando non viene soddisfatta una delle 4 condizioni
richieste:
1. se si ha disomogeneità atomica o di densità nel mezzo (interfaccia fra un
mezzo e un altro),
2. il campo di radiazioni non è uniforme (vicinanza ad una sorgente),
3. oppure si è in presenza di campi elettrici o magnetici disuniformi.
Data una massa di tessuto (o uno strumento per misurare la dose), per creare le
condizioni di equilibrio di solito si pone intorno ad esso dell’altra massa in modo da
raggiungere dimensioni lineari almeno superiori al range dei secondari carichi; ma
non bisogna mettere troppo materiale per evitare di attenuare la radiazione primaria e
creare, così, una disomogeneità nel campo di radiazioni.
Nella tabella seguente, per esempio, viene mostrato per gamma e neutroni
l’attenuazione subita dal fascio primario, a varie energie, in uno spessore pari al range
massimo dei secondari carichi alla data energia (spessore necessario a produrre
l’equilibrio di particelle cariche). Per fotoni da 10 MeV lo spessore di equilibrio
provoca già un’attenuazione del 7%.
Analizziamo, ora, cosa succede quando un fascio di radiazione non direttamente
ionizzante colpisce un mezzo materiale (tessuto, acqua , o un materiale tessuto o aria
equivalente)
particelle cariche. Tuttavia, si vede che, da una certa profondità in poi le due
grandezze rimangono parallele fra loro e, quindi, proporzionali (ma non uguali come
accade in condizioni di CPE); in questo caso si parla di equilibrio transiente di
particelle cariche (ETPC)
Nella figura seguente è mostrato cosa avviene se sono presenti anche perdite
radiative:
In questo caso il kerma totale risulta sempre maggiore della dose; ma se si assume
che tutti i fotoni prodotti nelle perdite radiative possano sfuggire dal mezzo, il kerma
di collisione (da una certa profondità in poi) risulta minore della dose e valgono le
stesse considerazioni fatte prima.