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Dispensa 11 - Interazione gravitazionale

I. FORZE CENTRALI

Sono centrali quelle forze il cui versore è sempre diretto verso un punto fisso O. In particolare, siamo interessati a
forze del tipo F⃗ (r) = f (r) ûr il cui modulo dipende unicamente dalla distanza dal punto O. Sono di questo tipo la
forza di gravitazione universale è l’interazione elettrostatica tra corpi puntiformi.
Per il teorema del momento angolare sappiamo che per questo tipo di forze, scelto il polo nel punto O, il momento
M⃗ O è nullo. Pertanto, si conserva il momento angolare L ⃗ O calcolato rispetto allo stesso polo. Questo significa che:
1) la dinamica si sviluppa sul piano; 2) la velocità areolare spazzata dal raggio vettore ⃗r è costante [cfr. Disp 6. Sect.
VII-F].

A. Campi di forze centrali

In generale, sia f (r) l’intensità di una forza centrale nel punto P del campo, e sia O, il punto in cui la forza è
diretta, origine di una tema cartesiana. Il vettore di posizione ⃗r = r ûr ha componenti x, y, z rispetto questa tema
ovvero

⃗r = x î + y ĵ + z k̂ , (1)

con
p ⃗r x y z
r= x2 + y 2 + z 2 , ûr = = î + ĵ + k̂ , (2)
r r r r
allora

F⃗ (r) = Fx (r) î + Fy (r) ĵ + Fz (r) k̂ , (3)

con
x y z
Fx = f (r) Fy = f (r) Fz = f (r) . (4)
r r r
Verifichiamo che il campo sia conservativo calcolando il rotore di F⃗ attraverso la relazione
     
⃗ ∂Fy ∂Fz ∂Fz ∂Fx ∂Fx ∂Fy
∇∧F = − î + − ĵ + − k̂ . (5)
∂z ∂y ∂x ∂z ∂y ∂x

Poichè le componenti di F⃗ , sono funzioni delle variabili x, y, z attraverso r, applicheremo la regola di derivazione di
funzione composta:
   
∂Fy ∂ f (r) d f (r) ∂r
=y =y (6)
∂z ∂z r dr r ∂z

Dalla prima delle (2) si ottiene ∂r/∂z = z/r e quindi:


 
∂Fy d f (r) yz
= . (7)
∂z dr r r

Ora questa espressione non muta scambiando y e z, e quindi calcolando ∂Fz /∂y troveremmo lo stesso risultato ovvero:
 
∂Fz d f (r) z y
= , (8)
∂y dr r r

e quindi il primo termine in (5) è nullo.


Per le altre due relazioni per le coppie x, z e x, y si procede analogamente e cosı̀ si verifica che una forza centrale è
conservativa.
2

Nel caso della forza gravitazionale (e quella elettrostatica) tra due corpi puntiformi (o cariche puntiformi) la forza
centrale assume la forma
m1 m2
F⃗12 = −γ ûr , (9)
r2
dove la costante universale γ = 6.673 · 10−11 N m2 /kg 2 .
Il segno meno è necessario perché le masse sono sempre positive e le forze sono sempre attrattive. La massa che
appare in questa relazione è una sorta di carica gravitazionale ed in linea di principio non andrebbe confusa con la
massa che appare nella II legge di Newton, che è invece relativa all’inerzia del corpo.

• La massa gravitazionale (mg ) è la carica gravitazionale di un oggetto ossia quella sua proprietà che determina
l’intensità della forza gravitazionale che può esercitare o a cui è soggetto.
• La massa inerziale (mi ) compare nella II legge di Newton ed è la costante di proporzionalità tra la forza
risultante e l’accelerazione.

Sappiamo che in prossimità della superficie della Terra un oggetto sente la forza peso che in generale è data dalla
(9) che riscriviamo in

MT mg
P⃗ = −γ ûRT , (10)
RT2

mentre per la seconda legge di Newton la forza P⃗ deve esercitare un’accelerazione uguale a ⃗g ovvero

P⃗ = −g mi ûRT . (11)

Il confronto tra queste due relazione dà

mg R2 g
= T . (12)
mi γ MT

dove la costante universale γ = 6.673 · 10−11 N m2 /kg 2 .


Misure molto accurate della (12) (fino alla 15-sima cifra decimale!) dimostrano l’uguaglianza tra massa gravitazionale
e massa inerziale (almeno entro la 15-sima cifra decimale!!), presupposto sulla quale si bas la teoria della relatività di
Einstein. Dall’uguaglianza numerica di mg e mi segue

MT
g=γ = 9.81 m/s2 . (13)
RT2

Per la III legge di Newton, sia nel caso gravitazionale che in quello elettrostatico, la forza tra due masse (cariche)
è perfettamente simmetrica. Tuttavia d’ora in poi focalizzeremo la nostra attenzione su una massa M posta in un
certo punto dello spazio e immaginiamo di introdurre da qualche parte intorno ad essa una piccola massa di prova m
molto più piccola di M tale da supporre trascurabile la perturbazione prodotta dal campo generato da m rispetto a
quello generato da M .
Quando la massa di prova m è posta nella posizione r essa sente la forza attrattiva dovuta ad M che in un riferimento
cartesiano assume l’espressione
3

Mm Mm
F⃗G (⃗r) = −γ ′
ûr−r′ = −γ (⃗r − ⃗r′ )
|⃗r − ⃗r |2 |⃗r − ⃗r′ |3
(x − x′ ) î + (y − y ′ ) ĵ + (z − z ′ ) k̂
= −γ M m , (14)
[(x − x′ )2 + (y − y ′ )2 + (z − z ′ )2 ]3/2
essendo

r2 = (x − x′ )2 + (y − y ′ )2 + (z − z ′ )2 , (15)
′ ′ ′
⃗r (x − x ) î + (y − y ) ĵ + (z − z ) k̂
ûr−r′ = = . (16)
r [(x − x′ )2 + (y − y ′ )2 + (z − z ′ )2 ]1/2

⃗ r) la forza esercitata su una massa di prova di 1 kg, cioè


Definiamo il vettore campo di gravita G(⃗


⃗ r) = FG (⃗r) = −γ M ûr .
G(⃗ (17)
m r2
Noto il campo di gravità si può determinare la forza agente su qualunque corpo di massa m posto in un ponto a
distanza ⃗r da M poiché

⃗ r) ≡ −γ m M ûr .
F⃗G (⃗r) = m G(⃗ (18)
r2

B. Campo potenziale di forze centrali del tipo k/r2

Cerchiamo ora l’espressione del potenziale U (r). Sia d⃗s uno spostamento qualsiasi infinitesimo e dr la sua proiezione
nella direzione della forza F⃗ . Il lavoro elementare che la forza compie per detto spostamento sarà

δL = F⃗ · d⃗s = F (r) dr (19)

L’ultimo membro è un differenziale esatto e precisamente il differenziale della funzione:


Z
U (r) = − F (r) dr (20)

che rappresenta il potenziale della forza centrale e dipende solo da r (quindi le superfici equipotenziali sono le sfere
di centro O).
Nel caso F = k/r2 , abbiamo

F⃗ = −∇U (r) , (21)

e poiché il vettore nabla in coordinate polari sferiche assume l’espressione


∂ 1 ∂ 1 ∂
∇= ûr + ûθ + ûϕ , (22)
∂r r ∂θ r sin θ ∂ϕ
segue che
∂U k dr
F =− = 2 o dU = −k . (23)
∂r r r2
4

Integrando, otteniamo
Z
dr k
U= −k = +C , (24)
r2 r

Si è soliti determinare C ponendo in questo caso U = 0 per r → ∞, sicchè C = 0 e U = k/r. In questo caso
l’espressione per l’energia potenziale gravitazionale diventa
m1 m2
U (r) = −γ . (25)
r
Se invece scegliamo che l’energia potenziale sia zero sulla superficie della Terra allora

MT m
U (RT ) = −γ +C =0 , (26)
RT

per cui C = γ MT m/RT .


In questo caso, l’energia potenziale di un corpo puntiforme di massa m posto a distanza r = RT + h dal centro della
terra varrà
MT m MT m MT m
U (r) = γ −γ ≈γ h ≡ mgh . (27)
RT RT + h RT2

C. Campo generato da un corpo continuo

Supponiamo ora di voler calcolare il campo creato nel punto P da una massa solida estesa M di forma qualsiasi
che occupi un volume V . Dividiamo idealmente l’oggetto in piccole parti di volume infinitesimo dV . Ogni parte avrà
una massa infinitesima dm e introduciamo la densità di massa ρ(r) = dm/dV . Allora ogni massa elementare dm crea
in P un campo gravitazionale dato da

⃗ r) = −γ dm ρ(⃗r′ ) dV
dG(⃗ ûr−r ′ ≡ −γ ûr−r′ . (28)
|⃗r − ⃗r′ |2 |⃗r − ⃗r′ |2

Principio di sovrapposizione

Il campo creato in un punto P da molteplici sorgenti puntiformi (masse o cariche) è pari alla somma vettoriale dei
campi creati in P da ogni singola sorgente
5

ovvero

⃗ r) =
X
⃗ i (⃗r) = −γ
X Mi X Mi
G(⃗ G û r−r ′ = −γ r − ⃗ri′ ) ,
′ |3 (⃗ (29)
i i
|⃗r − ⃗ri′ |2 i
|⃗
r − ⃗
ri

Passando al continuo si avrà


ρ(⃗r′ )
Z Z
⃗ r) =
G(⃗ ⃗ r) dr = −γ
dG(⃗ (⃗r − ⃗ri′ ) dV ′ , (30)
V V |⃗r − ⃗ri′ |3
dove l’integrale è fatto sul volume elementare dV ′ = dx′ dy ′ dz ′ esteso a tutto il corpo.

D. Energia immagazzinata dal campo

Con la scelta fatta per la costante di integrazione C = 0, il lavoro fatto per spostare una massa di prova m2 da un
punto all’infinito fino alla distanza r12 da m1 è dato da
m1 m2
L = U (r) − U (∞) = −γ . (31)
r12
Pertanto, il potenziale U (r) calcolato nel punto r rappresenta esattamente il lavoro fatto dalla forza di gravità generata
da m1 per spostare la massa di prova m2 da un punto all’infinito fino ad arrivare alla distanza r da m1 .
Se ora si considera una terza massa di prova m3 che da un punto all’infinito viene portata alla distanza r13 da m1 ed
r23 da m2 , in tal caso, il lavoro fatto dal campo sarà dato dalla somma dei due lavori
m1 m3 m2 m3
L = L2 + L3 = U (r13 ) − U (∞) + U (r23 ) − U (∞) = −γ −γ , (32)
r13 r23
e se aggiungiamo il lavoro fatto in precedenza per portare la massa m2 a distanza r12 da m1 , dato dalla (31), si ottiene
m1 m2 m1 m3 m2 m3
Ltot = L1 + L2 + L3 = −γ −γ −γ . (33)
r12 r13 r23
Generalizzando al caso di n corpi discreti di massa mi posti alle rispettive distanze relative rij si ottiene il valore
dell’energia potenziale immagazzinata dal campo gravitazionale
X mi mj
UG ≡ Ltot = −γ , (34)
rij
i̸=j

che generalizzata ad una distribuzione continua diventa


ρ(⃗r) ρ(⃗r′ )
Z Z
UG = −γ dV dV ′ , (35)
V V |⃗ri − ⃗rj |
dove gli integrale di volume sono estesi a tutto il volume del corpo.

II. MOTO IN UN CAMPO DI FORZE CENTRALI

Si è già detto che per le forze centrali l’energia potenziale dipende solo dalla distanza r. Quindi, in generale, potremo
scrivere il teorema di conservazione dell’energia meccanica nella forma
1
E= m v 2 + U (r) . (36)
2
Tuttavia, per risolvere il problema completamente e cioè vettorialmente dobbiamo aggiungere a questa equazione, che
è scalare, un altro teorema di conservazione che contenga l’informazione vettoriale. Questa è data della conservazione
del momento della quantità di moto L ⃗ che si conserva in un potenziale centrale. Poiché sappiamo che in un campo
centrale il moto è planare possiamo usare coordinate polari con polo nell’origine, centro di attrazione del campo, e
ricordando che:
dr dθ
vr = vθ = r , (37)
dt dt
6

il quadrato della velocità diventa


2 2 2
L2
  
2 dr dθ dr
v = vr2 + vθ2 = +r 2
= + (38)
dt dt dt m2 r 2
dove nell’ultimo termine si è tenuto conto che

L = m r vθ = m r 2 . (39)
dt
Sostituendo l’espressione di v 2 nella (36) si ha:
 2  2
1 dr L2 1 dr
E= m + 2
+ U (r) = m + Uef f (r) (40)
2 dt 2mr 2 dt
dove abbiamo introdotto l’energia potenziale effettiva Uef f definita in

L2
Uef f (r) = + U (r) = Uc (r) + U (r) , (41)
2 m r2
al fine di poter ottenere una espressione di E che sia formalmente identica a quella usata nel moto unidimensionale.
Nella (41) si è definita l’energia potenziale centrifuga Uc = L2 /2 m r2 , cosı̀ detta perché ad essa è associata la forza
∂U v2
Fc = − =m θ . (42)
∂r r
In questo modo, il moto trasverso non compare più perché è inglobato dentro il momento angolare e il problema si
è ricondotto ad un moto in una dimensione ma soggetto al potenziale efficace (41) piuttosto che al solo potenziale
radiale U (r).
Le equazioni del moto saranno allora date dà
r
dr 2
= [E − Uef f (r) ] , (43)
dt m
da cui
Z r
dr
t= q , (44)
2
r0
m [E − Uef f (r)]

che risolve la parte radiale del moto centrale mentre per la parte angolare si osservi che
dθ L
= , (45)
dt m r2
e conoscendo r(t) possiamo eseguire l’integrale
Z θ Z t
L
dθ = dt , (46)
θ0 0 m r2 (t)
da cui
Z t
L
θ(t) = θ0 + dt , (47)
0 m r2 (t)
che ci dà appunto l’anomalia θ in funzione del tempo.
Se volessimo conoscere anche la traiettoria, dividiamo tra loro le due espressioni (43) e (45) ottenendo
r
dr m r2 2
= [E − Uef f (r)] . (48)
dθ L m
Separando le variabili r e θ ed integrando si ha cosı̀ l’equazione della traiettoria in coordinate polari
Z r
L dr
θ(r) = 2
q  + θ0 . (49)
r0 m r 2
[E − U (r)] m ef f
7

III. ANALISI QUALITATIVA DEL MOTO

Nel caso in cui la forza centrale sia attrattiva il grafico dell’energia potenziale U (r) ∼ 1/r2 è del tipo rappresentato
dalla curva a in figura (tale cioè che F = −dU/dr sia negativa mentre U (r) è una funzione crescente). Il grafico
invece dell’energia potenziale centrifuga Uc (r) = L2 /2 m r2 è del tipo rappresentato dalla curva b. Si noti che in molti
casi fisici la Uc (r) diventa il termine dominante per distanze r piccole (alle grandi distanze invece la Uc diminuisce
rapidamente). L’energia potenziale effettiva Uef f , che è la somma di due termini precedenti ha allora la forma
rappresentata dalla curva c.

FIG. 1.

1. per r → 0 si comporta come 1/r2

2. per r → ∞ si comporta come −1/r

3. ha un punto di minimo (negativo) per r = r0

Il moto del punto di energia totale E presenta allora i seguenti tre casi interessanti con riferimento alla figura:

a) Se l’energia totale vale E1 il moto ha traiettoria chiusa e l’orbita ha raggio che oscilla tra r1 e r2 . Se si parla di
un pianeta in orbita attorno al Sole, allora r1 è chiamato perielio mentre r2 è chiamato afelio; se invece si parla di un
satellite in orbita attorno alla Terra, allora r1 è chiamato perigeo e r2 è chiamato apogeo.

b) Se l’energia totale vale E2 il moto non ha traiettoria chiusa: il mobile proviene dall’infinito fino al punto di
massimo avvicinamento, cioè di distanza minima rm e si allontana poi senza più ritornare.

c) Se l’energia totale vale E3 e corrisponde al minimo di U (r): la particella descrive una traiettoria circolare di
raggio r0 .
8

Se si fornisce o si assorbe, con qualche processo, dell’energia alla particella essa può passare dalla situazione a) a
quella b) e viceversa. Nel primo caso il salto di energia da E1 a E2 porta la particella dalla sua orbita chiusa ad una
aperta che le permette di sfuggire al centro di forza.
L’energia minima perché avvenga questo svincolo dal centro di forza è indicata con Ed in figura 1.
Nel passaggio da E2 a E1 si ha la ”cattura” di una particella libera da parte del centro di forza, che la obbliga cosı̀ a
percorrere un’orbita chiusa.

A. Energia meccanica gravitazionale

L’energia meccanica gravitazionale di un corpo puntiforme di massa m in orbita circolare intorno ad un corpo di
massa M è data da
1 mM
E =K +U = m v2 − γ (50)
2 r
e poiché l’accelerazione del corpo è solo centripeta

mM v2 M
γ 2
=m ⇒ v2 = γ , (51)
r r r
per cui
γ mM mM 1 mM
E= −γ =− γ , (52)
2 r r 2 r
ed è negativa.
9

Notare che:
1. Cambiando il raggio dell’orbita da r1 a r2 cambia anche l’energia meccanica
2. La velocità è legata al raggio dell’orbita perché L = m v r è costante
3. Per cambiare il raggio dell’orbita è necessario variare l’energia meccanica, quindi occorre il lavoro di una forza
non conservativa

B. Velocità di fuga

Calcoliamo la velocità iniziale da imprimere ad un corpo di massa m perché possa uscire dal campo di attrazione
terrestre con velocità nulla. Facciamo uso del teorema di conservazione dell’energia sotto l’ipotesi che Terra e corpo
si esercitino la solo forza gravitazionale (reciproca) |F⃗ | = γ MT m/r2 .
Poiché la forza gravitazionale è conservativa possiamo scrivere
KT + UT = K∞ + U∞ = cost , (53)
dove KT , K∞ e UT , U∞ sono rispettivamente l’energia cinetica e potenziale del sistema in esame sulla superficie
terrestre e a distanza infinita.

FIG. 2.

Se il corpo è lanciato con velocità v, il termine KT sarà:


1
KT = m v2 , (54)
2
mentre per il secondo termine UT si avrà:
MT m
UT = −γ . (55)
RT
Ai limiti del campo l’energia potenziale sarà nulla ed avendo supposto che il corpo arrivi al limiti del campo con
velocità nulla avremo anche K∞ = 0. Per cui
1 MT m
m v2 − γ =0, (56)
2 RT
10

che risolta per v ≡ vf dà


r
MT
vf = 2γ . (57)
RT
Sostituendo i valori numerici per la Terra si ottiene che la cosiddetta velocità di fuga necessaria per uscire dal campo
gravitazionale terrestre, pari a circa vf ≈ 11.2 km/s.

C. Velocità orbitale: satelliti artificiali

Se la velocità v è maggiore di vf il grave non può più cadere sulla Terra. Il corpo, però, continua ad essere attratto
dalla Terra per cui la sua traiettoria può risultare in generale molto complessa. Diversamente, per velocità v inferiori
a vf , con direzioni opportune, il corpo può entrare in un’orbita circolare attorno alla Terra di raggio r > RT . La
condizione per un orbita circolare si ottiene richiedendo che la forza centripeta sia equilibrata dalla forza gravitazionale:

MT m v2
γ 2
=m 0 , (58)
r r
dove v0 è la velocità tangenziale alla traiettoria circolare di raggio r. Da qui si ricava il valore della velocità tangenziale
da imprimere al grave affinchè possa ruotare attorno alla Terra di moto circolare ovvero affinchè diventi un satellite
artificiale:
r r
MT MT
v0 = γ ≈ γ ≈ 8 Km/s , (59)
r RT

dove si è approssimato r con RT poichè il corpo orbita a poche centinaia di km dalla Terra sebbene un calcolo più
preciso porterebbe a scrivere r = RT + h cosicché v0 (h) è più precisamente una funzione di h (altezza dell’orbita
circolare), ma comunque vicino al valore di 8 Km/s.
Per comprendere intuitivamente come un corpo possa entrare in orbita attorno alla Terra, ricordiamo che nel moto
dei proiettili si è visto che, se la gittata non è troppo grande la traiettoria del proiettile è parabolica (caso (a)). La
gittata dipende dalla velocità iniziale v. Se si aumenta v il vertice della traiettoria si innalza ed aumenta la gittata
(caso (b)). Il caso (c) è appunto quello di entrata in orbita.
Poiché l’energia meccanica si conserva, questa, al lancio, deve uguagliare la (52) ovvero

1 m MT γ m MT
m v2 − γ =− , (60)
2 RT 2 r
cioè
r
MT MT
v= 2γ −γ . (61)
RT r
Tuttavia, se lanciassimo un corpo con velocità v verso l’alto, questo giungerebbe ad una certa distanza rf dal centro
della Terra per poi ricadere. Affinché possa entrare effettivamente in orbita circolare questo deve avere il giusto
momento angolare. Ma poichè in un campo centrale il momento angolare si conserva, ne segue che non è possibile
mettere in orbita un oggetto semplicemente ”lanciandolo” con la dovuta velocità.
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IV. DEDUZIONE DELLA LEGGE DI GRAVITAZIONE UNIVERSALE

A. Da Keplero a Newtorn

1. I pianeti descrivono orbite ellittiche di cui il Sole occupa uno dei due fuochi.
2. Il raggio vettore che unisce il centro del Sole con il centro del pianeta descrive aree uguali in tempi uguali.
3. Il quadrato del periodo di rivoluzione di un pianeta è proporzionale al cubo del semiasse maggiore della sua
orbita.

Per semplicità si consideri un pianeta in orbita circolare attorno al sole, allora per la seconda legge della dinamica sul
pianeta deve agire una forza centripeta del tipo
4 π2
FpS = mp R ω 2 = mp R . (62)
T2
Per la terza legge di Keplero
4 π2
T 2 = KS R3 ⇒ FpS = mp , (63)
KS R 2
dove KS è una costante per il sistema pianeta-Sole.
Per la terza legge della dinamica una forza uguale e contraria deve essere esercitata dal pianeta sul sole, cioè
4 π2
FSp = MS , (64)
Kp R 2
e poiché FpS = FSp segue che

4 π2 4 π2 4 π2
mp 2
= MS ⇒ mp Kp = MS KS = , (65)
KS R Kp R2 γ
dove γ è una costante che non dipende dal corpo ed è da determinarsi sperimentalmente. Allora segue che KS =
4 π 2 /MS γ per cui (63) dà
MS mp
FpS = γ , (66)
R2
e coincide anche con la (64) se si pone Kp = 4 π 2 /mp γ.

Esperienza di Cavendish

La misura della costante universale γ può essere effettuata mediante una bilancia di torsione rappresentata in figura.

Un nastro, appeso al soffitto, sorregge un asta di lunghezza ℓ che reca alle sue estremità due masse m. Il nastro è
libero di torcersi attorno all’asse verticale ed in seguito a torsione, si genera un momento torcente di richiamo elastico
che, come nel caso della legge di Hooke, è proporzionale all’angolo di torsione

M ⃗,
⃗ e = −k ∆ϕ (67)
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dove k è una costante di torsione elastica che dipende dal materiale costituente il nastro.
Due masse M sono poste ad una certa distanza r dalle masse m e per effetto della forza di attrazione gravitazionale
nasce un momento M ⃗ G = 2 ⃗ℓ ∧ F⃗ (il fattore 2 è dovuto alla presenza delle due masse) che tende a torcere il nastro a
cui si oppone il momento elastico generato dal nastro stesso. All’equilibrio M ⃗e = M
⃗ G cioé
mM
k ∆ϕ = 2 ℓ γ , (68)
r2
da cui, misurando l’angolo di torsione ∆ϕ e note tutte le altre quantità si ricava il valore di γ in
k r2
γ= ∆ϕ = 6.67 · 10−11 N m2 /kg 2 . (69)
2ℓ mM

B. Da Newtorn a Keplero

Si è già discusso sulla seconda legge di Keplero nel caso generale di moti in un campo centrale. In breve, se F⃗
è centrale allora M ⃗ O = 0 se calcolato nel polo O centro della forza. Di conseguenza L ⃗ O si conserva in modulo e
⃗ O | = 2 m vA è costante, dove vA = (r2 /2) ω è la velocità areolare
direzione. Per cui: 1) l’orbita è piana; 2) Il modulo |L
(vedi dispensa 6). Per dedurre la terza legge di Keplero, sempre nell’ipotesi di orbita circolare, allora
m MS v2
F⃗ = m ⃗a in modulo γ = m . (70)
r2 r
Poiché la velocità orbitale è legata al periodo di rivoluzione dalla relazione
2πr
v= , (71)
T
si ottiene
2
T2 4 π2

MS 2πr
γ =m ⇒ 3
= . (72)
r T r γ MS
In fine, la prima legge di Keplero, verrà dedotta nella sua forma più generale nella prossima sezione.

C. Problema generale del moto in campo di forze k/r2

Le leggi del moto sotto l’azione di una forza attrattiva inversamente proporzionale a r2 si possono ricondurre a
traiettorie circolari, ellittiche, paraboliche od iperboliche (sezioni coniche). Vediamo quindi il problema in generale.
Ricordiamo dalla geometria analitica che l’equazione di una conica in coordinate polari con l’origine nel fuoco è
β
r= , (73)
1 + ϵ cos(θ)
ove ϵ è l’eccentricità, β = ϵ d e d la distanza fuoco-direttrice.
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Derivando questa equazione rispetto a θ e quadrando si ottiene:


 2
dr ϵ2 ϵ2
= 2 r4 sin2 (θ) = 2 r4 (1 − cos2 (θ)) , (74)
dθ β β
e riapplicando l’equazione polare delle coniche si ha
 2 " 2 #
ϵ2 4

dr 1 β
= 2 r 1− 2 −1 (75)
dθ β ϵ r
ϵ2 2 β 1 β2 1
 
1
= 2 r4 1 − 2 + 2 − 2 2 . (76)
β ϵ ϵ r ϵ r
Riscrivendo la (48) in
2
m2 r 4 L2
   
dr 2
= E − U (r) − . (77)
dθ L2 m 2 m r2
ed uguagliamo le (76) e (77) si ottengono le seguenti relazioni
L2 1 L2
U (r) = − , E= (ϵ2 − 1) , (78)
mβ r 2 m β2
che ci dice che perché il mobile descriva una conica (con il centro in un fuoco) l’energia potenziale U (r) deve variare
come 1/r, ovvero la forza come 1/r2 . L’ultima è una importante relazione tra l’energia totale E e l’eccentricità ϵ che
permette di costruire la Tab. I ricordando anche l’eccentricità delle varie coniche.

La figura illustra le traiettorie possibili di un mobile di massa m (ad esempio un missile) lanciato dal punto P nel
campo di gravitazione di una massa fissa (quella terrestre) situata in O (centro della Terra). La velocità v della massa
m è perpendicolare al raggio vettore OP . Se v = 0, il mobile cade su O con traiettoria rettilinea; se v ̸= 0, ma molto
piccola, la traiettoria è ellittica e P è l’apogeo.
Al crescere di v si ha prima una traiettoria circolare, poi una ellittica di

cui P è ora il perigeo (punto più vicino al fuoco O). Infine superato il valore vf della velocità di fuga si passa alle
traiettorie non chiuse, cioè aperiodiche sulle quali la particella si allontana indefinitamente dal centro d’attrazione O:
traiettorie paraboliche o iperboliche.
Analoghe considerazioni valgono anche per il moto di una particella carica in un campo di forze coulombiano
sebbene ora le interazioni possono avere anche una natura repulsiva a cui competono, in tal caso, solo traiettorie
aperte (iperboliche).
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V. FLUSSO DI UN CAMPO VETTORE

⃗ costante ovunque, cioè uguale sia per modulo che per


Si consideri il caso più semplice di un campo vettoriale D
verso. In questo caso tutte le linee di campo sono rette parallele.

⃗ si definisce flusso del vettore D


Si consideri una superficie S di contorno arbitrario, perpendicolare al vettore D, ⃗
attraverso S il prodotto

Φ = DS . (79)

Poiché attraverso l’unità di superficie passano D linee di campo, il valore di Φ è numericamente uguale al numero
totale di linee di campo che attraversano la superficie. Consideriamo ora una superficie S che formi un angolo, diverso
da π/2, con le linee del campo.

L’orientamento di una superficie nello spazio è determinato dal vettore n̂ ad essa ortogonale. La faccia della superficie,
da cui esce il vettore normale n̂, è detta positiva e l’altra negativa. Nel caso di una superficie chiusa, racchiudente
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un volume, la normale n̂, usualmente, ha verso uscente dal volume. L’angolo α tra la direzione del vettore D ⃗ ed n̂
⃗ che attraversano la superficie, occorre
può variare tra 0 e π. Per ottenere il numero di linee di forza del campo D,

proiettare quest’ultima sulla superficie ortogonale al vettore D.

Dalla figura si vede che attraverso la superficie S e la sua proiezione SP passa lo stesso numero di linee di induzione:
⃗ ·S
Φ = D SP = D S cos α = D ⃗ . (80)

La grandezza Φ cosı̀ definita si chiama flusso del vettore D ⃗ attraverso la superficie S.


Il flusso di un vettore è uno scalare, il quale a seconda del valore di α può essere positivo, negativo o nullo. Per
α < π/2 le linee di induzione hanno lo stesso verso del vettore n̂, escono dalla sua faccia positiva, e di conseguenza
Φ > 0. Per α > π/2 le linee entrano dalla faccia positiva della superficie e Φ < 0. Infine per α = π/2, cos α = 0 e
Φ = 0, le linee di induzione sono tangenti alla superficie e non la intersecano.
Nel caso generale di un campo non uniforme (D ⃗ ̸= cost.) e di una superficie S non piana (n̂ ̸= cost.), per dedurre il
flusso costante totale Φ del vettore induzione elettrica attraverso (la superficie, occorre dividerla in elementi infinitesimi

dS.

Considerando ciascuno di questi elementi di superficie praticamente piano ed il campo costante entro i limiti di
ciascuno di essi si può scrivere il flusso elementare delle linee di campo passante per questi elementi di superficie:
⃗ · dS
dΦ = D ⃗ = D cos α dS . (81)
⃗ estesa a tutte le superfici ele-
La sommatoria dei flussi elementari passanti attraverso ciascun elemento di superficie dS,
mentari, dà il numero totale di linee di induzione attraverso S. Al limite questa sommatoria si trasforma nell’integrale
corrispondente di superficie:
Z Z
Φ= ⃗ ⃗
D · dS = D cos α dS . (82)
S S
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Nel caso del campo di gravità, se questo è generato da un sistema di masse puntiformi mi , allora per il principio di
sovrapposizione il vettore campo gravitazionale G ⃗ in qualunque punto è uguale alla somma vettoriale dei vettori G⃗ i,
generati da ciascuna massa i-ma nel punto considerato. La proiezione della risultante della somma vettoriale lungo
una direzione qualunque (compreso nella direzione della normale n̂ ad una superficie) è uguale alla somma vettoriale
delle proiezioni di tutti questi vettori lungo la medesima direzione. Perciò attraverso una superficie arbitraria S il
⃗ generato da un sistema di masse, è uguale alla somma dei flussi Φi , generati separatamente da
flusso Φ del vettore G,
ciascuna massa:
X
Φ= Φi . (83)
i

VI. TEOREMA DI GAUSS

⃗ attraverso una superficie chiusa, all’interno della


Il teorema di Gauss permette di dedurre il flusso del vettore G
quale si trova una certa distribuzione di massa.

Si considera, inizialmente, una massa puntiforme m, posta al centro di una sfera di raggio r qualunque e si calcola il
flusso totale Φ del campo di gravità, passante attraverso tutta la superficie esterna di questa sfera. In questo caso il
modulo del vettore G ⃗ in tutta la superficie sferica S (r = cost.) è uguale e vale:
m
G=γ . (84)
r2
Inoltre, la direzione del vettore G⃗ in ciascun punto coincide con la normale interna alla sfera ma di verso opposto.
Allora il flusso Φ attraverso la sfera sarà
Z Z
⃗ ⃗ m m
Φ= G · dS = −γ 2 dS = −γ 2 4 π r2 = −4 π γ m , (85)
S r S r

dato che la superficie della sfera è S = 4 π r2 ed in ogni punto di questa cos α = −1 poiché G ⃗ ed n̂ sono ovunque
opposti.
Segue quindi che il flusso del campo, generata da una massa puntiforme, attraverso una sfera di raggio qualunque con
il centro posto nella sorgente del campo vale in modulo 4 π γ m. Considerando due di tali sfere concentriche, di raggio
r1 ed r2 , si vede che il numero di linee di campo che attraversano le superfici sferiche è lo stesso. Tra le due sfere le
linee di campo sono continue, non finiscono ne iniziano in alcun punto. Per questo motivo se si traccia tra queste due
sfere una superficie chiusa S1 di forma qualunque, che circonda la massa m, anche in questo caso il numero totale
delle linee di induzione attraverso la superficie è anche uguale a 4 π γ m.
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Se tra le due sfere di raggi diversi si considera una superficie chiusa S2 , la quale non contiene la massa m, allora, come
si vede in figura, ciascuna linea di campo attraversa la superficie due volte: una volta in ingresso con un contributo
al flusso negativo ed una volta in uscita con un ugual contributo al flusso ma in segno opposto. Per questa ragione
la somma del numero di linee di induzione che attraversano la superficie, cioè il flusso totale dell’induzione attraverso
questa superficie, è uguale a zero.
Pertanto, per una massa puntiforme m, il flusso totale del campo attraverso una superficie chiusa qualunque S vale:
Φ = −4 π γ m , (86)
se la massa è interna a S, e
Φ=0, (87)
se la massa non è interna a S ed il risultato non dipende dalla forma della superficie.
In accordo con il principio di sovrapposizione, nel caso generale di un campo di gravità generato da un sistema
arbitrario di masse puntiformi, il flusso totale dell’induzione attraverso una superficie S chiusa è uguale a:
X X
Φ= Φi = −4 π γ mi , (88)
i i

dove l’indice della sommatoria si riferisce solamente alle masse distribuite all’interno di questa superficie.
La formulazione finale del teorema di Gauss è pertanto: il flusso del vettore G ⃗ attraverso una superficie chiusa
qualunque è proporzionale alla somma delle masse che si trovano all’interno di questa superficie,
attraverso il fattore di proporzionalità −4 π γ.

m
m

m m
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Esempio 1. Campo di un guscio sferico uniforme.

Una sfera di raggio R, è carica con la massa totale m distribuita uniformemente sulla superficie. Sull’unità di
superficie della sfera sarà posta la densità superficiale di massa:
m
σ= . (89)
4 π R2

Essendo la massa distribuita simmetricamente, anche il campo gravitazionale da essa generato deve essere distribuito
con simmetria sferica. Conseguentemente, le linee del vettore G ⃗ sono dirette radialmente ed il modulo G dipende
solamente dalla distanza r del centro della sfera.
Si immagini una superficie sferica gaussiana S ′ di raggio r > R, concentrica e contenente la sfera carica S, e si calcoli
il flusso del campo gravitazionale attraverso S ′ :
Z Z
Φ= G(r) cos α dS = −G(r) dS = −4 π r2 G(r) . (90)
s′ S′

Poiché r > R, la somma delle masse contenute in S ′ è uguale alla massa totale della sfera S. Per il teorema di Gauss
si ottiene
m
G(r) = γ , (91)
r2
valida all’esterno della sfera per r > R. In questo caso il campo è ancora Newtoniano e coincide con quello generato
da una ugual massa puntiforme posta nel centro della sfera.
Kg
G

2
G=γm/R

FIG. 3. Campo generato da un guscio sferico uniforme


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Diversamente, si immagini una superficie sferica ausiliaria S ′ arbitraria di raggio r < R, il flusso si ottiene ancora
dalla (90). Tuttavia in questo caso non vi sono masse entro le sfera S ′ e quindi, per il teorema di Gauss, Φ = 0.
Conseguentemente: G = 0 all’interno della sfera.
Il grafico della dipendenza di G(r) da r, fuori e dentro la sfera, è rappresentata in figura; si vede che sul bordo della
sfera l’intensità del campo elettrico varia in modo discontinuo, bruscamente, da G = 0 all’interno della sfera a:

⃗ m
G(r) = −γ 2 ûr , (92)
R
all’esterno della superficie.

Esempio 2. Campo di una sfera piena uniforme.

Si consideri una sfera di raggio R, con la massa m distribuita uniformemente all’interno del suo volume . La densità
volumica di massa vale:
m
ρ= 4 . (93)
3 π R3

Tenendo conto delle considerazioni fatte nell’esempio 1 sulle condizioni di simmetria si può dedurre che il flusso
attraverso una superficie sferica di raggio r, concentrica alla sfera considerata, vale:

Φ = −4 π r2 G(r) . (94)

Se r > R e m è la massa totale della sfera, usando il teorema di Gauss, si ottiene analogamente al caso dell’esempio 1:
m
G(r) = γ . (95)
r2
Per r < R la massa contenute all’interno della sfera è:
Z  r 3
4
m′ = ρ dV = ρ π r3 = m . (96)
S′ 3 R

Dal teorema di Gauss segue


m r
G(r) = . (97)
γ R3
Nel centro della sfera, per r = 0, l’intensità del campo è nulla. Al crescere di r il valore di G cresce linearmente fino
al valore massimo Gmax = γ m/R2 , sulla superficie della sfera. All’esterno della sfera il campo decresce come 1/r2
fino a zero.
Kg
G

FIG. 4. Campo generato da una sfera piena uniformemente carica

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