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Costruzioni: parte 2
Attilio Frangi
23 giugno 2017
2
Parte I
3
Capitolo 1
Si considerano sollecitazioni attive esterne esercitate dall’ambiente sul corpo nel suo volume tramite azioni
a distanza, come la forza peso, la forza elettromagnetica, etc. Si esamini un elemento di materia P di
volume ∆V attorno al punto x considerato come origine. Siano R e C la forza e la coppia (rispetto al
polo x) equipollenti alle azioni esterne distribuite su P e si consideri ∆V → 0. Si postula che esista finito
il limite
R
F = lim
∆V →0 ∆V
dove F viene chiamata forza distribuita di volume. Si postula inoltre che le coppie distribuite di volume
siano nulle:
C
0 = lim
∆V →0 ∆V
Esempio: forza peso. Si consideri ad esempio la forza peso. In un sistema di riferimento in cui l’asse
x3 è diretto come la forza peso (il verso è opposto), R = −ρgez ∆V , per cui F = −ρge3 . Inoltre la coppia
5
6 CAPITOLO 1. STATICA DEI CORPI DEFORMABILI
C vale:
C
lim = −ρgxg ∧ e3 = 0
∆V →0 ∆V
dove xg è la distanza evanescente del baricentro del volumetto dall’origine x.
R
f = lim
∆A→0 ∆A
dove f viene chiamata forza distribuita di superficie; si assume inoltre che le coppie distribuite di superficie
siano nulle:
C
0 = lim
∆A→0 ∆A
Esempio: pressione di un gas. Si consideri ad esempio un corpo immerso in un gas in quiete alla
pressione p. In tal caso, detta n la normale uscente dal corpo, R = −pn∆A, per cui f = −pn. È facile
poi verificare che le coppie distribuite sono nulle.
Postulato 1 Se un corpo deformabile è in equilibrio le equazioni cardinali della statica sono rispettate
per ogni sua parte P.
Una prima conseguenza è che le azioni esterne applicate su tutto il corpo devono rispettare le ECS:
Z Z
F dV + f dA = 0 (1.1)
V S
Z Z
OP ∧ F dV + OP ∧ f dA = 0 (1.2)
V S
Ci si occupa ora di analizzare nel dettaglio cosa succede quando P è interno al corpo.
Postulato 2 Le due parti V − e V + interagiscono solo attraverso forze distribuite di superficie (dette im-
propriamente tensioni) che dipendono solo dalla normale alla superficie su cui agiscono e dalla posizione
x. Si indicherà quindi con t(x, n) la forza esercitata su A− e con t(x, −n) la forza esercitata su A+ .
1.3. TENSORE DEGLI SFORZI 7
In particolare si osservi che le ipotesi introdotte implicano che: i) le parti del corpo non interagiscono,
ad esempio, tramite coppie distribuite; ii) le tensioni t nascono da interazioni locali (dipendono solo dalla
posizione!); iii) le tensioni t non dipendono dalle proprietà geometriche della superficie quali, ad esempio,
la curvatura.
Dai postulati appena presentati discendono alcune importanti conseguenze:
Lemma 1 I vettori t(x, −n) e t(x, n) sono uguali ed opposti (Lemma di azione e reazione)
La dimostrazione del lemma, presentata qualitativamente, sfrutta il fatto che ogni porzione del corpo
deve rispettare le ECS. Quindi si considera il parallelepipedo infinitesimo di spessore evanescente della
Figura 1.2, con la normale alle facce maggiori orientata come n. Il lato maggiore dL sia di ordine ε,
mentre lo spessore dt sia un infinitesimo di ordine superiore ε2 . Poiché le forze applicate sui bordi sono
infinitesimi di ordine superiore, l’imposizione della condizione R = 0 per ε → 0 implica che le forze sulle
facce maggiori si devono bilanciare, da cui
dL2 (t(x, −n) + t(x, n)) = 0
Esercizio. Per una dimostrazione piú rigorosa si immagini di isolare con il pensiero una porzione P
arbitraria del corpo, completamente interna. Si immagini poi di tagliarla in due parti P + e P − con un
superifice di taglio S. Siano ∂P + e ∂P − le porzioni di ∂P che interessano P + e P − , rispettivamente.
Applicando la condizone necessaria di equilibrio R = 0 (Postulato 1) prima a P:
Z Z
t(n)dS + F dV = 0,
∂P P
e poi a P + e P −
Z Z Z Z Z Z
t(n)dS + t(n)dS + F dV = 0, t(n)dS + t(−n)dS + F dV = 0
∂P + S P+ ∂P − S P−
Osservazione. Il vettore t non è diretto come n in generale, al contrario di ciò che avviene per i gas
ideali in quiete. Si indicherà con σn la sua componente normale e con τ la sua componente tangente alla
superficie su cui si applica:
σ = t · n, τ = t − σn
8 CAPITOLO 1. STATICA DEI CORPI DEFORMABILI
Si consideri infatti un tetraedro infinitesimo con tre facce di normale parallela ai piani coordinati e verso
opposto e la quarta faccia, di area ∆A, diretta come n. Per la eq.(1.3) e per il Lemma 1 la tensione sulla
faccia di normale −ek è −σki ei . L’area di queste faccette è (dimostrarlo per esercizio) ∆Ak = nk ∆A. Si
imponga che la risultante in direzione i si annulli. Le forze di volume forniscono un contributo che, al
tendere del volume a zero, è un infinitesimo di ordine superiore rispetto alle forze di superficie. Sommando
le forze sulle quattro facce:
Esercizio. Dimostrare che ∆Ak = nk ∆A usando, sul tetraedro infinitesimo, il teorema della divergenza
applicato ad un vettore costante arbitrario b.
Infatti: Z Z Z
0= divb dV = b · n dS = b · n dS
V S S
1.4. TEOREMA DI CAUCHY 9
È immediato verificare che il prodotto matrice-colonna tra la matrice associata a σ ed il vettore associato
a n fornisce lo stesso risultato:
0 0 0 0 √ √ 0
0 α 0 2 2
1 = α
2 2
0 0 0 1 0
σ = α1l
t = αn
σ = σm 1l + s
∂σji
+ Fi = 0 (1.4)
∂xj
ma t = σik ek ni , per cui si può applicare ancora il teorema della divergenza nella forma di eq.(A.8):
Z Z
∂
x ∧ tdA = (x ∧ σik ek ) dV
∂P P ∂x i
cioè se la tensione è ortogonale alla superficie, si dice che n è direzione principale e λ è sforzo principale.
Trovare gli sforzi e le direzioni principali richiede di risolvere un problema agli autovalori. Si consideri la
matrice [σ] associata al tensore σ. Essa è simmetrica e reale e quindi la Geometria insegna che ammette
tre autovalori reali ed è sempre possibile individuare una terna, detta terna principale, di autovettori
associati ortonormali che rappresentano una base per lo spazio R3 .
Per risolvere il problema è necessario trovare le radici dell’equazione caratteristica:
det(σ − λ1l) = 0
che si riduce al polinomio:
λ3 − J1 λ2 + J2 λ − J3 = 0
con i coefficienti Ji (detti invarianti perché non dipendono dal sistema di riferimento):
J1 =σ11 + σ22 + σ33 = trσ
1
tr2 σ − tr(σ 2 )
J2 =σ11 σ22 + σ22 σ33 + σ33 σ11 − σ12 σ21 − σ23 σ32 − σ13 σ31 =
2
J3 =detσ
Per convenzione gli sforzi principali si indicano con σI , σII , σIII . La terna principale sia eI , eII , eIII . In
questa base il tensore degli sforzi σ risulta diagonale (Figura 1.7): σ = σI eI ⊗eI +σII eII ⊗eII +σIII eIII ⊗
eIII .
Si noti che non è escluso che due o più autovalori siano coincidenti. Se tutti e tre gli sforzi principali sono
coincidenti allora lo stato di sforzo si chiama isotropo; se due sforzi principali sono coincidenti allora lo
stato di sforzo si chiama cilindrico.
Esercizio.
Stato di sforzo isotropo: σ = α1l. La tensione su di una faccia comunque orientata è ortogonale alla
faccia stessa e pari a α. Questo implica che ogni direzione è principale. Infatti σ · n = α1l · n = αn.
Esercizio.
Stato di sforzo cilindrico. Sia σa lo sforzo principale associato alla direzione principale ea e siano σb = σc
gli altri due sforzi principali associati ai vettori della terna principale eb , ec . Un qualunque vettore
ortogonale a ea è principale. Infatti, nella base ea , eb , ec l’espressione del tensore è:
σ = σa ea ⊗ ea + σb (eb ⊗ eb + ec ⊗ ec )
14 CAPITOLO 1. STATICA DEI CORPI DEFORMABILI
v = ceb + dec
Esercizio.
Si consideri lo stato di sforzo definito dalla matrice:
3 0 0
√
1 3 3
0
4
√ 4
3 3
0 4 − 54
Graficamente lo stato di sforzo viene rappresentato come nella Figura 1.8, disegnando sulle tre facce
visibili le componenti di sforzo non nulle (le tre facce non visibili sono caricate da forze uguali opposte,
ma non si riportano le frecce per chiarezza). Le frecce indicano direzione e verso e i numeri sono sempre
riportati in valore assoluto.
Si noti che vale sempre la seguente regola sulle le componenti di sforzo tangenti alla facce. Si consideri
uno spigolo qualunque del cubo e le due facce che hanno lo spigolo in comune.
Le componenti di sforzo tangenti alle facce e perpendicolari allo spigolo sono sempre o entrambe conver-
genti sullo spigolo o entrambe divergenti dallo spigolo.
Si vogliono calcolare gli sforzi e direzioni principali. Il polinomio caratteristico risulta il determinante
della matrice:
3−λ 0 √
0
1 3 3
0 4 − λ
√ 4
3 3 5
0 4 − 4 − λ
da cui:
σI = 3, σII = 1, σIII = −2
La direzione principale associata a σI risulta essere, eI = ±e1 . Infatti, le componenti vi del vettore eI
sono soluzione del sistema omogeneo:
0 0 0
√ v1 0
1
0 −11√ 3 3 v2 = 0
4
0 3 3 −17 v3 0
da cui il risultato. Le componenti vi del vettore eII sono invece soluzione del sistema omogeneo:
8 0 0
√ v1 0
1
0 −3 √ 3 3 v2 = 0
4
0 3 3 −9 v3 0
Si ottiene infine che una possibile scelta della terna principale è:
√ √
3 1 1 3
eI = e1 , eII = e2 + e3 , eIII = − e2 + e
2 2 2 2 3
dove i tre vettori nell’ordine scritto formano una terna destra. Poichè gli autovettori sono definiti a meno
del segno esistono altre scelte possibili.
Si vuole adesso arrivare ad esprimere n2I in funzione di σ, τ e degli sforzi principali. A questo fine,
ricordando che:
n2III = 1 − n2I − n2II
e che dall’espressione di σ si ha:
σ − σIII − (σI − σIII )n2I
n2II =
σII − σIII
si può sostituire nell’espressione di τ ottenendo:
per cui:
τ 2 + (σ − σII )(σ − σIII )
n2I = ≥0
(σI − σII )(σI − σIII )
16 CAPITOLO 1. STATICA DEI CORPI DEFORMABILI
Ripetendo gli stessi passaggi per le altre componenti nII e nIII di n, si ottiene:
τ 2 + (σ − σIII )(σ − σI )
n2II = ≥0
(σII − σIII )(σII − σI )
τ 2 + (σ − σI )(σ − σII )
n2III = ≥0
(σIII − σI )(σIII − σII )
da cui:
τ 2 + (σ − σII )(σ − σIII ) ≥ 0
che definiscono la regione (detta arbelo di Mohr) evidenziata in Figura 1.9. È immediato verificare che,
se le diseguaglianze vengono sostituite con uguaglianze, si ottengono le equazioni delle tre circonferenze
della Figura 1.9.
È possibile mostrare che, al variare della giacitura n, il punto (σ, τ ) descrive tutta le regione grigia della
Figura. In particolare si verifica che gli sforzi principali comprendono il massimo ed il minimo sforzo
normale. Inoltre il massimo valore di τ è pari a:
σI − σIII
τmax =
2
Si indica con σ la proiezione normale di t, τ la proiezione tangente, con la convenzione che τ positivo se
orario. Si impone l’equilibrio in direzione di n ed in direzione ortogonale (verso orario), ricordando che,
se la lunghezza dell’ipotenusa è ∆x, la lunghezza del cateto verticale è cos α∆x, e la lunghezza del cateto
orizzontale è sin α∆x:
Si noti in particolare che se due facce hanno normali ortogonali tra loro, allora i punti rappresentativi
dello stato di sforzo sul cerchio di Mohr si trovano su estremi di un diametro del cerchio, perché sono
separati da un angolo pari a π.
Si può quindi costruire il cerchio in maniera diretta conoscendo il valore di σ11 , σ22 , σ12 . Infatti si consideri
una faccia di normale e1 . Detto A il punto rappresentativo di questa faccia, le sue coordinate sono σ = σ11 ,
τ = −σ12 (si ricordi la convenzione oraria per τ ). Si consideri ora una faccia di normale e2 . Detto B il
punto rappresentativo di questa faccia, le sue coordinate sono σ = σ22 , τ = σ12 . Inoltre le due facce sono
inclinate tra loro di π/2 e quindi A e B sono punti estremi di un diametro. Queste informazioni sono
sufficienti per tracciare immediatamente il cerchio (Figura 1.11).
Si possono calcolare anche gli sforzi principali:
σI = C + R, σII = C − R
Inoltre è possibile calcolare l’angolo α corrispondente alla direzione di σI . Si considera il punto (tra A e
B) più vicino a σI e si calcola la quantità:
1 2σ12
|γ| = arctan
2 σ11 − σ22
(vedere la Figura 1.11), con −π/2 < 2γ < π/2. L’angolo γ e l’angolo compreso tra e1 e la direzione di
σI se il punto considerato è A oppure tra e2 e la direzione di σI se il punto è B. Nel piano fisico l’angolo
deve essere percorso nello stesso senso della rotazione necessaria al punto per sovrapporsi all’asse σ nel
piano di Mohr.
1.6. ANALISI DELLO STATO DI SFORZO 19
Esercizio
Stato di sforzo σ11 = 2 MPa, σ22 = 6 MPa, σ12 = −2 MPa. Tutti gli altri σij sono nulli. Calcolare gli
sforzi principali e le direzioni principali.
Certamente e3 è direzione principale con sforzo principale nullo. Si calcolano le altre direzioni principali
con cerchio di Mohr. √ √
Il centro è C = (4, 0). Gli sforzi principali sono σI = 4 + 2 2 e σII = 4 − 2 2, da cui:
√ √
σI = 4 + 2 2, σII = 4 − 2 2, σIII = 0
Dalla costruzione della Figura 1.12 si osserva che il punto B “dista” da σI dell’angolo 2γ = π/4 nel piano
di Mohr in senso antiorario. Ciò vuol dire che la giacitura di B (piano con normale e2 ) deve ruotare di
γ = π/8 in senso antiorario per sovrapporsi alla giacitura di σI . Si osserva che si potrebbe anche dire che
il punto A “dista” da σI dell’angolo 2γ = 3π/4 nel piano di Mohr in senso orario, e che quindi la giacitura
di A (piano con normale e1 ) deve ruotare di γ = 3π/8 in senso orario per sovrapporsi alla giacitura di
σI . In entrambi i modi si ottiene: π π
eI = ± sin e1 − cos e2
8 8
Per calcolare la seconda direzione principale basta ruotare questa di π/2 oppure osservare che la giacitura
di A (normale e1 ) deve ruotare di γ = π/4 in senso antiorario per sovrapporsi alla giacitura di σII , oppure
che la giacitura di B (normale e2 ) deve ruotare di γ = 3π/4 in senso orario per sovrapporsi alla giacitura
di σII e quindi: π π
eII = ± cos e1 + sin e2
8 8
Esercizio
Si consideri uno stato di sforzo in cui σ13 = 1 MPa, mentre tutti gli altri σij sono nulli. Calcolare gli
sforzi principali e le direzioni principali.
Dallo stato di sforzo assegnato si deduce che ±e2 è direzione principale con sforzo associato nullo.
Il centro è C = (0, 0). Gli sforzi principali sono σI = 1 e σII = −1, da cui:
Avvertenza: prima della lettura di questa Sezione si consiglia un ripasso della teoria dei tensori. Un’intro-
duzione a concetti e notazioni utilizzate è contenuta nelle Appendici A.1-A.2. In particolare è richiesta
familiarità con le tre notazioni diverse: indici, liste ed intrinseca.
Il corpo subisce una trasformazione che, all’istante t, porta ogni punto materiale ad occupare una nuova
posizione: ad esempio M in Mt , Q in Qt . La nuova configurazione del corpo al tempo t verrà indicata
con κt , ovvero con κ tralasciando il pedice t.
Si può certamente immaginare di costruire un’applicazione φ, in genere non lineare e dipendente dal
tempo, che esprima il vettore y = P M (P rappresenta un polo scelto a piacere) al tempo t in funzione
del vettore x = P M0 :
y = φ(x, t), ovvero yi = φi (x, t)
Si osservi che al tempo t = 0 y coincide con x e quindi x = φ(x, 0).
Per evitare fratture o compenetrazioni di materia durante la trasformazione si vuole imporre che l’ap-
plicazione sia biunivoca ∀t. Infatti a un punto M0 deve corrispondere un solo punto M : altrimenti si
avrebbe una frattura. Inoltre ad un punto M deve corrispondere un solo punto M0 , altrimenti si avrebbe
21
22 CAPITOLO 2. CINEMATICA DEI CORPI DEFORMABILI
compenetrazione. In sostanza il determinante della matrice jacobiana deve essere diverso da zero:
∂φi
J(t) = det 6= 0, ∀t
∂xj
Poiché y = x per t = 0, si deduce che J(0) = 1, e dunque:
J(t) > 0, ∀t (2.1)
Si definisce spostamento il vettore s:
s(x, t) = y − x = φ(x, t) − x (2.2)
Trasformazione rigida
Un esempio importante di trasformazione è la trasformazione rigida. Una trasformazione si dice rigida se
mantiene invariata la distanza tra due punti materiali qualsiasi. Senza dimostrarlo, si afferma che ogni
trasformazione rigida ammette la rappresentazione più generale:
y = sP + R(t) · x (2.3)
dove sP è la traslazione rigida del punto P prescelto come polo. Il tensore R(t) è ortogonale, RT (t)·R(t) =
1l con determinante pari a 1 e rappresenta una rotazione rigida attorno ad un particolare asse passante
per P .
Lo spostamento risulta:
s = sP + (R(t) − 1l) · x
ed è possibile mostrare che, se la rotazione diventa infinitesima, lo spostamento assume la forma nota:
s = sP + ϕ ∧ x (2.4)
Esempio.
Per una trasformazione rigida si ha:
F =R
dL2 = dy · dy = dym dym = (Fmi dxi )(Fmj dxj ) = dL20 (Ni Fmi Fmj Nj )
Quindi:
dL2 − dL20
= N · F T · F − 1l ·N
dL20 | {z }
2e
ovvero:
dL2
= 1 + 2N · e · N
dL20
per cui si osserva che la variazione di lunghezza della fibra dipende dal tensore:
1 T 1
e= (F · F − 1l) eij = (Fmi Fmj − δij )
2 2
detto tensore delle deformazioni di Green-Lagrange. Se e è nullo la fibra non si allunga.
Si è dunque pronti ad esprimere l’allungamento εN di una fibra per unità di lunghezza:
dL − dL0 dL q
εN = = − 1 = 1 + 2N · e · N − 1 (2.7)
dL0 dL0
In particolare εN permette di esprimere la lunghezza della fibra dopo la deformazione come
dL = dL0 (1 + εN ) (2.8)
In generale, si osservi che se si utilizza un sistema di riferimento tale che N sia il primo vettore della
base, e si indicano con e0ij le componenti di e in questo sistema, utilizzando le formule del cambiamento
della base (Appendice A.2.8): p
εN = 1 + 2e011 − 1
Le due fibre vengono trasformate in dy α e dy β di lunghezza dLα dLβ rispettivamente, ed angolo compreso
θαβ . Il prodotto scale può essere espresso in due modi:
dy α · dy β = cos θαβ dLα dLβ
oppure:
dy α · dy β = F · dxα · F · dxβ = Fim dxαm Fin dxβn = dLα0 dLβ0 (Nαm Fim Fin Nβn )
Utilizzando la nozione di prodotto tra tensori (Appendice A.2.6), si può ance scrivere:
dy α · dy β = dLα0 dLβ0 {Nα }T [F ]T [F ]{Nβ } = dLα0 dLβ0 N α · (2e + 1l) · N β
= dLα0 dLβ0 2N α · e · N β + cos Θαβ (2.9)
da cui
2N α · e · N β + cos Θαβ
cos θαβ =
(1 + εα )(1 + εβ )
In particolare, se le due fibre sono ortogonali tra di loro nella configurazione iniziale:
2N α · e · N β
cos θαβ = (2.10)
(1 + εα )(1 + εβ )
si dirà che la trasformazione è infinitesima. Nel seguito del Corso ci si porrà in questa prospettiva.
Le conseguenze e le semplificazioni possibili sono molteplici. Si esprima dapprima e in funzione degli
spostamenti utilizzando la eq.(2.6):
∂sk ∂sk
2eij = Fki Fkj − δij = (δki + )(δkj + ) − δij
∂xi ∂xj
2.2. TRASFORMAZIONI INFINITESIME 25
ovvero:
2[e] = [1] + [∇s]T ([1] + [∇s]) − [1] = [∇s] + [∇s]T + [∇s]T [∇s]
Le componenti di e sono quindi somma di una parte lineare e di una parte quadratica negli spostamenti.
La parte lineare viene detta tensore delle deformazioni infinitesime ε:
1 ∂si ∂sj 1 1
[∇s] + [∇s]T ∇s + ∇Ts
εij = + [ε] = ε=
2 ∂xj ∂xi 2 2
∂s1
ε11 = (2.11)
∂x1
∂s2
ε22 = (2.12)
∂x2
∂s3
ε33 = (2.13)
∂x3
1 ∂s1 ∂s2
ε12 = + (2.14)
2 ∂x2 ∂x1
1 ∂s2 ∂s3
ε23 = + (2.15)
2 ∂x3 ∂x2
1 ∂s1 ∂s3
ε13 = + (2.16)
2 ∂x3 ∂x1
Spostamenti rigidi infinitesimi. È importante osservare che il generico spostamento rigido 2.4
produce sempre deformazioni ε nulle! La verifica è lasciata come esercizio.
Si osservi che poiché nel sistema di riferimento principale ε è diagonale, le direzioni principali non
subiscono scorrimenti e restano quindi ortogonali tra loro anche dopo la trasformazione. Infatti, se N α e
N β coincidono con due direzioni principali distinte, N α · ε · N β = 0
Come per lo stato di sforzo, è necessario trovare le radici dell’equazione caratteristica:
det(ε − λ1l) = 0
che si riduce al polinomio:
λ3 − I1 λ2 + I2 λ − I3 = 0 (2.19)
dove i coefficienti invarianti Ii sono:
I1 =ε11 + ε22 + ε33 = trε
1
tr2 ε − tr(ε2 )
I2 =ε11 ε22 + ε22 ε33 + ε33 ε11 − ε12 ε21 − ε23 ε32 − ε13 ε31 =
2
I3 =detε
2.2. TRASFORMAZIONI INFINITESIME 27
Esempio.
Si consideri il caso di scorrimento puro s1 = αx2 , s2 = αx1 , s3 = 0. Il polinomio caratteristico risulta il
determinante della matrice:
−λ α 0
α −λ 0
0 0 −λ
e cioè:
λ(λ2 − α2 ) = 0
da cui:
εI = α, εII = 0 εIII = −α
La direzione principale associata a εI , ha componenti vi soluzione del sistema omogeneo:
−α α 0 v1 0
α −α 0 v2 = 0
0 0 −α v3 0
√
da cui eI = ± 2/2(e1 +e2 ). Le componenti vi del vettore eII sono invece soluzione del sistema omogeneo:
0 α 0 v1 0
α 0 0 v2 = 0
0 0 0 v3 0
da cui eI = ±e3 . Infine le componenti vi del vettore eIII sono invece soluzione del sistema:
α α 0 v1 0
α α 0 v2 = 0
0 0 α v3 0
√
da cui eIII = ± 2/2(e1 − e2 ). Una possibile terna principale è:
√ √
2 2
eI = (e1 + e2 ) eII = e3 eIII = (e1 − e2 )
2 2
Con queste definizioni si può verificare (esercizio) che, per un qualunque vettore v, vale l’identità:
w·v =w∧v
cioè w · v rappresenta una rotazione. Sfruttando questa osservazione, la trasformazione della fibra
elementare può essere espressa come:
dy − dx = ε · dx + w ∧ dx (2.20)
dy − dx = ε · dx + w ∧ dx = εI dx + w ∧ dx (2.21)
per cui una fibra orientata come una direzione principale si allunga/accorcia mantenendosi parallela a se
stessa per effetto di ε e ruota per effetto di w. Si può quindi attribuire a w il significato di rotazione che
le direzioni principali subiscono durante la trasformazione.
Esempio.
s1 = αx1 , s2 = s3 = 0
Il tensore ε ha dunque una sola componente diversa da zero: ε = αe1 ⊗ e1 . Il tensore w è nullo.
Esempio.
Si consideri il campo di spostamenti:
s1 = 2αx2 , s2 = s3 = 0
s1 = αx2 , s2 = αx1 s3 = 0
ε = α (e1 ⊗ e2 + e2 ⊗ e1 ) , w=0
εN = Ni εij Nj
30 CAPITOLO 2. CINEMATICA DEI CORPI DEFORMABILI
si ottiene che:
√ √
1 3 3 1 3 3
εα = ε11 , εβ = ε11 + ε22 − ε12 εγ = ε11 + ε22 + ε12
4 4 2 4 4 2
da cui si ottengono le componenti del tensore εij :
1 1
ε11 = εα , ε22 = (−εα + 2εβ + 2εγ ) , ε12 = √ (−εβ + εγ )
3 3
Ha senso però porsi la seguente domanda: dato un generico tensore ε simmetrico, esiste sempre un vettore
s tale che la parte simmetrica del suo gradiente sia pari al tensore assegnato? La domanda è molto simile
al problema della ricerca di un potenziale scalare: dato il vettore v, esiste uno scalare ϕ tale che v sia il
gradiente di ϕ? E noto che per domini semplicemente connessi una condizione necessaria e sufficiente è
che rotv = 0.
In maniera analoga si può mostrare che per domini semplicemente connessi la condizione di integrabilità
di ε è che siano verificate le equazioni di congruenza:
valide per ogni possibile combinazione degli indici i, j, k, l. Si tratta quindi di 81 equazioni. La eq.(2.24)
è condizione necessaria, cioè se ε e w discendono da s secondo le eq.(2.22) certamente la eq.(2.24)
è soddisfatta. Resta da mostrare che, per domini semplicemente connessi, essa è anche condizione
sufficiente.
Prima di indicare come la dimostrazione possa essere condotta, si osserva che in realtà molte delle eq.(2.24)
sono ripetizioni ed è possibile mostrare che le uniche significative sono le 6 equazioni:
∂ 2 ε11 ∂ 2 ε22 ∂ 2 ε12
2
+ 2
=2
∂x2 ∂x1 ∂x1 ∂x2
∂ 2 ε22 ∂ 2 ε33 ∂ 2 ε23
2
+ 2
=2
∂x3 ∂x2 ∂x2 ∂x3
∂ 2 ε33 ∂ 2 ε11 ∂ 2 ε13
+ =2
∂x21 ∂x23 ∂x1 ∂x3
∂ 2 ε11 ∂ 2 ε23 ∂ 2 ε12 ∂ 2 ε31
+ 2
= +
∂x2 ∂x3 ∂x1 ∂x3 ∂x1 ∂x1 ∂x2
∂ 2 ε22 ∂ 2 ε31 ∂ 2 ε23 ∂ 2 ε12
+ = +
∂x3 ∂x1 ∂x22 ∂x1 ∂x2 ∂x2 ∂x3
∂ 2 ε33 ∂ 2 ε12 ∂ 2 ε31 ∂ 2 ε23
+ 2
= + (2.25)
∂x1 ∂x2 ∂x3 ∂x2 ∂x3 ∂x3 ∂x1
In particolare la seconda e la terza sono permutazioni cicliche degli indici della prima, e cosı̀ pure la
quinta e la sesta sono permutazioni cicliche degli indici della quarta.
2.3. MISURA DI DEFORMAZIONE E AVVERTENZA 31
∂εik ∂εjk
αijk = −
∂xj ∂xi
Si osservi la somiglianza con la eq.(2.23). In realtà non si può immediatamente concludere che
∂wij
αijk =
∂xk
perchè ciò è vero solo se ε e w discendono da un campo di spostamenti, cosa che si deve ancora dimostrare.
Si considerino allora i nove vettori fittizi αijk ek . Se il rotore di questi vettori è nullo certamente essi sono
i gradienti di opportuni scalari. È possibile dimostrare che effettivamente i rotori si annullano se le
equazioni di congruenza sono soddisfatte. Ci si limita qui a verificare l’affermazione per la scelta i = 1,
j = 2. Le componenti del rotore di α12k ek sono:
∂α123 ∂α122 ∂α121 ∂α123 ∂α122 ∂α121
− e1 + − e2 + − e3
∂x2 ∂x3 ∂x3 ∂x1 ∂x1 ∂x2
Ora si sostituisca la definizione di αijk in funzione delle componenti di ε. La prima componente risulta
essere:
∂ 2 ε11 ∂ 2 ε23 ∂ 2 ε12 ∂ 2 ε31
+ 2 = +
∂x2 ∂x3 ∂x1 ∂x3 ∂x1 ∂x1 ∂x2
e si annulla senz’altro perché coincide con la quinta delle equazioni 2.25. Alla stessa maniera si può
mostrare che la seconda e terza componente corrispondono alla quarta e prima delle 2.25, e cosı̀ via.
A questo punto si è quindi certi che i coefficienti αijk sono esprimibili come:
∂wij
αijk =
∂xk
e quindi wij (con wij = −wji ) possono essere calcolati per integrazione. Si consideri allora la somma:
εij + wij
e si osservi che per costruzione il “vettore” (εij + wij )ej è il gradiente di uno scalare si . Per verificarlo
basta infatti imporre ancora la condizione di annullamento del rotore dei vettori (εij +wij )ej . Si consideri
ad esempio il caso i = 1 e si calcoli il rotore del vettore (ε1j + w1j )ej . Ci si limita a mostrare che la prima
componente:
∂(ε13 + w13 ) ∂(ε12 + w12 )
−
∂x2 ∂x3
è nulla. Infatti, per costruzione:
∂w13 ∂ε12 ∂ε23 ∂w12 ∂ε13 ∂ε32
= − , = −
∂x2 ∂x3 ∂x1 ∂x3 ∂x2 ∂x1
Si deduce che i vettori (εij + wij )ej sono il gradiente di uno scalare: la componente di spostamento si .
La sua trasformazione può essere espressa fornendo le coordinate del punto y in funzione della posizione
iniziale x.
y1 = −x1 y2 = −x2 y3 = x3
da cui si può ricavare lo spostamento s = y − x:
s1 = −2x1 s2 = −2x2 s3 = 0
Il calcolo di ε fornisce:
ε = −2e1 ⊗ e1 − 2e2 ⊗ e2
da cui sembra che le fibre dovrebbero addirittura avere lunghezza negativa alla fine della trasformazione!
Ma è chiaro che il significato fisico di ε è nullo in questo caso, in quanto la rotazione subita dal corpo non
è certo piccola.
In tal caso la misura corretta di deformazione è il tensore di Green-Lagrange e, che infatti risulta essere
nullo. Se ne calcoli ad esempio la prima componente:
2 2
1 ∂s1 1 ∂s2
e11 = ε11 + + =0
2 ∂x1 2 ∂x1
? ?
divσ + F = 0 in V (3.1)
? ?
σ·n=f su S (3.2)
? ? ?
I campi F , f , σ cosı̀ definiti si dicono staticamente ammissibili (SA).
1
∇ŝ + ∇T ŝ
ε̂ =
2
Si noti che non si richiede il rispetto di alcuna condizione al contorno. I campi ε̂, ŝ cosı̀ definiti si dicono
cinematicamente ammissibili (CA).
? ?
Nel termine di lavoro esterno si consideri l’integrale delle forze di superficie f i = σ ij nj . Applicando il
teorema di Green:
Z ? Z Z Z
? ∂ ? ? ? ∂ŝi
fi ŝi dA = σ ij nj ŝi dA = (σ ij ŝi )dV = (−F i ŝi + σ ij )dV
S S V ∂xj V ∂xj
33
34 CAPITOLO 3. PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI
Il primo termine di volume è uguale opposto al termine di L̂e relativo alle forze di volume. Il secondo
termine, per la simmetria di σ:
? ∂ŝi 1 ? ∂ŝi 1 ? ∂ŝi ? 1 ∂ŝi ∂ŝj ?
σ ij = σ ij + σ ji = σ ij + = σ ij ε̂ij
∂xj 2 ∂xj 2 ∂xj 2 ∂xj ∂xi
Teorema 2 Il lavoro virtuale esterno L̂e è uguale al lavoro virtuale interno L̂i per ogni scelta di campi
SA e di campi CA
Z Z ?
Z ?
?
σ : ε̂ dV = f · ŝ dA + F · ŝ dV (3.5)
V S V
Si lascia inoltre come esercizio la verifica della validità delle ulteriori due forme seguenti:
Z Z Z
σ : ε̂ dV = f · ŝ dA + F · ŝ dV ∀ŝ, ε̂ CA (3.7)
V S V
Z Z ? Z ?
? ? ? ?
σ : ε dV = f · s dA + F · s dV ∀σ, F , f SA (3.8)
V S V
É importante sottolineare come il principio de lavori virtuali, nella sua versione (3.7) sia alla base del
metodo di soluzione numerica piú diffuso in meccanica dei solidi e delle strutture: il Metodo degli Elementi
Finiti. In questo contesto l’incognita principale è rappresentata dal campo degli spostamenti ed il PLV
viene utilizzato per imporre le condizioni di equilibrio della sezione 1.5.3 in forma “debole”.
Capitolo 4
Legame costitutivo
Si consideri un solido (detto nel seguito “provino”) cilindrico a sezione circolare il cui asse sia diretto
come x.
Si immagini di effettuare sul provino prove uniassiali di trazione/compressione che consistono nell’appli-
care in maniera quasi-statica (molto lenta) due forze ±F ex sulle due sezioni di estremità del provino e
nel misurare le deformazioni subite dal provino stesso.
Le forze siano applicate in modo che nel provino (almeno a distanza sufficiente dalle sezioni di estremità)
vi sia uno stato di sforzo in cui tutte le componenti di σ sono nulle tranne σxx e che σxx sia uniforme nel
provino. Lo sforzo σxx è la tensione (normale) sulla sezione del provino in direzione della sollecitazione
applicata e εxx è l’elongazione nella stessa direzione.
Nella Figura 4.1 si riporta il risultato di una tipica prova uniassiale condotta su provini in acciaio standard
da costruzione.
Sperimentalmente si osserva che lo sviluppo delle deformazioni avviene senza apprezzabile ritardo rispetto
all’applicazione del carico. Vi è una prima fase lineare e reversibile, cioè quando si annulla il carico si
annulla anche la deformazione. Oltre un certo livello di sforzo, detto sforzo di snervamento o soglia
elastica, si raggiunge un plateau in cui la deformazione aumenta senza indurre un sostanziale aumento
dello sforzo. In questa fase lo scarico avviene con la stessa pendenza della prima fase lineare. Quando
σxx torna a zero vi sono deformazioni residue dovute a fenomeni di plasticità. Se si continua a caricare
il provino si giunge a rottura. Il comportamento è simmetrico a trazione a compressione.
Il legame tra σxx e εxx è quindi molto complesso tranne che nella fase lineare e questa considerazione vale
non solo per gli acciai, ma anche per altri materiali da costruzione come il calcestruzzo. Molto spesso,
però, in fase di progetto si cerca di garantire che le sollecitazioni applicate ad una struttura siano tali da
non superare la soglia elastica. Per questo motivo nel corso si limiterà l’attenzione al caso semplice di un
legame lineare tra sforzi e deformazioni.
Se il processo è quasi-statico, non dissipativo e senza scambi di calore, il primo principio della termodina-
mica garantisce che il lavoro viene immagazzinato nella struttura sotto forma di energie interna Ω = Le .
Si può applicare il PLV alla eq.(4.1), usando come quantità SA le forze e gli sforzi reali, e come quantità
CA ṡ e ε̇:
Z T Z Z Z T !
Ω= σ : ε̇ dV dt = σ : ε̇ dt dV
0 V V 0
35
36 CAPITOLO 4. LEGAME COSTITUTIVO
In generale ω dipende dalla posizione x considerata, dal valore finale delle deformazioni, ma anche dalla
modalità con cui vengono applicati i carichi. Esiste però una classe molto importante di materiali, il cui
comportamento è detto elastico.
Il materiale costitutivo di un solido si dice in regime elastico se la densità di energia elastica ω è una
funzione di stato delle deformazioni, cioè dipende, oltre che da x solo dal valore finale di ε e non dalla
storia di carico. In tal caso si ha dunque ω = ω(x, ε)
Se ω è una funzione di stato, per effetto della eq.(4.2) anche σ può dipendere solamente da ε. Infatti da
eq.(4.2) si ottiene:
∂ω
= σij ε̇ij (4.3)
∂T
ma vale anche:
∂ω ∂ω
= ε̇ij
∂T ∂εij
da cui:
∂ω
σij =
∂εij
(tutte le quantità sono valutate al tempo T ). La derivata di ω rispetto alle deformazioni è ancora funzione
solo delle deformazioni stesse e di conseguenza anche σij può dipendere solo da ε. Si può quindi anche
scrivere:
Z T Z ε(T )
ω= σ : ε̇ dt = σ(ε) : dε (4.4)
0 0
L’ultima scrittura richiede qualche commento. Nella realtà tutte le componenti di ε sono funzioni “con-
temporanee” del tempo. Però, siccome ω è funzione di stato, possiamo inventare una storia di carico
4.1. ENERGIA ELASTICA DI DEFORMAZIONE 37
qualunque, in cui ad esempio le componenti εij crescono in maniera indipendente tra loro, da 0 al valore
finale. Le componenti εij diventano quindi a tutti gli effetti variabili indipendenti.
Inoltre dω = σ : dε è un differenziale esatto e quindi si deve avere necessariamente:
∂σij ∂σk`
= (4.5)
∂εk` ∂εij
Esempio. Per comprendere le ultime relazioni in un caso semplificato e astratto, si consideri la situa-
zione in cui esistono solo due componenti di sforzo σ1 , σ2 e di deformazione ε1 , ε2 . Sia ω la densità di
energia di deformazione: Z Z ε1 ε1
ω= (σ1 dε1 + σ2 dε2 )
0 0
Se ω è funzione di stato, necessariamente il vettore σ1 e1 + σ2 e2 deve essere il gradiente di uno scalare e
quindi deve avere rotore nullo, ovvero:
∂σ1 ∂σ2
=
∂ε2 ∂ε1
σ11
D1111 D1122 D1133 D1112 D1123 D1113 ε11
σ22 D2222 D2233 D2212 D2223 D2213 ε22
σ33 D3333 D3312 D3323 D3313 ε33
=
σ12
D1212 D1223 D1213
ε12
σ23 SY M D2323 D2313 ε23
σ13 D1313 ε13
38 CAPITOLO 4. LEGAME COSTITUTIVO
Isotropia
Un materiale si dice isotropo se non ha direzioni preferenziali. Si consideri un punto specifico x. Lo stato
di deformazione ε può essere espresso usando le dilatazioni principali e le direzioni principali:
Se il materiale è isotropo ω non dipende dalle direzioni principali (poiché ogni direzione è indifferente), ma
solo dalle dilatazioni principali. Come rappresentato nella Figura 4.2, infatti, se le deformazioni principali
restano le stesse mentre ruotano le direzioni principali il valore di ω non deve variare, in virtù dell’ipotesi
di isotropia.
Figura 4.2: Per un materiale isotropo ω non varia al mutare delle direzioni principali a parità di
deformazioni principali
Si può anche concludere che ω dipende dagli invarianti Ii che a loro volta permettono di calcolare le
deformazioni principali secondo la 2.19. Quindi:
ω = ω(I1 , I2 , I3 )
Poichè I1 , I2 e I3 sono rispettivamente lineare, quadratico e cubico nelle componenti εij , ω ha necessa-
riamente la forma:
ω = aI12 + bI2
È uso scrivere:
1
ω= (λ + 2µ)I12 − 2µI2
2
con λ e µ costanti di Lamè. Allora:
∂I1 ∂I2
σij = (λ + 2µ) I1 − 2µ
∂εij ∂εij
da cui:
e
λ + 2µ λ λ 0 0 0
λ λ + 2µ λ 0 0 0
λ λ λ + 2µ 0 0 0
D⇔
0
0 0 2µ 0 0
0 0 0 0 2µ 0
0 0 0 0 0 2µ
e quindi:
λ 1
εij = − (trσ)δij + σij
2µ(3λ + 2µ) 2µ
È pratica corrente scrivere il legame inverso usando le costanti ingegneristiche E e ν, con:
E Eν 2µν
µ= , λ= =
2(1 + ν) (1 − 2ν)(1 + ν) 1 − 2ν
In particolare:
E
3λ + 2µ =
1 − 2ν
Si ottiene dunque:
ν 1+ν ν 1+ν
εij = − (trσ)δij + σij ε = − (trσ)1l + σ
E E E E
ed il tensore C tale che ε = C : σ è rappresentabile con la matrice:
1 −ν −ν 0 0 0
−ν 1 −ν 0 0 0
1
−ν −ν 1 0 0 0
C ⇔
E 0 0 0 1+ν 0 0
0 0 0 0 1+ν 0
0 0 0 0 0 1+ν
Osservazione. Interpretazione fisica del coefficiente di Poisson. Se ad una barretta cilindrica di mate-
riale lineare isotropo si applica uno stato di sforzo con σ11 omogeneo (ed altre componenti nulle), si ha
ε11 = 1/E, come atteso, ma anche:
ν
ε22 = ε33 = − σ11
E
cioè uno sforzo applicato in una direzione induce una contrazione nelle direzioni ortogonali 2 e 3.
È possibile mostrare che, affinché l’energia di deformazione sia sempre positiva, le matrici associate a D
e C devono essere definite positive, e questo comporta:
1
E > 0, −1 ≤ ν ≤
2
Procedura alternativa
Per arrivare a stabilire la forma del legame lineare elastico per materiali isotropi esiste una procedura più
complessa, ma più generale. Ci si limita a mostrarla per materiali isotropi. Si consideri il tensore delle
deformazioni:
ε(1) = εij ei ⊗ ej
che genera il tensore degli sforzi:
σ (1) = σij ei ⊗ ej
40 CAPITOLO 4. LEGAME COSTITUTIVO
ha le stesse componenti di ε(1) , ma nella nuova base: è il tensore ε(1) ruotato come i vettori della base.
Se il materiale è isotropo, allora:
σ (2) = D : ε(2)
Usando le eq.(4.9) e (4.10) si può arrivare alla stessa conclusione del paragrafo precedente.
Si mostra solo un esempio. Scelgo ε12 = α e le altre componenti nulle. Quindi, ad esempio σ11 = D1112 α.
Fisso adesso la rotazione della seconda base a π/2e2 , per cui e01 = e2 , e02 = −e1 . Ottengo σ22
0
= σ11 =
−D1112 α, da cui D1112 è necessariamente nullo.
Effetti termici
Se un materiale isotropo a comportamento lineare subisce una variazione termica ∆T , in generale questo
induce deformazioni termiche pari a:
εth
ij = α∆T δij εth = α∆T 1l
dove α è detto coefficiente di dilatazione termica. Per l’acciaio α ' 10−5 1/K. Si noti che le variazioni ter-
miche influenzano solo le componenti di deformazione ad indici uguali, e quindi inducono solo elongazioni
delle fibre materiali, ma non scorrimenti angolari.
Poichè il comportamento è lineare, le deformazioni totali sono la somma delle deformazioni dovute agli
sforzi e delle deformazioni termiche. In generale quindi:
ν 1+ν
ε=− (trσ)1l + σ + α∆T 1l (4.11)
E E
Il legame diretto diventa invece:
E
σ = λ(trε)1l + 2µε − α∆T 1l (4.12)
1 − 2ν
Figura 4.3: Rappresentazione grafica dei criteri di Tresca e Von Mises nello spazio degli sforzi principali
σI , σII , assumendo σIII = 0
σI2 + σII
2
− σI σII ≤ σ02
Il piano z, s è ortogonale ad una direzione principale e quindi si può tracciare il cerchio di Mohr. Gli
sforzi principali risultano:
r r
σ σ2 2
σ σ2
σI = + +τ σII = − + τ2 σIII = 0
2 4 2 4
4.2. CRITERI DI RESISTENZA 43
Si consideri il corpo della Figura 6.1. Su di una porzione SU del contorno sono imposti gli spostamenti
s = sD tramite opportuni vincoli. Tali vincoli esercitano forze di superficie f sul corpo che non sono a
priori note. Sul resto del contorno sono applicate forze di superficie note f = f D . All’interno del solido
agiscono le forze di volume note F .
Cercare la soluzione del problema vuol dire cercare la distribuzione di sforzi σ(x), deformazioni ε(x) e
spostamenti s(x) che soddisfino le equazioni di equilibrio, le condizioni cinematiche e la legge costitutiva.
si = sD
i su SU (5.1)
45
46 CAPITOLO 5. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA COMPLETO
Riassumendo, il campo s è soluzione del sistema di equazioni alle derivate parziali del secondo ordine
eq.(5.4) associato alle condizioni al contorno date dalle eq.(5.1) e (5.5). Tali equazioni vengono dette di
Navier. L’Analisi mostra che, se sD blocca tutti i moti rigidi possibili e se le costanti elastiche rispettano
opportuni limiti (cioè se l’energia di deformazione elastica è definita positiva), il problema è ben posto e
la soluzione esite ed è unica.
La soluzioni analitica delle equazioni di Navier è praticamente impossibile se non per problemi molto
semplici. In effetti, per la soluzione di problemi generici, si utilizzano metodi numerici quali il Metodo
degli Elementi Finiti, oggetto di corsi più avanzati.
Il legame costitutivo, nel caso di comportamento lineare elastico, permette di esprimere ε in funzione di
σ:
Affinché ε sia soluzione del problema è necessario garantire che esista un campo di spostamenti s tale
che:
1 ∂si ∂sj
εij [σ] = + in V (5.9)
2 ∂xj ∂xi
5.2. APPROCCIO AGLI SFORZI 47
Per garantire l’esistenza di s nel caso di un solido semplicemente connesso le condizioni necessarie e
sufficienti sono le equazioni di congruenza:
Formulate in termini dell’incognita di sforzo le equazioni precedenti diventano, nel caso di isotropia, le
equazioni di Mitchell-Betrami:
∂ 2 σij 1 ∂ 2 σkk
+ =0
∂xk ∂xk 1 + ν ∂xi ∂xj
Inoltre il campo s deve soddisfare le condizioni al contorno cinematiche:
si = sD
i su SU (5.10)
In questo caso l’imposizione delle condizioni al contorno negli spostamenti è talmente complicata che
l’approccio agli sforzi è praticamente limitato a situazioni in cui il corpo non è soggetto a condizioni al
contorno sugli spostamenti. Nell’analisi del problema di De Saint Venant se ne mostrerà un’applicazione.
48 CAPITOLO 5. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA COMPLETO
Capitolo 6
Si ipotizza che non vi siano forze di volume e forze di superficie applicate sulla superficie laterale del
cilindro. Solo le sezioni estreme in z = 0, z = L possono essere caricate. Siano F 0 (O) (forza F 0 applicata
in O) e C 0 la forza e la coppia equipollenti alla distribuzione di forze sulla sezione in z = 0 (F 0 è la
risultante delle forze applicate e C 0 è il momento delle forze applicate rispetto al polo O). Siano F L (OL )
49
50 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
e C L la forza e la coppia equipollenti alla distribuzione di forze esercitate sulla sezione di estremità in
z = L.
Queste quattro azioni esterne non sono indipendenti, ma devono rispettare le condizioni necessaria di
equilibrio scritte per il solido completo (scegliendo come polo del momento l’origine della sezione in L):
F0 + FL = 0 (6.1)
C 0 + C L − Lez ∧ F 0 = 0
Inoltre non si impone l’esatta modalità di distribuzione delle forze sulle sezioni di estremità. Si ammette
però il:
Principio di equivalenza elastica. A distanza sufficiente dalle sezioni di estremità lo stato di sfor-
zo non dipende dalla particolare distribuzione delle azioni esterne ma solo dal sistema forza-coppia
equipollente.
Si immagini di tagliare il solido in z e di considerare le azioni interne esercitate dalla parte di destra
(caratterizzata da z maggiori dei quella della sezione) sulla parte di sinistra (che ha normale uscente ez ):
Per comodità di notazione si associano i seguenti nomi alle differenti componenti di azioni interne:
Z Z Z
N= σzz dA, Tx = σzx dA, Ty = σzy dA (6.2)
A A A
Z Z
Mx = yσzz dA, My = − xσzz dA (6.3)
A A
Z
Mt = (σzy x − σzx y) dA (6.4)
A
F 0 + F z = 0, C 0 + C z − zez ∧ F 0 = 0
In particolare queste equazioni devono valere anche per z = 0 e quindi indicando con:
i valori delle azioni interne in z = 0, si hanno le condizioni al contorno per le azioni interne in x = 0:
In particolare, se le eqs.(6.1) e le eqs.(6.5) sono rispettate, le condizioni al contorno per le azioni interne
in z = L lo sono automaticamente:
Se si troverà una soluzione allora a posteriori l’ipotesi appena introdotta risulterà ammissibile. Altrimenti
la si dovrà rimuovere.
Si impongono le equazioni indefinite di equilibrio. Le prime due forniscono:
In realtà la condizione di equilibrio al contorno dovrebbe essere imposta anche sulle superfici di estremità.
Non conoscendo però la loro esatta distribuzione, ci si limita a imporre che la distribuzione di f = σ · n
applicata su A0 e AL sia equipollente alle forze e alle coppie assegnate, ovvero che siano rispettate le
condizioni al contorno sulle azioni interne eqs.(6.5) e (6.8), appellandosi poi al principio di equivalenza
elastica.
Il legame elastico impone:
σzz σzz
εxx = εyy = −ν εzz = (6.13)
E E
1+ν 1+ν
εxy = 0 εxz = σxz εyz = σyz (6.14)
E E
Poichè il problema è formulato seguendo l’approccio agli sforzi, per garantire che esista un campo di
spostamenti da cui ε discende si impongono le condizioni di congruenza eq.(2.25). Usando il legame
52 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
da cui:
N My0 Mx0 Tx Ty
a= , b = 0, a1 = − , a2 = , b1 = , b2 =
A Jy Jx Jy Jx
Il campo σzz è quindi completamente determinato in funzione delle azioni esterne esercitate sulle sezioni
di estremità:
N My0 − zTx Mx0 + zTy N My (z) Mx (z)
σzz = − x+ y= − x+ y (6.18)
A Jy Jx A Jy Jx
Si noti che, in virtù del procedimento seguito, la (6.18) garantisce che la distribuzione di sforzi σzz sia
equipollente, sulle due sezioni di estremità alla forza assiale ed alle coppie flettenti applicate. Questo signi-
fica che tre delle condizioni al contorno (6.5) e tre delle condizioni al contorno (6.8) sono automaticamente
rispettate dalla eq.(6.18).
6.2. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA 53
∂σzy ∂σzx Tx Ty
− = ν̄(− y + x) + c (6.19)
∂x ∂y Jy Jx
dove c è un’ulteriore costante di integrazione. Questa equazione deve essere associata all’equazione
indefinita di equilibrio eq.(6.11) e alla condizione di equilibrio sulla superficie laterale eq.(6.12). Inoltre
devono essere rispettate le condizioni al contorno eqs.(6.5) e (6.8) sui tagli e il momento torcente (le altre
sono già rispettate da σzz come commentato nel paragrafo precedente). Poiché nulla dipende da z in
questa parte del problema, le condizioni al contorno posso essere imposte su una qualunque sezione della
trave:
Z
Tx =Tx0 = σzx dA
ZA
Ty =Tx0 = σzy dA
A
Z
Mt =Mt0 = (σzy x − σzx y) dA
A
È però possibile mostrare che, se le componenti σzx , σzy rispettano le eq.(6.11) e (6.12), le prime due
sono automaticamente soddisfatte. Infatti, se si moltiplica per x la eq.(6.11) e la si integra sulla generica
sezione retta della trave, poichè il sistema di riferimento è principale:
Z
∂σzx ∂σzy
x +x dA = −Tx
A ∂x ∂y
Inoltre:
∂σzx ∂(xσzx ) ∂σzy ∂(xσzy )
x = − σzx , x =
∂x ∂x ∂y ∂y
per cui, applicando il teorema della divergenza al vettore xσzx ex + xσzy ey :
Z Z Z
∂σzx ∂σzy
x +x dA = x(σzx nx + σzy ny )ds − σzx dA
A ∂x ∂y ∂A A
da cui, automaticamente:
Z
σzx dA = Tx
A
Riassumendo il problema consiste nel trovare σzx , σzy e la costante c tali che, per una generica sezione S,
sia soddisfatta l’equazione di compatibità (6.19), l’equazione di equilibrio nel volume (6.11), l’equazione
di equilibrio sulla superficie laterale (6.12) e la condizione di equipollenza sul momento torcente sulle
54 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
sezioni di estremità:
∂σzy ∂σzx Tx Ty
− = ν̄(− y + x) + c su S (6.20)
∂x ∂y Jy Jx
∂σzx ∂σzy Tx Ty
+ =− x− y su S (6.21)
∂x ∂y Jy Jx
σzx nx + σzy ny = 0 su ∂S (6.22)
Z
Mt0 = (σzy x − σzx y) dA (6.23)
A
Si osservi che è possibile formulare il problema sulla generica sezione della trave poichè nulla dipende
dalla coordinata z. Il problema è ben posto e risolvibile come verrà analizzato nelle sezioni successive in
relazione al problema della torsione e del taglio.
Per quanto riguarda il problema del calcolo di σxz e σyz attraverso le eqs.(6.20)-(6.23), essendo Tx =
Ty = Mt = 0 è immediato verificare che σxz = σyz = c = 0 è soluzione del problema ed è quindi l’unica
soluzione in virtù del teorema di unicità.
Si osservi la Figura 6.3. La trave è incastrata in z = 0 ed è “tirata” in z = L con una forza distribuita
fz = N/A che corrisponde alla soluzione esatta. In z = 0 l’incastro esercita un forza uguale ed opposta, ma
impedisce la contrazione laterale per cui la distribuzione di forze applicate non coincide con la soluzione
esatta. Il principio di equivalenza elastica assicura che, ad una distanza sufficiente dalla base, la soluzione
è quella prevista dalla soluzione di Saint Venant e la verifica “sperimentale” è data in Figura 6.3, dove,
oltre alla deformata, viene presentata anche la distribuzione di sy . Il colore rosso indica una spostamento
positivo, il colore blu uno spostamento negativo.
56 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
Figura 6.4: Risposta ad flessione retta di una sezione a C: deformata e sforzo σzz
∂si
= εij + wij
∂xj
per cui:
∂sx ∂sx ∂sx
= −αy = −αx − r =q
∂x ∂y ∂z
∂sy ∂sy ∂sy
= αx + r = −αy = −βz − p
∂x ∂y ∂z
∂sz ∂sz ∂sz
= −q = βz + p = βy
∂x ∂y ∂z
Per integrazione diretta si ottiene:
sx = −αxy − ry + qz + c
1
α(x2 − y 2 ) − βz 2 + rx − pz + d
sy =
2
sz = βzy − qx + py + f
Si noti che i termini contenenti le costanti p, q, r, c, d, e sono il più generico moto rigido infinitesimo di
rotazione pex + qey + rez e traslazione cex + dey + f ez .
58 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
6.3.3 Esercizio
In un piano z −y si consideri una trave il cui asse, di lunghezza L, è orientato come z. La trave è vincolata
a terra con una cerniera a sinistra e con un carrello a destra. Il sistema di riferimento è coerente con
quello adottato per sviluppare la teoria di Saint Venant. L’asse x è ortogonale al piano ed entrante in
esso. La trave è soggetta sull’estremo di destra ad una coppia attiva −Cex e alla coppia Cex attiva
applicata sull’estremo di sinistra. È facile verificare che le reazioni vincolari sono nulle e che l’azione
interna momento è costante, pari a C, e tende le fibre inferiori. Si tratta di un caso analizzabile con
la teoria di Saint Venant e si richiede di calcolare la deflessione del baricentro nella sezione di mezzeria,
osservando che, con le definizioni date nei paragrafi precedenti, Mx = −C. Lo spostamento sy del
baricentro della trave ottenuto nel caso di flessione pura è:
C 2
sy = z
2EJ
e non rispetta le condizioni al contorno imposte dai vincoli che prevedono che la deflessione si annulli
anche nell’estremo di destra. Si ricordi però che i campi di spostamento ottenuti nei casi di Saint Venant
sono sempre definiti a meno di uno spostamento rigido che non altera le deformazioni e quindi gli sforzi.
In questo caso è sufficiente aggiungere una rotazione αex (|α| 1) attorno alla cerniera di sinistra. Lo
spostamento del baricentro associato a questa rotazione è:
Imponendo che lo spostamento verticale sy sia nullo in corrispondenza del carrello si ottiene:
Mx 2
sy = − (z − zL)
2EJ
Lo spostamento f in mezzeria risulta verso il basso ed il suo valore assoluto è:
C 2
f= L
8EJ
Si immagini ora che la trave abbia una delle due sezioni indicate nella Figura 6.6, di spessore h) e si
calcoli il rapporto tra le frecce in mezzeria nei due casi.
Nel primo caso, usando l’approssimazione dei profili sottili:
1 8
J= h × 203 + 2 × (10h × 102 ) = h × 103
12 3
mentre nel secondo caso:
2 h
J= h 103 = 103
12 6
La freccia della seconda trave è quindi 16 volte maggiore.
6.3. CASO FONDAMENTALE: PRESSOFLESSIONE 59
e quindi:
Mu = cosαMx + sinαMy Mv = − sinαMx + cosαMy
Nella Figura 6.7 è rappresentato un tipico caso di flessione deviata in cui N = My = 0. La trave
fisicamente si inflette attorno all’asse neutro che è anche il luogo dei punti ad elongazione εzz nulla.
Nelle Figure (6.8)-(6.9) sono riportati i risultati di simulazioni numeriche ottenute incastrando una trave
a Z in z = 0 ed applicando due diverse distribuzioni di fz sulla superficie superiore entrambe equipollenti
ad un momento Mx . Si ottiene ancora una volta una verifica sperimentale del principio di equivalenza
elastica.
6.3. CASO FONDAMENTALE: PRESSOFLESSIONE 61
Figura 6.8: Distribuzione di σzz ottenuta applicando sulla superficie superiore una fz identica a quella
prevista da DSV
Figura 6.9: Distribuzione di σzz ottenuta applicando sulla superficie superiore una fz solo “equipollente”
a quella di DSV
62 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
Figura 6.10: Calcolo grafico dell’asse neutro tramite ellisse centrale di inerzia
Sia assegnato solo un momento M e. Il piano ortogonale a e passante per il baricentro si chiama piano di
sollecitazione. L’intersezione del piano di sollecitazione con la sezione si chiama asse di sollecitazione. Si
immagini adesso di aver tracciato l’ellisse centrale di inerzia. L’asse di sollecitazione individua il diametro
d. È possibile mostrare che l’asse neutro è diretto come il diametro coniugato a d. In particolare la flessione
è retta se l’asse di sollecitazione è una direzione principale.
Per dimostrare l’affermazione conviene lavorare nel sistema ruotato a destra nella Figura 6.10. L’ellisse
centrale d’inerzia è per definizione l’ellisse definita da:
u2 v2 1
+ − =0
Jv Ju A
Per procedere si deve ricordare un risultato di Geometria. Se una curva è data in forma f (u, v) = 0 (nel
piano u, v), la normale in un punto ū, v̄ ha necessariamente la forma:
∂f ∂f
nu = β , nv = β
∂u ∂v
con β coefficiente costante, cioè la normale è diretta come il gradiente di f . Come conseguenza particolare,
se una retta del piano u, v passa per l’origine ed è ortogonale alla direzione n = nu eu + nv ev , l’equazione
della retta è:
unu + vnv = 0
Si consideri ora il caso M = Mx ex . L’asse di sollecitazione è quindi ortogonale ad ex ed ha equazione:
u cosα − v sinα = 0
per cui l’equazione della retta ortogonale a tale vettore e passante per il centro è
ū v̄ tan α 1
u +v =0 → u +v =0
Jv Ju Jv Ju
che coincide con l’asse neutro già calcolato.
6.3.8 Esercizio
Si analizzi la sezione della Figura 6.11 con la schematizzazione a profilo sottile.
Baricentro coincide con origine assi. Momenti di inerzia:
L2
1 3 2 8 3 1 3 2
Jx = h(2L) + 2(hL)L = hL Jy = 2 hL + (hL) = hL3
12 3 12 4 3
L2
Jxy = 2(hL) = hL3
2
Calcolo centro e raggio del cerchio di Mohr:
5 3 √
C= hL R= 2hL3
3
Calcolo momenti principali di inerzia:
5 √ 5 √
Ju = + 2 hL3 Jv = − 2 hL3
3 3
Calcolo direzioni principali d’inerzia usando il cerchio di Mohr (Figura 6.12). L’asse x deve ruotare
in senso orario di α = π/8 per sovrapporsi alla prima direzione principale. Nella Figura 6.13 è poi
rappresentata anche l’ellisse principale d’inerzia. Se ne illustra un’applicazione.
Si immagini che alla trave venga applicato il momento M ex . L’asse di sollecitazione è quindi ey ed il
diametro associato è d. Il diametro coniugato è c e coincide con l’asse neutro. La trave si inflette dunque
attorno a questo asse.
Si supponga ora che sulla sezione in z = L della trave vengano applicate le forze:
y
fz = M
Jx
Quale è l’asse neutro della trave assoggettata a queste azioni esterne?
Si è tentati di dire che, poichè questa distribuzione genera un momento Mx = M , l’asse neutro sarà
quello appena ottenuto. In realtà essa produce anche un momento My = −M Jxy /Jx e quindi questa
conclusione è a priori falsa. Si può facilmente verificare, usando i concetti della meccanica dei solidi, che
la distribuzione di σ con la sola componente:
y
σzz = M
J
diversa da zero è la soluzione del problema perchè rispetta tutte le equazioni di equilibrio e congruenza.
Allora l’asse neutro è y = 0, cioè l’asse x!
6.3.9 Esercizio
Si analizzi la sezione della Figura 6.14 con la schematizzazione a profilo sottile. Si vuole calcolare lo stato
di sforzo in D quando la sezione è soggetta ad azione assiale N e momento flettente Mx .
Calcolo baricentro:
L
A = 6Lh xG = yG =
4
Momenti di inerzia:
29 3 11
Jp = Jr = hL Jpr = − hL3
8 8
64 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
Calcolo direzioni principali d’inerzia usando il cerchio di Mohr (Figura 6.15). L’asse p deve ruotare in
senso antiorario di α = π/4 per sovrapporsi alla prima direzione principale. Nella Figura 6.16 è poi
rappresentata anche l’ellisse principale d’inerzia. Calcolo momenti principali di inerzia:
9 3
Ju = 5hL3 Jv = hL
4
Si ha poi:
N
σD (N ) =
6Lh
e
M u vD Mv uD 14Mx
σD (Mx ) = − =−
Ju Jv 45L2 h
con:
L√ √ Mx Mx
uD = − 2, vD = −L 2, Mu = √ , Mv = − √
4 2 2
66 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
∂σzy ∂σzx
− = c in S (6.27)
∂x ∂y
∂σzx ∂σzy
+ = 0 in S (6.28)
∂x ∂y
σzx nx + σzy ny = 0 su ∂S (6.29)
che devono essere associate alla condizione che il momento torcente dovuto alla distribuzione di σzx e σzy
sia pari ad Mt :
Z
Mt = (σzy x − σzx y) dA (6.30)
A
Esiste una forte analogia con altri fenomeni fisici, come l’idrodinamica. Si consideri ad esempio un fluido
inviscido incomprimibile in un contenitore cilindrico cavo con la stessa sezione della trave di DSV. Si
immagini di indurre una vorticità uniforme nel contenitore, ad esempio tramite opportuno mescolamento.
Le componenti della velocità sono determinate da un problema identico a 6.27-6.29 (ux al posto di σzx ,
uy al posto di σzy ).
Prima di affrontare la descrizione del problema associato alla torsione si esaminano alcune evidenze
sperimentali su travi in gomma a sezione circolare e quadrata (Figura 6.18).
Torsione di una sezione circolare. Un caso tipico e semplice è la torsione di una sezione circolare.
L’osservazione suggerisce che le sezioni ruotano tra loro senza spostamenti lungo l’asse z e quindi si
ipotizza che il campo di spostamento abbia la forma:
sx = −βzy sy = βzx sz = 0
Si osserva che β è una rotazione per unità di lunghezza. In particolare le due sezioni di estremità ruotano
tra loro di βL.
Le uniche componenti non nulle del tensore delle deformazioni sono:
1 1
εxz = − βy εyz = βx
2 2
e quindi, dal legame elastico:
σxz = −µβy σyz = µβx
Le tre condizioni 6.27-6.29 sono verificate con:
c = 2µβ
L’imposizione della eq.(6.30) mostra che la costante β (angolo di torsione per unità di lunghezza) è legata
al momento Mt da: Z
Mt = µβ (x2 + y 2 )dA = µβJp
A
dove ψ è detta funzione di ingobbamento. Le uniche componenti non nulle del tensore delle deformazioni
sono:
β ∂ψ β ∂ψ
εxz = −y εyz = +x
2 ∂x 2 ∂y
c = 2µβ (6.32)
∂2ψ ∂2ψ
+ = 0 in S (6.33)
∂x2 ∂y 2
∂ψ ∂ψ
nx + ny = ynx − xny su ∂S (6.34)
∂x ∂x
che è un classico problema di Neumann che è ben posto perchè l’integrale di ynx − xny lungo ∂S è
nullo (dimostrarlo per esercizio). È possibile determinare ψ a meno di una costante che rappresenta
una traslazione lungo z. Per sezioni non semplicemente connesse si dovrebbero aggiungere condizioni
specifiche che esulano da questo corso. Solo in pochi casi è possibile ottenere una soluzione analitica del
problema (ad esempio sezione ellittica). In genere è necessario ricorrere a metodi numerici.
Ad esempio, nella Figura 6.22 si mostra la soluzione numerica per una trave a sezione quadrata. La trave
è stata incastrata nella sezione in z = 0 per cui qui l’ingobbamento è impedito. Anche in questo caso si
verifica la validita del principio di equivalenza elastica: nella figura a destra è presentata la σzz che nella
soluzione DSV è nulla.
È facile verificare che, detta ψG la soluzione del problema eq.(6.33) e (6.34) con rotazione attorno al
baricentro, si ottiene, a meno di una costante arbitraria:
ψT = ψG − yT x + xT y
Si nota che le due funzioni di ingobbamento (che rappresentano uno spostamento in direzione z), diffe-
riscono di una rotazione rigida xT ex + yT ey . Esse quindi corrispondono alle stesse deformazioni ed agli
stessi sforzi.
6.4. CASO FONDAMENTALE: TORSIONE 71
Figura 6.22: simulazione numerica di torsione ed ingobbamento di una sezione quadrata. La superficie
inferiore è bloccata e su di essa si generano anche gli sforzi σzz mostrati nella figura di destra. Sulla
superficie superiore si sono applicate trazioni identiche a quelle previste da DSV
Mt = µJt β
Z
∂ψ ∂ψ 2 2
Jt = x −y + x + y dA
A ∂y ∂x
In realtà il modulo Jt può essere calcolato seguendo un approccio alternativo. Si consideri il cilindro di
DSV soggetto alle coppia torcenti ±Mt ez . Si vuole scrivere il PLV usando come campi statici e cinematici
i campi reali. Il lavoro esterno fatto dalle coppie è:
Mt2
Le = Mt βL = L
µJt
mentre il lavoro interno, considerando che σzx e σzy non dipendono da z, è:
Z L Z
L 2 2
Li = σij εij dV = (σzx + σzy )dA
0 µ A
Imponendo Li = Le :
Mt2
Z
2 2
= (σzx + σzy )dA
Jt A
72 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
τ2
Z
1
= dA (6.35)
Jt A Mt2
∂ϕ ∂ϕ
σzx = σzy = −
∂y ∂x
Per una sezione semplicemente connessa si dimostra che ci si riduce al problema di Dirichlet:
∂2ϕ ∂2ϕ
+ = −c = −2µβ in S (6.36)
∂x2 ∂y 2
ϕ = 0 su ∂S (6.37)
x2 y2
Mt
ϕ= 1− 2 − 2
πab a b
e la funzione di ingobbamento:
a2 − b2
ψ(x, y) = − xy
a2 + b2
sono soluzione del problema.
∂σzx ∂σzx
= 0, = −c = −2µβ (6.38)
∂x ∂y
da cui, se si vuole che la distribuzione sia equipollente a un momento torcente (taglio nullo):
Mt
σzx = −2µβy = −2 y
Jt
6.4. CASO FONDAMENTALE: TORSIONE 73
La condizione al contorno σzx nx + σzy ny = 0 è violata sui bordi verticali, perchè, in realtà, vicino alle
estremità del rettangolo appare anche σzy . Quindi σzx = −2µβy non può essere una soluzione esatta,
ma è una buona approssimazione ingegneristica lontano dalle estremità.
Ci si propone di calcolare il valore della costante Jt . A priori si potrebbe utilizzare la relazione:
Z
Mt = µJt β = (σzy x − σzx y)dA
A
ma l’espressione di σzy non è nota ed il suo contributo non può essere trascurato perchè moltiplicato
per un braccio elevato. Si preferisce invece la eq.(6.35) in cui il contributo della σzy può invece essere
ignorato perchè limitato ad un’area molto ridotta e non moltiplicato per il braccio. Si ottiene:
Z L Z h/2
1 4 1
= 2 y 2 dydx → Jt = Lh3
Jt Jt 0 −h/2 3
A partire da eq.(6.39), si può quindi applicare eq.(6.35) per ottenere che la rigidezza a torsione è
semplicemente la somma delle rigidezze dei singoli rettangoli:
1X
Jt = Li h3i
3 i
Nel caso della sezione di Figura 6.23 (i profili hanno spessore costante h), siccome i tre rettangoli
costituenti hanno tutti la stessa lunghezza:
1 4
Jt = (2L × h3 + L × h3 + L × h3 ) = Lh3
3 3
da cui:
Mt
τ=
Lh2
Si osservino le Figure 6.24-6.25 dove sono plottate le componenti σzy e σzx (è un utile esercizio individuare
quali siano σzy e σzx prima di leggere la didascalia). Nel primo caso i profili non sono “sottili”, ma
l’approssimazione vale con ragionevole accuratezza lontano dagli spigoli.
t = σ · ez = σxz ex + σyz ey
Basandosi sulla analogia idrodinamica, si può ipotizzare che gli sforzi di taglio siano diretti come la linea
media e indipendenti dalla posizione lungo lo spessore. Cioè, se p indica la tangente alla linea media della
sezione:
t = τ (s)p(s)
In particolare le componenti di σ sono legate a τ dalle relazioni:
σzx = τ px σzy = τ py
76 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
viene definita flusso delle tensioni tangenziali. Si dimostra che q non dipende da s, cioè si mantiene
costante lungo tutta la linea media. Infatti, si consideri la porzione di profilo sottile indicata nella Figura
6.26 e si imponga la condizione necessaria di equilibrio che la risultante delle forze in direzione z si annulli.
Gli sforzi σzx e σzy sulle due superfici di normale ±ez sono ortogonali a z. La superficie interna ed esterna
sono scariche e quindi rimangono da considerare solo le due superfici A1 ed A2 , di normali n(s1 ) = −p(s1 )
e n(s2 ) = p(s2 ) (le superfici A1 ed A2 sono, per costruzione, ortogonali alla superficie media). La tensione
esercitata sulla superficie A2 è (le uniche componenti di σ sono σzx , σzy ):
Il vettore x ha una componente x · n diretta come n ed una diretta come p che però sparisce nel prodotto
vettore con p e quindi:
x ∧ p = (x · n)n ∧ p = (x · n)ez
da cui il momento torcente è, indicando con A l’area della sezione racchiusa dalla linea media:
Z Z
Mt = q x · nds = q divx dA = 2Aq
A
e
Mt 1
τ (s) =
2A h(s)
che è nota come formula di Bredt.
Si ricorda che la relazione Mt = µJt β è sempre valida, con Jt fornito dalla eq.(6.35), da cui:
4A2
Z
1
Jt = con ρ = ds (6.40)
ρ h(s)
Se lo spessore è costante ed L è la lunghezza della linea media:
h
Jt = 4A2 (6.41)
L
6.4.8 Esercizio
Si paragoni il comportamento di due profili sottili, uno chiuso e uno aperto, soggetti a un momen-
to torcente di 250 kNm. Si vuole calcolare il massimo valore di τ e l’angolo di rotazione. Sia µ =
80000 N/mm2 .
6.4. CASO FONDAMENTALE: TORSIONE 77
6.4.9 Osservazione
Caso di profili chiusi con più circuiti chiusi. Trattato in corsi avanzati, e.g. ponti.
78 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
Nella generica sezione in z i momenti risultano dunque Mx = Ty z e My = −Tx z per cui lo sforzo σzz
vale:
Ty Tx
σzz = zy + zx (6.42)
Jx Jy
mentre σzx e σzy sono determinate dal problema:
∂σzy ∂σzx Tx Ty
− = ν̄(− y + x) + c su S (6.43)
∂x ∂y Jy Jx
∂σzx ∂σzy Tx Ty
+ =− x− y su S
∂x ∂y Jy Jx
σzx nx + σzy ny = 0 su ∂S
Sulla sezione di estremità z = L la distribuzione di σzx e σzy deve inoltre rispettare la condizione:
Z
0= (σzy x − σzx y) dA
A
Il problema è di difficile soluzione nel caso generale. Si usano metodi metodi numerici o soluzioni
approssimate.
“rotazioni” relative tra loro nel senso definito nel Capitolo della torsione. La formalizzazione di questa
osservazione non è univoca ed in effetti esistono varie definizioni di centro di taglio. Nel seguito si adotterà
un approccio basato sul PLV.
Sia A un problema di puro taglio in cui le azioni esterne applicate sulle sezioni sono quelle indicate nel
paragrafo precedente, con la sola differenza che gli sforzi di taglio sono equipollenti ad una forza applicata
nel punto di coordinate xC , yC (il centro di taglio) per ora non meglio individuato.
Sia B un problema di pura torsione definito sullo stesso cilindro, con azioni esterne applicate sulle sezioni
equipollenti alle coppie ±MtB ez . In particolare il campo di spostamento sB avrà la forma eq.(6.31) e solo
B B
le componenti σzx e σzy sono diverse da zero.
Se come campi statici si scelgono quelli B e come cinematici quelli di A, Il PLV afferma che Le = Li , dove
Le è il lavoro fatto dalla forze del sistema B sugli spostamenti del sistema A. Anche se risulta difficile
esprimerlo analiticamente perché non si conosce la forma del campo di spostamenti sA , intuitivamente
è possibile associare il lavoro esterno al prodotto della coppia MtB per la rotazione media θB tra le due
sezioni di estremità. Imporre il lavoro esterno nullo implica quindi, in un certo senso, imporre che la
rotazione media θB sia nulla. L’equazione da imporre è quindi:
Z Z
B A A B
Li = σij εij dV = σij εij dV = 0
V V
B A
In effettiσij εij = Cijk` εB A
k` εij
che è uguale a A B
σij = Cijk` εA
εij B
k` εij . Si dirà che il centro di taglio è quel
particolare punto tale che se la forza equipollente alle tensioni tangenziali è applicata in esso il lavoro
interno è nullo.
Poichè la torsione prevede solo εxz e εzy (indipendenti da z), le uniche componenti che interessano di
σ A sono quelle con gli stessi indici, che non dipendono mai, in DSV, da z. Quindi basta imporre che
l’integrale sulla sezione di annulli:
Z
A B A B
Li = 2 σzx εzx + σzy εzy dA = 0
A
82 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
mentre:
Z
A ∂ψ A ∂ψ
σzx + σzy dA
A ∂x ∂y
!
A A
∂σzy
Z Z
∂ A
∂ A
∂σzx
= σzx ψ + σzy ψ dA − ψ + dA
A ∂x ∂y A ∂x ∂y
Il primo termine a secondo membro è nullo. Lo si deduce applicando il teorema della divergenza e le
condizioni condizioni al contorno. Il secondo termine, usando le equazioni indefinite di equilibrio:
!
A A
∂σzy ∂σ A
Z Z Z Z
∂σzx Tx Ty
− ψ + dA = ψ zz dA = xψdA + yψ dA
A ∂x ∂y A ∂z Jy Jx
Esercizio. Mostrare che si può giungere alla stessa conclusione partendo dal termine di lavoro esterno:
Z Z
Le = tB s
i i
A
dA = tA B
i si dA
∂V ∂V
espresso come lavoro delle forze del sistema A sugli spostamenti del sistema B. Il campo di spostamenti
dovuto alla torsione è:
sB
x = −βzy sB
y = βzx sB
z = βψ(x, y)
In z = 0 tA z = 0 perchè qui il momento è nullo. Quindi il contributo della sezione z = 0 al lavoro esterno
è nullo. Il contributo della sezione in z = L è:
Z
A A A
β σzz ψ − Lσzx y + Lσzy x dA
A
Ma: Z Z Z
A Tx Ty
σzz ψ dA = L ψx dA + ψy dA
A Jy A Jx A
e Z
A A
−σzx y + σzy x dA = Ty xC − Tx yC
A
da cui, imponendo l’annullarsi del lavoro esterno, si ottiene la stessa conclusione di prima.
6.5. CASO FONDAMENTALE: TAGLIO 83
Sulla superficie A1 :
t = −τ − σzz (z1 )ez
Se es indica il versore di s, la componente di τ in direzione es è σzs = τ · es . Le tensioni esercitate sulla
superficie A3 sono:
Si osservi la Figura 6.34 di sinistra. Per la simmetria del tensore di sforzo σzs rappresenta anche le forze
su di una superficie di normale z in direzione s, come disegnato.
Per il postulato dell’equilibrio deve valere la condizione necessaria di equilibrio Rz = 0. Indicando con
A+ la superficie A2 (uguale ad A1 ) e con h la lunghezza dello spigolo:
Z Z h
(σzz (z2 ) − σzz (z1 )) dA = (z2 − z1 ) σzs d`
A+ 0
Si osservi la notazione utilizzata: A+ indica la superficie dalla parte delle s positive; A− indicherà la
superficie dalla parte delle s negative.
Questa relazione è valida per qualunque scelta del taglio e di z2 −z1 e quindi, al limite, anche per z2 → z1 :
Z h Z
∂σzz
σzs d` = dA
0 A+ ∂z
84 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
Poichè il momento statico di tutta la sezione è nullo (il sistema di riferimento è baricentrico), indicando
con S − il momento statico dell’area A− si ottiene anche (Figura 6.34):
Z
Ty
hσ̄zs = − S − , S− = ydA (6.46)
Jx A−
Infatti S + + S − = 0.
Queste relazioni sono esatte. Si ricorda che le convenzioni assunta fanno sı̀ che, se σ̄zs risulta positiva ha
la direzione indicata in Figura 6.34, quindi diretta nel verso delle s crescenti.
Espressione generale. Se sono presenti sia Tx sia Ty , ripetendo separatamente la procedura appena
descritta per i termini si ottiene:
Ty + Tx +
hσ̄zs = S + S (6.47)
Jx x Jy y
Z Z
Sx = ydA Sy+ = xdA
A+ A+
Accettando questa ipotesi, si vuole adesso calcolare σzx . Dalle equazioni di equilibrio:
Però:
L
∂Sx+
Z
Sx+ (y) = th(t)dt → = −yh(y)
y ∂y
dove h indica la larghezza della Sezione. Quindi:
1 ∂Sx+ S + ∂h S + ∂h
∂σzy Ty Ty
= − − x2 = −y − x2
∂y Jx h ∂y h ∂y Jx h ∂y
e quindi:
∂σzx ∂σzy Ty Ty Sx+ 1 ∂h 1 ∂h
=− − y= = σzy
∂x ∂y Jx Jx h h ∂y h ∂y
Figura 6.35:
Esercizio. Mostrare che le distribuzioni di σzx e σzy ricavate sono equipollenti a Ty ey . In particolare
mostrare che Tx = Mt = 0.
perché σzs non dipende da n e σzz è bilineare. Quindi σzn è quadratica, ma si deve annullare sulle pareti
del profilo sottile se lo spessore è costante (per la condizione di equilibrio sulla parete laterale σ · n = 0).
È in genere trascurabile. Si assume quindi per ipotesi che, in un profilo sottile, σzn = 0 e σzs è pari al
valore medio predetto dalla formula di Jourawsky:
Ty + Tx +
hσzs = S + S (6.48)
Jx x Jy y
Z Z
Sx+ = ydA Sy+ = xdA
A+ A+
6.5.5 Esempio
Si consideri la sezione a profili sottili a C di Figura 6.36 soggetta ad un taglio Ty applicato nel baricentro.
Il sistema di riferimento è principale.
La formula approssimata di Jourawsky prevede:
Z
Ty +
hσzs = Sx Sx+ = ydA
Jx A+
1 8
Jx = h8L3 + 2L3 h = hL3
12 3
Si ricordi che Sx+ indica il momento statico della porzione A+ di profilo “al di sopra del taglio”, per cui
si deve definire chiaramente cosa si intende con questa dicitura. Per ogni rettangolo della sezione si fissa
arbitrariamente un verso positivo di percorrenza e si definisce un’ascissa curvilinea crescente in questo
senso (vedere Figura 6.37).
Si fissa poi un punto della sezione in cui si vuole calcolare σzs . Si taglia il profilo in questo punto
in direzione ortogonale alla linea media. La sezione viene divisa in due porzioni dette A+ e A− . Per
convenzione si dirà che A+ è la parte di profilo che giace dalla parte del verso positivo di percorrenza del
6.5. CASO FONDAMENTALE: TAGLIO 87
profilo tagliato. Se le convenzioni appena introdotte vengono rispettate, la formula di Jourawsky fornisce
σzs che è positiva se è concorde con il verso di percorrenza positivo.
Si consideri il profilo 1 della Figura 6.36. Si fissa l’ascissa curvilinea s come indicato in Figura 6.37, con
s nulla nell’estremo di sinistra.
Allora, con l’approssimazione a profili sottili:
Z Z L
(1)+
Sx (s) = y dA = h Ldt = hL(L − s) 0<s<L
A+ s
Si vogliono calcolare i valori di queste risultanti adottando una tecnica particolare. Sia f (s) un polinomio
lineare. Allora si dimostra che: Z V
V
f (s)ds = (f (0) + f (V ))
0 2
Se invece f (s) è un polinomio quadratico:
Z V
V
f (s)ds = (f (0) + 4f (V /2) + f (V ))
0 6
In pratica se l’andamento degli sforzi è lineare basta calcolare i valori del momento statico agli estremi.
Se è quadratico serve conoscere anche il valore in mezzeria.
Questa distribuzione di sforzi è equipollente a una forza applicata in punto particolare. Se si calcola ad
esempio il momento rispetto alla mezzeria dell’anima verticale si ottiene −(3/8)LTy , da cui risulta che
la distribuzione di sforzi previsti dalla formula di Jourawsky è equipollente ad una forza applicata alla
sinistra dell’anima verticale a distanza: 3L/8.
Il procedimento è stato sviluppato nell’ipotesi che vi sia solo un taglio Ty .
Tx Sy+
σzs =
Jy h
In pratica risulta spesso operativamente più semplice “ruotare” la sezione come indicato nella Figura 6.40
di modo che il taglio Tx diventi verticale. I calcoli richiesti diventano quindi identici a quelli svolti per un
taglio Ty , in particolare per il momento statico Sy+ per cui valgono tutte le regole ricavate, sostituendo
alla coordinata y la x. Per esercizio si verifichi che la distribuzione di σzs è quella indicata. In particolare,
data la simmetria, la distribuzione di sforzi di taglio previsti dalla formula di Jourawsky è equipollente a
una forza applicata nella mezzeria del lato lungo.
90 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
Formalizzando le osservazioni precedenti si introduce la definizione di centro di taglio per un profilo sottile
soggetto a una forza di taglio T = Tx ex + Ty ex .
Definizione di centro di taglio. Il centro di taglio è quel punto del piano in cui è applicata la forza
T equipollente alla distribuzione di sforzi previsa dalla formula di Jourawsky.
Spesso viene richiesto di analizzare una sezione assoggettata ad un taglio applicato applicato in un punto
preciso della sezione, ad esempio nel baricentro. Per poter determinare lo stato di sforzo indotto dalla
forza la si trasporta nel centro di taglio aggiungendo per equipollenza un momento torcente Mt , detto
momento di trasporto:
Mt ez = (xG − xT ) ∧ T = 0 (6.49)
Ad esempio, nel caso di taglio verticale: Mt = (xG − xC )Ty . Il taglio nel centro di taglio induce lo stato
di sforzo uniforme sullo spessore dato dalla formula di Jourwasky (6.48); il momento torcente Mt fornito
dalla (6.49) genera uno sforzo σzs a farfalla sullo spessore dato dalla formula della torsione discussa nella
sezione 6.4.6.
Lo stato di sforzo σzs totale sarà quindi la somma dei due contributi.
Osservazione. In particolare la definizione appena data di centro di taglio si applica solo a profili sottili
aperti e coincide in tal caso con la definizione più generale data nelle sezioni precedenti.
Si calcoli infatti il lavoro interno Li dovuto ai due sistemi A e B utilizzando la soluzione di Jourawsky
per taglio. Se si utilizza un sistema di riferimento s, n, z con s allineato alla linea media:
Z
A B
Li = σzs εzs dA
A
A
Ma Jourawsky prevede che σzs sia costante sullo spessore, mentre εB
zs è a farfalla per la soluzione della
torsione. Quindi il lavoro mutuo è automaticamente nullo.
L’integrale tra parentesi dipende solo dalle caratteristiche geometriche della struttura. Si può scrivere:
2
Sx+
Z
ΩT 1 T 1 1
= T , con = 2 dA
L 2 µA? A? Jx A h
dove A? è un’area “corretta”, che nel caso della sezione rettangolare risulta A? = (5/6)A. È allora uso
comune introdurre lo scorrimento medio t:
T
t=
µA?
tale che l’energia a taglio per unità di lunghezza sia:
ΩT 1
= Tt
L 2
6.7. ENERGIA DI DEFORMAZIONE 91
Figura 6.41: Inflessione pure di una trave soggetta a taglio applicato nel centro di taglio
In pratica se esistesse una sezione ideale di area A? con σzy costante (e quindi pari a T /A? ), la sua energia
di deformazione a taglio sarebbe
ΩT 1 T 1
= T = Tt
L 2 µA? 2
e quindi pari alla energia di deformazione delle sezione reale. È per questo che nella teoria delle travi
deformabili, che si ispira ai casi di Saint Venant, si adotta spesso l’approssimazione di assumere una
deformazione a taglio t costante pari a:
T
t=
µA?
92 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
La sezione è analizzata geometricamente nella Appendice sulla geometria delle aree dove si ottiene che il
baricentro ha coordinate:
xG = 15.34 cm yG = 17.06 cm
i momenti principali di inerzia sono:
Ju = 161744 cm4 Jv = 66289.8 cm4
l’area vale A = 990 cm2 ed α = 21.49◦ .
Si calcolano dapprima le coordinate di A nel sistema principale (si ricorda che in particolare il sistema
principale è baricentrico!)
uA = (xA − xG ) cosα + (yA − yG ) sinα = −20.53 cm
vA = −(xA − xG ) sinα + (yA − yG ) cosα = −10.25 cm
ed inoltre:
Mu = cosαMx + sinαMy = (−4.4486×105 + 1.0158×105 ) Ncm
Mv = − sinαMy + cosαMy = (1.7516×105 + 2.5800×105 ) Ncm
Quindi:
N 2
σA (N ) = = 87.8333 N/cm
A
Mx Mx 2
σA (Mx ) = cosα vA + sinα uA = 82.4317 N/cm
Ju Jv
My My 2
σA (My ) = sinα vA − cosα uA = 73.4372 N/cm
Ju Jv
6.8. ESERCIZI RIASSUNTIVI SUL PROBLEMA DI SAINT VENANT 93
Si noti che σA (Mx ) indica il valore di σz z in A dovuta al solo momento Mx , mentre σA (My ) indica il
valore di σz z in A dovuta al solo momento My . Il valore totale di σA è:
2
σA = 243.7022 N/cm
Si vogliono calcolare i valori di σzz e τ nel punto A (della linea media) di coordinate A = (6, 0). Per
il calcolo delle τ il punto A deve essere considerato sulla linea media del profilo orizzontale, a distanza
sufficiente dallo spigolo per applicare le formule approssimate.
ed α = 26.35◦ .
Come nell’esempio precedente si devono calcolare le coordinate di A nel sistema principale:
ed inoltre:
Quindi:
Mx Mx 2
σA (Mx ) = cosα vA + sinα uA = 525.8664 N/cm
Ju Jv
My My 2
σA (My ) = sinα vA − cosα uA = 668.3330 N/cm
Ju Jv
ed il valore totale è:
2
σA = 1.1942×103 N/cm
Per quanto riguarda il momento torcente semplici calcoli portano a:
1X
Jt = Li h3i = 0.12823 cm4
3 i
Mt 2
τA = h = 1.169×103 N/cm
Jt
L’angolo di rotazione per unità di lunghezza risulta:
Mt
β= = 7.3111×10−4 rad/cm
µJt
Si consideri la sezione della Figura 6.44. Essa è soggetta alle azioni esterne:
da cui:
N 2
σ(N ) = = 710.4121 N/cm
A
Calcolo Jx :
1 1
Jx = 2(272 × (1 × 33) + 1.6 × 103 + 322 (1.6 × 10)) + × 1.6 × 543 = 1.0214×105 cm4
12 12
da cui:
Mx yA 2
σ(Mx ) = = 473.1562 N/cm
Jx
Calcolo effetto momento torcente. La τ massima si ottiene sul bordo della sezione:
Mt
τ (Mt ) = h
Jt
Calcolo di Jt :
2 3
1 × 33 + 1.63 × 10 + 1.63 × 27 = 123.0347 cm4
Jt =
3
da cui il massimo valore assoluto (sul bordo) della σzs da torsione vale:
2
τ (Mt ) = 587.8018 N/cm
Poichè il momento torcente è positivo le σzs sono dirette verso l’alto a destra della linea media e dirette
verso il basso a sinistra.
Calcolo Sx+ (in figura sono indicati i versi positivi delle ascisse su alcuni profili ed in particolare sul profilo
dove il punto A è situato):
Sx+ 1 2
τ (Ty ) = Ty = 23.0929 N/cm
Jx h
L’andamento qualitativo degli sforzi di taglio è indicato in Figura 6.45. Si sfrutta la simmetria e si
calcolano le risultanti solo nella parte superiore. Inoltre si vuole determinare la distanza del centro di
taglio dall’anima verticale per cui non serve calcolare la risultante in questo profilo.
Si comincia a calcolare i momenti statici indicati in Figura:
Si noti che alcuni di questi momenti statici sono già stati calcolati per fornire Sx+ . È allora opportuno non
ripetere operazioni ed impostare i calcoli di Sx+ in modo da essere riutilizzabili in questa fase. Calcolo
delle risultanti dovute a taglio unitario:
10 2 1
R(1) = (0 + S5+ + S1+ ) = 0.0264 N
Jx 3 6
23 1 + 1 +
R(2) = ( S + S2 ) = 0.1852 N
Jx 2 1 2
10 1 +
R(3) = ( S + 0) = 0.0132 N
Jx 2 3
96 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
Il loro momento (e delle simmetriche sulla parte inferiore) è pari alla distanza del centro di taglio
dall’anima:
xC = 10 + 2(R(1) × 23 − R(2) × 27 + R(3) × 27) = 1.9256 cm
In coordinate baricentriche:
uC = xC − xG = −14.3944 cm
Se il taglio è applicato nel baricentro vuol dire che per trasportarlo nel centro di taglio si deve aggiungere
un momento torcente −Ty uC = 3.872×104 Ncm che fornisce:
2
τ (Ty , Mt ) = 503.5455 N/cm
I primi due sono associati ad una distribuzione a farfalla “‘dello stesso segno” e quindi si sommano. Il
terzo è associato ad una distribuzione costante. Il massimo valore di σzs sullo spessore in A è quindi:
2
τ = τ (Mt ) + τ (Ty , Mt ) + τ (Ty ) = 1.1144×103 N/cm
6.8. ESERCIZI RIASSUNTIVI SUL PROBLEMA DI SAINT VENANT 97
Calcolo degli sforzi principali. Certamente x è direzione principale con sforzo principale associato nullo.
Nel piano z, y si può costruire il cerchio di Mohr. I due punti per costruire il cerchio sono: A = (σ, −τ ),
B = (0, τ ). Risulta:
2 2
σI = 1853 N/cm σII = −670 N/cm
Figura 6.48: Rotazione della sezione: avendo scelto A come polo, la distribuzione di σzs sui profili che
convergono in A non viene considerata
6.8. ESERCIZI RIASSUNTIVI SUL PROBLEMA DI SAINT VENANT 99
Per simmetria xC = 0. Si deve solo calcolare yC . Per calcolare yC si deve analizzare la risposta del
profilo a un taglio Tx = 1. Seguendo la strada pragmatica già commentata, si ruota il profilo come nella
Figura 6.48. Il momento di inerzia Jy vale:
1 4
Jy = 2 × (2L)3 h = L3 h
12 3
Si sceglie di calcolare il momento rispetto al punto A, per cui è necessario analizzare solo il profilo verticale
di sinistra. L’andamento di σzs è parabolico. Il momento statico è nullo agli estremi e in mezzeria vale:
1 2
Sy+ = L h
2
mentre la risultante è:
1 2L + 1
R= 4Sy =
Jy 6 2
Il momento rispetto ad A vale dunque −L, per cui il centro di taglio si trova a distanza L da A, alla
sinistra di A nella Figura 6.48. Quindi yC − yA = L.
statici, quello all’inizio del profilo (2) e quello in mezzeria a (1). Si ottiene:
1 3
R(1) = T, R(2) = T
8 8
per cui il centro di taglio si trova a sinistra di A, xA − xC = L/4
Si comincia a calcolare il primo contributo. La formula di Jourawsky deve essere applicata nel riferimento
principale:
Ty Su+ S+
hσzs = √ + v
2 Ju Jv
Se l’ascissa curvilinea è rivolta verso l’estremo libero, il calcolo dei momenti statici fornisce, nel punto di
spigolo D:
+ 3 √ + L√
Su3 = −Lh × L 2 Sv3 = −Lh × 2
4 2
da cui:
67 Ty
σzs = −
180 Lh
Lo sforzo di taglio ha quindi il verso della freccia nel diagramma qualitativo di Figura 6.52.
Si vuole poi cercare il centro di taglio. Si deve lavorare nel sistema principale. In tale sistema la sezione
è simmetrica rispetto all’asse u e quindi vC = 0. Si determina ora uC . Per farlo si immagina di applicare
un taglio Tv = T e Tu = 0. Prendendo come polo l’intersezione dei due profili lunghi 2L, si calcola il
momento della distribuzione di sforzi. Contribuiscono solo i due profili di estremità e per simmetria i loro
contributi sono identici. Si considera solo il profilo inferiore. L’andamento di σzs h è parabolico e quindi
+ + +
è necessario calcolare i momenti statici ai due estremi (Su1 e Su3 ) e in mezzeria, Su2 . I primi sono uno
+
nullo e l’altro pari al momento Su3 già calcolato. L’ultimo vale:
+ Lh 5 √
Su2 =− × L 2
2 8
La risultante di σzs su questo profilo vale dunque (positiva se verso sinistra):
√
T L + +
2
R= 0 + 4Su2 + Su3 = − T
Ju 6 15
102 CAPITOLO 6. IL PROBLEMA DI SAINT VENANT
e genera il momento −2LR rispetto al polo. Considerando anche il profilo simmetrico il momento globale
è −4LR e la distanza lungo u del centro di taglio dal polo vale:
√
4 2
L
15
mentre la distanza dal baricentro è: √ √ !
3 2 4 2
uC = + L
4 15
Poiché il taglio Ty è applicato nel baricentro lo si deve trasportare nel centro di taglio, aggiungendo il
momento torcente di trasporto:
uC
MtT = −Ty √
2
Il momento torcente di trasporto genera una distribuzione di sforzi tangenziali a farfalla come il momento
torcente Mt , ma di segno opposto. È come se il profilo fosse soggette al momento torcente totale:
uC
Mttot = Mt + MtT = Mt − Ty √
2
Per effetto di Mttot gli sforzi sono distribuiti a farfalla ed il valore massimo, sul bordo, vale:
Mttot
τmax (Mttot ) = h, con Jt = 2Lh3
Jt
Parte II
Travi deformabili
103
Capitolo 7
Le tecniche della statica dei corpi rigidi falliscono, ad esempio, se applicate alla semplice struttura della
Figura 7.1. Quando le equazioni cardinali della statica non permettono di calcolare in maniera univoca
le reazioni vincolari, si dice che il problema è iperstatico.
Osservazione. Nell’esempio precedente il numero di vincoli con cui la trave è collegata a terra è mag-
giore dello stretto necessario per bloccare tutti i movimenti possibili. Se ad esempio si elimina il carrello,
la trave rimane ben vincolata. Si osservi ora però la struttura della Figura 7.2. Essa è vincolata a terra
con tre gradi di vincolo, ma le equazioni cardinali della statica non permettono comunque di calcolare in
maniera univoca il valore delle reazioni vincolari. Tale struttura è quindi ancora iperstatica. Al contempo
è anche mal vincolata cinematicamente, in quanto i vincoli non bloccano il movimento di traslazione in
direzione orizzontale. Un semplice conteggio dei vincoli non permette quindi in generale di stabilire se
una struttura è iperstatica.
Per poter risolvere questi ed altri problemi è necessario abbandonare l’ipotesi che i corpi siano rigidi ed
ammettere la possibilità che si deformino. Si affronta dunque nel seguito l’analisi dei sistemi di travi
deformabili utilizzando il Metodo della Linea Elastica ed il Metodo dei lavori Virtuali, rimanendo sempre
nell’ambito dell’ipotesi di trasformazioni infinitesime.
105
106 CAPITOLO 7. IPOTESI E SOLUZIONI “ESATTE”
L’asse x viene anche detto asse della trave. Per origine della sezione si intende l’intersezione dell’asse
con la sezione stessa. Per costruzione l’origine della sezione coincide con il baricentro della stessa.
In base all’osservazione sperimentale si ipotizza che, per travi simmetriche rispetto al piano xy, sufficien-
temente snelle e caricate simmetricamente, il campo di spostamento infinitesimo sia della forma:
s(x) = u(x)ex + v(x)ey + ϕ(x)ez ∧ yey
Si osservi che ciò corrisponde ad ipotizzare che ogni sezione della trave subisca uno spostamento rigido.
Si consideri infatti la sezione in x. Il vettore u(x)ex + v(x)ey rappresenta la traslazione rigida della sua
origine, mentre ϕ(x)ez ∧ (yey ) rappresenta una rotazione infinitesima attorno all’origine stessa (il punto
xex ). Le quantità u, v e ϕ vengono dette spostamenti generalizzati della trave.
Osservazione. Poiché le sezioni si muovono in maniera rigida, esse restano piane, anche se non neces-
sariamente ortogonali all’asse x. In particolare se:
ϕ(x) 6= v 0 (x)
Osservazione. La traslazione e la rotazione di una sezione dipendono dalla coordinata x, quindi il moto
della trave non è globalmente rigido. Il campo di spostamenti ammissibili è molto più ampio dell’insieme
dei moti rigidi infinitesimi che ne rappresenta effettivamente un sottoinsieme. Basta infatti scegliere
ϕ(x) = ϕ̄, u(x) = ū, v(x) = v̄ + ϕ̄x per ottenere il più generale campo di spostamenti rigido:
s(x) = ūex + v̄ey + ϕ̄ez ∧ (xex + yey + zez )
baricentri) alle forze a coppie indicate in Figura. Essa è anche soggetta a carichi di volume distribuiti.
Per una data sezione (quindi per x fissato), i carichi di volume sono equipollenti alle forze p(x) e q(x)
indicate in Figura, avendo usato come polo di riduzione il baricentro della generica sezione.
Anche per le travi deformabili si ammette la validità del Postulato dell’Equilibrio introdotto nel capitolo
della Meccanica dei Solidi, che afferma che se un corpo deformabile è in equilibrio, le equazioni cardinali
della statica devono essere necessariamente rispettate per ogni sua parte.
Come noto dall’analisi dei sistemi di travi rigide, l’imposizione delle equazioni cardinali per una generica
porzione di trave porta a mostrare valgono necessariamente le equazioni indefinite di equilibrio:
Inoltre, sulle sezioni di estremità della trave le azioni interne devono essere in relazione con le forze e
coppie esterne su di esse applicate:
Osservazione. Poiché le equazioni di equilibrio (indefinite ed agli estremi) sono le stesse che per i
sistemi di travi rigide, sono ancora applicabili tutte le tecniche di calcolo delle reazioni vincolari e delle
azioni interne. Queste però non sono in generale sufficienti per determinare la soluzione del problema. Si
consideri ad esempio il problema della Figura 7.1. Se si indica con Y P la reazione iperstatica del carrello,
le reazioni a terra nell’incastro possono essere espresse in funzione di Y , ma le equazioni cardinali della
statica non permettono di determinare il vero valore di Y .
Osservazione. Una rapida e parziale giustificazione delle relazioni sopra scritte si può ottenere nel
modo seguente. Assumendo che tra le componenti di sforzo con indici uguali solo σxx sia non nulla
(stessa ipotesi del problema di Saint Venant), il legame costitutivo lineare isotropo si riduce a:
σxx = E (εxx − α∆T ) σxy = 2µεxy = µt
che include anche l’effetto di una variazione termica ∆T (x, y). Inserendo queste relazioni nelle equazioni
(7.7), si ottiene:
Z Z
α
N= σxx dA = EA (η − ηT ) , ηT = ∆T dA
A A A
Z Z
α
M =− σxx y dA = EJ (χ − χT ) , χT = ∆T y dA
A J A
T = −µAt
poiché: Z Z
y dA = 0 y 2 dA = J
A A
A parte le deformazioni termiche, queste relazioni coincidono con quanto ipotizzato sulla base del pro-
blema di Saint Venant tranne che per l’area efficace A? . La differenza è dovuta all’ipotesi “semplicistica”
(assunta in questo capitolo) che la deformazione εxy sia costante sulla sezione. Si legga a tal proposito il
paragrafo 6.7.
Le variazioni di temperatura inducono elongazioni ηT e curvature χT della linea media. Se ad esempio
una trave subisce il riscaldamento uniforme ∆T , la sua deformazione assiale termica sarà ηT = α∆T .
Se invece una trave a sezione rettangolare (di altezza H) viene riscaldata in maniera differenziale, con
∆T variabile linearmente tra ∆TI sulle fibre inferiori e ∆TS sulle fibre superiori, oltre a subire una sua
deformazione assiale termica ηT = α(∆TI + ∆TS )/2, essa subirà anche una curvatura termica pari a
χT = α(∆TI − ∆TS )/H. Nelle applicazioni i contributi termici ηT e χT saranno sempre da considerare
assegnati.
Forma finale della legge costitutiva. Nel seguito si assumerà quindi la validità dei legami:
N (x) T (x) M (x)
η(x) = + ηT (x) t(x) = − χ(x) = + χT (x) (7.14)
EA µA? EJ
Queste equazioni, associate alla opportune condizioni al contorno, permettono di risolvere direttamente
semplici strutture, come illustrato nei prossimi paragrafi.
7.5.1 Esempio
Si consideri dapprima la trave di lunghezza L della Figura 7.6, nel sistema di riferimento cartesiano x, y.
Si assume assenza di deformazioni termiche: ηT = χT = 0.
Poiché l’azione assiale è assente, si ottiene subito che u(x) = 0. Dalla 7.16 si ha:
di modo che, se la trave è sufficientemente snella, β 1. In tal caso dalla eq.(7.19) si ottiene:
A rigore questo ragionamento non vale per una regione limitata presso l’incastro, che è però trascurabile
se la trave è sufficientemente snella.
7.5.2 Esempio
Si consideri la struttura iperstatica della Figura 7.7.
Figura 7.7: Struttura iperstatica: reazioni vincolari nella struttura resa isostatica
La procedura di soluzione prevede di eliminare un grado di vincolo (ad esempio il carrello a destra) sosti-
tuendolo con la sua reazione incognita (incognita iperstatica) Y qL. La struttura diventa cosı̀ isostatica e
può essere risolta con le tecniche classiche dei sistemi di corpi rigidi. Le azioni interne diventano (calcolate
sulla Figura 7.7):
N (x) = 0
T (x) = −(Y + 1)qL + qx
1 1
M (x) = Y + qL2 − (Y + 1)qLx + qx2
2 2
mentre le condizioni al contorno sono, a sinistra:
mentre a destra:
v(L) = 0
Come nel caso precedente si ha u(x) = 0. Inoltre:
1 2 1 1
EJϕ(x) = Y + qL x − (Y + 1) qLx2 + qx3
2 2 6
e:
1 µA? 11 2 2 1 1
µA? v(x) = (Y + 1)qLx − qx2 + Y + qL x − (Y + 1) qLx3 + qx4
2 EJ 2 2 6 24
112 CAPITOLO 7. IPOTESI E SOLUZIONI “ESATTE”
Dopo qualche passaggio necessario per imporre la condizione al contorno in x = L si trova che:
3 1 + 4β
Y =−
8 1 + 3β
e quindi, per β → 0, si trova Y = −3/8, che verrà poi riottenuto con il PLV. Dalle relazioni sopra scritte
si ottiene inoltre che, al limite β → 0:
0 1 5
v (x) = ϕ(x) − qx − qL (7.21)
µA? 8
e di mostrare che questo termine è proporzionale a β e che quindi tende a zero per travi snelle. A questo
scopo si calcola la pendenza ϕ in L (ϕ è massima in tale punto), trovando:
qL3
ϕ(L) =
48EJ
Poichè vale l’ipotesi di trasformazioni infinitesime, necessariamente ϕ(L) = 1. Inoltre:
EJ qL
qL = 48 ϕ(L) → = 48βϕ(L) ϕ(L)
L2 µA?
da cui, con ottima approssimazione si può affermare che, per travi snelle, anche in questo caso:
Le osservazioni fatte negli esempi precedenti possono essere generalizzate a tutte le travi snelle formulando
il metodo della linea elastica. Per ipotesi si assume che la deformabilità a taglio sia trascurabile, per cui
M (x)
v 0 (x) = ϕ(x), → v 00 = + χT
EJ
Inoltre, in virtù di ragionamenti simili a quelli condotti sinora, la deformabilità assiale elastica può essere
trascurata e solo la deformabilità assiale termica risulta significativa:
N
' 0, u0 = ηT
EA
Le equazioni che governano il problema sono quindi:
u0 (x) = ηT (8.1)
M (x)
v 00 (x) = + χT (8.2)
EJ
Alle eq.(8.1) e (8.2) devono essere associate le opportune condizioni al contorno.
113
114 CAPITOLO 8. METODO DELLA LINEA ELASTICA
Come per il PLV l’applicazione della linea elastica comincia con la riduzione ad isostatica della struttura.
Il momento lungo la trave risulta:
1 1
M (x) = −Y qL2 + Y − qLx + qx2
2 2
v(0) = 0 → C2 = 0
v 0 (0) = 0 → C1 = 0
relazioni cinematiche tra i campi ui e vi delle varie travi. Queste equazioni permettono di calcolare
le costanti. Se il sistema è iperstatico il numero di incognite aumenta per la presenza delle incognite
iperstatica, ma aumenta parimenti anche il numero di condizioni di vincolo.
Anche in questo caso conviene stabilire alcune convenzioni per la scrittura delle equazioni della linea
elastica per strutture più complesse. Per ogni trave si stabilisce un’origine ed un’ascissa curvilinea s
diretta lungo l’asse della trave stessa. I momenti verranno assunti positivi se tendono le fibre del lato su
cui si è disegnata la freccia che indica l’origine dell’ascissa s. Le curvature termiche saranno positive se
tendono le stesse fibre. Lo spostamento v ortogonale all’asse è positivo se diretto dalla freccia verso la
trave stessa.
8.3.1 Esercizio
Si consideri la struttura isostatica della Figura 8.2 priva di deformazioni termiche. Si vuole calcolare lo
slittamento ∆vC nel pattino C.
u1 (0) = v1 (0) = 0
Il pattino in C impone:
u1 (L) = u2 (0) v10 (L) = v20 (0)
Il manicotto in B richiede:
v2 (L) = 0 v20 (L) = 0
Il momento è nullo sulla prima asta, mentre è pari a:
1
M2 (s) = − qs2
2
sulla seconda. Si ha dunque:
u01 = 0
u02 = 0
EJv100 = 0
1
EJv200 = − qs2
2
116 CAPITOLO 8. METODO DELLA LINEA ELASTICA
EJv1 (s) = C1 s + C2
1
EJv2 (s) = − qs4 + C3 s + C4
24
Dalla prima C2 = 0; dalla seconda C3 = C1 ; dalla quarta:
qL3
C3 =
6
ed infine dalla terza:
qL4 qL4 qL4
C4 = − + =−
6 24 8
Lo slittamento risulta quindi:
7 qL4
∆vC = v2 (0) − v2 (L) = −
24 EJ
8.3.2 Esercizio
Si consideri la struttura isostatica della Figura 8.3. Si vuole calcolare lo spostamento verticale a metà
dell’asta (2). Le travi hanno lunghezza b e rigidezza flessionale EJ. L’incasro A subisce un cedimento δ
verso il basso. Il carrello in C è appoggiato su di una molla di rigidezza lineare k. La trave (1) è soggetta
alla variazione termica indicata, che corrisponde a:
∆T ∆T
ηT = α , χT = −α
2 H
dove H è l’altezza della trave supposta a sezione rettangolare. La curvatura termica è negativa perché
tende le fibre di sinistra, mentre il momento è positivo se tende quelle di destra.
v1 (0) = 0
v10 (0) = 0
u1 (0) = −δ
8.3. SISTEMI DI TRAVI. OSSERVAZIONI E CONVENZIONI. 117
La cerniera in B impone che gli spostamenti delle due travi siano continui in B. Lo spostamento v2 (b) è
legato all’allungamento della trave (1), ovvero:
v2 (b) = u1 (b)
u2 (b) = v1 (b)
Lo spostamento verticale in C è legato alla deformazione della molla. Se la molla deve esercitare una
forza verso l’alto pari a VC sulla trave (2), allora deve essere compressa di modo che lo spostamento del
suo estremo sia:
VC
v2 (0) = −
k
Il momento è nullo sull’asta (1), mentre:
qb q
M2 (s) = s − s2
2 2
Si ha dunque:
u01 (s) = ηT
v100 (s) = χT
u02 (s) = 0
1 1 2 qb
v200 (s) = − qs + s
EJ 2 2
Integrando si ottiene:
u1 (s) = ηT s + C1
1
v1 (s) = χT s2 + C2 s + C3
2
u2 (s) = C4
1 1 4 qb 3
v2 (s) = − qs + s + C5 s + C6
EJ 24 12
Le condizioni in A impongono:
C1 = −δ, C2 = C3 = 0
Dal vincolo in C:
qb
C6 = −
2k
Infine, per i vincoli in B:
q 1 δ
C5 = − qb3 − + ηT
2k 24 b
Terminati i calcoli lo spostamento in mezzeria viene valutato come v2 (b/2):
5 qb4 qb δ b
v2 (b/2) = − − − + ηT
384 EJ 4k 2 2
8.3.3 Esercizio
Si consideri la struttura della Figura 8.4, priva di deformazioni termiche. Essa è iperstatica una volta. Se
infatti la molla torsionale viene sostituita con le coppie di modulo ±Y qb2 che questa esercita, le equazioni
cardinali della statica sono sufficienti a calcolare le reazioni vincolari, e quindi anche la forza che la
molla lineare in B deve esercitare sul carrello per mantenere l’equilibrio. Ai fini del calcolo delle reazioni
vincolari della struttura resa isostatica, la molla in B può essere sostituita con un vincolo fisso.
118 CAPITOLO 8. METODO DELLA LINEA ELASTICA
Dalla cerniera in D:
u2 (b) = v3 (0), v2 (b) = −u3 (0)
mentre la molla in D lega le pendenze delle due aste:
Y qb2
v30 (0) − v20 (b) =
kD
come verrà spiegato nel seguito. Infine in B
VB 2qb
v3 (b) = 0 u3 (b) = =
kB kB
Infatti lo spostamento u3 (b) è legato all’accorciamento della molla dato da VB /kB
8.3. SISTEMI DI TRAVI. OSSERVAZIONI E CONVENZIONI. 119
Nella molla torsionale in D, se vengono applicate sulle travi due coppie Y qb2 , le travi ruotano relati-
vamente tra loro di un angolo dato da Y /kD . Il comportamento della molla torsionale è spiegato nella
Figura 8.5. Si immagini di “aprire” le aste (2) e (3) come indicato in Figura (ad esempio applicando
opportune coppie agli estremi). L’angolo retto compreso tra le aste aumenta della quantià v30 (0) − v20 (b)
positiva. La molla torsionale reagisce applicando le forze del disegno in mezzo, che corrispondono alle
coppie di destra. Tali coppie tendono le fibre interne delle aste e sono quindi positive.
Poiché (1) e (2) hanno deformazione assiale nulla le relazioni sopra scritte impongono v3 (0) = 0. Poiché
(3) ha deformazione assiale nulla v2 (b) = −u3 (0) = −u3 (b). Gli spostamenti assiali nelle prime due aste
sono invece nulli.
Il calcolo dei momenti permette di scrivere:
00 2 Y
2EJv1 (s) = 2qb 1 +
2
EJv200 (s) = qb2 (2 + Y ) − 2qbs
EJv300 (s) = Y qb2 − (Y + 1)qbs + qs2
qb2
Y
EJv1 (s) = 1+ s2 + C1 s + C2
2 2
qb2 1
EJv2 (s) = (2 + Y )s2 − qbs3 + C3 s + C4
2 3
1 4 1 1
EJv3 (s) = qs − (Y + 1)qbs3 + qb2 Y s2 + C5 s + C6
12 6 2
Le condizioni al contorno, filtrati gli spostamenti assiali, diventano:
v1 (0) = 0
qb3
v10 (0) =
EJ
v10 (b) = v20 (0)
v3 (0) = 0
v3 (b) = 0
2qb
v2 (b) = −
kB
Y qb2
v30 (0) − v20 (b) =
kD
120 CAPITOLO 8. METODO DELLA LINEA ELASTICA
Risulta:
7 13 3 49 4 11 3
C1 = qb3 , C2 = 0, Y =− C3 = qb , C4 = − qb , C5 = qb C6 = 0
5 10 15 20
Si capisce dunque che, una volta scritte tutte le condizioni al contorno, queste devono essere espresse
in funzione degli spostamenti trasversali vi , sfruttando l’inestensibilità assiale delle aste (o comunque la
conoscenza di ηT ). Questa procedura può risultare eccessivamente lunga. Con l’esercizio risulta spesso
possibile scrivere le condizioni direttamente sugli spostamenti trasversali, senza nemmeno introdurre gli
spostamenti assiali ui .
8.3.4 Esercizio
Si consideri la struttura della Figura 8.6. Scrivere le condizioni al contorno in forma sintetica.
L’incastro in C impone:
v20 (L) = v30 (0)
La cerniera in D impone:
v3 (L) = 0
v2 (L) = 0
Le aste (1) e (2) devono avere uguale spostamento in direzione ortogonale al pattino. Gli spostamenti
dell’asta (1) in L sono (nel suo sistema di riferimento) εAB L e v1 (L); Gli spostamenti dell’asta (2) in 0
sono (nel suo sistema di riferimento) −v3 (0) e v2 (0). Quindi:
8.3.5 Esercizio
Si consideri la struttura della Figura 8.7 assoggettata a carichi qualunque. Scrivere le condizioni al
contorno in forma sintetica.
Le condizioni sulle pendenze sono:
v10 (0) = 0
v10 (L) = v20 (0)
v20 (L) = v30 (0)
v30 (L) = 0
Si consideri infatti la Figura 8.8 dove sono stati indicati i vari spostamenti. Il vincolo in A impone u1 (0) =
−v1 (0). L’inestensibilità dell’asta (1) impone: u1 (0) = u1 (L). Il vincolo in B impone u1 (L) = v2 (0), da
cui v2 (0) = −v1 (0). Procedendo in maniera simile si dimostrano le altre due condizioni.
Capitolo 9
9.1 Introduzione
Si vuole introdurre il Metodo dei Lavori Virtuali dapprima per una singola trave ad asse rettilineo. Si
suppone che la trave rispetti tutte le ipotesi introdotte nel Capitolo 7, dove si è già imparato a calcolare
la soluzione di una trave deformabile soggetta a vincoli e carichi assegnati. Si consideri ad esempio la
trave isostatica della Figura 9.3 di sinistra, assoggettata al carico distribuito q. Nella struttura deformata
si ha una distribuzione di azioni interne M, N, T e un campo di spostamento definito dalle funzioni u, v
e ϕ. Queste quantità sono soluzione del problema assegnato (detto problema reale).
Il Metodo dei Lavori Virtuali permette di avere informazioni puntuali sulla soluzione e/o di calcolare
le incognite iperstatiche seguendo una strada alternativa. Si cercherà ad esempio di calcolare col PLV
la deflessione dell’estremo di destra della trave stessa. Per rispondere alla domanda posta si dovrà
introdurre una struttura fittizia (a destra nella Figura 9.3) che è assoggettata a carichi fittizi. Tali strutture
fittizie vengono utilizzate per generare opportuni campi statici staticamente ammissibili, necessari per
l’applicazione del metodo. Le reazioni vincolari e le azioni interne delle strutture fittizie verranno indicate
con un asterisco per sottolineare che non sono quelle reali.
Per la struttura di Figura 9.3 sono SA, ad esempio, le due situazioni della Figura 9.1, la prima con:
? ? ?
N (x) = 0 T (x) = 0 M (x) = P L
123
124 CAPITOLO 9. METODO DEI LAVORI VIRTUALI
e la seconda con:
? ? ?
N (x) = 0 T (x) = P M (x) = −P L + P x
Osservazione. La struttura fittizia sarà sempre identica geometricamente alla struttura reale (lunghez-
za delle aste, caratteristiche della sezione, etc.) La definizione di quantità SA non introduce però alcun
riferimento alle condizioni imposte dai vincoli nella struttura reale. Si consideri il caso della Figura 9.5
che verrà utilizzato per esemplificare il calcolo delle reazioni iperstatiche. Le azioni appena calcolate sulla
Figura 9.1 sono ancora SA. È però evidente che la prima, anche se SA, non è compatibile con i vincoli
reali, in quanto il carrello non può applicare una coppia.
Osservazione. Si vuole sottolineare che, dato un problema reale, le azioni interne soluzione del pro-
blema sono certamente staticamente ammissibili con i carichi reali assegnati.
viene detto cinematicamente ammissibile con le deformazioni generalizzate η̂, t̂, χ̂ se ŝ(x) è sufficientemente
continuo e se:
η̂ = û0 (x) t̂ = v̂ 0 (x) − ϕ̂(x) χ̂ = ϕ̂0 (x)
Il vettore ŝ(x) ha la stessa forma del campo di spostamento reale (7.1). Il vettore ŝ definisce l’insieme
degli spostamenti ammissibile per una trave, all’interno del quale si trova senz’altro anche la soluzione s
del problema considerato (la trave con i carichi assegnati); ŝ non si riduce però alla soluzione del problema
posto.
Le deformazioni associate sono:
Osservazione. In particolare, dato un problema reale, gli spostamenti e le deformazioni soluzione del
problema sono certamente tra loro cinematicamente ammissibili.
9.1. INTRODUZIONE 125
che è valido per una qualunque scelta dei campi cinematicamente ammissibili e dei campi staticamente
ammissibili in un solido 3D.
Si impone ora questa equazione limitandosi a considerare campi ammissibili della forma assunta per le
travi nei paragrafi precedenti.
Si comincia ad analizzare il termine di lavoro interno:
Z Z
? ? ?
σ : ε̂ dV = σ xx (û0 (x) − ϕ̂0 (x)y) + σ xy (v̂ 0 (x) − ϕ̂(x)) dV
V V
Z L ? ? ?
= N (x)û0 (x) + M (x)ϕ̂0 (x) − T (x)(v̂ 0 (x) − ϕ̂(x)) dx
0
Infine, se si assume che le forze di superficie siano applicate solo sugli estremi della trave, con procedimento
analogo:
Z ? ? ? ? ? ? ?
f · ŝ dA = H 0 û(0) + V 0 v̂(0) + W 0 ϕ̂(0) + H L û(L) + V L v̂(L) + W L ϕ̂(L)
S
Osservazione. Si presenta, per completezza, una dimostrazione di eq.(9.11) diretta, che permette di
non passare attraverso l’equazione del PLV per mezzi continui 3D. Dimostriamo cioè che i termini di
destra nella eq.(9.11) sono effettivamente identici ai termini di sinistra. Grazie alle 7.14:
Z Lh ? i
N (x) ? T (x) ? M (x)
N (x) + ηT + T (x) + M (x) + χT dx (9.12)
0 EA µA? EJ
Z Lh ? ? ? i
= N (x)u0 (x) − T (x) (v 0 (x) − ϕ(x)) + M (x)ϕ0 (x) dx
0
L
? ? ?
= N (x)u(x) − T (x)v(x) + M (x)ϕ(x) −
0
Z Lh ? ? ? ? i
N 0 (x)u(x) − T 0 (x)v(x) − (M 0 (x) − T (x))ϕ(x) dx
0
dove alcuni termini sono stati integrati per parti. Poiché le quantità statiche sono ammissibili, valgono
le equazioni indefinite di equilibrio e l’ultimo termine integrale si annulla. Inoltre, grazie alle eq.(9.4):
h? ? ? iL
N (x)u(x) − T (x)v(x) + M (x)ϕ(x) =
0
? ? ? ? ? ?
H 0 u(0) + V 0 v(0) + W 0 ϕ(0) + H L u(L) + V L v(L) + W L ϕ(L)
Per M è necessario invece introdurre una ulteriore specifica, indicando un lato privilegiato dell’asta. Se
nel disegno la freccia che designa l’origine dell’ascissa s viene disegnata da un lato della trave, i momenti
verranno assunti positivi se tendono le fibre dello stesso lato.
Le curvature termiche saranno positive se tendono le stesse fibre.
Gli spostamenti u, v dei punti della trave e le forze concentrate vengono invece considerati positivi o
negativi in riferimento al sistema di riferimento globale x, y. Le rotazioni e le coppie sono invece positive
se antiorarie.
A tale scopo si fissa l’origine del sistema locale a sinistra, per cui:
1 2 1
M (s) = qL − qLs + qs2 , T (s) = −qL + qs N (s) = 0
2 2
Poiché l’estremo di sinistra della trave è incastrato si ha:
Z Lh ? i
? M (s)
N (s)ηT + M (s) + χT ds = (9.14)
0 EJ
? ? ? ? ? ?
+ H 0 û(0) + V 0 v(0) + W 0 ϕ(0) + H L u(L) + V L v(L) + W L ϕ(L)
v(0) = δ, ϕ(0) = θ
Intuitivamente, se non fossero presenti altre azioni esterne, la linea media della trave subirebbe lo
spostamento rigido:
v(s) = δ + θs
e quindi la freccia all’estremità sarebbe δ + θL. Poichè il problema è lineare, se venisse poi applicato
il carico distribuito q, si avrebbe il contributo aggiuntivo calcolato nel paragrafo precedente, per cui la
freccia globale sarebbe:
1 P L3
v(L) = + δ + θL
8 EJ
Si vuole adesso ottenere lo stesso risultato direttamente dal PLV utilizzando la struttura fittizia a destra
nella Figura 9.3. La presenza dei cedimenti vincolari non può alterare il lavoro interno (che rimane pari
al primo termine di eq.(9.13)), ma solo quello esterno. In questo caso:
? ?
L̂e = P v(L) + v(0)V 0 + ϕ(0)W 0
ma:
? ?
V 0 = −P W 0 = −P L
da cui si ottiene il risultato cercato.
Si supponga ora che venga imposta solo una curvatura termica χT (nessun carico distribuito o cedimento)
che allunga le fibre superiori ed accorcia le fibre inferiori ed ha valore assoluto χ. Poiché il momento e
la curvatura sono positivi (per come è stato scelto il riferimento di s) se tendono le fibre inferiori, allora
χT = −χ. Il termine di lavoro interno diventa dunque:
Z L ?
1
L̂i = − M (s)χds = − P L2 χ
0 2
mentre:
L̂e = P v(L)
e dunque:
1
v(L) = − L2 χ
2
cioè, come atteso, una curvatura termica costante induce una deformata parabolica con tangente nulla
nell’incastro.
9.2. IL METODO DEI LAVORI VIRTUALI PER TRAVI SNELLE 129
Figura 9.5: Calcolo di strutture iperstatiche: struttura iniziale (sinistra) e struttura ridotta ad isostatica
(destra)
Si immagini di rompere il carrello a destra e di sostituirlo con la sua reazione incognita Y P , dove Y è
un numero puro. Utilizzando le tecniche appena illustrate è possibile calcolare lo spostamento verticale
dell’estremo di destra sotto l’effetto del carico distribuito e della reazione del carrello. In realtà però
130 CAPITOLO 9. METODO DEI LAVORI VIRTUALI
questo spostamento è impedito dalla presenza del carrello: quindi l’unico valore ammissibile di Y è quello
che garantisce l’annullamento dello spostamento verticale.
La struttura fittizia è la stessa che nell’esempio della Figura 9.3.
Il lavoro virtuale esterno è dunque:
L̂e = v(0)P = 0
Poichè:
1 2 ?
M (s) = qs + Y P s M (s) = P s
2
il lavoro virtuale interno è:
L ?
1 P 2 L3 1 P 2 L3
Z
M (s)
L̂i = M (s) ds = + Y
0 EJ 8 EJ 3 EJ
da cui:
3
Y =−
8
Osservazione. Prima di concludere si osservi che il momento della struttura reale può essere espresso
come:
M (s) = M0 (s) + Y MY (s)
con
1 2
M0 (s) = qs MY (s) = P s
2
dove M0 (s) è il momento dovuto solo ai carichi attivi (ottenuto ponendo Y = 0), mentre MY (s) è il
momento dovuto alla sola iperstatica con Y = 1 (eliminando i carichi attivi). Si osservi che MY (s) =
?
M (s)! Si rifletta sul fatto che questa non è una coincidenza, ma è una condizione necessariamente
verificata.
In tal caso il PLV viene utilizzato nel modo seguente: si calcola, con il PLV, la rotazione dell’estremo
a sinistra per effetto del carico e della coppia incognita, utilizzando una struttura fittizia caricata con
una coppia pari a P L sull’estremo di sinistra. Tale rotazione deve essere nulla per effetto della presenza
dell’incastro e questa condizione permette di calcolare Y .
Se l’origine del sistema è sempre a destra:
1 1 ?
M (s) = −Y P s − P s + qs2 M (s) = −P s
2 2
9.2. IL METODO DEI LAVORI VIRTUALI PER TRAVI SNELLE 131
Scelta del sistema fittizio. La scelta del sistema fittizio deve essere fatta in modo da non fare
intervenire ulteriori incognite nel problema. In questo caso, ad esempio, una trave caricata con due
coppie uguali ed opposte alle estremità sarebbe un possibile sistema fittizio. La coppia a destra però
lavorerebbe per la rotazione ϕ(0) che è incognita. Una tecnica per scegliere opportunamente il sistema
fittizio è la seguente: si considera la struttura ridotta a isostatica, la si carica con un’iperstatica unitaria e
si impone l’equilibrio della trave utilizzando le tecniche classiche per il calcolo delle reazioni vincolari. Tali
reazioni, insieme all’iperstatica unitaria, rappresentano un opportuno insieme dei carichi fittizi applicati
alla trave.
La molla lineare è un oggetto che, se tirato/compresso con una forza F , si allunga/accorcia di F/k, dove
k è la rigidezza della molla.
Il problema viene risolto in maniera simile alla trave iperstatica appena analizzata. Si immagini di
staccare la molla e di mettere in evidenza la forza Y P incognita da essa esercitata verso l’alto sulla trave
(come nella Figura 9.5 a destra).
Allora la trave, per azione e reazione, esercita una forza verso il basso sulla molla pari a Y P . La molla
quindi si accorcia di Y P/k ed il suo punto superiore si sposta verso il basso di Y P/k. Quindi:
YP
v(0) = −
k
Ovviamente il segno di Y indicherà a posteriori se si tratta veramente di spostamento verso il basso o
verso l’alto.
Il termine di lavoro interno resta identico all’esempio precedente. Solo il lavoro esterno cambia:
Y P2
L̂e = v(0)P = −
k
132 CAPITOLO 9. METODO DEI LAVORI VIRTUALI
da cui, se k = (1/α)EJ/L3 ,
3 1
Y =−
8 1 + 3α
Se α → 0 (molla molto rigida) si riottiene il risultato del carrello, mentre α → ∞ (molla molto cedevole)
la forza è nulla, come atteso.
Metodo dei lavori virtuali. Avendo definito le quantità staticamente ammissibili, ad ogni trave si
applica ora il PLV nella forma vista nei paragrafi precedenti:
(k)
L̂i = L̂(k)
e ∀k
Conviene però scrivere la eq.(9.14) esprimendo i termini di lavoro esterno in un riferimento globale,
indicando con sx ed sy gli spostamenti orizzontali e verticali, e con Fx e Fy le forze orizzontali e verticali:
Lk h ?
M (k) (s)
Z i
?
(k) (k) (k) (k)
N (s)ηT +M (s) + χT ds = (9.15)
0 EJ (k)
? ? ? ? ? ?
(k) (k) (k) (k) (k) (k)
+ F 0x s(k) (k)
x (0) + F 0y sy (0) + W 0 ϕ
(k)
(0) + F Lx s(k) (k)
x (L) + F Ly sy (L) + W L ϕ
(k)
(L)
(k)
L’espressione di L̂e per una singola asta a priori contiene invece il lavoro di tutte le reazioni vincolari
esercitate alla sue due estremità, secondo la eq.(9.15). Queste possono essere reazioni interne o esterne.
(k)
In generale è però possibile mostrare che, nella somma di tutti i L̂e , i contributi delle reazioni vincolari
interne si cancellano. Senza voler presentare una dimostrazione generale si consideri come esempio il
nodo B della Figura 9.8. Gli spostamenti reali sx , sy e la rotazione ϕ sono gli stessi sulle tra aste, per
9.2. IL METODO DEI LAVORI VIRTUALI PER TRAVI SNELLE 133
effetto dell’incastro. La somma dei nove termini di lavoro esterno associati agli estremi delle tre aste in
B fornisce dunque:
? ? ? ? ? ? ? ? ?
(1) (2) (3) (1) (2) (3) (1) (2) (3)
F Bx + F Bx + F Bx sx (B) + F By + F By + F By sy (B) + W B + W B + W B ϕ(B)
Le tre parentesi sono peò nulle, perchè il nodo B della struttura fittizia è in equilibrio.
Nel termine L̂e può dunque rimanere solo il contributo delle reazioni vincolari esterne fittizie e delle azioni
attive concentrate fittizie. Queste ultime sono le forze e coppie con cui si carica la struttura fittizia al
fine di calcolare gli spostamenti/rotazioni richieste. Nel caso di vincoli cedevoli (ad esempio molle), le
reazioni vincolari esterne fittizie lavorano per effetto del cedimento del vincolo stesso e forniscono quindi
un contributo al lavoro esterno. Nel caso invece di vincoli perfetti, tali reazioni vincolari non forniscono
alcun contributo.
9.2.7 Esercizio
Calcolare le azioni interne nella struttura. Tutte le aste hanno lunghezza b. La molla in D ha costante
elastica k = 4EJ/b3 .
Le aste EF ed F G sono appendice isostatica e le equazioni cardinali della statica sono sufficienti per
calcolare la reazione VG = 3qb e le azioni trasmesse dall’appendice all’asta CE in E:
3
WEF = qb2
2
È conveniente ridursi a studiare la struttura della Figura 9.9 che è iperstatica. La reazione del carrello
in A viene scelta come incognita iperstatica Y qb.
La struttura fittizia, per quanto detto nel paragrafo precedente, è in tutto identica alla struttura declassata
a isostatica e viene caricata con una forza verticale in A pari a qb (come illustrato nella Figura 9.10).
Tale forza lavora per lo spostamento reale sy (A) che si vuole imporre nullo.
Sfruttando gli esercizi precedenti si sa a priori che il momento reale ammette la forma:
?
M (s) = M0 (s) + Y MY (s) = M0 (s) + Y M (s)
?
dove M0 (s) è il momento dovuto ai soli carichi attivi senza iperstatica e MY (s) = M (s) è il momento
dovuto alla sola iperstatica (di valore unitario) senza carichi attivi. Semplici calcoli permettono di ottenere
i vari contributi:
(BC) 5
M0 = qbs (9.16)
2
(EC) 3
M0 = qb2 + qs2 (9.17)
2
134 CAPITOLO 9. METODO DEI LAVORI VIRTUALI
Figura 9.11: Struttura “0”, ovvero struttura reale declassata soggetta a tutti i carichi attivi tranne
l’iperstatica: definisce M0
(AB)
MY = qbs (9.18)
(BC)
MY = qb(b − s) (9.19)
Si osservi che, in questa fase di calcolo delle reazioni vincolari nella struttura resa isostatica, la molla
può essere considerata rigida. In effetti la molla, per garantire l’equilibrio della struttura, deve fornire
la reazione prevista dalle equazioni cardinali della statica. Per farlo essa si deforma, ma lo spostamento
totale è infinitesimo per ipotesi e può essere trascurato (ma solo per il calcolo delle reazioni vincolari -
azioni interne!)
Il lavoro virtuale interno è:
q 2 b2 b q 2 b2 b q 2 b5 2
Z Z
5 5 5
L̂i = sY sds + (b − s)( s + Y (b − s))ds = Y + −
EJ 0 EJ 0 2 EJ 3 4 6
Nel lavoro esterno appare solo il contributo della molla. Infatti lo spostamento sy (A) è nullo nella struttura
?
reale, cosı̀ come sy (C). Il lavoro della molla è V D sy (D) = −2qbsy (D), dove sy (D) è lo spostamento reale
in D:
VD qb 5
sy (D) = − =− − 2Y
k k 2
La reazione VD è data dalla somma del contributo (Figura 9.11) dovuto ai soli carichi esterni senza
?
l’iperstatica e del contributo (Figura 9.12) dovuto alla sola iperstatica. La reazione V D è la reazione
136 CAPITOLO 9. METODO DEI LAVORI VIRTUALI
2q 2 b2 q 2 b5
5 5
L̂e = − 2Y = −Y
k 2 EJ 4
?
Il lavoro della molla è V D vD = qbvD , dove vD è lo spostamento reale in D:
3 q 2 b5
L̂e = ϕE qb2 −
8 EJ
Si ottiene:
25 qb3
ϕE =
8 EJ
9.2.9 Esercizio
Si consideri la struttura della Figura 9.16, due volte iperstatica. Tutte le aste hanno lunghezza b e
k = αEJ/b3 . Si sceglie di declassarla come indicato nella Figura 9.17.
Per la struttura zero solo la reazione del carrello in B è non nulla e vale P . In particolare M0 = 0
dovunque. Per le altre strutture delle Figure 9.18-9.19:
(AB)
MZ = Ps (9.20)
(BC)
MZ = P (b − s) (9.21)
(BC)
MY = Ps (9.22)
(CD)
MY = P (b − s) (9.23)
138 CAPITOLO 9. METODO DEI LAVORI VIRTUALI
9.2.10 Esercizio
Si consideri la struttura della Figura 9.20, una volta iperstatica. Tutte le aste hanno lunghezza b e
kG = 2EJ/b3 .
Si noti che i vincoli a terra sono solo tre, per cui le equazioni cardinali della statica sono sufficienti a
calcolare le reazioni vincolari. Si ottiene infatti:
21
HA = −4F, WA = F b, VG = −4F
2
Non è possibile dunque declassare un vincolo a terra. L’iperstaticità è nel circolo chiuso CBED.
Si sceglie di declassarlo come indicato nella Figura 9.21. Ora il circolo CBED è isostatico e tutta la
struttura si comporta come un unico corpo rigido.
Per la struttura di servizio il momento risulta non nullo solo su tre aste:
(DC)
MY = Fs (9.24)
(BC)
MY = Fb (9.25)
(EB)
MY = Fs (9.26)
Di conseguenza si calcolano i momento nella struttura zero solo nelle medesime aste:
(DC)
M0 = 6F b
(BC) 21 1
M0 = F b − 4F s − qs2
2 2
(EB)
M0 =0
140 CAPITOLO 9. METODO DEI LAVORI VIRTUALI
9.2.11 Esercizio
Si consideri la struttura della Figura 9.24, una volta iperstatica. Tutte le aste hanno lunghezza b e kD =
3EJ/b3 . Inoltre viene imposta una deformazione termica assiale sull’asta BC di valore εBC = 2b2 F/(EJ).
Dimostrare per esercizio che la forza esercitata dal carrello E sulla trave vale FE = (18/7)F verso sinistra.
9.2. IL METODO DEI LAVORI VIRTUALI PER TRAVI SNELLE 141
Se si sceglie l’iperstatica Y F direttamente la forza del carrello in E verso sinistra, le strutture zero e di
servizio sono risolte in Figura 9.25.
Il termine di lavoro esterno è:
1 3
L̂e = − Y − F2
kD 2
La deformazione termica assiale fornisce un contributo al lavoro interno pari a:
Z b ?
N εBC ds = −2F b εBC
0
9.2.12 Esercizio
Si consideri la struttura della Figura 9.26. In B e D vi sono due cerniere con associate molle torsionali
di costante k = EJ/b. La rigidezza flessionale delle travi AB, BC, CD e DE è pari a 2EJ, mentre le
rimanti aste hanno rigidezza EJ. Dimostrare per esercizio che la molla in D trasmette all’asta DG una
142 CAPITOLO 9. METODO DEI LAVORI VIRTUALI
coppia antioraria pari a (8/11)qb2 . Ogni molla torsionale contribuisce al lavoro esterno con il termine
−Y q 2 b4 /k. Quindi...
Si consideri un generico sistema di aste. Le travi rispettano le ipotesi fatte nel Capitoli precedente sul
PLV: in particolare si assume che il comportamento sia lineare elastico. Si ipotizza inoltre assenza di
cedimenti vincolari e dilatazioni termiche.
Si ipotizza che vi siano solo forze generalizzate P concentrate (forze o coppie) esclusivamente al fine di
semplificare la trattazione.
145
146 CAPITOLO 10. CENNI AI TEOREMI ENERGETICI
P I · sI = PI uI · sI = PI sI
Si sottolinea che PI può indicare in senso generalizzato una forza o una coppia e quindi lo spostamento
associato sI indica uno spostamento lineare o una rotazione, rispettivamente.
Le applicazioni del PLV affrontate nei capitoli precedenti indicano che lo spostamento sI dipende linear-
mente dai moduli PJ dei carichi applicati. Se ad esempio si vuole calcolare lo spostamento s2 dovuto al
solo carico P 3 , si utilizza una struttura fittizia con un carico applicato in x2 e avente direzione u2 ed il
PLV permette di calcolare il coefficiente α23 tale che:
s2 = α23 P3
Generalizzando questa osservazione ed ipotizzando che vi siano N carichi concentrati, si può certamente
scrivere, per la linearità (sovrapposizione effetti):
N
X
sI = αIJ PJ
J =1
dove i coefficienti αIJ vengono detti coefficienti di influenza e dipendono solo dalla geometria della
struttura e dalle proprietà elastiche (ma non dall’intensità dei carichi applicati).
Si considerino adesso due carichi concentrati P 1 e P 2 . Quindi α12 è lo spostamento del punto di applica-
zione del carico 1 in direzione del carico 1 stesso per effetto dell’applicazione carico 2 e α21 lo spostamento
del punto di applicazione del carico 2 in direzione del carico 2 stesso per effetto dell’applicazione carico
1. Allora, in virtù del teorema di Betti, α12 = α21 .
Il teorema di Maxwell afferma dunque che:
Esercizio
Trave incastrata con forza P applicata all’estremo. Calcolare con il PLV la rotazione dell’estremo. Poi
considerare la stessa trave incastrata con coppia C applicata all’estremo. Con il teorema di Maxwell
calcolare la deflessione dell’estremo.
PI (t) = β(t)PI (T )
10.4. TEOREMA DI CASTIGLIANO 147
dove 0 ≤ β(t) ≤ 1 è un coefficiente indipendente dal carico e funzione solo del tempo. Allora anche gli
spostamenti dei punti di applicazione dei carichi sono proporzionali tramite β al valore finale:
sI (t) = β(t)sI (T )
e quindi
Z T Z 1
X X 1X
Ω= PI (T )sI (T ) β β̇ dt = PI (T )sI (T ) β dβ = PI (T )sI (T )
0 0 2
che rappresenta il teorema Clapeyron:
Teorema 5 L’energia elastica immagazzinata in un sistema di travi a cui vengono applicati i carichi P I
è pari alla metà del lavoro esterno compiuto dai carichi sullo spostamento prodotto dai carichi stessi
In particolare, per il PLV:
N2 T2 M2
Z Z
1 1
Ω= (N η − T t + M χ) dx = + ?
+ dx
2 2 EA µA EJ
da cui:
N N
∂Ω 1 ∂ X X
= PI αIJ PJ
∂PK 2 ∂PK
I=1 J=1
che conduce alla formula:
N
∂Ω X
= αKH PH = sK
∂PK
H=1
nota come teorema di Castigliano:
Teorema 6 La derivata dell’energia di deformazione elastica rispetto all’intensità di un carico concen-
trato è pari allo spostamento del punto di applicazione del carico stesso in direzione del carico.
Esercizio. Si calcoli la freccia di una trave incastrata a sinistra e soggetta ad un carico P applicato
all’estremità di destra.
Seguendo l’esperienza accumulata con il PLV, il termine preponderante in Ω è certamente quello fles-
sionale. Se M 6= 0 gli altri termini possono essere trascurati con ottima approssimazione per travi
snelle:
1 L M2 1 P 2 L3
Z
Ω= dx =
2 0 EJ 6 EJ
da cui:
∂Ω 1 P L3
f= =
∂P 3 EJ
Esercizio. Calcolo della freccia di una trave incastrata soggetta ad un carico distribuito q. Per applicare
il teorema si introduce una forza P fittizia sull’estremità, si calcola Ω, la si deriva rispetto a P e poi si
pone P = 0.
Z L
1 1 1 1 2 5 1 2 3 1
Ω= ( qx2 + P x)2 dx = q L + P L + qP L4
2EJ 0 2 2EJ 10 3 4
da cui:
∂Ω 1 qL4
f= =
∂P P =0 8 EJ
148 CAPITOLO 10. CENNI AI TEOREMI ENERGETICI
Esercizio Calcolare l’incognita iperstatica in una trave di lunghezza L con vincoli incastro-carrello
soggetta ad un carico distribuito q. Si indichi con Y qL l’iperstatica associata al carrello.
Z L
1 1
Ω= ( qx2 + Y qLx)2 dx
2EJ 0 2
Z L
∂Ω qL 1
0= = x( qx2 + Y qLx)dx
∂Y EJ 0 2
che coincide con il PLV a suo tempo usato e quindi:
3
Y =−
8
Capitolo 11
Sino ad ora l’equilibrio è stato imposto nella configurazione indeformata. Si consideri la struttura della
Figura 11.1. Se analizzata con le tecniche usuali la deflessione v(x) risulta nulla.
L’esperienza comune però insegna che trave snella compressa si instabilizza e trova equilibrio in configu-
razione non rettilinea.
Ammettiamo la validità di questa osservazione e ricerchiamo soluzioni deformate. con deflessione ancora
infinitesima.
Le condizioni necessarie di equilibrio applicate a tutta la struttura permettono il calcolo delle reazioni a
terra della cerniera.
Figura 11.2: Condizioni necessarie di equilibrio per la trave intera e per una porzione di trave
M (x) = −P v(x)
149
150 CAPITOLO 11. CENNI A PROBLEMI DI INSTABILITÀ
αL = kπ
π 2 EJ
P = k2
L2
il problema ammette soluzione sinusoidale di ampiezza arbitraria che si chiama deformata critica. La
trave cede per instabilità a flessione.
Se alla trave si applica un carico crescente, il primo valore di carico critico euleriano è:
π 2 EJm
Pc =
L2
dove Jm è il minimo modulo di inerzia della sezione della trave. Prima di arrivare a questo valore di P
la trave rimane rettilinea.
11.1. ESTENSIONI 151
11.1 Estensioni
Si potrebbe ripetere lo stesso procedimento per altre condizioni di vincolo come quelle della Figura 11.3.
In questi casi si può applicare però una regola pratica molto semplice. Si consideri la deformata critica
per i vincoli specifici analizzati e la sua estensione oltre il piano dei vincoli.
In questi casi, detta L0 la distanza tra flessi successivi nella deformata critica (eventualmente dopo
l’aggiunta di strutture riflesse, vale la semplice formula:
π 2 EJm
Pc =
L20
P 2
σ= = 125 N/mm ≤ σ0
A
dove A = πR2 e σ0 è un valore determinato sperimentalmente che per acciai standard vale circa
420 N/mm2 .
Se il carico è di compressione l’instabilità critica è il fenomeno più gravoso. Infatti, in questo caso
J = πR4 /4 e lo sforzo medio σ dovrebbe essere inferiore allo sforzo medio critico σc = Pc /A, con:
2
σc ' 13 N/mm
11.3 Esercizio
Si consideri un’asta incernierata con carico di compressione P e molla torsionale con costante elastica K
(Figura 11.5). Studiare le configurazioni di equilibrio deformate.
Si impone l’equilibrio alla rotazione scrivendo l’equazione del momento rispetto alla cerniera in configu-
razione deformata:
Kϑ = P L sin ϑ
Questa equazione ammette sempre soluzione ϑ = 0. Se P ≥ K/L allora esiste anche un’altra soluzione.
152 CAPITOLO 11. CENNI A PROBLEMI DI INSTABILITÀ
ϑ3 ϑ5
Kϑ = P L ϑ − + + ···
6 120
A.1 Vettori
Si fissa l’attenzione sul caso semplice di spazi euclidei V con basi ortonormali:
e1 , e2 , e3 , con ei · ej = δij
A.1.1 Vettore
Un vettore u di V è una combinazione lineare dei vettori della base:
u = ui ei
Si utilizza la convenzione degli indici saturati: se un indice (in questo caso l’indice i) compare due volte,
allora si intende implicitamente la somma sull’indice stesso:
3
X
ui ei := ui ei
i=1
Liste e vettori
Un vettore è un’entità intrinseca che non dipende dal sistema di riferimento prescelto, al contrario delle
componenti ui . Si noti che è quindi improprio dire che un vettore coincide con le sue componenti, anche
se tale pratica è spesso in uso corrente. Infatti spesso si indica un vettore a con la lista colonna {a} delle
sue componenti:
a1
{a} = a2 (A.1)
a3
Si tratta di una notazione molto intuitiva e che quindi verrà spesso adottata nel testo per “spiegare” alcuni
passaggi. La notazione a viene detta intrinseca, la notazione ai indiciale, la notazione {a} notazione a
liste.
153
154 APPENDICE A. RICHIAMI SU VETTORI E TENSORI
u · v = cos θkukkvk
dove θ é l’angolo compreso tra u e v nel piano definito dai vettori stessi. Inoltre:
Utilizzando la notazione con le liste, il prodotto scalare tra due vettori a e b può essere rappresentato con
un prodotto tra una lista riga ed una lista colonna (o brevemente, prodotto riga-colonna):
a · b = {a}T {b}
Il prodotto vettoriale di due vettori qualunque u, v ∈ R può essere espresso nella forma:
(c ⊗ d) · a = c(d · a)
(F · ej ) · ei (A.4)
I numeri Fij vengono detti componenti del tensore. Essi dipendono dalla base, mentre F è un’entità
intrinseca.
A.2. TENSORI DEL SECONDO ORDINE 155
Poiché F trasforma un vettore b in un altro vettore a, Fij dice quale sarà la componente in direzione i del
vettore a se il vettore b è pari ad un vettore della base ej . In definitiva Fij dice come vengono trasformati
i vettori della base prescelta.
Il generico tensore può essere espresso come una combinazione lineare delle diadi em ⊗ en :
F = αmn em ⊗ en ,
ed i coefficienti della combinazione lineare αmn coincidono con le componenti Fmn . Si è adottata la
convenzione degli indici saturati: m ed n si intendono sommati da 1 fino alla dimensione dello spazio V.
Si immagini infatti di calcolare le componenti di F secondo la eq.(A.4). Dapprima si applica F a ej :
ai = Fij bj
Infatti:
a = ai ei = F · b = (Fij ei ⊗ ej ) · (bm em ) = ei Fij bj
Come per i vettori, un tensore non deve essere confuso con le sue componenti in una data base. È
comunque pratica molto diffusa rappresentare i tensori del secondo ordine con matrici, implicitamente
specificando la base prescelta. Si userà quindi spesso la notazione [F ] per indicare il tensore F (la matrice
delle sue componenti). L’applicazione di F ad un vettore b si può quindi rappresentare usando il classico
prodotto matrice-vettore.
a = F · b ↔ {a} = [F ]{b}
a · (F · b) = a · (Fij bj ei ) = ai Fij bj .
a · F · b = {a}T [F ]{b}
F T = Fji ei ⊗ ej
[F T ] = [F ]T
156 APPENDICE A. RICHIAMI SU VETTORI E TENSORI
1l = ei ⊗ ei
e corrisponde alla matrice unità. Si noti che il tensore 1l può essere espresso usando i coefficienti δij :
1l = δij ei ⊗ ej
dove la notazione [C] indica la matrice dei coefficienti Cij e cosı̀ per [F ]. Si noti che, poichè:
vale:
Cmi Cmj = δij → [C]T [C] = [I]
cioé la matrice [C] è ortogonale.
Quali sono le componenti di F 0 nel base non ruotata? Si applica la definizione di componente di F :
e quindi
Fij0 = Cim Fmn Cjn → [F 0 ] = [C][F ][C]T
A.3. FORMULE ASSOCIATE AL TEOREMA DELLA DIVERGENZA, O DI GREEN 157
Si supponga poi di considerare un insieme di tre vettori aik ei , per k = 1, 2, 3. Il teorema della divergenza
applicato al k-esimo vettore fornisce:
Z Z
∂aik
dV = aik ni dS (A.7)
V ∂xi ∂V
B.1 Baricentro
Figura piana nel piano x, y. Momento statico rispetto all’asse x:
Z
Sx = ydS
A
Se una figura ha un piano o asse o punto di simmetria il suo baricentro appartiene a tale luogo.
B.1.1 Esercizio
Calcolare la posizione del baricentro delle strutture di Figura B.1.
159
160 APPENDICE B. GEOMETRIA DELLE AREE
Per il triangolo:
Z V Z H(1−y/V )
1 1
xG = x dS = H
A 0 0 3
Z V Z H(1−y/V )
1 1
yG = y dS = V
A 0 0 3
Per il semi-cerchio:
xG = 0
Z π Z R
2 4R
yG = (r sin θ)rdr dθ =
πR2 0 0 3π
B.1.3 Esercizio
Si consideri la sezione S di trave della Figura B.3. Le dimensioni sono assegnate in centimetri. Si immagini
di dividere la sezione in due rettangoli, come nella Figura B.4. Si indichino con S1 e S2 , rispettivamente,
i rettangoli superiore ed inferiore.
Calcolo area:
A = 16.2 × 27.5 + 36.3 × 15 = 445.5 + 544.5 = 990 cm2
Calcolo momenti statici:
Calcolo baricentro:
Sy Sx
xG = = 15.34 cm yG = = 17.06 cm
A A
S1 S2 S
(i)
A 445.5 544.5 990
(i)
xG 11.9 18.15 15.34
(i)
yG 28.75 7.5 17.06
Figura B.2: Riassunto delle principali caratteristiche geometriche dei rettangoli componenti
Si noti che Jx e Jy sono quantità sempre positive al contrario del momento misto Jxy che può avere un
segno arbitrario. Inoltre, se uno degli assi x, y e di simmetria per la figura, il momento misto è nullo.
Si definiscono raggi giratori d’inerzia gli scalari:
r r
Jx Jy
rx = ry =
A A
Si definisce infine momento d’inerzia polare lo scalare positivo:
Z
JP = (x2 + y 2 )dS
A
B.2.1 Esercizio
Calcolare i momenti d’inerzia per le sezioni della Figura B.5. L’origine del sistema di riferimento coincide
con il baricentro delle sezioni.
B.2.4 Esercizio
Si consideri ancora la sezione S di trave della Figura B.3. e si calcolino i momenti di inerzia rispetto ad
assi baricentrici p, r paralleli al sistema globale x, y usando le formule appena dedotte:
Si ha dunque:
Jn = C + R cos(2α + β)
Jnt = R sin(2α + β)
da cui appare evidente la somiglianza con i cerchi di Mohr tracciati per lo stato di sforzo.
Si consideri infatti il piano Jn , Jnt . Queste quantità hanno il ruolo di σ e τ per lo stato di sforzo piano.
Il luogo descritto da tutti i possibili punti Jn , Jnt al variare dell’angolo α è un cerchio che ha raggio R
e centro in (C, 0). In particolare per α = 0 si ha n = p, t = r e quindi Jn = Jp e Jnt = Jpr . Per per
α = π/2 si ha n = t, t = −r e quindi Jn = Jr e Jnt = −Jpr . I punti A = (Jp , Jpr ) e B = (Jr , −Jpr )
giacciono quindi su estremità opposte di un diametro del cerchio per cui, se si conoscono i dati Jp , Jr , Jpr ,
il cerchio è di immediata costruzione.
In particolare esistono due direzioni che differiscono di 2α = π in corrispondenza delle quali Jnt = 0 e
Jn = C ± R cioè Jn è o massimo o minimo. La direzione con Jn = C + R viene indicata con ei e quella
con Jn = C − R con eii . Tali direzioni vengono dette principali ed il loro calcolo si esegue come per il
cerchio di Mohr dello sforzo. Ad esempio, se il punto A deve ruotare di 2α in senso antiorario sul cerchio
di Mohr per sovrapporsi al punto C + R ciò significa che la direzione ex deve ruotare di α nello stesso
senso per sovrapporsi a ei . Oppure, se il punto B deve ruotare di 2θ in senso orario sul cerchio di Mohr
per sovrapporsi al punto C − R ciò significa che la direzione ey deve ruotare di θ in senso orario per
sovrapporsi a eii .
Il sistema di riferimento u, v con u e v coordinate associate alle direzioni ei e eii , rispettivamente, è detto
principale, ed in particolare risulta dunque:
Ju = C + R, Jv = C − R, Juv = 0
L’ellisse: r r
u2 v2 Ju Jv
+ = 1, con ρu = ρv =
ρ2v ρ2u A A
viene chiamata ellisse principale d’inerzia. Senza dimostrazione si enuncia una proprietà dell’ellisse.
Ponendosi nel sistema u, v, si consideri un diametro d dell’ellisse di direzione eβ e che taglia in due punti
l’ellisse. Sia eγ la tangente all’ellisse in tali punti e sia c il diametro dell’ellisse parallelo a eγ . I due
B.3. PROFILI SOTTILI 165
diametri p
c, d si dicono coniugati. Si può dimostrare che la semilunghezza di un diametro è il raggio
giratore Jn /A in un sistema n, t in cui n è diretto come il diametro coniugato. La verifica è facile per
i due diametri dell’ellisse.
B.2.6 Esercizio
Figura B.8: Riassunto delle principali caratteristiche geometriche dei rettangoli componenti
Calcolo baricentro:
Sy Sx
xG = = 1.71 cm yG = = 3.47 cm
A A
Calcolo momenti d’inerzia:
per sovrapporsi al punto associato alla direzione ei e quindi l’asse u forma l’angolo α in senso antiorario
rispetto all’asse p.
168 APPENDICE B. GEOMETRIA DELLE AREE
Appendice C
da cui α + β = 0
Domanda. Uno stato di sforzo è caratterizzato da: σxx = −5 MPa, σyy = −3 MPa, σxy = −2 MPa,
(altre componenti nulle). Tracciare il cerchio di Mohr associato e determinare gli sforzi principali con le
relative giaciture
Domanda. Con opportune unità di misura, sia σyy = 1, σzz = 3, σzy = −2. Tracciare il cerchio di
Mohr. Calcolare gli sforzi principali e le relative direzioni. Le conclusioni tratte sono valide anche se
σzx = 2 ?
Risposta. Per il cerchio di Mohr vedere le dispense. Se σzx non è nullo allora x non è direzione principale
ed il cerchio di Mohr 2D non si applica.
Domanda. In un solido a forma di cubo lo stato di sforzo è (in MPa): σxx = 3y + 2x , σyy = −5zy,
σzz = (1/2)z 2 , σzy = zy, σxy = y (altre componenti nulle). Il lato del cubo è L = 1 m. Uno spigolo
coincide con l’origine, i lati sono allineati con gli assi e tutto il cubo si trova nel settore con x, y, z positive.
Quali sono le forze di volume e di superficie che necessariamente sono applicate sul cubo se questo è in
equilibrio?
169
170 APPENDICE C. ESEMPI DI DOMANDE DI TEORIA DAI COMPITINI
∂sy ∂sz
2εyz = + =β
∂z ∂y
s = αzex − αxez
∂sx ∂sz
=α = −α
∂z ∂x
e la matrice associata è antisimmetrica. Quindi le componenti di deformazione sono nulle (ε = 0) ed
il gradiente coincide con w. Fisicamente il campo di spostamenti assegnato rappresenta una rotazione
rigida attorno all’asse y.
Domanda. Si consideri un problema di Saint Venant con sezione triangolare equilatera come in Figura
C.3. Se nel punto indicato σxz = β, quanto vale σyz ?
√
Risposta. Per la condizione σzx nx + σzy ny = 0 (bordo laterale scarico), si ottiene σzy = 3β.
Domanda. Teoria della torsione per profili sottili applicata ad un rettangolo sottile di spessore h (in
direzione y) e con lato lungo (di lunghezza L) parallelo ad x. Dare l’espressione di σxz e σyz nell’ambito
di questa teoria in funzione di Mt e Jt . Si calcoli il sistema forza+coppia equipollente alla distribuzione
di σxz e σyz . Commentare.
Risposta. La teoria prevede:
Mt
σzx = 2 y, σzy = 0
Jt
La risultante di questi sforzi è nulla. Se si calcola il momento Mz rispetto al centro:
Z h/2
Mt Mt
Mz = 2 L y 2 dy =
Jt −h/2 2
si ottiene la metà del momento torcente. Infatti si sono trascurate le σzy vicino agli spigoli che, per
limitate ad una regione molto piccola, presentano braccio elevato rispetto al centro.
Domanda. Calcolare la posizione del centro di taglio del profilo sottile della Figura C.5.
Risposta. Si rammenta che il centro di taglio, nel caso di profili sottili, può essere definito come quel
punto del piano rispetto a cui la distribuzione degli sforzi di taglio alla Jourawsky fornisce momento
nullo. In particolare, se si impone un taglio Ty , la distribuzione alla Jourawsky è equipollente ad una
forza Ty applicata in un punto qualunque della retta x = xC . Se si impone un taglio Tx , la distribuzione
alla Jourawsky è equipollente ad una forza Tx applicata in un punto qualunque della retta y = yC .
L’intersezione delle due rette è il centro di taglio.
Nel caso di interesse, per simmetria il centro di taglio si trova sull’asse x, per cui si cerca solo la coordinata
xC .
Si decide quindi di calcolare il momento rispetto all’origine dovuto ad un taglio Ty . Solo l’ala verticale di
destra può contribuire, poiché la linea media degli altri profili passa per l’origine. Per simmetria (vedere
la domanda precedente) la parte inferiore dell’ala fornisce lo stesso contributo della parte superiore. Si
considera quindi solo la parte superiore dell’ala di destra.
+ + 1 3 + H2
SA =0 SB = H2 t H2 SC = (H2 t)
2 4 2
C.2. CASI DI SAINT VENANT 173
L’andamento è parabolico, per cui la risultante sulla la parte superiore dell’ala di destra vale:
Ty H2 + + +
H23 t Ty
SA + 4SB + SC =
Jx 6 3 Jx
Inoltre:
2
Jx = t(H23 + H13 )
3
ed il braccio della risultante rispetto all’origine è D. Quindi la distribuzione alla Jourawsky è equipollente
ad un taglio applicato in:
H3
xC = D 3 2 3
H1 + H2
Domanda. Definire il centro di taglio per un profilo sottile. Determinare, senza calcoli, la posizione
del centro di taglio per il profilo sottile di destra nella Figura C.6
Risposta. Il centro di taglio è all’incrocio dei due profili sottili. Infatti il momento della distribuzione del
taglio rispetto a questo punto è nullo necessariamente.
Domanda. Per il profilo di sinistra nella Figura calcolare la posizione del centro di taglio.
Risposta. Il centro di taglio si trova sull’anima verticale (per simmetria) ad una distanza dalla piastra
inferiore pari a:
HD13
D13 + D23
Quando D2 tende a zero il risultato coincide con quello del profilo di destra!
Domanda. Ricavare l’espressione della rigidezza torsionale di un profilo sottile rettangolare (lunghezza
H e spessore t). Giustificare l’estensione all’insieme di più profili e calcolare la rigidezza torsionale del
profilo di sinistra nella Figura.
174 APPENDICE C. ESEMPI DI DOMANDE DI TEORIA DAI COMPITINI