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Esperienza massa–molla

M. Fanti

Dipartimento di Fisica, Università di Milano

M.Fanti (Physics Dep., UniMi) 1 / 39


Il sistema massa–molla

Il sistema è costituito da una molla appesa ad un vincolo, cui è agganciata


una massa m.
La molla ha la proprietà di esercitare una forza di richiamo elastica, cioè
opposta al verso dell’allungamento ∆` della molla
di intensità proporzionale all’allungamento ∆`

Fel = −k · ∆`
(legge di Hooke)
Le altre forze in gioco sono:
la forza di gravità: Fg = mg (con g = 9.806 m · s−2)
la forza di attrito: questa entra in gioco solo quando il sistema è in moto,
e si oppone al moto stesso
Il sistema è dotato di un disco che crea un attrito viscoso con l’aria cir-
costante; assumendo che questa sia la principale componente di attrito avremo
Fattr = −(C1 + C2|v |) · v , essendo v la velocità del moto.
Il termine in C1 è dominante per basse velocità e/o oggetti affusolati.
Il termine in C2 è dominante per alte velocità o per oggetti poco aerodinamici.

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La forza elastica e il moto armonico
Soffermiamoci sulla forza elastica: Fel = −k · ∆x, dove ∆x = x − x0 è uno spostamento da un punto di equilibrio x0
e k è una costante tipica del sistema.
d 2x
La forza elastica dà luogo ad un moto oscillatorio armonico. Infatti, applicando F = ma = m 2 troviamo:
dt
d 2x k
= − (x − x0)
dt 2 m
che ha per soluzione:
r !
k
x(t) = x0 + A · cos(ω0t + φ) ω0 =
m

ω0 dipende dalle caratteristiche del sistema (k e m)


A, φ sono definite dalle condizioni iniziali: x(t = 0) = x0 + A cos(φ) e v (t = 0) = −ω0A sin(φ)

Il moto è dunque periodico, con periodo T , cioè per qualunque istante t x(t) = x(t ± T ) = x(t ± nT ), con n intero.
Il periodo è calcolabile come:

T =
ω0
e la frequenza è:
1 ω0
ν0 = =
T 2π

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Importanza della forza elastica

k
La forza elastica è associata ad una energia potenziale U(x) = (x − x0)2, con x0 punto di equilibrio del sistema.
2

U(r)

Ogni moto di un sistema intorno al suo punto di equilibrio, per piccoli sposta-
menti può essere approssimato dalla forza elastica. 2
k(r − req )
+ U(req )
2
Esempio: oscillazione di atomi all’interno di una molecola, o di un cristallo. req r

Un esempio più complesso: le onde sonore. Qui le molecole di un mezzo vibrano intorno alla loro posizione di
equilibrio, ed inoltre “trasmettono” il loro stato di vibrazione alle molecole vicine. L’argomento verrà trattato in
seguito, ma qui ricordiamo che si tratta sempre di fenomeni legati alla forza elastica.
Un ulteriore esempio: le onde elettromagnetiche. Qui non si tratta più di un fenomeno meccanico: le quantità che
oscillano sono il campo elettrico e il campo magnetico. Non sono spostamenti nello spazio, ma sono sempre regolate
da equazioni formalmente analoghe.

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Dinamica del sistema massa–molla

Chiamiamo `0 la lunghezza della molla a riposo (cioè non sottoposta ad alcuna forza esterna), ` la sua lunghezza
attuale, cosicché ∆` = ` − `0.
Scegliamo un asse x orientato verso il basso, cosicché maggiori allungamenti ∆` corrispondono a maggiori valori di x.
La forza totale agente sulla massa m appesa è:
F = Fel + Fg + Fattr = −k(` − `0) + mg − (C1 + C2|v |)v

Punto di equilibrio
Il punto di equilibrio è quello in cui il sistema fermo non subisce forze. Questa condizione, imponendo F = 0 con
v = 0, corrisponde ad una lunghezza `eq tale che:
k(`eq − `0) = mg
def
Pertanto, d’ora in poi esprimiamo lo stato del sistema con lo spostamento dal suo punto di equilibrio: x = ` − `eq
Dinamica
def d ` dx
Ovviamente la velocità è v = = . L’equazione del moto diventa dunque:
dt dt
d 2x
 
dx dx
m 2 = F = −kx − C1 + C2
dt dt dt
(ogni effetto gravitazionale è riassorbito nella definizione del punto di equilibrio)

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Il modello del sistema massa–molla

L’equazione
d 2x
 
dx dx
m 2 = F = −kx − C1 + C2
dt dt dt
costituisce la nostra formulazione del modello del sistema, ovvero uno strumento matematico che collega quantità
osservabili (in questo caso la posizione x(t)) a grandezze intrinseche del sistema stesso (in questo caso la massa m, la
costante elastica k, la costante di attrito C ).
Il modello consente di:
conoscere le grandezze intrinseche del sistema partendo da una o più misure degli osservabili;
effettuare predizioni sugli osservabili, una volta che le grandezze intrinseche del sistema siano note con sufficiente
precisione

Inoltre: diverse misure indipendenti (anche effettuate in condizioni dinamiche diverse) degli osservabili possono essere
utili a validare il modello, oppure a rivelarne i limiti. In quest’ultimo caso, il modello stesso potrebbe venire
riformulato, aggiungendo dettagli prima trascurati, alla luce delle conclusioni tratte.

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Misure statiche

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Misure degli allungamenti

L’equazione k(`eq − `0) = mg , valida in condizioni statiche, può essere usata


per misurare la costante elastica k.
Il set-up dell’esperimento prevede un sonar collegato ad un computer, che
misura la distanza Y del disco del sistema massa–molla, ad intervalli di tempo
regolari (a) .
In condizioni statiche ci si aspetta che Y (t) sia costante.
In pratica, la sensibilità dello strumento è tale da consentire di osservare piccole oscillazioni
residue. . . Ovviamente la misura andrà “ripulita” da tali oscillazioni.

La strumentazione non consente una misura diretta di `eq e `0. Però


Y + `eq = costante. Con due masse note m(1), m(2), i punti di equilibrio
(1) (2)
`eq , `eq devono soddisfare:
h i h i h i
(2) (1) (2) (1) (1) (2)
g m −m = k `eq − `eq = k Y − Y

⇒ si può estrarre k:
m(2) − m(1)
k = g (1)
Y − Y (2)

a
Il numero di misure al secondo è impostabile: si suggerisce di non eccedere 50 misure/secondo

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Verifica della linearità

Quanto detto finora non basta: vogliamo verificare che il modello ipotizzato sia valido, ovvero che descriva
correttamente le osservazioni.

Il valore di k è indipendente dalla scelta delle masse m(1), m(2)?

Un possibile approccio: provare tante masse m(0), . . . , m(n) e misurare i cor- i m(i) Y (i) k (i)
rispondenti Y (0), . . . , Y (n), quindi calcolare il k fra due masse vicine: 0 ··· ± ... ··· ± ... —
1 ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ...
(i) m(i) − m(i−1) 2 ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ...
k = −g (i) ( i = 1, . . . , n )
Y − Y (i−1) ..
.
..
.
..
.
..
.
e verificare la compatibilità fra i k (1), . . . , k (n) ottenuti (attenzione alla n−1 ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ...
n ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ...
propagazione degli errori! non sono completamente scorrelati)

Un altro approccio: prendere la massa più piccola m(0) come “zero”; se la


i m(i) − m(0) Y (0) − Y (i)
legge è veramente lineare allora ci aspettiamo che:
h i gh i 1 ··· ± ... ··· ± ...
(0)
Y −Y (i)
= (i)
m −m (0) 2 ··· ± ... ··· ± ...
k .. .. ..
. . .

(i) (0) (0) (i)
 n − 1 ··· ± ... ··· ± ...
⇒ raccogliere n coppie m − m ; Y − Y , e verificare se sono n ··· ± ... ··· ± ...
compatibili con una retta passante per l’origine ⇒ fit lineare
Quante masse? Il più possibile, compatibilmente con il tempo a disposizione, e le caratteristiche della molla

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Conclusioni

Mediante una serie di misure statiche di allungamenti, ottenuti appendendo alla molla masse note, è possibile
verificare se sussiste la legge lineare di Hooke Fel = −k∆`
Procedura:
si misura l’allungamento `0 per una massa di tara m0 — o meglio si misura la distanza Y0 dal sonar;
per diverse masse mk si misurano gli allungamenti `k — o meglio le distanze Yk dal sonar;
si verifica se i punti (mk ; Yk ) stanno su una retta Y = am + b ⇒ fit lineare
i valori di mk ; Yk hanno incertezze di misura: introdurle opportunamente nel fit
il χ2 deve essere buono;
controllo: la retta deve essere compatibile con il punto (m0; Y0);
g
si ricava k = — propagare le incertezze per avere anche σk
a
NOTA: se il χ2 viene brutto, l’estrazione di k non ha alcun senso
Questo è lo scopo della prima parte dell’esperienza

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Misure dinamiche

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Il modello del sistema

Riprendiamo il modello del sistema

2
 
d x dx dx
m 2 = F = −kx − C1 + C2
dt dt dt
 
dx dx
e consideriamo due casi-limite sulla forza di attrito Fattr = − C1 + C2 :
dt dt
dx
basse velocità ⇒ C1  C2|v | ⇒ approssimiamo Fattr ' −C1
dt
dx dx
alte velocità ⇒ C1  C2|v | ⇒ approssimiamo Fattr ' −C2
dt dt
A priori non sappiamo quale è il comportamento realizzato dal sistema massa-molla che abbiamo.
⇒ dobbiamo analizzare entrambi i casi
⇒ avremo due modelli, le misure ci diranno qual è quello più idoneo.

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Interludio: l’esponenziale complesso eiφ

Definizione eiφ + e−iφ


cos φ =
2
def e − e−iφ

eiφ = cos(φ) + i sin(φ) sin φ =
2i

Proprietà
Conserva tutte le proprietà dell’esponenziale reale; in particolare (1) eiφ1+iφ2 = eiφ1 · eiφ2
def
Si può estendere all’esponente complesso: se z = x + iy allora ez = ex eiy = ex [cos(y ) + i sin(y )]
Per z1, z2 complessi, ez1+z2 = ez1 ez2
In particolare, per |dz| → 0, edz = edx [cos(dy ) + i sin(dy )] ' (1 + dx)(1 + idy ) ' 1 + dx + idy ' 1 + dz, cosicché
ez+dz = ez edz ' ez (1 + dz), quindi:
d z
e = ez
dz

L’esponenziale complesso è lo strumento base per risolvere le equazioni differenziali lineari

1
usare le regole di somma delle funzioni trigonometriche
cos(φ1 + φ2 ) = cos φ1 cos φ2 − sin φ1 sin φ2 e sin(φ1 + φ2 ) = sin φ1 cos φ2 + sin φ1 cos φ2
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Legge oraria del sistema massa–molla (Fattr = −C1v)
Partiamo dall’equazione del moto:
d 2x dx
m 2 = F = −kx − C1
dt dt
def def
Definiamo per comodità 2γ = C1/m e ω02 = k/m, quindi:
d 2x dx
2
+ 2γ + ω02x = 0
dt dt
È un’equazione differenziale lineare di secondo ordine a coefficienti costanti.
La teoria delle equazioni differenziali ci dice che esistono due soluzioni linearmente indipendenti e che la soluzione
generale è una combinazione lineare di queste.
Per trovare le due soluzioni, pensiamo ad x come una variabile complessa, x(t) → z(t). Poiché i coefficienti sono
reali, se z(t) è soluzione di
d 2z dz 2
+ 2γ + ω 0 z =0
dt 2 dt
allora x(t) = R[z(t)] è soluzione dell’equazione in x.
Dalla teoria, la forma della soluzione è z(t) = Aest , dove s si può determinare per sostituzione, osservando che
d st st
dz e = s · e :
q
2 2
s + 2γs + ω0 = 0 ⇒ s± = −γ ± γ 2 − ω02
quindi
h √ √ i
s+ t s− t −γt + γ 2 −ω02 t − γ 2 −ω02 t
z(t) = A+e + A−e =e A+e + A−e

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Legge oraria del sistema massa–molla (Fattr = −C1v)
q
Il caso che ci interessa è γ < ω0, cosicché s± = −γ ± i ω02 − γ 2. In tal caso il moto è descritto dalla legge
 q 
def
x(t) = Ae−γt cos(ω00 t + φ) ω00 = ω02 − γ 2

È un moto oscillatorio smorzato, A, φ dipendono s dallecondizioni iniziali, ω00 dalle caratteristiche del sistema.
2
k C1
Notare che ω00 è influenzato dall’attrito: ω00 = −
m 2m
exp(-[0]*x)*(cos([1]*x)+[0]/[1]*sin([1]*x))

1 moti oscillatori smorzati:


— ω0 = 1 , γ = 0.01
0.5 — ω0 = 1 , γ = 0.1

0 moto smorzato:
— ω0 = 1 , γ = 10
-0.5
moto critico:
— ω0 = 1 , γ = 1

-1
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

Il caso γ > ω0 corrisponde ad un moto smorzato; il caso-limite γ = ω0 dà il moto critico

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Legge oraria del sistema massa–molla (Fattr = −C2|v|v)
Partiamo dall’equazione del moto:
d 2x

dx dx
m 2 = F = −kx − C2
dt dt dt
Non esiste una soluzione analitica! Dobbiamo arrangiarci con delle semplificazioni “ragionevoli”.
Sappiamo dall’esperienza che il moto è oscillatorio smorzato x(t) = A(t) cos(ω0t + φ), con A(t) da determinare.
assumiamo che A(t) varii molto più lentamente di cos(ω0t + φ)
dx d 2x
⇒ ' −A(t)ω0 sin(ω0t + φ) ; 2
' −A(t)ω02 cos(ω0t + φ)
dt dt
k m k
Usiamo l’energia meccanica: E = Uel (x) + E = x 2 + v 2 ⇒ all’estremo dell’oscillazione E = A2
2 2 2

La potenza dissipata per attrito è Z T Z 2π


1 1 def
Wattr = Fattr v = −C2|v |3 T
dt | sin(ω0 t)|3 =
2π 0
dξ | sin ξ|3 (ξ = ω0 t)
0
La potenza dissipata mediamente in un periodo è: 2 π/2
Z
= dξ sin3 ξ
1 T π 0
Z

3
hWattr i = −C2 |v | = −C2 dt |v (t)|3 2 π/2
Z
T 0 = d(cos ξ) (1 − cos2 ξ)
π 0
(ω0A)3 T
Z
dt | sin(ω0t)|3 2 1
Z
' −C2 = dη (1 − η 2 )
def
(η = cos ξ)
T 0 π 0
4 2

1

4
= − C2(ω0A)3 = 1− =
3π π 3 3π

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Legge oraria del sistema massa–molla (Fattr = −C2|v|v)

dE
Dobbiamo risolvere ' hWattr i:
dt 1
Fattr=-C2|v|v
dA 4
kA = − C2(ω0A)3 Fattr=-C1v
dt 3π 0.5
dA 4 C2ω03 2
= − A
dt 3π k 0
dA 4 C2ω03
= − dt
A2 3π k
 3
 -0.5
1 1 4 ω0
⇒ − = C2 t = αt
A(t) A0 3π k
 3
 -1
A0 def 4 ω
⇒ A(t) = α= C2 0 0 20 40 60 80 100 120
1 + A0αt 3π k

3

dA 4 C 2 ω 0 k
Limiti di validità abbiamo supposto che  ω0A ⇒ A2  ω0A ⇒ soddisfatta se C2 
dt 3π k Aω02
Ora, |Fel | = k|x| ≈ kA e |Fattr | = C2|v 2| ≈ C2A2ω02  kA r
k
⇒ su un solo ciclo |Fattr |  |Fel |, l’oscillazione è dominata dalla forza elastica ⇒ ω0 =
m
m
⇒ la condizione di validità di tutte le approssimazioni è C2 
m A m
Che cosa vuol dire in pratica  ? Va bene C2 ≈ 0.1 ? Bisogna andare a C2 ≈ 0.01 ?
A A
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Osservazione della legge oraria
Il sonar collegato al computer consente di misurare la distanza Y (t) in
una sequenza di istanti t equidistanziati di ∆t (a) . Ricordando che
x(t) + Y (t) = costante, possiamo visualizzare la legge oraria del moto:

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Misura del periodo e dell’ampiezza

190
Y(t) [mm]

(t0;A0)
180

170 (t1;A1)
(t2;A2)
160 (t3;A3)
(t4;A4) (t5;A5) (t6;A6)
150

140

130

120
0 1 2 3 4 5 6
t [s]

tn − t0
misurando la distanza fra n creste si ottiene il periodo: T =
n
per misurare le ampiezze delle creste A0, A1, . . . , An , . . . occorre sottrarre il livello di equilibrio
(per es facendo una media di tutti i punti campionati)

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Effetti del campionamento

Poiché l’acquisizione dati non è continua, ma avviene ogni ∆t, la posizione delle creste non è perfettamente accurata:
190
Y(t) [mm]

(t0;A0)
180

170 (t1;A1)
(t2;A2)
160 (t3;A3)
(t4;A4) (t5;A5) (t6;A6)
150

140

130

120
0 1 2 3 4 5 6
t [s]

individuato l’istante ti in cui rileviamo un massimo locale, il massimo “vero” sarà localizzato a ti ± ∆t
il valore dello spostamento massimo Ai è sempre sottostimato.

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Misura dinamica della costante elastica k
r
k 2 4π 2
Da quanto visto ci aspettiamo ω0 = ⇒ T = ·m
m k
Questa legge deve valere per qualunque valore della massa appesa.

Primo approccio: per ogni massa m(i) misuriamo il peri- i m(i) T (i) [T (i) ]2 k (i)
odo T (i) e calcoliamo 1 ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ...
2 ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ...
(i) m(i)
2
..
.
..
.
..
.
..
.
k = 4π
[T (i)]2 n ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ...
ATTENZIONE a propagare le incertezze! σT 2 = 2T σT
I valori ottenuti di k (i) sono fra loro compatibili?
Si osserva un andamento dei k (i) in funzione delle masse m(i)?
Confrontate con la misura statica di k fatta in precedenza: in quali condizioni le misure dinamiche di k (i) si
avvicinano di più a quella statica?
Come possiamo spiegare l’effetto? La massa della molla può giocare un ruolo?
[suggerimento: anche la molla “scarica” può oscillare sotto il suo stesso peso. . . ]

Secondo approccio: verifichiamo se i punti (m; T 2) prelevati rispettano una legge lineare: ci aspetteremmo
2 4π 2
T = · m ⇒ facciamo un fit lineare con T 2 = a · m + b. Come viene il χ2?
k
4π 2
Se è “buono” la legge lineare è soddisfatta ⇒ possiamo estrarre k = . Qual è il significato di b?
a

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Misura dello smorzamento
190

Y(t) [mm]
(t0;A0)
180

170 (t1;A1)
(t2;A2)
160 (t3;A3)
(t4;A4) (t5;A5) (t6;A6)
150

140

130

120
0 1 2 3 4 5 6
t [s]

Misurare le ampiezze massime Ai raggiunte dalle creste, e i tempi ti a cui avvengono.


−γt
Ipotesi: |Fattr | ∝ v ⇒ A(t) =
 A0e

A (0)

1
 (0)  
A i t (i) A(i) ln (i)
A A(i)
Provare a mettere i punti t (i) ; ln (i) su un 1 ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ...
A
grafico: stanno su una retta? 2 ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ...
.. .. .. .. ..
. . . . .
1 1
Ipotesi: |Fattr | ∝ v 2 ⇒ = + αt n − 1 ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ...
A(t) A0  n ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ... ··· ± ...
1 ATTENZIONE a propagare le incertezze!
Provare a mettere i punti t (i) ; (i) su un grafico: σA σA
A σ A1 = 2 ; σlnh A(0) i =
A A
A(i)
stanno su una retta?

Conclusione: quale ipotesi di attrito descrive meglio i dati osservati?


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Moto forzato

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Applicazione di una forza esterna

Ora al nostro sistema massa–molla viene applicata un’azione esterna, sotto forma di forza sinusoidale.

Il sistema massa–molla viene appeso ad un attuatore


(o vibratore) comandato da un generatore di tensione
sinusoidale, a frequenza impostabile.
Il pistone del vibratore si muove con frequenza data
dal generatore, agendo dunque come forzante esterna
sulla molla, che si mette in moto.
Il segnale del generatore viene anche immesso in un
oscilloscopio, in modo da misurarne la tensione di
picco V e la frequenza ν = ω/(2π): dunque le
caratteristiche della forzante sono note.
Grazie al sonar, si può studiare il moto del sistema
(credits: prof. I. Boscolo)
. . . Anche qui, prima di effettuare misure, dobbiamo formulare un modello.

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Modello dell’oscillatore forzato (Fattr ∝ v)

Il sistema viene modificato, aggiungendo una forza esterna sinusoidale Fest = F0 cos(ωt), con ω regolabile a
piacimento. L’equazione del moto diventa dunque:
d 2x dx
m 2 = Fel + Fattr + Fest = −kx − C + F0 cos(ωt)
dt dt
Come già fatto in precedenza, passiamo alla coordinata complessa z(t), ricordando
q che poi porremo x(t) = R[z(t)].
def def def
Come in precedenza, anche qui poniamo 2γ = C /m, ω02 = k/m, e ω00 = ω02 − γ 2. L’equazione del moto diventa:

d 2z dz 2 F0 iωt
+ 2γ + ω 0 z = ·e
dt 2 dt m
Si tratta di un’equazione differenziale lineare, di secondo ordine, a coefficienti costanti, non omogenea, a causa della
presenza del termine f0 · eiωt .
La soluzione generale è data dalla somma di una soluzione particolare, e della soluzione generale dell’equazione
omogenea corrispondente: x0(t) = A0e−γt cos(ω00 t + φ0).
La soluzione particolare è della forma zpart(t) = Aparteiωt , con Apart da determinare per sostituzione diretta:
 2 F0 iωt F0/m
−ω + 2iγω + ω0 Aparteiωt =
2 iϕ

·e ⇒ Apart = 2 ≡ Ae
m ω0 − ω 2 + 2iγω
dove ovviamente:
F0/m 2γω
A ≡ |Apart| = p 2 ; tan(ϕ) = −
(ω0 − ω 2)2 + 4γ 2ω 2 ω02 − ω 2

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Soluzione del moto dell’oscillatore forzato (Fattr ∝ v)
La soluzione del moto è dunque:
F0/m
x(t) = x0(t) + xpart(t) = A0e−γt cos(ω00 t + φ0) + p 2 cos(ωt + ϕ)
| {z } 2 2 2
(ω0 − ω ) + 4γ ω 2
transiente | {z }
stazionario

Il termine transiente è caratterizzato dalla frequenza angolare ω00 dell’oscillazione libera, ma si attenua nel tempo
fino a scomparire. Le costanti A0, φ0 dipendono dalle condizioni iniziali, x e dx/dt all’istante t = 0.
Il termine stazionario è caratterizzato dalla frequenza angolare ω della forzante esterna, e permane nel tempo.

Evoluzione dalla fase transiente a quella stazionaria


[1]*(cos([0]*x+[2])-exp(-0.01*x)*cos(x+[2]))
In alto: caso ω = ω0 , la forzante ha la stessa frequenza
40
angolare del moto libero in assenza di attriti.
20
Partendo da fermo, l’ampiezza di oscillazione cresce fino a
0 stabilizzarsi.
-20
In basso: caso ω 6= ω0 .
-40
L’ampiezza di oscillazione mostra i battimenti, dovuti alla
50 100 150 200 250 300 350 400

coesistenza di due frequenze nel moto. I ventri corrispondono


[1]*(cos([0]*x+[2])-exp(-0.01*x)*cos(x+[2]))

8
a quando le componenti transiente e stazionaria sono in fase
6

4
(interferenza costruttiva). I nodi si hanno quando le
2

0
componenti transiente e stazionaria sono in opposizione di
-2

-4
fase (interferenza distruttiva). Con lo smorzarsi del transiente
-6

-8
la modulazione si fa via via più debole.
50 100 150 200 250 300 350 400

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La risonanza (Fattr ∝ v)
F0/m
Una volta terminato il transiente, resta la componente stazionaria, con ampiezza A(ω) = p 2 e
(ω − ω 2 )2 + 4γ 2 ω 2
  0
2γω
uno sfasamento ϕ(ω) = − tan−1 rispetto alla forzante
ω02 − ω 2

1/sqrt((x^2-1)^2+4*([0]*x)^2) -acos((1-x^2)/sqrt((x^2-1)^2+4*([0]*x)^2))
0.5

0 Curva di ampiezza (sx) e fase (dx) in fun-


-0.5
zione di ω, per ω0 = 1 e:
10
— γ = 0.01
-1
— γ = 0.1
-1.5
1 — γ=1
-2
— γ = 10
-2.5
La curva di ampiezza si chiama anche
-3
10
-1
curva di risonanza o lorenziana
-3.5
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

L’ampiezza dell’oscillazione stazionaria cresce quando la frequenza forzante si avvicina a quella propria: questo
fenomeno si chiama risonanza .
F0/m
q
La massima ampiezza si raggiunge per ω = ω02 − 2γ 2 ' ω0 (nel caso ω02  γ 2) e vale Aris ' .
2γω0
La larghezza √della curva di risonanza si caratterizza con le frequenze alle quali A(ω) =√Aris/2: ciò avviene per
ω − ω0 ' ± 3γ. La FWHM (full width at half of maximum) è pertanto FWHM = 2 3γ.
La fase alla risonanza vale ϕris = −π/2
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Misure con il sistema forzato

Lo scopo è verificare la validità del modello dell’oscillatore forzato.

Si sceglie un sistema massa–molla–disco le cui caratteristiche (m, ω0, γ) siano note


Si sottopone il sistema a una forzante esterna di frequenza angolare ω e si misura l’ampiezza di oscillazione nel
regime stazionario, al variare di ω
Ovviamente occorre assicurarsi che il transiente sia terminato!
Occorre inoltre controllare che, al variare della frequenza della forzante, la tensione del generatore resti costante: se
cosı̀ non fosse bisogna tenerne conto!

Alla fine dovreste avere una serie di coppie (ω; A) che


dovrebbero descrivere una lorenziana,√ con massimo a
ωris = ω0 e larghezza FWHM = 2 3γ.
. . . Da confrontare con la lorenziana attesa dalle proprietà
del sistema (m, ω0, γ).
La scelta del sistema massa–molla–disco va fatta tenendo
conto della strumentazione in nostro possesso: il gener-
atore non riesce a generare frequenze inferiori a 1 Hz, e
con l’oscilloscopio si riesce a misurare frequenze con preci-
sioni ≈ 10−2 Hz. Vogliamo prendere diversi punti intorno
a νris all’interno della FWHM, e anche fuori da essa per
esplorare le code della lorenziana.

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Percorso dell’esperimento
a
(1 parte : sistema libero)

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Traccia
Ci sono a disposizione diverse molle, con caratteristiche meccaniche diverse. Per ciascuna di queste si svolgono le
seguenti misure
Misure statiche
Misure degli allungamenti, con diverse masse appese 
(k) (k)
⇒ dovreste avere per ciascuna molla diverse coppie m ; Y
Verifica della legge di Hooke e determinazione della costante elastica k

Misure dinamiche
Misura del periodo di oscillazione T per diverse masse appese. 
(molla) (k) (k)
⇒ per ciascuna molla dovreste avere la massa della molla m e diverse coppie m ; T
Verifica della relazione lineare fra m e T 2, estrazione della costante elastica k e dell’effetto inerziale della molla δm.
Controllo della compatibilità con il valore di k ottenuto dalle misure statiche.
Misura dello smorzamento: è come atteso?
⇒ i dati favoriscono Fattr ∝ v o Fattr ∝ v 2?
Provare a cambiare il disco frenante: come varia γ rispetto alla superficie del disco?

Alcuni accorgimenti pratici. . .


L’esperimento probabilmente si svolgerà in due giornate. Pertanto, attenti a non confondere le molle con quelle degli altri gruppi,
altrimenti confonderete anche i k e i δm.
I pesetti da applicare alla molla “sembrano” tutti uguali, ma non lo sono. Quando li pesate sulla bilancia, non confondete la
sequenza con cui li caricate sul porta-pesi.
Portatevi sempre a casa i dati prelevati: a casa potrete fare con comodo l’analisi (calcoli, fit lineari, etc), ma se perdete i dati dovrete
riprenderli in lab. Non fidatevi a lasciarli sul PC del lab . . . si potrebbe rompere!
Per le misure dinamiche, T e smorzamento si possono estrarre dalla stessa serie temporale, per velocizzare il tutto.
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Percorso dell’esperimento
a
(2 parte : sistema forzato)

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Traccia

Scopo: studio del moto forzato e osservazione della risonanza


Dovete scegliere il sistema massa–molla più adatto, cioè quello con ω0 e γ tali da poter produrre una risonanza
osservabile con i mezzi a disposizione.
Ricordiamo che il generatore può produrre frequenze & 1 Hz e che l’oscilloscopio fornisce misure con precisione
≈ 0.01 Hz.
La scelta di ω0 e γ viene ottimizzata con la scelta di una delle molle a disposizione (⇒ k), una massa appesa (⇒ m)
e un disco frenante (⇒ C ).
Nell’esperimento dovrete applicare diverse frequenze forzanti ω e misurare le ampiezze di oscillazione A del moto
stazionario. Per ogni ω impostata il segnale iniettato avrà un’ampiezza V misurabile con l’scilloscopio: non è detto
che V resti costante al variare di ω, controllate!
⇒ Avrete diverse triplette (ω, V , A) — oppure (ν, V , A) se volete lavorare in frequenza
Quindi dovrete confrontare i punti sperimentali con la lorenziana attesa
A(ω) 1
= costante × p
V (ω) (ω 2 − ω02)2 + 4γ 2ω 2

. . . la costante può essere determinata cercando il miglior accordo fra i valori aspettati (A(ω)) e quelli osservati.
⇒ La curva di risonanza misurata assomiglia a quella attesa?

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Tips ’n’ tricks

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Uso di DataStudio (1)

Accedere al computer con l’account Stu-


dente (no password), lanciare DataStudio
dall’icona sul Desktop, scegliere Crea es-
perimento.
Otterrete la schermata raffigurata.
cliccando Imposta (in alto)
selezionate la Frequenza di
campionamento — frequenze più
alte dànno misure più precise della
posizione, attenzione però a non
eccedere 50 Hz (cioè un
campionameto ogni 0.02 s)
altrimenti il sonar non funziona più
correttamente
potete iniziare l’acquisizione
cliccando su Avvia (vicino a Imposta)
— il pulsante si trasforma in Arresta
e può essere usato per fermare
l’acquisizione.

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Uso di DataStudio (2)

Sul grafico ottenuto potete:


adattare gli assi alle dimensioni del
grafico, agendo sul 1o pulsante in
alto a sx (puntando col mouse
compare
Ridimensiona per adattare )
visualizzare alcune proprietà
collettive dei dati (min, max,
media,. . . ) attivando il pulsante Σ
( Mostra statistica )
effettuare misure locali attivando il
cursore (6o pulsante in alto da sx,
Puntatore di misura ): compare una
croce tratteggiata sullo schermo, che
può essere trascinata a piacere col
mouse (diventa una manina con due
frecce verticale e orizzontale);
spostando il cursore, indica sempre le
coordinate; quando si avvicina ad un
punto misurato “si attacca” ad esso;
si possono fare anche misure di
differenze (manina con una ∆)
esempio in figura: ∆t = 25.4999 s

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Uso di DataStudio (3)

Si può selezionare, inquadrandola col


mouse, una porzione di grafico (eviden-
ziata in giallo)
Le proprietà collettive saranno ora riferite
solo alla porzine selezionata (es. utile
per misurare l’ampiezza di oscillazione lo-
cale. . . )
Cliccando su Ridimensiona per adattare
si ottiene uno zoom sulla regione selezion-
ata.

NOTA: lo schermo può ospitare tutte le


acquisizioni svolte: per “spegnerne” al-
cune (senza perderle) usa il pulsante Dati
in alto.

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Uso di DataStudio (4)

Aprendo il meù tendina di fianco al pul-


sante Σ s può scegliere quali proprietà
mostrare, es. si uò attivare la devi-
azione standard (rms [], “Root of Mean
Square”).
In caso di oscillazioni stabili, per la misura
dell’ampiezza di oscillazione si può ot-
tenere una maggiore precisione con la de-
viazione standard, piuttosto che usando
un singolo massimo locale.
Ricorda che se
Ak ≡ A(tk ) = √ A cos(ω0 tk + φ), allora
rms [Ak ] = A/ 2

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Oscilloscopio (1)

L’oscilloscopio misura tensioni elettriche ∆V in funzione del tempo t e le rappresenta come un grafico.

Viene solitamente usato per visualizzare segnali periodici, che devono pertanto ripetersi sullo schermo, uguali per
successive scansioni.
Le scale orizzontale (tempo) e verticale (tensione) vengono scelte operando sui pomelli del pannello frontale,
VOLT/DIV e SEC/DIV I valori scelti vengono mostrati sullo schermo (che è diviso orizzontalmente in 10 divisioni e
verticalmente in 8 divisioni)

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Oscilloscopio (2)

Le successive scansioni vengono sincronizzate fra loro da un trigger, che sovrappone i


diversi grafici. Il trigger rileva gli istanti in cui il segnale supera una certa soglia in salita
(o in discesa, a scelta) e fa in modo che questi istanti vengano tutti allineati sullo stesso
punto dello schermo.

Normalmente, collegando un segnale alla porta (es. CH1) e schiacciando


AUTO SET l’oscilloscopio si configura nel modo migliore per visualizzalo.
Per segnali “lenti”, (pochi Hz) occorre procedere a mano:
premere AUTO SET
agire sulla manopola SEC/DIV fino a che poche oscillazioni sono rappresentate sullo
schermo (es. arrivare a 250 µs/div per avere una scansione di 2.5 s)
a questo punto vedrete un segnale che non si ripete uguale a sè stesso: ogni
scansione sarà sfasata rispetto a quella precedente
premere TRIG MENU, e dai pulsanti di fianco allo schermo impostare TRIG MODE
NORMAL (normalmente sarebbe AUTO)
Per effettuare misure sul segnale, si può selezionare il tasto MEASURE: il margine dx dello schermo riporterà le misure
impostate (quantità e canale, es. freq. e CH1) e con il corrispondente pulsante a fianco dello schermo è possibile
impostarne ciascuna.
Per esempio, nel nostro caso sarà utile impostare la misura di frequenza sul canale CH1 e anche la tensione “peak to
peak”: quest’ultima è utile per vedere se al variare della frequenza impostata la tensione massima è stabile o subisce
variazioni

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