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TEORIZZARE DAI CONFINI VERSO LA GEOPOLITICA E LA CORPO-POLITICA DATE


DEL SAPERE
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Il sapere è moderno perché classifica il mondo dalla prospettiva di una singola


conoscenza. Esso ha come base il Rinascimento europeo, quindi la conoscenza
che propina parte dal Rinascimento europeo. Questa conoscenza interpreta la
storia usando due strategie: colonizzando il tempo e colonizzando lo spazio.
Come fa la conoscenza a colonizzare tempo e spazio?

La conoscenza europea classificò il mondo dal suo punto di vista, stabilendo


confini e quindi colonizzando così lo spazio. Il tempo fu colonizzato nella
misura in cui la conoscenza europea negò le storie delle altre regioni del
mondo. Furono create la differenza imperiale e quella coloniale per separare
l’Europa dagli altri imperi e per separare gli indios dai neri. Gli europei
gerarchizzarono soggettività e imperi e si posero all’apice di questa gerarchia.

Ponendosi all’apice della propria gerarchia, la conoscenza europea ha imposto


la propria epistemologia, imponendo la superiorità degli europei sull’”Altro” e
giustificando il suo sfruttamento. La teoria del pensiero di confine intende
opporsi a questa epistemologia. Il pensiero di confine è anche chiamato
epistemologia dell’esteriorità, poiché il suo punto d’inizio sono le esperienze e
le epistemologie delle colonie subalterne agli europei. In questo modo, si dà
potere a chi non ne aveva secondo i parametri della conoscenza europei.
Queste epistemologie esterne adottano categorie che l’epistemologia
moderna ha escluso (il mandarino, il giapponese, il russo, l’hindi eccetera).

L’epistemologia è sempre legata col linguaggio e delle lingue scritte. Gli esseri
umani non usano le lingue, gli esseri umani sono lingua e linguaggio, sono
integrate nella memoria di ogni individuo. Un russo che vorrà imparare
francese dovrà affrontare un divario che è il divario dei principi di conoscenza
scritti intrecciati con tale lingua, che sono diversi dai propri principi di
conoscenza. L’epistemologia europea ha imposto delle differenze
epistemologiche imperiali o coloniali a seconda della lingua con cui si
interfacciava. Ad esempio, con il russo ha posto una differenza imperiale. La
conoscenza europea ha fatto sì che nel mondo globale non dovesse tenere
conto della produzione intellettuale del mondo russo, mentre il mondo russo
è sempre più costretto a dovere tenere conto della produzione intellettuale
delle lingue imperiali e della conoscenza europea. Nel caso dell’hindi o di altre
lingue, la conoscenza europea ha invece posto una differenza imperiale.
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Colonialità e modernità sono facce della stessa medaglia, perché la retorica
salvifica che popolarizza la modernità legittima la colonialità del sapere (che
opera la conoscenza europea) e dell’essere (che ferisce la dignità delle
soggettività sottoposte al potere imperiale).

C’è una prima tesi. Il confine per definizione implica l’esistenza al di qua e al di
là dello stesso di persone, conoscenze e lingue. A volte i rapporti tra queste
entità sono vincolate dalle differenze imperiali e coloniali imposte dalla
colonialità del potere.

Ora, ci sono tre tipi di confini: geografico, epistemico, soggettivo. Questi


confini hanno tutti origine nella volontà di espansione coloniale europea. Il
pensiero di confine nasce in risposta alla differenze coloniale imposta dagli
europei. Il pensiero di confine vuole decolonizzare i rapporti coloniali per
permettere l’emancipazione dell’Altro e immaginare un mondo diverso da
quello imposto dagli imperi. Non si può ottenere questo se non indebolendo i
presupposti del potere imperiale. Dice l’autore che dalla “prospettiva
imperiale” il pensiero di confine è impossibile perché occorrerebbe
abbandonare il “privilegio epistemico della modernità occidentale e
ammettere che la conoscenza è generata al di fuori del controllo istituzionale”.

Una delle qualità del pensiero coloniale è la rivendicazione della pluriversalità,


perché non è una risposta universale per tutte le esperienze geostoriche.
In che modo il
pensiero coloniale Quali strategie adotta il pensiero coloniale? Una strategia è spostarsi dai
risponde principi dell’epistemologia imperiale (che abbiamo detto dobbiamo
all’Imperialismo? indebolire) verso i principi della corpo-politica e della geopolitica. Si dà
quindi spazio alle storie locali coloniali e alle soggettività coloniali: avviene
un’inversione dislocata, perché includiamo gli elementi che la classificazione
imperiale non includeva.

Il pensiero di confine è difficile che nasca nella prospettiva imperiale. Mentre la


storia dei confini coloniali si oppone sempre fermamente all’impero, la storia
dei confini imperiali è più variegata: possono esserci desideri di assimilazione,
di competizione, di adattamento, ma non di decolonizzazione (o
deimperializzazione). È più probabile che la decolonizzazione avvenga nelle
colonie.

Il mondo segnato da differenze imperiali anziché coloniali, il mondo dei


confini imperiali, invece, ha modelli intermedi che non sono il pensiero di
confine. Questi modelli, dice l’autore, sono confusi, perché sono confuse le
differenze tra l’Occidente e le collocazioni geostoriche. Non c’è una
differenziazione precisa e radicale, ma sfumata. Il popolo dell’impero non può
analizzare la propria soggettività perché il proprio immaginario è stato
colonizzato, perché le strutture binarie distinguibili sono più facili da
distinguere di quelle strutture confuse.

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