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MICROECONOMIA

Prof.: Nicola Boccella


Email: nicola.boccella@uniroma1.it
Testo di riferimento: Analisi microeconomica e scelte pubbliche (N. Boccella…), Strumenti per lo studio
dell’economia politica (N. Boccella…)

LEZIONE DEL 14/02/2023


Perché si studia economia politica?
● stretto legame con altre discipline giuridiche:
● Articolo 81 (Costituzione): articolo del pareggio di
bilancio (eguaglianza tra entrate e uscite);
● Diritto commerciale: forme di mercato (monopolio,
concorrenza perfetta…);
● Diritto tributario: benessere del paese;
● Diritto del lavoro: domanda e offerta.
● nel settore pubblico, così come nel privato, si richiedono conoscenze di base di economia
politica.
Di cosa si occupa l’economia politica?
Si occupa dei cosiddetti fatti economici e ha come obiettivo quello di porli in relazione tra di loro: deve
trovare delle relazioni causali tra i fatti economici (i prezzi, le tasse, le inflazioni, l’occupazione e
disoccupazione…) e interpretare il funzionamento di un’economia di mercato ⇒ risponde, per esempio
alle seguenti domande: da cosa dipende la disoccupazione, il PIL da cosa dipende, il livello delle
retribuzioni…? Per metterli in relazione, è fondamentale saper definire i fatti economici e misurarli;
questo perchè questi fenomeni, nel tempo, cambiano, subiscono delle modifiche, e per questo sono
necessarie delle grandezze definite e misurabili⇒ i fatti economici sono perciò definiti “variabili
economiche”.
In sintesi:
1. si rende necessario spiegare come funziona un’economia di mercato
2. una volta definito il sistema economico, possiamo intervenire per apportare delle modifiche e
raggiungere degli obiettivi

esempio
La disoccupazione è un fatto economico:
1. misurare il livello di disoccupazione
2. spiegare da cosa dipende la disoccupazione (per esempio perché i salari sono troppo alti e quindi dipende
dai salari= dipende da un’altra variabile economica, i salari, che è indipendente)
3. per ridurre la disoccupazione, dobbiamo ridurre i salari: si interviene sulla causa
Potrebbe esserci un’altra causa per la disoccupazione: la bassa domanda di lavoro (compiuta dalle imprese ai
lavoratori). La domanda di lavoro a sua volta è legata alla bassa produzione di beni. A sua volta ancora, le imprese
non producono perché la domanda di beni di mercato è bassa⇒ bisogna intervenire sulla domanda dei beni

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Ciò mette in luce la relazione tra teoria economica e politica economica (cioè l'intervento nel sistema
economico attraverso delle politiche fiscali o politiche monetarie, per esempio quella della Banca
Centrale Europea potrebbe essere quello di tenere bassi i prezzi).
La teoria economica si divide in due moduli:
● microeconomia: studia il comportamento dei singoli agenti economici (ogni singolo consumatore,
lavoratore, produttore) ⇒ le singole scelte, i prezzi di mercato e quantità scambiate sul
mercato…
● macroeconomia: studia il sistema economico nel suo insieme (livello di produzione di un paese, i
consumi del paese, le esportazioni/importazioni, le tasse, la spesa pubblica) ⇒ livello del
reddito, mercato monetario…
LA MICROECONOMIA
Prende in analisi:
● consumatore: ciò che acquista⇒ domanda di beni individuale: importanza dell’individualità, in
quanto ognuno di noi lo compie in modo indipendente
● produttore: ciò che produce⇒ offerta sul mercato individuale
Sul mercato si sommano le singole domande individuali (domanda di mercato) e le offerte individuali
(offerta di mercato). Nell’analizzare il produttore, troviamo diverse forme di mercato:
● libera concorrenza= tante imprese che producono quel bene: il consumatore può pagare il
prezzo più basso possibile
● monopolio= una sola impresa che produce quel bene: il consumatore paga un prezzo più alto
rispetto a quello che avrebbe avuto in un mercato di libera concorrenza
● oligopolio= poche imprese che producono quel bene (per esempio la telefonia)
Ogni agente economico ha un obiettivo:
● consumatore= utilità/benessere (i beni acquistati hanno un valore d’uso) ⇒ massimo benessere
possibile
● imprenditore= profitto⇒ massimo profitto possibile
Il termine “possibile” è però strettamente legato al vincolo: per raggiungere il massimo benessere
possibile, il consumatore, è vincolato ai prezzi (variabile uguale per tutti i consumatori) e il reddito
(cambia da un consumatore ad un altro-a distinguere i vari consumatori vi sono anche le preferenze
individuali) ⇒ questo rapporto tra benessere, prezzi e redditi, prende il nome di vincolo di bilancio. Per
l’imprenditore, l’obiettivo è il massimo profitto possibile e dunque stabilire quanto offrire= il vincolo sono
i costi (li deve confrontare con i prezzi di mercato).
L’Impresa
L’impresa si pone i seguenti problemi:
● Cosa produrre?
● Quanto produrre?
● Come produrre? Con quali strumenti e modalità (più macchinari/più lavoratori: nel primo caso la
domanda di lavoro è più bassa rispetto al secondo caso) ⇒ Qa (quantità prodotte)-> K
(macchinari), L (lavoratori) = funzione di produzione che mette in collegamento le quantità
prodotte con le quantità di fattori produttivi utilizzati (K e L)—–> vedi pagina 122. Se
aumentano i fattori produttivi, aumenta la quantità prodotta (se varia solo un fattore produttivo,

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la funzione prende il nome di funzione di produzione con una sola variabile produttiva⇒ esempio:
a parità di K, aumenta L. Se cambiano entrambi i fattori produttivi ma la quantità prodotta resta
sempre la stessa, la funzione di produzione prende il nome di isoquanto.

LEZIONE DEL 15/02/2023


Ogni agente economico si comporta in modo razionale= massimizza l’obiettivo, il quale è soggetto a dei
vincoli (consumatore= reddito e prezzi= vincolo di bilancio; venditore= costi)
Profitto (𝚷)= differenza tra ricavo (R) e costi (C)= maggiore è la differenza e maggiore è il profitto.
Il ricavo è il prezzo del bene (p) moltiplicato per la quantità venduta (q)
I costi sono quelli che si sostengono per i fattori di produzione (macchinari o capitale fisico, K, e
lavoratori, L).
La funzione di produzione (Q-> K, L) mette in relazione quantità fisiche e non grandezze monetarie
come accade nella formula per ricavare il profitto.
Funzione di produzione= fondamentale per l’andamento dei costi.
Esistono diversi tipi di funzione di produzione:
1. funzione di produzione con incrementi costanti: quantità prodotta aumenta (con aumento di L) e
con degli incrementi costanti (tabella 1)

Q (quantità prodotta) L (lavoratori) Produttività marginale Prodotto medio (Q/L)


del lavoro
(var.Q/var.L)

0 0 0 0

30 1 +30 30

60 2 +30 30

90 3 +30 30
Questa funzione ha dunque Q e L in aumento; la produttività marginale del lavoro e il prodotto medio
coincidono
2. funzione di produzione con incrementi crescenti: quantità prodotta aumenta (con aumento di L)
con incrementi crescenti (la produttività marginale è crescente così come la produttività media)
ma questo aumento non è costante (tabella 2)

Q (quantità prodotta) L (lavoratori) Produttività marginale Prodotto medio (Q/L)


del lavoro
(var.Q/var.L)

0 0 0 0

20 1 +20 20

44 2 +24 22

74 3 +30 24

3
In questa funzione, Q e L sono in aumento, anche la produttività marginale del lavoro e il prodotto medio
sono in aumento, ma non coincidono
3. funzione di produzione con incrementi decrescenti: quantità prodotta aumenta (con aumento di
L) ma la produttività marginale diminuisce e di conseguenza il prodotto medio diminuisce (tabella
3)

Q (quantità prodotta L (lavoratori) Produttività marginale Prodotto medio (Q/L)


del lavoro
(var.Q/var.L)

0 0 0 0

30 1 +30 30

54 2 +24 27

74 3 +20 24
In questa funzione Q e L aumentano, la produttività marginale del lavoro e il prodotto medio sono in
diminuzione
In tutti e tre i casi, si tratta di relazioni tra quantità fisiche. La produttività marginale è il contributo che
ogni lavoratore dà al processo produttivo

esempio
Tizio ha uno studio legale e deve assumere un avvocato. Si presentano due candidati:
-Caio chiede come stipendio €1000 ma dà luogo solo a 4 pareri mensili
-Sempronio chiede come stipendio €2000 ma dà luogo a 40 pareri mensili
Considerando che ciascun parere costa €100, qual è il più conveniente? Per sapere la risposta basta calcolare il
costo per unità di prodotto dividendo lo stipendio per il numero di pareri a cui danno luogo. Prendendo in
considerazione Caio, il calcolo dà luogo a €250: lo studio legale sarebbe in perdita se lo assumesse
(€100-€250); compiendo lo stesso calcolo per Sempronio invece si ha €50 e dunque per lo studio ci sarebbe un
guadagno pari a €50 (€100-€50). Di conseguenza, Sempronio risulta essere la scelta giusta.

La funzione di produzione è fondamentale per conoscere i costi.


Tornando alle tabelle precedenti, immaginiamo che ciascun lavoratore viene pagato €100. Per sapere
qual è il costo medio, dobbiamo dividere il salario per la quantità prodotta.
● incrementi costanti (tabella 4) ⇒ il costo medio resta costante

Q L Salari (S) Costo medio (S/Q)

0 0 0 0

20 1 €100 €5

40 2 €200 €5

60 3 €300 €5
● incrementi crescenti⇒ il costo diminuisce perché aumenta la produttività (tabella 5)

4
Q L S Costo medio

0 0 0 0

20 1 €100 €5

60 2 €200 €3,3

160 3 €300 €1,9


● incrementi decrescenti⇒ il costo aumenta perché diminuisce la produttività (tabella 6)

Q L S Costo medio

0 0 0 0

50 1 €100 €2

75 2 €200 €2,7

80 3 €300 €3,7
Applicando ciò all’esempio dello studio legale fatto precedentemente possiamo dire che:
● volendo, si potrebbe assumere Caio ma, per aumentare il profitto, dobbiamo o abbassargli o
stipendio oppure aumentare la produttività
● assumiamo Sempronio il quale, dopo alcuni mesi, aumenta la produttività (per esempio fino a
100) il quale dunque può andare a richiedere un aumento dello stipendio senza andare ad
intaccare il profitto (per esempio può arrivare a prendere €2500)
La funzione di produzione può essere esplicata anche graficamente. Questa che segue è la funzione di
produzione con incrementi costanti (i valori sono gli stessi della tabella numero 1)

LEZIONE DEL 20/02/2023


I costi sono ciò che l’impresa sostiene per acquistare i fattori produttivi e i beni⇒ costo totale= costi
fissi (per acquistare il capitale fisico) +costi variabili (impiego del fattore produttivo lavoro e per
beni/materie). Come varia il costo al variare della quantità (var C/var Q)? ⇒ costo marginale

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1. funzione di produzione ad incrementi costanti: il PMG è costante, i costi aumentano, il CMG e il
CMe sono costanti (tabella 7)

Q L PMG Costi CMG CMe


variabili (w= (var.C/var.Q
€100) )

0 0

10 1 +10 €100 +10 €10

20 2 +10 €200 +10 €10

30 3 +10 €300 +10 €10


2. funzione di produzione ad incrementi crescenti: il PMG aumenta, i costi aumentano, il CMG e il
CMe diminuiscono (tabella 8)

Q L PMG Costi CMG CMe


variabili
(w=€100)

0 0

10 1 +10 €100 10 €10

50 2 +40 €200 2,5 €4

150 3 +100 €300 1 €2


3. funzione di produzione ad incrementi decrescenti: il PMG diminuisce, i costi aumentano e il
CMG e CMe aumentano (tabella 9)

Q L PMG Costi CMG CMe


variabili (w=
€100)

0 0

100 1 +100 €100 1 €1

150 2 +50 €200 2 €1,3

160 3 +10 €300 10 €1,87

160 4 +0 €400 100/0 €2,5

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L’impresa si pone poi il problema di determinare il profitto (differenza tra i ricavi totali e i costi totali). I
costi totali sono i costi fissi e variabili (per poter dire quanto variano, devo conoscere l’andamento della
funzione di produzione e dipendono dunque dalla quantità prodotta); il ricavo totale è dato dal prezzo per
la quantità.
Abbiamo diverse forme di mercato:
● concorrenza perfetta: tante imprese che producono lo stesso bene e non possono modificare il
prezzo (se lo aumentano, i consumatori si rivolgono alle altre aziende; se lo abbassano anche le
altre aziende lo abbasseranno)
● monopolio: singola impresa che produce il bene e che può variare il prezzo (impresa e industria
coincidono)
● oligopolio: poche imprese che producono quel bene e che possono cambiare il prezzo
● concorrenza monopolistica: tante imprese che producono un bene ma in modo differenziato e
dunque possono intervenire sul prezzo
L’andamento del ricavo totale dipende dalla forma di mercato in cui opera l’impresa: max 𝚷⇒ Q⇒
R--C; R= prezzo (p) per quantità; C= funzione di produzione
Concorrenza perfetta
Il prezzo è un dato non modificabile per l’impresa⇒ il ricavo marginale e il ricavo medio sono costanti e
coincidono con il prezzo-€10 (tabella 10)

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Ricavo Tot Q Prezzo Ricavo Marginale Ricavo Medio

0 0

10 1 €10 +10 10

20 2 €20 +10 10

30 3 €30 +10 10
Il grafico è il seguente:

LEZIONE DEL 21/02/2023


Fino ad ora abbiamo analizzato tre relazioni:
1. Q-L: la quantità aumenta all’aumentare del fattore lavoro
2. C-Q: i costi aumentano all’aumentare della quantità
3. R-Q: a differenza delle precedenti, questa relazione varia in base alla tipologia di mercato in cui
l’impresa si trova⇒ nel caso di concorrenza perfetta il ricavo aumenta all’aumentare della
quantità
Per ciascuna di queste relazioni dobbiamo domandarci: come?
1. produttività marginale (PMG) ⇒ può aumentare, rimanere costante o diminuire
2. costo marginale (CMG) ⇒ può aumentare, rimanere costante o diminuire
3. ricavo marginale (RMG) ⇒ rimane costante nella concorrenza perfetta
L’obiettivo dell’impresa è quello di massimizzare il profitto, il quale si ricava sottraendo ai ricavi i costi
In un regime di concorrenza perfetta, il prezzo non viene deciso dalla singola azienda ma dal mercato
stesso⇒ il prezzo coincide con il ricavo marginale. Per massimizzare il profitto, l’azienda prende in
considerazione il costo marginale; in particolar modo, il massimo profitto si ha quando il costo marginale
coincide con il ricavo marginale (questo vale sempre) che coincide a sua volta con il prezzo (solo in
concorrenza perfetta) ⇒ bisogna porre in relazione la quantità, il ricavo marginale e il costo marginale
(tabella 11)

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Q RMG CMG 𝚷

1 30 25 5

2 30 15 15

3 30 5 25

4 30 10 20

5 30 24 6

6 30 30 0

7 30 35 -5

8 30 45 -15
Il punto in cui il ricavo marginale (RMG) e il costo marginale (CMG) coincidono è il massimo profitto
possibile per l’impresa (nell’esempio proposto nella tabella 11, il massimo profitto possibile si ha con la
quantità= 6). La tabella 11 si può rappresentare graficamente nel seguente modo:

L’offerta di mercato è la somma del comportamento delle singole imprese (delle loro scelte che non
concordano tra di loro). Il grafico appena riportato riguarda infatti una singola azienda: lo stesso bisogna
farlo per tutte le aziende e la somma dei loro comportamenti (in particolar modo delle quantità che
possono produrre per il massimo profitto) dà luogo all’offerta di mercato.
Di fronte ad un’offerta di mercato (somma di comportamenti individuali delle imprese), vi è la domanda di
mercato (somma dei comportamenti individuali dei singoli consumatori) ⇒ per la domanda di mercato
bisogna esaminare il comportamento dei singoli consumatori e dunque i loro obiettivi (massima utilità e
massimo benessere) e vincoli (reddito diviso prezzo=reddito reale o capacità d’acquisto: misura la
quantità che ciascun consumatore è in grado di acquistare)

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Per esempio:
● il consumatore Rossi ha un reddito di €100 e il prezzo del singolo bene è di €10: la sua
capacità d’acquisto è di €100/€10= 10. Rossi può acquistare 10 pezzi di quel bene
● il consumatore Bianchi ha un reddito di €200 e il prezzo del singolo bene è di €10: la sua
capacità d’acquisto è di €200/€10= 20. Bianchi può acquistare 20 pezzi di quel bene

Dunque, l’obiettivo di un singolo consumatore è quello di massimizzare l’utilità/benessere (U); ha come


vincoli il proprio reddito (R) e il prezzo del bene (P). Per realizzare il suo obiettivo, deve calcolare la sua
capacità d’acquisto (o reddito reale): R/P. Questa è la situazione se ci fosse UN singolo bene. Nella
realtà ci troviamo di fronte a più beni (combinazione) ognuno dei quali ha una sua utilità e un suo prezzo:
bisogna dunque distribuire il proprio reddito su più beni.

LEZIONE DEL 22/02/2023


La domanda di mercato è la somma dei comportamenti individuali di ciascun consumatore, il cui obiettivo
è la massima utilità/benessere possibile mentre il vincolo è dato dal proprio reddito e dai prezzi. Se ci
fosse un solo bene, la situazione sarebbe semplice⇒ acquisto della quantità massima possibile (rapporto
tra reddito disponibile e il livello del prezzo del bene= capacità d’acquisto, o reddito reale). tabella 12

Reddito Prezzo del bene A Quantità massima acquistabile

€100 €10 10

€200 €10 20

€100 €20 5
Ma nella realtà, ci si ritrova di fronte a più beni tra cui il consumatore sceglie in base alle preferenze
personali. Prenderemo in analisi la situazione come se ci fossero due beni (A e B) le cui utilità vanno
sommate (utilità complessiva: somma delle utilità totali del bene A e del bene B). Ciò è soggetto al
vincolo della capacità d’acquisto (reddito⇒ prezzo A+prezzo B: il reddito= PaA+PbB) (* la minuscola
indica il prezzo, la maiuscola la quantità) ⇒ il prezzo lo conosciamo, la quantità no.
Reddito= PaA+PbB. tabella 13

Reddito Prezzo a Prezzo b Quantità (A;B) Qualifica

€1000 €10 €20 100;0 estremo

€1000 €10 €20 0;50 estremo

€1000 €10 €20 80;10 intermedio

€1000 €10 €20 60;20 intermedio

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Il cambiamento del solo reddito porta ad uno spostamento del vincolo di bilancio in parallelo; il
cambiamento dei soli prezzi fa variare l’inclinazione del vincolo:

Ogni bene arreca al consumatore un determinato livello di utilità (utilità totale): l’utilità totale aumenta
all’aumentare della quantità del bene stesso. L’utilità totale (Ut) è l’utilità del singolo bene: questa può
essere sommata all’utilità di altri beni dando luogo all’utilità complessiva. Come già detto, all’aumentare
della quantità di un bene, ne aumenta l’utilità⇒ il rapporto tra la variazione della quantità e la variazione
dell’utilità prende il nome di Utilità marginale (UMG) ed è caratterizzato da degli incrementi sempre più
piccoli (incrementi decrescenti). tabella 14

Ut Q UMG

0 0

100 1 +100

180 2 +80

240 3 +60

260 4 +20

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Graficamente, possiamo rappresentarlo così:

Consideriamo a questo punto due beni (A e B), ciascuno dei quali ha un’utilità (utilità totale) la cui somma
dà luogo all’utilità complessiva. Supponiamo di voler mantenere invariata l’utilità complessiva e andiamo
ad analizzare i comportamenti dei 2 beni. tabella 15

Quantità A Utilità tot A Quantità B Utilità tot B Utilità


complessiva

7 100 7 80 180

6 80 8 100 180

5 40 13 140 180
Nella prima riga abbiamo 7A e 7B con un’unità complessiva di 180. Levando un’unità di A (e quindi
abbiamo 6A) abbiamo perso 20 di utilità che dobbiamo dunque compensare con B (arrivando ad 8B).
Cosa succede però: con il diminuire del bene, la sua utilità aumenta; con il suo aumentare, la sua utilità
diminuisce. Infatti quando andiamo a togliere un’ulteriore unità di A (arrivando a 5A) perdiamo 40 di
utilità che dobbiamo compensare sempre con B: in questo caso non sarà sufficiente arrivare a 9 unità di
B ma addirittura a 13 (per esempio) per poter compensare l’utilità persa. tabella 16 (valori puramente
casuali)

Bene A: diminuendo, le singole quantità Bene B: aumentando, le singole quantità perdono


aumentano di valore valore⇒ per compensare la perdita di 1A si ha
bisogno via via sempre di più B

-1 +1

-1 +3

-1 +7

-1 +10
Il rapporto secondo cui -A/+B (per esempio -1/+1; -1/+3; -1/+7; -1+10) prende il nome di saggio
marginale di sostituzione. In generale, le combinazioni di A e B per mantenere uguale l’utilità complessiva
possono essere rappresentate nella cosiddetta curva d’indifferenza.

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Nel grafico seguente sono usati i dati della tabella 15:

LEZIONE DEL 27/02/2023


Recap lezioni precedenti
Variabili prese in considerazione: reddito, pA, pB, preferenze individuali (Utot A-Utot B⇒ sempre in
aumento all’aumentare della quantità, ma la variazione è decrescente)
La curva di indifferenza prende in considerazione tutte le possibili quantità del bene A e del bene B
lasciando inalterata l’utilità complessiva (UtotA+UtotB).

Il saggio marginale di sostituzione è decrescente. L’obiettivo del consumatore è quello di raggiungere la


curva di indifferenza il più lontano possibile dall’origine degli assi: il livello di utilità maggiore possibile.
Prendendo il in considerazione il grafico sottostante, l’obiettivo del consumatore è raggiungere la curva
d’indifferenza viola

Il consumatore deve però tenere in considerazione non solo le sue preferenze (le utilità) ma anche il
vincolo di bilancio dato dal reddito e dai prezzi. Tabella 17

Reddito Prezzo A Prezzo B Quantità (A;B)

€1000 €10 €20 100;0

€1000 €10 €20 0;50

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Il Punto E prende il nome di “condizione d’equilibrio” e sta ad indicare il fatto che il consumatore si è
posto nella curva d’indifferenza più lontana possibile dall'origine degli assi (nel nostro caso la curva rosa)
tenendo però conto del proprio vincolo di bilancio (reddito: €1000; prezzo di A: €10; prezzo di
B:€20). Noi sappiamo bene che il vincolo di bilancio può variare, per esempio con la variazione del
prezzo di B, che da €20 scende a €10.

La linea (nel grafico precedente in giallo) che congiunge le diverse condizioni di equilibrio sta ad indicare
il “prezzo-consumo”, ovvero indica come varia la quantità di A e di B con la variazione, in questo caso,
del prezzo di B
Prendendo in considerazione il bene B, abbiamo la seguente curva di domanda:

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Con l’abbassarsi del prezzo di B, aumentano le quantità⇒ bisogna tenere presente che la curva di
domanda, in questo caso di B, viene costruita tenendo conto del comportamento razionale del
consumatore (comportamento che tiene conto del proprio reddito e dei prezzi: vincolo di bilancio).
La curva di domanda si può realizzare per ciascun consumatore e ognuna di esse sarà diversa in quanto
ciascun consumatore ha il proprio reddito e dunque diverso vincolo di bilancio:

Sul mercato arriva la somma delle domande individuali⇒ domanda di mercato:

Prendendo in analisi sempre la domanda e con riferimento al grafico sottostante:


● il punto P sta ad indicare un prezzo talmente alto che nessuno è disposto a comprare il bene B;
il punto Q sta ad indicare la quantità massima (con cui il mercato è saturo) che i consumatori
sono disposti ad acquistare del bene B anche ad un prezzo minimo (€0)
● la zona verde è disposta ad acquistare B a €800; la zona viola e la zona verde sono disposti ad
acquistare il bene a €400. I verdi, che avrebbero acquistato il bene anche ad un prezzo
superiore (€800) ora si ritrovano lo stesso bene ad un prezzo più basso e rappresenta dunque
un vantaggio= rendita del consumatore.
● Tutto ciò che avanza fino al punto Q rappresenta invece la domanda potenziale= domanda che
non si è realizzata poiché il prezzo del bene è troppo alto

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Ragionando in modo più ampio, supponiamo che l’economia italiana produca un certo bene (bene B): ci
sarà un prezzo (Pb) e una quantità domandata (Qb) ⇒ di conseguenza c’è una curva dell’offerta delle
imprese sul mercato e una domanda di mercato. Supponiamo che la quantità massima acquistabile sia
200 e che il prezzo sia di €100; la quantità massima domandata però è di 80⇒ il prezzo è troppo alto
in quanto le imprese devono sostenere dei costi marginali alti. Immaginiamo che questo prodotto sia
realizzato non solo in Italia ma anche in Cina, dove il prezzo è più basso e dunque il prodotto è più
competitivo. Il prezzo del prodotto cinese è di €50 e di conseguenza i consumatori ne acquistano di
più⇒ per i consumatori si tratta senza dubbio di un vantaggio; per le imprese italiane invece è uno
svantaggio: si ritrovano a dover abbandonare il mercato perché non riescono a fronteggiare le spese. In
particolar modo, sono costrette ad abbassare i prezzi (ponendoli a €50) e di conseguenza a ridurre
drasticamente l’offerta (in verde)

Per risolvere il problema, si possono porre dei dazi sulle merci importate dalla Cina, riducendo la curva
di domanda e il livello delle importazioni e aumentando la produzione interna⇒ così non si risolve il
problema di fondo. La soluzione sarebbe o quella di diminuire i costi delle imprese (diminuendo i salari per
esempio) oppure aumentando la produttività.

LEZIONE DEL 28/02/2023


Curva di domanda individuale: come cambia la quantità domandata del bene B con la variazione del
prezzo (tenendo costanti il reddito e il prezzo del bene A). Si parte costruendo il vincolo di bilancio
confrontandolo con le varie curve di indifferenza. Il punto in cui la curva di interesse è tangente al

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vincolo di bilancio è la condizione di equilibrio e consente al consumatore di massimizzare l’utilità.
L’equilibrio varia al cambiare delle tre variabili (esempio il prezzo di B) ⇒ per esempio, la diminuzione del
prezzo di B porta ad aumentare la quantità acquistata di B. Il vincolo di bilancio, come sappiamo, può
variare anche con il cambiare del reddito: il vincolo (graficamente) avanza in modo parallelo e porterà
all’incontro con una nuova curva di indifferenze⇒ la linea che congiunge le varie condizioni di equilibrio
al variare del reddito prende il nome di “reddito consumo”.

Questa variazione può esserci anche nel seguente caso: il reddito resta invariato, ma diminuiscono i
prezzi⇒ l’effetto è identico a quello precedente.
La curva di domanda di mercato è data dalla somma delle domande individuali. La curva di domanda
inclinata negativamente riguarda il regime monopolistico: infatti in un regime di concorrenza perfetta
(ricavo tot= pfisso per q) il prezzo è fisso, non può cambiare. In un regime di monopolio invece il prezzo
può essere cambiato (tenendo presente che la sua variazione porta al cambiamento della quantità
acquistata dal consumatore): la curva di domanda dell’impresa coincide con la curva di domanda di
mercato (impresa e industria coincidono)⇒ il ricavo totale sarà pari a 0 nel punto P (in cui il prezzo è
troppo alto e la quantità domandata è 0) e nel punto Q (prezzo troppo basso-mercato saturo).

Supponiamo di dover esercitare una scelta operando in un regime di monopolio⇒ prezzo pari a 100,
quantità vendita= 10⇒ ricavo totale= 1000.
● riduciamo il prezzo a 50 (conseguentemente la quantità aumenta in base alla curva di domanda
di mercato): prezzo= 50; quantità= 11⇒ ricavo totale= 550. Mentre nella concorrenza
perfetta il ricavo totale aumenta sempre, ciò potrebbe non accadere in un regime monopolistico.
riduciamo
● il prezzo a 50 e la quantità sale a 30⇒ ricavo totale= 1500.

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Riducendo il prezzo può accadere che:
● il ricavo totale aumenta se la quantità aumenta in modo significativo
● il ricavo totale diminuisce se la quantità aumenta di poco
Dipende dunque dalla reattività della domanda (come la domanda reagisce alla variazione del prezzo) al
variare del prezzo: se la variazione è minima, il ricavo totale può diminuire; se varia in modo significativo,
il ricavo totale può aumentare.

esempio
Supponiamo che il Governo ha bisogno di un aumento delle tasse per finanziare la spesa pubblica e
prendiamo in considerazione il bene A, avente il prezzo di €90. A questi lo Stato aggiunge €10 di IVA
(totale €100) se ne vendono 10 quantità (il Governo guadagna €100). Il Governo aumenta le tasse a
€30 e il prezzo totale raggiunge €120, la quantità da 10 diminuisce a 2: il Governo guadagna adesso
solo €60 e dunque ci ha perso⇒ la manovra fiscale utilizzata dallo Stato ha fallito. Se la domanda
fosse rimasta invariata allora lo Stato ci avrebbe guadagnato⇒ la quantità resta più o meno stabile per
alcuni beni come l’energia, il cibo…

Reattività della domanda⇒ elasticità della domanda al variare del prezzo: epsilon. Nel caso per esempio
di beni la cui quantità non subisce variazioni al variare del prezzo, l’elasticità è pari al 0
Quando si parla di elasticità bisogna far riferimento a variazione assoluta e variazione relativa
A. bene dal costo di €10000 che subisce un aumento di €10= €10010 ⇒ €10 è la variazione
assoluta. Questo bene è aumentato relativamente poco (l’incremento di €10 su una base di
€10000 è minima: variazione relativa):
B. bene dal costo di 5€ che subisce un aumento di €10= €15⇒ in questo caso il prezzo è
aumentato molto nonostante la variazione assoluta sia la stessa del caso precedente e questo
perchè si prende in considerazione il prezzo iniziale (€5)
Negli aumenti del prezzo dobbiamo prendere in considerazione le variazione relative date dal rapporto
tra le variazioni assolute e il dato di partenza. Lo stesso vale per la quantità:
A. imprenditore A che vende 10000 di un bene; la quantità venduta aumenta di 10⇒ la quantità
venduta diventa di 10010= rimasta più o meno inalterata
B. imprenditore B vende 2 di un bene; la quantità venduta aumenta di 10⇒ la quantità venduta
diventa 12= è aumentata di molto
Noi dunque confrontiamo la variazione assoluta del prezzo rispetto al prezzo di partenza= 𝚫p/p; la
variazione della quantità assoluta rispetto alla quantità di partenza= 𝚫q/q
L’imprenditore che lavora in un regime monopolistico, nell’aumentare o diminuire i prezzi, deve tener
conto dell’elasticità della domanda. Supponiamo un bene il cui prezzo è di €10 e la quantità venduta è
pari a 10= il ricavo totale (p per q) è pari a €100. Aumentiamo il prezzo a €15 (aumento significativo:
50%):
● la quantità diminuisce di poco scendendo a 8: il ricavo totale aumenta a €120
● la quantità diminuisce di molto scendendo a 3: il ricavo totali diminuisce a €45

18
Se il prezzo diminuisce (impatto negativo sul ricavo totale) porta ad un aumento della quantità (impatto
positivo sul ricavo totale) ⇒ anche in questo caso l’esito varia in base a quale impatto prevale:
● se la quantità aumenta significativamente, il ricavo totale aumenta
● se la quantità aumenta di poco, il ricavo totale diminuisce
● i due impatti possono eguagliarsi⇒ il ricavo totale resta invariato
Dobbiamo dunque considerare l’andamento della domanda di mercato e sapere il valore dell’elasticità
rispetto al prezzo⇒ l’elasticità (ε) confronta la variazione relativa della quantità (𝚫q/q) con la
variazione relativa del prezzo (𝚫p/p). L’elasticità può avere i seguenti valori:
● 0: se la quantità non varia al variare del prezzo (domanda rigida)
● <1: domanda poco elastica (domanda anelastica)
● =1: domanda unitaria
● >1: la domanda varia molto al variare del prezzo (domanda elastica)

LEZIONE DEL 06/03/2023


L’elasticità della domanda rispetto al prezzo è fondamentale per poter parlare della massimizzazione del
profitto nei regimi non concorrenziali, come il monopolio. L’elasticità misura come la domanda reagisce
(reattività della domanda) al variare del livello del prezzo: poiché nel monopolio il prezzo può variare,
bisogna misurare come la domanda varia.
Ricordiamoci che la domanda di mercato è inclinata negativamente.
L'elasticità (ε) è data dalla variazione relativa della quantità/variazione relativa del prezzo:
● se i due valori sono uguali, è pari ad 1⇒ elasticità unitaria
● se la variazione relativa della quantità è superiore rispetto a quella del prezzo, il rapporto è
maggiore di 1⇒ la domanda è elastica
● se la variazione della quantità relativa è inferiore rispetto a quella del prezzo, il rapporto è
inferiore a 1⇒ la domanda è anelastica
● se la variazione della quantità non c’è⇒ domanda è rigida
Noi sappiamo che l’impresa massimizza il profitto quando il costo marginale è uguale al ricavo marginale
(in concorrenza perfetta coincide con il prezzo che la singola impresa non può variare⇒ questa
coincidenza non è presente nei regimi non concorrenziali). Il ricavo totale è dato dal prezzo moltiplicato
per la quantità⇒ al diminuire del prezzo (effetto negativo), la quantità aumenta (effetto positivo). Il
ricavo totale aumenta se l’effetto positivo è maggiore di quello negativo (variazione relativa di Q>
variazione relativa di P). La variazione relativa della quantità/variazione relativa del prezzo= elasticità.
Al diminuire dei prezzi⇒ il prezzo che diminuisce è un effetto negativo, la quantità venduta aumenta ed è
dunque un effetto positivo:
● se elasticità>1: il ricavo totale aumenta
● se elasticità=1: il ricavo totale non cambia
● se elasticità<1, il ricavo totale diminuisce
Per quanto riguarda l’aumento dei prezzi⇒se il prezzo aumenta (effetto positivo), la quantità diminuisce
(effetto negativo):
● se l’elasticità> 1: il ricavo totale diminuisce
● se l’elasticità=1: il ricavo totale non cambia

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● se l’elasticità<1: il ricavo totale aumenta

esempio
Prendiamo in considerazione un pacchetto di sigarette:
● esse costano €5 a cui vanno aggiunte €1 di accise (imposte che si calcolano sulla quantità) e
€2 di IVA (imposta sul valore) ⇒ il pacchetto costa €8
● lo Stato aumenta le accise a €2 e di conseguenza l’IVA (che si calcola sul valore) aumenta a
€2,50⇒ ora il pacchetto costerà €9,50
● se l’elasticità< 1, lo Stato ci guadagnerà in quanto la quantità non è diminuita di tanto; se
elasticità=1, il ricavo da parte dello Stato resterà invariato; se elasticità>1, lo Stato guadagnerà
di meno in quanto l’impatto negativo della quantità è molto forte rispetto a quello positivo del
prezzo

Tabella 18:

ε Prezzi che aumentano Prezzi che diminuiscono

<1 Q↓ Rt↑ Q↑ Rt↓

=1 Q=; Rt= Q=;Rt=

>1 Q↓↓↓ Rt↓ Q↑↑↑ Rt↑

0 Q=; Rt↑ Q=; Rt↓

Sul ricavo totale dunque possiamo avere diverse situazioni:


● può aumentare:
● se il prezzo diminuisce, la quantità aumenta e l’elasticità>1
● se il prezzo aumenta, la quantità diminuisce poco e elasticità <1
● se il prezzo aumenta, la quantità resta invariata e elasticità=0
● rimane inalterato:
● se il prezzo diminuisce, la quantità aumenta e l’elasticità=1
● se il prezzo aumenta, la quantità resta invariata e elasticita=1
● può diminuire:
● se il prezzo diminuisce, la quantità aumenta di poco e l’elasticità<1
● se il prezzo diminuisce, la quantità resta invariata e elasticità=0
● se il prezzo aumenta, la quantità diminuisce di molto e elasticità >1
Riprendendo in analisi la curva di domanda: l’elasticità della domanda rispetto al prezzo viene misurata in
ogni punto della domanda, facendo il rapporto tra la quota di domanda che si realizza e quella che resta
potenziale⇒ il suo valore cambia da punto a punto della domanda.

20
L’andamento del ricavo marginale in un regime di monopolio segue l’andamento dell’elasticità⇒ha un
andamento decrescente, si azzera nel punto in cui l’elasticità=1 per poi diventare negativo. In particolar
modo, prendendo in analisi il caso di abbassamento dei prezzi:
● se epsilon=1⇒ il ricavo totale è pari a 0, l’RMG è uguale a 0
● se epsilon <1⇒ l’RTot diminuisce e l’RMG diventa negativo
● se epsilon >1⇒ l’RTot aumenta e l’RMG è positivo

Il monopolista mette a confronto la curva dei costi marginali e quella dei ricavi marginali⇒ massimizza il
profitto nel punto in cui CMG e RMG si incontrano.

Nel grafico sovrastante abbiamo messo in relazione CMG, RMG e curva di domanda. Sappiamo che
l'impresa massimizza il profitto nel punto in cui CMG e RMG coincidono (in questo caso 70€ e 20 di
quantità). €70 non è però il prezzo a cui viene venduto il bene: per scoprirlo dobbiamo ricondurre il
punto di cui ho parlato precedentemente alla curva di domanda=il prezzo è €120.
Se fossimo stati invece in un regime di concorrenza perfetta, il CMG=RMG=PREZZO e avremmo
dunque comprato il bene a €70.

LEZIONE DEL 07/03/2023


recap lezioni precedenti

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Il ricavo totale è dato dal prezzo moltiplicato per la quantità
Il ricavo marginale è un rapporto tra due variazioni: variazione del ricavo totale/variazione della quantità
La domanda di mercato è inclinata negativamente e registra come il prezzo e la quantità: l’elasticità
prende in considerazione la reattività della domanda e dunque come la quantità varia al cambiare del
prezzo. Al diminuire dei prezzi (impatto negativo), la quantità venduta aumenta (impatto positivo):
● se la quantità aumenta significativamente, il ricavo totale aumenta= domanda elastica
● se la quantità aumenta di poco, il ricavo totale diminuisce= domanda anelastica
● se la domanda è unitaria, il ricavo totale resta invariato
I prezzi dunque diminuiscono in ogni caso, solo che nel primo tratto l’elasticità è positiva e questo
consente al ricavo totale di aumentare; nel secondo tratto la domanda è invece anelastica in quanto
aumenta di poco rispetto alla riduzione del prezzo causando la diminuzione del ricavo totale. Questo che
segue è l’andamento del ricavo totale:

Come già detto, l’imprenditore in un regime monopolistico massimizza il suo profitto quando CMG e
RMG coincidono

Q CMG RMG

1° 10 15 +5

2° 8 14 +6

3° 5 12 +7

4° 7 11 +4

5° 10 10 0

6° 12 9 -3

7° 15 7 -8

8° 20 6 -14

9° 27 0 -27

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10° 37 -5 -42
Il massimo profitto possibile lo abbiamo quando CMG e RMG coincidono (esattamente come nella
concorrenza perfetta): per cui il massimo profitto la troviamo con la 5° quantità. Per sapere il prezzo,
dobbiamo tenere in considerazione la curva di domanda⇒ il prezzo sarà sicuramente più alto rispetto a
quello di un mercato di libera concorrenza, in cui i consumatori pagano il bene al prezzo più basso
possibile
Questo schema di analisi vale per tutti i mercati non concorrenziali come la concorrenza
monopolistica⇒ tante imprese ciascuna delle quali può variare il prezzo con alcuni limiti. Vale anche per
il duopolio, un mercato composto da due imprese che immettono lo stesso bene.
Il duopolio che noi andremo ad analizzare è un duopolio particolare (duopolio di Cournot) in cui le due
imprese non operano in modo conflittuale (operano dunque senza sottrarre quote di mercato all’altra,
senza la competizione del prezzo/marketing…⇒ hanno deciso di adottare la propria offerta in base
all’offerta rivale: reagisce in base alle scelte fatte dall’altra azienda).
Immaginiamo un duopolio composto da impresa A e impresa B:
L’impresa A decide di immettere sul mercato una quantità di beni (sempre con l’obiettivo di massimizzare
il profitto) basandosi su ciò che ha deciso l’impresa B

Data una determinata curva di mercato, l’impresa B sceglie di immettere una quantità del bene pari a 20
(ha scelto questa quantità perché si considera come monopolista e ha stabilito che massimizza il profitto
con quella quantità). L’impresa A, prendendo atto che l’impresa B copre quell’area di mercato (viola nel
grafico), si comporta sulla parte restante (80) come se fosse a sua volta monopolista. L’impresa A
dunque confronta i propri costi marginali con l’andamento del ricavo marginale e stabilisce che per
massimizzare il suo profitto deve immettere sul mercato una quantità pari a 30. Supponiamo che B
modifica la sua scelta: se B produce 30, A accetta questa modifica e ragiona su una nuova quota di
mercato che è rimasta libera (70) e stabilisce di massimizzare il profilo producendo 25 (si riduce perché
la quota di mercato rimasta libera si è ridotta). Analogo ragionamento lo fa B nei confronti di A. Si
costruiscono dunque le cosiddette curve di reazione: curve che analizzano la quantità immessa da A sul
mercato reagendo alla quota del rivale e viceversa

23
● se B immette sul mercato 0, allora A immette (per esempio) 100, che rappresenta la quantità
massima che A immette sul mercato
● a questo punto B reagisce alla quantità immessa da A e offre dunque una quantità pari a 20
● se B offre 20, l’impresa A reagisce adeguandosi e offrendo 80
● se A offre 80, l’impresa B reagisce adeguandosi e offrendo 30
● così via fin quando non si raggiunge un punto di equilibrio tra le quantità offerte da A e B che
consente a ciascuna delle due imprese di massimizzare il profitto senza aver dato luogo ad una
guerra tra le due⇒ facciamo come esempio che questo punto di equilibrio si raggiunge quando A
offre 60 e B offre 50
Questo modello di duopolio è un modello in cui comunque si applica il principio della massimizzazione del
profitto (RMG=CMG)
Lo stesso principio va applicato per le imprese che operano in un regime di concorrenza monopolistica.
Qual è il problema per la concorrenza monopolistica? La singola impresa avrà una curva di domanda
inclinata negativamente e tuttavia questa è una curva su cui si dovrà costruire l’andamento del ricavo
marginale (anch’esso inclinato negativamente)

La principale differenza con il monopolio è il fatto che in quest’ultimo ci sono “barriere” all’entrata, nella
concorrenza monopolistica invece possono entrare delle imprese che possono farsi concorrenza di
prezzo tra di loro
Abbiamo visto come l’impresa massimizza il profitto quando RMG=CMG e, in concorrenza perfetta
quando RMG=CMG=Prezzo. Come produrre la quantità che permette all’impresa di massimizzare il
profitto? Quanti macchinari e quanti lavoratori deve impiegare nel processo produttivo? Una volta

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stabilita la quantità da produrre (per esempio 100) dobbiamo riprendere la funzione di produzione con
variabilità a due fattori: dobbiamo individuare le diverse combinazioni dei fattori produttivi, mantenendo
inalterata la quantità prodotta⇒ isoquanto. Dobbiamo poi confrontare l’isoquanto con l’isocosto, ovvero
quella funzione che va ad analizzare tutte le possibili combinazioni di capitale e lavoro che lasciano
inalterato il costo dell’impresa. Mentre l’isoquanto ha uno schema analogo alle curve di indifferenza,
l’isocosto è simile al vincolo di bilancio

Così come il vincolo di bilancio, l’isocosto può variare o a causa dell’aumento/diminuzione dei costi totali
(fermi restando K e L) oppure per aumento/diminuzione dei fattori produttivi⇒ nel primo caso ci sarà
uno spostamento in parallelo; nel secondo caso cambierà invece l’inclinazione

LEZIONE DEL 13/03/2023


La combinazione dei fattori produttivi dà luogo ad una quantità prodotta, la quale è stata stabilita in base
al principio di massimizzazione del profitto. Una volta stabilita dunque la quantità, bisogna determinare
quanto L e quanto K bisogna utilizzare per produrre quella determinata quantità. Per sviluppare questa
analisi bisogna parlare di:
● isocosto: possibili combinazioni di K e L per mantenere inalterati i costi. Una volta determinato
un certo livello di costi, bisogna individuare le combinazioni che lo lasciano inalterato in base al
prezzo del capitale e al prezzo del fattore lavoro. Stabilito un costo, si individuano gli estremi
(tutti i costi per K/tutti i costi per L). Vi sono poi i valori intermedi (diminuzione di un fattore e
aumento dell’altro). Può variare al cambiare di una delle tre variabili (costo, L e K):
● se aumenta/diminuisce il costo, a parità dei fattori produttivi vi è uno
spostamento in parallelo (verso destra se aumenta, verso sinistra se
diminuisce
● se aumenta/diminuisce uno dei fattori produttivi, cambia l’inclinazione
● se aumentano/diminuiscono entrambi i fattori produttivi in modo
proporzionale, vi è uno spostamento in parallelo

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● isoquanto: possibili combinazioni di K e L che lasciano inalterata la quantità prodotta. Bisogna
tener conto che la quantità che vogliamo produrre è volta alla massimizzazione del profitto (in
cui RMG=CMG. Questa coincidenza è presente dove CMG è in aumento⇒ il che significa che
la produttività è in diminuzione. Nel costruire l’isoquanto bisogna dunque tener presente che,
all’aumentare del fattore lavoro, la produttività è decrescente e dunque, con il diminuire di K,
dobbiamo aumentare sempre di più L con degli incrementi crescenti. Noi abbiamo tante linee di
isoquanto, ciascuna delle quali indica un livello di produzione maggiore= possiamo individuare
determinate quantità e determinati fattori produttivi

Q K L var.K/var.L

100 7 7

100 6 8 -1;+1

100 5 10 -1;+2

100 4 14 -1;+4
Graficamente, la situazione è la seguente:

A questo punto possiamo ricavare l’ottima combinazione dei fattori produttivi⇒ si tratta di un problema
duale, in quanto possiamo calcolarci:
● livello di spesa più basso da utilizzare
● quantità massima da produrre
L’impresa può ragionare nel seguente modo:
● mantenere invariato l’isoquanto e confrontarlo con le possibili linee di isocosto e dunque
aumentare/diminuire i costi per dar luogo ad una linea di isocosto tangente
● stabilisce un determinato costo (mantiene invariato l’isocosto) e confrontarlo con le possibili
linee di isoquanto e dunque aumentare/diminuire la quantità da produrre per dar luogo ad una
linea di isoquanto tangente

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