Sei sulla pagina 1di 105

MICROECONOMIA

- Cesare Malvani –

L’ECONOMIA POLITICA

L’Economia Politica studia la il regno della scarsità in cui viviamo. È una “scienza triste”, perché non promette l’emancipazione
dai bisogni, ma è una condanna al bisogno. La Microeconomia studia il singolo individuo, sia nella sua soggettività che nella sua
interazione sociale, a differenza della Macroeconomia che studia il processo economico nel suo complesso. Infatti, ad un certo
punto la macroeconomia cessa di studiare l’individuo, a differenza della Microeconomia. L’obiettivo dell’Analisi
Microeconomica è di consentire al soggetto che la conduce di adattare nel migliore dei modi gli scarsi mezzi a sua disposizione al
fine migliore, attraverso ragionamenti e considerazioni matematiche. Nella seconda parte si tratteranno i mercati e le politiche
economiche del singolo che, attraverso considerazioni di mercato, consentono di minimizzare i costi e massimizzare i profitti, sia
di sé stesso che della società.

La Scelta Vincolata

La scelta vincolata è il riflesso della scarsità, infatti la scelta è vincolata perché i mezzi sono disponibili limitatamente. Se, per
esempio, l’economia di una società è già tutta in funzione e tutte le risorse sono applicate in pieno impiego per l’intero paese, la
crescita di produzione di beni civili è una restrizione soggettiva (es. costruire più case, o più auto) a produrre beni più
limitati. Sostanzialmente, data la scarsità, o si fa una cosa, o l’altra.

Esempio: ci sono risorse esauribili come gas o petrolio poiché sono date in quantità limitata: impiegarle significa sottrarle ad un
impiego futuro. Ad un accresciuto consumo energetico corrisponde un costo, il quale dà la diminuzione della quantità disponibile
futura.

L’Economia Politica è il regno della scarsità, e pertanto ogni beneficio è un costo.

Un’impresa può aumentare la spesa di pubblicità (beneficio) ⇒ risorse economiche sottratte ad un altro impiego, come R&S
(costo).

L’impiego delle risorse

L’allocazione delle risorse scarse è un problema di tutte le società. Anche quelle passate. Noi studieremo un particolare modo di
allocarle, chiamato economia di mercato. Il mercato, infatti, non è un funzionamento naturale dell’economia. Il concetto di
mercato va contro la ragione: la ragione suggerisce l’organizzazione razionale di allocazione, tipo un responsabile del comune
che garantisce l’allocamento di tutte le risorse. Questo responsabile, invece, nella realtà non c’è. Esiste invece il mercato.

Il mercato

È una sorta di ordine trascendentale del funzionamento della realtà che nasce dalla situazione di disordine. In effetti, tutti noi ci
comportiamo secondo il nostro tornaconto, e se tutti facciamo così si crea una relazione tra tutti che imposta un ordine, che è il
mercato.

Il mercato, per funzionare, deve far sì che se io cerco una cosa, la trovo (salvo in casi eccezionali come guerre, catastrofi o
carestie).

Il prezzo che si forma sul mercato trattiene in sé tutta l’informazione necessaria in merito alla scarsità della merce. Il prezzo è
infatti in grado di svolgere una missione sociale, ossia indicare la scarsità della merce. In genere, più la merce è scarsa, maggiore è
il prezzo (ovviamente, questa non è una massima poiché vi sono altri importanti parametri che lo determina, come la
disponibilità di beni sostituti egualmente soddisfacenti).

Il mercato si spiega attraverso l’uso di modelli.

I MODELLI

Un modello è un modo semplice per indicare il funzionamento di un fenomeno. Il ruolo euristico del modello è il rendere
semplice: identificare unicamente le uniche forze rilevanti, tralasciando i fattori che non hanno ruolo primario nella spiegazione
di quel fenomeno. Il modello funziona come una mappa. È una rappresentazione grafica.
Cristoforo Colombo sapeva che la terra è tonda. La ragione dell’ostilità a Colombo era che si riteneva fosse impossibile la
navigazione dell’Atlantico in quanto non tutte le provviste necessarie sarebbero state trasportabili (per ragioni di capienza del
vascello). Cedettero queste ostilità, poi, perché Toscanelli fece un errore di calcolo notevole nella determinazione della circonferenza
della terra.

Il punto di quanto detto è che nonostante si sapesse che la terra è tonda, per la riuscita dell’impresa, ai fini di calcolo, si scelse un
modello grafico di terra piatta. Il modello che usiamo infatti può anche usare dati falsi per ottenere una soluzione vera.

Variabili Esogene ed Endogene

Le variabili esogene provengono da certezze esterne al modello ed assunte per date, mentre le endogene sono interne al modello
poiché solo da esso determinate. Il modello serve a spiegare l’effetto di variazione delle variabili esogene sulle endogene.

Esempio: Teoria della caduta dei Gravi. Non bisogna spaventarsi pertanto davanti a ipotesi false.

La gravità è esogena. La densità dell’aria è esogena. Date gravità e densità di aria il modello dimostra la velocità e la distanza che
separa i gravi in cima alla torre di Pisa dal suolo.

GLI OTTIMI VINCOLATI

Il concetto di ottimo vincolato si basa sul miglior raggiungimento della funzione obiettivo, limitata da uno o più vincoli.

La f unzione obiettivo è la funzione che il soggetto decisore deve ottimizzare, cioè massimizzare o minimizzare. Un
consumatore può voler acquistare beni e servizi con l’obiettivo di massimizzare il proprio benessere. I vincoli rappresentano le
restrizioni o i limiti imposti ai decisori: ad esempio tempo, reddito, o altre risorse come capacità tecnologiche, leggi e
regolamentazioni. Il comportamento può essere descritto come l’ottimizzazione di una funzione obiettivo sotto uno o più
vincoli.

Esempio:

Un pastore ha un certo numero di metri di steccato a disposizione, e vuole costruire un recinto rettangolare in maniera da
soddisfare (ossia maniera ottima) il suo bisogno: ottenere un’area più vasta possibile per contenere il suo bestiame: maggiore è
tale area, meglio è. Dato uno steccato (variabile esogena) l’obiettivo ottimo è che l’area rettangolare circoscritta sia il massimo
possibile (ottimo nei confronti delle restrizioni date dalla limitazione dei metri di steccato disponibili). In questo caso la
restrizione è di natura geometrica. La recinzione è un ottimo vincolato (obiettivo: massimizzare l’area; restrizioni: metri di
steccato disponibili).

Altro esempio:

Un consumatore ha un reddito I e deve destinarlo al cibo e al vestiario in maniera migliore.

Variabili Esogene: Reddito I, Prezzo unitario del cibo PF, Prezzo unitario del vestiario PC.

Variabili Endogene: Quantità di cibo F e quantità di vestiti C.

Obiettivo: Ottenere la massima utilità scegliendo F e C in modo da ottenere il massimo livello di soddisfazione (utilità) U (F,C)
=F•C
Quindi l'obiettivo è

𝓂𝒶𝓍 F • C

Sotto il vincolo

Pf • F + Pc • C ≤ I

VALUTAZIONE MARGINALE

L’Economia Politica moderna ha origine nell’800 e viene dalle due dottrine: dall’utilitarismo e dal marginalismo (derivata).
Per risolvere i problemi di ottimo vincolato la Microeconomia si serve del principio della valutazione marginale, o valutazione
del margine. La valutazione al margine si appella alla scienza per eccellenza, ossia la fisica, nello specifico alla parte di
meccanica, di cui uno dei massimi esponenti è Isaac Newton: l’uomo che introdusse il concetto di derivata (insieme a Leibnitz).
L’equilibrio di un sistema è uno stato o condizione che permane indefinitamente finché le cause esogene rimangono invariate.
L’equilibrio di un mercato competitivo è il punto nel quale la domanda eguaglia l’offerta, cioè il punto nel quale le curve di
domanda e offerta si intersecano.

L’impatto marginale del cambiamento di una variabile esogena è l’impatto incrementale dell’ultima unità della variabile
esogena sulla variabile endogena. Il marginalismo serve a far emergere il falso dai modelli. Esso conduce, in alcune circostanze,
a implicazioni contro-intuitive.

Esempio:

L’impresa dispone di 2 milione di euro da distribuire tra televisione T e radio R per promuovere le nuove vendite di birra (in
barili B per anno). Il programma di ottimo vincolato è:

𝓂𝒶𝓍 B (T, R)

sotto il vincolo

T + R = €1.000.000

dove B sono i barili di birra.

Dall’ultima riga notiamo che un impiego di denaro in tv genere il quintuplo delle vendite che si avrebbe dedicandolo in radio,
pertanto a primo impatto si deciderebbe di spendere tutto il milione in pubblicità televisiva. Invece, ci rendiamo conto che più
salgono i soldi investiti, più si riduce il ricavo rispetto al ricavo dato dalla spesa precedente: da 0 a 100.000 abbiamo 4750€, che è
più dei 950€ del primo investimento in radio e quindi scegliamo la tv: spendendo ulteriori 100.000 sempre in tv abbiamo 4250€
(>950) e così via fino a 800.000€ investiti. Da lì un impiego di 100.000€ ulteriori in tv genera 750€ di vendite in
più, che è meno dei 950€ ottenuti investendoli (per la prima volta) in radio: converrà quindi spendere la nona volta in
radio, non in tv. Infine l’ultimo investimento dà 750€ in tv e 850€ in radio: ancora una volta investiremo in radio. Conclusione:
stanziando 800.000€ in tv e 200.000 in radio incassiamo 25.800€, ossia di più di come avremmo intuitivamente fatto all’inizio
stanziando tutto in tv (25.000). Quella valutazione marginale, comparando l’impiego tv all’impiego radio quando eravamo a
800.000, ci ha concesso di massimizzare i guadagni.
L’ANALISI MICROECONOMICA

Non è compito dell’Economia Politica indicare i fini, ma analizzare i mezzi.

L’analisi positiva è di natura esplicativa, e spiega un fenomeno accaduto od avanza una previsione su cosa potrebbe accadere a
seguito di una data politica economica.

L’analisi normativa è, invece, di natura prescrittiva, ossia corrisponde all’analisi di ciò che andrebbe fatto.

Gli studi normativi si occupano della redistribuzione del benessere sociale e implicano giudizi di valori. Per esempio, un
provvedimento legislativo che aumenti il minimo salariale.

ANALISI FUNZIONALE

Domanda e offerta possono essere rappresentate sia in forma tabellare, sia in forma grafica, sia in forma funzionale

𝓎 = 𝑓₍𝓍₎

sulle ordinate rappresentiamo il prezzo mentre sulle ascisse la quantità

P = 𝑓₍Q₎

MERCATO COMPETITIVO

La Concorrenza Perfetta

È un esempio di mercato in cui, a causa dei grandi numeri, sia i compratori che i singoli venditori sono ininfluenti (price takers:
accettano il prezzo formatosi sul mercato senza singolarmente la capacità di modificarlo).

Un mercato è descritto da tre elementi:

- Il bene (il prodotto oggetto di transazione)

- Lo spazio geografico (luogo di vendita)

- Il lasso del tempo (periodo transazioni)

Importante non confondere il mercato concorrenziale col mercato perfettamente concorrenziale.


DOMANDA E OFFERTA
La domanda

Esprime la relazione tra prezzo e quantità in termine di richiesta di un certo bene da parte dei consumatori. Per ogni prezzo la
curva di domanda restituisce la quantità che gli acquirenti sarebbero disposti ad acquistare a quel prezzo: se varia la quantità,
varia il prezzo (ceteris paribus). Ovviamente la domanda è influenzata da altri fattori, come il reddito ed il valore di altre merci
sostitutive. Quindi tecnicamente la relazione è tra variabili multiple, ma per rappresentare il modello devono essere fermi tutti
gli altri fattori: mobili sono solo prezzo e quantità domandata.

La domanda è in parte derivata (dalla produzione di altri beni) sia diretta (domanda del bene stesso). La legge della domanda
afferma che la quantità domandata di un bene diminuisce all’aumentare del prezzo del bene. Ciò esprime la relazione inversa.

L’offerta

Descrive i comportamenti dei venditori (o meglio, produttori) al variare del prezzo (ceteris paribus). La quantità offerta deriva
dalla produzione corrente e, se il bene non è reperibile, dalle scorte. La legge dell’offerta afferma che la quantità offerta di un
bene aumenta all’aumentare del prezzo del bene. Ciò esprime la relazione direttamente proporzionale.

L’inclinazione delle curve

A prezzi più alti i compratori sono più disposti a comprare una quantità più bassa, mentre i venditori sono disposti a produrre
una quantità più alta. Pertanto la curva della domanda è sempre decrescente (Marshalliana), mentre quella dell’offerta è sempre
crescente.

In algebra:

Domanda automobili:

Qᵈ = 5,3 - 0,1 P

Prezzo medio = 15.000€

Qᵈ = 5,3 - 0,1(15.000)

L’equilibrio di mercato

È la condizione in cui le due forze Domanda e Offerta sono perfettamente bilanciate, ossia il punto in cui il prezzo a cui la
quantità è domandata è uguale al prezzo a cui la quantità offerta. Un eccesso di offerta crea pressione al ribasso del prezzo. Un
eccesso di domanda crea pressione al rialzo del prezzo.

Esempio:

Sia P un prezzo (€/quintale) e Q la quantità domandata od offerta.

La domanda è Qᵈ (P) = 500-4P. L’offerta è Qˢ (P) = -100 +2P.

Il prezzo in equilibrio P* eguaglia la quantità domandata alla quantità offerta, ovvero rispetta l’equazione Qˢ = Qᵈ

pertanto

500 - 4P = -100 +2P

-2P -4P = -100 – 500

-6P = -600

-P=-100

P* = 100
La Statica Comparata

È il mezzo di cui si serve l’Economia Politica per la previsione. Esamina come un cambiamento in una variabile esogena influisce
sul livello di una variabile endogena. Essa consente di effettuare un’analisi del prima (ante factum) e del dopo (post factum)
comparando i due stati di un sistema economico. Fonti di problema di approvvigionamento dell’offerta riducono quest’ultima,
che graficamente si manifesterà con una traslazione orizzontale della curva di offerta (es. caffè: scioperi o piogge negative sul
raccolto). Pertanto in generale possiamo affermare che la Statica Comparata è il mezzo per valutare le mutazioni effettuate
dall’ambiente sul mercato, le quali genereranno spostamenti delle curve delle due forze.

Per esempio: un incremento del reddito ha effetti sull’intera curva di domanda la quale si sposta verso destra, incontrando la curva
dell’offerta in un punto più in alto (se 𝙸↑, Qᵈ↑).

Un movimento lungo la curva di offerta di un bene è provocato da una variazione del prezzo del bene. La variazione di un
altro fattore determinante dell’offerta causa uno spostamento della curva. Ad esempio un aumento dei salari in una
particolare industria induce le imprese a ridurre i livelli di assunzioni (P(W) ↑ ⇒ D(L) ←) .

Esempio

La domanda di alluminio in Italia è descritta dall’equazione:

Qᵈ = 500 - 50P + 10𝒾

Dove 𝒾 è reddito medio pro-capite

L’offerta è descritta dall’ equazione:

Qˢ = -400 + 50P

L’equilibrio quando 𝒾 = 10 si calcola:

500-50P+10𝒾 =-400+50P

-100P = -900 + 10𝒾

100P = 900-10𝒾

P = 9 + 0,1𝒾

Se 𝒾 = 10 → P = 9+1 = 10

Se 𝒾 = 5 → P = 9 + 0,5 = 9,5

Graficamente si avrà un ∆ orizzontale dato dal valore di 𝒾

L’ELASTICITÀ

𝛆Q,P

L’elasticità della domanda al prezzo misura la sensibilità della quantità domanda rispetto alle variazioni del prezzo. Corrisponde
alla variazione, in percentuale, della quantità domandata alla variazione del prezzo di un punto percentuale.

𝛆Q,P = ∆ percentuale quantità / ∆ percentuale prezzo.

Ossia

∆Q% / ∆P%

Con

∆Q % = ∆Q/Q ossia (Qᴮ - Qᴬ )/Qᴬ

∆P % = ∆P/P ossia (Pᴮ - Pᴬ)/Pᴬ

Da cui
𝛆Q,P = (∆Q/Q)/(∆P/P) ⇒ ∆Q/Q 𝓍 P/∆P = ∆QP/Q∆P

In definitiva

𝛆Q,P = P∆Q/Q∆P

Esempio:

Dato il prezzo di un bene = 10€ (P = 10) e la domanda è di 50 (Q = 50), se il prezzo aumenta a 12€ (∆P = P nuovo – P vecchio
= 2), data la relazione inversa della domanda al prezzo, la quantità si riduce a 45 unità (∆Q = -5)

Con queste premesse,

la variazione % della quantità ∆Q% è ∆Q/Q = -5/50 = -10%

la variazione % del prezzo ∆P % è ∆P/P = 2/10 = 20%

⇒ 𝛆Q,P = -10%/20% = -0,5

Questo strumento, da non confondere con la pendenza della domanda ∆P/∆Q, serve per calcolare di quanto si riduce la
domanda se sale il prezzo.

La pendenza della retta della curva di domanda è data da ∆P/∆Q e ci dà l’inclinazione, sempre con segno negativo. La pendenza
della retta della curva dell’offerta è data da P/Q ed ha segno positivo. Tanto è più ripida la domanda tanto minore è l’elasticità.
Praticamente se un ∆P ha molto effetto sulla quantità domandata, essa è molto elastica (meno ripida), se invece ha poco
effetto sulla quantità domandata, la domanda si dice anelastica (più ripida). Il valore assunto dalla 𝛆Q,P ci dice
l’elasticità/anelasticità della domanda, e si tratterà di elasticità, anelasticità, elasticità unitaria ed elasticità/anelasticità
perfetta (da ripida a piatta):

Se 𝛆Q,P = 0 la domanda è perfettamente anelastica (Verticale)

Se 0 ≤ 𝛆Q,P ≤ 1 domanda anelastica

Se 𝛆Q,P = -1 la domanda è con elasticità unitaria (∆P = ∆Q)

Se -∞ ≤ 𝛆Q,P ≤ -1 la domanda è elastica

Se 𝛆Q,P = -∞ la domanda è perfettamente elastica. (Orizzontale)

Possiamo anche calcolare la Pendenza derivando la funzione Q(P)

Pendenza = ∂Q/∂P

Possiamo anche calcolare l’elasticità come

𝛆Q,P = ∂Q/∂P • P/Q


La domanda tende a essere più elastica al prezzo se esistono beni sostituti o se la quota spesa per l’acquisto di un prodotto è
ingente. Risulta, invece, meno elastica al prezzo quando il prodotto è un bene di necessità.

Elasticità domanda rispetto al reddito

𝛆Q,I = ∆Q/ ∆I • I/Q

Se 𝛆Q,I > 0 il bene è detto normale

Se 𝛆Q,I < 0 il bene è detto inferiore (la relazione tra quantità domandata è inversa al reddito)

Esempio

Il burro è normale, la margarina è inferiore. Più sale il reddito più sale la domanda di burro e più scende la domanda di
margarina.

Elasticità incrociata della domanda rispetto al prezzo

Dati i e j beni, in base all’elasticità incrociata della loro domanda scopriremo se sono sostituti o complementi.

𝛆Qi,Pj = ∆Qi/∆Pj • Pj/Qi

Se 𝛆Qi,Pj > 0 i beni i e j sono detti sostituiti (o bevo birra, o vino)

Se 𝛆Qi,Pj < 0 i beni i e j sono detti complementi (computer e software)

Caso sostituti:

Se sale il prezzo del vino decido di consumare birra (sale il prezzo del sostituto, prendo l’altro)

Caso complementi:

L’aumento del prezzo del bene complemento fa sì che scende la domanda dell’altro bene. Se sale il prezzo del software
(componente del Computer) scende la domanda di computer.

Elasticità dell’offerta rispetto al prezzo

Misura di quanto sale la quantità offerta al crescere del prezzo.

𝛆Qˢ,P = ∆Qˢ/∆P • P/Qˢ

ELASTICITÀ NEL BREVE E LUNGO PERIODO

La curva di domanda di breve periodo è inerente a un lasso di tempo in cui i consumatori non sono in condizione di adattare
pienamente i propri comportamenti a seguito di variazioni di prezzo. La curva di domanda di lungo periodo è inerente a un
lasso di tempo in cui i consumatori sono in condizione di adattare pienamente i propri i comportamenti a seguito di variazioni
di prezzo. Nel lungo periodo la domanda è più elastica di quella nel breve poiché c’è più tempo per reagire e quindi la reazione
dei consumatori e dei produttori è più ampia.

Es. magari nel breve se sale il prezzo di un bene puoi accettarlo e continuare a comprarlo, ma nel lungo ti arrangi in funzione di
questo cambiamento prendendo provvedimenti e comprandone di meno, magari. Lo stesso vale per l’offerta.

Es. Domanda. Sale il prezzo del gas. Nel breve periodo c’è una piccola ed irrisoria riduzione di domanda, amen, ma nel lungo mi
arrangio comprando caldaie che consumano di meno.

Es. Offerta. Sale il prezzo di un prodotto che produco. Non posso aumentare nel breve l’offerta, perché probabilmente non ho
immediatamente il numero di macchinari necessario per produrre questa offerta in più, pertanto mi servirà tempo per aumentare
l’offerta. Può anche succedere il contrario: nel breve l’elasticità della domanda è più elevata del lungo.
Esempio: Sono una compagnia aerea. Sale il prezzo di aereo commerciale, decido di non comprarne più di nuovi, ma di tenermi
quello vecchio per più tempo aumentandone la vita utile.

ELASTICITÀ DELLA DOMANDA E RICAVO TOTALE

Il ricavo totale è graficamente un rettangolo, così calcolato:

TR = P • Q

Il ricavo totale sale al crescere del prezzo se la domanda è anelastica. Il ricavo totale scende al crescere del prezzo se la domanda è
elastica. Per questo i beni che hanno il sostituto (come i beni di consumo) hanno un prezzo stabile nel tempo: la loro domanda
è elastica e pertanto un aumento di prezzo genererebbe una riduzione dei ricavi in quanto i consumatori opteranno facilmente
per il bene sostituto il cui prezzo non è aumentato).

Il Moltiplicatore di Lagrange

Attraverso il metodo di Lagrange si può risolvere problemi di massimo vincolato costruendo una nuova f unzione ausiliaria
detta Largangiana, data da

∧ (𝓍, 𝓎, λ) = F(𝓍, 𝓎) - λG(𝓍, 𝓎)

È una somma algebrica tra funzione obiettivo F(𝓍, 𝓎) e vincolo G(𝓍, 𝓎) moltiplicato per uno scalare ignoto λ comunemente
detto Moltiplicatore di Lagrange. Una volta costruita la funzione ausiliaria se ne calcolano le ∂ parziali rispetto alle incognite
𝓍, 𝓎, λ e poi le si impongono = 0.

Es. Nel caso del pastore, abbiamo 𝓍 = L; 𝓎=W ed F metri di steccato. Quindi sapendo che la funzione LW (area del rettangolo) è la
funzione obiettivo da massimizzare e il vincolo sono i metri di steccato 2L+2W=F, scrivibile come 2L+2W-F=0 costruiamo la
funzione ausiliaria (L,W, λ) come LW- λ(2L+2W – F) e la pongo uguale a 0.

LW- λ2L+λ2W – λF = 0

Derivo per L. Ottengo W- λ2=0, sposto, W = 2 λ

Derivo per W. Ottengo L- λ2=0, sposto, L = 2 λ.

Derivo per λ. Ottengo 2L+2W-F= 0.

Sapendo che W = 2λ e L =2λ, avrò 4λ+4λ=F. 8λ=F, quindi λ = F/8.

A questo punto sostituiamo λ=F/₈ in L e W per sapere le dimensioni di L e W. Essendo entrambi 2λ, saranno entrambi F/₄ .
Avremo un quadrato il cui lato deve essere ¼ dei metri di steccato F.

COMMENTO: Si evince da questo esempietto del pastore un’importante considerazione geometrica: a parità di perimetro, un
quadrato ha area maggiore di qualunque rettangolo non quadrato. Ora, gli amanti della geometria suggeriranno che una
circonferenza sarebbe stata ancora meglio del quadrato (è infatti la figura con la massima area), ma nella nostra narrazione il
nostro pastore era… per una qualche ragione non citata… obbligato a fare un quadrilatero. Affari suoi. A noi importa del
meraviglioso operato di Lagrange, e soprattutto della genialità che ha portato Leibnitz a considerare il significato geometrico del
concetto di derivata. Cosa che sicuramente il nostro pastore conosce. Vero?
PREFERENZE E UTILITÀ
Le scelte del consumatore servono a ricavare la curva di domanda di un bene o servizio, rilevante per il ricavo e quindi profitto
dell’impresa. Il governo può servirsene per valutare gli effetti di politiche di intervento. Il governo potrebbe infatti
regolamentare il mercato così da produrre effetti di interesse collettivo, ossia dei singoli individui che compongono quel corpo
sociale.

LE PREFERENZE

Un piano, o paniere, di consumo è una combinazione di beni e servizi disponibili a un consumatore. Le preferenze del
consumatore rappresentano l’ordine dei piani di consumo, in base a una valutazione soggettiva in termini di desiderabilità. Ad
esempio, se A e B sono piani di consumo, essi sono ordinati in base alle preferenze del consumatore se A è preferito a B, o, in
simboli, A ≽ B. Le preferenze hanno degli assiomi fondamentali.

Assiomi delle Preferenze

● Completezza

Secondo questo assioma queste valutazioni soggettive conducono sempre il consumatore ad ordinari piani di consumo. Non
esiste, pertanto, secondo questo assioma, la circostanza in cui egli è indeciso. I casi sono quindi 3:

- A≽B
- B≽A
- A~B (indifferenza).

● Transitività

𝗶𝗽) A ≽ B, B ≽ C

𝘁𝗵) A ≽ C

Sembrerebbe perfettamente logico, eppure non è sempre valido.

Esempio: Processo di Condorcet. Se 3 cittadini 1,2,3 alle urne preferiscono il politico A, B o C in questo modo:

1. A≽B≽C
2. B≽C≽A
3. C≽A≽B

Tra A e B per maggioranza vince A (A ≽ B). Tra B e C vince B (B ≽ C). Allora vuol dire che il politico A ≽ C, ma se si controlla lo
schema per maggioranza C viene preferito ad A, quindi c’è una intransitività delle preferenze. In economia questo diventa un
problema di portata enorme.

● Non Sazietà

Se si prende un paniere di abbigliamento e cibo (graficamente) come punto B in un’area sovrastante la sazietà A allora B viene
preferito ad A. In parole semplici, l’essere umano non è mai sazio e vuole sempre di più; o meglio preferisce sempre un piano di
consumo che dia un’utilità maggiore rispetto ad un altro.

● Continuità

Piccole variazioni di A e B non cambiano la preferenza. Se ci si sposta di poco in un intorno di A e di B, la preferenza A ≽ B sarà
sempre valida per A’ ≽ B’. Inoltre, l’ordinamento delle preferenze può essere ordinale e cardinale. L’ordinamento ordinale
fornisce semplicemente informazioni circa l’ordine, secondo cui un consumatore classifica i piani di consumo. Il cardinale,
invece, fornisce informazioni circa l’intensità delle preferenze del consumatore. Sebbene l’ordinamento cardinale contenga
maggiori informazioni, l’ordinamento ordinale è sufficiente per spiegare le scelte del consumatore nella teoria moderna di
utilitarismo.

FUNZIONE DI UTILITÀ

Tale funzione assegna un valore di utilità U a ciascun piano, cosicché

A ≽ B ⇒ U (A) ≽ U (B)

È un concetto ordinale poiché la grandezza rappresentata non è un valore propriamente, ma solo un livello di utilità. Le
proprietà della funzione di utilità sono le stesse delle preferenze.

UTILITÀ MARGINALE

Sia data la funzione U(𝓎) = U dove 𝓎 è la quantità di un bene consumato dall’individuo. Pertanto ∆U è il saggio a cui varia il
livello di utilità totale in funzione di ∆𝓎. Il saggio di utilità marginale MU𝓎 si ottiene calcolando la derivata parziale della
Funzione Utilità rispetto alla variabile 𝓎. In simboli, usiamo U(𝓎) come utilità e MU𝓎 come utilità marginale, dove
ovviamente MU𝓎 = ∂U/∂𝓎. L’utilità cresce al crescere del bene consumabile. L’utilità marginale invece decresce.

Esempio:

U(𝓎) = √𝓎

MU𝓎 =¹/2√𝓎

Osserviamo che in questo caso se 𝓎 sale, nella curva U(𝓎) i valori salgono, mentre nella MU𝓎 scendono.

Il paradosso dell’acqua e dei diamanti

“Nulla è più utile dell’acqua, ma difficilmente con essa si comprerà qualcosa, difficilmente se ne potrà avere qualcosa in cambio.
Un diamante, al contrario, ha difficilmente qualche valore d’uso, ma in cambio di esso si può ottenere una grandissima quantità
di beni.”

Adam Smith, La ricchezza delle Nazioni, 1776

Com’è possibile che qualcosa di più utile generi meno interesse e quindi abbia meno valore di qualche cosa di meno utile? La
distinzione tra utilità totale e utilità marginale risolve il paradosso della divergenza tra valore di scambio (prezzo) e valore d’uso
(utilità) delle merci. Infatti gli individui sono disposti a pagare sulla base delle rispettive utilità marginali, e dunque i prezzi
risultano determinati da tali utilità marginali. Per esempio: dopo giorni che vaghiamo perduti nel deserto, se incontrassimo un
nomade che ci propone un diamante od una tanica d’acqua allo stesso prezzo (altissimo), vorremmo l’acqua. Saremmo disposti
a pagarla un milione, anche se non sarebbe un affare di mercato, certamente meno della medesima somma spesa in diamanti: ma
in quel momento l’utilità dell’acqua è più alta di quella del diamante. Se l’incontro col nomade si ripetesse ogni giorno, ad un
certo punto la nostra domanda di acqua sarebbe soddisfatta e arriveremmo a scegliere il diamante. L’unità aggiuntiva di acqua
(e di ogni bene) è inferiore alla precedente, il che genera una funzione decrescente.

CURVE DI INDIFFERENZA

Una Curva di Indifferenza è un insieme di piani di consumo a cui il consumatore assegna lo stesso valore di utilità.

Una Mappa di Indifferenza mostra l’insieme delle Curve di Indifferenza di un consumatore. È una costruzione di due o più
piani di consumo in cui l’utilità è uguale ossia U(𝓍) = U(𝓎) ossia 𝓍~𝓎: per il consumatore è convenientemente uguale possedere
una data quantità di bene 𝓍 o del bene 𝓎.
Fissato un livello di utilità (es. U = 4), intesa come area dei quadrati generati dai piani di consumo A, B e C (le combinazioni di
A, B e C hanno 𝓍 • 𝓎 = 4, poiché l’area di un quadrato è base • altezza), intersecando A, B e C si crea una linea. Quella è la Curva
di Indifferenza. Logicamente ad utilità più alte corrisponderanno coordinate di 𝓍 ed 𝓎 più alte, con conseguenti curve
progressivamente crescenti.

Il consumatore sceglierà indifferentemente A, B o C in quanto l’utilità è sempre 4.


Proprietà delle Curve di Indifferenza

● Se il consumatore non è saziato dei due beni, le curve hanno pendenza negativa. Se mantengo inalterata l’utilità, ossia
l’area del quadrato dato da una certa combinazione U(𝓍,𝓎), modificando la forma del quadrato, vorrebbe dire che
riduco 𝓍 tanto di quanto aumento 𝓎 o viceversa, trasformando quadrati in rettangoli. I piani di consumo così creati
generano punti che se li leghiamo tra loro con la Curva di Indifferenza generano una curva con pendenza negativa.

● Le curve non possono intersecarsi

● Per ogni piano passa una ed una sola curva

● Le curve non sono spesse (si violerebbe l’assioma di non sazietà)

SAGGIO DI SOSTITUZIONE

Con saggio di sostituzione si intende l’accrescere l’impiego di una risorsa al costo di ridurne un’altra. Si sostituisce l’una per
l’altra.

È il saggio a cui il consumatore è disposto a cedere una quantità di bene 𝓎 per ottenere un bene 𝓍, a pari livello di utilità.

Il saggio marginale di sostituzione misura la disponibilità di un consumatore a sostituire un bene con un altro mantenendo lo
stesso livello di soddisfazione. Geometricamente, il saggio marginale di sostituzione è pari alla pendenza della Curva di
Indifferenza. Si può anche esprimere come rapporto tra le utilità marginali, cioè MU𝓍/MU𝓎.

Se MRS𝓍,𝓎 è 2, vuol dire che un consumatore è disposto a rinunciare a 2 unità di 𝓎 per avere 1 unità di 𝓍. Quindi
automaticamente vorrà cedere 4𝓎 per 2𝓍, e così via: si crea una retta la cui pendenza di tale retta è il MRS𝓍,𝓎. Quindi, basterà
cambiare di segno la pendenza della retta passante per quel punto per conoscere MRS𝓍,𝓎.

Esempio

Se U(𝓍,𝓎) = 𝓍𝓎

MU𝓍 = ∂U/∂𝓍 = 𝓎

MU𝓎 = ∂U/∂𝓎 = 𝓍

Pertanto il saggio marginale di sostituzione

MU𝓍/MU𝓎 = 𝓎/𝓍

MRS𝓍,𝓎 = 𝓎/𝓍

Esso diminuisce all’aumentare di 𝓍 e al ridursi di 𝓎.

Altro esempio:

Se al contrario abbiamo un MRS crescente, tipo:

U(𝓍,𝓎) = 𝓍²+𝓎²

MU𝓍 (𝓍,𝓎) = 2𝓍

MU𝓎 (𝓍,𝓎) = 2𝓎

Il saggio sarà

MU𝓍 / MU𝓎 = 𝓍/𝓎

Esso aumenta all’aumentare di 𝓍 e al ridursi di 𝓎.


STUDIO DI UTILITÀ PARTICOLARI

Ci sono dei beni non sostituibili del tutto, tipo la birra col vino. Infatti, la forza opposta alla sostituibilità è la complementarità.
Logicamente le carte in gioco sono sempre le preferenze. Le apoteosi di questi due concetti sono i perfetti sostituti e i perfetti
complementi. Abbiamo diviso le merci sostitute dalle merci complementari nella percezione del consumatore a seconda delle
sue abitudini.

Perfetti Sostituti

U(𝓍,𝓎) = a𝓍 + b𝓎

𝓍 e 𝓎 sono le quantità delle merci consumate che saranno le variabili che ci servono per capire le quantità ottime. a e b sono
costanti note. Differenziamo la funzione rispetto alle due variabili così da determinare le due utilità marginali.

MU𝓍 = a

MU𝓎 = b

Il saggio marginale di sostituzione è MRS𝓍,𝓎 = MU𝓍/MU𝓎 = a/b. Qualora il MRS𝓍,𝓎 fosse costante, ossia senza variabili che
compaiono come nel suo risultato, i beni sono perfetti sostituti (esce una frazione senza 𝓍 e 𝓎). Ciò significa che si può
perfettamente sostituire un bene all’altro, in termini di utilità, costantemente, da un paniere estremo senza uno dei due beni
fino al caso opposto, cosa che - se la curva non fosse dritta, ma inclinata (e quindi con una variabile che compare nel MRS𝓍,𝓎) -
non sarebbe fattibile costantemente. Nei perfetti sostituti tale saggio risulta rimanere costante con l’aumento di 𝓍 e con la
riduzione di 𝓎 e viceversa. In questo specifico caso (dei perfetti sostituti) le Curve di Indifferenza sono rette.

Perfetti Complementi (Funzione di Leontief )

U(𝓍,𝓎) = 𝓂𝒾𝓃 {a𝓍, b𝓎}

Tali piani di consumo soddisfano

𝓍 = Ū/a e 𝓎 ≥ Ū/b ⇒ Ū = a𝓍

oppure

𝓍 ≥ Ū/a e 𝓎 = Ū/b ⇒ Ū = b𝓎
Qualora i beni siano perfetti complementi, U(𝓍,𝓎) = 𝓂𝒾𝓃 {𝓍,𝓎 }. In questo specifico caso, antitesi dei perfetti sostituti, le Curve
di Indifferenza sono descritte da un angolo retto con vertice in corrispondenza del piano di consumo. C’è una totale assenza di
sostituibilità di un bene con l’altro. Il vertice dell’intersezione sarà (Ū/a, Ū/b). Non potendo derivare, la condizione di
tangenza (che vedremo più avanti) si calcolerà ponendo

𝛂𝓍 = 𝛃𝓎.

Esempio: scarpa destra e scarpa sinistra. Tante devono essere le scarpe destre quanto le sinistre. Non me ne faccio nulla di 3 scarpe
destre e 2 sinistre: l’utilità del paniere sarà data dal minimo tra i due valori 𝓍 e 𝓎, in questo esempio avremmo 𝑚𝑖𝑛 {2,3}, sicché
l’utilità sarebbe comunque di due paia, anche se ho una terza scarpa spaiata.

Funzione di utilità di Cobb-Douglas

U(𝓍,𝓎) = 𝓍ᵅ𝓎ᵇ in cui a e b sono costanti positive.

MU𝓍 (𝓍,𝓎) = ∂U/∂𝓍 = a𝓍ᵅ⁻¹𝓎ᵇ

MU𝓎 (𝓍,𝓎) = ∂U/∂𝓎 = 𝓍ᵅb𝓎ᵇ⁻¹

Il saggio di sostituzione è MU𝓍/MU𝓎 = a𝓍ᵅ⁻¹𝓎ᵇ/𝓍ᵅb𝓎ᵇ⁻¹ = a/b • 𝓎/𝓍. Sicché, il saggio decresce all’aumentare di 𝓍 e al ridursi di 𝓎.
LA SCELTA DEL CONSUMATORE
Vincolo di bilancio

P𝓍𝐗 + P𝓎𝐘 ≤ 𝐼

Il vincolo di bilancio è il vincolo secondo cui si esprimono i vari piani di consumo: il limite di quel vincolo è il reddito
disponibile.

Retta di Bilancio

Essa rappresenta i piani di consumo che esauriscono interamente il reddito disponibile. Date 𝓍 e 𝓎 quantità di beni domandate,
con P𝓍 e P𝓎 prezzi delle merci e con 𝐼 reddito disponibile, la Retta di Bilancio è data da:

P𝓍 • 𝐗 + P𝓎 • 𝐘 = 𝐼

Esempio:

𝐼 = 800€; P𝓍 = 20; P𝓎 = 40

20𝓍 + 40𝓎 = 800

Graficamente si avrà una ╲ con inclinazione -½ che tangerà i punti in cui si ha 800 come combinazione, ossia:

quantità cibo • prezzo di cibo + quantità abbigliamento • prezzo abbigliamento = 800.

Int Y = quantità di 𝓎 se dedicassi tutto 𝐼 in abbigliamento (𝐼/P𝓎)

Int X = quantità di 𝓍 se dedicassi tutto 𝐼 in cibo (𝐼/P𝓍)

Ovviamente la pendenza della BL (balance line) è data dal rapporto tra i prezzi P𝓍/P𝓎 con segno opposto ⇒ -20/40 = -½.

Spostamento della Retta di Bilancio

Se il reddito aumenta, la retta si sposta verso l’alto (ovviamente l’inclinazione sarà la stessa) e tangerà nuovi piani di consumo
con le stesse proporzioni. Per capire di quanto sale l’immagine della retta si vede l’Int Y quanto sale in funzione del reddito (es.
Se il reddito sale a 1000, Int Y sarà 25 ⇒ 25-20 = 5. ∆𝑓 = 5)

Inclinazione della Retta di Bilancio

L’inclinazione della retta è data dal rapporto tra i prezzi. Sicché varia se cambia il prezzo. Avviene se, per esempio, varia il prezzo
del cibo da 20 a 25€ per unità (quindi P𝓍 = 25€) con P𝓎 invariato (resta 40). La pendenza della retta che è data da P𝓍/P𝓎 sarà
ora 25/40 = ⅝, quindi più ripida di 20/40 = ½ (prima del cambiamento del prezzo): questo perché ora che il prezzo è salito a 25
possono comprarmene di meno, infatti l’area sottostante la BL sarà inferiore rispetto a quella della BL exante. Si deduce con ciò
che ora (condizione expost) 5 unità di abbigliamento si scambiano con 8 unità di cibo. Una variazione del prezzo di un bene
sposta l’intercetta con l’asse del bene deprezzato verso l’origine se è un apprezzamento, verso l’infinito se c’è un deprezzamento.

LA SCELTA OTTIMA

Obiettivo: Massima utilità

Vincolo: Vincolo di bilancio

Vogliamo analizzare come si comporta il consumatore in base ai prezzi. Lo scopo del consumatore è, dati i prezzi ed il reddito,
allocare il suo denaro in modo da ottenere la massima soddisfazione così come misurata dalla sua utilità. Dobbiamo, in altri
termini, studiare un ottimo vincolato. Un esempio di questa scelta è:

𝓂𝒶𝓍 U(𝓍,𝓎)

s.v. P𝓍𝐗 + P𝓎𝐘 ≤ 𝐼

(che poi sarebbe il vincolo di bilancio)


Sul grafico rappresentiamo la Curva di Indifferenza del generico consumatore (saggio marginale di sostituzione decrescente)
lungo la quale Ū è costante e oltre la quale in senso ↗︎ i piani di consumo avrebbero Ū maggiore e in senso ↙︎ i piani di consumo
avrebbero Ū minore. Rappresentiamo anche la Retta di Bilancio lungo la quale i piani sono congruenti col reddito
disponibile (i piani ↗︎ richiederebbero reddito → 𝐼 , i piani ↙︎ avrebbero reddito < 𝐼). Il consumatore pertanto può solo scegliere
piani uguali o inferiori alla retta, poiché vive nel regno della scarsità in cui il suo soddisfacimento è limitato dal reddito che può
spendere.

Una volta chiariti questi strumenti, identificato un piano di consumo, si traccia la Curva di Indifferenza. Se la Curva di
Indifferenza intersecata con l’area genera uno spazio, un’area, la scelta di quel piano non è ottima poiché esiste un’alternativa
(un altro piano) per cui si potrebbe accrescere l’utilità senza violare il vincolo di bilancio (comunque sotto la retta).

Nel grafico, il piano B è più conveniente di A, poiché sempre ≤ alla Retta di Bilancio (ma con Ū maggiore, infatti ŪA < ŪB).
Solo quando la curva tangerà la retta senza avere aree al di sotto, avremo la scelta ottima.

A è la scelta ottima poiché unica intersezione tra massima utilità e reddito disponibile.

In altre parole:

Identificare la scelta ottima equivale al cercare la Curva di Indifferenza più in alto ↗︎ possibile (per assioma di non sazietà)
dato il vincolo dei prezzi. Nel grafico, la Retta di Bilancio ╲ è data, e la possiamo pitagoricamente rappresentare dai dati forniti.
Allora, il piano di consumo ottimo - rappresentato dalle varie Curve di Indifferenza - deve per forza essere collocato lungo la
Retta di Bilancio: non sotto, perché altrimenti ci sarebbero soldi disponibili non spesi senza motivo, non sopra, perché tali
panieri - per quanto preferiti - non sono acquistabili.

Scartiamo quindi a priori i piani su curve superiori alla BL. In corrispondenza ai piani inferiori all’ottimo (con inferiori
intendiamo piani su curve di indifferenza più vicine all’origine) osserviamo che la pendenza della retta tangente alla curva di
indifferenza (la derivata della curva di indifferenza) è diversa rispetto a quella della Retta di Bilancio (tranne in un punto).
Algebricamente,

MRS𝓍,𝓎 ≠ P𝓍 / P𝓎

Infatti, una curva di indifferenza inferiore (più vicina all’origine), per panieri che sono anche panieri lungo la BL, ha
inclinazione: più ripida di quella della BL se più in alto del punto in cui l’inclinazione è uguale, meno ripida di quella della BL
se più in basso del punto in cui l’inclinazione è uguale. E questo vale anche per panieri che non sono anche lungo anche la BL,
tranne uno, per cui invece vale MRS𝓍,𝓎 = P𝓍/P𝓎, ossia per quel paniere incontriamo la stessa pendenza: ciononostante, tale
paniere non sarà comunque ottimo in quanto l’utilità non sarebbe massimizzata, infatti esistono curve di indifferenza superiori
a quel paniere che comunque rispettano il vincolo di bilancio: e infatti tale paniere non rispetta la condizione di tangenza con la
retta di bilancio (il reddito non è interamente speso).

Nella scelta ottima, invece, vi è condizione di tangenza, e:

MRS𝓍,𝓎 = P𝓍 / P𝓎

Cioè la pendenza della retta del saggio di sostituzione equivale alla pendenza della Retta di Bilancio.

Quindi la scelta ottima deve avere due condizioni soddisfatte:

1. La Curva di Indifferenza deve tangere la retta


2. MRS𝓍,𝓎 = P𝓍 / P𝓎

Il saggio al quale il consumatore è disposto a sostituire la merce 𝓍 alla merce 𝓎 è uguale al saggio al quale queste merci si
scambiano sul mercato, e il reddito è interamente speso.

La 𝐂𝐨𝐧𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐓𝐚𝐧𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚

Riassumiamola. Ora, osservando che MRS𝓍,𝓎 = MU𝓍/MU𝓎, abbiamo

MU𝓍/MU𝓎 = P𝓍 / P𝓎

L’uguaglianza tra le utilità marginali ponderate

Un’altra interpretazione della formula da imporre (quella della condizione di tangenza) è una riorganizzazione algebrica
dell’equazione, moltiplicando per entrambi i lati MU𝓎 e dividendo entrambi i lati per P𝓍. Otteniamo:

MU𝓍/P𝓍 = MU𝓎 / P𝓎

(Utilità marginale ponderata 𝓍 = utilità marginale ponderata 𝓎 )

La 𝐂𝐨𝐧𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐓𝐚𝐧𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 si può infatti anche esprimere come uguaglianza tra le utilità marginali ponderate.
Perché farlo? Spesso porla così semplifica lo svolgimento dell’equazione nell’intento di isolare la variabile interessata.
L’ottimo vuole quindi o la condizione di tangenza o l’uguaglianza tra le utilità marginali ponderate. Io personalmente preferisco
usare l’uguaglianza tra le ponderate rispetto alla condizione di tangenza (dopotutto, poco cambia). Se MU𝓍 / P𝓍 > MU𝓎 /P𝓎
allora l’utilità marginale di merce 𝓍 è maggiore di quella di 𝓎, stando ai loro prezzi (𝓍 “è più interessante” di 𝓎, confrontandoli e
stando ai loro prezzi), in tal caso il consumatore dovrebbe ridurre a 0 la spesa di merce 𝓎 per una spesa unica in merce 𝓍 per
massimizzare la sua utilità. Lo stesso varrebbe per il contrario (in cui 𝓎 è più interessante di 𝓍), caso in cui massimizzerà la sua
utilità spendendo tutto il reddito per il bene più utile, ossia 𝓎 (soluzione d’angolo). Una soluzione d’angolo si ottiene
quando non vi è uguaglianza delle utilità marginali ponderate, ma viene tipo “¾ = ½”: non è vero, ¾ è maggiore di ½, allora
vuol dire che 𝓍 è più interessante di 𝓎, allora massimizzo la mia utilità comprando solo 𝓍 e non 𝓎. Il consumatore ha invece un
paniere interno per cui è indifferente, sia in termini di utilità che di soldi, se vige l’uguaglianza delle utilità marginali ponderate
dei due beni (o del saggio marginale di sostituzione ed il rapporto tra i prezzi: condizione di tangenza).

In conclusione:

In corrispondenza di un piano di consumo ottimo l’utilità marginale per euro speso di ognuna delle due merci è la medesima.

Esempio:
Lo spiego meglio.

Questo esempio prende in esame l’utilità Cobb-Douglas, cioè U(𝓍,𝓎) = 𝓍𝓎. Per la risoluzione del quesito seguiremo i seguenti
passaggi mentali:

1) Calcoliamo MU𝓍 derivando per 𝓍 la funzione utilità → MU𝓍 = 𝓎


2) Calcoliamo MU𝓎 derivando per 𝓎 la funzione utilità → MU𝓎 = 𝓍.

MRS𝓍,𝓎 = MU𝓍/MU𝓎 = 𝓎/𝓍

3) Creiamo un sistema con al primo argomento la condizione di tangenza, al secondo argomento la retta di
bilancio. Userò la formula con la condizione di tangenza per scelta totalmente casuale, rispetto alla formula
dell'uguaglianza tra le utilità marginali ponderate. Non cambia nulla. Potremmo usare anche l’altra (MU𝓍/P𝓍 =
MU𝓎/P𝓎)
- Primo argomento: La tangenza richiede MU𝓍/MU𝓎 = P 𝓍/P 𝓎

ossia

𝓎/𝓍 = 20/40

ossia

𝓎/𝓍 = ½

ossia

𝓎 = ½𝓍

- Secondo argomento: la Retta di Bilancio è P𝓍𝐗 + P𝓎𝐘 = 𝐼 sicché sostituisco i dati del testo

20𝓍 + 40𝓎 = 800

E adesso? Beh, qui parte il senso di aver fatto un sistema. Infatti per quel 40𝓎 sostituiremo 𝓎 = ½𝓍. Avremo

20𝓍 + 40 • (½ 𝓍) = 800

ossia

20𝓍 + 20𝓍 = 800

ossia
40𝓍 = 800

𝓍 = 800/40

𝓍 = 20

Fantastico. E sapendo che 𝓎 = ½𝓍, essendo 𝓍 = 20…

𝓎 = 10.

La scelta ottima del nostro consumatore si avrà nell’acquistare 20 unità della merce 𝓍 e 10 unità della merce 𝓎.

Logicamente, in questo caso di Cobb-Douglas, U(𝓍,𝓎) = 𝓍𝓎. L’esempio è tale per semplificare i calcoli di MU𝓍 e MU𝓎 e quindi
MRS𝓍,𝓎; ma ovviamente questo procedimento è valido anche con U(𝓍,𝓎) diverse.

La minima spesa

È un modo alternativo per determinare la scelta ottima. Questo modello serve al consumatore per capire quant’è il minimo che
deve spendere per essere soddisfatto.

𝓂𝒾𝓃 P𝓍𝐗 + P𝓎𝐘

s.v. U(𝓍,𝓎) = Ū

I problemi di massima utilità e minima spesa sono duali l’un dell’altro. Il piano ottimo infatti, dato il vincolo del reddito,
minimizza il livello di spesa necessaria per raggiungere il conseguente livello di utilità. In questo caso, a differenza del
precedente, il vincolo diventa l’obiettivo, mentre l’obiettivo diventa il vincolo.

Soluzioni d’angolo

Una soluzione d’angolo si verifica quando il piano ottimo non contiene una delle merci. In questo caso, la Retta di Bilancio non
può essere tangente alla Curva di Indifferenza, poiché la scelta ottima interseca uno degli assi.
Se il saggio di sostituzione (che è la derivata della Curva di Indifferenza, ossia MU𝓍/MU𝓎) ha coefficiente maggiore del
rapporto tra i prezzi (che è la Retta di Bilancio) allora vuol dire che l’utilità marginale del bene sulle ascisse è più alta di quello
sulle ordinate, quindi l’utilità crescerà se mi sposto verso destra (𝓍 sale e 𝓎 scende). Se, però, quest’uguaglianza tra saggio e Retta di
Bilancio (𝐂𝐨𝐧𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐓𝐚𝐧𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚) non venisse raggiunta mentre mi sposto, a un certo punto intersecherei le ascisse, con 𝓎 = 0: il
paniere è sicché composto solo da cibo. Questa è una soluzione d’angolo. Analogamente il discorso si sarebbe potuto fare nell’altro
senso, in cui 𝓍 = 0 e 𝓎 = I.

SCELTA OTTIMA CON BENE COMPOSITO


Finora ci siamo limitati a sole due merci, quando invece il mondo ha molto più di una merce. In questa nuova teoria abbiamo
come variabili una merce soggetta a mercato, ed un “tutto il resto” aggregato, detto bene composito. 𝓍 sarà la merce certa,
mentre 𝓎 sarà il bene composito.

Ipotizzando un governo che contribuisce denaro alla popolazione con l’obiettivo di innalzare i metri quadrati disponibili ad ogni
cittadino. Se ℎA non fosse politicamente soddisfacente, e per ragioni di benessere lo Stato con intervento di politica economia desse
un sussidio S da essere speso in mq o in altri beni, questo S si somma a 𝐼 e la Retta di Bilancio ╲ si alza.

Qualora lo Stato intervenisse invece con un buono spesa esclusivamente abitativo, S dovrebbe essere usato solo per aumentare i mq.
In tal caso la retta si sposterebbe verso destra, e questo (rispetto al sussidio generico) elimina un’area di soddisfazione del
consumatore (il triangolo EIF). In questo caso l’utilità del buono spesa è uguale a quella del contributo generico (ma è solo un caso,
di solito non è così).
Con V buono abitativo, c’è uno spostamento → di K unità, con l’obiettivo di creare una domanda di hB per via del nuovo vincolo
IRG (senza triangolo EIR), e la curva è U2, con ottimo in R. Se V fosse sussidio generico, il nuovo vincolo non è “spezzato” con
spigolo in R: si crea tranquillamente 0EG: in questo secondo caso l’utilità del consumatore è maggiore (la curva passa per F),
tuttavia la domanda di consumo abitativo è hF non hB, quindi lo stato non ha ottenuto l'obiettivo prefissato. Per farlo dovrebbe
infatti aumentare V facendolo diventare S, così da raggiungere hB. Pertanto, ad un governo che ha l'obiettivo di accrescere la
domanda di servizi abitativi fino a raggiungere una soglia di consumo accettabile, costa di meno (è più efficace) un buono spesa
rispetto ad un sussidio generico.

Si rappresenta un caso in cui il consumatore appassionato di musica deve investire interamente il suo reddito di 300€ in CD (sulle
ascisse) e altri beni (sulle ordinate). Da non socio i CD li paga 20€ l’uno, pertanto ne potrà comprare al massimo 15 (15 x 20€ =
300€), oppure di meno a fronte di una possibilità di acquistare bene composito, creando la Retta di Bilancio BL₁. Aderendo invece
ad un club, il cui costo d’iscrizione iniziale è di 100€, potrebbe comprare CD a 10€ anziché 20€. Tanto è che allora, pur avendo
pagato 100€ di iscrizione, con i restanti 200€ potenzialmente potrebbe comprare 20 CD (al massimo; comunque avrebbe a
disposizione tutti i piani di consumo della retta BL₂: il consumatore sarà allora interessato ad iscriversi al club, infatti U₂ > U₁).
La pendenza della retta indica logicamente l’influenza delle 𝓍 su 𝓎, ossia un’unità di 𝓍 in più infierisce di 10€ sul valore
rappresentato sulle 𝓎.

PREFERENZE RIVELATE
Questa teoria serve ad estrarre le preferenze del consumatore osservandone il comportamento (e non le preferenze). Questa è
una tecnica di vendita importante, poiché se il venditore conosce le preferenze del compratore allora è in grado di stabilire il
prezzo ottenendo il massimo profitto dal mercato. Se a parità di costo un consumatore sceglie A e non B, si dice che A è
debolmente preferito a B (A ≿ B). Se C è più caro di D ma viene preferito comunque, allora C è strettamente preferito a D (C ≻
D).

Se su BL₁ sceglie A, vuol dire che preferisce A a tutti i piani possibili su BL₁, compreso C. Quindi sceglie A a tutti gli altri piani su
BL₁, il che significa che A è ≿ C. La Curva di Indifferenza del piano A non può essere né sotto al quadrato blu, né al suo interno,
per assioma di non sazietà. Ora, C è al di sopra di B sia in 𝓍 che in 𝓎: è su una BL diversa, pertanto possiamo dire con certezza che
C ≻ B. Se in BL₂ il consumatore sceglie B, B ≿ D allora per l’assioma di transitività deduco che A ≻ B.

Con questo meccanismo riesco a collocare le Curve di Indifferenza in aree sempre più ristrette, fino ad arrivare al ricavarle
quasi con precisione. Farlo garantisce un potere immenso in quanto si conosce perfettamente le preferenze del consumatore,
ossia la curva di domanda, il che significa saper estrarne il massimo profitto.

Ciò ci porta all’assioma delle preferenze rivelate.

ASSIOMA DELLE PREFERENZE RIVELATE

𝗶𝗽) Il consumatore ha scelto il piano A al piano B, in una condizione in cui invece poteva scegliere B (prima disequazione). A ≽
B. Se la scelta è ottima, vuol dire che B è in un’area al di sotto della BL₂ (seconda disequazione: i prezzi di B in B sono inferiori ai
prezzi di B in A).

𝘁𝗵) Alla luce di ciò, possiamo renderci conto che se un domani egli dovesse scegliere B, allora vorrebbe dire che A non è più
disponibile.

Graficamente si deduce che se B richiedeva una spesa inferiore e se non è stato scelto allora vuol dire che A era preferito a B, ma
se dopo viene scelto a B vuol dire che dopo non ha i soldi disponibili per comprare A, o A non è più reperibile sul mercato. A
volte tuttavia questo assioma viene violato.

Il consumatore in BL₁ esprime A ≿ C. Poiché C è in alto a destra di B, si deduce che C ≻ B. Allora per transitività A ≻ B. Ora, in
BL₂ B ≿ D. Dal momento che D è in alto a destra di A, se ne deduce che D ≻ A. Questo implicherebbe che B ≻ A, ma nell’equazione
prima A ≻ B. Questo significa che il consumatore non sempre sceglie il paniere ottimale!!

Osserviamo allora che se cade l’assioma di transitività, cadono le preferenze rivelate.


LA SCELTA INTERTEMPORALE
Finora abbiamo detto che possiamo interpretare le scelte del consumatore sotto vincolo di bilancio. La questione della scelta
ottima con bene composito si applica anche nel caso della scelta intertemporale. Il problema della Scelta Intertemporale si pone
quando la dotazione di un individuo è costituita da un reddito nel primo periodo e un reddito nel secondo periodo, e
l’individuo deve scegliere come distribuire il consumo tra i due periodi. Il ruolo dei mercati finanziari è di allocare nel tempo
somme di denaro attraverso risparmio e indebitamento. La preferenza temporale del consumatore è data dall’impazienza: a
parità di condizioni l’individuo preferisce i soldi oggi piuttosto che domani, quindi per indurre l’astensione al volere i soldi oggi
(indurre a risparmiare) è necessario corrispondergli un interesse (positivo).

Il consumatore deve scegliere se indebitarsi o risparmiare tra l’anno 1 e l’anno 2. Intesi reddito I₁ e I₂ come anno 1 e anno 2 e il
consumo C₁ e C₂, e il tasso di interesse r, è chiaro che la presenza dei mercati finanziari (un punto B, per esempio) genera un
vantaggio all’uomo, infatti con esempio di C₁B, il beneficio è dato dall’indebitamento. Analogamente vi sarebbe beneficio anche
nell’increditamento (deposito in titoli con rendimento). 1+r è il prezzo del consumo corrente rispetto al consumo futuro, ossia la
pendenza della Retta di Bilancio (-1+r). Chiaramente in questo esempio si immagina che il tasso d’interesse sul credito sia uguale
a quello sul debito, ma non è sempre così. Infatti:

In questo caso nell’area EA giace il potenziale interesse dato dal risparmio, giacente sulla retta con inclinazione pari al tasso di
interesse sui depositi che nell’esempio è 1,015%. Nell’area sottostante AG giace invece l’utilità derivante da un indebitamento, al
tasso dell’1,15%, che è più alto di quello del credito: la retta è infatti più ripida.

RICAPITOLANDO

L’inclinazione della Curva di Indifferenza in un punto di cui conosco le coordinate (piano di consumo) 𝓍 e 𝓎 è data da

MRS𝓍,𝓎 = (MU𝓍/MU𝓎) = -{[∂/∂𝓍 U(𝓍,𝓎)]/∂/∂𝓎U(𝓍,𝓎)]}

L’ottimo è il piano che verifica la condizione MU𝓍/P𝓍 = MU𝓎/P𝓎


LA TEORIA DELLA DOMANDA
L’obiettivo è costruire la domanda di una merce. Dalla scelta ottima si può costruire interamente la curva domanda. La
domanda si divide in Effetto di Sostituzione ed Effetto di Reddito. Si separa l’Effetto di Sostituzione dall’Effetto di
Reddito tramite il metodo della compensazione di Hicks e di Sluzky, i quali servono anche ad identificare il contenuto
empirico del comportamento del consumatore.

EFFETTO DI SOSTITUZIONE

Un ∆P di un bene genera un interesse in termine di convenienza. L’Effetto di Sostituzione è dato dalla quantità addizionale del
bene che il consumatore domanda per raggiungere il medesimo livello di utilità.

Curva Prezzo-Consumo

Essa congiunge i piani di consumo ottimi in corrispondenza dei diversi livelli di prezzo di un bene, mantenendo costanti i prezzi
degli altri beni e il reddito. È un esercizio di statica comparata, ossia considera l’effetto di un ∆P𝓍 sull’inclinazione della retta.
Più il prezzo della 𝓍 (cibo) scende, più la retta diventa meno ripida in quanto se ne potranno acquistare maggiori quantità.

I tre punti dei piani ottimi A, B e C dati da 3 variazioni di prezzo unitario del cibo (rispettivamente 4€, 2€ e 1€) uniti tra loro
generano la Curva Prezzo-Consumo, una sorta di fusione delle varie scelte ottime in funzione di cambiamenti di prezzo.
Traslando questi 3 punti che abbiamo ottenuto in un altro grafico, che sulle ordinate anziché relazionare la quantità l’altro bene,
ha il prezzo del cibo, si ottiene quella che è la Curva di Domanda del cibo.

EFFETTO DI REDDITO

L’effetto di reddito è dato dalla quantità addizionale del bene che il consumatore domanda in ragione di un maggiore potere
d’acquisto. In pratica, è l’effetto di incremento della quantità domandata se il suo reddito I sale (o viceversa).
Curva Reddito-Consumo

È la stessa cosa, però anziché analizzare gli effetti di un ∆P si analizzano quelli di un ∆I: si sposta la Retta di Bilancio (salendo o
scendendo, dipende da se ∆𝐼 è un incremento o decremento). In questo caso i prezzi sono costanti. Ricongiungendo i piani
ottimi si ottiene la Curva Reddito-Consumo.

Grafico sopra: i panieri A B e C sono ottimi, ognuno in base ad un reddito diverso (in questo caso il cibo costa 2€ mentre
l’abbigliamento 4€, il che genera una pendenza delle rette di -2/4 = -1/2). Unendo questi punti A B e C otteniamo la Curva
Reddito-Consumo. Logicamente se come prima la traslassimo in un grafico |Q. cibo,P.cibo| verrebbe una costante, poiché il prezzo
unitario è costante. Quella che ci interessa è invece la Curva di Engel.

Curva di Engel

Essa, a differenza del modello di mercato |Q𝓍,P𝓍|, trasla la Curva Reddito-Consumo in un grafico |Q.𝓍, I|. Si ottiene unendo i
punti A, B e C ottenuti in quel grafico. Ci dà un’informazione importante, ossia ci indica se l’Effetto di Reddito è positivo o
negativo, perché a parità di prezzo, se il reddito sale, dal consumo possiamo renderci conto se il bene osservato è normale od
inferiore. Infatti, se il consumo sale il bene è detto normale. Se invece il consumo di quel bene scende, è inferiore. Una
spiegazione di questo fenomeno è la sostituibilità dei beni: prendendo l’esempio del burro e della margarina, un aumento del
reddito permetterà alla gente di comprare più burro rispetto a quanto poteva prima, e a questo punto quel burro comprato
sostituisce la margarina che si comprava prima: il burro viene venduto di più e la margarina di meno. Per questo il burro è
normale, mentre la margarina è inferiore. Riconnettendoci al discorso dell’elasticità della domanda, noteremo che la domanda
di burro è più elastica di quella di margarina.
Curva di Engel di un bene normale. Più soldi ho, più cibo vorrò/potrò comprare e questa cosa non cambierà mai. Il cibo come
entità generalizzata è normale poiché non cessa mai di dare la sua utilità.

Curva di Engel di un bene inferiore. Se sale il reddito, in un primo tempo la domanda di hot dog aumenta, ma ad un certo
punto a prescindere dal reddito il consumatore non sarà più interessato a comprare gli hot dog. Gli hot dog sono un bene inferiore.
Infatti dopo la saturazione della domanda raggiunta in B, ulteriori aumenti di reddito la fanno scendere (se sono ricchissimo
magari posso permettermi di andare al ristorante tutti i giorni, e quindi oltre a non voler comprare più hot dog, smetto di
comprare quelli che domandavo prima).

Effetto Incrociato

∆P𝓎 influenza sempre Q𝓍, tranne che nell’utilità di Cobb-Douglas. In questo unico caso il ∆P di un bene non influenza la
quantità domandata dell’altro.
La quantità di cibo domandata dipende dal prezzo P𝓍 e dai livelli di reddito I. In D₁ La domanda di cibo 𝓍 è I/2P𝓍, I = 120€,
quindi se il prezzo unitario del cibo è 15€ la quantità domandata è (120/2 • 15) = 4, punto A. Se invece il cibo costasse 10€, il
consumatore ne acquisterà (120/2 • 10) = 6 unità, punto B. Se a questo prezzo unitario di 10€ il consumatore avesse invece un
reddito di 200€, avremo un punto C con una quantità di cibo data da (200/2 • 10) = 10.

DIVISIONE DI ∆𝓍 IN EFFETTO DI SOSTITUZIONE ∆𝓍sᴇ ED EFFETTO DI REDDITO ∆𝓍ɪᴇ

In questi grafici relazioniamo sulle 𝓍 la quantità del bene 𝓍 e sulle 𝓎 la quantità del bene 𝓎.
Si considerano due ottimi del consumatore: una prima del cambio del prezzo ex-ante e una dopo ex-post.
Ci sono due rette di bilancio: BL₁ ex-ante e BL₂ ex-post. La pendenza di BL₁ è come sempre -P𝓍₁/P𝓎, e come sempre si trova la U
come uguaglianza delle marginali ponderate. È chiaro che una variazione di prezzo del bene 𝓍 genera una scelta, da parte del
consumatore, di acquistare di più di quel bene. Questa cosa genera un cambio di inclinazione della curva di domanda essendo
essa -P𝓍/P𝓎. In caso di deprezzamento, il cambio di inclinazione è verso destra (curva meno ripida) poiché maggiori quantità di
𝓍 saranno acquistabili rispetto a prima.
L’effetto di sostituzione è sempre di segno opposto al segno della variazione del prezzo: si sostituisce la merce più cara con quella
più economica.

METODO DI COMPENSAZIONE DI HICKS


Il metodo di compensazione di Hicks si differenzia a seconda della tipologia di bene preso in esame. Divideremo infatti gli
effetti di una variazione di prezzo (rappresentato sulle 𝓍) in ∆𝓍sᴇ (effetto di sostituzione) e ∆𝓍ɪᴇ (effetto di reddito) così da
capire quale dei due è stato più significativo. I quattro casi sono Bene normale, Bene inferiore, Bene né normale né inferiore,
Bene di Giffen. Teniamo comunque a mente che:
∆𝓍 = 𝓍c - 𝓍a
∆𝓍se = 𝓍b-𝓍a
∆𝓍ie = 𝓍c - 𝓍b
Bene normale

Per una retta BL₁ si trova il paniere ottimo A. Ipotizzando che il prezzo di 𝓍 scenda da P𝓍₁ a P𝓍₂, quindi P𝓍₂ < P𝓍₁ e la pendenza
di BL₂ = - P𝓍₂/P𝓎, quindi risulta meno ripida di BL₁. L’ottimo sarà in un punto C, lungo la BL₂. Inizialmente il consumatore
domandava una questa di cibo pari ad 𝓍a, mentre dopo domanda 𝓍c. Logicamente 𝓍c > 𝓍a, ossia il consumatore chiederà più
cibo. Hicks separa questo ∆𝓍 in parte all’effetto di sostituzione e in parte all’effetto di reddito. Quindi avremo ∆𝓍 =  ∆𝓍sᴇ +
∆𝓍ɪᴇ.
Immaginiamo che a seguito di questo ∆P il consumatore riceva una somma monetaria compensativa tale da ricondurlo alle
condizioni di benessere godute prima delle variazione dei prezzi (somma compensativa). In questo caso per ritornare alle
condizione di utilità di prima dovrebbe essergli tolto del reddito, ma se invece ci fosse stato un apprezzamento il ∆𝐼 sarebbe
positivo (↑).
Si traccia a questo punto una nuova Retta di Bilancio teorica BLₜ, che ha la pendenza della BL₂ ex-post, ma riporta il
consumatore al livello di utilità ex-ante. Quindi BLₜ ha pendenza di BL₂, ma tange U₁ in condizioni ottime, nel punto B.
Secondo Hicks la parte della sostituzione è il segmento AB mentre la compensazione di reddito è BC.
Mentre il consumatore si sposta da A a B lui aggiusta la sua utilità senza avere modifiche di reddito, semplicemente si organizza
con i nuovi prezzi riducendo la domanda di vestiti in quanto la 𝐂𝐨𝐧𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐓𝐚𝐧𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 di U₁ con BLₜ è diversa da quella con
BL₁ poiché i prezzi sono diversi, e i vestiti risultano più cari del cibo rispetto a prima. Il passaggio da B a C invece è
semplicemente un ∆I artificialmente pensato, che sposta la retta verso il basso: i prezzi delle merci non cambiano.

∆𝓍 = 𝓍c - 𝓍a
∆𝓍sᴇ = 𝓍b-𝓍a
∆𝓍ɪᴇ = 𝓍c - 𝓍b

Tutto questo è valido per i beni normali. Se la merce è normale, la legge della domanda è soddisfatta (al crescere del prezzo di
una merce la quantità domandata decresce) ⇒ è ordinaria. Il ∆𝓍sᴇ è sempre, e necessariamente, di segno opposto al segno del
∆P in quanto ci si sposta lungo la stessa curva di indifferenza, e quando aumenta il prezzo di una merce il consumatore
sostituirà la merce con quell’altra divenuta relativamente meno cara: se il prezzo della merce diminuisce l’inclinazione della
curva di domanda diminuisce e il consumo nell’effetto di sostituzione aumenta, mentre se il prezzo cresce l’inclinazione sale,
mentre l’effetto di sostituzione diminuisce. Tuttavia questo effetto di sostituzione prevede questa compensazione, ossia l’effetto
di reddito, il quale ha necessariamente lo stesso segno di ∆P se è normale, sennò vuol dire che è inferiore o di Giffen (casi in
cui il segno di ∆I è inverso a ∆P). Quindi, se il bene è normale è ordinario, e ∆𝓍 ha il segno opposto a ∆P ed è ∆𝓍sᴇ + ∆𝓍ɪᴇ,
entrambi con segno opposto a ∆P.

Bene né normale né inferiore


Succede quando 𝓍b = 𝓍c.
L’intera variazione è attribuita all’effetto di sostituzione ossia ∆𝓍ɪᴇ = 0

Bene inferiore
𝓍c è tra 𝓍a ed 𝓍b. Infatti la quantità domandata quando sale il reddito si riduce, poiché si opta per il bene sostituto normale.
∆𝓍 = 𝓍c - 𝓍a
∆𝓍se = 𝓍b - 𝓍a
∆𝓍ie = 𝓍c - 𝓍b (ha segno negativo!)

Bene di Giffen

I beni di Giffen sono beni “inferiorissimi”, o meglio la domanda è inclinata positivamente. In questi beni l’effetto di reddito
sovrasta l’effetto di sostituzione ∆𝓍ɪᴇ tanto da cambiare il segno di ∆𝓍. Nei beni di Giffen una riduzione di prezzo genera
addirittura una riduzione della quantità domandata, per colpa dell‘effetto di reddito così negativo e dal suo valore più alto
dell’effetto di sostituzione. Per questi beni 𝓍c è minore di 𝓍a. Questi beni sono piuttosto rari, ma un esempio è il riso nei paesi
dell’estremo oriente: la quantità domandata di riso decresce al decrescere del prezzo del riso. È molto teorico perché ovviamente
noi osserviamo solo alcuni aspetti che determinano andamenti di mercato, non tutti. La logica sottostante è che via via che si
abbassa il prezzo del riso poiché il paese cresce economicamente, questa crescita economica permette alle famiglie di comprare
beni di qualità superiore, e smettono allora di comprare il bene di Giffen. Quindi una riduzione di prezzo comporta una
riduzione della domanda. Al contrario, un aumento del prezzo dei beni di Giffen determinano un effetto di sostituzione
contrario al ∆P, quindi ∆𝓍sᴇ è negativo, ma ∆𝓍ɪᴇ lo sovrasta e genera un aumento di domanda.

RICAPITOLANDO

- Se il bene è normale è ordinario, e ∆𝓍 ha il segno opposto a ∆P ed è ∆𝓍se + ∆𝓍ie, entrambi con segno opposto a ∆P.
- Se il bene è inferiore, o è ordinario o è di Giffen.
● Ordinario: ∆𝓍se > ∆𝓍ie
● Giffen: ∆𝓍se < ∆𝓍ie
La normalità ⇒ ordinarietà
U(𝓍,𝓎) = 𝓍𝓎; P𝓎 = 1; 𝐼 = 72, P𝓍 = 9. Rappresentare la BL₁ ed il paniere ottimo A. Ipotizzare una riduzione di P𝓍 a 4.
Rappresentare la BL₂ ed il paniere ottimo C. Dividere effetto di sostituzione ed effetto di reddito secondo il metodo di Hicks.

Differenza tra Hicks e Слуцкий


La Compensazione di Hicks consente al consumatore di mantenere il medesimo livello di utilità dopo la variazione del prezzo.
La Compensazione di Slutsky consente al consumatore di mantenere i medesimi livelli di consumo dopo la variazione del
prezzo.
a) Nel caso di Hicks, in seguito all’aumento del prezzo del bene 𝓍, il vincolo di bilancio BL₁ ruota verso l’interno,
divenendo BL₂. La curva BLₜ che chiamiamo BcHicks risente del ∆ I positivo (↑) ed è parallela alla BL₂, e tange la stessa
curva di indifferenza del paniere ottimo ottimale BL₁, restituendo pertanto al consumatore il livello di utilità che
aveva prima (U₁) nel punto e₁ ma in un paniere diverso (ecHicks). In questo caso il paniere ricavato è ad un livello di
consumo maggiore di prima del ∆P, ma l’utilità è uguale.

b) Nel caso di Слуцкий, BcSluzky è sì sempre parallelo alla BL₂, ma passa per il paniere scelto dal consumatore al
prezzo iniziale e₁ (e₁ è parallelo a e₂). Pertanto, a differenza di Hicks, non tange U₁, ma tange USluzky che è più in alto.
In questo caso il paniere ricavato è ad un livello di consumo uguale a com’era prima del ∆P, ma è aumentata solo
l’utilità.

Utilità quasi lineare


Si ha se non ci sono effetti di reddito. Per esempio se

U(𝓍,𝓎) = 2√𝓍 + 𝓎
MU𝓍 = 1/√𝓍
MU𝓎 = 1
In questo caso particolare, l’effetto di reddito è assente.
Il prezzo unitario P𝓎 del bene composito è sempre 1€, perché lo interpretiamo come moneta. P𝓍 in BL₁ è 0,50€ mentre in BL₂ e BLₜ
è 0,20€. La 𝐂𝐨𝐧𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐓𝐚𝐧𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚, calcolata come da prassi come uguaglianza delle utilità marginali ponderate
MU𝓍/P𝓍=MU𝓎/P𝓎 

1/√𝓍/P𝓍 = 1/1
Quindi 
𝐂𝐨𝐧𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐓𝐚𝐧𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 = 1/√𝓍/P𝓍

MU𝓍 = P𝓍
SOVRAPPIÙ DEL CONSUMATORE
Il concetto di sovrappiù del consumatore si può esprimere come un’area di interesse. Il consumatore compra una cosa solo se
ritiene che il prezzo sul mercato sia ≤ della sua disponibilità economica a pagarlo: se invece il prezzo è superiore, non la compra.
Il sovrappiù è l’eccedenza di disponibilità a pagare rispetto al prezzo di mercato.

In questo esempio la curva di domanda non è una riga, ma degli scalini (funzione a tratti). Per ogni ora di affitto al campo, il
consumatore è disposto a pagare di meno (utilità marginale decrescente). Arrivato all’ottava ora, non affitta più il campo perché
sarebbe disposto a pagare 9€, mentre il campo costa sempre 10€/l’ora. L’area di vantaggio, giovamento, tratto dal consumatore è la
differenza accumulata tra quanto avrebbe accettato di spendere (prezzo di riserva) e quanto ha speso, ossia l’area blu scuro, sopra la
linea verticale del prezzo 10. Sovrappiù = (∑ prezzo di riserva - 10) = 64. Questo sovrappiù è una cosa generale, poiché altri
consumatori potrebbero avere altre disponibilità soggettive, pertanto è una quantità variabile. Unica certezza è che tale quantità (il
sovrappiù) non può mai essere negativa.

VARIAZIONE COMPENSATIVA
È la variazione di reddito che compenserebbe il consumatore, riportandolo al precedente livello di utilità, a seguito di una
variazione dei prezzi → BL₂-BLₜ₂

VARIAZIONE EQUIVALENTE
È la variazione di reddito che compenserebbe il consumatore, riportandolo ad un equivalente livello di utilità, a seguito di una
mancata diminuzione dei prezzi → BLₜ₁ - BL₁
Avvenuto il ∆P, troviamo sulla BL₂ il punto C che ha un’utilità U₁ la cui curva di indifferenza ha una certa inclinazione.
Se cerchiamo sulla U₁ un paniere ottimo B in cui l’inclinazione della curva di indifferenza è la stessa del punto C, lo troviamo in
un punto in cui la Retta di Bilancio esso tangente, BLₜ₂, ha l’inclinazione della BL₂.
Questo segmento verticale che si trova tra C e B è la variazione compensativa, e corrisponde
alla differenza tra il reddito K della BL₂ ed il reddito L della BLₜ₂.
Se invece facciamo il contrario, ossia cerchiamo sulla U₂ un punto E per cui l’inclinazione è uguale a quella della utilità in A, lo
incontriamo dove la sua Retta di Bilancio BLₜ₁ ha l’inclinazione della BL₁. Analogamente a prima, la differenza tra J (reddito
della BLₜ₁) e K sarà la nostra variazione equivalente. In questo caso la variazione equivalente è > della variazione compensativa,
pertanto l’effetto reddito è positivo.
Il reddito del consumatore è 72€ ed il prezzo di un capo di abbigliamento 𝓎 è di 1€. Quando il prezzo unitario del cibo è di 9€ la
Retta di Bilancio è BL₁ e ed egli acquista il paniere A con un livello di utilità U₁. Dopo che il prezzo diminuisce a 4€ per unità, la
linea di bilancio diventa BL₂, ed egli acquista il paniere C e raggiunge un livello di utilità U₂. Per raggiungere il livello di utilità
U₁ dopo la diminuzione del prezzo dovrebbe avere un reddito di 48€, necessario per acquistare il paniere B. La variazione
compensativa è dunque di 72-48 = 24€. Per, invece, raggiungere U₂ prima della diminuzione del prezzo avrebbe bisogno di un
reddito pari a 108€, necessario per acquistare il paniere E. Pertanto la variazione equivalente è 108-72 = 36 €. Quando vi è un
effetto di reddito (il paniere E non è esattamente sopra il paniere A, ed il paniere C non è esattamente sopra il paniere B), la
variazione compensativa e la variazione equivalente sono generalmente diverse.

LA CURVA DI DOMANDA DI MERCATO


È la somma orizzontale delle curve individuali dei vari singoli consumatori in corrispondenza di ciascun prezzo.

Ipotizzando che il succo d’arancia sia una cosa salutare, nella tabella si identificano due consumatori con individuali domande
diverse per ogni prezzo (5€, 4€, 3€, 2€, 1€). La somma orizzontale delle due ci dà la domanda di mercato per quel livello.
ESTERNALITÀ DI RETE
La domanda individuale dei consumatori è influenzata chiaramente in un primo luogo dall’effetto convenienza (o
inconvenienza, ovviamente, dipende dal segno di ∆P: l’effetto convenienza è il ∆Q generato dal ∆P). Talvolta è solo l’effetto
convenienza a determinare la variazione della curva di domanda di mercato. Quando la domanda individuale dei consumatori è,
invece, influenzata da quanti individui domandano quel bene, si dice che vi è una esternalità di rete. Questa esternalità di rete
genera un effetto che si somma all’effetto di convenienza. L’esternalità di rete può essere sia positiva (effetto traino) che
negativa (effetto snob). L’effetto traino è quando i consumatori sono più invogliati a domandare un bene ad un certo prezzo
maggiore è il numero di consumatori che lo domandano: per esempio, una diminuzione di prezzo del costo di connessione
internet fa aumentare la domanda (oltre che per la convenienza di prezzo) anche perché più persone che magari prima erano
poco interessate al servizio ora vengono inglobate in questo mercato. L’effetto snob, invece, si realizza quando succede il
contrario: per esempio, se l’abbonamento ad una palestra si riduce di prezzo ci sarà un aumento di domanda per la convenienza,
ma anche una riduzione di domanda per il fatto che magari certa gente non vuole andare in palestre sovraffollate e pertanto
diventa più riluttante ad iscrivercisi.
APPLICAZIONE SUL MERCATO DEL LAVORO
Ciò che si è detto è applicabile al mercato del lavoro. In questo caso, le due merci che considero sono relazionate al bene
composito 𝓎 sulle ordinate, con prezzo unitario 1€, esso sarà il consumo di bene composito acquistabile dal lavoratore col suo
salario. La prima merce è D, ossia le ore di divertimento: tempo libero. La seconda merce è L, le ore lavorate. T è il tempo
disponibile. Ovviamente T = D + L = 24 ore al giorno. T è rappresentato sulle ascisse.
L’utilità (felicità) del consumatore dipende da D e consumo di bene composito Y.
U = U(D,Y)
Introduciamo il vincolo di Bilancio.
con Y = spesa per consumo di bene composito
e W = salario all’ora, che viene moltiplicato per le ore lavorate L (ossia T-D)
Il vincolo è
Y = WL
ossia Y = WT-WD
Sposto WD a sinistra e ottengo il vincolo
Y + WD = WT.

WT è il massimo reddito potenzialmente raggiungibile dal lavoratore se, paradossalmente, lavorasse 24 ore al giorno.
Se il lavoratore aumentasse il tempo libero, aumentando la sua felicità (utilità) ridurrebbe il tempo che può lavorare, ossia i soldi
che può guadagnare, ossia può acquistare meno bene composito.

Un aumento del salario all’ora rende il bene composito relativamente meno caro, in proporzione, e il tempo libero
relativamente più caro. In altre parole un aumento dello stipendio persuade il lavoratore a voler lavorare di meno.
Quanto meno? Qual è la combinazione D+L che sceglierà in funzione di W’?
Lo scopriamo con l’effetto di sostituzione e di reddito, che esistono sempre, anche in questo caso.
È valido anche il contrario: se il consumatore rinuncia a D per aumentare W, T costa più caro.

Sappiamo che l’effetto di reddito dipende dal fatto che la merce sia normale o inferiore. Se sale il reddito disponibile (W↑) allora
il consumatore vorrà consumare più tempo libero. Ipotizziamo pertanto che il suo tempo libero sia un bene normale. Ma
consumare più tempo libero significa lavorare di meno: quindi quando cresce il salario il consumatore vuole lavorare di più per
effetto di sostituzione (il prezzo del suo lavoro sale ed è interessato a lavorare di più per massimizzare il profitto), ma di meno
per effetto di reddito (vuole più tempo libero). La sua scelta dipenderà da quale dei due effetti prevale di più, certamente, ma
caso del lavoro è stato studiato che la curva di offerta è inclinata all’indietro: infatti prevale l’effetto di reddito.
RIASSUMENDO
La variazione compensativa è la somma monetaria a cui il consumatore è disposto a rinunciare dopo la riduzione del prezzo
di una bene per ottenere il medesimo livello di utilità goduto prima del cambiamento di prezzo.
La variazione equivalente è la somma monetaria che il consumatore è disposto ad accettare prima della riduzione di prezzo di
un bene per ottenere il medesimo livello di utilità goduto dopo il cambiamento di prezzo.
Se l’effetto di reddito è trascurabile, variazione equivalente e variazione compensativa sono simili, e corrispondono con
approssimazione alla variazione del sovrappiù del consumatore.
LA TEORIA DELLA PRODUZIONE
FUNZIONE DI PRODUZIONE
Le risorse produttive (lavoro, impianti, materie prime) usate per produrre beni e servizi sono dette fattori di produzione. Il
volume dei beni e servizi ottenuti dagli impieghi dei fattori di produzione è detto prodotto. La produzione è un processo che
trasforma i fattori in prodotto. La tecnologia di questa trasformazione è descritta da una f unzione di produzione.

LA TECNOLOGIA
Descrive la massima quantità di prodotto che può essere ottenuto da una data combinazione dei fattori produttivi. Ad esempio
Q = 𝑓(L) oppure Q = 𝑓(L,K).

PRODOTTO MEDIO DEL LAVORO

È il prodotto che si ottiene per ogni unità di lavoro, cioè

AP𝓁 = Q/L

PRODOTTO MARGINALE DEL LAVORO


È la variazione del prodotto per unità di lavoro o tenuto in ragione della variazione dell’impiego di lavoro, cioè
MP𝓁 = ∂Q/∂L

La legge dei rendimenti decrescenti afferma che il prodotto marginale decresca all’aumentare dell’impiego di
lavoro.

Tra AP𝓁 e MP𝓁 c’è una relazione proporzionale: se cresce il AP𝓁 vuol dire che il MP𝓁 è maggiore di AP𝓁, mentre se decresce vuol
dire che il MP𝓁 è minore. La concavità della funzione di produzione in determinati tratti ci indica i valori del MP𝓁 all’aumentare
dell’output.
Il grafico della funzione del prodotto totale è caratterizzato da quattro proprietà:
• Quando la quantità di lavoro è nulla, l’output dell’impresa è nulla.
• Tra 0 e 12, l’output cresce più che proporzionalmente all’aumentare del fattore lavoro impiegato. In questo tratto la funzione è
caratterizzata da un MP𝓁 crescente. Al crescere del fattore lavoro impiegato, il prodotto totale aumenta più che
proporzionalmente. La produttività marginale crescente può dipendere dalla specializzazione del lavoro. La funzione è
convessa.
• Tra 12 e 24, l’output cresce in maniera meno che proporzionale. In questo tratto si può osservare come il MP𝓁 sia decrescente.
All’aumentare del fattore produttivo lavoro impiegato l’output aumenta ancora, ma in maniera meno proporzionale. Questo
accade quando l’impresa non riesce più a stimolare la produttività dei lavoratori attraverso la specializzazione. La funzione è
convessa.
• Quando il lavoro eccede 24, il prodotto totale è destinato a diminuire all’aumentare del lavoro. Qui si parla di prodotto totale
decrescente: in questo caso, un incremento del fattore lavoro impiegato determina una diminuzione del prodotto totale. Ciò dipende
dall’invariabilità o fissità degli impianti.

L è misurato in migliaia di ore di lavoro al giorno e Q in migliaia di semiconduttori prodotti al giorno. Ci accorgiamo che tra AP𝓁
5 e 8 un +6L genera un incremento di ⅜. Tra AP𝓁8 e 9, quello stesso +6L ha dato incremento di ⅛. Già ci accorgiamo che il MP𝓁 si
è ridotto considerevolmente. Oltre AP𝓁9 abbiamo addirittura un decremento del prodotto!
Finché MP𝓁 cresce, la funzione è convessa. Quando le ore di lavoro sono L₂ MP𝓁 ha inclinazione 0: smette di crescere e infatti in Ff
c’è un punto di flesso, dopo il quale la 𝑓₍𝓍₎ diventa concava, crescendo meno che proporzionalmente con l’aumentare delle ore di
lavoro impiegate e questo ci dice che manca poco a che la produzione arrivi al massimo. Dopo Ff, MP𝓁 comincia a scendere, ma la
𝑓₍𝓍₎ ha ancora per un po’ segno positivo in quanto AP𝓁 sta ancora crescendo: cresce fino ad Hh. Hh è il massimo per AP𝓁 e coincide col
punto di flesso per la 𝑓₍𝓍₎ nell’intervallo [F,R], inoltre la derivata in H è uguale a quella del segmento 0H. In R la derivata di
[H,R] interseca di nuovo la 𝑓₍𝓍₎, e quando questo accade vuol dire che la derivata della 𝑓₍𝓍₎ equivale alla derivata di MP𝓁 con segno
opposto. Arriviamo al punto M, massimo assoluto per 𝑓₍𝓍₎, oltre il quale è inconveniente produrre: si trova in corrispondenza
dell’intersezione di MP𝓁 con l’asse delle ascisse, il punto Mm.
Nel grafico della 𝑓₍𝓍₎ osserviamo che la derivata di 𝑓₍𝓍₎ nell’intervallo [0,L₀ ] è uguale alla derivata della funzione AP𝓁 in Aa.
Invece, nel tratto in cui MP𝓁è inferiore ad AP𝓁, ossia oltre Hh, rendiamo conto che ∂MP𝓁 = 𝑓’₍R₎.
Il prodotto marginale è il prodotto aggiuntivo che si ottiene aumentando di un’unità il processo di lavoro. Deve sussitere una
relazione logica tra MP𝓁 e AP𝓁: quando il MP𝓁 supera il AP𝓁, il AP𝓁 cresce. Viceversa quando il MP𝓁 è inferiore all’ AP𝓁, AP𝓁
decresce: l’ultima quantità di lavoro ha prodotto meno dell’unità media.
La forma media di tutti i processi di produzione (AP𝓁) è solitamente a forma di U rovesciata. C’è un massimo relativo, oltre il
quale AP𝓁 decresce. Fino a quel punto i fattori produttivi sono ancora disponibili ad essere usati se ci fosse il lavoro; e dopo che sono
arrivati a pieno regime (il massimo), la resa dell’impiego aggiuntivo decresce. Nel grafico, oltre Mm i lavoratori si intralciano l’un
l’altro e addirittura quindi si riduce il lavoro: infatti MP𝓁 va sotto lo zero.

FATTORI DI PRODUZIONE MULTIPLI


Oltre al lavoro L esiste il capitale K che viene impiegato nei processi produttivi, e che si può riprodurre con la produzione.
Noi non faremo distinzione tra bene pluriennali e non. Nel tempo, si usava fare 3 diversificazioni di fattore produttivo:
- Lavoro
- Capitale
- Terra (od ogni altra risorsa naturale)
Il capitale verrà misurato come ore di uso dell’impianto, la risorsa tecnologica, come invece il lavoro è ore di lavoro, la risorsa
umana.

Nella prima colonna ci sono migliaia di ore di lavoro al giorno. Nella prima riga (0⇨30) ci sono le ore di uso dell‘impianto.
Aumentare le ore di impianto per misurarne il capitale vuol dire acquisire altri macchinari. Se uso 18mila ore di lavoro al giorno
e le accompagno con 6mila ore di uso dell’’impianto ottengo un volume di produzione di 25mila pezzi. In alternativa potrei
combinare 6 ore di lavoro con 18 di impianto, e avrei comunque 25mila pezzi. Ho così sostituito lavoro con capitale in maniera
di lasciare inalterato il volume di produzione.
Graficamente,
Sulle ascisse ho L e sulle ordinate ho K, mentre sul terzo asse ho il volume di prodotto. La curva blu rappresenta la funzione di
produzione tenendo fermo il K a 24. Posso ovviamente fare lo stesso tenendo fermo L e osservando le variazioni dei valori di K.

Il prodotto marginale di un fattore di produzione è il saggio di variazione (ossia come varia) del prodotto al variare dell’impiego
del dato fattore, tenendo costanti gli impieghi di tutti gli altri fattori. Se i fattori si K ed L, i prodotti marginali sono MP𝑘 ed
MP𝓁. Abbiamo quindi adesso sia MP𝓁, di cui abbiamo già parlato, che MP𝑘. MP𝑘 è il saggio di variazione del prodotto al variare
dell’impiego di capitale, tenendo costante L.

GLI ISOQUANTI
Cosa sono: un paragone con le curve di indifferenza
Possiamo rozzamente definire un Isoquanto come una curva di indifferenza della funzione di produzione. Quello che succede
nella teoria di produzione è molto simile alla teoria del consumatore. Pertanto se prima le combinazioni di scelta di bene 𝓍 e
bene 𝓎 erano le variabili che consideravamo nel piano cartesiano, ora abbiamo 𝓁 e 𝑘. Le curva di indifferenza erano linee,
dall’inclinazione data da MRS𝓍,𝓎, lungo le quali la combinazione 𝓍𝓎 dava un certo valore di utilità U. Qui si parla di Isoquanti,
ma la logica è la stessa: se la combinazione di 𝓁 e 𝑘 dà un certo valore di produzione Q, e tale valore si riscontra in combinazioni
diverse di 𝓁 e 𝑘, allora questi due valori giacciono sullo stesso Isoquanto. Sempre in maniera analoga alla curva di indifferenza,
l’inclinazione dell’Isoquanto, che vedremo più avanti, è data da MRTS𝓁,𝑘: il saggio marginale di sostituzione tecnica di 𝓁 e 𝑘, che
altro non è che il rapporto tra i due prodotti marginali MP𝓁 ed MP𝑘.
Quella che nella curva di indifferenza era l’utilità, qui è la produzione. Le combinazioni di sostituzione di bene domandato ora
sono combinazioni di K e L, cioè ore di lavoro e ore di impianto usato. Se prima indicavamo le varie curve di indifferenza (ossia il
loro valore di utilità) con U₁, U₂ ecc. ora abbiamo Q₁ Q₂ ecc. che rappresenta il volume di produzione. In corrispondenza di
A,B,C,D,E i valori dell’output sono uguali. Un po’ com’erano i panieri nelle curve di indifferenza.

Le aree di efficienza ed inefficienza

Dividiamo le aree della mappa di Isoquanti in area efficiente (in bianco) e inefficiente (blu). Nell’area efficiente gli Isoquanti sono
decrescenti, mentre nell’inefficiente no. Per esempio, sappiamo che A è inefficiente perché l’impresa potrebbe spostarsi da A ad E
tranquillamente essendo sul medesimo Isoquanto. Essendo A alla stessa altezza di E, vuol dire che posso arrivare allo stesso livello di
produzione con meno lavoro L, quindi A è inutile: scegliere A comporterebbe uno spreco inutile di lavoro. Pertanto, visto che ogni
impresa ragiona solo in termini di minimo sforzo e massimo rendimento, noi ragioniamo solo in area bianca.

Il saggio marginale di sostituzione tecnica


Misura la pendenza dell’Isoquanto.

MRTS𝓁,𝑘 = MP𝓁/MP𝑘 = -∆K/∆L.


A = 20 ore di lavoro e 50 di capitale. MRTS𝓁,𝑘 = -∆K/∆L -50/20 = -5/2 = -2,5
B = 50 ore di lavoro e 20 di capitale. MRTS𝓁,𝑘 = -∆K/∆L = -20/50 = -⅖ = -0,4

Precisamente MRTS𝓁,𝑘 indica la pendenza nei punti dell’Isoquanto.


Sappiamo che mentre mi sposto lungo l’Isoquanto la quantità prodotta non cambia, quindi se mi sposto da un punto all’altro
∆Q = 0. Infatti ∆Q = MP𝑘 • ∆K + MP𝓁 • ∆L = 0.
Sostituendo MP𝑘 e MP𝓁 nella stessa misura, mi muovo sull’Isoquanto. La pendenza dell’Isoquanto è -∆K/∆L.

Nel caso a) l’Isoquanto, ossia la sostituibilità, è pronunciato. In b) no.


Immaginando K come la tecnologia, la meccanicizzazione dei processi produttivi attraverso la tecnologia (per abbattere
l’occupazione) si muove secondo questi ragionamenti. Più è sensibile, più c’è sostituibilità.

L’ELASTICITÀ DI SOSTITUZIONE
Relaziona l’intensità capitalistica (ossia la variabile percentuale del rapporto capitale/lavoro) e la variazione percentuale del
MRTS𝓁,𝑘, e si indica con σ.

Il rapporto capitale/lavoro in A è 𝑘/𝓁, cioè 20/5 = 4. In B è 10/10 = 1.


La variazione percentuale tra A e B è
valore finale - valore iniziale
—————————————— = (1-4)/4 = -¾ = -0,75 = -75%.
valore iniziale
Uno dei vantaggi di misurare l’elasticità di sostituzione è che i valori di essa possono essere osservati per fini empirici.

Nelle industrie manifatturiere, è difficile sostituire la macchina col lavoro, cioè è difficile aumentare l’occupazione. È pertanto
poco elastica la domanda di lavoro da parte delle imprese. Più sono pronunciati gli Isoquanti, più è bassa σ.

Funzioni di produzione particolari


Com’era per perfetti sostituti massima l’elasticità, bassissima era nei perfetti complementi. Lo stesso vale con i perfetti sostituti e
perfetti complementi nella teoria della produzione. Analogamente analizziamo anche la Cobb-Douglas.

Perfetti Sostituti Perfetti Complementi

Nella Cobb-Douglas il MRTS𝓁,𝑘 si riduce con l’aumento di ore di lavoro. MRTS𝓁,𝑘 è MP𝓁/MP𝑘, che nella Cobb-Douglas (la
quale ha funzione Q = LᵅKᵇ) è aK/bL, essendo MP𝓁 = ∂Q/∂L mentre MP𝑘 = ∂Q/∂K.
L’elasticità di sostituzione costante (CES)

Spostandoci da un Isoquanto con forma ad L ad uno con forma a ╲ ne aumentiamo σ, e viceversa.


Se è ad L, σ = 0; se è ╲, σ = ∞. Incidentalmente σ = 1 quando la funzione è di Cobb-Douglas...

I RENDIMENTI DI SCALA
Si tratta dell’espansione dell’impresa, o più correttamente ridimensionamento dell’impresa. L’esercizio che indicano i
rendimenti di scala è quello di accrescere tutti fattori di produzione proporzionalmente in scala quando si espande l’impresa. Si
ragiona quindi aumentando tutti i fattori di produzione, ed in egual misura.
Può accadere che i rendimenti di scala siano crescenti, costanti o decrescenti.
1. CRESCENTI: Quando un aumento di tutti i fattori il prodotto aumenta più che proporzionalmente.
2. COSTANTI: Aumenta proporzionalmente.
3. DECRESCENTI: Aumenta meno che proporzionalmente.

Lo scalare che espande la scala è λ, ed è sempre > 1.


F(λk, λ𝓁) > λF(λk, λ𝓁) ⇨ rendimenti crescenti
F(λk, λ𝓁) < λF(λk, λ𝓁) ⇨ rendimenti decrescenti
F(λk, λ𝓁) = λF(λk, λ𝓁) ⇨ rendimenti costanti

I rendimenti costanti hanno tuttavia un limite (che analizzeremo poi), perché dover gestire troppi impianti può dare problemi
ad un certo punto. Pertanto questo scalare, che aumenta, cessa di aumentare la produzione in egual misura dello scalare per cui
si moltiplicano i fattori K ed L, e comincia a farlo di meno per colpa di eccessi di K. Oppure di L.
Calcolo dei rendimenti di scala per Cobb-Douglas
Q = LᵅKᵇ
Con λ > 1
Quindi
F = (λ𝑘,λ𝓁) = (λ𝓁)ᵅ(λ𝑘)ᵇ = λᵅ⁺ᵇ • LᵅKᵇ = λᵅ⁺ᵇF(K,L).
Infatti λ < λᵅ⁺ᵇ SE E SOLO SE a+b > 1. Saranno quindi crescenti se a+b > 1, decrescenti se a+b< 1, costanti se a+b=1

Il progresso tecnologico
Si calcola confrontando gli Isoquanti ex-ante e ex-post progresso tecnologico.

Esistono 3 tipi di innovazione tecnologica:

- Neutrale
Si sposta lungo la bisettrice ╱ verso ↗︎ e il MRTS𝓁,𝑘 resta invariato.

- Maggiore effetti su K (es. avvento del computer)


Si sposta lungo la bisettrice ╱ verso ↗︎ e il MRTS𝓁,𝑘 diminuisce: il capitale è diventato più produttivo del lavoro, con la
meccanicizzazione dei processi produttivi. Le imprese risparmieranno sul lavoro.

- Maggiori effetti sul L (es. scolarizzazione di massa)


Si sposta lungo la bisettrice ╱ verso ↗︎ e il MRTS𝓁,𝑘 aumenta: il lavoro è divenuto più produttivo del capitale, con ad esempio
una migliore distribuzione del lavoro (caso considerato da Smith ne La Ricchezza delle Nazioni). Le imprese assumeranno, o
quantomeno investiranno meno in capitale: la risorsa più influente è il lavoro, non le macchine.
IL COSTO MINIMO
L’obiettivo dell‘impresa è massimizzare il profitto e minimizzare il costo.

IL COSTO OPPORTUNITÀ
Il costo opportunità è il sacrificio compiuto da un soggetto nell’effettuare una scelta economica.
È la somma tra costo esplicito e costo implicito.
ESPLICITO: è la semplice perdita dovuta dalla risorsa monetaria esborsata.
IMPLICITO: il costo non corrisponde a nessuna risorsa monetaria esborsata. Però c’è. Ad esempio, se un’impresa usa un suo
aereo. Non lo paga, perché non è che lo compra: è già suo, però il costo figuratamente c’è comunque, in quanto in alternativa
anziché usarlo potrebbe cederlo in locazione ad un’altra impresa: quel mancato guadagno alternativo è il costo implicito.

Esempio:
Ipotizziamo che un imprenditore debba decidere se continuare la sua attività imprenditoriale o se invece uscire dal mercato. Se la
continua, deve investire 100.000€ in salari e 80.000€ in forniture.
- Il costo esplicito dato dall’attività imprenditoriale è dato dai 180.000€.
- In alternativa, rinunciando all’attività imprenditoriale, l’ormai ex imprenditore potrebbe lavorare in un’altra impresa
e guadagnare 75.000€ all’anno. Restando pertanto nella sua, di attività imprenditoriale, affronta indirettamente
anche il costo minimo dato dal mancato guadagno di 75.000€ che avrebbe avuto cessandola.
- Il costo opportunità di rimanere un altro anno nella sua originale attività imprenditoriale è pertanto dato dalla
somma tra costo esplicito e costo implicito, ossia 180.000 + 75.000 = 225.000€.

Il costo opportunità è una valutazione prospettica. Se ad esempio possiede acciaio per un valore di acquisto di 1 milione di euro,
e poi col tempo il prezzo dell’acciaio aumenta in misura tale che l’acciaio possa essere rivenduto a 1,2 milioni di euro, il costo
opportunità è pari a 1,2 milioni di euro. Il costo opportunità dipende dalla decisione: se impiegarlo per la produzione di
prodotti o se rivenderlo come materia prima godendo della maggiorazione di prezzo che ha avuto. Il costo opportunità non è di
200.000€: dipende dalle circostanze, e quindi muta nel tempo. Quando l’impresa ha acquistato l’acciaio, infatti, il costo
opportunità era pari a 1 milione di euro.

Il Sunk Cost
Si tratta di costi non recuperabili, ossia costi già sostenuti, e che devono essere ininfluenti per la decisione economica.
Esempio:
Dopo aver comprato a 100€ lunedì un biglietto per un concerto A che si terrà sabato, se mi regalassero giovedì un biglietto per un
concerto B che si tiene lo stesso sabato, e quindi dovessi scegliere, è irrilevante che io abbia speso o meno i 100€: in quel momento in
cui prendo la decisione io devo valuto solo il beneficio. Spesso, in situazioni come questa, si tenderebbe per rabbia a scegliere
l’alternativa per cui si ha pagato, ma scegliere così a livello economico non ha senso: la scelta economica in questo caso è andare al
concerto che ci piace di più, indipendentemente dalla spesa sostenuta, la quale si chiama sunk cost, o costo non recuperabile.

LA MINIMIZZAZIONE DEL COSTO


La tecnologia è descritta dalla funzione di produzione, quindi Q = 𝑓(L,K). L’obiettivo è raggiungere il livello desiderato di
prodotto Q₀. Dati i prezzi dei fattori, il minimo costo è determinato da
TC(Q₀) = 𝓂𝒾𝓃 𝑟K +𝑤L
s.v. 𝑓(L,K) = Q₀

Per capire quanto costa il capitale, è necessario attuare una finzione in cui il capitale sia in possesso di un altro soggetto che lo
affitta all’impresa, al prezzo d’affitto 𝑟. Così, parleremo di 𝑟, che è il prezzo del capitale, ossia il saggio d’affitto del capitale o
scalare per cui si moltiplica un’unità di 𝑘: quanto costa un’unità di K. Specularmente parleremo di 𝑤, il saggio di salario, ossia il
prezzo del lavoro da pagare. Da che ricaviamo che il costo, che prima intendevamo essere K+L, in realtà è più correttamente
𝑟K + 𝑤L

L’Isocosto
Il parallelismo con la teoria della domanda continua ad esserci anche qui. Quella che era la nostra Retta di Bilancio, e che
concorreva all’individuazione della Scelta Ottima, è nella teoria della produzione l’Isocosto: una curva lungo la quale il costo
totale è invariato.
Un Isocosto connette TC₀/𝑟 e TC₀/𝑤. Un altro, più alto, TC₁/𝑟 e TC₁/𝑤, e così via. La pendenza degli isocosti è -𝑤/𝑟.
Ovviamente più l’Isocosto è in alto, più il costo è alto. Nella teoria della domanda, più era alta la Retta di Bilancio, maggiore era
il reddito.

Sul mercato un’ora di lavoro 𝓁 si scambia per 𝑤 soldi, e un’ora di 𝑘 si scambia con 𝑟 soldi. Quindi qui la questione è simile a come
si comportava la Retta di Bilancio.
Analogamente a come la combinazione curva di indifferenza-Retta di Bilancio dava la Scelta Ottima, la combo
Isoquanto-Isocosto dà la Combinazione Ottima.
La differenza tecnica con la scelta ottima, oltre al fatto che ovviamente stiamo parlando di un’altra cosa, è che i panieri sopra la
curva di indifferenza non erano disponibili, mentre negli Isoquanti è il contrario: le combinazioni sopra l’Isoquanto sono
disponibili, ma non sono minimi i costi. Sono minimi, invece, lungo l’Isoquanto. Non possono invece collocarsi sotto perché
non sarebbero sufficienti a coprire il costo, in altre parole sarebbero inferiori al Costo Minimo.
Ovviamente ci sono tanti Costi Minimi, lungo l’Isoquanto. Ma è una sola la Combinazione Ottima: corrisponde
all’intersezione dell’Isocosto con un Isoquanto che lo tange in un punto solo (in altre parole, la miglior combinazione di L e K
al minor costo possibile).
È tuttavia importante ricordare che non bisogna farsi ingannare dal Costo Minimo della combinazione ottima come scelta
dell’impresa. L’impresa senza dubbio deve minimizzare i costi, ma il suo obiettivo finale non è minimizzare i costi, ma
massimizzare i profitti. Di questo ci occuperemo più avanti col Massimo Profitto.

Fissate le varie combinazioni di L e K che garantiscono un livello di produzione desiderato Q₀, rappresentato sull’omonimo
Isoquanto, ci rendiamo conto che l’Isocosto TC₁/𝑟 non va bene, perché tange 2 volte l’Isoquanto Q₀. Infatti, si potrebbe scendere con
l’Isocosto (= ridurre il costo) continuando a tangere il livello di produzione Q₀ desiderato. In pratica, scendendo da una
combinazione E od F ad A, ridurrei i costi senza effetti negativi. Quindi E ed F, e come essi altre combinazioni su isocosti maggiori
a TC₀/𝑟, non daranno la Combinazione Ottima: questa sarà A. Invece, sotto ad A certamente i costi sarebbero ancora più bassi di
A, ma non tangerebbero più Q₀, pertanto non garantirebbero il livello di produzione originariamente scelto.
LA CONDIZIONE DI TANGENZA
In A, la pendenza dell’Isoquanto e dell’Isocosto è uguale. Questo ci permette di ricavarlo mettendo a sistema le due equazioni.
Un po’ come la funzione utilità, in cui saggio marginale di sostituzione era MRS𝓍,𝓎 e lo mettevamo in relazione alla pendenza
della Retta di Bilancio.
La pendenza dell’Isoquanto abbiamo detto che è il MRTS𝓁,𝑘, ossia saggio marginale di sostituzione tecnica.
Quindi la Combinazione Ottima ha la 𝐂𝐨𝐧𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐓𝐚𝐧𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 in:
MP𝓁/MP𝑘 = ᵂ/ᵣ
Oppure come eguaglianza dei prodotto marginali ponderati:
MP𝓁/𝑤 = MP𝑘/𝑟

È davvero la stessa cosa della scelta ottima: 𝑤 è quello che era P𝓍, 𝑟 è quello che era P𝓎. Sono infatti i prezzi di un’unità di lavoro
𝓁 e di capitale 𝑘. Infatti 𝑤 sta sulle ordinate e 𝑟 sulle ascisse.

ESERCIZIO

Q = 50 √LK
MP𝓁 = ∂Q/∂L = 25√(K/L)
MP𝑘 = ∂Q/∂K = 25√(L/K)
𝑤=5
𝑟 = 20
Q₀ = 1000
Devo trovare K e L.

A è in MP𝓁/𝑤 = MP𝑘/𝑟 oppure in MP𝓁/MP𝑘 = 𝑤/𝑟


Seguo la seconda, a caso, e come da prassi vado a isolare l’ordinata, cioè K, e uso i miei 𝑤 e 𝑟 dati:
Quindi

MP𝓁/MP𝑘 = 𝑤/𝑟
25√ᵏ/ʟ / 25√ᴸ/ₖ= ⁵/₂₀
Semplifico i due 25, e ⁵/₂₀ in ¼
√ᵏ/ʟ / √ᴸ/ₖ = ¼
Essendo frazione fratto frazione, trasformo in frazione per frazione capovolgendo il denominatore
√ᵏ/ʟ • √ᵏ/ʟ = ¼
Le radici si tolgono
ᵏ/ʟ = ¼
Moltiplico per L a destra e sinistra
K = ¼L
Ottenuta K la sostituisco nella funzione di produzione
Q = 50 √LK
Q = 50 √L(¼L)
Q = 50 √¼L²
√¼L² = √L²/√4 = ᴸ/₂
50ᴸ/₂ = Q
25L = Q
Sostituisco Q₀
25L = 1000
L = ¹⁰⁰⁰/₂₅ = 40
Da cui, essendo K = ¼L
K = ¼40 = 10

K* = 10
L* = 40
VERIFICO Q = 50 √LK = 50 √40 • 10 = 50 √400 = 50•20 = 1000 → ✓ corretto
PRINCIPIO DI SOSTITUZIONE
Una variazione dei prezzi (che sono 𝑤 e 𝑟) modifica la pendenza dell’Isocosto, che è -ᵂ/ᵣ.
Se MRTS𝓁,𝑘 è decrescente, un aumento di 𝑤 ⇒ ↓quantità ottima di lavoro e ↑quantità ottima di capitale.
Se il MRTS𝓁,𝑘 è crescente, un aumento di 𝑟 ⇒ ↓quantità ottima di capitale e ↑quantità ottima di lavoro.

L’inclinazione di tutti gli isocosti è -ᵂ/ᵣ. Con 𝑟 fisso a 1 sia nel caso 1 che nel caso 2, se 𝑤 = 1 la pendenza è -1 (C₁) mentre se 𝑤
= 2 la pendenza è -2 (C₂). Logicamente nel caso 2 il lavoro cosa di più, quindi l’impresa userà meno lavoro e più capitale (infatti
il punto B pesa diversamente K e L rispetto ad A, con meno L e più K). Quindi più sale il prezzo del lavoro e più l’impresa tende
a sostituirlo col capitale.

Perfetti complementi → L’Isoquanto, ossia la tecnologia, ossia la funzione di produzione, non consente la sostituzione ⇨ perfetti
complementi. Quindi, data la nostra funzione di produzione unica nel suo genere, ne fissiamo il livello di produzione desiderato
che è Q₀, il nostro Isoquanto. Dobbiamo farlo tangere l’Isocosto. L’Isocosto sappiamo che ha inclinazione pari a -ᵂ/ᵣ, pertanto se
teniamo 𝑟 fermo a 1, e 𝑤 variabile, l’inclinazione dell’Isocosto sarà -𝑤.
Nel primo caso (C₁) abbiamo 𝑤 = 1, nel secondo (C₂) abbiamo 𝑤 = 2. Chiaramente quindi C₁ e C₂ hanno inclinazione diversa.
Essendo per costruzione l’Isoquanto a forma di⎿, il livello sulle ascisse ed ordinate è fisso (individuiamo il punto (1,1)). Notiamo
che differenza di come sarebbero andate le cose in caso di una⎝ in cui aumentare un valore significa ridurre l’altro, questa forma
prevede che se aumenti l’ordinata l’ascissa non cambia, e se aumenti l’ascissa l’ordinata non cambia. Pertanto il minimo
dell’ascissa e il minimo dell’ordinata saranno il nostro vertice. Questo vertice è uno solo! Quindi se sappiamo questo, che tradotto in
termini microeconomici vuol dire che aumentare il lavoro o il capitale è inutile in quanto esiste un’unica combinazione ottima di
produzione, allora l’inclinazione dell’Isocosto sarà ininfluente sulla scelta aziendale, l’unica cosa che ci interessa è che logicamente
deve tangere l’Isoquanto, ossia avere 𝑟K + 𝑤L = Q₀. Se così non fosse sarebbe troppo in alto (costi inutilmente alti per la produzione
Q₀) o troppo in basso (costi non sufficienti a garantire il livello di produzione Q₀).
In Norvegia il potere contrattuale dei lavoratori è molto elevato, pertanto il loro salario è piuttosto alto. Analizziamo il costo nelle
petroliere. Nel caso delle petroliere norvegesi (pendice N, di norwegian) il costo del lavoro è molto alto quindi gli imprenditori
tendono a sostituire il lavoro con il capitale. Cioè, il capitale costa di meno del lavoro, cioè 𝑟ₙ < 𝑤ₙ, allora ᵂ/ᵣ è un numero
maggiore di 1 ossia è un Isocosto piuttosto ripido. Questo porta a scelte diverse dal resto del mondo (pendice O, di others), in cui il
lavoro costa meno (meno ripida).

SENTIERO DI ESPANSIONE
Il sentiero di espansione è la linea che unisce i vari Ottimi Interni quando mi sposto da Q₀ a Q₁ a Q₂.

Più si produce, più sale il Costo Minimo.


Nel caso degli input normali più sale la produzione più sale 𝓁 e sale 𝑘.

Negli input inferiori, nella figura il lavoro è inferiore, cioè espandendo la propria produzione K aumenta in quanto normale,
mentre L diminuisce in quanto inferiore. Questo significa che le macchine sostituiscono il lavoro col crescere della produzione. Il
sentiero sarà inclinato negativamente.
CURVE DI DOMANDA DEI FATTORI (CAPITALE E LAVORO)

Elasticità delle curve rispetto al prezzo

L’elasticità è, come nella domanda di beni, pesata in base ai prezzi. Più la curva è ╲ più è alta l’elasticità, più è⎿ più è anelastica.
Un’elasticità di di domanda di lavoro elevata indica un alto grado di sostituibilità di lavoro con i macchinari.
La curva di domanda di lavoro mostra quanto lavoro richiede l’impresa al variare del prezzo del lavoro. L’elasticità della
domanda di lavoro è
𝛆L/𝑤 = ∆L/L / ∆𝑤/𝑤 = 𝑤/L / ∆𝑤/∆L

La curva di domanda di capitale mostra quanto capitale richiede l’impresa al variare del prezzo del capitale. L’elasticità della
domanda di capitale è
𝛆K/𝑟 = ∆K/K / ∆𝑟/𝑟 = 𝑟/K / ∆𝑟/∆K

In a) e b) abbiamo curve di domanda di lavoro anelastiche, cioè vi è poca sostituibilità, il che vuol dire che per eguagliare una
riduzione di lavoro serve un enorme aumento di K. In questo scenario, una riduzione di prezzo del lavoro non cambia così tanto il
lavoro richiesto: quindi sul mercato lo spostamento da A a B dato un dimezzamento del prezzo del lavoro è poco marcato. La
domanda di lavoro risulta relativamente insensibile al dimezzamento del prezzo avvenuto. I lavoratori hanno potere contrattuale.
In c) e d) è il contrario. La domanda di lavoro è molto elastica, cioè vi è alta sostituibilità, e quindi poco potere contrattuale dei
lavoratori. Un dimezzamento del prezzo del lavoro aumenta significativamente la richiesta di lavoro. A e B sono più distanti.

BREVE PERIODO E LUNGO PERIODO

Minimo costo nel breve periodo


Se per esempio affittiamo un capannone e poi vogliamo recedere dal contratto, ma devo dare un preavviso di 6 mesi, quei 6 mesi
devo pagare. Con questo lasso s’intende il breve periodo. Quello che ci troviamo ad affrontare è un costo fisso inevitabile,
quindi sicuramente - a prescindere dall’uso che ne potremmo fare - dovremo affrontare un costo minimo che comprende
questa spesa. SFC (Shortrun Fixed Cost).

Minimo costo nel lungo periodo


Nel lungo periodo il costo di produzione per un’impresa è minore di quello nel breve in quanto l’impresa ha più tempo per
organizzarsi per minimizzarlo (Fig. 7.12).
Nel lungo periodo tutti i fattori sono variabili, mentre nel breve uno dei due è costante esogeno, tipicamente il capitale.
Dato Q₀, la combinazione ottima sarebbe A. Tuttavia, per l’impresa incrementare il capitale richiede del tempo, tipicamente
l’acquisizione dei macchinari. In un primo tempo quindi, il breve periodo, il capitale è quello che si aveva prima, K̅, e richiede
pertanto una compensazione di lavoro superiore a quella ottima (F). Nel lungo periodo, acquisendo il capitale, l’impresa ridurrà il
costo fino a raggiungere il minimo, in A.

Sentiero di espansione

Appurato che è nel lungo che si hanno le combinazioni ottime (costi minimi), parliamo di sentiero di espansione del lungo periodo
ricollegando i vari ottimi interni. Nel breve, invece, quindi con K̅ dato, nel breve, il sentiero è una costante. Si tracciano quindi due
sentieri, uno per l’espansione nel breve e uno nel lungo. K̅ costituisce un fattore che garantisce costo minimo nella combinazione B, a
prescindere che sia breve o lungo periodo, e per Q₁. B è ottimo con K̅ solo per Q₁, quindi nel breve l’azienda capisce di dover produrre
Q₁, poiché produrre Q₂ sarebbe inefficiente. Nel lungo periodo, protendo manovrare K, potrà invece produrre Q₂ efficientemente.

Esempio
Q = 50√LK.
Nel breve K = K̅. Pertanto l’incognita è una sola, L, che ci garantisce la quantità di lavoro che consente di minimizzare i costi nel
breve periodo. Andiamo quindi ad isolare L.
Q = 50√LK̅
Elevo al quadrato
Q² = 2500LK̅
Divido per 2500
Q²/2500 = LK̅
Scambio destra sinistra
LK̅ = Q²/2500
Divido per K̅
L = Q²/2500 /K̅
Riscrivo il ÷K̅ a destra come •1/K̅
L = Q²/2500 • ¹/K̅
L = Q²/2500K̅
Il costo nel breve periodo con più fattori variabili
Il costo di breve periodo STC(Q) = 𝑟K̅ + 𝑤L dove L = Q²/2500K̅.
Se i fattori di produzione fossero, oltre L e K, anche le materie prime M con costo unitario 𝑚, la funzione di produzione è
𝑓(L,K,M) e TC = 𝑟K + 𝑤L + 𝑚M.
La 𝐂𝐨𝐧𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐓𝐚𝐧𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 richiederà il pesare i prodotti marginali di salario e materie prime col loro costo unitario. Avremo
pertanto un saggio marginale di sostituzione tecnica del salario e materie prime.
MRTS𝓁,𝑚 = MP𝓁/MP𝑚 = 𝑤/𝑚.

L’obiettivo finale è quello di ponderare la produttività data da L e K con anche il costo di acquisizione delle materie prime.

Esempio:
(Q = √L + √K + √M).
K̅ = 4 𝑤 = 1 𝓁 = 1 𝑟 = 1
Quale è il costo per il livello di prodotto Q = 12 dato l’impiego fisso di capitale K̅ =4?
MP𝓁 = ∂Q/∂L = ½√L = ½√L
MP𝑚 = ∂Q/∂M = ½√M= ½√M
Impongo la 𝐂𝐨𝐧𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐓𝐚𝐧𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 MP𝓁/MP𝑚 = 𝑤/𝑚
½√L / ½√M = ¹/₁
Moltiplico per ½√M
½√L = ½√M
Divido per ½
√L = √M
Elevo al quadrato
L=M
Da cui ottengo
Q = 2√L + √K̅
Se Q = 12 e K̅ = 4 abbiamo
12 = 2√L+2
Procedo ad isolare L
-2√L = -12+2
Cambio segno
2√L = 10
Divido per 2
√L = 5
Elevo al quadrato
L = 25

M = L ⇒ M = 25
STC = L+M+K= 25 + 25 + 4 = 54
→ Nel lungo periodo M = L = K.
Allora Q sarebbe 3√L.
12 = 3√L
4 = √L
L = 16
M = L = K = 16
Q = 48
Osserviamo che ridimensionando il capitale in funzione degli altri fattori, nel lungo periodo ridurremmo il costo.
LE CURVE DI COSTO
In questo capitolo trattiamo delle curve di costo di breve periodo, di lungo periodo, del costo medio e marginale (nel breve e nel
lungo), e delle economie di scala.
Con costo intendiamo ed intenderemo sempre il minimo costo.

IL LUNGO PERIODO

Il costo totale nel lungo periodo si chiama TC(Q). È una curva che si traccia unendo gli Ottimi Interni col crescere della
produzione, tenendo 𝑟 e 𝑤 fermi. Corrisponde sempre a 𝑤L + 𝑟K.

La figura a) relaziona L a K, mentre la b) relaziona Q a TC.

Esempio su come derivare TC da Q(L,K)

Q = 50 √LK
L = Q/₁₀₀ • √𝑟/𝑤
K = Q/₁₀₀ • √𝑤/𝑟
𝑤 = 25
𝑟 = 100
Essendo TC(Q) = 𝑤L + 𝑟K,
TC(Q) =
𝑤 Q/₁₀₀ • √𝑟/𝑤 + 𝑟 Q/₁₀₀ • √𝑤/𝑟
√𝑤 Q/₁₀₀ √𝑟 + √r Q/₁₀₀ √𝑤
Q/₁₀₀√𝑤𝑟 + Q/₁₀₀ √𝑟𝑤
2 Q/₁₀₀ √𝑤𝑟
¹/₅₀ Q√𝑤𝑟
= √𝑤𝑟/₅₀ Q
Sostituisco i valori di 𝑟 e 𝑤
TC(Q) = 2Q
I costi nel lungo periodo sono, ovviamente, crescenti

Essendo la pendenza dei costi totali data dai costi dei fattori, un cambiamento di 𝑟 cambia l’inclinazione dell’Isocosto (che
corrisponde ai costi totali).

Rappresentato tale ∆𝑟 nel grafico che relaziona Q a TC, anziché a K (grafico precedente), aumentando 𝑟 aumenta TC e quindi la
curva si alza.
In 8.5 aumentano nella stessa misura sia 𝑤 che 𝑟 pertanto l’Isocosto in a) è uguale, in quanto la pendenza non ne risente. In b),
grafico che indica il costo totale, la curva si trasla verso l’alto.

Costo Medio e Costo Marginale


Da TC(Q) si può derivare il Costo Marginale MC(Q), derivando TC in dQ. Il costo marginale pertanto rispecchia il
coefficiente angolare della curva di costo totale.
Dividendo TC(Q) per la quantità Q, invece, si ottiene il Costo Medio AC(Q).

MC(Q) = ∂TC/∂Q
AC(Q) =TC/Q

Nel grafico a), che rappresenta TC(Q), nel punto A l’inclinazione del TC(Q) è chiaramente pari al MC(Q). Il tratto 0A invece ha
l’inclinazione del costo medio AC(Q).
Qualora i costi totali non varino all’aumentare della quantità prodotta (sono tutti costi fissi), le curve MC(Q) e AC(Q) coincidono.

È importante ricordare che finché il costo marginale giace al di sotto del costo medio, esso diminuisce. Quando lo incontra, per poi
giacere al di sopra di esso, esso cresce. Questo succede perché nella produzione nella maggior parte dei casi i costi inzialmente
diminuiscono all’aumentare della quantità (MC(Q) ha pendenza negativa, e anche AC(Q)) e quindi conviene produrre.
Raggiunto un certo livello di produzione questa convenienza cessa e piano piano MC(Q) ricomincia a crescere, ma è ancora
conveniente produrre poiché il Costo Medio è ancora decrescente, fino ad arrivare al punto A, dove le due curve si incontrano. Da
quel punto in poi il Costo Medio cresce, e infatti il costo marginale giace al di sopra. Oltre A è poco efficiente produrre poiché i costi
di produzione continuano ad aumentare, riducendo progressivamente sempre di più il profitto.

ECONOMIE DI SCALA
Quanto chiarito da questa relazione tra MC(Q) e AC(Q) ci conduce a trattare l’argomento delle economie di scala.
Abbiamo economie di scala nell’area prima di A, quella in cui il Costo Medio è decrescente. Nelle economie di scala è
consigliabile aumentare la quantità prodotta in quanto si abbatterebbero i costi.
Abbiamo diseconomie di scala nell’area a destra di A, quella in cui il Costo Medio è crescente. Nelle diseconomie di scala è
sconsigliabile aumentare la quantità prodotta in quanto i costi aumentano sempre di più.
Questo ci conduce ad indentificare la Scala Efficiente: il punto minimo del AC(Q), ossia dove ha inclinazione 0, nonché
intersezione con la curva MC(Q). Si chiama Scala Efficiente perché produrre di più o di meno di quella quantità è
economicamente controproducente. È nella scala efficiente che identifichiamo il Costo Minimo. Ricordiamo che il Costo
Minimo è interessante per l’impresa, ma non è il suo obiettivo. Il suo obiettivo è il Massimo Profitto, ossia il target non è tanto
ridurre i costi quanto aumentare i ricavi. Il profitto, analizzato più avanti, è l’area tra il Costo Medio e il Massimo Profitto,
determinato dai ricavi, i quali ovviamente avranno le loro curve.
Non è detto che la scala efficiente riguardi un unico punto. Può essere un tratto. Ovviamente abbiamo economia di scala prima di
Q’ e diseconomia di scala dopo Q”.

Questo fenomeno delle economie di scala venne analizzato da Adam Smith a Londra ad uno spillificio (La Ricchezza delle
Nazioni, 1776).
Le economie di scala dipendono prevalentemente dalla specializzazione del lavoro, da fattori indivisibili. Le diseconomie di
scala dipendono prevalentemente dalle diseconomie manageriali (malagestione).
Esempio: È antieconomico usare trebbiatrici su terreni di dimensioni ridotte: prima di un certo limite di terreno, è maggiore il
costo e la fatica di usare la trebbiatrice rispetto alla resa che avrebbe usarla.

La relazione tra economie di scala e rendimenti di scala c’è. Se i rendimenti sono crescenti, nel primo caso, c’è economia di scala:
conviene aumentare l’input (lavoro, in questo caso) poiché la produzione ne giova più che proporzionalmente: il costo diminuisce. Il
caso contrario si ha nei rendimenti decrescenti. Questo perché TC = 𝑤L, quindi algebricamente sapendo a quale esponente di L
corrisponde Q, deriviamo un TC diverso, che darà a sua volta AC(Q) se diviso per Q ⇨ quindi se in AC(Q) vediamo che Q figura al
denominatore, aumentarla riduce i costi (E.S.), se figura al numeratore li aumenta (D.S.), se non figura risulta solo 𝑤 e abbiamo
rendimenti costanti.

ELASTICITÀ DEI COSTI


Eccoci al nostro ricorrente appuntamento con epsilon.
εTC,Q = ∆TC/TC/∆Q/Q = ∆TC/∆Q/TC/Q = MC/AC.
Questa misura l’entità delle economie di scala in un’industria. In base al valore che assume, interpretato empiricamente,
possiamo dedurre informazioni interessanti circa l’andamento di quell’industria: se si trova in economia di scala, dispiace
economia di scala o scala efficiente.
IL BREVE PERIODO
Le curve nel breve
Come già accennato, la caratteristica del breve periodo è che uno degli input è esogeno. E come già accennato, il costo nel breve
periodo è maggiore del costo nel lungo periodo. In inglese breve periodo si dice Short Run, pertanto anteporremo una S
davanti alle nostre curve di costo TC(Q), AC(Q) e MC(Q): diverranno STC, SAC e SMC.
I costi vanno confrontati a parità di prezzo. Poiché i prezzi invece cambiano, questo diventa difficile.

Costi fissi e costi variabili


Introdurremo anche le curve di costo fisso totale TFC e costo variabile totale TVC, che nel breve sono SFC e SVC. I costi fissi
non variano in base alla produzione: vengono sostenuti a prescindere che si produca tanto o poco (es. luce elettrica). I variabili
crescono al crescere della produzione (derivano dal processo produttivo). I costi fissi si dividono a loro volta in recuperabili e
non recuperabili, in inglese costi affondati Sunk Cost (non recuperabili) e Not Sunk Cost (recuperabili). I recuperabili ANSC
sono costi che sono fissi, ma se non si produce non li si sostiene pertanto sono recuperabili nel senso che possono evitare di
sostenerli se non produco (es. luce elettrica). I non recuperabili SFC li sostengo per forza anche se non produco (es. affitto del
capannone).

Ovviamente,
TC =FC+CV ⇒ STC = SFC+SCV.
MC = ∂/∂Q TC ⇒ SMC = ∂/∂Q STC.
AC = TC/Q ⇒ SAC = STC/Q

Ricapitolando
Curva di costo totale nel breve periodo STC: rappresenta il costo minimo totale nel breve periodo al variare della quantità
prodotta.
Curva di costo variabile di breve periodo SVC: rappresenta a il costo totale minimo dei fattori di produzione variabili
(come lavoro e materie prime) nel breve periodo al variare della quantità prodotta.
Curva di costo fisso di breve periodo SFC: rappresenta il costo totale dei fattori fissi nel breve periodo, tipicamente il
capitale K̅.

Il costo del breve è tipicamente > di quello del lungo.

STC = TVC+TFC
All’inizio per produrre 1 milione di televisori, si pensava di fare A, quindi con K₁ unità di capitale impiegate. In seguito poi si
decide di voler espandere la produzione a 2 milioni di Tv: non potendo nel breve aumentare K, devo aumentare il lavoro a L₂, ma
questo risulta antieconomico nel lungo periodo (punto B). Nel lungo periodo, potendo manovrare il capitale, ridurrò l’eccesso di
lavoro compensandolo col capitale per ottenere l’ottimo C. Osserviamo che l’Isocosto passante per B è superiore all’Isocosto passante
per C, praticamente sempre: questo significa che nel breve i costi sono maggiori nel lungo (in pratica, ci vuole tempo per
minimizzare i costi).

Proseguendo il ragionamento della figura precedente, notiamo che per Q₁ il punto A era ottimo, infatti le curve del breve e del lungo
coincidono. Il punto B, invece, prevede costi più alti nel breve rispetto al lungo periodo.
SMC = ∆STC/∆Q = ∆TVC/∆Q
SAC(Q) = STC(Q)/Q
AVC(Q) = è ovviamente del breve essendo variabile = TVC/Q
AFC(Q) = TFC/Q
SAC(Q) = AVC(Q)+AFC(Q)

La legge del fatto che il costo medio decresce finché esso è maggiore del costo marginale è sempre valida. In B il costo è minimo.
Se aumento il lavoro, componente di Q, il costo medio decresce fino ad un certo punto, il suo minimo, dove (SMC ∩ SAC) ,
superato il quale se continuo ad aumentare il lavoro, se K̅ non cambia, il lavoro (addizionale) diventa poco produttivo rispetto a
quanto costa. Il punto di Costo Minimo di Breve Periodo si ha all’intersezione tra SMC e SAC.

L’INVILUPPO

Immagino tre imprese, una più grande dell’altra, con un impianto di K1 < K2 < K3. Cerchiamo di capire un’impresa quale
impianto costruire in base a quanto vuole produrre, se 1 milione, 2 milioni o 3 milioni, osservando i costi minimi A B e C.
Fig. 8.17: Aggiungiamo le curve di costo marginale in A, B e D e tracciamo la MC(Q). In base alla produzione avremo un AC(Q)
che passa per tutti i costi minimi per ogni quantità: AC(Q) sarebbe l’inviluppo delle varie SAC. Osservando AC(Q), quindi il lungo
periodo, salta all’occhio anche MC(Q), il marginale di lungo periodo. Esso passa per B. B è il minimo di lungo periodo, ha
quantità 2 milioni, è per costruzione il minimo di AC(Q) e del suo rispettivo SAC.
B è il punto di Costo Minimo di Lungo Periodo.
Caso assurdo: se i costi medi sono una costante, vuol dire che nell’equazione dei costi totali non compare la variabile Q, pertanto
significa che l’impresa ha solo costi fissi, allora MC(Q) è 0. Qualunque curva di costi nel lungo vorrà K = AC(Q), quindi per ogni
K̅ ≠ AC(Q) si avranno dei SAC > AC(Q) (che infatti è sempre valido, per costruzione).

ESERCIZIO:
Se Q = 50 √KL
𝑤 = 25
𝑟 = 100
TC(Q) = 2Q
Poniamo K = K̅

Quindi
Q = 50 √K̅L
Q² = 2500 K̅L
L = Q²/2500K̅

STC(Q) = 𝑟K̅ + 𝑤L = 100 K̅ + 25(Q²/2500K̅) = semplifico = 100 + Q²/100K̅


SAC(Q) = STC(Q)/Q = (100 + Q²/100K̅)/ Q = 100K̅/Q + Q/100K̅

⇨ Risolvo per K̅ = 1, = 2, = 4.
LA CONCORRENZA PERFETTA
Collocare l’impresa nel mercato consente di ricavare la curva di offerta.
Questa curva dipende dalla forma di mercato. Studieremo gli estremi: la Concorrenza Perfetta e il Monopolio. Nel mezzo, ossia
la realtà in cui viviamo, esiste l’oligopolio.

LA CONCORRENZA PERFETTA: Il mercato perfettamente concorrenziale


Il mercato perfettamente concorrenziale ha delle prerogative che devono coesistere contemporaneamente per poterlo rendere
valido. Se non ci sono tutte queste caratteristiche, non siamo nella Concorrenza Perfetta.
- Le quantità acquistate da ciascun compratore sono così modeste da non produrre effetti sul prezzo di mercato.
- Le quantità vendute da ciascun produttore sono così modeste da non produrre effetti sul prezzo di mercato.
- Le imprese producono beni indifferenziati, percepiti dai consumatori come perfetti sostituti.
- Le imprese hanno pari accesso alle risorse produttive e alla tecnologia.
- I compratori e venditori considerano come dato il prezzo del prodotto quando decidono la quantità da acquistare e
produrre (price-taker).
- Esiste un unico prezzo al quale avvengono tutte le transazioni (legge del prezzo unico).
- Non esistono barriere all’entrata di nuove imprese (libertà di entrata).

IL MASSIMO PROFITTO
Le imprese cercano il massimo profitto, non il minimo costo. È l’unico movente delle imprese: il massimo profitto, il
target finale a cui tutti ambiscono.

Profitto Economico e Profitto Contabile


Il Profitto economico è dato dai ricavi delle vendite - costi economici. Ad esempio, per una piccola impresa di consulenza si
supponga che i ricavi siano di 1.000.000€, le spese siano di 850.000€ ed il miglior impiego alternativo consenta
all’imprenditore un reddito di 200.000 €. Ne segue che, poiché contabilmente non si considera il costo opportunità, il
guadagno dell’imprenditore è di 150.000€ (profitto contabile). Ma in realtà, se l’imprenditore chiudesse l’impresa e lavorasse
per il reddito di 200.000, guadagnerebbe 50.000€ in più. Pertanto tenere in piedi la sua impresa di consulenza per
l’imprenditore è antieconomico, in quanto genera un profitto economico di -50.000€.
PROFITTO ECONOMICO: Profitto di ora - profitto opportunità = (1.000.000-850.000)-200.000=-50.000.
PROFITTO CONTABILE: Profitto di ora = 1.000.000-850.000 = 150.000.
È pertanto importante non confondere profitto contabile e profitto economico.

Capitale finanziario
Lo stesso discorso si può applicare ai fondi deposito. Si supponga che il proprietario abbia investito 2 milioni di euro dei suoi
risparmi in un’attività economica. La migliore alternativa di impiego di questi soldi è rappresentata da un investimento in un
portafoglio di titoli con rendimento annuo del 10%. L’attività di consulenza genera profitto economico solo se il profitto
contabile è maggiore di 200.000 € all’anno.

Il profitto contabile è generalmente maggiore del profitto economico. In questo stadio dell’analisi non devo fare differenza tra
breve periodo e lungo periodo. Si supponga quindi d’ora in poi che, nel parlare della nostra produzione, se la facciamo è perché
è conveniente economicamente ovvero non vi sono alternative migliori che ne determinerebbero la chiusura.
Sicché, d’ora in poi, con profitto Π si intenderà generalmente TR-TC.

Π = TR-TC
Programma di massimizzazione
Come annunciato Π = TR-TC. TC lo conosciamo già, sono i costi totali, ossia TVC + TFC. Il Ricavo Totale, TR, è invece
dato banalmente da prezzo per quantità.

TR= P • Q
Ricavo Marginale
Indovina indovinello, MR = ∂TR/∂Q. In Concorrenza Perfetta, dove il prezzo è dato e fisso, il ricavo marginale è
uguale al prezzo, poiché l’unità aggiuntiva venduta genera un ricavo che è sempre lo stesso, costante, non crescente o
decrescente… quindi MR = P.

Paragoniamo quindi da un lato ricavo marginale e costo marginale. L’impresa deve produrre di meno se MR < MC, e viceversa.
Infatti se TR>TC, il profitto aumenta se accresco la quantità prodotta. Invece, se MR<MC il profitto decresce al crescere della
produzione. Il massimo profitto è dato, pertanto, in qualunque forma di mercato, sempre e comunque, da

MC = MR
Ora, ipotesi della Concorrenza Perfetta è che il prezzo è dato. Quindi MR = P.
Allora, in regime di Concorrenza Perfetta cercheremo il Massimo Profitto seguendo MC = P.

Calcolo delle variazioni


La variazione del profitto è data dalla variazione dei ricavi - quella dei costi.
∆Π = ∆TR - ∆TC
∆TR = ∂/∂Q TR = MR
∆TC = ∂/∂Q TC = MC
Da cui
∆Π = ( MR-MC) • ∆Q
In Concorrenza Perfetta MR = P. Allora,
∆Π = (P-MC) • ∆Q.
(Leggere). Per accorgersene, che è il minimo e non il massimo, basta guardare il segno del costo marginale in quel punto:
𝓁𝒾𝓂 MC = numero con segno negativo
Q ➝ quel punto

Come identificare graficamente il profitto


IL BREVE PERIODO

IL PREZZO DI CHIUSURA 𝑃𝑠
Il breve periodo è quel lasso di tempo in cui, come sappiamo, il numero delle imprese presenti nel mercato è fisso. I costi totali
variabili sono STCV e dipendono dalla quantità prodotta, pertanto sono recuperabili qualora non si producesse. I costi fissi
STFC si dividono non recuperabili SFC non dipendono dalla quantità prodotta, mentre i costi fissi recuperabili NSFC
sono fissi ma possono essere recuperati se non si produce (es. Luce elettrica).
La curva di offerta nel breve periodo rappresenta la quantità ottima (corrispondente al Massimo Profitto) al variare del prezzo
di mercato. Pertanto l’impresa produrrà una quantità positiva (cioè, produrrà) solo se P>SAVC. Il prezzo al di sotto del quale
l’impresa chiude la produzione è detto prezzo di chiusura (𝑃𝑠), che corrisponde al minimo della curva di costo medio variabile
(𝑚𝑖𝑛AVC). In regime di Concorrenza Perfetta, l’impresa potrebbe operare (nel breve periodo) anche in perdita (Π negativo).

Se P < 𝑃𝑠 l’impresa decide di non produrre (ma gli tocca pagare comunque i costi fissi non recuperabili SFC).
Se P > 𝑃𝑠 di chiusura, invece, gli conviene produrre, poiché sebbene non sia detto che vada in Π positivo (quello accade se la il prezzo
è più in alto di 𝑚𝑖𝑛SAC, ossia SAC ∩ SMC). Nel tratto intermedio, l’impresa va in perdita in quanto copre i costi variabili che
sono inferiori al prezzo di vendita (e infatti per 𝑃𝑠 abbiamo SMC ∩ AVC), ma non tutti i fissi: gli conviene produrre poiché se non
operasse dovrebbe pagare comunque i costi fissi, ma non avrebbe il guadagno sui variabili. Pertanto la curva di offerta fino a 𝑃𝑠 ha
quantità 0: l’impresa non produce. Dopo 𝑃𝑠, la curva di offerta coincide con la curva di costo marginale. In altre parole, 𝑃𝑠 è il
𝑚𝑖𝑛AVC perché è il punto in cui AVC interseca SMC, quindi il grafico si divide in 3 fasce: 1) Prima di 𝑃𝑠: l’impresa è in perdita e
non conviene produrre 2) tra 𝑃𝑠 e (SAC₄₀ ,40): l’impresa è in perdita e conviene produrre perché almeno una parte dei costi fissi li
recupera in quanto ha un profitto sui variabili 3) Oltre (SAC₄₀ ,40): è in positivo e conviene, generando Π vero e proprio.
Complicando un po’ la situazione, in riferimento a quel tratto tra AVC e SAC in cui avevamo i costi fissi. Se questi costi fissi sono
tutti irrecuperabili, allora 𝑃𝑠 = 𝑚𝑖𝑛AVC. Se invece una parte di questi costi non verrebbero sostenuti se l’impresa chiude, ossia non
sono sunk, allora 𝑃𝑠 = 𝑚𝑖𝑛ANSC (average not sunk cost). Ha senso, poiché il punto di rottura deve coincidere col punto in cui
producendo pago qualcosa, e se non ci sono ANSC questo coincide col minimo dei costi che sostengo direttamente legati alla
produzione, ossia AVC, ma se per produrre sostengo anche dei costi fissi unicamente legati al fatto che produco (e che non sosterrei
non producendo) allora non devo guardare 𝑚𝑖𝑛AVC, ma più correttamente 𝑚𝑖𝑛ANSC.

L’impresa decide quindi di chiudere se il AVC è superiore al prezzo di mercato a cui venderebbe il suo prodotto. Per questo si
chiama prezzo di “chiusura”, perché è il prezzo sotto al quale l’impresa chiude.

ESERCIZIO

Ipotizziamo
TC = 100 + 20Q + Q²

1) MC = ∂TC/∂Q = 20 + 2Q
2) TVC = 20Q + Q²
3) AVC = TVC/Q = 20 + Q
4) 20 è il minimo di AVC quindi coincide con 𝑃𝑠
5) Pertanto se il prezzo di mercato è < 20, l’impresa non produce e chiude.
6) Se il prezzo è ≥ 20 l’impresa produrrà. L’equazione della sua curva di offerta sarà data da P = MC, che sviluppiamo:
P = 20 + 2Q
- 2Q = 20 - P
2Q = -20+P
Q = -10 + P/₂

L’OFFERTA TOTALE DI MERCATO


Identificata la curva di offerta della singola impresa, per ottenere quella di tutto il mercato si somma orizzontalmente le curve di
offerta delle singole imprese.
L’impresa di tipo 1 produce per prezzo ≥ 0,30, la 2 per P ≥ 0,50. Sicché il mercato totale coinciderà nel primo tratto con la curva di
offerta dell'impresa di tipo 1, mentre per oltre 0,50 si aggiungerà anche la quantità prodotta dall’impresa 2.

La 𝑠₁ è più efficiente di 𝑠₂ poiché ha 𝑃𝑠 più basso. Infatti comincia a produrre già da 0,20 in poi. Nel grafico a) notiamo che 𝑠₂
produce solo da P=0,40 in poi, per quel prezzo la 𝑠₁ già sta producendo 20 (mila rose).
L’offerta di mercato è la quantità offerta da 𝑠₁ + quella di 𝑠₂, che per 0,40 = curva di offerta di 𝑠₁.
Graficamente, la curva di offerta di mercato si ottiene sommando gli intervalli orizzontali (ossia l’immagine delle due curve
sull’asse delle ascisse) delle curve di offerta due imprese. Nella figura, dal basso verso l’alto osserviamo:
Per prezzo = x ⇨ 𝑠₁ + 𝑠₂ = 𝑠𝑠
Per prezzo = 0 ⇨ 0 + 0 = 0
Per prezzo = 0,10 ⇨ 0 + 0 = 0
Per prezzo = 0,20 ⇨ 0 + 0 = 0
Per prezzo = 0,30 ⇨ 10 + 0 = 10
Per prezzo = 0,40 ⇨ 20 + 0 = 20
Per prezzo = 0,50 ⇨ 30 + 10 = 40
connetto 10-20-40 con una riga
quella riga è la curva di offerta di mercato.

L’EQUILIBRIO NEL BREVE PERIODO

Essendo la curva di offerta delle imprese un tratto che unisce gli infiniti punti di combinazione P=MC, ad un certo punto ci sarà la
curva di domanda che la incontra, formando il Punto di Equilibrio di mercato. Nel grafico che rappresenta un esempio, per P* la
quantità perfetta (Q*) equivale a 100.
Se si aggiungo altre imprese al mercato la curva di offerta si inclina verso destra in quanto per lo stesso prezzo la quantità
aumenta (essendoci altre imprese che la offrono). Pertanto il Punto di Equilibrio si avrà per un prezzo più basso ed una quantità
più alta.

Se la domanda di mercato aumenta (spostamento orizzontale verso destra, es. aumentano i consumatori di botto), l’elasticità
dell’offerta rispetto al prezzo determina conseguenze sul nuovo prezzo. A sinistra la curva di domanda è elastica (più piatta), a
destra no. Più è elastica (piatta) minore sarà l’effetto dell’aumento di domanda sul prezzo e maggiore sarà sulla produzione.

ESERCIZIO CALCOLO EQUILIBRIO DI MERCATO


Dati:
TC = 0,1+150𝑞²
Qᵈ (P) = 60-P
Ci sono 300 imprese sul mercato ⇨ 𝑛 = 300
1. Mi serve la curva di domanda inversa: giro la curva di domanda per P, ossia
P = 60-Q
2. Determino il Costo Marginale
MC = ∂TC/∂Q
MC = 300𝑞
3. Impongo per Concorrenza Perfetta
P = MC
P* = 300𝑞
𝑞 = P*/300
4. Coincidenza delle coincidenze meramente casuale (per davvero!), 300 è anche il numero di imprese. Per ottenere la
quantità totale offerta nel mercato, ossia Q, devo moltiplicare la quantità offerta della singola impresa, che sarebbe 𝑞,
per il numero di imprese 𝑛 (cioè impongo Q = 𝑛q).
Q = 𝑛𝑞
Q = 300𝑞
𝑞 = Q/300
5. Sostituisco 300𝑞 con Q nell’equazione di 𝑞
𝑞 = P*/300
Q/300 = P*/300
Q = P*
P* = Q
6. Adesso conosco P* ⇨ lo inserisco nella curva di domanda così da trovare Q*
P* = 60-Q
Q = 60-Q
2Q = 60
Q* = 30
7. Conosco Q*, la sostituisco nell’equazione di P*
P* = Q
P* = Q*
P* = 30
8. Ho così ottenuto P* e Q*

IL LUNGO PERIODO
Le caratteristiche del lungo periodo in Concorrenza Perfetta sono 6:

1. Le imprese possono modificare i loro impianti, quindi avranno sempre il Costo Minimo. Ma questo lo sapevamo già.
2. Il numero di imprese nel mercato può variare. Se il mercato è profittevole possono entrare altre imprese,
contendendosi tale profitto con le imprese preesistenti, e viceversa se non è profittevole le imprese che erano nel
mercato possono abbandonarlo.
3. La curva di costo rilevante è quella di lungo periodo, ossia l’inviluppo delle curva di costo di breve periodo.
4. Osservando la curva di offerta, il Massimo Profitto resta P = MC: le imprese offriranno quantità pari al proprio Costo
Marginale a quel prezzo.
5. Il profitto resta nullo, ossia il prezzo sarà uguale al costo medio affrontato, cioè P* = AC ⇒ Π = 0
6. La domanda eguaglia l’offerta, cioè Qᵈ(P*) = Qˢ. Qˢ = 𝑛𝑞 è sempre valida.

Emergono pertanto 3 condizioni.

1. CONDIZIONE DI MASSIMO PROFITTO: Il prezzo deve sempre e per forza essere uguale al costo marginale.
P = MC
2. CONDIZIONE DI PROFITTO NULLO: Il profitto è nullo quando i ricavi equivalgono ai costi, ossia quando il prezzo
equivale al costo medio.
P = AC
3. CONDIZIONE DI NUMERO DI IMPRESE NEL MERCATO: La quantità domandata a quel prezzo è data dalla
quantità offerta moltiplicata per il numero 𝑛 delle imprese che sono disposte ad offrire a quel prezzo. Per le prime due
condizioni, ossia P = MC e P = AC emerge che sia necessario che MC = AC, condizione che si verifica solo ed esclusivamente in
un punto (che poi è il Costo Minimo). Quel punto, quell’intersezione, ha sulle ordinate il valore P necessario per tenere in piedi
la prima e seconda condizione, che parlano di aspetti unicamente relativi alla tecnologia, alla teoria di produzione, ignorando la
domanda. La domanda ha invece ruolo nella terza condizione:
Qᵈ(P*) = n*Q*
Questa condizione ha ruolo cruciale determinando quante imprese entreranno e parteciperanno al mercato, poiché disegnerà il
punto in cui, intersecando la curva di offerta, si avrà uno ed un solo P, che sarà P*, corrispondente ad un unico punto di Costo
Minimo generato dalla tecnologia AC=MC. Quello sarà il punto di equilibrio nel mercato perfettamente concorrenziale, per
cui si verificano appunto queste tre condizioni.
Massimo Profitto = Costo Minimo = Curva di Domanda
↑ Leggere. È spiegato bene. ↑

La curva di offerta di lungo periodo in Concorrenza Perfetta rispetta le condizioni del breve in cui sotto al 𝑚𝑖𝑛AC, ossia 𝑃𝑠, non
offre nulla, e oltre 𝑃𝑠 la curva di offerta equivale alla curva di Costo Marginale (poiché Pˢ = MC).
L’unica differenza tra breve e lungo è che nel breve sotto il 𝑃𝑠 l’impresa in perdita rimane sul mercato senza produrre e
affrontando i SFC, mentre nel lungo, se la condizione rimane questa (ossia l’eterna perdita, accompagnata da una condizione di
antieconomicità se si decide produrre, poiché il prezzo è troppo basso o i costi sono troppo alti) l’impresa esce dal mercato.
Per ottenere 𝑛 basta dividere la Qᵈ per 𝑞ˢ

ESERCIZIO PUNTO DI EQUILIBRIO E NUMERO IMPRESE SE NON HO TC BENSÌ AC


Dati:
AC = 40-Q+0,01Q²
Qᵈ = 25.000-1000P
Ricavare P* Q* e 𝑛
1) TC = AC • Q = 40Q-Q²+0,01Q³
2) M nC = 40-2Q+0,03Q²
3) In circostanze normali cercherei il Costo Minimo ponendo AC=MC, ma così facendo mi ritrovo con un’equazione
con Q che compare sia al primo che al secondo ordine, il che da due risultati diversi (entrambi validi, poiché uno è 0).
Prendendo un’altra strada più semplice per risolvere questo esercizio, senza farmi -b ±√∆ /2a, torno alla conoscenza del
Costo Minimo: sappiamo che questa condizione si verifica nel minimo di AC (condizione che coesiste con l’incontro
con MC, che ci dava problemi), sicché in quel punto AC ha pendenza 0. Allora posso ricavarlo ponendo la derivata di
AC uguale a 0 per identificare quant’è Q in quel punto, e una volta trovata questa quantità, la sostituisco dentro la
formula di AC così da ricavare P*. Macchinoso a dirsi, facile a farsi ↓
∂AC/∂Q = 0
-1+0,02Q = 0
-100+2Q = 0
2Q = 100
Q = 50
Sostituisco Q con 50 nell’equazione di AC
AC(Q) = 40-Q+0,01Q²
AC(50) = 40-50+25
AC(50) = 15
P* = 15
⇨ Per avere un prezzo di equilibrio di 15€, le unità prodotte dalla singola impresa devono essere 50
Sicché
𝑞 = 50
lo tengo a mente per dopo, quando dovrò determinare 𝑛.
4) Sostituisco P* = 15 nella curva di domanda
Qᵈ = 25000-1000P
Q = 25.000-15.000
Q* = 10.000
5) Ricavo 𝑛
𝑛 = Q*/𝑞
𝑛 = 10.000/50
𝑛 = 200
Risolto. Segue un grafico in merito ↓
A sinistra c’è l’impresa tipica che produce 50 (mila) unità, a destra il mercato. Se il reddito del consumatore sale, sale anche la
domanda (a patto che il bene prodotto non sia di Giffen…), da D₀ a D₁. Se succedesse, nel breve periodo si genererebbe uno squilibrio
nel mercato dato da un eccesso di domanda, il che farebbe salire il prezzo a 23, mentre 𝑞 salirebbe di poco visto che gli impianti non
sono pronti ad offrire cotanta merce richiesta, precisamente sale a 52. Nel lungo periodo gli squilibri si risolvono sempre: divenuto
questo mercato profittevole, vi entreranno nuove imprese (prima erano 200, mentre nel lungo saranno 360) per contendere alle 200
già presenti il profitto generatosi (area blu). Nel lungo periodo si arriva allora a riaggiustare il prezzo a 15, poiché l’eccesso di
domanda viene compensato non da un aumento di prezzo praticato, che genera profitto, poiché il profitto in Concorrenza Perfetta è
0, ma viene invece compensato tramite spostamento verso destra della curva di offerta, ossia con un ingresso di nuove imprese (da
SS₀ a SS₁, cioè da 200 a 360: le imprese aumentano di 160) che azzereranno di nuovo il profitto estraibile dal mercato. La
differenza rispetto a prima sarà che 𝑞ˢ sarà 18. Cos’è successo? Il profitto è di nuovo 0 e i consumatori sono felici perché avendo più
reddito compreranno 3 unità a impresa in più (3 x 160 = 48 unità in più sul tutto il mercato verranno domandate è pertanto
vendute). Nel grafico, la linea del prezzo LS significa LongSupply.

INDUSTRIA A COSTI CRESCENTI O DECRESCENTI


COSTI CRESCENTI: Un incremento del prodotto dell’industria induce un aumento del prezzo di un fattore produttivo
specifico per l’industria. Un fattore produttivo è specifico se è disponibile in quantità scarsa ed è impiegato esclusivamente in
quel tipo di industria.
COSTI DECRESCENTI: Un incremento del prodotto dell’industria induce una diminuzione del prezzo di un fattore
produttivo per l’industria. Il prezzo del fattore produttivo diminuisce perché, al crescere della domanda per questo fattore
produttivo, l’industria è indotta ad impiegare tecniche di produzione meno costose per volumi maggiori (economie di scala).

Leggere, è spiegato benissimo. Si prosegue il ragionamento dell’esempio di prima con una LS che però è inclinata ╱, dato l’aumento
dei costi rispetto a prima (cosa che nella figura 9.13 non avveniva, i costi non erano crescenti ma costanti). Da notare che rispetto a
prima, essendo maggiori i costi, il numero di imprese ex-post non è più 360 ma 280.
Per costi decrescenti: il contrario (es. Salendo la domanda di rose, aumenta la domanda dei fertilizzanti da parte dei produttori di
rose: chi li produce costruisce più impianti e abbatte i costi, quindi riduce (per Concorrenza Perfetta, eh) il prezzo dei fertilizzanti,
quindi il costo di fertilizzante per il produttore di rose scende, e allora il prezzo di equilibrio scende). In questo scenario le imprese
ex-post saranno, specularmente al caso dei costi crescenti, di più delle 360 a costi costanti, precisamente 400.

LA RENDITA ECONOMICA
La rendita economica misura il sovrappiù economico attribuibile ad una risorsa produttiva in offerta limitata. Essa
corrisponde alla differenza tra l’ammontare massimo che un’impresa sarebbe disposta a pagare per i servizi di un fattore
produttivo e il valore di riserva. Il valore di riserva è il ricavo che il proprietario otterrebbe impiegando il fattore produttivo nel
suo migliore uso alternativo al di fuori dell’industria. Pensiamo alle terre fertili: sono limitate. Le terre meno fertili sono più
disponibili delle fertili, e così via. Il proprietario della terra più fertile, che la affitta ad un produttore, sfrutterà questo essere più
fertile della sua terra lucrando una rendita, un canone di locazione, maggiore rispetto a chi ha una terra meno fertile. Il vincolo
massimo (ammontare massimo) è che se il canone è troppo alto il produttore di rose può rivolgersi ad un altro proprietario di
terra fertile, mentre il vincolo minimo è il valore di riserva, ossia il guadagno dato da un impiego alternativo della terra da parte
del proprietario (es. Può mettersi a produrre rose, ed entra in gioco il meccanismo del costo opportunità). La rendita equivale
quindi alla differenza tra i due vincoli, va da valore di riserva a vincolo massimo: in quest’area il proprietario accetterà di cedere
la sua terra in locazione. O meglio, lo farebbe anche oltre il massimo molto volentieri, ma la contrattazione di locazione col
produttore si concluderà in quest’area di prezzo d’affitto, misurata dalla rendita. I coltivatori esperti sono dati in un numero
limitato rispetto a quelli che sono meno esperti, e sono limitati nel senso che non tutte le imprese possono accedervi. Questa
rendita, cioè il fatto che il coltivatore che hai è esperto, sarebbe il profitto dato dalla scarsa disponibilità del fattore produttivo in
più (appunto, i coltivatori esperti sono dati in un numero limitato, un po’ come la terra fertile).

↑ Leggere, è spiegato perfettamente. ↑


In relazione alla figura precedente, in base al salario del coltivatore, si analizza chi tra i due (il produttore di rose e il coltivatore
suo dipendente) si appropria della rendita economica data dalla sua esperienza.

SOVRAPPIÙ DEL PRODUTTORE


Si tratta di quantificare il beneficio.
Il sovrappiù del produttore è misurato dall’area compresa tra la curva di offerta dell’impresa e il prezzo di mercato. Esso
misura il beneficio monetario netto goduto dai produttori. Infatti, il produttore riceve il prezzo di mercato per ogni unità
venduta, ma sostiene solo il costo marginale relativo a ciascuna di queste unità. Il sovrappiù del produttore non coincide con il
profitto, in quanto ignora i costi fissi non recuperabili.

Sovrappiù parziale e sovrappiù totale

Per 70 milioni di euro vendo 3 navi, l’ultima non ha guadagno ma le prime due si. Quello è il surplus parziale. A prezzo 75,
produco 3 navi e ho 5. Il surplus è 25 sulla prima + 15 sulla seconda + 5 sulla terza = 45milioni. Questo surplus non è il profitto
perché non ci sono i costi fissi. Infatti questo surplus rispecchia il costo marginale. In questo caso il sovrappiù parziale coincide col
totale poiché la curva di offerta è una funzione a tratti [𝓍].
Si supponga un aumento di prezzo di €1,50, quindi con ex-ante P= €2,00 ed ex-post P= €3,50. Ci spostiamo da Q=100 a Q=125.
Il sovrappiù parziale del produttore è EFAC. Il lucro di 1,50 moltiplicato per 100 unità è 1500€. Il volume aggiuntivo di
sovrappiù, invece, derivante dall’addizionata vendita di prodotti che non si sarebbero venduti prima, è l’ipotenusa di ABC. Il lucro
su ABC sarà il surplus aggiuntivo, ossia 25•1,5/2 = 18.75. Il surplus totale sarà la somma tra parziale e aggiuntivo = 1518,75.

Altro esempio di divisione del surplus totale in parziale ed aggiuntivo

COME DISTINGUO SURPLUS DA PROFITTO?


Il profitto non tiene conto dei SFC, il surplus si.
MERCATI CONCORRENZIALI
In Concorrenza Perfetta il benessere sociale è già massimo, pertanto non serve l’intervento dello Stato nell’economia.

Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio, o del panettiere che ci aspettiamo la nostra cena, ma dalla loro considerazione
del loro stesso interesse. Ogni individuo si sforza di impiegare il proprio capitale in modo che il suo prodotto possa essere di
grandissimo valore. Generalmente non intende né promuovere il pubblico interesse, né sa quanto lo sta promuovendo. Si prefigge
solo la sua sicurezza, solo il suo guadagno. In ciò è guidato da una mano invisibile per prefiggersi un fine, che non ha nessun
interesse della sua intenzione. Perseguendo il suo interesse spesso promuove quello della società più efficacemente di quanto
realmente intenda promuoverlo.
Adam Smith, La Ricchezza delle Nazioni, 1776

Teorema dell’efficienza

Teorema della mano invisibile. La somma dei due surplus definisce il vantaggio della società dato da quel mercato. Può lo Stato, o
meglio il pianificatore sociale onnipotente, in qualche modo aumentare quest’area? No. Questo surplus collettivo è massimo solo in
regime di Concorrenza Perfetta senza l’intervento dello stato nell’economia.
In Q=4 il prezzo per i consumatori è di 12€ (questo è quanto sarebbero disposti a pagare) mentre i produttori sarebbero disposti a
vendere a 6€. La differenza, di 6€, è il benessere che si trarrebbe da un aumento di Q offerta/produzione, che si ferma ad Q=6: il
massimo benessere si ottiene in R, dove il prezzo per quella quantità è uguale sia dal punto di vista del consumatore che del
produttore. Questo è il ruolo dei pianificatori sociali, massimizzare il benessere.
Quando ci sono le esternalità (effetti avversi) questo teorema non è valido.
Il senso di questo teorema è che il prezzo riflette il beneficio sociale e misura anche il costo sociale.

TASSE E SUSSIDI
Accise: tasse sulle transazioni. Carburanti, tabacco, alcol... sono somme fisse, non percentuali (come invece sono le aliquote).
Un’accisa è una tassa applicata sulla quantità venduta di uno specifico prodotto (benzina, alcol, tabacco o biglietti aerei). Il
prezzo pagato dai consumatori Pᵈ eccede il prezzo ricevuto dai produttori Pˢ, di un ammontare pari alla tassa T. Pertanto,
Pˢ - Pᵈ = T.
Un sussidio può essere interpretato come una tassa negativa.

Serve a separare prezzo del produttore e prezzo del compratore.


Pᵈ = prezzo del compratore
Pˢ = prezzo del venditore

I profili giuridici sono due, ma alla fine sono irrilevanti: in Europa grava sul venditore, in America sul compratore. Nei grafici
che andremo a vedere, il venditore che si ritrova a dover pagare la tassa aumenterà il prezzo del suo prodotto di quell’importo
così da non soffrirla direttamente, ma indirettamente (al nuovo prezzo più alto ci sarà meno domanda e pertanto meno vendita,
eppure il prezzo più alto sulla minor quantità non darà Π al venditore in quanto quei soldi vanno allo stato).
La tassa è una traslazione verticale verso l’alto della curva di offerta pari all’importo T, ossia l’accisa che è stata introdotta.
Il gettito del governo è T • Q (nella figura il nuovo equilibrio si ha per Q=4, l’accisa è 6 ⇨ 6 • 4 = 24€ è il gettito del governo),
graficamente N612M.
Quanto è costato alla società che il governo ha introdotto questa tassa?
Le contrattazioni che senza tassa si sarebbero concluse per 4 < Q ≤ 6 non ci sono più, pertanto (distintamente) l’area dei surplus di
consumatori e venditori si ridurrà: questa riduzione si chiama perdita secca e corrisponde al triangolo MNR. Il nuovo surplus
del venditore sarà (per costruzione) l’area sovrastante la curva di offerta e sottostante il prezzo, limitata a destra dalla
quantità del nuovo equilibrio e sopra dal gettito, ossia W6N. Il surplus del consumatore sarà l’area sottostante la curva
di domanda e sovrastante il prezzo limitata a destra dalla quantità del nuovo equilibrio e sotto dal gettito ossia
VM12. Il gettito sarà il rettangolo N612M. Avendola pagata il consumatore l’accisa, praticamente, il venditore ha sofferto di
meno questo intervento dello stato, infatti ha perso N(4,8)R mentre il consumatore M(4,8)R, che è più grande. Certo è che il gettito
verrà utilizzato per un uso sociale che quindi darà beneficio, quindi non sono soldi realmente persi, i soldi persi definitivamente
sono la differenza tra il gettito e la perdita secca. Lo andiamo a vedere tra poco nel calcolo dei benefici e delle perdite.

Quello che abbiamo appena spiegato, con una figura più accurata.
PERDITA SECCA O DELLA MANO MORTA
Perdita secca o della mano morta: costo sociale dell’operato del governo, (E+F). L’uso efficace nella realizzazione di fini pubblici
derivante da questo gettito è B+C+G. Perché c’è questa perdita secca? C’è uno spiazzamento.

Nei mercati con curve anelastiche la perdita secca è minima, perché in pochi si asterranno dal comprare (il triangolino nero
nella figura di destra è meno ampio che a sinistra). Se le merci sono molto necessarie, ossia anelastiche (rispetto al prezzo ..)
aumenti di prezzo ridurranno di poco la domanda, pertanto in tali mercati la perdita secca sarebbe minore. La conseguenza è
che, per il benessere pubblico, è opportuno tassare i beni necessari, i beni la cui domanda è anelastica. È terribile, ma
ha senso: se il bene è voluttuario, facilmente il consumatore uscirà dal mercato dopo un aumento di prezzo, e quindi il governo
non incasserà il denaro necessario per la realizzazione del benessere pubblico, cercando di minimizzare il più possibile la perdita
secca.

Incidenza della tassa


L’incidenza della tassa è la misura dell’impatto di una tassa sui prezzi che i consumatori pagano e che i venditori ricevono in un
mercato. Dipende dall’elasticità della domanda e dell’offerta, infatti

𝛆Qˢ,P ∆Pᵈ
———— = ———
𝛆Qᵈ,P ∆Pˢ

Tanto più è elastica l’offerta tanto è più bassa l’incidenza sul venditore. Tanto più è elastica la domanda tanto è più bassa
l’incidenza sul compratore. In pratica, chi dei due ha la curva elastica soffre di meno l’incidenza della tassa.

Ha senso, perché appunto la curva di domanda è elastica (0,5𝓍) mentre la curva di offerta è anelastica, cioè più ripida (2𝓍).
IL SUSSIDIO
È una tassa negativa. I venditori ricevono un sussidio fisso per ogni unità acquistata, pertanto abbassano di tale importo il
prezzo di mercato, garantendo così un bonus anche per il compratore.

Sebbene i produttori vendano di più e quindi abbiano un benefit, e anche i consumatori logicamente traendo il loro beneficio dal
sussidio, per un totale di 6,5+13=19,5 milioni, la somma pagata dal governo è 21 milioni. La perdita secca è pertanto 1,5 milioni
di euro. Impossibile dare torto a smith.
In assenza di sussidio il prezzo sarebbe di 8 €. Viene introdotto il sussidio ai venditori di 3 €. Il prezzo di domanda è 9€, il prezzo
di offerta è 6 € (cioè 9-3) e quindi il nuovo equilibrio è a 6 €.
Il beneficio collettivo aumenta perché si aggiunge la nuova area generata dallo scendere della curva di offerta. Quello del
produttore è sopra la curva di offerta e sotto al prezzo, mentre quello dei consumatori è quello sotto la curva di domanda è sopra al
prezzo. Ma non è finita qui, perché analogamente alla perdita secca, quei 3 € hanno un costo per il governo e quindi questo
non-gettito va sottratto al benefico collettivo. Tale costo è la fascia del sussidio. Questa perdita J è il triangolino ricreatosi tra il
vecchio equilibrio e la nuova quantità prodotta, che a differenza del caso della tassa è a destra del Punto di Equilibrio.
PREZZO MINIMO E PREZZO MASSIMO: Due condizioni (favorevole e sfavorevole)
Un’altra forma di intervento dello stato nell’economia è l’imposizione di un prezzo massimo (che ha effetto solo se inferiore
all’attuale prezzo di equilibrio) e un prezzo minimo (che ha effetto solo se superiore al prezzo di equilibrio).

CASO DEL PREZZO MASSIMO

Scendendo da 1600€ a 1000€, prezzo massimo, solo 50 locatari accetteranno di dare in affitto il loro immobile, e 140 famiglie
domanderanno casa.
Analizziamo due casi: un caso favorevole (massimo benessere sociale) e uno sfavorevole (minimo benessere sociale).
1. Favorevole: il prezzo si abbassa e i venditori a 1000€ sono disposti a offrire solo 50 case. Il surplus del venditore sarà solo G,
mentre quello del consumatore sarà dato da A+B (di prima) + C, e la perdita secca è E+F.
2. Sfavorevole: il prezzo si abbassa e i venditori a 1000€ sono disposti a offrire solo 50 case. Il surplus del venditore sarà solo G,
mentre quello del consumatore sarà dato da H. Perché? Perché i consumatori che si aggiudicano i 50 alloggi sono quelli che non
erano disposti a pagare più di 1600, ma di meno (ossia quelli a destra del punto di equilibrio). Si noti quanto è drastico
socialmente il secondo caso, dove i surplus sono solo H e G, contro lo status precedente in cui l’area del benessere collettivo era
largamente maggiore.
ESERCIZIO
Pᵈ(Q) = -½Q + 20
Pˢ (Q) = Q+2
1) Giro
Qᵈ(P) = -½P + 10
Qˢ (P) = Q - 2
2) Punto di Equilibrio
Qᵈ = Qˢ
10-½P = -2+P
12 = 3/2P
P=8
3) Sostituisco P=8 nelle due equazioni di domanda e offerta
Qᵈ(6) = 7
Qˢ(6) = 4

Quindi 4 è la quantità offerta e 7 è la quantità domandata: la differenza è 3, ossia il numero di consumatori che si attaccano al
cazzo. Gli altri 4, invece, tocca vedere quali sono: se quelli che erano disposti a pagare di più o di meno. Ora, se ad ottenere
questo sovrappiù sono quelli disposti a pagare di più (caso favorevole) essi identificheranno una bella area di sovrappiù. Se
invece fossero quelli disposti a pagare di meno (sfavorevole) sotto l’area da U a X e sopra al prezzo (6€), il sovrappiù sarebbe
piccolissimo.
La perdita sociale deriva dalla differenza tra la condizione favorevole e quella sfavorevole.

CASO DEL PREZZO MINIMO


Specularmente il contrario.

Al prezzo minimo di 12€ ci sono 10 milioni di lavoratori offerti e solo 4 milioni di posti di lavoro domandati dalle imprese. Con
l’introduzione del prezzo minimo si trovano a dover pagare di più, quindi questo avvantaggia i lavoratori. In caso sfavorevole il
beneficio dei produttori è l’area MVS, quelli di prima non vendono.
QUOTE DI PRODUZIONE
Altro intervento dello Stato nell’economia è la quota di produzione. Essa rappresenta un limite di produttori che possono
esserci, o limite di quantità che possono produrre. Esempio: numero massimo, fissato da una norma, di tassisti che possono
operare in una città.

Nei grafici, la quota di produzione va vista come cambiamento di ∆Q che ha riflessi su P, non più di ∆P che ha riflessi su Q (come
prezzo minimo e massimo).

Questo è il caso opposto: una sovvenzione governativa ai coltivatori per non produrre 3 milioni di unità, da Q=8 a Q=5. Oltre
alla perdita secca, c’è anche la parte dovuta alla spesa del governo (sussidio) per spronare quei coltivatori a non coltivare.
Piano di acquisto governativo a sostegno del prezzo

↑ Leggere, è spiegato benissimo ↑

QUOTE E TARIFFE
Una quota di importazione (o contingentamento) è un limite posto alla quantità complessiva di un bene che può essere
importata da un altro paese (quindi un limite sulla quantità di quel certo bene che può essere esportata dall’Italia, verso il paese
straniero che compra). Una tariffa doganale è una tassa imposta sul bene esportato. Le quote di importazione non generano
entrate per lo Stato.
IL MONOPOLIO
Il Monopolio è l’estremo opposto della Concorrenza Perfetta. Pertanto anche questo regime ha delle condizioni che devono
contemporaneamente sussistere affinché sia tale.

Condizioni
- Diritti di proprietà esclusivi su una risorsa produttiva essenziale
- Barriere all’entrata di natura legale (che impediscono ad altre imprese di contendere il profitto al monopolista)
- Economie di scala (Monopolio naturale)
- Il prodotto che viene prodotto dal Monopolio deve, oltre ad essere peculiarità di quell’impresa, deve non avere
sostituti rilevanti.

Il Monopolio naturale
Il Monopolio naturale si manifesta quando, nell’intervallo di produzione rilevante, i costi sostenuti da una sola impresa nel
produrre l’intera quantità domandata sono inferiori a quelli che sosterrebbero due o più imprese contemporaneamente
presenti sul mercato. Questa condizione è dovuta all’estrema rilevanza dei costi fissi, da cui scaturiscono costi medi strettamente
decrescenti, cioè il costo medio diminuisce all’aumentare del volume di produzione. Riconnettendoci a quanto studiato poco
fa, questo significa che il Monopolio naturale è sempre in economia di scala (conviene sempre aumentare la produzione poiché
così facendo si abbattono i costi).

Considerazioni fondamentali
Il Monopolio è un mercato composto da un unico venditore e molteplici compratori. Pertanto il monopolista serve da solo
l’intero mercato ed avrà pertanto un profitto non indifferente, dato (come nella Concorrenza Perfetta) da TR-TC, con la
differenza che qui il profitto non è 0, anzi. Nel Monopolio, il prezzo dipende dalla quantità venduta. Quindi per ogni
quantità ci sarà il prezzo corrispondente. Non è quindi più dato e fisso.
La condizione di Massimo Profitto si realizza quando

MR=MC

dove MR è ricavo marginale che si ottiene, specularmente al costo marginale coi costi, derivando in ∂Q i ricavi totali TR che si
ottengono sempre con P • Q, oppure (se non si conoscono i TR) con la formula

MR = P + ∂P/∂Q • Q

Nella fattispecie, questo passaggio si può velocizzare attraverso la considerazione di Leibnitz, che ci insegna che se la curva di
domanda è lineare, la pendenza del ricavo marginale sarà il doppio della pendenza della curva di domanda, il resto
dell’equazione non muta: basta infatti risolvere l’equazione appena proposta.
Inoltre, un’altra caratteristica è che non esiste la curva di offerta. O meglio, coincide con quella di domanda, poiché essendo da
solo il monopolista pratica il prezzo che vuole e i suoi prodotti verranno sempre acquistati, sebbene in una quantità variabile
dipendente dal prezzo. Poiché la curva di domanda è inclinata negativamente, il ricavo marginale si trova sempre al di sotto del
prezzo praticato dal monopolista (poiché la curva di domanda e di offerta coincidono).
La curva di offerta non esiste, la curva di Ricavo Marginale è identica alla curva di domanda ma ha pendenza doppia se
quest’ultima è lineare, e giace al di sotto di essa, che corrisponde alla curva di offerta, che corrisponde al prezzo.

Poiché non c’è una curva di offerta, in quanto il prezzo è determinato endogenamente sulla base della curva di domanda, è
possibile per il monopolista vendere la quantità di Massimo Profitto a prezzi diversi.

Quindi ci sono due forze che operano, aumentando la quantità: la prima è che aumentando la quantità si aumenta il ricavo, la
seconda è che più la quantità aumenta, più il prezzo si abbassa. Di quanto? Della pendenza della curva di domanda inversa,
ovviamente, ossia (∆P/∆Q) ← questo termine è negativo.

Cos’è accaduto al ricavo quando il prezzo è sceso e la quantità è aumentata? Beh, sappiamo che TR = PQ. ∆TR = -I+III. = -(2 • 3)
+ (3 •7) = -6+21=+15. Si può anche calcolare diversamente... ↓
Prima è 2 • 10 = 20, dopo è 5 • 7 = 35. Sottraggo ex post ad exante → Il ricavo è aumentato di 15€.
Il Massimo Profitto si ha con MC=MR, dopodiché il profitto decresce fino a raggiungere lo 0 quando i TC superano i TR: in quel
momento, MR diventa negativo (sotto allo zero). Ma ha poca importanza in quanto il monopolista potrà liberamente decidere di
praticare il prezzo corrispondente al Massimo Profitto.
I TR sono l’intera area sotto alla curva di domanda nel punto desiderato. Per il Π a questo rettangolo va sottratto il TC.

Prima di stranirsi davanti all’ultima equazione, se


Π = TR-TC
e
TR = P* • Q*
e
TC = AC • Q
allora
Π = P* • Q* - AC • Q
Raccolgo Q
Π = Q • (P*-AC)
CONSIDERAZIONI CIRCA L’ELASTICITÀ

Tanto è più elastica la domanda tanto è più basso il prezzo nel Monopolio. L’elasticità della domanda è la forza avversa
al Monopolio. Più è elastica al prezzo, più sarà difficile la vita per il monopolista, perché per aumentare il prezzo dovrà ridurre
tantissimo la quantità, incassando unitariamente molto molto meno. Al contrario se la domanda è anelastica il monopolista
manovra il prezzo a suo vantaggio senza dove offrire così tanta merce in meno. Sicché, il maggior rinunciare al bene da parte dei
consumatori per via di aumenti di prezzo (=la maggiore elasticità) riduce il profitto del monopolista.

In queste figure costi medi e marginali coincidono esclusivamente per facilitare la comprensione del discorso delle elasticità. La
domanda di sinistra è più elastica di quella di destra.
Il punto di intersezione tra DA e DB prevede un prezzo e una quantità precise.
Meno è elastica la domanda, più lontano è il prezzo dal costo marginale.
Il ricavo marginale è positivo quando l’elasticità è minore di -1 (regione elastica), nullo quando l’elasticità della domanda è -1,
negativo quando l’elasticità è maggiore di 1 (regione anelastica).

Il monopolista non opererà mai nel tratto anelastico della curva di domanda (a destra di QB) poiché oltre QB il MR è
negativo.
IL POTERE DI MERCATO: L’indice di Lerner
Un soggetto ha potere di mercato se è in grado di influenzare, attraverso le sue azioni, il prezzo di mercato. Il potere di
mercato si può anche definire come la capacità di fissare prezzi superiori al Costo Marginale.
L’indice di Lerner è il ricarico (mark-up) del prezzo sul Costo Marginale, cioè

L’indice di Lerner è 1/𝛆, il reciproco dell’elasticità.


Tanto più è elevato l’indice di Lerner, tanto maggiore è il potere di mercato. In regime di Concorrenza Perfetta il prezzo
eguaglia il costo marginale, pertanto il potere del Monopolio è nullo (infatti siamo in Concorrenza Perfetta). Questo indice
varia infatti tra 0%, nella Concorrenza Perfetta dove i ricarichi sono 0 dato il Π assente, e 100%, per un monopolista che
fronteggia una curva di domanda a elasticità unitaria.

In Monopolio MC = MR
Da cui MC = P(1+1/𝛆)
Quindi P-MC = P/𝛆

Se 𝛆 = -∞, cioè la curva è perfettamente elastica, 1/𝛆 = 0 ⇒ 0% ⇒ — Concorrenza Perfetta


Se 𝛆 = 1, cioè la curva è perfettamente anelastica, 1/𝛆 = 1 ⇒ 100% ⇒ Monopolio = | tale quantità verrà acquistata a prescindere
dal prezzo.
IMPIANTI MULTIPLI
Il Monopolio deve bloccare la produzione fra diversi impianti. Per esempio, si assume che il Monopolio operi su due impianti,
uno con un Costo Marginale MC₁, l’altro con Costo Marginale MC₂.

Posto che i costi marginali dei due impianti siano diversi, l’impresa può aumentare i profitti riallocando la produzione verso
l’impianto con costo marginale più basso. Si supponga che il Monopolio debba produrre 6 milioni di unità. • Producendo 3
milioni di unità con ciascun impianto, i costi marginali sono
MC₁ = € 6 e MC₂ = € 3.
Riducendo le unità prodotte dall’impianto 1 e aumentando le unità prodotte dall’impianto 2, i profitti aumentano.
Q = Q₁ + Q₂
Per 100 unità di ogni impianto, azzerando l’impianto 1, il costo scende di 600€ e aumenta di 300€. Il profitto aumenta.
La curva del costo marginale multi-impianto è la somma orizzontale delle singole curve del costo marginale dei differenti
impianti. Per farlo creiamo una curva complessiva di costo marginale dei due impianti: MCₜ
MCₜ = MC₁ + MC₂ = 9 €

Il Massimo Profitto sarà in MR = MCₜ cioè l’intersezione tra le due curve: il punto F. Ricavatene le coordinate, al punto F
guardo a che punto sono i due costi di partenza: 1,25 e 2,25.

ESERCIZIO MULTI IMPIANTO


P = 120-3Q
MC₁ = 10+20Q₁
MC₂ = 60+5Q₂

1) Ricavo MR
MR = P + ∂P/∂Q • Q
MR = 120-3Q + (-3) • Q
MR = 120-6Q
2) Se il costo è interamente speso in MC₁,
MC₁ = 10+20Q₁
-20Q₁ = 10-MC₁
20Q₁ = MC₁-10
Q₁ = ¹/₂₀MC₁ - ½
3) Se il costo è interamente speso in MC₂
MC = 60+5Q₂
-5Q₂ = -MC₂ + 60
5Q₂ = MC₂ - 60
Q₂ = ⅕MC₂ - 12
4) Ricavo Q
Q = Q₁ + Q₂
Q = ¹/₂₀MC₁ - ½ + ⅕ MC₂ - 12
20Q = 4MC₁ -240 + MC₂ - 10
Dimentico ₁ e ₂: gli MC diventano MCₜ
20Q = 5MCₜ - 250
Q = 0,25MCₜ - 12,5
Q = ¼MCₜ - 12,5
5) Ricavo MCₜ dall’ultima equazione
Q = ¼ MCₜ - 12,5
-¼MCₜ = -Q - 12,5
¼ MCₜ = Q+12,5
MCₜ = 4Q + 50
6) Massimo Profitto ⇨ MC=MR
MCₜ = MR
4Q +50 = 120-6Q
4Q + 6Q = 120-50
10Q = 70
Q* = 7
P* = 120-3Q*
P* = 120-21
P* = 99

ECONOMIA DEL BENESSERE


Il motivo per cui il Monopolio non implica il benessere della società è che usa strumenti distorti per estrarre profitto dal
mercato. Il Monopolio è inefficiente, è un onere nei confronti di tutta la società. È nell’interesse della società pertanto
rimuovere ogni ostacolo alla Concorrenza Perfetta, in cui il benessere pubblico è massimo.

C’è la curva di domanda, la curva di Costo Marginale, la curva di Ricavo Marginale. Nel mercato indicato il Monopolio
produrrà 600 unità, da cui ricaviamo dalla curva di domanda un prezzo di 9 €.
Confrontiamo questo mercato con un regime di Concorrenza Perfetta, dove il MC(Q) = P (nel grafico, il punto K).
In K, vediamo Q = 1000; P = 5.
Nel Monopolio il sovrappiù del produttore è maggiore di quello del consumatore, nel regime di Concorrenza Perfetta è
minore. Questo però non è un discorso di benessere sociale: non si parla dell’efficienza del Monopolio. La perdita di benessere è
dato dal fatto che la somma dei sovrappiù è diversa nei due modelli di mercato. La somma dei sovrappiù nel Monopolio è
minore della somma dei sovrappiù in Concorrenza Perfetta.
Questo accade perché il monopolista deve creare una scarsità artificiale per poter aumentare il prezzo, il che implica una
riduzione di benessere sociale. Calcoliamo questa scarsità artificiale. La perdita secca è l’inefficienza di qualunque regime diverso
dalla Concorrenza Perfetta.
DISCRIMINAZIONI DI PREZZO
Il prezzo praticato dal Monopolio è uno solo, sebbene ci sarebbero consumatori disponibili a comprare ad un prezzo superiore.
La discriminazione di prezzo indica la strategia commerciale di imporre prezzi diversi per l’acquisto dello stesso bene, a
seconda delle caratteristiche conosciute o presunte della domanda (ovviamente è necessario che non ci sia un mercato
secondario). Questa prassi può essere praticata solo da imprese con potere di mercato, ovvero in mercati imperfettamente
concorrenziali. Un monopolista pratica un prezzo unico se fissa lo stesso prezzo per ogni unità di prodotto venduta.
Sebbene il monopolista così facendo consegua un profitto, non riesce ad appropriarsi della perdita di benessere sociale, che c’è
per costruzione non essendo un regime di Concorrenza Perfetta, ed è causata dalla pratica del prezzo unico. Il monopolista può
però estrarre un profitto aggiuntivo fissando più di un prezzo (discriminazione) per il proprio prodotto. Esistono vari tipi di
discriminazione.

DISCRIMINAZIONE PERFETTA (o di primo grado)


Con una politica di discriminazione del prezzo di primo grado (o perfetta), l’impresa cerca di vendere ogni unità di prodotto al
prezzo massimo che ogni singolo consumatore è disposto a pagare. Ogni consumatore ha disponibilità diverse. Dobbiamo
supporre che il produttore sappia perfettamente tutte le disponibilità a pagare, e che non ci sia mercato secondario:
così, il monopolista può discriminare perfettamente i prezzi. La curva di domanda può essere interpretata come la disponibilità
a pagare di tutti i consumatori. Il prezzo massimo che ciascun singolo consumatore è disposto a pagare è detto prezzo di
riserva.
Si dimostra questa situazione ipotetica in cui il venditore può vendere ad ogni consumatore al prezzo a cui è disposto a
comprare.

Il monopolista praticherà due prezzi: col primo, ha il suo Massimo Profitto A = (Qₘ, Pₘ). Poi pratica anche il prezzo oltre al quale
il suo profitto è nullo, ossia quello che si verificherebbe in Concorrenza Perfetta, ponendo MC=P. Sicché, per quanto non sia
massimo, il monopolista incrementerà i suoi incassi anche del profitto generato con le aree J e N. Letteralmente tutta l’area
sovrastante la curva di Costo Marginale e sottostante la curva di domanda. Notiamo che in questo scenario il sovrappiù del
consumatore non esiste.

Confronto del sovrappiù del produttore tra prezzo unico e discriminazione perfetta
DISCRIMINAZIONE DI SECONDO GRADO: Tariffa a blocchi
Con la discriminazione del prezzo di secondo grado l’impresa offre sconti sulle quantità. Il prezzo unitario si riduce se i
consumatori acquistano quantità maggiori. Il monopolista procederà a voler catturare il profitto estraibile dalla vendita ad un
prezzo inferiore a quello del Massimo Profitto, praticando un secondo prezzo più basso che permetterà di vendere quelle
quantità addizionali che generano comunque profitto. Procederà a proporre una tariffa a blocchi.
Ci sarà quindi un primo blocco di consumatori che comprando Q₁, inferiore a Q₂, pagheranno un prezzo P₁ maggiore di P₂, e poi un
secondo blocco che comprerà Q₂ a P₂. Questi ultimi sono “premiati” potendo accedere al secondo blocco con prezzo unitario inferiore
solo se comprano più quantità, che però devono comunque pagare e generano comunque profitto per il monopolista, anche se in
proporzione inferiore al primo blocco.
Se il monopolista potesse fissare un blocco per ogni consumatore, catturerebbe lo stesso ammontare di sovrapppiù della
discriminazione perfetta di prezzo.
BN è la curva di ricavo marginale condizionata al primo blocco. Trovo allora Q₂ = (Q₁ + 18)/2, cioè il punto a metà strada tra Q₁ e
Q=18, e che corrisponde alla quantità domandata nell’intersezione col Costo Marginale. Sicché trovo P₂ tranquillamente
sostituendo Q₂ nella formula.

Tariffa in due parti


Il Monopolio pratica una tariffa in due parti se fissa un prezzo unitario variabile P più una quota fissa F. Ciò, di fatto, implica
un prezzo medio diverso per i consumatori a seconda della quantità acquistata. Esempio: canone di abbonamento più costo per
chiamata dei cellulari, associazioni, e simili.
Qual è la tariffa ottima per i consumatori? Quella che garantisce loro il massimo sovrappiù, ossia quella della Concorrenza
Perfetta. Il monopolista lo identifica procedendo a massimizzare i benefici per i consumatori fissando P =MC. In seguito,
procede a catturare questo beneficio ponendo F = sovrappiù del consumatore.
F = prezzo fisso abbonamento
P = prezzo fisso unitario delle chiamate (prezzo al minuto).
È una discriminazione molto tipica e diffusa.

Consapevoli che ogni consumatore fa Q₁ chiamate al mese, si determina P come P=MC. Questo crea un’area di sovrappiù del
consumatore (cioè P = MC = 0,05). Calcolo l’area in questione: esso sarà il prezzo fisso dell’abbonamento (ipotesi: 20 €). In questo
modo, il monopolista già è in pareggio, mentre il consumatore sarà attratto dall’offerta. Nel momento in cui poi il consumatore
effettuerà le chiamate, pagherà Q₁ volte 0,05€ che saranno tutti ricavi per il monopolista. I ricavi del monopolista coincideranno
pertanto con tutta l’area 𝑠₁, ed avendo Costo Marginale costante, tali ricavi coincideranno col profitto.

DISCRIMINAZIONE DI TERZO GRADO: Le classi


La discriminazione del prezzo di terzo grado consiste nel fissare un prezzo diverso per ogni segmento di mercato (gruppo di
consumatori), posto che l’impresa sia in grado di identificare tali segmenti. Esempio: tariffe di trasporto differenziate per diverse
tipologie di beni, prima e seconda classe nel treno.
Esempio: chi viaggia per affari ha più soldi di chi viaggia per turismo. Come faccio a dividere questi consumatori? Per esempio i
giorni: gli affari non sono il week-end, quindi posso da questo fare una tariffa alta in settimana e una tariffa bassa nel week-end.
Quindi ci sono due curve di domanda e due curve di ricavo marginale. La discriminazione ottima prevederà
MR₁ = MC = MR₂.
↑ Leggere, è spiegato benissimo ↑

Esercizio:
In merito al carbone e grano della figura precedente

Lo steccato come discriminazione


Nel primo caso l’impresa non estrae profitto dalla discriminazione di prezzo in quanto tutti compreranno il prodotto B a 50€
poiché la qualità non cambia, mentre il prodotto A non verrà venduto. A seguito di un’indagine di mercato, il monopolista scopre
che esistono due fasce di consumatori: i consumatori 𝛂 e i consumatori 𝛃. I consumatori 𝛂 vogliono una qualità maggiore rispetto ai
consumatori 𝛃. Pertanto il monopolista procederà ad offrire la qualità maggiore a prezzo maggiore (A) e la qualità minore al
prezzo minore (C). I consumatori 𝛂 sono più esigenti, e disposti a pagare per la qualità: è su di loro che il monopolista trarrà
profitto. I consumatori 𝛂 non sono disposti a comprare combinazioni di qualità/prezzo inferiori a qa, analogamente, i consumatori
𝛃 sono più tirchi ed umili, e non sono disposti a comprare combinazioni inferiori a qb. Sicché, nell’area attorno al punto C,
evidenziata come steccato orizzontale nella figura, giaceranno combinazioni che verranno acquistate solo ed esclusivamente dai
consumatori 𝛃. Preso a caso in quell’area un punto C, esso sarà il primo prodotto offerto sul mercato. Esso non verrà venduto ai
consumatori 𝛂. Sicché il consumatore 𝛂, volendo qualità alta, sarà forzato a comprare il prodotto secondario più caro, A, a 125€,
che prima non veniva venduto.

DISCRIMINAZIONE DI QUARTA SPECIE: Il Bundling


Poiché alcuni beni vengono acquistati volentieri insieme ad altri, si propone in questo caso la vendita di computer e monitor. Il
monopolista produce entrambi.

Il Bundling Puro
Le indagini di mercato rivelano che i clienti, divisi sempre in categoria 1 e 2 (prima li chiamavamo 𝛂 e 𝛃, ma non cambia
ovviamente) hanno diverse disponibilità a pagare per computer e monitor. Il building è una tecnica di estrazione di profitto che
può avere luogo solo se le preferenze dei consumatori sono inversamente correlate. Si tratta di vendere insieme, costruendo
un pacchetto, entrambi i prodotti ad un certo prezzo. In questo scenario non si vendono più separatamente computer e
monitor, ma solo insieme a pacchetto, poiché (come stiamo per vedere) questo aumenta il profitto. L’impresa offre quindi ai
consumatori una sola possibilità di acquisto.

Si vogliano stabilire i prezzi di computer e monitor in funzione del profitto.


COMPUTER: Accontentando il primo cliente, vendendo a 1200, venderemmo due computer a 2400 per un profitto di 400€.
Accontentando il secondo, venderemmo un computer solo a 1500 per un profitto di 500. Sicché, conviene vendere il computer a
1500.
MONITOR: Stesso ragionamento, a 400€ l’uno ho profitto 200, a 600 l’uno ho profitto 300. Conviene pertanto vendere a 600.
Il Massimo Profitto senza vendita abbinata prevede di vendere il computer a 1500 e il monitor a 600, per un profitto di 700€.
Analizziamo ora con una vendita abbinata (bundling).
Che pacchetto dovrei proporre per aumentare i miei profitti?
Il cliente 1 ha disponibilità totale a pagare 1800€, il cliente 2 ha disponibilità totale di 1900.
PACCHETTO A 1900: Se metto il pacchetto a 1900, vendo solo al cliente 2, ed ho profitto di 600€.
PACCHETTO 1800: Se metto il pacchetto a 1800, esso verrà acquistato da entrambi i clienti, per un incasso totale di 3600 e costi
totali di 2600. Il profitto salirebbe a 1000€.
Si noti come quest’ultima alternativa garantisca un profitto maggiore sia della vendita separata che del pacchetto a 1900.

Il Bundling Misto
L’impresa offre ai clienti tre possibilità: l’acquisto separato di un computer a un prezzo, l’acquisto separato di un monitor a un
altro prezzo, e l’acquisto di un pacchetto costituito da un computer è un monitor è un terzo prezzo. A differenza del puro,
quindi, si accetta di vendere separatamente i beni. Andiamo pertanto a capire quale sarà il prezzo del pacchetto, e quali saranno
i prezzi singoli di computer e monitor se venduti separatamente.

In questo scenario tutti e 4 i clienti hanno 1700€ da spendere. Per 4 pacchetti a 1700€ l’impresa conseguirebbe 400€ di profitto
l’uno, per un profitto totale di 1600.
IL CLIENTE 1: Il cliente 1, per esempio, è disposto a pagare solo 900 € per l’acquisto di un computer, meno del suo costo marginale
di produzione (1000). Dunque l’impresa non ha convenienza a vendere il computer al consumatore. Se poi il cliente uno acquista il
pacchetto a 1700 €, l’impresa ottiene un profitto di 400 € (1700-1300) mentre il consumatore ottiene un surplus pari a zero.
Invece, l’impresa riuscirebbe ad ottenere un profitto maggiore dal Cliente 1 vendendogli unicamente il monitor (R 800 - C 300 =
Π 500). Per indurre tale cliente a fare ciò, può praticare un prezzo che lascia il cliente più surplus rispetto a quello che avrebbe con il
pacchetto. Come? Beh, se l’impresa vendesse il monitor a 799 €, il consumatore lo acquisterebbe, e la vendita genererebbe un profitto
di 499 € (99 € in più rispetto al bundling). Il consumatore, per contro, godrebbe di un surplus di un euro (dato dalla sua
disponibilità a pagare un monitor 800 €, meno il suo prezzo, 799 €). Sicché sarà indotto ad accettare di comprare il monitor e non
comprerà il pacchetto (dove aveva surplus pari a 0). All’impresa conviene dunque fissare prezzo del monitor a 799 €, vendendo
quindi separatamente il monitor a 799€, che non verrà acquistato da nessun altro cliente.
Π₁ = 499€
IL CLIENTE 4: In modo analogo, il cliente 4 è disposto a spendere per il monitor soltanto 200 €, variare inferiore al suo costo
marginale, non è perciò conveniente per l’impresa vendere un monitor al cliente 4. Egli sarà più felice acquistando solo il computer,
a un prezzo di 1499 € (con un surplus di 1€) piuttosto che il pacchetto 1700 € (con un surplus pari a zero). Tale vendita del solo
computer genera per l’impresa un profitto pari a 499 €, contro i 400€ che avrebbe tenuto dalla vendita del prodotto. Perciò
l’impresa dovrebbe fissare prezzo del computer pari a 1499 €, il cliente 4 sarà soddisfatto e comprerà il solo computer ignorando il
monitor. All’impresa conviene dunque fissare prezzo del computer a 1499€, vendendo quindi separatamente il computer a 1499€,
che non verrà acquistato da nessun altro cliente.
Π₂ = 499€
I CLIENTI 2 E 3: Infine i clienti 2 e 3 presentano due domande inversamente correlate. Inoltre, l’ammontare che essi sono disposti
a pagare per ciascun prodotto eccede il loro costo marginale. All’impresa conviene allora procedere col Bundling Puro, per loro
due, creando il pacchetto a 1700.
Π₃ = 400x2 = 800€
In conclusione, con il Bundling Misto, il cliente 1 acquista solo il monitori, il cliente 4 acquista solo il computer, e i clienti 2 e 3
acquistano il pacchetto. Il profitto totale dell’impresa è pari a Π ₁ + Π ₂ + Π₃ = 1798 €, valore che risulta superiore a quanto
ottenibile in assenza di bundling (si vende separatamente monitor a 800 e computer a 1500, vendendo solo uno al cliente 1 e l’altro
al cliente 4, per 2300€ di ricavi - 1300 € di costi = Π 1000€ ) o in presenza di Bundling Puro (1700x4-1300x4= Π 1600€).
Π = 499+499+400+400 = 1798

LA PUBBLICITÀ
La pubblicità è un costo fisso che non alza il Costo Marginale, ma solo il Costo Medio.

Quindi si analizza il profitto (l’area sovrastante il costo medio e sottostante la curva di domanda) sia nel caso 0, senza pubblicità,
che nel caso 1 (con pubblicità).
Senza pubblicità la curva di domanda è D₀, la quantità ottima si avrà con MC ∩ MR₀, cioè sarà Q₀. Il profitto senza pubblicità
sarà dato dalle aree I e II.
Con la pubblicità, la domanda sale a D₁, ma sale anche il Ricavo Medio che diventa MR₁, e il Costo Medio diventa AC₁. La
nuova quantità ottima si avrà con MC ∩ MR₁, cioè sarà Q₁. Il profitto con pubblicità sarà dato dall’area III.
Notiamo che l’area II è in condivisione tra con e senza pubblicità, ma l’eccedenza del primo caso è I, mentre l’eccedenza del
secondo caso è III-II, molto più grande. Sicché risulta conveniente fare pubblicità, poiché il profitto cresce.

————————————

FINE

Copyright © 2021 - Cesare Malvani - Microeconomia, McGraw Hill Education, D. Besanko R.Braeutigam - Prof. Gaetano Bloise

Potrebbero piacerti anche