Sei sulla pagina 1di 20

POLITICA ECONOMICA

àLa politica economica è la disciplina che studia l’azione dell’economia pubblica.

àI TEOREMA ECONOMIA DEL BENESSERE (I TEB): “un sistema economico di


concorrenza perfetta nel quale vi è un equilibrio concorrenziale è un ottimo paretiano”
Condizioni per la concorrenza perfetta:
• Omogeneità dei beni
• Numerosità operatori economici
• Libertà di entrata e uscita dal mercato
• Assenza di esternalità
La presenza di queste condizioni in un mercato fa si che esso sia ottimale in senso paretiano.
PROBLEMA I TEB: se con due operatori economici uno possiede tutta la ricchezza e il secondo
nulla?

àII TEOREMA ECONOMIA DEL BENESSERE (II TEB): “ ogni posizione di ottimo
paretiano può essere realizzata come equilibrio concorrenziale, attraverso una appropriata
distribuzione delle dotazioni iniziali degli individui”
È necessario quindi distribuire appropriatamente le risorse iniziali e poi lasciar fare alla “mano
invisibile” (sistema concorrenziale).
IMPLICAZIONI:
lo stato realizza l’equità, il mercato concorrenziale realizza l’efficienza. (STATO àß MERCATO)
ma lo stato ha tutte le informazioni e gli strumenti per svolgere il ruolo che gli assegna il II TEB?

àFALLIMENTI DI MERCATO
Ogni situazione reale che si discosta dal mercato perfettamente concorrenziale comporta una
violazione delle condizioni di ottimo paretiano e quindi un fallimento del mercato
TEOREMA DEL SECONDO OTTIMO (SECOND BEST) studia la seconda miglior soluzione
quando l’ottimo paretiano non può essere raggiunto. Se l'ottimo paretiano o first best non può essere
raggiunto, bisogna cercare il second best.
In concorrenza perfetta ogni impresa produce la quantità per cui il prezzo è uguale al costo
dell’unità marginale prodotta (P = CM)
Monopolio naturale: una sola impresa.
Monopolio non preferibile in un’ottica di efficienza statica ma preferibile in ottica dinamica se gli
venga associata una maggiore capacità innovativa. In presenza di capacità innovativa, ed in una
ottica dinamica, una forma monopolistica potrebbe risultare superiore, in termini di performance
economica, ad una forma concorrenziale, poiché le perdite di efficienza statica sono più che
compensate dai benefici in efficienza dinamica.
ESTERNALITA’: Esternalità positiva (negativa): si riscontra quando una attività economica
produce un beneficio (danno) che viene parzialmente goduto da altri. L’esternalità determina
incompletezza del mercato poiché implica l’esistenza di un prodotto per il quale manca un prezzo.
TEOREMA DI COASE: Secondo Coase il problema delle esternalità è in sostanza un problema di
assegnazione di diritti di proprietà.
BENI PUBBLICI: definito dalle caratteristiche della non rivalità e della non escludibilità. Si ha non
rivalità quando il consumo da parte di un individuo non riduce il consumo degli altri. Si ha non
escludibilità quando non è possibile, o è troppo costoso, discriminarne il consumo. In presenza di
entrambe le caratteristiche si hanno beni pubblici puri.
Se si hanno beni pubblici si ha incompletezza del mercato poiché, a causa della non
rivalità/escludibilità, il produttore non può chiedere un prezzo per l’uso del bene.
ASIMMETRIE INFORMATIVE: Si ha informazione asimmetrica quando una delle due parti che
prende parte ad una transazione economica ha meno informazioni dell’altra. Essendo un caso tipico
dei problemi di agenzia, la parte con minore informazione prende il nome di “principale”, quella
con informazione completa di “agente”.
L’informazione asimmetrica determina situazioni di selezione avversa (la conoscenza asimmetrica
delle caratteristiche di un bene oggetto di transazione ne determina un prezzo non in linea con le
caratteristiche. Si contrae l’offerta dei beni migliori, eventualmente fino alla scomparsa del
mercato.) e azzardo morale (la conoscenza asimmetrica delle caratteristiche delle azioni dell’agente
in una fattispecie di delega induce alla contrazione dell’offerta di prestazioni migliori,
eventualmente fino alla scomparsa del mercato.) che portano al fallimento, per incompletezza, del
mercato.
BENI MERITORI (PATERNALISTICI): sono quei beni/bisogni che lo stato tutela attraverso
intervento pubblico in maniera paternalistica. Questi beni non verrebbero scambiati normalmente a
causa di comportamenti miopici o decisioni irrazionali.
L’iniquità economica/sociale è un risultato perfettamente ammissibile come ottimo paretiano.
Le valutazioni di equità richiedono giudizi strettamente etici sempre rilevanti e alla base del patto
sociale.

àASPETTI MACROECONOMICI DEI FALLIMENTI DI MERCATO: il mercato è


caratterizzato da caratteristiche macroeconomiche tali che determinano il fallimento di
quest’ultimo.
INSTABILITA’ E CICLO ECONOMICO: Si manifesta attraverso variazioni nel tempo del livello
di produzione e occupazione, attraverso squilibri nella bilancia dei pagamenti con l’estero,
attraverso fluttuazioni nel livello generale dei prezzi. Queste fluttuazioni sono non-pareto efficienti.
Cause dell’instabilità:
• Viscosità o rigidità nei prezzi. Le rigidità dei prezzi dei beni determinano inefficienza nello
scambio e squilibri nel mercato dei beni. Le rigidità nei salari determinano inefficienza nel
mercato del lavoro e disoccupazione (ipotesi neo-Keynesiana),
• Aspetti strutturali dei mercati (ipotesi post-Keynesiana)
• Lotta distributiva tra capitale e lavoro, logica dell’esercito industriale di riserva e crisi
capitalistica (ipotesi marxiana),
• Progresso tecnico e logica della distruzione-creazione (ipotesi shumpeteriana).
DISOCCUPAZIONE: intesa come disoccupazione involontaria ossia ci sono lavoratori (potenziali)
disposti a occuparsi ma la domanda di lavoro è insufficiente ad occuparli.
La disoccupazione involontaria configura una perdita di efficienza, sia in senso statico che
dinamico. Dal punto di vista statico, perché definisce uno squilibrio allocativo (prodotto al margine
superiore al salario di riserva), esistendo possibilità di miglioramenti paretiani. Dal punto di vista
dinamico, perché il protrarsi di fenomeni di disoccupazione induce a deperimento di capitale umano
(capacità lavorative).
Esistono vari interventi per far fronte al fenomeno della disoccupazione come, ad esempio, quelli di
tipo redistributivo:
• Indennità di disoccupazione: trasferimento monetario ai soggetti che abbiano perso il lavoro,
• Cassa integrazione guadagni (CIG): strumento (tipicamente italiano) di integrazione
salariale per riduzioni temporanee dell’attività lavorativa,
• Reddito di cittadinanza.
Questi interventi hanno però dei pro e dei contro.
Pro: questi interventi riducono il costo economico e psicologico della disoccupazione
Contro: costituiscono un disincentivo all’offerta di lavoro, poiché aumentano il salario di riserva del
lavoratore (salario minimo di partecipazione al mercato del lavoro), determinando disoccupazione
volontaria e inflazione da costi.
INFLAZIONE: Definisce variazioni positive nel livello generale dei prezzi in una data unità di
tempo (t), ovvero nell’indice composto dei prezzi dei beni (i) del paniere di riferimento (media
pesata dei livelli di prezzo dei singoli beni i).
L’inflazione rappresenta una problematica economica in quanto svaluta le scorte monetarie e dei
redditi e sfavorisce gli individui in posizione di risparmio.
Esistono vari tipi di inflazione in base alle cause e alle caratteristiche.
Cause dell’inflazione:
• Inflazione da domanda: dovuta a situazioni di eccesso di domanda sull’offerta, spesso
connessa a “strozzature settoriali”
• Inflazione finanziaria o creditizia: dovuta a eccesso di spesa in deficit da parte dello stato
(politiche economiche eccessivamente espansive) o a eccesso di concessioni di credito da
parte del sistema bancario
• Inflazione da offerta: dovuta a shock che influenzano negativamente le capacità produttive
dell’economia (guerre, calamità naturali)
• Inflazione da costi: trasferimento sui prezzi dell’aumento dei costi produttivi
• Inflazione da profitti: in situazioni non CP, si ha per aumento del mark-up
• Inflazione importata: dovuta a variazioni dei prezzi delle merci importate o ad aumenti della
domanda estera
Caratteristiche dell’inflazione:
• Inflazione strisciante: definisce situazioni di variazioni dell’indice generale dei prezzi
dell’ordine del 2-3% su base annua, un valore prossimo a quello sperimentato nel primo
decennio della costruzione dell’Euro-Zona
• Inflazione moderata: definisce situazioni di variazioni dei prezzi comprese tra il 3% e il
10%. Tali valori hanno caratterizzato l’esperienza delle economie sviluppate nei periodi di
“ricollocamento” industriale a seguito degli shock petroliferi
• Inflazione galoppante: definisce situazioni critiche in cui l’indice dei prezzi varia, su base
annua, con tassi tra il 10% e il 300%. Le economie avanzate hanno sperimentato fasi di
inflazione superiore al 10% nei periodi immediatamente successivi agli shock petroliferi
• Iperinflazione: definisce situazioni di inflazione superiore al 300%. Si osservano a seguito di
eventi bellici (Germania) e crisi valutarie (Argentina).
LEGGERE SLIDES 43-64
TASSO DI CAMBIO: Le transazioni con l’estero di beni, servizi e capitali avvengono in valute
nazionali, il che implica l’esistenza di un mercato delle valute. Ad ogni atto di acquisto all’estero
corrisponde una domanda di valuta estera. Ad ogni atto di vendita all’estero corrisponde una offerta
di valuta estera.
La logica della domanda dell’offerta di valuta definisce il prezzo delle valute, detto cambio, o tasso
di cambio nominale bilaterale. Il cambio nominale bilaterale è il prezzo di una moneta in termini di
un’altra moneta.
Dal momento che non esistono solo due paesi, diventa rilevante introdurre il concetto di tasso di
cambio nominale effettivo. È una media pesata dei tassi di cambio nominale bilaterali, con pesi
definiti dal peso relativo del volume di transazioni effettuate con i singoli paesi (w). Definendo con
“e” il tasso di cambio nominale bilaterale e con “ee” il tasso di cambio nominale effettivo:
!"#

𝑒𝑒 = # 𝑤𝑒
$%#

Ciò che interessa del cambio reale bilaterale ed effettivo, in termini di effetti sulla bilancia dei
pagamenti, non è il suo livello, ma le sue variazioni.
BILANCIA DEI PAGAMENTI (BP): la bilancia dei pagamenti è formata da 3 conti:
• Conto delle partite correnti (PC) à PC = X (esportazioni) – M (importazioni)
• Conto capitale
• Conto finanziario (MK)

Rimuovendo l’ipotesi di prezzi e cambi dati, le importazioni dipendono anche, e con relazione
diretta, dal cambio reale, che definisce la competitività di prezzo delle merci. Le esportazioni X,
allo stesso modo, dipendono dal reddito estero e, con relazione inversa, dal cambio reale (oltre che
da fattori di competitività non di prezzo). Possiamo pertanto scrivere:

Il conto finanziario MK, al netto della variazione nelle riserve ufficiali, esprime i movimenti di
capitale non imputabili ad azioni dell’autorità monetaria (Banca centrale). Esso è esprimibile
secondo l’espressione:

Essendo BP = PC + MK, avremo che BP = X – M + MK.


L’equilibrio della bilancia dei pagamenti è dato dalla seguente relazione BP = 0. Nel caso di una
piccola economia, il reddito estero può considerarsi come dato, pertanto possiamo assumere che le
esportazioni siano esogene, quindi:

I punti al di sopra della curva BP individuano situazioni di avanzo, poiché corrispondono a coppie
r-Y per cui r è maggiore al tasso di equilibrio, il che attira capitali dall’estero in misura maggiore
rispetto al necessario per il pareggio della BP. Viceversa, e per motivi opposti, i punti al di sotto
della BP individuano situazioni di disavanzo.
Eventuali variazioni del cambio spostano la BP parallelamente. In particolare, un tasso di cambio
superiore (apprezzamento) determina una traslazione verso l’alto poiché l’apprezzamento determina
un peggioramento delle PC che richiede, ai fini del ristabilimento dell’equilibrio della BP, un
miglioramento della MK, che può aversi solo per tassi di intesse superiore. Viceversa, e per motivi
opposti, una riduzione del cambio determina traslazioni della BP verso il basso.
La variazione dei prezzi interni, al pari di variazioni del cambio, determina traslazioni della BP,
verso l’alto nel caso di aumento, verso il basso nel caso di riduzione. Lo stesso avviene, ma in
direzione opposta, nel caso di variazioni del livello dei prezzi esteri.
Il significato economico della pendenza positiva della BP è il seguente: all’aumentare del reddito,
aumentano le importazioni, mentre le esportazioni sono date costanti, il che induce un saldo
negativo della PC. Perché la BP sia in equilibrio (ossia valga zero), deve prodursi un avanzo della
bilancia dei capitali MK, che può avvenire attraverso incrementi del tasso di interesse.
MONETARISMO DI FRIEDMAN: Friedman concepisce il sistema economico come
intrinsecamente stabile e autonomamente tendente alla posizione di equilibrio naturale.
Friedman fa riferimento particolare al tasso di interesse naturale e al tasso di disoccupazione
naturale. Il primo definisce il prezzo di equilibrio tra domanda ed offerta di capitale (investimento e
risparmio), mentre il secondo definisce il tasso di disoccupazione in corrispondenza del quale il
numero di posti vacanti è in relazione di equilibrio con il numero di lavoratori disoccupati
(disoccupazione frizionale). I due tassi naturali definiscono equilibri di piena occupazione sul
mercato dei beni e del lavoro. Le posizioni naturali sono in sostanza quelle soluzioni che emergono
nel lungo periodo per effetto di ipotesi di mercati concorrenziali a prezzi flessibili nel medio lungo
periodo e in cui le decisioni di risparmio e di investimento vengono coordinate dal prezzo del
capitale, cioè dal tasso di interesse. L’economia tende al pieno impiego delle risorse.
Un punto fondamentale dell’analisi monetarista è dato dall’ipotesi di aspettative adattive. Secondo
tale ipotesi, gli individui formerebbero le proprie aspettative sui prezzi sulla base delle aspettative
passate e dello scostamento osservato tra aspettative passate e valori effettivi (meccanismo a
correzione dell’errore). Formalmente:

LA CURVA DI PHILIPS: La curva di Phillips originaria si basava sulla osservazione di una


relazione negativa tra tasso di disoccupazione e tasso di variazione del salario. Nella versione
derivata, al tasso di variazione salariale è stato sostituito il tasso di inflazione, operazione possibile
in virtù della formula del costo pieno. Nella rielaborazione di Friedman, la variazione salariale o del
livello dei prezzi, viene fatta dipendere anche dalle aspettative di inflazione, che si formano in
modo adattivo, come ora descritto. Formalmente:

Dal momento che la variazione dell’aspettativa, per la formula scritta precedentemente, è pari al
parametro di sensibilità per l’errore di previsione passato, è anche possibile scrivere la nuova
relazione di Phillips nella forma seguente:
L’ultima equazione scritta mostra come non esiste una unica curva di Phillips, ma un fascio di curve
di Phillips, ognuna delle quali si associa ad una diversa aspettativa sull’inflazione. Nel lungo
periodo la curva di Phillips è verticale:

L’azione pubblica deve astenersi da interventi discrezionali volti a modificare le soluzioni naturali
di mercato. La politica monetaria è efficace solo nel breve periodo, mentre nel lungo periodo può
generare solo effetti nelle grandezze nominali, cioè inflazione.

àLA NUOVA MACROECONOMIA CLASSICA (NMC): La NMC rinforza la posizione


monetarista sull’inefficacia della politica economica.
Due ipotesi fondamentali:
• gli operatori formano le loro aspettative in modo razionale (Muth, 1961)
• i prezzi sono pienamente flessibili. Possibili errori nella fissazione dei prezzi possono
verificarsi per la presenza di mercati decentrati (logica delle isole – errori informativi), ma
tendono ad essere non sistematici, ossia a media nulla, per cui il sistema è, in media, in
equilibrio di pieno impiego (PI).
La politica economica, date queste ipotesi, è inefficace anche nel breve periodo.
Gli operatori economici sfruttano tutte le informazioni disponibili, che sono le stesse in possesso
delle autorità di politica economica, per formare le proprie aspettative (previsioni) e prendere
decisioni in ottica intertemporale. Non necessariamente tali informazioni sono complete: in un
mercato decentrato, un operatore conosce perfettamente il prezzo della propria merce ma non
necessariamente quello delle altre merci (isole di Lucas).
Una previsione razionale sul livello generale dei prezzi è corretta in media. Tali previsioni razionali
si basano sull’utilizzo di un modello dell’economia che è quello rilevante. Le aspettative sono
infatti coerenti col modello, oltre che con l’informazione posseduta.
I mercati tendono autonomamente all’equilibrio di PI. Eventuali deviazioni temporanee dalla
posizione di equilibrio possono aversi solo per effetto di errori informativi, dovuti alla forma
decentrata dei mercati, o a shock esogeni di natura stocastica, cioè inattesi. L’equilibrio è garantito
dall’ipotesi di prezzi flessibili, che è l’unica ipotesi (nella logica concorrenziale della NMC)
compatibile con l’ipotesi di razionalità economica. La politica economica può avere effetti reali di
natura temporanea solo se riesce ad ingannare gli operatori privati, ossia se è inattesa. Se le mosse
di politica fossero previste, esse sarebbero anticipate dagli operatori economici e neutralizzate.
IPOTESI: Si assuma che l’autorità monetaria decida di aumentare l’offerta di moneta (politica
monetaria espansiva):
• Se l’aumento di moneta è imprevisto, esso farà aumentare la domanda aggregata. Dato che il
sistema è in PI, ne scaturisce un aumento dei prezzi di tutte le merci rispetto alle attese. Data
la forma decentrata dei mercati, tale aumento generalizzato verrà percepito inizialmente
come un aumento del prezzo relativo della propria merce, il che lo indurrà ad aumentare
l’offerta del proprio prodotto. Quando gli operatori economici capiscono che l’aumento dei
prezzi è generalizzato, essi saranno indotti a ricontrarre l’offerta al valore di PI, inducendo
ulteriori aumenti dei prezzi. L’esito finale è di un aumento del livello generale dei prezzi.
Gli effetti reali sono solo transitori.
• Se l’aumento di moneta è previsto, esso non può avere alcun effetto reale, poiché gli
operatori anticiperanno gli effetti sul livello generale dei prezzi, aumentando
immediatamente i prezzi dei loro prodotti senza aumentare la loro produzione. Ne segue,
con riferimento alla curva di Phillips aumentata con le aspettative, che essa è verticale anche
nel breve periodo, a meno che i policy makers non riescano a sorprendere gli operatori
privati con mosse inattese (non sistematiche). L’instabilità economica è in parte spiegata
proprio dall’azione delle autorità di politica economica, che cercano di spostare il sistema
dalle proprie posizioni naturali. Nasce la prescrizione di legare l’attività dei policy maker, in
particolare della politica monetaria, a regole automatiche, il che le rende trasparenti e
previste, quindi coerenti con le aspettative degli operatori privati.
MODELLO AD-AS: Come visto, due sono i limiti principali dell’approccio IS-LM: 1) l’ipotesi di
prezzi dati; 2) la mancata considerazione delle condizioni di offerta. L’approccio AD-AS (aggregate
demand – aggregate supply) rimuove entrambi i limiti.
La curva AD viene ottenuta considerando l’equilibrio simultaneo sul mercato dei beni e della
moneta definito dall’incontro delle curve IS e LM, il che permette la rimozione di r e la
considerazione del livello generale dei prezzi come variabile. La contrazione della domanda
all’aumento dei prezzi, in ottica neoclassica, è immediata, connessa alla logica delle scorte reali. In
ottica Keynesiana, essa si ottiene attraverso l’effetto in aumento del tasso di interesse nominale, che
è legato alla dinamica dei prezzi attraverso la parità di Fisher: r = rr + dP.

La curva (retta) AS fornisce combinazioni di P e Y compatibili con l’equilibrio delle imprese (che si
ha quando i fattori vengono remunerati al loro prodotto al margine), dato il livello della tecnologia.
La funzione di produzione dell’economia è data dalla seguente (Cobb-Douglas):

A rappresenta il livello della tecnologia, che evolve col progresso tecnico, K il livello dello stock di
capitale, che si assume dato nel breve periodo, N lo stock di lavoro applicato alla produzione.
Dato il livello della tecnologia e del capitale, l’equilibrio delle imprese è dato dall’uguaglianza tra
salario reale e prodotto al margine del lavoro, ossia dalla derivata parziale della funzione di
produzione rispetto al lavoro, formalmente:

La PML decresce rispetto al livello del reddito. Pertanto, all’aumentare di Y, si riduce il valore del
denominatore, il che determina aumenti di prezzo. La curva AS è inclinata positivamente.

EQUILIBRIO AD-AS

LEGGERE SLIDES 94-102

PARTE SECONDA
àLA TEORIA NORMATIVA SELLA POLITICA ECONOMICA: Definisce ciò che
l’operatore pubblico dovrebbe fare agendo razionalmente al fine di supplire alle carenze o ai
fallimenti del mercato.
Un intervento di politica economica si definisce come programma di intervento. La
programmazione è insieme di decisioni coordinate e coerenti di politica economica, nel quale
l’insieme delle finalità politico-economiche (obiettivi) viene analizzato e posto in relazione
all’insieme delle azioni possibili (strumenti), dato un modello di analisi che descrive il
funzionamento del sistema economico.
OBIETTIVI: Obiettivo è una finalità di politica economica misurabile in termini di grandezze
economicamente rilevanti (reddito, occupazione, disoccupazione inflazione). Con riferimento ad un
modello di politica economica l’obiettivo rappresenta una variabile endogena (fenomeno misurabile
la cui grandezza è influenzata dalle altre variabili del sistema economico).
Gli obiettivi possono essere micro o marco economici. (Appare evidente che è cruciale stabilire
come, ed entro quali limiti, si definisce il rapporto tra sistema politico e preferenze individuali.
Supporremo che il meccanismo democratico funzioni perfettamente, nel senso che gli obiettivi
formulati dai politici rispecchiano le preferenze dei cittadini). I diversi obiettivi possono essere tra
loro:
• Indipendenti; le azioni per il raggiungimento di un obiettivo non hanno effetti sugli altri
obiettivi,
• Coerenti; le azioni di politica economica necessarie al raggiungimento dell’obiettivo hanno
effetti sulle altre variabili obiettivo, direttamente o indirettamente, ma tali effetti hanno lo
stesso segno, ossia il raggiungimento di un obiettivo favorisce il raggiungimento di altri
obiettivi.
• Sostituiti; le azioni di politica economica per il raggiungimento di un obiettivo influenzano
le altre variabili obiettivo, direttamente o indirettamente, ma tali effetti hanno segno diverso,
ossia il raggiungimento di un obiettivo rende più difficile il raggiungimento di altri obiettivi.
Esistono 4 modi per esprimere gli obiettivi:
• Metodo degli obiettivi fissi: si fissano dei valori per la variabile-obiettivo e quindi si
definisce il valore della variabile strumento necessario al raggiungimento di tale obiettivo,
trascurando la caratterizzazione indipendente, coerente o sostituta dell’obiettivo stesso.
L’esempio tipico è quello che definisce la relazione tra reddito del sud e del nord, o quello
della relazione tra inflazione e disoccupazione (curva di Phillips).

• Metodo delle priorità: come nel caso di obiettivi fissi, si fissano dei valori per la variabile-
obiettivo e quindi si definisce il valore della variabile strumento necessario al
raggiungimento di tale obiettivo, trascurando la caratterizzazione indipendente, coerente o
sostituta dell’obiettivo stesso. La differenza è che non si conosce esattamente la posizione
del vincolo (incertezza sul modello o sui parametri del modello). Ad es., si definisce un
valore per il reddito del sud e quindi si massimizza il reddito del nord, compatibilmente con
il primo obiettivo. Il risultato effettivo dipenderà dalla posizione effettiva della curva di
trasformazione. Lo stesso vale per l’es. della relazione di Phillips.

• Metodo degli obiettivi flessibili con s.m.s. variabile: il problema di politica economica
espresso in forma di obiettivi flessibili è del tutto equivalente al problema della
massimizzazione dell’utilità del consumatore. Lo stato in tal caso massimizza (minimizza)
una funzione di utilità (disutilità) collettiva, detta funzione del benessere sociale (FBS),
rappresentata da un insieme di curve di indifferenza, ognuna delle quali associata ad un dato
livello di benessere (o malessere) sociale. In tal caso il decisore politico prende in
considerazione la dipendenza (sia essa in relazione di coerenza o sostituibilità) tra strumenti

• Metodo degli obiettivi flessibili con s.m.s. costante: Il problema è impostato in modo del
tutto analogo al caso di s.m.s. variabile, con l’unica differenza che la funzione del benessere
(malessere) sociale è espressa in forma lineare.

STRUMENTI: Uno strumento è una grandezza economica misurabile sotto il controllo delle
autorità di politica economica (tasso di interesse, spesa pubblica, aliquote di imposizione). Con
riferimento ad un modello di politica economica lo strumento rappresenta una variabile esogena
(fenomeno misurabile la cui grandezza non è influenzata dalle altre variabili del sistema economico,
mentre essa influenza queste ultime) del sistema.
Gli strumenti rappresentano le leve della politica economica, variabili manovrate dalle autorità di
politica economica al fine dell’ottenimento degli obiettivi prefissati. Ogni strumento deve
soddisfare 3 condizioni essenziali:
• deve essere sotto il controllo delle autorità (controllabilità);
• deve essere efficace, dato l’obiettivo prefissato. L’efficacia è data dalla forza della relazione
tra obiettivo e strumento,
• deve poter essere distinta da altri strumenti, sia in termini di controllabilità, sia in termini di
efficacia.
Esistono diverse classificazioni delle tipologie di variabili strumentali. Con riferimento a quella
proposta da Timbergen, si distingue tra politiche quantitative, qualitative e di riforma:
• Le politiche quantitative consistono nella variazione del valore di uno strumento esistente
(es. spesa pubblica)
• Le politiche qualitative consistono nell’introduzione di un nuovo strumento, o alla
cancellazione di uno strumento esistente (es. introduzione nuove imposte, cancellazione
IRAP)
• Le politiche di riforma consistono nell’introduzione di un nuovo strumento, o nella
cancellazione di uno strumento esistente, ove ciò comporti modifiche sostanziali delle regole
di funzionamento del sistema economico (nazionalizzazioni, privatizzazioni, separazione tra
credito a breve e a medio-lungo termine).
Con riferimento alle modalità di intervento, si distingue inoltre tra:
• misure discrezionali sono gli strumenti di politica economica che vengono manovrati a
discrezione dell’autorità che le controlla, a seguito di una valutazione specifica, o caso per
caso, dell’opportunità della manovra
• regole automatiche sono strumenti di politica che entrano in funzione automaticamente, in
risposta a variazioni di alcune variabili obiettivo.
IL MODELLO: Una volta definiti gli obiettivi di politica economica e individuati gli strumenti
efficaci per il loro raggiungimento, essi devono trovare rappresentazione in un modello matematico
del funzionamento del sistema economico che li mette in relazione. Il modello viene prima espresso
in forma strutturale, una forma in cui compaiono tutte le equazioni di comportamento.
La forma strutturale (FS). Come detto, la FS di un modello è data dall’insieme di relazioni di
comportamento suggerite dall’analisi economica teorica e verificate dall’analisi econometrica. La
forma ridotta (FR). Le equazioni della FR saranno tante quante sono gli obiettivi.

àLE POLITICHE PUBBLICHE MACROECONOMICHE: La violazione dei presupposti che


definiscono un regime economico di CP implica la violazione del principio di OP e di efficienza
allocativa. In tali casi, oltre alle tre funzioni tipiche dello “stato minimo” nozickiano, l’intervento
pubblico si rende necessario per il ripristino delle condizioni di CP o la compensazione degli effetti
connessi alla loro violazione. L’intervento pubblico può ritenersi necessario anche in presenza di
situazioni di CP, nel caso in cui il risultato del mercato non è ritenuto eticamente preferibile.
POLITICHE ANTIMONOPOLISTICHE:
• Legislazione antimonopolistica: mira a modificare a) la struttura dei monopoli e/o b) i
comportamenti degli operatori, al fine di tutelare la libertà economica in entrata, di limitare
il potere delle concentrazioni economiche, di accrescere l’efficienza allocativa
• Regolamentazione dell’entrata: nei casi di barriere connesse alla presenza di costi
irrecuperabili, favorisce la contendibilità dei mercati con agevolazioni fiscali e incentivi
sugli investimenti fissi di tipo non recuperabile
• Regolamentazione dei prezzi: fissazione di P* = CM, garanzia di allocazione efficiente.
Generalmente non possibile poiché CU > P*. Due possibilità: 1) nazionalizzazione del
monopolio naturale e finanziamento fiscale perdite; 2) sovvenzione pubblica delle perdite
del monopolio privato, con fin. fiscale.
• Estrazione delle rendite: pratica nota come “concorrenza per il mercato”. Non potendo
essere poste in atto situazioni di CP nell’operatività della produzione, si tende a creare una
tale situazione nella fase di attribuzione del diritto ad operare da monopolista attraverso
meccanismi di asta pubblica
• Asta per il diritto ad operare: sotto condizioni di CP nella fase di partecipazione all’asta, la
cessione alla massima offerta garantisce l’estrazione del valore attuale del flusso di rendite
attese dall’esercizio del monopolio (caso UMTS Ita e Ger)
• Asta per il sussidio ad operare con P = CM: in tal modo si procede ad estrazione della
rendita senza rinunciare all’efficienza allocativa e senza necessità di controllare i costi
effettivi dell’impresa.
POLITICHE PER PRESENZA DI ESTERNALITA’
• Tassazione/sussidiazione delle esternalità: nel caso di esternalità negativa CMpriv < CMsoc:
tassazione per il ripristino della condizione CMpriv = CMsoc. Nel caso di esternalità
positiva si effettua la sussidiazione.

• Attribuzione di diritti negoziabili: si crea il mercato delle esternalità attraverso la creazione


di diritti ad inquinare o a non essere inquinati. Coase mostra che, sotto CP, la negoziazione
di tali diritti garantisce OP.
• Regolamentazione: I livelli di esternalità ammissibili sono decisi per legge. L’intervento è di
tipo coercitivo e agisce direttamente sulle quantità. Soluzione preferita nel caso di esternalità
comportanti danni irreparabili (salute).
POLITICHE PER LA PRESENZA DI BENI PUBBLICI
In presenza di beni pubblici lo stato deve decidere la quantità efficiente di beni di somministrare, le
modalità del suo finanziamento, per produzione diretta o per committenza pubblica.
IL WELFARE
Il welfare si sviluppa nei paesi europei a partire dalla seconda metà del 1800. Si sviluppa col
diffondersi della rivoluzione industriale.
Nasce in funzione mutualistica su iniziativa dei lavoratori dipendenti del comparto industriale e
dello stato (modello bismarkiano). Un vero e proprio sistema di WS si definisce nei primi anni del
‘900 con l’esperienza socialdemocratica scandinava: alcuni rischi individuali e familiari vengono
riconosciuti come rischi sociali (disoccupazione, malattia, vecchiaia, sostegno al reddito familiare) e
si osserva il passaggio a schemi universalistici.
In Italia il WS si sviluppa a partire dalla seconda metà degli anni 60.
I quattro modelli del Welfare sono i seguenti:
• Il modello socialdemocratico: universalismo delle prestazioni, forti connotazioni egalitarie,
ampia estensione degli interventi, rilevante quota di finanziamento fiscale: modello
scandinavo
• Il modello liberale: selettività delle prestazioni (basate sulla verifica dei mezzi) estensione
limitata (garantiti solo rischi di estrema gravità, quali povertà ed esclusione sociale):
modello statunitense, neozelandese, irlandese e inglese del periodo tatcheriano
• Il modello corporativo: forte collegamento col mercato del lavoro, selettività corporativa (il
titolare del diritto non è il cittadino ma il lavoratore). Rilevanza del principio di sussidiarietà
alla famiglia. Programmi di spesa frastagliati, l’estensione degli interventi varia da categoria
a categoria, finanziamento su base contributiva. Alta copertura dei dipendenti pubblici
(servitori dello stato): modello tedesco ed europeo continentale
• Il modello mediterraneo: variante del modello corporativo, con accentuazione degli aspetti
di frammentazione. Uso clientelare e distorto delle tipologie di intervento. Rilevanza, anche
legale, del ruolo assegnato alla famiglia.
POLITICHE COMMERCIALI
Definiscono la posizione dei responsabili di politica economica nei confronti delle relazioni
commerciali con l’estero del paese. L’atteggiamento della politica economica può essere visto come
una graduazione di posizioni tra due atteggiamenti estremi: liberismo e protezionismo:
• Le politiche liberiste consistono nell’eliminazione di ogni ostacolo, economico o legislativo,
al commercio con l’estero
• Le politiche protezionistiche consistono nell’imposizione di barriere economiche e
legislative al commercio con l’estero.
Il liberalismo:
Il fondamento teorico del liberismo risiede nel concetto di vantaggio comparato, ossia nei vantaggi
connessi alla specializzazione internazionale della produzione, originariamente teorizzato da David
Ricardo con il principio dei costi comparati.
Il principio dei costi comparati stabilisce che se due paesi hanno una diversa abilità relativa nella
produzione di due beni, il che si riflette nel costo di produzione, è conveniente per entrambi
specializzarsi nella produzione del bene di cui si gode di un vantaggio comparato e quindi
procedere all’importazione del bene non prodotto, la cui produzione è relativamente meno costosa
nell’altro paese. Saranno oggetto di scambio internazionale le eccedenze di produzione rispetto alla
domanda interna
Il protezionismo:
La teoria del vantaggio comparato ha natura sostanzialmente statica: non viene considerato che un
paese possa risultare relativamente svantaggiato nella produzione di un determinato bene perché il
settore è relativamente nuovo nell’economia considerata, e possa guadagnare un vantaggio
comparato nel tempo.
Può essere molto rischioso, per un paese, rinunciare alla produzione di alcuni beni fondamentali
(agricoltura), o alla produzione di settori strategici (energia, tecnologie avanzate, tecnologie
militari, trasformazione di prodotti energetici, determinate tipologie di servizi)
Queste considerazioni sono alla base della giustificazione delle politiche protezionistiche.
I seguenti sono gli strumenti della protezione commerciale:
• Protezione tariffaria: si tratta in sostanza di dazi all’importazione, cioè di imposte indirette
che influenzano il prezzo del bene importato. Rispetto alla finalità (ma non alla sostanza e
agli effetti) si distingue tra dazi fiscali e dazi protettivi
• Protezione non tariffaria: viene attuata attraverso 1) contingenti o quote di importazione,
definiti da limiti di quantità fisiche o da limiti valutari, attuati attraverso concessione di
licenze per l’importazione che stabiliscono limiti massimi di importazione; 2) imposizione
di limiti inferiori di contenuto nazionale della produzione, che prevede che un determinato
prodotto possa essere venduto solo se ha un contenuto minimo, in termini fisici o in valore,
di produzione nazionale; 3) depositi previ all’importazione, ossia obbligo di depositare per
un certo periodo in un conto infruttifero presso la banca centrale una somma pari ad una
quota del valore della merce importata; 4) regolamentazioni sanitarie, di sicurezza, di tutela
ambientale, che di fatto hanno finalità di protezione (molto praticate per la protezione dei
prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento); 5) limitazioni in materia di appalti, forniture
pubbliche e concessioni; 6) sussidi alla produzione di beni oggetto di esportazione, che di
fatto si risolvono in riduzione di prezzi all’esportazione.

àLE POLITICHE MACROECONOMICHE

• Politica monetaria: ha per obiettivo la stabilità monetaria interna ed esterna. Storicamente si


osserva un peso crescente dell’obiettivo del controllo dell’inflazione. Rilevante anche
l’obiettivo della stabilizzazione reale, specialmente in USA. Si attua attraverso manovre
della base monetaria e attraverso manovre del tasso di interesse (tasso di sconto). In
condizioni di perfetto funzionamento del mercato del credito le due manovre hanno effetti
equivalenti. Non nel caso di crisi di liquidità e di fiducia, dove prevale la manovra sugli
aggregati monetari
• Politica fiscale: ha per obiettivo la stabilizzazione delle fluttuazioni del reddito e
dell’occupazione. In condizioni di forte indebitamento tende a prevalere l’obiettivo della
stabilizzazione del debito. Si attua attraverso manovre di bilancio pubblico, cioè attraverso
la modificazione delle entrate e delle spese pubbliche
• Politica dei redditi e dei prezzi: ha per obiettivo il controllo dell’inflazione e si attua
attraverso il controllo della dinamica salariale e del margine di profitto. Può avere finalità
distributive
• Politica per la bilancia dei pagamenti: Ha per obiettivo il controllo della bilancia dei conti
con l’estero e si attua attraverso il controllo della dinamica dei prezzi, della domanda, del
tasso di cambio e attraverso politiche strutturali
LA POLITICA MONETARIA
Una economia monetaria si caratterizza per il fatto che le transazioni di beni e servizi sono regolate
attraverso l’uso di strumenti monetari (possiamo pensare anche al caso della moneta-merce –
conchiglie, bestiame), e non attraverso lo scambio di beni, come nell’economia di baratto.
Con riferimento alla moneta, è possibile individuare tre funzioni tipiche:
1. Moneta quale mezzo di pagamento o intermediario negli scambi.
2. Moneta come unità di conto
3. Moneta come riserva di valore.
La banca centrale è prestatore di ultima istanza per le banche commerciali (fornisce loro la liquidità
necessaria) e come tale opera come banca delle banche. Essa inoltre assume ruolo di vigilanza
sull’operato delle banche commerciali per assicurare la stabilità e la solidità del sistema finanziario.
La base monetaria viene creata dalla banca centrale per effetto di quattro canali di creazione:
1. Estero;
2. Tesoro;
3. Operazioni di mercato aperto;
4. Operazioni di rifinanziamento bancario.
• Politica monetaria con cambi fissi
In regime di cambi fissi la BC è vincolata ad intervenire attraverso operazioni di acquisto/cessione
di riserve in valuta estera al fine di garantire la stabilità del cambio. Ciò comporta, in presenza di
capitali mobili, una sostanziale inefficacia della politica monetaria di stabilizzazione. Infatti, nel
caso di una politica monetaria espansiva, si determina un aumento delle importazioni e una
contrazione del tasso di interesse che determina una fuoriuscita di capitali. La BP va in disavanzo.
La BC deve acquistare moneta nazionale in cambio di riserve. L’offerta di moneta tende a contrarsi
fino al punto di partenza. La politica monetaria è tanto più inefficace quanto maggiore è la
sensibilità dei movimenti di capitale al tasso di interesse (BP piatta).

Schema meccanismo di trasmissione:

• Politica monetaria con cambi flessibili


In regime di cambi flessibili la BC non è vincolata ad intervenire. Il cambio è libero di fluttuare. La
politica monetaria torna efficace. Infatti, nel caso di una politica monetaria espansiva, si determina:
1) un aumento delle importazioni e una contrazione del tasso di interesse che determina una
fuoriuscita di capitali. La BP va in disavanzo; 2) il cambio si svaluta e la BP si sposta verso il basso;
3) la svalutazione stimola le esportazioni contrae le importazioni: la IS si sposta verso destra. Si
determina un nuovo equilibrio contraddistinto da un più alto livello del reddito e un più basso tasso
di interesse. In tal caso la politica monetaria è tanto più efficace quanto maggiore è la sensibilità dei
movimenti di capitale al tasso di interesse (BP piatta).
Schema meccanismo di trasmissione

POLITICA FISCALE
La politica fiscale si sostanzia nella manovra del bilancio pubblico (stato ed altri enti pubblici) ai
fini della regolazione del reddito, dell’occupazione e – in tempi più recenti, del contenimento del
debito.
L’identità contabile fondamentale del bilancio pubblico è la seguente:

• Entrate pubbliche (T): esse includono: a) le entrate correnti, in larga parte connesse a tributi
(imposte dirette, indirette, tasse, contributi sociali) e in minima parte da altre fonti, come ad
es. eventuali avanzi di gestione di enti o aziende pubbliche. La finalità principale della
manovra delle entrate è quella della stabilizzazione economica (a parte la necessità ovvia del
finanziamento della spesa) e del controllo del debito. L’articolazione delle entrate correnti,
delle spese e dei trasferimenti ha anche finalità redistributive. b) le entrate in conto capitale,
che derivano da alienazione di immobili e aziende pubbliche (privatizzazioni) e dal rimborso
dei crediti dello stato
• Spesa per consumi pubblici (C): deriva dal costo del personale pubblico e dagli acquisti di
beni e servizi da parte del settore pubblico. E’ finalizzata a finanziare l’attività di produzione
di beni e servizi pubblici
• Spesa per investimenti pubblici (I): destinata all’integrazione e all’aumento della dotazione
di capitale infrastrutturale pubblico (scuole, ponti, strade, ecc.)
• Trasferimenti correnti (Trc): essi includono: a) trasferimenti alle famiglie aventi finalità
redistributive (assegni di disoccupazione, sostegno alla famiglia, assistenza monetaria,
eccedenze di spesa previdenziale. b) trasferimenti e contributi alle imprese aventi finalità
eterogenee, in genere di sostegno alla produzione
• Trasferimenti in conto capitale (Trk): ovvero trasferimenti alle imprese finalizzati al
sostegno della loro attività di investimento
• Interessi (INT): si tratta di trasferimenti correnti monetari ai possessori di titoli di debito
pubblico
Esistono 3 tipi di imposizione fiscale:
• Imposte in somma fissa: si ha quando l’imposta non è definita rispetto alla dimensione di
una base imponibile (per esempio il reddito), come nel caso delle imposte di bollo, dei ticket
per alcuni servizi pubblici ecc..
• Imposte proporzionali: si hanno quando l’imposta è definita proporzionalmente alla base
imponibile, come nel caso delle imposte dirette e con riferimento all’esistenza di una
aliquota unica.
• Imposte progressive: si hanno quando l’aliquota di imposta (o pressione fiscale) varia
(cresce) al variare (crescere) della base imponibile pro-capite (e non della base imponibile
aggregata), come nel caso delle imposte dirette nelle esperienze delle principali economie
occidentali e soprattutto europee. L’imposta progressiva definisce l’esistenza di uno
stabilizzatore automatico.
La spesa pubblica può essere finanziata attraverso tributi o in deficit. Nel primo caso si ha pareggio
del bilancio primario, nel secondo si possono verificare due fattispecie: a) emissione di titoli di
debito pubblico; b) creazione di base monetaria. Avendo avuto modo di analizzare il contenuto del
teorema del bilancio in pareggio, ci concentriamo sul finanziamento in deficit distinguendo rispetto
ai casi sub a e sub b. Definendo con B lo stock di debito pubblico, possiamo quindi la relazione
fondamentale di bilancio in questo modo:

Il finanziamento in deficit: Se la spesa pubblica non viene finanziata con imposte, essa determina
effetti più elevati sul reddito. Ciò giustificherebbe (e in passato ha giustificato) pratiche di bilancio
ispirate al concetto di deficit spending. Tale pratica consiste nel finanziare la spesa attraverso
emissione di titoli di debito pubblico. Gli effetti espansivi di breve/medio termine sono connessi al
fatto che il risparmio privato viene attratto dallo stato e inserito nel circuito del reddito. In altri
termini, un potere d’acquisto potenziale viene reso effettivo nell’immediato. Tale idea è stata messa
in discussione dall’impostazione teorica monetarista e nuovo classica.
VEDERE SLIDES DA 165 A 172
Il debito pubblico deriva dall’accumularsi dei disavanzi di bilancio finanziati attraverso emissione
di debito. L’Italia ha il più alto rapporto tra debito pubblico e PIL. La crescita del rapporto tra
debito e PIL non dipende esclusivamente dalla condotta del bilancio corrente, ma anche dall’entità
dello stock di debito accumulato, dal tasso di interesse medio sul debito (che definisce, insieme allo
stock, il costo del servizio) e dall’andamento del PIL.
VEDERE SLIDE 174
POLITICA DEI REDDITI E DEI PREZZI
La politica dei redditi ha per obiettivo il controllo della dinamica del livello generale dei prezzi,
ossia dell’inflazione.
Consideriamo per semplicità una economia chiusa agli scambi con l’estero in cui vi siano solo due
classi sociali, lavoratori e capitalisti. I primi offrono lavoro ricevendo in cambio un salario, i
secondi posseggono i mezzi di produzione, che vengono utilizzati al tasso di rendimento r (si
assume, per semplicità, che la produzione avvenga esclusivamente attraverso l’utilizzo di servizi
lavorativi, in assenza di capitale. Questo ci permette di astrarre dalla remunerazione e il reintegro
del capitale) Il valore complessivo della produzione può quindi essere scomposto in due grandezze:
massa salariale W e massa dei profitti R.
𝑝𝑌 = 𝑊 + 𝑅
Tenendo conto che la massa salariale è data dal prodotto del salario unitario medio per il numero di
occupati N, e dividendo i membri di destra e di sinistra per il prodotto reale, si ottiene:
𝑤𝑁 𝑅
𝑝= +
𝑌 𝑌
In assenza di capitale, il profitto può definirsi quale il risultato della fissazione di un margine sui
costi di produzione, ossia sul costo del lavoro, che definiamo g.
𝑤𝑁 𝑤𝑁𝑔 𝑤𝑁
𝑝= + = (1 + 𝑔)
𝑌 𝑌 𝑌
Per definizione il PIL può essere definito come prodotto tra occupati e produttività media del
lavoro. Sostituendo questa relazione definitoria nell’ultima equazione scritta si ottiene:

Una condizione sufficiente perché non si abbia inflazione è che il salario vari allo stesso tasso della
produttività e che non si abbiano variazioni del margine di profitto. In tal caso si realizza anche la
costanza delle quote distributive: il rapporto tra massa salariale e reddito rimane costante.
Le relazioni scritte sopra hanno finalità esclusivamente descrittive. È infatti evidente le ipotesi di
economia chiusa, senza stato, con un unico prodotto e con una tecnologia di produzione che utilizza
solo lavoro sono ipotesi eccessivamente restrittive. Nelle economie reali, in corrispondenza delle
diverse produzioni (prodotti multipli), si individuano diversi livelli di produttività, il che rende
difficile l’individuazione del riferimento per la variazione del salario compatibile con l’obiettivo
della stabilità dei prezzi.

POLITICHE PER LA BILANCIA DEI PAGAMENTI


L’equilibrio della BP rappresenta un obiettivo di politica economica di lungo periodo, nel senso che
un paese deve tendere al bilanciamento dei conti con l’estero in media.
Una situazione di disavanzo persistente non è sostenibile nel lungo periodo, poiché essa implica
l’esaurimento delle riserve di valuta e l’impossibilità di effettuare i pagamenti verso l’estero.
Una situazione di avanzi persistenti, sebbene in apparenza sostenibile, di fatto non lo è, poiché
continui avanzi in un paese corrispondono a continui disavanzi di altri paesi (caso “centro”
dell’euro-zona)
Sebbene esistano meccanismi automatici di riequilibrio, nella realtà tali forze autonome possono
risultare insufficienti, il che rende necessario l’intervento delle autorità di politica economica.
Meccanismi di riequilibrio automatico
• Il meccanismo operante attraverso variazione dei prezzi: Si considerino due paesi, A e B. Si
assuma che, per qualche ragione non specificata, si realizzi un avanzo di BP in A e quindi
un disavanzo in B. Data la fissità del cambio, ossia l’obbligo di intervento da parte delle BC,
ciò induce creazione di BM in A e una distruzione di BM in B. L’aumento di moneta,
seguendo uno schema classico indurrebbe un aumento del livello generale dei prezzi in A e
una riduzione in B. La variazione dei prezzi nei due paesi determina un apprezzamento del
cambio reale di A rispetto a B, ossia una riduzione di competitività delle merci prodotte in A
rispetto a quelle prodotte in B. Il riequilibrio avverrebbe attraverso una variazione del
cambio reale che si ottiene attraverso variazioni dei prezzi e non, come nel caso di un
regime di cambio flessibile, attraverso variazioni del tasso di cambio nominale. L’eventuale
asimmetria nei movimenti di prezzo non costituisce un problema, poiché ciò che conta è il
crearsi di una variazione dei prezzi relativi. Il principale limite di tale meccanismo risiede
nella viscosità negli aggiustamenti di prezzo.
• Il meccanismo operante attraverso variazione dei redditi: Si considerino due paesi, A e B. Si
assuma che, per un aumento della propensione ad importare in B, si realizzi un avanzo di BP
in A e quindi un disavanzo in B, posto che si assume che la domanda in A rimane invariata.
Tale assunzione non è del tutto realistica: l’aumento delle esportazioni in A determina un
aumento di produzione, quindi di reddito e domanda. Ciò determina un aumento delle
importazioni di A che parzialmente compensa l’avanzo delle partite correnti, quindi della
BP. Il contrario avviene in B: la contrazione di reddito connessa all’aumento di importazioni
(si riduce la domanda per prodotti nazionali a favore di quelli di A, quindi il livello di
produzione e dei redditi) determina una riduzione delle importazioni, quindi un parziale
riequilibrio delle partite correnti e della BP. Tale meccanismo, come peraltro quello affidato
alla logica dei prezzi, determina instabilità economica, basandosi su variazioni dei prezzi,
della produzione, dei redditi e dell’occupazione
Come visto, eventuali squilibri nella bilancia dei movimenti di capitale dipendono dal differenziale
tra tasso di interesse estero e tasso di interesse interno. Più specificamente, si ha equilibrio quando il
tasso di interesse interno uguaglia il tasso di interesse esterno corretto per il tasso di variazione
atteso del cambio certo per incerto. Tale relazione è nota come parità scoperta.

Potrebbero piacerti anche