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SIMULAZIONE E MANCANZA DI

VOLONTA’
IN GENERALE
Uno dei classici problemi sulla volontà si pone nel caso non corrisponda
un’effettiva volontà alle dichiarazioni rese dalle parti.

Il criterio di soluzione del problema è quello della protezione dell’affidamento.

Non possono avere valore le dichiarazioni docendi causa ovvero quelle fatte
durante una rappresentazione teatrale o una lezione.

Per le dichiarazioni ioci causa si distinguono le dichiarazioni fatte nello scherzo e


quelle fatte per scherzo (con intenzione non seria senza che risulti all’altra parte).
Nella prima ipotesi il negozio è nullo, nella seconda è valido se il destinatario non
era in grado di avvedersi dello scherzo.

La Riserva mentale consiste nel dichiarare intenzionalmente cosa diversa da c/o


che si vuole effettivamente, senza alcun’intesa con l’altra parte. La riserva mentale
è irrilevante e il negozio è valido.

SIMULAZIONE
ARTT 1414 SS C.C.

Si considera simulato un contratto quando le parti pongono in essere l'esteriorità


di una dichiarazione contrattuale, al fine di poterla invocare di fronte ai terzi, ma
sono tra loro d'accordo che gli effetti previsti dall'atto simulato non sono voluti e
non si devono verificare.

Ciò che caratterizza la simulazione è il cosiddetto accordo simulatorio ossia


l'intesa tra i simulanti, cosicché la situazione giuridica che dovrebbe sorgere per
effetto del contratto è solo apparente, mentre la situazione giuridica reale rimane
quella anteriore all’atto.

Si tratta di una finzione concordata tra le parti.


Le ragioni che portano ad un accordo simulatori io sono le più varie spesso illecite
o lesive degli interessi dei terzi.

Lo scopo per cui le parti ricorrono alla simulazione si suole chiamare causa
simulandi.
Vi è la presenza di un accordo riservato o contro dichiarazione, in forza del quale le
parti considerano inefficace il negozio apparente.

SIMULAZIONE ASSOLUTA E RELATIVA.


La simulazione si dice assoluta se le parti, con i loro accordi « interni », si limitano
ad escludere la rilevanza, tra loro, del contratto apparentemente stipulato,
cosicché la situazione giuridica preesistente rimane, in realtà, immutata; si dice,
invece, relativa qualora le parti concordino che nei loro rapporti interni assuma
rilevanza un diverso negozio, che si dice dissimulato, in quanto celato sotto
l’ombrello del negozio simulato.

La simulazione relativa può investire il tipo contrattuale, ossia essere volta a celare,
dietro ad un contratto apparente, un contratto « vero » corrispondente ad un
diverso schema negoziale.

La simulazione relativa può investire anche l’oggetto del contratto.

La simulazione relativa può, ancora, dar luogo ad una falsa rappresentazione dei
soggetti dell’atto; si parla, in tal caso, di interposizione fittizia di persona, che
ricorre quando il contratto simulato viene stipulato tra Tizio e Caio, ma entrambi
sono d’accordo con Sempronio che, in realtà, gli effetti dell’atto si verificheranno
nei confronti di quest’ultimo.

L’interposizione fittizia si distingue dall’interposizione reale, che si verifica quando


un soggetto, non volendo palesarsi come dominus di un certo affare, incarica un
altro di trattare e concludere in nome proprio il contratto.

EFFETTI TRA LE PARTI


Occorre distinguere fra simulazione assoluta e relativa.

Se la simulazione è assoluta la legge stabilisce che il negozio simulato non


produce effetti fra le parti. Così se una parte decide di dar luogo al negozio
simulato, l’altra parte può agire in giudizio con un’azione di accertamento per far
dichiarare il negozio simulato.

Se si tratta di simulazione relativa, il contratto simulato non può produrre effetti tra
le parti. Può avere efficacia il contratto dissimulato.

L’art. 1414, comma 2, c.c. stabilisce che « se le parti hanno voluto concludere un
contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato »,
ma subordina tale efficacia ai presupposti di validità di quest’ultimo: si richiedono i
requisiti di forma e sostanza dell’atto realmente voluto.

L’ipotesi della vendita dissimulante una donazione è molto particolare.

La dottrina afferma che la donazione in quel caso non richiede che l’accordo riservato sia
rivestito della forma pubblica, ma ritiene che sia sufficiente che i requisiti richiesti per
la donazione siano soddisfatti dall’apparente contratto di vendita, mentre le parti
potranno validamente pattuire, con una semplice e riservata scrit- tura privata, che
il prezzo dichiarato non è dovuto e che in realtà l’atto effettivamente voluto è una
donazione.

Mentre l’azione di accertamento citata in precedenza e imprescrittibile, l’azione


volta all’adempimento del contratto dissimulato e prescrittibile.

EFFETTI RISPETTO AI TERZI


La prima situazione da esaminare è quella dei terzi interessati a dedurre la
simulazione: per l’art. 1415, comma 2, c.c., i terzi estranei al contratto simulato,
qualora ne siano pregiudicati, possono farne accertare l’inefficacia. Per esempio i
creditori di Tizio, simulato alienante, possono far dichiarare la simulazione.

Per quanto riguarda i terzi che abbiano acquistato diritti dal titolare apparente. A
rigore, se la vendita simulata da Tizio a Caio è priva di effetti, non dovrebbe
produrre effetti neppure un successivo atto di disposizione posto in essere da
Caio, in virtù del principio per cui nemo plus iuris transferre potest quam ipse
haberet. L’art 1415 dispone che « la simulazione non può essere opposta né dalle
parti contraenti né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi
che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente ». La buona fede
del subacquirente si presume ed è necessaria solo al momento dell’acquisto.

EFFETTI DELLA SIMULAZIONE NEI CONFRONTI DEI


CREDITORI
I creditori dell’apparente alienante hanno interesse a far valere la simulazione, al
contrario i creditori dell’apparente acquirente.

I creditori del simulato alienante possono far accertare la simulazione che


pregiudica i loro diritti e, facendo prevalere la realtà sull’apparenza, agire sui beni
dei quali il loro debitore si è solo apparentemente spogliato (art. 1416 c.c.).

Per quanto riguarda la posizione dei creditori di colui che appare acquirente per
effetto del negozio simulato, si tratta di stabilire quando e a quali condizioni la
simulazione sia a loro opponibile dal simulato alienante.

La simulazione è inopponibile al creditore che abbia acquistato un diritto reale di


garanzia (pegno o ipoteca) sui beni che hanno formato oggetto dell’apparente
alienazione, poiché il simulato alienante è esposto al rischio che il simulato
acquirente conceda diritti reali di garanzia sul bene simulatamente alienato.

Dunque il simulato alienante soccombe rispetto al diritto acquistato, su quei beni,


dai creditori del simulato acquirente.

La simulazione è opponibile ai creditori chirografari (cioè non muniti di garanzia


reale) che non abbiano ancora avviato un procedimento esecutivo sui beni
simulatamente acquistati dal loro debitore.

In caso di conflitto fra creditori chirografi la legge preferisce i creditori chirografi del
simulante alienante se il credito è anteriore all’atto simulato. Nell’ipotesi contraria
invece la legge preferisce i creditori chirografi dell’acquirente.

LA PROVA DELLA SIMULAZIONE


La prova della simulazione è controversa poiché l’accordo simulatorio si basa sulla
riservatezza.

Per primo consideriamo il caso in cui ad agire per l’accertamento della simulazione
sia una delle parti contraenti.

Si deve fare riferimento alle norme che vietano il ricorso alla prova per testimoni
(art. 2722 c.c.) e per presunzioni (art. 2729, comma 2, c.c.) quando la prova abbia
per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, che si
assumano stipulati anteriormente o contemporaneamente al documento stesso.
Pertanto, colui che alleghi che un certo contratto, da lui stipulato, è simulato, dovrà
produrre la controdichiarazione scritta o comunque uno scritto nel quale la parte
convenuta in giudizio dia atto della simulazione.

Le parti del contratto simulato possono invece dar prova della simulazione con
ogni mezzo — compresi dunque testimoni e presunzioni — nel caso in cui
intendano far valere l’illiceità del contratto dissimulato (art. 1417 c.c. ).

I terzi, invece, godono di ampia libertà di prova e possono ricorrere anche a


testimoni e, soprattutto, a presunzioni.

Gli eredi delle parti simulanti subentrano nella posizione dei rispettivi danti causa, e
dunque subiscono gli stessi limiti di prova previsti delle parti con un’eccezione: i
legittimari che agiscono per la reintegrazione della quota di riserva fanno valere
non un diritto esistente nel patrimonio del defunto, ma un loro personale diritto, e
quindi sono considerati terzi, legittimati ad utilizzare qualsiasi mezzo di prova.

In tal caso il termine decennale di prescrizione dell’azione di simulazione decorre


dal momento dell’apertura della successione.

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