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NOZIONI DI DIRITTO CIVILE

IL NEGOZIO GIURIDICO

DEFINIZIONE

Il negozio giuridico è una dichiarazione di volontà con la quale vengono enunciati gli effetti
perseguiti (il c.d. " intento empirico") ed alla quale l'ordinamento giuridico ricollega effetti
giuridici conformi al risultato voluto.

Il fenomeno negoziale, in sostanza, corrisponde alla necessità di lasciare ai singoli una sfera di
autonomia, entro la quale i privati possono decidere da sé come regolare i propri interessi.

Attenzione

Nonostante la grande importanza che il concetto di negozio giuridico riveste, il nostro codice civile
non dedica ad esso un'apposita disciplina. Nel codice sono regolati: il contratto (artt. 1321-1346), il
testamento (artt. 587-712), il matrimonio (artt. 84-142) e altre singole figure, ma non il negozio
giuridico in sé.

CLASSIFICAZIONE DEI NEGOZI GIURIDICI

I negozi giuridici possono essere classificati in vari modi. In relazione alla struttura soggettiva si
possono avere:

• negozi unilaterali: il negozio è perfezionato con la dichiarazione di una sola parte (per esempio
il testamento)
• negozi pluri-personali: promanano da più persone, costituenti, per altro, una parte unica;
• negozi bilaterali: le parti sono due. Per parte si deve intendere un centro di interessi nel
negozio
• negozi plurilaterali: la manifestazione di volontà proviene da più di due parti (per esempio
contratto di società)

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In relazione alla funzione si possono avere:

• causa morte (= negozi mortis causa): gli effetti presuppongono la morte di una persona,
(esempio è il testamento)
• negozi inter vivos: prescindono dal presupposto sopra indicato (esempio: contratto di vendita)
• causa rapporti famigliari: negozi di diritto famigliare, dove prevale sull'interesse del singolo
l'interesse superiore al nucleo famigliare;
• causa interessi economici: negozi patrimoniali;
• negozi a titolo oneroso, quando un soggetto, per acquistare qualsiasi tipo di diritto, beneficio o
vantaggio, accetta un correlativo sacrificio;
• negozi a titolo gratuito, per effetto del quale un soggetto acquisisce un vantaggio senza alcun
correlativo sacrificio.

GLI ELEMENTI DEL NEGOZIO

Gli elementi del negozio giuridico si distinguono in elementi essenziali, senza i quali il negozio
sarebbe nullo (art. 1418 c.c.) , ed elementi accidentali, che le parti sono libere di apporre o meno.

Gli elementi essenziali si dicono generali se si riferiscono ad ogni tipo di negozio giuridico, in
questo caso sono: la volontà, la dichiarazione, la causa; particolari se si riferiscono a quel
particolare tipo considerato di negozio giuridico, ad es. in una vendita sono essenziali, oltre il
consenso e la causa, il prezzo e la cosa.

La volontà
La volontà del soggetto diretta a produrre effetti giuridici deve essere manifestata, esternata, deve
uscire dalla sfera del soggetto stesso, perché gli altri possano percepirla.

A seconda dei modi con cui la manifestazione avviene, essa si distingue, in dichiarazione espressa, (se fatta con parole,
cenni) e manifestazione tacita, consistente in un comportamento che, secondo il comune pensare e di agire, risulti
incompatibile con la volontà contraria.

Attenzione

Può verificarsi che la dichiarazione di volontà non sia conforme all'intenzione negoziale del dichiarante: in questo caso
si dovrebbe giungere alla nullità del negozio, ma non sempre questo avviene ( ci sono casi in cui la divergenza produce
ugualmente effetti giuridici).

In particolare si distinguono:

• divergenza tra volontà e dichiarazione

Esempio tipico è la simulazione (artt.1414-1417c.c). Infatti simulare significa fingere, e si parla allora di contratto
simulato per indicare l'ipotesi in cui la stipulazione dell'atto sia voluta dalle parti solo per creare una situazione giuridica
documentata di fronte ai terzi, sebbene sostanzialmente solo apparente, ma con l'accordo che in realtà, l'atto non debba
produrre effetto alcuno.

• vizi della volontà

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I vizi a cui la legge attribuisce rilevanza e a cui fa conseguire l'annullabilità del negozio sono: l'errore (artt. 1428-1433
c.c) che deve essere essenziale, cioè relativo ad una qualità o ad un elemento essenziale del negozio e riconoscibile (una
persona avrebbe potuto riconoscerlo usando l'ordinaria diligenza); il dolo, (art.1439c.c) i cui raggiri devono essere stati
determinanti per ottenere il consenso dal contraente, la violenza, (artt. 1434-1438c.c.), che deve essere stata di tal
natura da far impressione sopra una persona sensata. Il male minacciato deve essere notevole, ossia di certa entità, ed
ingiusto, ossia antigiuridico.

La causa
La causa è la funzione economico sociale dell'atto della volontà, è la "giustificazione dell'autonomia
privata".

Essa si distingue dai motivi: questi sono le ragioni soggettive che inducono le parti al contratto e sono irrilevanti, tranne
nel caso in cui siano illeciti (in questa situazione portano il contratto alla nullità).

Si ha nullità anche quando la causa è mancante o illecita ossia contraria a norme imperative,
all'ordine pubblico e al buon costume.

Dalla causa dipendono diversi tipi di negozi:

• negozi tipici, espressamente previsti dal legislatore, e atipici, non disciplinati nel codice ma
comunque tutelati dall'ordinamento come previsto dall'art. 1322 c.c;
• negozi misti, risultanti dalla fusione di due o più negozi;
• negozi causali, che vedono nella causa il loro elemento essenziale, e negozi astratti che
producono effetti indipendentemente dalla presenza della causa.

L'oggetto
L'oggetto è la cosa o il diritto reale o di credito, che il contratto trasferisce da una parte all'altra.

Deve essere possibile (possibilità materiale), lecito, determinato o determinabile (esempio: vi


possono essere contratti che deferiscono ad un terzo, diverso dai contraenti, la determinazione
dell'oggetto).

La forma
Principio generale del nostro ordinamento è quello della libertà delle forme: i contratti possono,
per regola generale, risultare da dichiarazioni espresse o essere contratti taciti, e i contratti espressi
possono a loro volta essere contratti orali oppure contratti scritti.

E' sufficiente perché il contratto sia valido, che la volontà delle parti si sia manifestata, qualunque
sia il modo o la forma della sua manifestazione.

In alcune situazioni, tuttavia, l'ordinamento prevede la forma scritta per sancire la validità del
negozio
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GLI ELEMENTI ACCIDENTALI

Gli elementi accidentali più importanti sono:

La condizione
La condizione è un avvenimento futuro ed incerto, dal quale le parti fanno dipendere o la
produzione degli effetti del negozio, cui la condizione è apposta, o l'eliminazione degli effetti che il
negozio ha già prodotto (art. 1353 c.c. ).

Non tutti i negozi tollerano l’apposizione di una condizione

La condizione può essere:

• sospensiva, se da essa dipende l'efficacia del negozio;


• risolutiva, se da essa dipende l'eliminazione degli effetti del negozio;
• causale, se il suo avveramento dipende dal caso o dalla volontà dei terzi;
• potestativa, se dipende dalla volontà delle parti;
• mista, se dipende in parte dal caso o dalla volontà di terzi, in parte dalla volontà di una delle
parti;
• meramente potestativa, se consiste in un fatto che è indifferente compiere (art. 1355),
• potestativa vera e propria, se consiste in un fatto che, pur essendo volontario, non è
indifferente compiere o non compiere,

Illiceità e impossibilità della condizione

La condizione è illecita quando è contraria a norme imperative di legge, all'ordine pubblico, al buon
costume (art. 1354 c.c.).

Circa gli effetti dell'illiceità, occorre distinguere fra negozi mortis causa, dove la condizione si considera non apposta
(art. 634 c.c) , e i negozi inter vivos che sono resi nulli (art. 1354c.c.).

La condizione è invece impossibile quando consiste in un avvenimento irrealizzabile, sia dal punto
di vista giuridico che dal punto di vista naturale.

Se la condizione impossibile è :

• sospensiva, negli atti tra vivi rende nullo il contratto;


• risolutiva, negli atti tra vivi si considera non apposta.

Negli atti di ultima volontà si considera non apposta.

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Avveramento della condizione
La condizione si dice avverata, quando si verifica l'evento dedotto. Quando la condizione
sospensiva si è verificata, si producono le conseguenze del negozio con effetto retroattivo al tempo
in cui è stato concluso; l'inverso avviene se la condizione è risolutiva, cioè viene preso in
considerazione il momento in cui l'avvenimento dedotto in giudizio ha avuto luogo.

Il termine
Il termine consiste in un avvenimento futuro e certo, dal quale (termine iniziale) o fino al quale
(termine finale) debbono prodursi gli effetti del negozio.

Il termine differisce dalla condizione per il carattere di certezza del verificarsi dell'avvenimento: questo è anch'esso
futuro (es. la morte di una persona), ma non v'è alcun dubbio circa il suo avverarsi. Anche per il termine come per la
condizione, vi sono dei negozi che non tollerano la sua apposizione.

L'INVALIDITÀ E L'INEFFICACIA DEL NEGOZIO GIURIDICO

È opportuno, dopo avere esaminato le caratteristiche del negozio soffermarsi sulle situazioni che
rendono invalido o inefficace un negozio giuridico.

Le cause di nullità
L'art. 1418 c.c. stabilisce che il contratto deve essere considerato nullo quando:

• è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente;


• vi è la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'art. 1325 c.c. (accordo, causa, oggetto e
forma);
• vi è l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'art. 1345 c.c. ;
• vi è la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'art. 1346c.c.

Il contratto è altresì nullo nei casi stabiliti dalla legge.

I tipi di nullità
La nullità può riguardare l'intero negozio, e in questo caso sarà una nullità totale, oppure può essere
parziale quando:

- riguarda una parte del contenuto del negozio che resta valido se la clausola ha carattere accessori
(nullità parziale oggettiva)

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- riguarda il vincolo di una delle due parti; la nullità del negozio si avvera solo qualora tale vincolo
debba considerarsi essenziale (nullità parziale soggettiva)

Gli effetti della nullità


Il contratto nullo non produce effetti; se il negozio è stato eseguito, chi ha effettuato la prestazione
ha diritto alla sua ripetizione (art. 2033c.c.).

Il contratto nullo non può essere convalidato se la legge non dispone diversamente; può invece
essere convertito come stabilito dall'art. 1424 c.c..

L’annulabilità
L'annullabilità deriva dall'inosservanza delle regole che mirano a proteggere particolarmente uno
dei soggetti, (incapacità del soggetto, o vizi della volontà).

Il negozio produce tutti gli effetti a cui era diretto, ma questi effetti vengono meno qualora venga
accettata l'azione di annullamento.

Aspetti della annulabilità


- L'azione di annullamento è costitutiva in quanto mira a modificare la situazione preesistente,
salvo diversa disposizione di legge. La legittimazione a chiedere l'annullamento dell'atto spetta
solo alla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge (art. 1441c.c.). L'annullabilità di un atto
non può essere rilevata d'ufficio dal giudice.

- l'azione di annullamento, a differenza dell'azione di nullità, è soggetta a prescrizione


quinquennale anche se possono essere previsti dei termini diversi (art. 117 c.c.). La prescrizione
comincia a decorrere dal giorno in cui è cessata la causa che ha dato luogo al vizio.

- l'annullabilità è sempre sanabile o attraverso la prescrizione dell'azione di annullamento o


attraverso la convalida che può essere o espressa (manifestazione di volontà) o tacita
(esecuzione volontaria del negozio) o per fatti concludenti (viene posto in essere un
comportamento incompatibile con la volontà di annullare il negozio) ( art. 1444c.c.).

L’inefficacia
Per inefficacia si intende l'inettitudine del negozio a produrre i suoi effetti per un fatto estraneo al
negozio stesso.

L'inefficacia può essere: originaria o successiva, cioè dipende dall'impugnativa di una delle due
parti o di terzi.

L’impugnabilità

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Si tratta di una categoria elaborata dalla dottrina, dove si comprendono tutti quei negozi che pur
essendo validi, possono essere distrutti nei loro effetti mediante azioni delle parti o dei terzi, su
circostanze esterne al negozio ma rilevanti per l'ordinamento.

IL CONTRATTO

DEFINIZIONE

Secondo l'art. 1321 del c.c. il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o
estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.

Il contratto si distingue dalle altre due importanti figure del negozio giuridico (il testamento e il
matrimonio), da un lato perché è l'accordo di due o più parti e non può mai essere unilaterale,
dall'altro perché deve avere contenuto patrimoniale, cioè la prestazione deve essere suscettibile di
valutazione economica.

Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge
(art. 1322c.c.).

ELEMENTI ESSENZIALI

Per l'art. 1325 c.c. gli elementi essenziali del contratto sono:

a) l'accordo delle parti, che rappresenta l'incontro delle volontà dei contraenti;
b) la causa;
c) l'oggetto o contenuto degli accordi dei contraenti (art. 1346c.c.);
d) la forma quando è richiesta ad substantiam actus, e cioè per la validità del contratto.

CLASSIFICAZIONE DEI CONTRATTI

Le più importanti classificazioni sono:

• contratti tipici o nominati e contratti atipici o innominati, a seconda che alla singola figura
contrattuale il legislatore dedichi o meno una disciplina specifica;

• contratti plurilaterali (contratti costitutivi di società);

• contratti a prestazioni corrispettive (contratto di vendita) e contratti con prestazioni a carico


di una sola persona;
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• contratti a titolo oneroso e contratti a titolo gratuito;

• contratti di scambio e contratti associativi dove vi è il perseguimento di uno scopo comune;

• contratti commutativi, dove i reciproci sacrifici sono certi, e contratti aleatori nei quali vi è
incertezza sui reciproci sacrifici;

• contratti ad esecuzione istantanea (la compravendita) e contratti di durata (contratto di lavoro


subordinato);

• contratti a forma libera e a forma vincolata;

• contratti consensuali e contratti reali che si perfezionano con la consegna di un bene

• contratti a efficacia reale che realizzano, per effetto del solo consenso, il risultato perseguito e
contratti a efficacia obbligatoria, che obbligano le parti ad attuare il risultato perseguito.

• contratti per adesione, predisposti dal proponente con clausole prestabilite il cui contenuto non
può essere discusso (sono valide le condizioni generali del contratto e quelle vessatorie sono
valide se approvate per iscritto). Tipici contratti di questo genere sono i contratti stipulati
mediante moduli o formulari (art. 1342 c.c.) (vedi contratto di conto corrente)

• il contratto del consumatore, art. 1469 bis e seg., introdotto con la legge del 6/2/ 1996 n. 52,
trova la sua ratio nell'esigenza di garantire il giusto equilibrio tra le posizione contrattuali a
fronte di possibili abusi provenienti dalla parte contrattualmente più forte, di solito i
professionisti.

LA PROPOSTA E L'ACCETTAZIONE

L' art. 1326 del c.c. stabilisce che il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta
ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte.

L'accettazione è una dichiarazione unilaterale di volontà recettizia, che deve giungere al


proponente nel termine da lui stabilito o in quello necessario secondo la natura dell'affare o secondo
gli usi.

Il proponente può ritenere efficace una accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente avviso all'altra parte.

L'accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima
dell'accettazione, e si reputa conosciuta nel momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario;
(stesso principio vale per la proposta, la revoca, e ogni altra dichiarazione)

La proposta è una dichiarazione di volontà unilaterale recettizia. Un'accettazione non conforme


alla proposta equivale a nuova proposta. La proposta può essere revocata fino a che il contratto non
è concluso ma può anche essere irrevocabile in tre casi:
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- cd. proposta ferma, quando il proponente si è obbligato ha mantenere la proposta per un certo tempo,
- proposta nei contratti con obbligazione a carico del solo proponente, appena giunge a conoscenza del destinatario
(art. 1333 c.c.).
- opzione, quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l'altra abbia
facoltà di accettarla o meno, la proposta della prima si considera proposta irrevocabile, art.1331c.c.

La proposta fatta nei confronti di più persone vale come offerta al pubblico, art.1336c.c.

IL CONTRATTO PRELIMINARE

Si dice preliminare il contratto con cui le parti si obbligano a stipulare un successivo contratto
definitivo di cui, peraltro, devono avere già determinato nel contratto preliminare il contenuto
essenziale.

Il preliminare deve cioè già precisare in modo sufficiente il contenuto del contratto definitivo che le
parti si impegnano fin d'ora a stipulare in futuro. L'art. 1351 c.c. stabilisce che la forma del
preliminare deve essere la stessa che è stabilita per il contratto definitivo.

In caso di inadempimento del contratto preliminare, la parte adempiente può:

chiedere il risarcimento del danno e la risoluzione del contratto;


ottenere, tramite domanda giudiziale una sentenza ai sensi dell'art.2932 del c.c.

L' INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO (1362-1371C.C.)

Interpretare il contratto significa scoprire quale sia stata la comune intenzione delle parti e non
semplicemente fermarsi al senso letterale delle parole. Per valutare la comune intenzione delle parti
è necessario osservare il loro complessivo comportamento anche posteriore alla conclusione del
contratto (art. 1362c.c.).

I principali criteri interpretativi sono:

- l'interpretazione complessiva delle clausole, le quali si interpretano le une per mezzo delle altre;
- le espressioni generali, che fanno riferimento agli oggetti sui quali le parti hanno contrattato;
- l'interpretazione secondo buona fede;
- il principio della conservazione del contratto, secondo cui le clausole devono essere interpretate secondo il senso in cui
possono avere effetto piuttosto che quello secondo cui non ne avrebbero alcuno;
- le espressioni che possono avere più senso si interpretano secondo il senso più favorevole per la natura e l'oggetto del
contratto.

Se, nonostante l'applicazione di questi principi il contratto rimanesse oscuro a livello interpretativo,
esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato, e se è a titolo oneroso nel senso che
realizzi l'equo contemperamento degli interessi delle parti.
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L'INTEGRAZIONE DEL CONTRATTO

Secondo l'art. 1374c.c, il contratto obbliga le parti non solo a quanto è in esso contenuto, ma anche
a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, gli usi e l'equità. Vi è insomma sempre la
presenza di un materiale suppletivo rispetto a quello voluto nel contratto che le parti devono sempre
prendere in considerazione quando stipulano un contratto.

LA RESCISSIONE ( ART. 1447-1452 C.C.)

La rescissione del contratto può chiedersi per anomalie genetiche, cioè coeve alla conclusione del
contratto, ovvero:

• rescissione per stato di pericolo ( art. 1447c.c.): avviene quando uno dei due contraenti o
un'altra persona si trovava in uno stato di pericolo che è stato ovviato con la conclusione del
contratto; in presenza di condizioni inique a cui il contraente ha dovuto soggiacere; la
conoscenza da parte dell'altro contraente dello stato di pericolo.

• rescissione per lesione ( art. 1448c.c.). I presupposti dell'azione di rescissione per lesione sono:
la sproporzione fra le due prestazioni delle parti; lo stato di vera e propria indigenza in cui si
trova la parte danneggiata; approfittamento dello stato di bisogno di una parte.

L'azione di rescissione si prescrive in un anno dalla conclusione del contratto, non si applica ai
contratti aleatori e non può essere convalidata, ma può essere modificata per ristabilire la
proporzione tra le prestazioni, art. 1450 c.c.

LA RISOLUZIONE ( ART. 1453- 1469 C.C.)

La risoluzione del contratto può avvenire per:

a) inadempimento.

Può essere chiesto nei contratti a prestazioni corrispettive quando uno dei contraenti non adempie:
l'altra parte può chiedere l'adempimento, la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno (art.
1453 c.c.). La parte adempiente può intimare per iscritto all'altra parte di adempiere in un congruo
termine, scaduto il quale il contratto si considererà concluso (diffida ad adempiere), il termine
comunque non può essere inferiore a 15 giorni. La risoluzione del contratto per inadempimento ha
effetto retroattivo tra le parti .

b) impossibilità sopravvenuta ad adempiere il contratto

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Può essere totale, quando la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità non può chiedere la
controprestazione ed è tenuta alla restituzione di ciò che ha già ottenuto. Parziale quando la
prestazione è divenuta solo parzialmente impossibile: in questo caso l'altra parte ha diritto ad una
riduzione della sua prestazione e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse
apprezzabile all'adempimento parziale art. 1464c.c.

c) eccessiva onerosità.

Nei contratti con prestazioni corrispettive la risoluzione avviene se: la prestazione è divenuta
eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti imprevedibili e straordinari; la
sopravvenuta onerosità supera l'alea normale del contratto (la risoluzione può essere evitata
mediante una modifica equa delle condizioni del contratto dalla parte contro la quale è demandata la
risoluzione)

Attenzione

Diverse fattispecie di contratti tipici sono regolati dal codice civile. Si rimanda dunque allo
stesso codice per la loro analisi. Di seguito si prendono invece in considerazione due tipologie
di contratti strettamente legati alla attività di promotore finanziario

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LA RAPPRESENTANZA

DEFINIZIONE

La rappresentanza è l'istituto mediante il quale ad un soggetto, il rappresentante, è attribuito un


apposito potere di sostituirsi ad un altro soggetto, il rappresentato, nel compimento di una attività
giuridica per conto di quest'ultimo e con effetti diretti nella sua sfera giuridica.

Il potere di rappresentanza può essere conferito dalla legge (art. 1387 c.c. ), e allora si ha la
cosiddetta rappresentanza legale, o può essere conferita dall'interessato: si avrà allora la
rappresentanza volontaria.

In entrambi i casi il contratto concluso dal rappresentante produce direttamente effetto nei confronti
del rappresentato (art. 1388c.c.)

TIPI DI RAPPRESENTANZA

La rappresentanza può essere:

diretta: è la rappresentanza vera e propria. Il rappresentante deve agire in nome e per conto del
rappresentato. E' caratterizzata dalla spesa del nome altrui e dal manifestarsi degli effetti del
negozio concluso immediatamente e direttamente nella sfera del rappresentato.

indiretta: si verifica quando una persona dichiara di agire nell'interesse altrui, ma non dichiara
di agire in nome altrui. In tale rappresentanza chi fa la dichiarazione acquista i diritti e gli
obblighi nascenti dal negozio ed occorrerà un altro negozio per trasmettere gli effetti dell'atto
nella sfera patrimoniale della persona nel cui interesse è stato concluso l'atto

LA PROCURA

Il negozio con il quale una persona conferisce ad un'altra il potere di rappresentarla si chiama
procura, perciò il rappresentante volontario si chiama procuratore.

La procura in sostanza è una rappresentanza volontaria; essa serve a render noto ai terzi, con i quali
il rappresentante dovrà venire a contatto per assolvere l'incarico, che egli è, ad esempio, da me
autorizzato a trattare in mio nome.

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La procura può essere:

espressa o tacita, risultante cioè da fatti concludenti;


speciale, cioè può riguardare un solo affare o più affari determinati;
generale, quando riguarda tutti gli affari del rappresentato;
revocabile, lo è generalmente essendo conferita nell'interesse del rappresentato;
irrevocabile, quella conferita anche nell'interesse del rappresentante.

CAPACITÀ

L'art. 1389 del c.c. stabilisce che quando la capacità è conferita dall'interessato, per la validità del
contratto concluso dal rappresentante basta che questi abbia la capacità di intendere e di volere: in
ogni caso è necessario che il contratto concluso non sia vietato al rappresentato.

VIZI DELLA VOLONTÀ E STATI SOGGETTIVI

Anche nella rappresentanza, determinante per ottenere l'annullabilità del contratto, è la volontà
viziata del rappresentante (art. 1390 c.c.). Nei casi in cui è rilevante lo stato di buona o di male fede,
di scienza o di ignoranza, nei contratti conclusi, si considera la persona del rappresentante (salvo
che si tratti di elementi predeterminati dal rappresentato).

I VIZI DEL POTERE DI RAPPRESENTANZA

Conflitto di interessi

Se il rappresentante è portatore di interessi propri o di terzi in contrasto con quelli del rappresentato
si ha conflitto di interessi e il negozio è annullabile su domanda del rappresentato, ma soltanto se il
conflitto medesimo era conosciuto o poteva essere conosciuto con l'ordinaria diligenza dal terzo
(art. 1394c.c.).

Contratto con se stesso

Si ha il contratto con se stesso quando è unico il soggetto che assume le due parti: procuratore che
rappresenta contemporaneamente il compratore e il venditore. Tale contratto è di regola annullabile
su istanza del rappresentato (art. 1395c.c.).

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Eccesso di potere

Si ha quando il rappresentante ha oltrepassato i limiti conferitigli dalla procura; si ha invece difetto


di potere nel caso del falsus procurator, ossia del soggetto che si sia finto rappresentante senza
averne i poteri.

In entrambi i casi l'atto è inefficace, salvo che intervenga la ratifica a sanare l'atto medesimo (art.
1399 c.c.).

IL MANDATO

Nell'ambito della rappresentanza non si può non parlare del mandato, in quanto è un contratto che
può avvenire con rappresentanza (in questo caso viene utilizzata la spendita del nome e la
procura in base all’art. 1704 c.c.), o senza rappresentanza (il mandatario agisce in proprio e
assume gli obblighi derivanti dal contratto).

DEFINIZIONE

Più in particolare con il mandato ci si riferisce a quel contratto in cui, una parte, il mandatario, si
assume l'obbligo di compiere uno o più atti giuridici per conto e cioè nell'interesse dell'altra parte, il
mandante ( art. 1703 c.c.): il mandato può essere generale, se riguarda tutti gli atti di ordinaria
amministrazione o speciale, se si riferisce a determinati atti.

Per quanto concerne il mandato senza rappresentanza, il mandatario ha poi l'obbligo di trasferire
con un successivo negozio al mandante il diritto che ha acquistato in proprio nome

In particolare:

• per gli immobili e i beni mobili iscritti in pubblici registri, il mandatario ne diventa proprietario
e ha l'obbligo del trasferimento;
• per i mobili non registrati, se questi vengono acquistati dal mandatario ma nell'interesse del
mandante, il legislatore gli concede di rivendicarsi.

Obblighi del mandatario ( art. 1710- 1718 c.c.)

Il mandatario deve svolgere la propria attività usando la diligenza del buon padre di famiglia; non
risponde verso il mandante delle obbligazioni assunte dai terzi; non può superare i limiti fissati nel
contratto e deve rendere note al mandante le circostanze sopravvenute e dare il rendiconto finale.

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Obblighi del mandante ( art. 1719-1720 c.c.)

Il mandante deve somministrare al mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato,
rimborsagli le spese e pagargli l'eventuale compenso, risarcirgli i danni eventualmente subiti.

L’estinzione del contratto è prevista tramite:

- scadenza del termine,


- compimento dell'affare,
- morte, interdizione o inabilitazione del mandante o del mandatario,
- rinunzia del mandatario o revoca del mandante, tranne che ci sia una clausola di irrevocabilità.

IL CONTRATTO DI AGENZIA

Il contratto di agenzia (art. 1742-1753 c.c.) prevede che una parte (agente) si assuma stabilmente
l'incarico di promuovere per conto dell'altra (preponente), verso retribuzione, la conclusione di
contratti in una zona determinata (art. 1742c.c.).

Gli elementi essenziali di questo contratto sono:

la stabilità dell'incarico;
la sua estensione ad una zona determinata;
la mancanza del vincolo di subordinazione.

Attenzione
Il contratto di agenzia si distingue dal mandato perché l’agente, di regola, non conclude contratti
ma ne promuove la conclusione

L’agente si distingue anche dal mediatore perché quest’ultimo svolge attività occasionale mentre
l’agente coopera stabilmente allo sviluppo della attività economica della impresa che lo ha
preposto.

L’agente è un professionista autonomo che opera a proprio rischio; ha diritto alla provvigione solo
per gli affari che hanno avuto regolare esecuzione ma non gli spetta il rimborso delle spese di
agenzia.

ESCLUSIVITÀ
Salvo patto contrario il contratto di agenzia è ispirato al criterio della esclusività: né il proponente
può avvalersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona per lo stesso ramo di attività, né
l’agente può assumersi l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività gli
affari di più imprese in concorrenza tra loro.

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DURATA DEL CONTRATTO

Il contratto di agenzia può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato

Se è a tempo determinato = ciascuna parte può recedere dal rapporto prima della scadenza
solo per giusta causa

Se è a tempo indeterminato = il recesso è ammissibile per entrambe le parti in qualsiasi


momento salvo congruo preavviso (art. 1750)

Si rimanda al codice per ulteriori informazioni sul contratto di agenzia

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NOZIONI DI DIRITTO SOCIETARIO

Premessa
Di seguito vengono fornite informazioni basilari inerenti il diritto societario, ovvero la
regolamentazione delle società di persone e di capitale come prevista dal codice civile. Occorre,
tuttavia, sottolineare che la regolamentazione delle società quotate è stata ampliata, come noto, da
alcune norme specifiche dettate dal Testo Unico della Finanza: si invita dunque l’aspirante
promotore a prendere visione di tale normativa, in particolare per quanto attiene la disciplina della
contendibilità della proprietà delle società quotate (offerte pubbliche di acquisto, offerte pubbliche
di vendita, offerte pubbliche di scambio ecc..) e della cosiddetta corporate governance
(informazione societaria, tutela delle minoranze, assetti proprietari ecc..).

Si deve inoltre considerare che, a partire dal gennaio 2003 è entrata in vigore la nuova riforma del
diritto societario, cosiddetta Riforma Mirone poi legge Vietti.

Si tratta di una legge che ha sostanzialmente modificato la disciplina civilistica delle società a
responsabilità limitata (SRL) e delle società per azioni (SPA). Tale riforma costituisce la prima
parte di un processo evolutivo ancora a venire che, a compimento, dovrebbe portare alla seguente
tripartizione disciplinare:

• Legge Draghi = Testo Unico della Finanza, per le società quotate


• Legge Vietti = per le società di capitali non quotate
• Legge Rovelli (di là da venire) = relative alle società di persone e a tutto il diritto commerciale

LE SOCIETA' DI PERSONE
Come ben noto, le fattispecie societarie disciplinate dal codice, prevedono la distinzione tra società
di persone e società di capitali. Iniziamo la nostra disamina partendo dalle prime.

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LA SOCIETÀ SEMPLICE
E' semplice nel sistema del codice civile, la società che non presenta elementi di identificazione
ulteriori rispetto a quelli previsti dall'art. 2247c.c. riguardante le società in genere.

La società è regolata dalle disposizioni sulla società semplice, specifica l'art. 2249 c.c., quando non
ha per oggetto l'esercizio di un'attività commerciale e quando, inoltre, le parti, non abbiano
adottato, come è loro consentito per l'esercizio delle attività non commerciali, le forme di una delle
società commerciali. La società semplice è diventata, nel sistema del codice civile vigente, il
prototipo dell'intera categoria delle società di persone; il codice rivolge alla società semplice norme
che sono, in linea di principio, destinate a regolare anche la società in nome collettivo, e la società
in accomandita semplice.

Caratteristiche fondamentali
Come si può dedurre dalla lettura dell'art. 2247 del c.c., l'oggetto della società semplice è costituito
da una attività non commerciale, ad esempio l'attività agricola.

Per quanto concerne il contratto di costituzione, l'art. 2251 c.c.. dispone che non è soggetto a forme
particolari (per esso vale il principio generale della libertà delle forme) anche se la forma scritta è
obbligatoria nei casi stabiliti dalla legge (per esempio nel caso di conferimento di godimento di beni
immobili). Fuori da queste ipotesi, il contratto di società può formarsi anche oralmente e
tacitamente, ossia desumersi da comportamenti concludenti delle parti (in questo caso si avrà la
società di fatto).
L'art. 2252 c.c inserisce il cosiddetto principio umanistico, secondo cui:

- per operare delle modificazioni al contratto sociale è necessario il consenso unanime di tutti i
soci;
- nessun socio può trasferire la propria partecipazione sociale senza il consenso degli altri soci, in
quanto si verrebbe a modificare la compagine societaria (contratto intuitu personae).

La società semplice non è soggetta all'iscrizione nel pubblico registro delle imprese, ed è priva di
personalità giuridica: i conferimenti che i soci sono obbligati a versare e che si dividono in, beni in
natura, denaro, crediti, attività lavorativa, sono fissati nell'atto costitutivo. In mancanza, i soci
devono conferire in parti uguali quanto è necessario per il conseguimento dell'oggetto sociale.

Responsabilità per le obbligazioni sociali


Per quanto concerne la responsabilità per le obbligazioni sociali:

- in primo luogo risponde il capitale sociale;


- in secondo luogo rispondono personalmente e solidamente i soci che hanno agito in
rappresentanza della società, salvo il diritto di provare l'esistenza di beni sociali;
- in terzo luogo rispondono tutti i soci solidamente e illimitatamente a meno che l'atto
costitutivo preveda una limitata responsabilità dei soci ed il patto sia reso noto ai terzi,

Il creditore particolare del socio, secondo l'art. 2270 c.c., può:

- agire esecutivamente sugli utili spettanti al socio;


18
- far liquidare la quota del socio se i suoi beni non sono sufficienti a garantire il pagamento;
- far sequestrare i beni residui

E importante menzionare l'art. 2269 c.c. che espressamente dichiara che: " chi entra a far parte di
una società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni sociali anteriori all'acquisto
della qualità di socio", perciò il nuovo socio assume una responsabilità che è diretta conseguenza
dell'appartenenza alla società,

La responsabilità dei soci, che non amministrano direttamente la società , non è inderogabile, in
quanto può essere esclusa ai sensi dell'art. 2267c.c. mediante il patto contrario.

I diritti dei soci


I soci non hanno solo l'obbligo di eseguire il conferimento previsto, di rispondere illimitatamente e
solidalmente, e di non servirsi delle cose appartenenti al patrimonio sociale senza il consenso degli
altri soci, ma hanno anche dei diritti:

di percepire periodicamente una parte degli utili, dopo l'approvazione del rendiconto se non è
diversamente stabilito, art. 2262 c.c;
di percepire gli utili in modo proporzionale ai conferimenti eseguiti ex art. 2263 c.c.;
di ottenere un rimborso dei conferimenti di capitale in sede di liquidazione;
di partecipare alla gestione sociale;

Infine ai sensi dell'art. 2266 c.c. la società acquista diritti ed assume obbligazioni per mezzo dei soci
che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio nelle persone dei medesimi. In mancanza di diversa
disposizione del contratto, la rappresentanza spetta a ciascun socio amministratore disgiuntamente e
si estende a tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale.

AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETÀ SEMPLICE


L’amministrazione è l'attività di esecuzione del contratto sociale, diretta a realizzare l'interesse per
il quale il contratto sociale è stato concluso: è insomma l'attività di gestione dell'impresa sociale.
Caratteristico della società semplice e in genere delle società di persone è il principio, formulato
dall'art. 2257 c.c., secondo il quale l'amministrazione della società aspetta ad ogni socio.

Tipi di amministrazione
Il primo comma dell'art. 2257 c.c. stabilisce che nel silenzio dell'atto costitutivo l'amministrazione
si intende disgiuntiva cioè, il socio può amministrare da solo e in caso di opposizione promossa da
uno dei soci, si delibera in base alla maggioranza economica determinata dal diritto di ciascun socio
nel riparto degli utili.

L’art. 2258 c.c. dichiara che l'atto costitutivo può prevedere anche l'amministrazione congiuntiva.
E' necessario perché ciò avvenga, il consenso di tutti i soci amministratori per il compimento degli
affari sociali, anche, se può essere previsto dall'atto costitutivo, che sia sufficiente la maggioranza
economica degli amministratori.

La figura dell'amministratore
Per quanto concerne la posizione giuridica degli amministratori, vengono qualificati come dei
mandatari della società, e se muniti della firma sociale hanno normalmente la rappresentanza della
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società (art. 2266 c.c.).Il codice non disciplina espressamente la nomina degli amministratori, perciò
si può desumere, che oltre il sistema legale di rappresentanza, il socio illimitatamente responsabile è
amministratore e quindi rappresentante. E' ammesso attribuire la rappresentanza solo ad alcuni degli
amministratori.

L'art. 2259 c.c. disciplina la revoca degli stessi, facendo una netta distinzione tra gli amministratori
nominati nell'atto costitutivo che sono revocabili solo per giusta causa, e gli amministratori che
sono stati nominati con atto separato, che sono revocabili secondo le norme sul mandato.

Per quanto riguarda l'aspetto delle responsabilità degli amministratori, essi sono solidalmente
responsabili verso la società nel caso di violazione di legge e dell'atto costitutivo. Nei casi in cui la
gestione viene affidata soltanto ad alcuni associati, in modo disgiunto o congiunto fra loro, il
legislatore prevede un ampio controllo sulla gestione sociale (cosiddetto diritto di informazione)

Ripartizioni degli utili e delle perdite


La ripartizione degli utili e delle perdite può avvenire:

secondo quanto è stabilito nell'atto costitutivo;


in mancanza di disposizioni: in proporzione al valore delle rispettive quote, che se non sono
determinate si presumono uguali (art. 2263 c.c.);
è nullo il patto leonino in forza del quale uno o più soci vengono esclusi da ogni
partecipazione agli utili o perdite (art. 2265 c.c.)
a favore del socio d'opera, che è colui che si obbliga a prestare la propria attività lavorativa,
manuale o intellettuale, a favore della società (la quota di utili è fissata dal giudice secondo
equità, come previsto dall'art. 2263 c.c.)

Lo scioglimento del rapporto sociale


Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, disciplinato dall'art. 2284 c.c., può
manifestarsi a causa della morte del socio: in questo caso gli altri soci devono liquidare la quota
agli eredi a meno che preferiscano sciogliere la società o continuare l'attività con gli eredi stessi.

L'art. 2285 c.c. prevede il recesso del socio, che può essere:
- ammesso nei casi previsti dall'atto costitutivo o qualora sussista una giusta causa;
- per tutta la vita di uno dei soci se la società è a tempo indeterminato, altrimenti è ammesso previo
avviso di almeno tre mesi agli altri soci.

Il socio uscente ha diritto di ottenere la liquidazione della propria quota, che avviene mediante il
versamento di una somma di denaro nel termine di sei mesi.

L'esclusione del socio


L'esclusione del socio, prevista dall'art. 2286 c.c., può verificarsi :
per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale;
per l'interdizione, l'inabilitazione del socio o la sua condanna ad una pena che importa
l'interdizione dai pubblici uffici;
per il venir meno del conferimento del socio.

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L'esclusione è deliberata dalla maggioranza dei soci e il socio da escludere non può votare, ma può
fare opposizione davanti al tribunale entro trenta giorni dalla comunicazione dell'esclusione come
prevede l'art. 2287 c.c. L'esclusione può essere anche di diritto, art. 2288 c.c., ossia, riguardare il
socio dichiarato fallito, o il socio nei cui confronti un creditore particolare abbia ottenuto la
liquidazione della quota.

Le cause di scioglimento della società semplice


Le cause di scioglimento della società semplice secondo l'art. 2272 c.c. sono:
la decorrenza del termine: la società si intende però prorogata a tempo indeterminato nel
caso in cui, scaduto il tempo per cui fu contratta, i soci continuino a compiere operazioni
sociali;
il conseguimento dell'oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo;
la volontà di tutti i soci che ne deliberano lo scioglimento anticipato;
il venire meno della pluralità di soci, qualora essa non sia ricostituita entro sei mesi;
altre cause previste dal contratto sociale.

Tutte le cause di scioglimento operano di diritto: in caso di controversia ciascun socio ha il diritto
di presentare un ricorso all'autorità giudiziaria che pronuncerà una sentenza di accertamento.

La liquidazione
Lo scioglimento non determina l'immediata estinzione della società, ma fa scaturire una nuova
fase che è quella della liquidazione, dove la società stessa continua ad esistere e i soci
amministratori conservano il potere di amministrare limitatamente agli affari urgenti, art. 2274
c.c.. La liquidazione consiste in un procedimento diretto ad accertare la consistenza del patrimonio
sociale, a convertire in denaro l'attivo, a pagare i debiti sociali e a ripartire fra i soci l'attivo residuo.
Il procedimento di liquidazione deve avvenire nel modo previsto dall'atto costitutivo ovvero in
quello deliberato dai soci (procedimento convenzionale), in mancanza, la liquidazione è fatta da
uno o più liquidatori nominati dai soci con voto unanime o, in mancanza di accordo, nominati dal
presidente del tribunale ( procedimento legale art. 2275-2283 c.c.). Infine per quanto, concerne la
posizione giuridica dei liquidatori, essi sono dei mandatari della società e perciò devono
provvedere alla liquidazione della stessa e non possono intraprendere nuove operazioni sociali.

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LA SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO ( S.N.C.)
La società in nome collettivo è quel tipo di società nella quale tutti i soci assumono una
responsabilità solidale, illimitata e sussidiaria per le obbligazioni sociali, responsabilità che non
può essere esclusa da patti contrari (art. 2291 c.c). Tale tipo di società costituisce il modello di
organizzazione societaria che si presume normalmente adottato per l'esercizio di un'attività
commerciale.

Caratteri essenziali della S.N.C.


La S.N.C. è una società di persone fondata sulla responsabilità solidale ed illimitata dei soci e sul
loro spirito di iniziativa e capacità di organizzazione; è una società priva di personalità giuridica.
Può essere costituita anche una società collettiva svolgente attività non commerciale, come
previsto dall'art. 2249 c.c.,

Le forme consentite per la costituzione sono:

1) atto scritto con firme autenticate


2) atto pubblico,

Il contenuto dell'atto costitutivo, ex art. 2295 c.c. è rappresentato da:

le generalità dei soci;


la ragione sociale;
i nomi dei soci che hanno l'amministrazione e la rappresentanza della società;
la sede della società, l'oggetto sociale, i conferimenti dei soci e la loro valutazione;
le prestazioni a cui sono obbligati i soci d'opera;
il criterio di ripartizione degli utili e la durata della società;

La società è soggetta all'iscrizione nel pubblico registro delle imprese, art. 2296 c.c., a cura degli
amministratori entro trenta giorni dalla sua costituzione: tale iscrizione ha funzione dichiarativa , in
caso di mancata iscrizione della società, sono applicabili le norme della società semplice, ferma
restando la responsabilità dei soci solidale e illimitata.

La ragione sociale deve contenere il nome di almeno un socio con l'indicazione "S.N.C."

I SOCI DELLA SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO


I soci nella S.n.c., secondo l'art. 2291, rispondono solidalmente ed illimitatamente per le
obbligazioni sociali. Il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi.

L'autonomia patrimoniale di questo tipo di società assume un carattere rinforzato rispetto a quella
prevista dalla società semplice: si desume infatti dalla lettura dell'art. 2304 c.c., che la responsabilità
del singolo socio appare rigorosamente sussidiaria, pertanto i creditori sociali potranno agire sui
beni personali degli associati, solo dopo aver escusso il patrimonio sociale.

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Invece il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può chiedere la liquidazione
della quota del socio debitore, ma può agire esecutivamente solo sulla parte di utili spettanti al socio
debitore. Nel caso invece di proroga della società, il creditore può chiedere in qualsiasi momento la
liquidazione della quota del suo debitore, se si tratta di proroga tacita, altrimenti se è iscritta nel
registro delle imprese, il creditore deve fare opposizione entro tre mesi.

Amministrazione e rappresentanza
Ciascun socio illimitatamente responsabile ha il potere di amministrazione e di
rappresentanza.

I doveri degli amministratori si identificano, nel provvedere all'iscrizione della società nel
pubblico registro delle imprese e depositare la propria firma autografata entro 15 giorni dalla
nomina, devono tenere i libri e le altre scritture contabili ex art. 2214 c.c., ed inoltre devono
richiedere nel termine di 30 giorni, all'ufficio del registro delle imprese, l'iscrizione delle
modificazioni dell'atto costitutivo e degli altri fatti previsti dall'art. 2300 c.c.

Per quanto riguarda la rappresentanza, il socio amministratore può compiere tutti gli atti che
rientrano nell'oggetto sociale.

Le modificazioni dell'atto costitutivo


Le modificazioni devono essere decise col consenso unanime di tutti i soci e devono essere iscritte a
cura degli amministratori entro trenta giorni nel pubblico registro. Le più importanti modificazioni
riguardano:

- la durata della società, che può prorogarsi espressamente mediante delibera scritta nel registro
delle imprese o tacitamente mediante atti concludenti;
- la riduzione del capitale art. 2306 c.c. che prevede due ipotesi: 1) riduzione del capitale per
perdite, 2) riduzione per esuberanza.

Lo scioglimento e la liquidazione della società


Le cause di scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio si identificano in quelle
previste per la società semplice. Un caso tipo che si ritrova nella della s.n.c., è però il recesso del
socio in caso di proroga tacita della società.

Anche per le cause di scioglimento della società, si deve far riferimento alla disciplina della società
semplice. In particolare per la s.n.c. lo scioglimento può avvenire: in caso di fallimento e di
provvedimento di liquidazione coatta amministrativa.

Il procedimento di liquidazione che è la fase successiva allo scioglimento, deve essere attuato a
mezzo di uno o più liquidatori nominati dai soci con consenso unanime; la loro nomina e le firme
autografe devono essere depositate entro 15 gg. nel pubblico registro delle imprese.

I liquidatori sono dei mandatari della società e non possono intraprendere nuove operazioni sociali
e devono prendere in consegna i beni e i documenti, redigere l'inventario con gli amministratori,
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convertire i beni sociali in denaro, estinguere i debiti della società prima di effettuare qualsiasi
riparto tra i soci, chiedere la cancellazione della società dal registro. Cancellata la società, i creditori
insoddisfatti possono agire sul patrimonio dei soci e anche dei liquidatori se questi sono in colpa.

LA SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE ( S.A.S.)


La s.a.s. è caratterizzata dalla presenza di due categorie di soci:

i soci accomandatari che per le obbligazioni sociali assumono una responsabilità solidale,
illimitata e sussidiaria, e si occupano della gestione societaria;

i soci accomandanti che rispondono limitatamente al proprio conferimento, e finanziano


l'attività dei primi con rischio e con poteri limitati.

Le quote di partecipazione dei soci non possono essere rappresentate da azioni, e la società è
costituita per l'esercizio di attività commerciali e non commerciali. La sas è una società priva della
personalità giuridica.

La costituzione avviene mediante scrittura privata con firme autenticate ovvero con atto pubblico:
nel contenuto dell’atto devono essere inseriti i nomi dei soci accomandanti e accomandatari.

Inoltre vi è l'iscrizione obbligatoria nel pubblico registro delle imprese. La mancata iscrizione
attribuisce alla società la qualità di società irregolare ex art. 2317 c.c. e gli accomandanti
conservano la responsabilità limitata per le obbligazioni sociali.

La ragione sociale deve contenere il nome di almeno un socio accomandatario con l'indicazione di
s.a.s. e il socio accomandante che consente che il suo nome sia incluso nella ragione sociale,
assume una responsabilità solidale ed illimitata.

L'amministrazione e la rappresentanza
La carica di amministratore spetta esclusivamente agli accomandatari.
La loro nomina e la loro revoca deve avvenire con il consenso unanime degli accomandatari e con
l'approvazione di tanti soci accomandanti che rappresentino la maggioranza del capitale da essi
sottoscritto.

Il socio accomandante non può ingerirsi nell'amministrazione, altrimenti assumerebbe


responsabilità solidale ed illimitata ex art. 2320 c.c. rischiando così di essere escluso dalla società;
può invece trattare singoli affari in base ad un mandato speciale, prestare la propria opera sotto la
direzione degli accomandatari, e può dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni nei casi
stabiliti dall'atto costitutivo.

I diritti dell’accomandante sono infatti:

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- la percezione degli utili;
- la comunicazione annuale del bilancio e del conto P.P.;
- la consultazione dei libri sociali;
- lo svolgimento di atti di ispezione e sorveglianza.

IL TRASFERIMENTO DELLE QUOTE


L'art. 2322 c.c. stabilisce che il trasferimento delle quote del socio accomandante avviene per:

- successione a causa di morte, la quota si trasferisce di diritto agli eredi;


- atto tra vivi; la quota si trasferisce di norma col consenso di tanti soci che rappresentano la
maggioranza del capitale sociale

Il trasferimento di quote del socio accomandatario avviene :

- se si determina una modificazione dell'atto costitutivo;


- se richiede il consenso di tutti i soci (sia accomandatari che accomandanti).

Lo scioglimento e la liquidazione della s.a.s.


Lo scioglimento della società si verifica ex art. 2323 c.c., negli stessi casi previsti per la società in
nome collettivo. Un caso tipico è rappresentato però dall'estinzione di una delle due categorie di
soci se entro 6 mesi essa non venga ricostruita, o se mancano gli accomandatari, gli accomandanti
possono nominare per gli atti di ordinaria amministrazione un amministratore provvisorio per il
periodo indicato.

Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente alla figura del socio si verifica negli stessi casi
previsti per la società in nome collettivo. Le cause di esclusione dei soli soci accomandatari
riguardano:

- la violazione del divieto di concorrenza,


- l'interdizione dai pubblici uffici,
- il fallimento,

Causa di esclusione per gli accomandanti è anche l'ingerenza nell'amministrazione della


società. La liquidazione si svolge con le modalità analoghe a quelle viste per la società in nome
collettivo.

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Introduciamo ora la disciplina delle società per azioni e delle società a responsabilità limitata: si
tratta della relativa normativa alla luce della recente riforma del diritto societario (con qualche
richiamo alla precedente disciplina per meglio evidenziare le novità che la riforma ha apportato).
Innanzitutto va rilevato che la riforma del diritto societario, entrata in vigore a partire da gennaio
2003, ha agito essenzialmente su 5 punti:

• le Srl (società a responsabilità limitata) = vengono snellite le procedure relative ai


conferimenti in natura, e vi è la possibilità di sostituire i conferimenti in denaro con una
fideiussione bancaria e assicurativa. Anche le srl possono ricorrere all’emissione dei titoli di
debito i quali però possono essere sottoscritti solo da investitori istituzionali;
• le Spa (società per azioni)= il capitale minimo per la costituzione è passato a 120mila euro. La
società può dedicare a uno specifico affare fino al 10% del patrimonio sociale. E’ stata data
alla società la possibilità di emettere diverse tipologie di azioni;
• le cooperative
• il bilancio di esercizio = sono state modificate alcune regole di valutazione;
• le norme procedurali = sono state semplificate le norme processuali relative alle controversie
processuali, con un maggior ricorso alle possibilità conciliative.

Ci occupiamo di seguito delle Srl e delle Spa, che rappresentano l’aspetto più interessante in vista
dell’esame orale.

LA SOCIETÀ PER AZIONI

La s.p.a. è una società di capitale in cui, per le obbligazioni sociali, risponde esclusivamente il
capitale della società, essendo la responsabilità dei soci limitata a quanto conferito.

Il capitale sociale è rappresentato da azioni.

A differenza delle società di persone, nella s.p.a. il vincolo tra società e socio è impersonale ed
anonimo, in quanto l'elemento fondamentale non è la persona bensì il capitale; è per questo motivo
che tali società vengono anche definite anonime.

L'evoluzione della società per azioni, ha fatto si che il capitale della società risulti così composto:

- capitale dirigente, ossia quello del ceto imprenditoriale, che detiene la maggioranza delle azioni
della società,
- capitale monetario, ossia quello del ceto dei risparmiatori, che possiede la minoranza delle azioni,
- capitale finanziario, ossia quello della società di investimenti.

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In sostanza tutta la disciplina delle s.p.a. è volta a garantire la maggior tutela delle minoranze,
evitando così, che i soci maggioritari abusino della loro posizione di comando, a danno degli
azionisti risparmiatori.

Ciò è ancora più evidente se si considerano le norme imposte dal Testo


Unico della Finanza relative alla disciplina degli emittenti quotati a cui
si rimanda: occorre dunque ricordare che per le società quotate sono
in vigore specifiche disposizioni.

CARATTERI FONDAMENTALI DELLA SPA

I caratteri fondamentali della società per azioni sono:

una limitata responsabilità dei soci che induce più facilmente il pubblico a partecipare a questo
tipo di società;

le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni, quindi:

a) per le obbligazioni sociali risponde il capitale della società:


b) il mutamento delle persone dei soci è irrilevante per i creditori sociali;
c) per modificare il capitale sociale occorre deliberare una modificazione dell'atto costitutivo.

la spa è una persona giuridica, ossia il patrimonio sociale appartiene alla società e i rapporti
scaturenti dalla gestione sociale fanno capo alla società;

le azioni sono titoli di credito rappresentativi di una parte del capitale sociale, sono liberamente
trasferibili, hanno lo stesso importo, hanno un valore nominale rapportato al capitale sociale e
un valore reale rapportato al patrimonio sociale.

Con la riforma del diritto societario è stato modificato l’art. 2346 del Cod. Civ. in materia di
azioni, che attualmente dispone: “La partecipazione sociale e' rappresentata da azioni; salvo
diversa disposizione di leggi speciali lo statuto può escludere l'emissione dei relativi titoli o
prevedere l'utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e circolazione. Se determinato
nello statuto, il valore nominale di ciascuna azione corrisponde ad una frazione del capitale
sociale; tale determinazione deve riferirsi senza eccezioni a tutte le azioni emesse dalla società.
In mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso si
riferiscono si applicano con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni emesse.
A ciascun socio e' assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale
sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. L'atto costitutivo può
prevedere una diversa assegnazione delle azioni. In nessun caso il valore dei conferimenti può
essere complessivamente inferiore all'ammontare globale del capitale sociale. Resta salva la
possibilità che la società, a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o
servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o di diritti amministrativi,
escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le
modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di
inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione.”
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La novità più importante introdotta dalla riforma in tema di azioni è data dalla possibilità di avere
azioni senza l’indicazione del valore nominale (mentre prima non sarebbe stato possibile). Con
riferimento alle azioni e agli strumenti finanziari a favore dei prestatori di lavoro si prevede che
l’assemblea straordinaria possa deliberare l’assegnazione ai dipendenti della società di strumenti
finanziari diversi dalle azioni, forniti di diritti di partecipazione, escluso il diritto di voto in
assemblea. E’ previsto inoltre che la società possa emettere azioni fornite di diritti correlati ai
risultati economici della attività sociale in determinati settori.

COSTITUZIONE: CARATTERI E PRESUPPOSTI

Le fasi della costituzione sono: la stipulazione, l'omologazione del tribunale, l'iscrizione nel
registro delle imprese.

LE TRE CONDIZIONI PER LA COSTITUZIONE

Le condizioni per la costituzione sono previste dall'art. 2329 e sono:

- la sottoscrizione per intero del capitale sociale;


- il rispetto delle previsioni degli articoli 2342 e 2343 del c.c. relative ai conferimenti e cioè:
alla sottoscrizione dell'atto costitutivo deve essere versato presso una banca almeno il
venticinque per cento dei conferimenti in danaro (e non più i 3 decimi come prima della
riforma) o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare. Il
versamento del 25% però non costituisce un requisito dell'atto costitutivo perché il
contratto di società non è reale ma consensuale e l'obbligo del versamento non può
precedere la sottoscrizione delle aliquote di capitale da parte degli stipulanti l'atto.
la relazione giurata di stima dei conferimenti in natura o di crediti eseguita da un esperto
nominato dal presidente del tribunale. (Va sottolineato che anche se è possibile emettere
azioni o strumenti finanziari muniti di diritti patrimoniali, ma con esclusione di diritto di
voto, a favore di chi presta la propria opera o servizi, rimane comunque il divieto di
conferimenti di opere e servizi!)
- la sussistenza delle autorizzazioni e delle altre condizioni richieste dalle leggi speciali per la
costituzione della società, in relazione al suo particolare oggetto.

Da evidenziare la novità introdotta con il nuovo primo comma dell’articolo 2328, in base al quale la
società per azioni può essere costituita anche per atto unilaterale (prima della riforma ciò non
poteva avvenire); a tutela dei creditori è stata però introdotta una disciplina che ricalca quella delle
società a responsabilità limitata. Si tratta in pratica della responsabilità dell’unico fondatore per le
operazioni compiute prima dell’iscrizione della società, dell’obbligo di integrale esecuzione dei
conferimenti, della pubblicità e della disciplina delle società compiute tra società e unico socio.
Viene inoltre prevista la possibilità di società a tempo indeterminato (prima della riforma era
necessario indicare sempre una durata della società nell’atto costitutivo).

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Forma e contenuto dell'atto costitutivo

La s.p.a. si costituisce per contratto, come ogni altro tipo di società, art. 2247c.c., e il contratto
medesimo risulta costituto da altri due documenti:

- lo statuto che riguarda l'ordinamento interno e le regole di funzionamento della società;

- l'atto costitutivo che riguarda l'esistenza della società, deve risultare da atto pubblico e deve
contenere ex art. 2328 c.c.:

La generalità dei soci e il numero delle azioni sottoscritte, la denominazione sociale che può
essere formata in qualunque modo, art. 2326 c.c.; la sede sociale e le sedi secondarie, art. 2299-
2330 c.c., l'oggetto sociale, art. 2329c.c. n. 3, 2332c.c. n. 4, 2361c.c., 2369c.c., 2369 bis c.c.,
2437c.c.; l'ammontare del capitale sottoscritto e versato (è importante sottolineare che alla luce
della riforma tale capitale non può essere inferiore a 120.000 euro, mentre prima il limite era di
100.000 euro); il numero e l'eventuale valore nominale delle azioni; il valore dei beni e dei
crediti conferiti in natura; le norme relative alla ripartizione degli utili; i benefici eventualmente
accordati ai promotori o ai soci fondatori; il sistema di amministrazione adottato, il numero
degli amministratori e i loro poteri; il numero dei componenti il collegio sindacale; la nomina
dei primi amministratori e sindaci; l'importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la
costituzione poste a carico della società; la durata della società ovvero, se la società è costituita
a tempo indeterminato, il periodo di tempo, comunque non superiore ad un anno, decorso il
quale il socio potrà recedere.

I conferimenti possono avere ad oggetto, denaro, beni in natura come mobili o immobili, crediti;
vanno comunque distinti dai finanziamenti che il socio elargisce a favore della società anche se
l'atto costitutivo può prevedere che il socio si obblighi a fornire alla società "prestazioni
accessorie" non in denaro.

Va rilevato che con la riforma è divenuto possibile per i soci regolare l’incidenza delle rispettive
partecipazioni sociali sulla base di scelte contrattuali. L’articolo 2346 precisa, infatti, che il
principio di proporzionalità tra valore dei conferimenti e numero delle azioni assegnate al socio è
derogabile con scelta statutaria. Il valore dei conferimenti non può comunque essere inferiore
all’ammontare globale del capitale sociale. Direttamente conseguente a tale impostazione è la
possibilità di emettere azioni senza valore nominale. E in effetti l’accento viene posto, sia ai fini
della posizione dei soci sia ai fini della tutela del capitale sociale, non sulla cifra individuata come
valore nominale delle azioni ma sul numero di quelle emesse e quindi sulla percentuale che
ciascuna rappresenta rispetto al totale.

Quanto al conferimento di opere e servizi, espressamente vietato dalle direttive comunitarie in


materia, l’ultimo comma del 2346 ammette la possibilità che in tal caso possano essere emessi
strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o partecipativi. Tali strumenti possono cioè
conferire tutti i diritti partecipativi escluso il diritto di voto nella assemblea generale dei soci. Tra i
diritti da essi conferiti compare inoltre quello di nominare un componente degli organi di
amministrazione e di controllo della società.

29
Effetti della stipulazione dell'atto costitutivo

I principali effetti della stipulazione sono:

L'obbligo di versare, presso un istituto di credito almeno il 25% dei conferimenti in denaro; in
caso di stipulazione simultanea il versamento avviene nel momento in cui è erogato l'atto, in
caso di stipulazione successiva, l'obbligo sorge alla richiesta di versamento da parte dei
promotori;
l'obbligo a carico degli amministratori e del notaio di depositare entro 30 gg. presso l'ufficio del
registro delle imprese nella cui circoscrizione vi è la sede sociale, l'atto costitutivo con i
documenti necessari, art. 2330 e 2626 c.c.

Forme di costituzione e procedimento art. 2333 e ss c.c.

La costituzione può avvenire per:

• pubblica sottoscrizione: nella fase preliminare i promotori redigono un programma


contenente gli elementi essenziali della società che si intende costituire e la firma dei promotori
autenticata dal notaio.

Successivamente i sottoscrittori devono inviare la propria sottoscrizione con firma autenticata ai


promotori, indicando il numero delle azioni sottoscritte (fase dell'adesione degli interessati);
inoltre i promotori invitano i sottoscrittori al versamento del 25% e convocano l'assemblea dei
sottoscrittori.

Tale assemblea ha il compito di:

- accertare l'esistenza delle condizioni richieste per la costituzione della società;


- deliberare sul contenuto dell'atto costituito e dello statuto;
- deliberare sulla riserva di partecipazione agli utili fatta a proprio favore dai promotori;
- nominare gli amministratori, i membri del collegio sindacale e, quando previsto, il soggetto cui è
demandato il controllo contabile;
- provvedere alla stipulazione dell'atto costitutivo.

• costituzione simultanea : coloro che intendono costituire una società per azioni provvedono
essi stessi a formarla sottoscrivendo integralmente il capitale sociale ed adempiendo gli altri
obblighi imposti dalla legge;

• mediante soci promotori: sono coloro che hanno sottoscritto il programma nel caso di
costituzione per pubblica sottoscrizione;

• mediante soci fondatori: sono coloro che hanno sottoscritto l'atto costitutivo, sia nella
costituzione simultanea che in quella per pubblica sottoscrizione.

30
Omologazione ed iscrizione nel registro delle imprese

Dopo il deposito dell'atto costitutivo presso l'ufficio del registro delle imprese, ha luogo il
cosiddetto giudizio di omologazione: spetta al tribunale verificare l'adempimento delle condizioni
stabilite dalla legge per la costituzione della società, art. 2330 c.c.

Si tratta di un controllo di legittimità e non di merito, ma è per comune opinione, un controllo


anche sostanziale, e non soltanto formale: il tribunale non si limita, cioè a verificare la regolarità
formale e la completezza dell'atto costitutivo, oltre che l'adempimento delle condizioni richieste
dall'art. 2329 c.c, ma estende il proprio controllo anche sulla validità di ciascuna clausola dell'atto
costitutivo.

Il decreto del tribunale, che omologa l'atto costitutivo, ordina l'iscrizione della società nel registro
delle imprese (art. 2330 c.c.); con l'iscrizione si conclude il procedimento costitutivo della s.p.a., la
durata massima del quale è predeterminata dalla legge: se entro un anno dal versamento dei decimi
non ha avuto luogo l'iscrizione, le somme versate debbono essere restituite ai sottoscrittori.

Conseguenze derivanti dalla mancata iscrizione nel pubblico registro

La s.p.a. esiste giuridicamente solo se iscritta nel registro delle imprese, ma cosa accade in
mancanza di tale iscrizione?

Le conseguenze principali sono previste dall'art. 2331 c.c.:

sono previste sanzioni a carico di chi, avendone l'obbligo, non provvede al deposito dell'atto
costitutivo presso il pubblico registro;
ciascun socio è autorizzato a provvedere all'iscrizione a spese della società o a far
condannare gli amministratori ad eseguirla, e può chiedere la restituzione dei decimi versati
se l'iscrizione non ha avuto luogo entro novanta giorni dalla stipulazione dell'atto
costitutivo;
gli amministratori prima dell'iscrizione non possono ritirare i decimi versati dai soci;
per gli atti compiuti in nome della società prima dell'iscrizione rispondono solidalmente e
illimitatamente coloro che li hanno compiuti; sono altresì solidalmente e illimitatamente
responsabili il socio unico fondatore e quelli tra i soci che nell'atto costitutivo o con atto
separato hanno deciso, autorizzato o consentito il compimento dell'operazione, art. 2331
c.c;
l'emissione e la vendita delle azioni prima dell'iscrizione sono nulle.

I casi di nullità della società

L'invalidità dell'atto costitutivo della s.p.a. è regolata secondo la disciplina generale dell'invalidità
dei contratti (art. 1418c.c.) salva l'applicazione di norme specifiche.

31
Questo avviene prima dell'iscrizione nel registro delle imprese: dopo tale iscrizione i motivi di
nullità sono tassativi e espressamente previsti dall'art. 2332 c.c. Schematicamente questi motivi
sono:

mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma dell'atto pubblico;


illiceità dell'oggetto sociale;
mancanza nell'atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della
società, o i conferimenti, o l'ammontare del capitale sociale o l'oggetto sociale.

Ogni altra anomalia non prevista in questo elenco, viene definitivamente sanata con l'iscrizione nel
registro delle imprese.

La nullità può essere fatta valere da ogni interessato, d'ufficio dal giudice, e non è soggetta né a
termini di decadenza né a termini di prescrizione.

Gli effetti della nullità


Sempre l'art. 2332 c.c si preoccupa di enunciare quali siano gli effetti della nullità della società per
azioni. Infatti essi possono così essere definiti:

- gli atti compiuti dopo l'iscrizione nel registro delle imprese, sono validi ed efficaci, perciò la
nullità opera ex nunc (solo per il futuro);

- i soci restano obbligati a corrispondere i conferimenti fino a che tutti i creditori sociali non sono
stati pagati;

- la società viene messa in liquidazione dalla sentenza dichiarativa di nullità;

La nullità della spa si differenzia dalla nullità dei contratti in generale, in quanto rende possibile la
conservazione degli atti già compiuti e la sanatoria, ossia la nullità non può essere dichiarata
quando la causa di essa sia stata sanata per effetto di una modifica dell'atto costitutivo.

LA S.P.A CON UN UNICO AZIONISTA


La s.p.a. generalmente è costituita da una pluralità di partecipanti, però può accadere, per diverse
vicissitudini, che tutte le azioni si concentrino nelle mani di una sola persona, potendo questa
limitare così la propria responsabilità in danno ai creditori.

Per questo è intervenuta la legge, che con l'art. 2362 c.c., ha stabilito che quando le azioni risultano
appartenere ad una sola persona o muta la persona dell'unico socio, gli amministratori devono
depositare per l'iscrizione del registro delle imprese una dichiarazione contenente l'indicazione delle
generalità dell'unico socio.

In caso d'insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui le azioni
risultano essere appartenute ad una sola persona, questa risponde illimitatamente.

La responsabilità sussidiaria prevista, non può essere esclusa mediante un'intestazione fittizia o
fraudolenta di azioni.
32
I CONTRATTI PARASOCIALI

La stipulazione dell'atto costitutivo è spesso accompagnata dalla formazione di separati accordi,


detti patti o contratti parasociali, che intercorrono fra tutti gli stipulanti o fra gruppi di essi e che
sono destinati a regolare il loro successivo comportamento di soci della costituita società. Non è
però raro il caso che contratti parasociali si formino, fra tutti i soci o fra alcuni di essi, nel corso
della vita societaria.

I soci dispongono, per separato contratto, dei diritti che derivano loro dall'atto costitutivo,
impegnandosi reciprocamente ad esercitarli in modo predeterminato.

Gli elementi che costituiscono questi contratti parasociali sono:

- l'impegno dei soci di deliberare a scadenze prestabilite, o decidere aumenti di capitale di


prestabilito ammontare;

- l'impegno dei soci di ripartire gli utili con criteri diversi dal criterio legislativo della rigida
proporzionalità tra quota sottoscritta e dividendo;

- l'impegno dei soci di riconfermare nella carica di amministratore allo scadere di ogni triennio, la
medesima persona;

Le ipotesi più importanti di contratti parasociali che vanno sotto il nome di sindacati azionari sono:

- il sindacato di blocco, che è il patto mediante il quale tutti i soci o parte di essi si obbligano a non
vendere le proprie azioni; esso inoltre deve rispettare i principi contenuti nell'art. 1379 c.c. secondo
il quale il divieto di alienazione delle azioni ha effetto solo tra le parti e deve corrispondere ad un
apprezzabile interesse di una delle parti, e deve essere contenuto entro certi convenienti limiti di
tempo

- il sindacato di voto, ha invece per oggetto l'esercizio del voto in assemblea. Se ne conoscono tre
tipi:

1) i soci aderenti al sindacato si obbligano a concordare fra loro, prima di ogni assemblea, il
contenuto del voto;
2) si impegnano a votare in modo conforme a quanto, prima di ogni assemblea, avrà deciso la
maggioranza di essi;
3) si obbligano a rilasciare procura irrevocabile ad uno di essi o ad un terzo e ad astenersi dal
partecipare di persona alle assemblee.

Gli art. 2341 bis e ter introducono nel Cod. Civ. la disciplina dei patti parasociali (non considerati
dal c.c. prima della recente riforma del diritto societario). A tal proposito si ricorda che i patti
parasociali possono avere ad oggetto:

– l’esercizio del diritto di voto in assemblea;


– limiti al trasferimento delle azioni;
– l’esercizio di influenza dominante sulle società controllate.

33
Se i patti parasociali sono stipulati a tempo determinato non possono avere una durata superiore a 5
anni (rinnovabili), invece se i patti parasociali sono stipulati a tempo indeterminato il socio ha
diritto di recesso con un preavviso di 6 mesi.
Non rientrano nella disciplina relativa ai patti parasociali, i patti strumentali agli accordi di
collaborazione nella produzione o nello scambio di beni e servizi relativi a società interamente
possedute dai partecipanti all’accordo.

Per quanto concerne le società quotate in borsa o sugli altri mercati


regolamentari, i patti parasociali devono:

- essere comunicati alla Consob entro 5 gg dalla stipulazione;


- essere pubblicati sulla stampa entro 10gg;
- essere depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la società ha la sede legale, entro
15gg dalla stipulazione;

Per questi patti è necessario riferirsi anche al Testo Unico della Finanza e alla delibera
Consob 11971 attuativa della parte dedicata agli emittenti

IL PATRIMONIO SOCIALE E IL CAPITALE SOCIALE

Il patrimonio sociale è formato dall'insieme di passività e attività della società in un dato momento.

Il capitale sociale invece è un'entità numerica, la quale esprime in termini monetari il valore
complessivo dei conferimenti promessi (capitale sottoscritto), o eseguiti dai soci (capitale
versato).

I FONDI DI RISERVA

Quando si hanno immobilizzazioni di utili che sono imposte dalla legge o dallo statuto della società
o sono creati volontariamente dall'assemblea al fine di assicurare la stabilità del capitale sociale di
fronte ad oscillazioni di valori o a perdite, si hanno dei fondi di riserva, che intervengono anche
per dotare la società di nuovi mezzi finanziari.

Si conoscono diversi tipi di riserve:

- la riserva legale, prevista dall'art. 2430c.c., dove si stabilisce che dagli utili netti annuali della
società deve essere dedotta ed accantonata una quota, in misura corrispondente ad almeno la
ventesima parte di essi, fino a raggiungere il quinto del capitale.
- la riserva facoltativa, che si ha quando la società decide di costituire ulteriori riserve, rispetto a
quelle legali, deliberate dall'assemblea ordinaria e sempre disponibili;

34
- la riserva statutaria, che può essere eventualmente prevista nello statuto in aggiunta di quella
legale al fine di rafforzare la posizione economica della società;

- la riserva da sovrapprezzo di azioni, che si identifica in una speciale riserva costituita da delle
somme riscosse per emissione di azioni ad un prezzo superiore al valore nominale. Tali riserve sono
però parzialmente indisponibili, perché non possono essere distribuite fino a quando la riserva
legale non abbia raggiunto il quinto del capitale, art. 2431 c.c

LE OPERAZIONI SULLE PROPRIE AZIONI


Le operazioni che la società per azioni può effettuare sulle proprie azioni sono essenzialmente di tre
tipi e sono regolate dal codice civile, e nello specifico sono:

- l'acquisto di azioni proprie, art. 2357-2357 terc.c.,


- la sottoscrizione di azioni proprie, art. 2357 quaterc.c.,
- le altre operazioni sulle stesse, art 2358c.c..

Per quanto attiene l’acquisto di azioni proprie da parte di


società quotate occorre fare riferimento al Testo Unico della
Finanza

Acquisto di azioni proprie

La legge in sostanza stabilisce:

- che le operazioni devono essere controllate dall'assemblea che deve fissarne le modalità ed i limiti
quantitativi;
- che l'entità complessiva dell'acquisto di azioni proprie debba limitarsi ad una percentuale modesta
del capitale sociale: per l'acquisto è necessario che vengano rispettati i limiti degli utili distribuibili
e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato;
- in nessun caso il valore nominale delle azioni proprie acquistate può eccedere la decima parte del
capitale sociale, tenendosi conto a tal fine anche delle azioni possedute da società controllate.

Qualora la società abbia proceduto all'acquisto di azioni proprie, gli amministratori possono
disporre di queste soltanto previa autorizzazione dell'assemblea, che ne deve stabilire le modalità.
art. 2357 ter.

Sottoscrizione di azioni proprie

L'art. 2357 quater, stabilisce che, salvo quanto previsto dall'articolo 2357 ter, comma secondo, la
società non può sottoscrivere azioni proprie.
(Va rilevato che tale articolo è stato modificato a seguito della riforma del diritto societario: la
nuova versione non prevede più il divieto assoluto di sottoscrivere azioni proprie imposto prima
della riforma).

35
L’art. 2357-ter, comma secondo, recita che “Finché le azioni restano in proprietà della società, il
diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni;
l'assemblea può tuttavia, alle condizioni previste dal primo e secondo comma dell'articolo 2357,
autorizzare l'esercizio totale o parziale del diritto di opzione. Il diritto di voto e' sospeso, ma le
azioni proprie sono tuttavia computate nel capitale ai fini del calcolo delle quote richieste per la
costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea.”

Le azioni sottoscritte in violazione del divieto previsto dall’art. 2357 quater si intendono sottoscritte
e devono essere liberate dai soci fondatori.

Altre operazioni non possibili

La società non può:

- accettare azioni proprie in garanzia, art. 2358, 2 c., al fine di tutelare l'integrità del patrimonio
sociale;
- accordare prestiti, né fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni proprie, art.
2358 1c., al fine di impedire il mutamento degli assetti azionari.

I contratti conclusi in violazione di tali principi sono nulli .

LE MODIFICAZIONI DEL CAPITALE SOCIALE


Fra le modificazioni dell'atto costitutivo occupano una posizione particolare quelle che consistono
nella variazione, in aumento o in diminuzione, del capitale sociale indicato nell'atto costitutivo, art.
2328 c.c.

Aumento del capitale sociale

L'aumento del capitale sociale può essere:

- reale o a pagamento. In questo caso si realizza mediante apporti di nuovi conferimenti da


parte dei soci o di terzi, attraverso o l'emissione di azioni a pagamento, uguali a quelle
precedenti, ad un prezzo pari ovvero superiore al valore nominale, o mediante il riconoscimento
del diritto di opzione, cioè del diritto di sottoscrivere un certo numero di azioni nuove in
proporzione a quelle vecchie possedute. Non possono essere emesse nuove azioni sino a che le
vecchie non siano interamente liberate. L'atto costitutivo può attribuire anche agli
amministratori la facoltà di aumentare, in una o più volte, il capitale, fino ad un determinato
ammontare per il periodo di 5 anni, art. 2443c.c

- nominale o gratuito: risulta da semplici operazioni contabili e si esegue mediante trasferimento


a capitale della parte disponibile delle riserve e dei saldi attivi di rivalutazione monetaria: in
sostanza non c'è aumento del patrimonio sociale. Si attua mediante o la distribuzione di azioni
gratuite ai soci in proporzione a quelle possedute, o mediante l'aumento del valore nominale
delle vecchie azioni.

36
Riduzione del capitale sociale

La riduzione del capitale sociale può verificarsi :

- per esuberanza del capitale (riduzione facoltativa art. 2445 c.c );


- acquisto e successivo annullamento di azione proprie art. 2357 bis;
- sorteggio di azioni e rimborso alla pari ai portatori;
- per perdite subite dal capitale sociale ( riduzione obbligatoria , art. 2446c.c. ). Se la perdita è di
oltre 1/ 3 del capitale, e il capitale viene ridotto al di sotto del minimo legale, l'assemblea deve
deliberare la riduzione del capitale ed il successivo aumento al di sopra del limite legale, oppure
trasformare il tipo di società, o disporre quanto necessario per la liquidazione in vista dello
scioglimento.

Negli altri casi di perdita oltre 1/3 del capitale, su istanza di amministratori e sindaci o altrimenti
disposta con decreto del tribunale, viene convocata un'assemblea, sia per accertare la situazione
esistente, sia per prendere gli opportuni provvedimenti. Infine se entro l'esercizio successivo la
perdita non risulta diminuita a meno di 1/3 , l'assemblea che approva il bilancio deve ridurre
proporzionalmente il capitale sociale con conseguente diminuzione del valore nominale.

Esistono altre forme di perdite:

- la perdita dell'intero capitale, seguita da un aumento di questo per la sua ricostruzione;


- la perdita superiore al capitale, seguite da successive riduzioni e aumenti dello stesso, da
coperture o da emissioni di azioni con sovrapprezzo;
- la perdita entro il terzo e il capitale sotto il minimo, (in questo caso la società continua a
funzionare regolarmente).

La riduzione obbligatoria del capitale può avvenire anche: in caso dell'esclusione dell'azionista
moroso, art. 2344 c.c.; in caso di recesso dell'azionista, art.2437 c.c.; in caso di inferiorità dei
conferimenti dei beni in natura o di crediti oltre 1/5 rispetto al valore per cui avviene il
conferimento, art. 2343 c.c.

I PATRIMONI DEDICATI (art. 2447 bis)

Il nuovo art. 2447 del c.c. introduce la disciplina dei patrimoni destinati ad uno specifico affare e
dispone che : “La societa' puo':
a) costituire uno o piu' patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico
affare;
b) convenire che nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare al rimborso totale o
parziale del finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell'affare stesso, o parte di essi.
Salvo quanto disposto in leggi speciali, i patrimoni destinati ai sensi della lettera a) del primo
comma non possono essere costituiti per un valore complessivamente superiore al dieci per cento
del patrimonio netto della società e non possono comunque essere costituiti per l'esercizio di affari
attinenti ad attività riservate in base alle leggi speciali.”

Del tutto nuova (prevista per la prima volta dopo la riforma) è dunque l’opportunità di destinare a
uno specifico affare parte del patrimonio di impresa. Si hanno qui due possibilità:

37
a) separazione del patrimonio di una parte per uno specifico affare = all’interno del patrimonio
della società ne viene identificata una parte (con deliberazione costitutiva) che è dedicata ad
una particolare operazione economica. In questo caso vi è una esclusiva responsabilità del
patrimonio separato per le obbligazioni contratte per la realizzazione dell’operazione
economica;
b) finanziamento di terzi rimborsato attraverso ricavi dell’affare = qui si tratta di un vero
finanziamento, con entrata di nuove risorse, che viene rimborsato con i ricavi rivenienti da
un affare specifico.

OBBLIGAZIONI (art. 2410-2412)


Un’importante novità è stata introdotta dalla riforma anche in materia di obbligazioni emesse dalla
società per azioni: il nuovo art. 2410 del Cod. Civ. dispone infatti che “Se la legge o lo statuto non
dispongono diversamente, l'emissione di obbligazioni e' deliberata dagli amministratori (e non più
dall’organo assembleare). In ogni caso la deliberazione di emissione deve risultare da verbale
redatto da notaio ed e' depositata ed iscritta a norma dell'articolo 2436.”
Sono variati, inoltre, anche i limiti all’emissione di obbligazioni; in base all’art. 2412 del Cod. Civ.,
infatti, “La società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma
complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve
disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. I sindaci attestano il rispetto del suddetto
limite.”

Dunque va rilevato che per quanto attiene le obbligazioni viene semplificato il procedimento di
emissione. La decisione sull’emissione di obbligazioni è propria dell’organo amministrativo,
salvo diversa previsione statutaria. Viene inoltre arricchito il panorama degli strumenti di
finanziamento dell’impresa, in quanto viene riconosciuta la possibilità di emettere prestiti
obbligazionari collegati al rischio di impresa.

Come abbiamo visto anche i limiti di emissione vengono modificati (art. 2412). Il limite può anche
essere superato se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di
investitori qualificati (ma in caso di successiva circolazione chi li ha sottoscritti risponde per la
solvenza della società).
Inoltre non è soggetta ad alcun limite l’emissione di obbligazioni garantite da ipoteca di primo
grado su immobili di proprietà della società sino a due terzi del valore degli immobili medesimi. Il
limite non è altresì posto per le emissioni di obbligazioni effettuare da società le cui azioni sono
trattate in mercati regolamentati, limitatamente però alle obbligazioni destinate, anch’esse, alla
quotazione sui medesimi mercati.

GLI ORGANI DELLA S.P.A


Gli organi principali della s.p.a. sono tre: l'assemblea, che ha funzioni deliberative, gli
amministratori che hanno funzione di gestione e il collegio sindacale che svolge funzioni di
controllo.

38
L'ASSEMBLEA

L'assemblea è l'organo collegiale e sovrano a cui spetta il compito di nominare gli altri organi
sociali e di deliberare sulle questioni più importanti in base al criterio maggioritario. E' composta
dai possessori delle azioni.

Tipi di assemblea

Le distinzioni delle assemblee si trovano nell'art. 2363 c.c. che espressamente ne identifica due tipi:

• l'assemblea ordinaria , che viene convocata almeno una volta all'anno entro quattro mesi
(eccez. 6 mesi) dalla chiusura dell'esercizio sociale, art. 2364, 2383, 2433, 2357 c.c. Tale tipo di
assemblea ha compiti che con la nuova riforma sono stati distinti a seconda che la società in
questione abbia o meno il consiglio di sorveglianza (si veda poi quanto riportato con riferimento
ai tre sistemi di amministrazione delle società per azioni).

• Infatti, ai sensi dell’art. 2364 del c.c., nelle società prive di consiglio di sorveglianza,
l'assemblea ordinaria:
- approva il bilancio;
- nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del collegio sindacale e,
quando previsto, il soggetto al quale è demandato il controllo contabile;
- determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito dallo statuto;
- delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;
- delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell'assemblea, nonché sulle
autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori,
ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti;
- approva l'eventuale regolamento dei lavori assembleari.

• Ai sensi dell’art. 2364 bis del c.c., nelle ove è previsto il consiglio di sorveglianza, l'assemblea
ordinaria:
- nomina e revoca i consiglieri di sorveglianza;
- determina il compenso ad essi spettante, se non è stabilito nello statuto;
- delibera sulla responsabilità dei consiglieri di sorveglianza;
- delibera sulla distribuzione degli utili;
- nomina il revisore.

• l'assemblea straordinaria delibera sulle modificazioni dello statuto, sulla nomina, sulla
sostituzione e sui poteri dei liquidatori e su ogni altra materia espressamente attribuita dalla
legge alla sua competenza (dopo la recente riforma non è più di competenza dell’assemblea
straordinaria la decisione sull’emissione di obbligazioni).

Convocazione

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L'assemblea è convocata di regola dagli amministratori o dal consiglio di gestione,
eccezionalmente dal collegio sindacale, dagli azionisti di minoranza, e anche dal presidente del
tribunale o dal tribunale stesso.

L'annuncio deve essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 15 giorni prima della data della
convocazione e deve contenere l'indicazione del giorno, ora e luogo dell'adunanza e l'elenco delle
materie da trattare art. 2366 c.c. Quando si verifichi che l'assemblea vada deserta o i soci intervenuti
non raggiungano il numero richiesto dalla legge, deve procedersi ad una seconda convocazione,
entro 30 gg. dalla prima e con le medesime formalità e l'avviso deve essere pubblicato almeno 8 gg.
prima di quello fissato per la riunione, art. 2369 c.c.

Attenzione: per le società quotate occorre ricordarsi anche degli articoli del Testo Unico della
Finanza relativi alla convocazione delle assemblee

Costituzione dell'assemblea (art. 2368-2369c.c.)

Le condizioni per la regolarità della costituzione dell'assemblea e maggioranze richieste per la


validità delle deliberazioni, si differenziano a seconda che si tratti di assemblea ordinaria o
straordinaria.

Si rimanda agli articoli del codice civile (e del Testo Unico) per l’identificazione dei quorum
costitutivi e deliberativi.
Si evidenzia però che la nuova riforma del diritto societario ha modificato alcuni quorum costitutivi
e deliberativi della assemblea straordinaria. In particolare:

• l’assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti soci che rappresentato più della
metà del capitale sociale se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata;
• nelle società che fanno ricorso al mercato dei capitali l’assemblea straordinaria è regolarmente
costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale o la
maggiore percentuale prevista dallo statuto e delibera con il voto favorevole di almeno i due
terzi del capitale rappresentato in assemblea;
• in seconda convocazione l’assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la
partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale e delibera con il voto favore di almeno i due
terzi del capitale rappresentato in assemblea;
• nelle società che fanno ricorso al mercato dei capitali l’assemblea straordinaria è regolarmente
costituita, nelle convocazioni successive alla seconda, con la presenza di tanti soci che
rappresentino almeno 1/5 del capitale sociale.

Intervento e rappresentanza in assemblea

Il voto all'interno dell'assemblea può essere esercitato personalmente dagli azionisti che devono
depositare le proprie azioni almeno 5 gg. prima, presso la sede sociale (ovvero i certificati forniti
dall’intermediario presso cui i titoli sono custoditi se si tratta di titoli dematerializzati)

L'art. 2372 c.c. stabilisce la possibilità d'intervento anche a mezzo di delegato: la delega non può
essere in bianco, mentre la rappresentanza deve avvenire per iscritto.

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Particolare procedimento di voto è stato previsto dall'art. 127 del Tuf e dal regolamento Consob
attuativo, che disciplina il voto per corrispondenza , garantendo segretezza e possibilità di revoca.
Il TUF disciplina inoltre la sollecitazione delle deleghe di voto.

Conflitto di interessi tra socio e società

Il conflitto d'interessi, è il limite formale che il socio incontra nell'espressione del voto.

Tale socio non può votare ma le sue azioni sono calcolate ai fini della regolare costituzione
dell'assemblea.

L'art. 2377 c.c stabilisce che, in caso in cui il voto venga espresso ugualmente, la deliberazione può
essere impugnata qualora possa arrecare danno alla società e se senza il voto in questione non si
sarebbe raggiunta la maggioranza necessaria.

Abuso del diritto di voto

Può accadere che una deliberazione venga adottata al solo scopo di danneggiare i soci di minoranza
(es.: scioglimento della società per successiva ricostruzione senza il socio gradito). Tali
comportamenti possono essere repressi mediante il riferimento al principio della buona fede art.
1375c.c., dell'illiceità del motivo, art.1345c.c., che portano così all'annullabilità della delibera.

Il diritto di recesso dei soci assenti o dissenzienti

Il socio assente o dissenziente può recedere dalla società, ex art. 2437c.c., se la deliberazione
approvata in sua assenza o con il suo dissenso riguardava:

- il cambiamento dell'oggetto sociale, la trasformazione della società, il trasferimento della sede


sociale all'estero, la fusione o la scissione che comportino assegnazione di azione non quotate
(per le società quotate in borsa, si veda art. 131 Tuf);

E' nullo ogni patto che esclude il diritto di recesso o ne rende più gravoso l'esercizio.

L'invalidità delle deliberazioni

Le deliberazioni sono efficaci quando sono conformi alla legge e sono perciò vincolanti per tutti i
soci, anche per quelli assenti o dissenzienti. Le deliberazioni invalide possono essere:

Nulle, quando hanno oggetto impossibile o illecito. La nullità può essere fatta valere da
chiunque vi abbia interesse e senza termine di decadenza e prescrizione (art. 2379 c.c.)

Annullabili, quando la deliberazione non è stata presa in conformità dell'atto costitutivo o


della legge e può essere fatta valere con l'impugnazione entro tre mesi dai soci assenti,
dissenzienti, dagli amministratori e dai sindaci. Ipotesi particolari di annullabilità:
deliberazione adottata con il voto di un socio in conflitto di interessi con la società,

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Inesistenti. E' un concetto creato dalla giurisprudenza al fine di indicare i vizi radicali del
procedimento di formazione della delibera, tali vizi sarebbero talmente macroscopici da
rendere necessaria la sanzione della nullità.

GLI AMMINISTRATORI
Gli amministratori costituiscono il potere esecutivo della società per azioni: un esecutivo
particolarmente forte, dotato di estesi poteri decisionali. La loro competenza è di tipo generale, in
contrapposizione a quella speciale dell'assemblea.

L'organo amministrativo può essere formato da una sola persona, amministratore unico, o può
come più frequentemente accade essere formato da una pluralità di persone che vanno a comporre il
consiglio di amministrazione.

Gli amministratori possono essere soci o non soci ma debbono necessariamente essere persone
fisiche. Non può essere nominato amministratore, l'interdetto, l'inabilitato, il fallito, o chi è stato
condannato ad una pena interdittiva (art. 2382 c.c.) e non possono essere nominati da persone
estranee alla società, tranne che si tratti di nomine riservate dall'atto costitutivo allo stato o ad enti
pubblici ( art. 2458-2499c.c. ).

Nomina

La nomina viene effettuata generalmente dall'assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori
che sono nominati nell'atto costitutivo (art. 2383 c.c.). Gli amministratori sono nominati per un
periodo di tempo non superiore a tre anni , ma sono rieleggibili, e dal momento in cui accettano
l'incarico, hanno tempo 30 gg. per iscriversi nel registro delle imprese; se hanno anche la
rappresentanza della società devono depositare le loro firme autografe.

La cessazione degli amministratori dall'ufficio può avvenire per:

- morte;
- scadenza del termine;
- rinunzia e decadenza;
- revoca.

Il consiglio di amministrazione

Il numero dei componenti del consiglio di amministrazione è determinato dall'atto costitutivo o, se


questo si è limitato ad indicarne un numero massimo o minimo, è determinato dall'assemblea, art.
2364 c.c..

Anche il presidente è nominato dall'assemblea o in mancanza, dallo stesso consiglio, art. 2380 bis
c.c.

Il consiglio agisce collegialmente e delibera a maggioranza assoluta dei presenti; inoltre è vietato il
voto per rappresentanza.

Al consiglio spettano tutte quelle competenze che la legge rimette agli amministratori e cioè:

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- la convocazione dell'assemblea, art. 2366c.c.;
- la deliberazione delle impugnazioni, art. 2377 c.c.

Il comitato esecutivo e gli amministratori delegati

Nella s.p.a. grandi o medio grandi, il consiglio di amministrazione non attende di regola in modo
continuo alla gestione sociale: esso esprime dal proprio seno un più ristretto comitato esecutivo,
che è un organo collegiale che prende le proprie decisioni, in riunione convocate appositamente,
oppure conferisce ad uno o più amministratori la qualità di consiglieri delegati e delega all'uno o
agli altri le proprie attribuzioni, conservando però una funzione di sovrintendenza.

Non tutte le materie possono essere delegate a tali organi. Non lo sono, ad esempio: la redazione del
bilancio, l'aumento del capitale, la promozione dei provvedimenti ex art. 2446 e 2447 c.c.

Un'altra figura importante è il direttore generale, previsto dall'art. 2396 c.c, che è un semplice
dipendenti investito di qualità gestorie.

Le funzioni degli amministratori e la rappresentanza della società

Gli amministratori devono esercitare tutti i poteri necessari al fine di compiere le loro funzioni: in
pratica sono dei mandatari della società. I loro doveri possono essere:

- generali, cioè devono chiedere l'iscrizione della propria nomina nel pubblico registro delle
imprese, e se hanno la rappresentanza depositare la firma autografa entro 15 gg. dalla nomina,
tenere i libri sociali e le altre scritture obbligatorie, art. 2421c.c., convocare l'assemblea e
predisporre il bilancio, art. 2423 c.c., gestire la società nell'ambito dell'oggetto sociale, dare
esecuzione alle delibera dell'assemblea, rappresentare la società nei rapporti con i terzi e vigilare
sull'andamento generale della gestione,

- specifici, cioè non devono esercitare un'attività concorrente per conto proprio o di terzi, nè
assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti ex art. 2390c.c., salvo
l'autorizzazione dell'assemblea. Sotto pena di revoca dell'ufficio devono astenersi dal partecipare
alle deliberazioni nelle quali vi sia un conflitto fra gli interessi propri e quelli della società, dandone
comunicazione agli altri amministratori ed al collegio sindacale; l'inosservanza di queste regole,
comporta l'obbligo del risarcimento del danno.

Rappresentanza

La rappresentanza della società spetta agli amministratori, il cui potere è stato conferito
dall'assemblea o dall'atto costitutivo, ex art.2328 c.c.; in particolare la rappresentanza spetta
all'amministratore unico, ai componenti il comitato esecutivo o all'amministratore delegato.

Tali soggetti, come specifica l'art. 2384 c.c., possono compiere tutti gli atti che rientrano
nell'oggetto sociale, salve le limitazioni che risultano dall'atto costitutivo, dalla legge o dalla
procura conferita.

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IL COLLEGIO SINDACALE
Il collegio sindacale è l'organo di controllo della società per azioni: un organo interno alla società,
composto da membri nominati dall'assemblea (art. 2364 c.c.) al quale l’art. 2403 c.c attribuisce la
funzione di vigilare sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta
amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e
contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. Esercita inoltre il controllo
contabile nel caso previsto dall'articolo 2409 bis, terzo comma.
Da rilevare che con la riforma del diritto societario è stata poi introdotta nel Codice Civile una parte
relativa al controllo contabile sulle società per azioni (al riguardo si vedano gli articoli 2409-bis e
seguenti). L’art. 2409 bis prevede che: “Il controllo contabile sulla società è esercitato da un
revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro istituito presso il Ministero della
giustizia.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile è esercitato
da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili, la quale, limitatamente a tali
incarichi, è soggetta alla disciplina dell'attività di revisione prevista per le società emittenti di
azioni quotate in mercati regolamentati ed alla vigilanza della Commissione nazionale per le
società e la borsa. Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio
e che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che il controllo
contabile sia esercitato dal collegio sindacale. In tal caso il collegio sindacale è costituito da
revisori contabili iscritti nel registro istituito presso il Ministero della giustizia”.

Il collegio sindacale è un organo obbligatorio ed indefettibile, composto da tre o cinque membri


effettivi e due suppletivi. Il presidente del collegio sindacale è nominato dall'assemblea ex art.
2398c.c. Norme specifiche sono dettate dagli artt.148-154 del Tuf , che concerne le società quotate
in borsa.

I sindaci

L'art.2397c.c., stabilisce che almeno un membro effettivo ed uno supplente del collegio sindacale
devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili. I restanti membri, se non
iscritti in tale registro, devono essere scelti fra gli iscritti negli albi professionali individuati con
decreto del Ministro della giustizia, o fra i professori universitari di ruolo, in materie economiche o
giuridiche.

I sindaci inoltre devono possedere requisiti di onorabilità, ossia devono avere l'idoneità psichica e
fisica richiesta per gli amministratori ex art. 2382c.c.; inoltre a norma del decreto lgs. 88/92, non
può rivestire la carica di sindaco chi:

- si trovi in uno stato di interdizione temporanea o di sospensione dagli uffici direttivi delle imprese;
- è stato sottoposto a misure di prevenzione o abbia riportato una condanna alla reclusione, anche se
con pena condizionalmente sospesa.

L'indipendenza dei sindaci nei confronti degli amministratori è rappresentata dal fatto che, non
possono essere eletti sindaci i parenti e gli affini degli amministratori entro il quarto grado, e i
dipendenti della società o di società da essa controllate.

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Inoltre i sindaci non sono revocabili se non per giusta causa che deve essere accertata dal
tribunale e la loro retribuzione annuale, se non è stabilita dall'atto costitutivo, deve essere
determinata dall'assemblea all'atto della nomina per l'intero periodo di durata del loro ufficio, art.
2402c.c.

Le funzioni del collegio sindacale (artt. 2404-2406 c.c.)

Il collegio sindacale si deve riunire almeno una volta ogni tre mesi, e le deliberazioni devono essere
prese a maggioranza assoluta e trascritte in un apposito libro: vi è la possibilità per i sindaci
dissenzienti, di iscrivere a verbale i motivi del loro dissenso.

Le principali funzioni svolte da questo organo sono:

a) la funzione di controllo, che deve essere di tipo interno, ispettivo e primario, si identifica nella
necessità di: controllare l'amministrazione della società, vigilare sull'osservanza della legge e
dell'atto costitutivo, accertare la regolare tenuta delle scritture contabili e la corrispondenza del
bilancio e del conto profitti e perdite alle risultanza dei libri e delle scritture contabili, redigere
una relazione sul bilancio proposto dagli amministratori; riunirsi ogni trimestre e prendere le
decisioni a maggioranza assoluta (art. 2404 c.c.) ed accertare almeno ogni trimestre, la
consistenza di cassa e l'esistenza dei valori e dei titoli di proprietà sociale; assistere alle
adunanze del consiglio di amministrazione e dell'assemblea dei soci,

I soci possono sempre denunziare fatti che ritengono censurabili al collegio sindacale, il quale deve
tenere conto della denuncia nella relazione annuale dell'assemblea,

b) la funzione amministrativa, che deve riguardare:

- l'impugnazione delle deliberazioni illegittime prese dall'assemblea dei soci e dal consiglio di
amministrazione;
- la richiesta al tribunale della riduzione del capitale imposto dalla legge, ma non attuata
dall'assemblea;
- il sostituirsi agli amministratori inerti, nel richiedere le pubblicazioni prescritte dalla legge e
compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione, in caso di cessazione dalla carica di tutti gli
amministratori (art. 2386 c.c.).

La cessazione dei sindaci dall'ufficio

Il sindaco del collegio sindacale può cessare la sua attività a causa di:

- morte, scadenza del termine, rinuncia a seguito di dimissioni;


- decadenza, qualora si verifichino le cause di ineleggibilità previste dall'art. 2399 c.c., l'assenza
ingiustificata a due riunioni del collegio sindacale, l'immotivata assenza ad un'assemblea sociale
ex art. 2405 c.c, o la cancellazione o la sospensione dal registro dei revisore contabili;
- revoca, solo per giusta causa, art. 2400c.c.

La continuità del collegio sindacale è assicurata dalla sostituzione automatica dei supplenti, art.
2401c.c.

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La responsabilità dei sindaci

L'art. 2407 c.c, dichiara che la responsabilità dei sindaci è di tipo solidale con gli amministratori,
per i fatti e le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato
in conformità agli obblighi della loro carica. La responsabilità è esclusa per il sindaco esente da
colpa, che abbia fatto risultare il suo dissenso nel libro delle deliberazioni del collegio sindacale.

I controlli amministrativi

La legge del 7 giugno del 1974 n. 216, abrogata in parte dal Tuf, ha stabilito un controllo esterno
per le società quotate, affidandolo alla Consob e a società di revisione contabile, oltre a quello
stabilito a carico del collegio sindacale.

Per quanto riguarda in particolare le società di revisione, la legge 216/74 ha attribuito loro un
riscontro di tipo contabile. Tali tipi di società possono essere sia di persone che di capitali e il loro
oggetto sociale deve essere limitato all'organizzazione e alla revisione contabile di aziende.

Le società di revisione devono essere iscritte in un albo speciale tenuto dalla Consob che si occupa
anche di controllarle; la loro principale funzione si identifica in un controllo legale dei conti tenuti
dalla società conferente l'incarico. Inoltre, esse devono esprimere il proprio parere sulla congruità
del prezzo di emissione delle azioni, e sulla congruità del rapporto di cambio nel caso di
deliberazione di fusione con altre società.

Si rimanda agli articoli del Testo Unico della Finanza e delle delibere attuative
attinenti le società di revisione

L’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETÀ PER AZIONI: I TRE


SISTEMI
Una delle più rilevanti variazioni che a seguito della riforma del diritto societario hanno interessato
le società per azioni è senz’altro costituita dalla possibilità di scegliere modelli di amministrazione e
di controllo diversi. Alle spa di nuova costituzione, infatti, viene consentito di scegliere tra il
sistema classico basato sul consiglio di amministrazione o, in alternativa, di indirizzarsi sul sistema
monastico o dualistico (le società in essere hanno dovuto invece modificare i loro atti costitutivi per
accedere alle nuove forme).

Il sistema classico: il consiglio di amministrazione


Il modello classico prevede di affiancare al consiglio di amministrazione o all’amministratore unico
(ammesso solo dal presente sistema) un collegio sindacale. Lo statuto determina i poteri del CDA.
Lo statuto può altresì prevedere che la nomina di un amministratore indipendente venga demandata
ai possessori di strumenti finanziari diversi dai titoli azionari anche emessi a favore di prestatori di
lavoro. Gli amministratori potranno essere eletti per un periodo massimo di tre esercizi sociali e
scadranno alla data della assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo
esercizio della loro carica. Nel nuovo articolo 2387, inoltre, si prevede che anche le normali società
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operanti in settori commerciali o industriali possano subordinare l’assunzione della carica di
amministratore al possesso di specifici requisiti di professionali e onorabilità.

Un novità di rilievo riguarda poi la responsabilità degli amministratori, che viene ampliata: essi
devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta
dalla natura dell’incarico (e non solo con la diligenza del mandatario), e sono solidamente
responsabili verso la società dei danni derivanti dalla inosservanza di tali doveri.

Il modello dualistico (art. 2409-octies e seguenti del c.c.)


Tale sistema prevede in primo luogo un Comitato di Gestione, nominato la prima volta dalla
assemblea e successivamente dal Consiglio di sorveglianza. Esso dovrà essere costituito da un
numero minimo di membri previsto dallo statuto ma in nessun caso inferiore a due. Essi dureranno
in carica tre anni (slavo diversa disposizione statutaria i membri saranno rieleggibili). Al consiglio
di gestione si applicano, in generale, le norme previste per il consiglio di amministrazione.

Il consiglio di sorveglianza sarà costituito da un minimo di tre membri oltre a due membri
supplenti. Esso è chiamato (come il collegio sindacale) a vigilare sul consiglio di gestione in merito
alla osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e in
particolare sull’adeguatezza del sistema amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo
concreto funzionamento. Ma a differenza del collegio sindacale esso deve anche espletare altre
funzioni (per questo possiamo dire che si tratta di un organo di co-gestione, intermedio tra la
assemblea e il collegio sindacale):

• nomina i componenti del Consiglio di gestione e può revocarli


• può proporre l’azione di responsabilità nei confronti dei consiglieri di gestione
• approva il bilancio di esercizio
• impugna le delibere del Consiglio di gestione

Il modello monistico (art. 2409-sexiesdecies e seguenti del c.c.)


Questo sistema si basa sulla indipendenza degli amministratori rispetto alla società stessa. Nel
consiglio di amministrazione, almeno la metà dei componenti non deve in alcun modo essere legata
alla società, alle sue controllate e controllanti, e a quelle sottoposte a comune controllo da rapporti
di lavoro, di consulenza o di opera retribuita, finanziari o personali.

Il comitato per il controllo sulla gestione, viene nominato all’interno del consiglio di
amministrazione (mai meno di due membri), ed è delegato al controllo sulla gestione. Il comitato
elegge al suo interno un presidente. Lo statuto stabilisce i requisiti di onorabilità e di professionalità
che devono possedere i membri del comitato di controllo (almeno uno dei membri deve essere
iscritto nel registro dei revisori). Il comitato è chiamato a svolgere la stessa attività normalmente
prevista per il collegio sindacale.

I LIBRI SOCIALI

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Tutti i libri contabili obbligatori per le imprese commerciali sono previsti dall'art. 2214c.c. (inoltre
per l’imprenditore commerciale si deve tenere presente anche l’art. 2421c.c.):

Libri tenuti dagli amministratori

- il libro dei soci, indicante il numero delle azioni , i trasferimenti e i vincoli ad esse relative, e il
nome e cognome dei titolari delle azioni nominative;
- il libro delle obbligazioni, indicante i vincoli i trasferimenti e l'ammontare delle stesse, i dati
relativi i titolari di obbligazioni;
- il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell'assemblea;
- il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione, dove, come nel
precedente, vanno verbalizzate sia le deliberazioni sia le riunioni senza alcuna deliberazione.

Libro tenuto dal collegio sindacale

- il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale, dove è necessario
documentare tutta l'attività collegiale dell'organo di controllo, nonché le dichiarazioni di dissenso
dei singoli sindaci e gli accertamenti individualmente eseguiti,

Libro tenuto dal comitato esecutivo

- il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo,

Libro tenuto dal rappresentante comune degli obbligazionisti

- il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee degli obbligazionisti,

Tutti questi libri devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e bollati ex art. 2421 e
2219c.c.

IL BILANCIO D'ESERCIZIO
Il bilancio di esercizio comprende, a norma dell'art. 2423c.c., c. 1, tre documenti, due dei quali sono
veri e propri documenti contabili, che si esprimono cioè con il linguaggio dei numeri: lo stato
patrimoniale ed il conto economico, mentre il terzo, la nota integrativa, ha carattere esplicativo
dei primi due.

Deve inoltre essere redatto al termine di ogni esercizio annuale, secondo quanto dispone l'art.
2423c.c., " la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico"

Inoltre vanno allegate al bilancio anche le relazioni degli amministratori, dei sindaci e la
relazione sulla società di revisione, solo però per le società quotate nei mercati regolamentari.

Le funzioni fondamentali del bilancio si identificano nella necessità di:

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- dimostrare a fine esercizio il valore del patrimonio sociale, soprattutto nell'interesse dei creditori
sociali;
- esporre gli utili distribuibili, nell'interesse degli azionisti, indicando il risultato economico
dell'esercizio, e rappresentare la situazione finanziaria della società;
- realizzare un'attività informativa i cui destinatari sono: i soci, i creditori sociali, lo Stato, e i terzi
in genere.

La redazione del bilancio si deve ispirare generalmente ai principi contenuti nell'art. 2423 c.c.

I principi contabili, invece, si identificano in quei precetti ragionieristici riguardanti l'iscrizione e la


classificazione della voci dello stato patrimoniale e del conto economico sulla valutazione dei
componenti del patrimonio dell'impresa elaborati da organizzazioni nazionali ed internazionali.

La struttura del bilancio

E' l'art. 2423 ter c.c. che indica le regole generali che devono essere rispettate nella redazione dei
documenti che costituiscono il bilancio. I documenti di cui è composto il bilancio sono:

Lo stato patrimoniale

In esso sono contenute le voci sia attive che passive del patrimonio sociale, secondo criteri
quantitativi e qualitativi, nonché la situazione finanziaria nel giorno della chiusura dell'esercizio.
Tali voci sono espressamente previste negli art. 2423ter, 2424, 2424bis, 2433 bis, 2323 bis, 2425,
2426, 2427 c.c., e schematicamente possono essere cosi raggruppate:

attivo: crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte
già richiesta, immobilizzazioni, attivo circolante, ratei e risconti con separata indicazione del
disagio sui prestiti,

passivo: patrimonio netto, fondi per rischi e oneri, trattamento di fine rapporto di lavoro
subordinato, debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre
l'esercizio successivo, ratei e risconti, con separata indicazione dell'" aggio" sui prestiti.

Il conto economico

Esso contiene una rappresentazione dinamica dei movimenti del patrimonio nel corso dell'esercizio
e fornisce spiegazioni circa il saldo nello stato patrimoniale.

La struttura adottata è di tipo scalare: essa rende possibile la suddivisione della gestione aziendale
in distinte aree operative, che sono: la gestione caratteristica, extra caratteristica, straordinaria,
finanziaria, le imposte sul reddito.

Le voci del conto profitti e perdite sono previste dall'art. 2425 bis c.c. e sono così raggruppate.

- valore della produzione, costi di produzione


- proventi e oneri finanziari, rettifiche di valore di attività finanziarie, proventi ed oneri straordinari.

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La nota integrativa

La nota integrativa ha una duplice funzione: offre le chiavi di lettura dei documenti contabili che
formano il bilancio di esercizio, illustrando i criteri applicati nella valutazione delle voci di bilancio
(art. 2427c.c.); fornisce inoltre informazioni ulteriori rispetto a quelle desumibili da stato
patrimoniale e conto economico, come:

- la composizione intera di singole voci;


- l'elenco delle partecipazioni;
- il numero medio dei dipendenti;
- i compensi agli amministratori e ai sindaci;
- il numero e il valore nominale di ciascuna categoria di azioni e delle obbligazioni convertibili.

La relazione degli amministratori

Essa deve rappresentare la situazione della società e l'andamento della gestione, come
espressamente prevede l'art. 2428c.c., e nelle società quotate in borsa, la relazione deve aver
scadenza semestrale.

La formazione del bilancio d'esercizio

La formazione del bilancio d'esercizio coinvolge tutti gli organi e deve essere completata entro 4
mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale (art. 2364)

Le fasi del procedimento sono:

a) gli amministratori redigono annualmente il progetto di bilancio, i documenti giustificativi e


la relazione gestionale sulla società e lo trasmettono ai sindaci almeno 30gg. prima della la
data fissata per la riunione dell'assemblea dei soci;

b) il collegio sindacale redige una relazione nella quale controlla il progetto di bilancio, illustra
i risultati dell'esercizio sociale e formula proposte in ordine al bilancio ed alla sua
approvazione;

c) questi documenti insieme a delle copie integrali dell'ultimo bilancio delle eventuali società
controllate, devono rimanere depositati nella sede sociale durante i 15 gg. che precedono
l'assemblea;

d) l'assemblea ordinaria delibera sul progetto del bilancio e sulla distribuzione degli utili

e) una copia del bilancio deve essere depositata a cura degli amministratori entro 30 gg.
dall'approvazione presso l'ufficio del registro delle imprese. Nello stesso termine le società
non quotate in borsa devono depositare, l'elenco dei soci riferito alla data di approvazione
del bilancio, al fine dell'iscrizione del registro delle imprese, nonché dei soggetti diversi dai
soci che sono titolari di diritto o beneficiari di vincoli sulle azioni medesime.

Il giudizio sul bilancio della società di revisione

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L'art. 155 del Tuf , sottopone il bilancio delle società quotate in borsa e sugli altri mercati
regolamentati ad un giudizio di conformità alla scritture contabili e agli accertamenti da parte di
una società di revisione iscritta nell'apposito Albo.

Il giudizio della società può essere negativo, in caso di gravi violazioni, senza rilievi, se è
conforme alle norme e non necessita di nessuna motivazione, con rilievi, se necessita di chiarezza e
veridicità. Infine può esservi una dichiarazione di impossibilità a rilasciare un giudizio; in questo
caso bisogna dare immediata comunicazione alla Consob.

Il giudizio positivo o negativo rilasciato dalla società di revisione, non influisce sul potere
dell'assemblea di approvare il bilancio, mentre assume rilievo in relazione all'impugnabilità del
documento ex art. 157 Tuf.

La ripartizione degli utili


L'art. 2433c.c. stabilisce che l'assemblea che approva il bilancio delibera, su proposta degli
amministratori, circa la distribuzione degli utili ai soci. I dividendi sulle azioni possono essere
elargiti solo su utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato. Gli utili
netti non possono essere integralmente distribuiti ai soci ma si deve procedere:

- all'accantonamento della quota di riserva legale;


- all'accantonamento in vista di riserva statutarie;
- all'erogazione delle partecipazioni ai promotori, ai soci fondatori ed agli amministratori.

IL RECESSO DEL SOCIO (art. 2437)


La riforma del diritto societario è intervenuta anche in materia di diritto di recesso dei soci: è stato
ampliato tale diritto che così non viene più considerato un’ipotesi residuale. Le innovazioni sul
punto riguardano proprio le ipotesi di recesso e le modalità di liquidazione della partecipazione.

Cause di recesso
• modifica sostanziale dell’oggetto sociale
• trasformazione della società
• trasferimento della sede all’estero
• revoca dello stato di liquidazione
• eliminazione di clausole di recesso previste
• modifica dei criteri di determinazione del valore dell’azione in caso di recesso
• modifiche allo statuto riguardanti diritti di voto
• proroga del termine
• introduzione o rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari
• ulteriori cause previste dallo statuto di società che non fanno ricorso al mercato dei capitali

Determinazione del valore della partecipazione


Il valore di liquidazione deve essere determinato con riferimento a quello risultante dalla situazione
patrimoniale della società riferita a un periodo non anteriore a tre mesi dalla data di deliberazione
che legittima il recesso, che tenga conto della consistenza patrimoniale e delle prospettive reddituali
della società, nonché facendo riferimento al puntuale valore di mercato delle azioni.

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Ricordiamo che se la società è contratta a tempo indeterminato il diritto di recesso può essere
esercitato in qualunque momento con un preavviso di almeno sei mesi, salva la possibilità di
prevedere nello statuto un periodo maggiore comunque non superiore all’anno.

LO SCIOGLIMENTO della S.P.A.


Le cause di scioglimento della s.p.a., che operano di diritto sono:

- il decorso del termine;


- il conseguimento dell'oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo;
- la deliberazione dell'assemblea che deve essere depositata e iscritta nel registro delle imprese
insieme alla deliberazione del consiglio di amministrazione;
- altre cause previste dall'atto costitutivo;
- la dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, la sentenza che dichiara la
nullità della società ex art. 2332c.c;
- l'impossibilità di funzionamento o continua inattività dell'assemblea;
- riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale;
- il superamento della metà del capitale sociale da parte delle azioni di risparmio e delle azioni a
voto limitato in seguito a perdite;
- un provvedimento dell'autorità governativa;
- la riduzione del capitale sociale per perdite non al di sotto del minimo legale, quando
l'ammontare delle azioni di risparmio e di quelle a voto limitato supera la metà del capitale
sociale e il rapporto non è ristabilito, ex art. 145 Tuf.

Gli effetti dello scioglimento e fasi successive

Nella fase dello scioglimento, gli amministratori devono convocare l'assemblea per le deliberazioni
concernenti la liquidazione nel termine di 30 gg., non possono intraprendere nuove operazioni: in
caso contrario rispondono illimitatamente e solidalmente.

Successivamente avviene la nomina dei liquidatori che spetta all'assemblea straordinaria e, in


mancanza, al presidente del tribunale. Entro 15 gg. i liquidatori devono depositare atto di nomina e
firma autografa presso l'ufficio del registro delle imprese e possono essere revocati solo per giusta
causa e con le maggioranze stabilite per l'assemblea straordinaria.. In questa fase l'assemblea dei
soci e il collegio sindacale rimangono in vita.

I liquidatori hanno l'obbligo di:

- redigere il bilancio finale, indicando la parte spettante a ciascuna azionista, redigere l'inventario
insieme agli amministratori, i sindaci a loro volta devono redigere una propria relazione;

- se i fondi sono insufficienti al pagamento dei creditori sociali, i soci sono tenuti al versamento dei
decimi ancora dovuti, e non possono essere ripartiti i beni sociali tra i soci finche non sono pagati
tutti i creditori della società.

I liquidatori sono sottoposti alle regole del mandato e devono agire con la diligenza del mandatario,
art. 1710c.c.

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Cancellazione ed estinzione della società

Approvato il bilancio finale, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal
pubblico registro delle imprese ex art. 2456c.c. I libri della società devono essere depositati e
conservati per dieci anni presso il medesimo ufficio.

Dopo la cancellazione, i creditori sociali rimasti eventualmente insoddisfatti possono sempre agire :

- verso i soci limitatamente alle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione;
- verso i liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso per colpa di questi;
- contro la società, rappresentata in giudizio dai liquidatori in carica al momento della liquidazione.

LA SOCIETA' IN ACCOMANDITA PER AZIONI


La società in accomandita per azioni è una società per azioni modificata dalla presenza di uno o più
soci accomandatari, illimitatamente e solidalmente responsabili per le obbligazioni sociali (art.
2452c.c.) in via sussidiaria rispetto alla società (art. 2461c.c.).

Ad essa si applicano in quanto compatibili, le norme relative alla s.p.a. (art. 2454c.c.): si
contrappone con ciò alla società in accomandita semplice, la quale è una società in nome collettivo
modificata dalla presenza di uno o più soci accomandanti, responsabili per le obbligazioni sociali
nei limiti della quota conferita.

La denominazione sociale, sotto la quale la società agisce, deve essere costituita dal nome di
almeno uno dei soci accomandatari, con l'indicazione di società in accomandita per azioni (art.
2453c.c.)

Gli accomandatari amministratori

La qualità di socio accomandatario è, nell'accomandita per azioni, strettamente collegata alla


carica di amministratore:

non si può essere amministratori senza essere soci accomandatari, né si può essere soci
accomandatari senza essere amministratori, come invece è possibile per l'accomandita semplice
(art. 2318c.c.)

Si tratta di amministratori permanenti, cui incombe una responsabilità illimitata per le


obbligazioni sociali.

L'atto costitutivo deve indicare le persone dei soci accomandatari (art. 2455c.c.) i quali assumono
di diritto, ossia indipendentemente da una nomina assembleare, la carica di amministratori e la
conservano, senza limiti di tempo, fino a quando l'assemblea non li abbia revocati, con
deliberazione di assemblea straordinaria (art. 2456c.c.) o non abbiano rinunciato alla carica, oppure
abbiano, per qualsiasi ragione (morte, recesso, vendita delle loro azioni) cessato di appartenere
alla società.

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I nuovi amministratori, destinati a sostituire quelli venuti meno sono nominati dall'assemblea
straordinaria, con l'approvazione individuale degli amministratori rimasti in carica (art. 2457c.c.)

I loro poteri

A ciascun accomandatario è riconosciuto:

- un diritto di veto alle modificazioni dell'atto costitutivo che devono essere approvate da tutti i soci
accomandatari, art. 2460c.c;
- un diritto di veto che è loro riconosciuto esplicitamente anche per quella specifica modificazione
dell'atto costitutivo che è la nomina dei nuovi amministratori.

I soci accomandanti

I soci accomandanti sono obbligati nei limiti delle azioni sottoscritte e sono dei veri e propri
azionisti; la loro prestazione si esaurisce con il pagamento della somma conferita in società.

Ad essi si applicano le regole della s.a.s, tranne l'art. 2320c.c.c (divieto di immistione).

Lo scioglimento della società


La società si scioglie in caso di cessazione dall'ufficio di tutti gli amministratori, se nel termine di 6
mesi non si è provveduto alla loro sostituzione (art. 2458c.c.). Per questo periodo la società è
amministrata da un amministratore provvisorio, nominato dal collegio sindacale, che non assume la
qualità di socio accomandatario ed i cui poteri sono limitati all'ordinaria amministrazione, art.
2458c.c.

SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA

La s.r.l. ha in comune con la s.p.a. la norma secondo la quale per le obbligazioni sociali risponde
soltanto la società con il suo patrimonio, ex art. 2462c.c. , ovvero i soci ne rispondono entro i limiti
della somma o del bene conferito.

Perciò questo tipo di società prevede una ripartizione del rischio fra più persone, una limitazione del
rischio all'ammontare del conferimento e una mobilizzazione del capitale, in quanto le quote sono
trasferibili e divisibili.

La differenza principale con la s.p.a la si identifica nel fatto che le quote di partecipazione dei soci
non possono essere rappresentate da azioni, art. 2468c.c.

La sua funzione economica si identifica nella sua capacità di fornire alle imprese sociali di ridotte
dimensioni uno schema societario che permetta di fruire del beneficio della responsabilità limitata.

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Costituzione (art. 2463)
Il nuovo articolo 2463 del cc., redatto dopo la riforma del diritto societario, contempla la possibilità
di costituzione di una srl mediante contratto o atto unilaterale, purchè redatto per atto pubblico da
depositarsi entro dieci giorni presso l’ufficio del registro delle imprese a cura del notaio. L’atto
costitutivo dovrà contenere, oltre ai dati relativi all’identificazione dei soci, della società ecc.. le
norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l’amministrazione, la
rappresentanza, e la ripartizione di competenze tra soci e amministratori. Da ciò deriva che nelle srl
atto costitutivo e statuto possano essere inclusi in un unico atto. Inoltre sarà possibile anche
contrarre società a tempo indeterminato pur prevedendo specifiche tutele in tema di recesso dei
soci.
Si applicano le stesse norme della s.p.a. per quanto riguarda:

- la sottoscrizione integrale dell'atto costitutivo, i conferimenti dei soci, il versamento del 25% dei
conferimenti, la stima dei conferimenti, il deposito dell'atto costitutivo presso l'ufficio del
registro delle imprese.

Conferimenti e loro stima (art. 2464-2465-2466)


La società non potrà costituirsi con capitale inferiore a 10 mila euro. Molte però le novità presenti
nel nuovo articolo 2464:

1) al momento della sottoscrizione dell’atto costitutivo dovrà essere versato presso una banca
almeno il 25% dei conferimenti in denaro (al minimo 2.500 euro), mentre nel caso di
costituzione attraverso atto unilaterale dovrà essere versato integralmente il capitale;
2) il versamento potrà essere sostituito dalla stipula di una polizza di assicurazione o di una
fideiussione bancaria (il socio potrà comunque sostituire in ogni momento tali documenti
con denaro);
3) tutti gli elementi dell’attivo patrimoniale suscettibili di valutazione possono costituire
oggetto di conferimento. Fra i conferimenti potranno quindi essere ricompresi obblighi
assunti dal socio aventi ad oggetto la prestazione d’opera o di servizi a favore della società
(conferimenti finora ammessi solo nelle società personali); tuttavia tali conferimenti
dovranno essere garantiti per l’intero valore ad essi assegnato mediante la prestazione di una
polizza o una fideiussione bancaria.

Ai sensi del nuovo articolo 2465, inoltre, chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la
relazione giurata di un esperto iscritto nell’albo dei revisori contabili o di una società di revisione.
L’obbligo di relazione giurata sussiste anche quando la società, entro il biennio successivo al
momento di iscrizione nel registro delle imprese acquisti per un corrispettivo superiore al 1/10 del
capitale sociale beni o crediti da soci fondatori e da amministratori.

Nel caso di mancata esecuzione dei conferimenti, gli amministratori diffidano il socio moroso ad
adempiere entro 30 giorni, oltre i quali, se non ritenuta utile l’azione di esecuzione forzata, gli stessi
potranno vendere le quote agli altri soci in proporzione, oppure la quota dovrà essere venduta
all’incanto. Il capitale dovrà essere ridotto se la vendita non può essere effettuata.

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Il finanziamento dei soci (art. 2467)
Nel nuovo Cod. Civ. è stato poi introdotto l’art. 2467 in materia di finanziamento dei soci.
Il rimborso del finanziamento dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione
degli altri creditori e se avvenuto nell’anno precedente alla dichiarazione di fallimento della società
deve essere restituito. Per finanziamenti dei soci si intendono quelli in qualsiasi forma effettuai
concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società,
risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una
situazione finanziaria della società in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento

La s.r.l. unipersonale
Questo tipo di società è stato introdotto dal D.lgs 3 marzo 1993 n. 88, che ha reso possibile ad un
imprenditore, di svolgere un'attività economica limitando la sua responsabilità a una parte del
proprio patrimonio, usando lo schema societario.

L’art. 2462 del c.c. dispone che in caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte
nel periodo in cui l'intera partecipazione è appartenuta ad una sola persona, questa risponde
illimitatamente quando i conferimenti non siano stati effettuati secondo quanto previsto
dall'articolo 2464, o fin quando non sia stata attuata la pubblicità prescritta dall'articolo 2470.

Gli elementi essenziali di questo tipo di S.r.l. sono:

- la necessità di menzionare l'esistenza del socio unico negli atti e nella corrispondenza;
- per le operazioni e gli atti compiuti in nome della società prima della sua iscrizione non sono
responsabili solo coloro che hanno agito in solido, ma anche i fondatori;
- deve essere depositata una dichiarazione contenente le generalità del socio unico dagli
amministratori al fine dell'iscrizione;
- nell'atto della costituzione della società il capitale deve essere interamente versato e tutti i
contratti e le operazioni riguardanti il socio unico devono essere trascritti nel libro delle adunanze
del consiglio di amministrazione, infine delle obbligazioni sociali risponde la società con il suo
patrimonio.

Partecipazione sociale (art. 2468-2469)


La quota è la posizione di parte nel contratto di società nella sua considerazione quantitativa, data
dal valore della frazione del capitale sottoscritto dal socio.
Per quanto concerne la disciplina della partecipazione sociale, in nessun caso di ammontare
inferiore a un euro, i diritti sociali spetteranno ai soci in misura proporzionale alla partecipazione;
tuttavia, resterà salva la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’assegnazione di partecipazioni
non necessariamente proporzionali al conferimento o l’attribuzione ai singoli soci particolari diritti
concernenti sia i poteri nella società sia la partecipazione agli utili.

Il nuovo articolo 2469, invece, dopo avere ribadito la piena trasferibilità delle quote sia per atti tra
vivi che “mortis causa” prevede anche la possibilità di blocco di tale trasferibilità per specifica
disposizione dell’atto costitutivo. In questi casi, tuttavia, il socio e i suoi eredi possono esercitare il
diritto di recesso.
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Il trasferimento delle quote deve avvenire con sottoscrizione autenticata: il notaio ha l'obbligo di
depositare l'atto entro 30gg. presso l'ufficio del registro delle imprese dove è iscritta la società;
l'iscrizione del trasferimento nel libro dei soci ha luogo nei 30 gg da tale deposito (art. 2470c.c.).
Infine i creditori particolari possono espropriare la quota con la conseguenza che questa venga
sottoposta a vendita forzata o assegnata al creditore procedente.

I nuovi titoli debito (art. 2483)


Conseguenza interessante della riforma del diritto societario è stata l’introduzione dell’art. 2483 del
Cod. Civ. che permette anche alle Srl l’emissione di titoli di debito (a condizione che l’atto
costitutivo lo preveda).
Tale particolarità sarà però assoggettata a particolari cautele:

• i titoli in questione potranno essere sottoscritti esclusivamente da investitori qualificati;


• in caso di successiva circolazione di detti titoli chi li ha sottoscritti risponderà della solvenza
della società.

Diritti e obblighi dei soci


I diritti dei soci sono diritti di partecipazione all'amministrazione della società (diritto di voto e di
intervento), diritti patrimoniali riguardanti gli utili, la quota di liquidazione, il diritto di opzione di
nuove azioni.

Gli obblighi dei soci sono analoghi a quelli della s.p.a., l'unica eccezione è rappresentata dall'art.
2466c.c. che considera la mora del socio nel versamento dei conferimenti.

La qualità del socio cessa per:

- recesso (art. 2473c.c.);


- trasferimento della quota (art. 2469c.c.);
- espropriazione della quota (art. 2471c.c.);
- fallimento;
- vendita coattiva della quota;
- esclusione (art. 2473 bis c.c.).

Recesso del socio (art. 2473)


Nel nuovo articolo 2473 possiamo rilevare un notevole ampliamento delle ipotesi di recesso del
socio previste prima della riforma.
L’atto costitutivo, infatti, determina quando il socio può recedere e le relative modalità: in ogni caso
il diritto di recesso compete ai soci che non hanno consentito al cambiamento dell'oggetto o del tipo
di società, alla sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione, al trasferimento della
sede all'estero, alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall'atto costitutivo e al
compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto della società
determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma
dell'articolo 2468, quarto comma. Nel caso di società a tempo indeterminato il socio sarà libero di
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recedere in ogni momento, previo avviso di almeno sei mesi, slavo che l’atto costitutivo non
contempli un preavviso maggiore ma di durata non superiore all’anno. Inoltre cambia il metodo di
valutazione della quota del recedente: essa sarà valuta al suo valore di mercato.

L’atto costitutivo può prevedere infine specifiche ipotesi di esclusione del socio per giusta causa
(art.2473 bis c.c.).

GLI ORGANI SOCIALI

L’amministrazione della società (art. 2475)


L’amministrazione delle nuove srl potrà essere affidata ad un amministratore unico o a un consiglio
di amministrazione scelti fra i soci salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo. Nel caso di
organo collegiale:

1) l’atto costitutivo potrà prevedere che l’amministrazione sia conferita ai singoli membri
congiuntamente o disgiuntamente (principio nuovo);
2) qualora sia costituito un cda l’atto costitutivo potrà prevedere che le decisioni siano adottate
mediante consultazione scritta o sulla base di consenso espresso per iscritto (si tratta di una
novità rilevante, perché in futuro, previo eventuale consulto telefonico, sarà possibile inviare
una proposta gestionale o organizzativa via fax o email da un componente dell’organo agli
altri, i quali potranno rispondere con gli stessi mezzi ratificando la decisione ma senza
necessità di una vera riunione).

Per quanto attiene, invece, i poteri degli amministratori la riforma non ha introdotto rilevanti
cambiamenti: tuttavia è stato previsto che l’atto costitutivo possa attribuire agli amministratori la
facoltà di aumentare il capitale sociale o di emettere titoli di debito (novità, quest’ultima,
significativa).

Si ricorda infine che ad ogni socio è riconosciuto il diritto di ottenere notizie dagli amministratori in
merito allo svolgimento degli affari sociali e di procedere a una diretta ispezione dei libri sociali e
dei documenti concernenti l’amministrazione della società. L’azione di responsabilità contro gli
amministratori è promossa da ciascun socio il quale può altresì chiedere in caso di gravi irregolarità
nella gestione della società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori
medesimi.

Il controllo dei soci e il controllo dei conti


Due le novità in tema di controllo dei soci:

1) in primo luogo il controllo del socio potrà avvalersi a riguardo anche di un consulente di
fiducia;
2) il controllo dei soci potrà estendersi non solo ai libri sociali ma anche alla documentazione.

Per quanto attiene, invece, il controllo dei conti con l’articolo 2477 si è sostanzialmente conservata
la normativa precedente, secondo la quale è obbligatoria la nomina del collegio sindacale quando il

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capitale non è inferiore a quello minimo previsto per le Spa oppure quando vengono superati
determinati limiti dimensionali.

In caso di mancanza del collegio sindacale, il controllo della gestione sociale si trasforma in potere
del singolo socio e questi può chiedere notizie agli amministratori, consultare libri e far eseguire la
revisione della gestione sociale.

Le decisioni dei soci e l’assemblea (art. 2479)


Per quanto riguarda l'assemblea la struttura è fondamentalmente uguale a quella della s.p.a.; i
principali elementi di differenziazioni sono:

- l'assemblea è convocata per lettera raccomandata visto il numero limitato di soci; ciascun socio
dispone di un voto che vale in misura proporzionale alla sua partecipazione; le maggioranze
richieste sono più elevate che nella s.p.a.; non esiste distinzione tra prima e seconda convocazione.

Anche le assemblee dei soci potranno essere surrogate da decisioni dei soci adottate mediante
consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto con le modalità descritte per
l’organo decisorio (vedi sopra). In alcuni casi, però, il metodo in questione non potrà comunque
essere applicato e si dovrà ricorrere alla tradizionale assemblea.

Molto interessanti sono invece le novità in materia di quorum decisionali, che si differenziano a
secondo che vi sia decisione dei soci o delibera dell’assemblea:

a) Nel caso di decisione dei soci l’articolo 2479 prevede che le stesse siano prese con il voto
favorevole della maggioranza dei votanti che rappresentano almeno la metà del capitale
sociale;
b) Nel caso di decisioni assembleari, invece, l’organo si intenderà regolarmente costituito con
la presenza di tanti soci che rappresentino la metà del capitale sociale e delibera a
maggioranza assoluta dei presenti. Per le modifiche dell’atto costitutivo o per il compimento
di operazioni che comportino una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale la
deliberazione necessita del voto favorevole di almeno metà del capitale sociale;
c) Viene infine abolita la distinzione fra assemblea ordinaria e straordinaria per ciò che
concerne i quorum deliberativi; le decisioni ad oggi demandate all’assemblea straordinaria
saranno adottate con il voto favorevole della maggioranza del capitale sociale e non più con
i due terzi.

Lo scioglimento della società (art. 2484)


La s.r.l. si può sciogliere per:

- decorso del termine;


- conseguimento dell'oggetto sociale;
- inattività della società;
- riduzione del capitale al di sotto del minimo legale;
- volontà dei soci;
- altre cause previste dalla legge o dall'atto costitutivi.

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NOZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO

In queste parte della dispensa si affrontano i principali temi in materia di diritto tributario. Si tenga
presente che, generalmente, le domande delle commissioni orali sulla fiscalità riguardano,
essenzialmente, la tassazione delle attività finanziarie in capo a persone fisiche1. In particolare
occorre sapere come vengono tassati i piccoli risparmiatori quando comprano e vendono strumenti
finanziari quali azioni, obbligazioni, titoli di stato, fondi comuni di investimento ecc.. Si consideri,
peraltro, che la normativa in materia fa riferimento, in principal modo, al D.lgs 21-11-1997, n. 461
in vigore dal 1° luglio 1998 che ha riformulato l'intero impianto normativo della tassazione delle
attività finanziarie, ma che è stato successivamente modificato ed integrato nel corso del tempo.
Inoltre, il testo di legge principale in tema di diritto tributario è sicuramente il Testo Unico delle
Imposte sui Redditi (TUIR): si tratta di una legge soggetta a continue modifiche, in quanto ogni
anno, a secondo delle Leggi finanziarie introdotte dai governi, molti articoli del TUIR vengono
cambiati. E’ buona cosa, dunque, avere a disposizione un TUIR aggiornato!!

Procederemo andando a vedere i seguenti argomenti:

• Nozioni generali di diritto tributario


• L’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF)
• Le categorie reddituali previste dal TUIR
• La tassazione dei redditi derivanti da strumenti finanziari
• La tassazione degli OICR
• I futuri cambiamenti: cosa bolle in pentola!

Nozioni generali
La prima fonte del diritto tributario è senza dubbio la Costituzione e in special modo l'art. 23 che
espressamente dichiara: "nessuna prestazione patrimoniale o personale può essere imposta se non in
base alla legge". Si fa esplicito riferimento, cioè, al principio di legalità prevedendo che solo in
base a specifiche norme di legge si possono applicare imposte ai cittadini.

Ancora più importante l'art. 53, che individua un fondamentale dovere di solidarietà stabilendo che..

"tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in base alla capacità contributiva e che il sistema
tributario è informato a criteri di progressività":

1
Non possiamo tuttavia escludere totalmente che vengano richieste nozioni più generalizzate sul diritto tributario!!!
Purtroppo l’orale presenta sempre una qualche incertezza.
60
Sono tre gli aspetti fondamentali dell’articolo 53 su cui occorre porre attenzione

• Il termine tutti, che fa riferimento non solo ai cittadini italiani ma anche agli stranieri, e agli
apolidi che operano sul territorio dello Stato. Si tenga inoltre presente che i cittadini italiani
sono tassati su tutti i redditi prodotti, anche quelli prodotti all’estero!!2
• Il termine capacità contributiva
• Il concetto di progressività

La capacità contributiva
Nella elaborazione che ne ha fatto la giurisprudenza costituzionale, la capacità contributiva va
intesa come una manifestazione determinata di ricchezza, comprensiva di reddito, patrimonio,
consumo e trasferimento, che costituisce la giustificazione, la causa, del prelievo tributario e ne
contiene la misura, nel senso che l'entità del tributo deve essere una parte (aliquota) di essa. In altre
parole la capacità contributiva è data sia dal fatto che una persona produce dei redditi (di varia
natura, come diremo oltre), sia dal fatto che una persona possieda un patrimonio, ovvero consumi la
ricchezza a sua disposizione, ovvero la trasferisca: basti pensare che esistono imposte su beni
patrimoniali (ad esempio la casa), ovvero imposte sul consumo (l’imposta sul valore aggiunto,
IVA), o ancora imposte applicate su trasferimenti di ricchezza quali la successione.

Il principio della progressività del sistema tributario


Per capire il concetto di progressività contributiva, che va di pari passo con quello dell'equità,
partiamo da un esempio. Tizio che ha un reddito triplo rispetto a quello di Caio, paga un'imposta
proporzionale al suo reddito, cioè tre volte di più rispetto a Caio. In questo caso il carico tributario
cresce in rapporto diretto con il crescere della ricchezza imponibile, ossia l’imposta è proporzionale.
Quando invece la crescita dell’imposizione fiscale è in misura più che proporzionale rispetto alla
ricchezza imponibile, la tassazione si dice progressiva, e trova la sua giustificazione nell'esigenza
sociale di limitare il divario economico tra le classi sociali, perseguendo il massimo utile con il
minimo sacrificio per soggetto e soprattutto cercando di realizzare una distribuzione dei redditi a
favore delle categorie più deboli. Si noti, tuttavia, che in alcuni casi l’imposizione fiscale potrebbe
essere ad importo fisso, indipendentemente cioè da quanto sia il reddito del soggetto

Possiamo quindi dire che l’imposizione fiscale può essere

• ad importo fisso
• proporzionale alla reddito prodotto
• progressiva rispetto al reddito prodotto

I tipi di progressività
Il criterio della progressività (ossia, in parole semplici, far pagare più tasse a chi ha più soldi) si può
raggiungere in diversi modi. In particolare si può avere:

- Progressività per scaglioni: è il modo più tradizionale per garantire la progressività. In pratica
per ogni classe di reddito imponibile è prevista un'aliquota che si applica solo allo scaglione

2
E’ il cosiddetto principio della world wide taxation, ossia se sono un italiano ma ottengo dei redditi in Giappone, ad
esempio, sono comunque tassato in Italia.
61
compreso in quella classe. Man mano che si passa a scaglioni di reddito più alti l’aliquota
applicata aumenta.

Si noti che gli scaglioni di reddito, e le aliquote ad essi applicate, possono variare di anno in anno a
secondo delle decisioni prese dai governi in carica. Il precedente governo (Governo Berlusconi, per
intenderci), aveva previsto di arrivare, a regime, a tre scaglioni di reddito e a tre aliquote. L’attuale
governo (governo Prodi), ha preferito ritornare ai classici cinque scaglioni di reddito che sono oggi
previsti dall’articolo 11 del TUIR. Si ha dunque la seguente situazione.

“L’imposta lorda è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili
indicati nell’articolo 10 del Tuir, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:

a) fino a 15.000 euro, 23%


b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27%
c) oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38%
d) oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41%
e) oltre 75.000 euro, 43%

- Progressività per deduzione: un altro metodo per garantire la progressività è quello di


concedere possibili deduzioni dal reddito complessivo imponibile. In pratica il legislatore fiscale
può decidere di favorire particolari categorie sociali (famiglie, pensionati, giovani ecc..)
concedendo la deducibilità di alcuni oneri, che sono elencati dall’articolo 10 del TUIR (ad
esempio spese mediche, contributi a forme di previdenza complementare, alcuni tipi donazioni
ecc…). Grazie agli oneri deducibili viene ridotto il reddito complessivo su cui calcolare le
imposte, che di conseguenza risulteranno ridotte nel loro ammontare.

- Progressività per detrazione: contrariamente alla deduzione, la detrazione si ottiene


concedendo un abbattimento diretto dell’imposta lorda. Ciò significa, praticamente, che una
volta calcolato il reddito complessivo di un contribuente e applicate le aliquote previste dai
diversi scaglioni, si ottiene l’imposta lorda, da cui però si effettuano particolari detrazioni
(previste in particolare dagli articoli 12, 13, 15 e 16 del TUIR) che portano a determinare
l’imposta netta che si dovrà effettivamente pagare3.

Ricapitolando:

Oneri deducibili = riducono l’ammontare del reddito complessivo

Oneri detraibili = riducono l’imposta dovuta dal contribuente

Alcuni chiarimenti terminologici


Prima di proseguire nella disamina della tassazione dei redditi delle persone fisiche, è importante
effettuare alcune precisazioni terminologiche. Quando parliamo di fiscalità, infatti, siamo soliti
utilizzare genericamente il termine tasse. Occorre però distinguere il concetto di imposte (che poi
sono in realtà quelle che più ci colpiscono) da quello di tasse e tributi. Infatti…..

3
Si noti, peraltro, che il precedente governo aveva puntato soprattutto sulla progressività per deduzione, mentre
l’attuale governo ha preferito insistere soprattutto sulle detrazioni.
62
L'IMPOSTA è definibile come il prelievo coattivo di ricchezza a carico dei cittadini al fine di
soddisfare un interesse generale. L'imposta è cioè un dovere consistente nel concorrere alle spese
pubbliche generali in ragione della propria capacità contributiva.

Più specificatamente l'imposta è una parte, detta aliquota, di una somma definita, detta imponibile,
che un soggetto passivo, il contribuente, deve corrispondere ad un ente pubblico, soggetto attivo,
al verificarsi di una determinata situazione di fatto, il presupposto.

Le imposte possono essere:

• dirette, quando colpiscono la capacità contributiva nella sua immediatezza (ad esempio l’Irpef);
• indirette, quando, come indice rilevatore di una capacità contributiva, si usa una manifestazione
indiretta di questa, come può essere il trasferimento del bene (ad esempio IVA).

LA TASSA è invece il corrispettivo di talune attività dello Stato che riguardano il singolo
contribuente, sicché la giustificazione di essa viene ravvisata nella utilità che il singolo ricava da
un'attività dell'ente pubblico che lo riguardi. La tassa dunque è il corrispettivo di uno specifico
servizio di cui il cittadino usufruisce

IL TRIBUTO è invece richiesto a quei soggetti che traggono vantaggio dalla realizzazione di opere
o dalla fornitura di servizi di utilità generale

L'IRPEF (imposta sul reddito delle persone


fisiche)
L'IRPEF è l'imposta progressiva sul reddito complessivo delle persone fisiche. Scopo dell'imposta
è colpire l'intera capacità contributiva costituita dal reddito complessivo eccedente il fabbisogno
fondamentale di vita, il quale viene rappresentato dalle spese personali. Il carattere della
progressività è attuato, come sopra osservato, con il sistema a scaglioni. Per capire come funziona
l’Irpef è bene avere presente i primi tre articoli del TUIR.

Art. 1. Presupposto dell’imposta


“Presupposto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è il possesso di redditi in denaro o
in natura rientranti nelle categorie indicate dall’articolo 6 del TUIR”

Notate che si parla di possesso di redditi, ossia possibilità di fruire del reddito (che deve
materializzarsi in denaro o natura). Possesso e non per forza produzione di redditi (ad esempio i
redditi fondiari, di cui oltre, si basano sul semplice possesso di alcuni beni quali terreni e fabbricati,
anche se non sono dati in affitto). Inoltre è importante considerare che i redditi di una persona fisica
sono tutti ricompresi in una delle specifiche categorie stabilite dall’articolo 6.

Art. 2. Soggetti passivi


“Soggetti passivi dell’imposta sono le presone fisiche, residenti e non residenti nel territorio
dello Stato”

63
L'IRPEF dunque si applica a tutte le persone fisiche, residenti e non residenti.

“Si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta (183
giorni) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello
stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

“Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle
anagrafi della popolazione residente ed emigrati in stati o territori aventi un regime fiscale
privilegiato”

Si noti, dunque, che per non essere residente non basta cancellarsi dall’anagrafe!!! Se infatti emigro
in un paese a fiscalità privilegiata (cosiddetti paradisi fiscali o paesi della Black List) vengo
considerato comunque residente, e tassato in Italia, a meno che non dimostri il contrario, cioè non
dimostri di essermi effettivamente staccato dall’Italia (ma sono io che devo dimostrarlo, non il
fisco!!!)

I paesi della Black List


Alderney Emirati Arabi Liberia Sark
Andorra Ecuador Liechtenstein Seychelles
Anguilla Filippine Macao Singapore
Antigua e Bermuda Gibilterra Malesia Saint Kitt e Nevis
Antille olandesi Gibuti Maldive Saint Lucia
Aruba Grenada Malta Saint Vincent e Grenadine
Bahamas Guernsey Mauritius Svizzera
Bahrein Hong Kong Monserrat Taiwan
Barbados Isola di Man Nauru Tonga
Belize Isole Cayman Niue Turks e Caicos
Bermuda Isole Cook Sultanato di Oman Tuvalu
Brunei Isole Marshall Panama Uruguay
Cipro Isole vergini Polinesia Vanuatu
Costa rica Jersey Principato di Monaco Samoa
Dominica Libano San Marino

Art. 3. Base imponibile


“L’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i
redditi posseduti al netto degli oneri deducibili (art. 10) e per i non residenti soltanto da quelli
prodotti nel territorio dello stato”

Si noti la distinzione. Per i residenti si considerano tutti i redditi posseduti. Per i non residenti solo
quelli prodotti nel territorio dello stato. Per i soggetti residenti vige quindi un principio di
"attrazione" per cui sono imponibili in Italia i redditi ovunque prodotti con il riconoscimento, a
determinate condizioni, di un credito d'imposta per le eventuali imposte pagate in via definitiva
all'estero.

64
Sono tuttavia esclusi dalla base imponibile i redditi soggetti a tassazione separata, indicati
dall'art. 17 del TUIR. Attenzione. Si tratta di una precisazione importante, perché alcuni redditi
derivanti dal possesso di strumenti finanziari sono appunto indicati in dichiarazione ma soggetti a
tassazione separata, ossia non vanno ad accrescere l’imponibile come si dice in gergo!!

Un altro concetto importante riguarda invece i redditi soggetti ad imposta sostitutiva che,
anch’essi, non formano imponibile. La sostituzione di imposta può essere vista sotto due aspetti:

Oggettiva crea i cosiddetti ‘regimi sostitutivi’, in cui cioè una data fattispecie reddituale viene
sottoposta, in via derogatoria, ad un regime fiscale diverso da quello ordinario (ovvero
dichiarazione e tassazione progressiva a scaglioni). In pratica significa che alcuni redditi non
rientrano negli scaglioni di cui abbiamo detto sopra;

Soggettiva si manifesta qualora l’obbligazione tributaria (o altri debiti tributari) sono posti a
carico di un soggetto (SOSTITUTO D’IMPOSTA) diverso da colui che realizza il presupposto. La
sostituzione soggettiva si può presentare sia come ‘sostituzione a titolo d’imposta’ sia come
‘sostituzione a titolo d’acconto’. In pratica significa che per alcuni redditi non è il contribuente che
paga le imposte, ma un terzo soggetto che agisce da sostituto4.

Attenzione. In generale i redditi derivanti dal possesso di strumenti finanziari sono soggetti ad
imposizione sostitutiva

Il periodo d'imposta ai fini IRPEF, è l'anno solare.

LE CATEGORIE REDDITUALI PREVISTE


DAL TUIR
L'art 6 del TUIR stabilisce che i redditi su cui deve essere applicata l'IRPEF sono:

- redditi fondiari,
- di capitale,
- di lavoro dipendente,
- di lavoro autonomo,
- di impresa,
- redditi diversi.

Tutti i redditi qui elencati, vengono sommati algebricamente, dando luogo al reddito complessivo
lordo; da tale reddito vanno poi detratti gli oneri deducibili, per ottenere il reddito complessivo

4
Il SOSTITUTO è, di solito, una società che corrisponde redditi da capitale o da lavoro: egli, nel caso di applicazione di
ritenute a titolo d’imposta, è debitore unico verso il fisco. Tra fisco e sostituito, invece, non vi è alcun rapporto:
quest’ultimo non deve neppure dichiarare i redditi. In caso di sostituzione a titolo d’acconto il sostituto non è debitore in
luogo del soggetto che sarebbe obbligato secondo i criteri generali della soggettività passiva dell’obbligazione, ma è
soggetto passivo di un obbligo di versamento al quale non è riferibile alcuna idea di sostituzione.

65
netto. A tale reddito si applicano le aliquote progressive a scaglioni previste dall'art. 11 del TUIR,
ottenendo così l'imposta lorda, alla quale si applicheranno le detrazioni d'imposta previste per
giungere all’imposta netta. La somma così determinata costituisce l'oggetto dell'obbligazione
tributaria, dovuta da ogni soggetto in rapporto alla propria situazione. Una volta ottenuta l'imposta
netta, viene detratto l'importo dei crediti d'imposta spettanti al contribuente e le ritenute
d'acconto effettuate dai sostituti d'imposta a suo carico, che riguardano i redditi da lavoro
dipendente, da lavoro autonomo e altre ritenute. Vige il principio dell'autotassazione, cioè è lo
stesso contribuente che determina l'imposta e provvederà a versarla.

Vediamo ora in cosa consistono le categorie di redditi previste dall’articolo 6 del Tuir. Si tenga
subito presente che i redditi derivanti dal possesso di attività finanziarie, di cui diremo oltre,
rientrano o tra i redditi di capitale, o tra i redditi diversi

Redditi fondiari (Art. 25 TUIR)

Si tratta essenzialmente di redditi di natura immobiliare derivanti dal possesso (a titolo di proprietà,
enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale) di terreni o fabbricati:

- situati nel territorio dello Stato;


- iscritti (o che devono essere iscritti), con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel
catasto edilizio urbano.

I redditi fondiari a loro volta si distinguono in:

1) Redditi dominicali: sono costituiti dalla parte dominicale del reddito medio ordinario
ritraibile dai terreni attraverso l'esercizio delle attività agricole ;
2) Redditi agrari: sono costituiti dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile
al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del
terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso;
3) Redditi dei fabbricati: rappresentano la parte del reddito medio ordinario ritraibile da
ciascuna unità immobiliare urbana. Per unità immobiliare urbana si intende ogni fabbricato
o altra costruzione stabile o loro porzione suscettibile di reddito autonomo.

Ponetevi la seguente domanda


Cosa si intende per reddito medio ordinario di un immobile?
I redditi fondiari si caratterizzano per non essere di norma determinati in base alla effettiva resa
dell’immobile, sia esso un terreno o un fabbricato, bensì in base ad ipotesi di rese medie potenziali:
ciò vuol dire che il calcolo delle imposte non avviene in base a rilevazioni continue di dati concreti
ma attraverso l’applicazione di dati catastali predeterminati. Solo in alcuni casi, ad esempio in
presenza di perdite per mancata coltivazione o eventi naturali, il legislatore consente al contribuente
di modificare la base imponibile al fine di tener conto di eventi specifici che possono aver influito
sulla capacità contributiva dell’individuo.

66
Redditi di capitale (Art. 44 TUIR)

Diversamente dal caso dei redditi fondiari, il TUIR non propone alcuna definizione generica di
reddito da capitale procedendo, invece, ad una definizione puntuale delle singole fattispecie. Tale
scelta è motivata dal fatto che in questa categoria reddituale rientra essenzialmente ogni provento
derivante dall’impiego di denaro per finalità di risparmio o in ottica d’investimento (non effettuato
nell’esercizio di un’attività d’impresa).

A titolo esemplificativo, costituiscono redditi da capitale:

- gli interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi, obbligazioni e titoli similari, le
rendite perpetue e le prestazioni annue perpetue , il pegno l'ipoteca la fideiussione ecc., gli utili
derivanti da contratti di associazione in partecipazione, dalla partecipazione in società o in enti
soggetti all'IRPEG, gli utili corrisposti ai mandanti e fiduciari dalle società ed enti che hanno
per oggetto la gestione patrimoniale di denaro o beni affidati da terzi,
- i proventi derivanti da contratti di riporto e pronti contro termine, derivanti dal mutuo di titoli
garantito, redditi dei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione e gli interessi
derivanti dall'impiego di capitale, esclusi quelli realizzati in dipendenza di un evento incerto.
- Interessi e altri proventi di obbligazioni e titoli similari, di altri titoli diversi sa azioni, di
certificati di massa
- Rendite perpetue e prestazioni annue perpetue
- Utili derivanti dalla partecipazione in società
- I proventi derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse
patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati a terzi o provenienti dai
relativi investimenti; - i proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e
valute
- Redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla
vita e di capitalizzazione ……..

Redditi da lavoro dipendente (Art. 49 TUIR)

Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo
percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di
lavoro.

Redditi da lavoro autonomo (Art. 53 TUIR)

Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall'esercizio di arti e professioni. Per esercizio
di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività
di lavoro autonomo che non determinano reddito d’impresa. Tali attività possono essere svolte
anche da associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche.

Nella medesima categoria rientrano altresì:


- i redditi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell'autore o inventore, di opere
dell'ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze
acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico, se non sono conseguiti nell'esercizio
di imprese commerciali;
- le partecipazioni agli utili di associazioni in partecipazione quando l'apporto è costituito
esclusivamente dalla prestazione di lavoro;

67
- le partecipazioni agli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori di società per azioni, in
accomandita per azioni e a responsabilità limitata;
- etc…

Redditi d’impresa (Artt. 55-66 TUIR)

Sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali.


Dal punto di vista fiscale viene considerata impresa commerciale lo svolgimento per professione
abituale, anche se non esclusiva, delle seguenti attività:
- industriale diretta alla produzione di beni e servizi;
- di intermediazione per la circolazione di beni;
- di trasporto;
- bancaria e assicurativa;
- di prestazione di servizi organizzate in forma d’impresa;
- sfruttamento di cave e torbiere, saline, laghi, etc…;
- attività di orgni tipo svolte da società;
- etc…

Attenzione
Come gli agenti e rappresentanti di commercio e assicuratori, i promotori iscritti al relativo albo
svolgono un’attività oggettivamente d’impresa (R.M. 11/11/1995, n. 267).

Redditi diversi (Art. 67 TUIR)

La categoria dei redditi diversi comprende diverse fattispecie. A titolo puramente esemplificativo si
propone una riaggregazione il più possibile omogenea delle varie voci che sono richiamate dall’art.
67 del TUIR:

• i redditi che non costituiscono i redditi di capitale, se sono conseguiti nell'esercizio di arti e
professioni, di imprese commerciali o di società di persone, o se non sono conseguiti in
relazione alla qualità di lavoro dipendente;
• le plusvalenze da lottizzazione terreni;
• le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di immobili;
• le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate e non;
• i redditi derivanti dalla cessione di strumenti derivati……

Al fine di aiutare la comprensione di alcuni passaggi che si renderanno necessari in seguito, è


necessario memorizzare il contenuto delle lettere da c) a c-quinquies) del già citato art. 67 TUIR:

“ c) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni


qualificate…;

c-bis) le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c), realizzate
mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio
di:
- s.s., s.n.c., s.a.s. residenti;
- le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società
cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
68
- gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per
oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
- gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno
per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
- le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio
dello Stato;
nonché di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni;

c-ter) le plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere c) e c-bis), realizzate mediante
cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di
massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di
metalli preziosi, sempre ché siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad
organismi d'investimento collettivo. Agli effetti dell'applicazione della presente lettera si considera
cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente;

c-quater) i redditi, diversi da quelli precedentemente indicati, comunque realizzati mediante


rapporti da cui deriva il diritto o l'obbligo di cedere od acquistare a termine strumenti finanziari,
valute, metalli preziosi o merci ovvero di ricevere o effettuare a termine uno o più pagamenti
collegati a tassi di interesse, a quotazioni o valori di strumenti finanziari, di valute estere, di metalli
preziosi o di merci e ad ogni altro parametro di natura finanziaria;

c-quinquies) le plusvalenze ed altri proventi, diversi da quelli precedentemente indicati,


realizzati mediante cessione a titolo oneroso ovvero chiusura di rapporti produttivi di redditi di
capitale e mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di crediti pecuniari o di strumenti
finanziari, nonché quelli realizzati mediante rapporti attraverso cui possono essere conseguiti
differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto.”

Importante
Mentre l’art. 44 TUIR riferito ai redditi da capitale stabilisce che gli eventuali proventi non
ammettono alcun tipo di deduzione, la regola generale in relazione ai redditi diversi di natura
finanziaria (Art. 68 TUIR) prevede che, nella individuazione dei medesimi, si debba tenere conto
anche delle minusvalenze e degli altri differenziali negativi scaturenti dalle operazioni che hanno
generato i redditi stessi.

LA TASSAZIONE DEI REDDITI


DERIVANTI DA STRUMENTI FINANZIARI
Una volta viste le caratteristiche principali del sistema tributario, e avendo elencate le categorie di
reddito previste dal Tuir, concentriamoci sulla tassazione dei redditi derivanti dal possesso e dalla
compravendita di strumenti finanziari. Ricordiamo, innanzitutto, che in generale dagli strumenti
finanziari scaturiscono redditi da capitale e/o redditi diversi. Abbiamo visto che il Tuir non dà una
precisa definizione di tali redditi, ma più semplicemente una elencazione. In sintesi, tuttavia,
possiamo dire che i redditi di capitale sono:

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Certi nel quando sono percepiti (scadenza o cedola periodica)
A volte certi (interessi) a volte incerti (dividendi) nel loro ammontare
Collegati al passare del tempo

In altri termini i redditi di capitale derivano dal semplice fatto che una persona compra uno
strumento finanziario e lascia trascorrere il tempo!! I redditi di capitale derivano in automatico.

I redditi diversi, invece, sono

Incerti nel quando sono percepiti (dipendono da acquisto/vendita)


Incerti nel loro ammontare
Non collegati al passare del tempo

In altri termini i redditi diversi sono le plusvalenze che si possono realizzare comprando e vendendo
strumenti finanziari. In pratica si hanno quando c’è una transazione sul mercato, quando si
determina un prezzo.

Tassazione delle principali fattispecie di redditi da capitale


Tra i redditi di capitale rientrano, in particolare, gli interessi e i dividendi (ma si tenga subito
presente che vengono considerati redditi da capitale anche gli scarti di emissione dei titoli
obbligazionari e l’incremento del net asset value, ossia del valore della quota, dei fondi comuni di
investimento).

Si noti, peraltro, che l’innovazione finanziaria, e l’apertura dei mercati a strumenti provenienti
dall’estero, ha recentemente portato alla creazione e alla diffusione di strumenti finanziari ibridi,
cioè a meta strada tra obbligazioni e azioni. Da un punto di vista fiscale è importante dunque sapere
come vengono definiti i cosiddetti titoli similari alle obbligazioni e i titoli similari alle obbligazioni,
e cioè….

…si considerano similari alle azioni:

i titoli e gli strumenti finanziari la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai
risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o
dell’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi. Le partecipazioni
al capitale o al patrimonio delle società e degli enti non residenti nel territorio dello Stato,
rappresentate e non rappresentate da titoli, si considerano similari alle azioni a condizione che la
relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito nello Stato
estero di residenza del soggetto emittente; a tal fine la indeducibilità deve risultare da una
dichiarazione dell’emittente stesso o da altri elementi certi e precisi.

…si considerano similari delle obbligazioni:

i buoni fruttiferi emessi da società esercenti la vendita a rate di autoveicoli; i titoli di massa che
contengono l'obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella
in essi indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscono ai
possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione dell'impresa emittente o
dell'affare in relazione al quale siano stati emessi, né di controllo sulla gestione stessa.
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Interessi
L’art. 44 TUIR individua tra le fattispecie reddituali:
a) gli interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti;
b) gli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, degli altri titoli diversi
dalle azioni e titoli similari, nonché dei certificati di massa…

La modalità di tassazione applicata ai proventi corrisposta sotto forma di interessi risulta influenzata
da tre elementi:

- soggetto emittente;
- soggetto percettore;
- tipologia e durata dello strumento.

Regime impositivo
Soggetto Soggetto Sostituto
emittente percettore d’imposta
Durata < 18 mesi Durata > 18 mesi

Intermediario
Imposta Imposta
NETTISTA intervenuto nella
sostitutiva 27% sostitutiva 12,5%
GRANDE riscossione
EMITTENTE

Ritenuta Ritenuta
NETTISTA Emittente
NO d’imposta 27% d’imposta 12,5%
GRANDE
EMITTENTE

Al fine di comprendere appieno il contenuto della tabella è necessario procedere a definire il


significato dei suoi elementi.

Il primo concetto che è necessario sviluppare riguarda la differenza tra ‘NETTISTI’ e


‘LORDISTI’. In realtà non esiste alcuna definizione legislativa in tal senso ma, come prassi, si
considerano ‘NETTISTI’ quei soggetti che, in presenza di regimi fiscali sostitutivi, ricevono i
proventi del loro investimento ‘al netto’ di ogni eventuale onere fiscale (tipicamente i normali
risparmiatori). Viceversa i ‘LORDISTI’ sono coloro che sono comunque chiamati ad assolvere in
modo autonomo l’obbligazione tributaria derivante dalla riscossione di un provento (di natura
finanziaria).

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All’atto pratico, in modo molto semplificato, sono considerate ‘nettiste’ tutte le persone fisiche che
non agiscono in ottica d’impresa, mentre sono considerate ‘lordiste’ le società commerciali e tutti
gli esercenti attività d’impresa.

In base a quanto stabilito dal D. Lgs. 239/96 possiamo definire ‘GRANDI EMITTENTI’ i seguenti
soggetti giuridici:
1) banche;
2) società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati italiani;
3) enti pubblici economici trasformati in S.p.A. in base a disposizione di legge;
4) enti territoriali;
5) Stato.

Quando un ‘NETTISTA’ percepisce interessi o altri proventi derivanti da obbligazioni o titoli


similari, con esclusione delle cambiali finanziarie, emesse da un ‘grande emittente’ subisce
un’imposta sostitutiva:

- del 12,5% se il titolo presenta durata ≥ 18 mesi e tasso non superiore al tasso di riferimento
aumentato di 2/3;
- del 27% se il titolo presenta durata < 18 mesi e/o tasso superiore al limite di cui sopra

Attenzione
I Titoli di Stato sono sempre soggetti ad un’aliquota del 12,5% indipendentemente dalla scadenza.

Qualora non ricorrano i presupposti per l’individuazione di un ‘grande emittente’ viene applicato
l’art. 26 del D.p.r. 600/73. Esso prevede un regime di ritenute alla fonte liquidante dall’emittente
all’atto del pagamento dei proventi ai legittimi destinatari.

Le aliquote da applicare sono:


- del 12,5% per le obbligazioni e titoli similari, con scadenza non inferiore a 18 mesi, e per le
cambiali finanziarie;
- del 27% negli altri casi.

Infine, le ritenute sono a titolo d’imposta (cioè non richiedono conguaglio) qualora il percettore
appartenga alla categoria dei ‘NETTASTI’, mentre sono a titolo d’acconto qualora i proventi
vengano incassati da un ‘LORDISTA’ (cioè il percettore dovrà versare l’eventuale maggiore
imposta risultante dai calcoli effettuati in sede di dichiarazione).

Riportiamo di seguito una piccola tabella con le indicazioni sulla tassazione degli interessi derivanti
dai principali strumenti finanziari

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Strumento di investimento Tipologia di Aliquota
provento
Conti correnti bancari e postali, depositi a risparmio, certificati di deposito Interessi 27%
Titoli di Stato ed equiparati e buoni postali fruttiferi Interessi 12,5%
Cedole
Obbligazioni con durata inferiore ai 18 mesi Interessi 27%
Cedole
Obbligazioni emesse da banche ed istituiti di credito, enti di partecipazione Interessi 12,5%
statale con durata pari o superiore a 18 mesi Cedole
Obbligazioni emesse da imprese private con durata pari o superiore a 18 Interessi 12,5%
mesi cedole

Sempre in relazione agli interessi è bene ricordare che il D.Lgs.18/04/2005 N.84 ha dato attuazione
in Italia alla Direttiva 2003/48/CE del 3 giugno 2003 in materia di tassazione dei redditi da
risparmio sotto forma di pagamenti di interessi. Le nuove disposizioni si applicano dal 1° luglio
2005. Finalità della Direttiva è permettere che i redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di
interessi corrisposti in uno Stato membro a persone fisiche che siano effettive beneficiarie degli
stessi, residenti ai fini fiscali in un altro Stato membro, vengano assoggettati ad imposizione
secondo la legislazione interna di quest'ultimo Stato membro.

La finalità della Direttiva viene realizzata attraverso uno scambio di informazioni automatico tra le
Amministrazioni fiscali degli Stati membri. Belgio, Lussemburgo ed Austria (e, tra i Paesi extra
UE, la Svizzera) hanno la possibilità di applicare, per un periodo transitorio, in luogo dello scambio
di informazioni, una ritenuta sui redditi da risparmio indicati dalla direttiva.
• per i primi 3 anni nella misura del 15%;
• per i successivi 3 anni nella misura del 20%;
• per gli anni a seguire nella misura del 35%;
E’ stato, inoltre, concordato che tali Stati membri trasferiranno il 75% delle entrate percepite a titolo
di ritenuta allo Stato di residenza dell’investitore.

Sotto il profilo oggettivo la Direttiva riguarda solo il pagamento di interessi nelle varie forme
possibili (da conti bancari, da obbligazioni ecc.). Sotto il profilo soggettivo riguarda solo il
pagamento di interessi a persone fisiche, effettive beneficiarie degli interessi, residenti in Stati della
Unione Europea. Lo scambio di informazioni viene realizzato attraverso obblighi di comunicazione
da parte del soggetto che effettua il pagamento degli interessi (c.d. "agente pagatore") alla
Amministrazione Finanziaria del proprio Stato che a sua volta li comunica all'Amministrazione
Finanziaria dello Stato di residenza fiscale dell'effettivo beneficiario.

La più evidente ed immediata conseguenza per il risparmiatore nazionale è la perdita dell'anonimato


per gli eventuali investimenti per i quali non abbia correttamente adempiuto agli obblighi in materia
di monitoraggio fiscale e che sino ad ora potevano essere sconosciuti al Fisco italiano perché
coperti dal segreto bancario. Una ulteriore conseguenza per i risparmiatori italiani che abbiano
investimenti esteri non dichiarati ed effettuati in Stati che si sono avvalsi del regime transitorio che
prevede la applicazione di una ritenuta in luogo dello scambio di informazioni (ad es. Austria e
Svizzera), e' l'assoggettamento degli interessi a tale ritenuta che, dalla iniziale misura del 15%
aumenterà successivamente sino al 35%.

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Dividendi
Lo svolgimento di una qualsiasi attività produttiva raramente è possibile individualmente. Si dà vita
così a forme di aggregazione economica che possono scaturire nella creazione di società in cui più
soggetti collaborano al fine di raggiungere un obiettivo comune.
Quando l’attività svolta risulta proficua si crea, in aggregato, un plusvalore che di norma viene
chiamato utile. Tuttavia, i partecipanti alla società non hanno un diritto autonomo su tale plusvalore,
almeno fino a quando esso non viene imputato, secondo criteri prestabiliti, ai soggetti che hanno
partecipato all’attività produttiva (ad esempio, fornendo i capitali necessari). A ripartizione
avvenuta, i soci risultano titolari di proventi che vengono chiamati ‘dividendi’.

Come è possibile rilevare da questa semplice introduzione si creano diversi passaggi


economicamente rilevanti e quindi fiscalmente significativi. In primo luogo c’è da notare come
molto spesso venga a crearsi, mediante la costituzione di una società (di capitali), un soggetto
visibile a cui è riconosciuta la possibilità di diventare centro di interessi giuridicamente ed
economicamente rilevanti. Per tale ragione il legislatore tende a riconoscere un’autonomia fiscale a
tale soggetto disponendo a suo carico l’Imposta sul Reddito delle Società (IRES)

IRES – Soggetti passivi

Il TUIR (art. 73) classifica i soggetti passivi in quattro gruppi:

a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società
cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno
per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non
hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
d) le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio
dello Stato.

La base imponibile dell’IRES è rappresentata dal reddito complessivo netto mentre l’aliquota è
unica ed è pari al 33% .

Con l’IRES sono stati introdotti nel TUIR anche nuovi istituti quali:

- art. 87: l’esclusione dalla base imponibile delle plusvalenze realizzate su cessioni di
partecipazioni (cosiddette “participation exemption”) in società (con o senza personalità
giuridica, residenti o non residenti);
- art. 98: la previsione di norme finalizzate a contrasto della sottocapitalizzazione delle
imprese (cosiddetta “thin capitalization”);
- artt. 115 e 116: l’opzione per la “tassazione per trasparenza” in capo ai soci del reddito
prodotto dalle società di capitali a ristretta base azionaria;
- artt. 117-142: la tassazione consolidata a livello di gruppo (consolidato nazionale o
mondiale).

Ma torniamo alla tassazione: nel momento in cui i redditi prodotti dalla società (e tassati come tali
mediante l’IRES) vengono distribuiti ai soci si viene a creare per il percettore un secondo

74
presupposto d’imposta, ovvero si verifica il realizzo di un reddito di capitale e in quanto tale
sottoposto a prelievo a norma dell’art. 44 TUIR.

Si viene così a creare il cosiddetto fenomeno della doppia imposizione.

Ponetevi la seguente domanda


Cosa si intende per doppia imposizione?
Il concetto di doppia imposizione, per quanto intuitivamente semplice, richiede in realtà una analisi
non superficiale al fine di capire come tale fenomeno si possa creare

Doppia imposizione economica si ha quando un soggetto viene tassato due volte al verificarsi di
due presupposti d’imposta diversi ma economicamente coincidenti.

Esempio: Quando una S.p.A. produce un utile viene tassata mediante l’applicazione dell’IRES.
Quel medesimo utile, una volta distribuito concorre a formare reddito imponibile per il percettore, il
quale, come già visto, dovrebbe essere tassato a norma dell’art. 44 TUIR. I due presupposti
d’imposta sono diversi (reddito d’impresa  reddito da capitale) ma l’attività produttiva da cui
deriva il reddito è la medesima.

Doppia imposizione giuridica si ha quando un soggetto viene tassato due volte al verificarsi del
medesimo presupposto d’imposta.

Esempio: Il TUIR prevede che vengano sottoposti a tassazione in Italia tutti i residenti, per i redditi
ovunque prodotti, e i non residenti, per i redditi prodotti in Italia. Supponiamo che il medesimo
sistema impositivo sia applicato anche in un altro stato (Francia). Se un italiano (cioè con residenza
fiscale in Italia) ricevesse un dividendo da una società francese, pur realizzando un solo presupposto
d’imposta, verrebbe tassato due volte:
- territorialmente dalla Francia;
- in base alla residenza fiscale in Italia.

Naturalmente, in questi casi, esiste la possibilità di recuperare la tassazione subita all’estero; si tratta
però di un recupero non sempre di facile attuazione. In particolare, per quanto attiene la tassazione
subita all’estero, occorre vedere se lo stato estero è un paese con cui l’Italia ha siglato precisi
accordi ovvero se è un paese della Black List

Attenzione
Alla luce della recente riforma fiscale il nuovo TUIR ha abolito il meccanismo del credito
d’imposta (meccanismo che attenuava la doppia imposizione) per quanto riguarda la tassazione dei
dividendi. In pratica, esisteva in precedenza la possibilità di optare per un sistema di tassazione che
permetteva di recupera le imposte pagate dalla società che distribuiva il dividendo e portare poi il
dividendo in dichiarazione: ora non c’è più questo meccanismo e, quindi, i dividendi percepiti dai
risparmiatori sono tassati due volte (in capo alla società e in capo al risparmiatore)

Per i dividendi distribuiti a persone fisiche occorre inoltre distinguere

• quelli percepiti da partecipazioni qualificate (vedi oltre)

75
• quelli percepiti da partecipazioni non qualificate
• quelli percepiti nell’ambito di una impresa individuale

Il dividendo derivante da partecipazioni qualificate concorre invece alla base imponibile del
percettore per il 40% del suo ammontare, mentre il dividendo per le partecipazioni non qualificate è
soggetto alla ritenuta a titolo d’imposta definitiva del 12,5% degli utili percepiti (non esiste più
l’opzione di inserire anche i dividendi da partecipazioni non qualificate nella dichiarazione dei
redditi); infine, i dividendi riscossi da imprenditori individuali nell’attività d’impresa e da società di
persone sono sempre tassati, indipendentemente dalla natura della partecipazione, sul 40% degli
utili percepiti.

Riportiamo di seguito una tabella riassuntiva sulla tassazione dei dividendi

TIPOLOGIA DI REDDITO PROVENIENZA NAZIONALE PROVENIENZA ESTERA


GENERATO

PARTECIPAZIONE Redditi di impresa (A) Concorre al reddito imponibile Concorre al reddito imponibile per
NON per il 40% del loro ammontare il 40% del loro ammontare
QUALIFICATA
PARTECIPAZIONE Fuori dal reddito di impresa Imponibile al 100% con Imponibile al 100% con tassazione
NON (Reddito di capitale) (B) tassazione sostitutiva del 12,5% sostitutiva del 12,5%
QUALIFICATA

PARTECIPAZIONE Redditi di impresa (A) Concorre al reddito imponibile Concorre al reddito imponibile per
QUALIFICATA per il 40% del loro ammontare il 40% del loro ammontare

PARTECIPAZIONE Fuori dal reddito di impresa Concorre al reddito imponibile Concorre al reddito imponibile per
QUALIFICATA (Reddito di capitale) (B) per il 40% del loro ammontare il 40% del loro ammontare +
tassazione del 12,5% a titolo di
acconto

(A) Percepiti da persone fisiche imprenditori e società di persone commerciali


(B) Percepiti da persone fisiche non imprenditori e società semplici

Il regime fiscale dei redditi diversi (CAPITAL GAIN)


Con l’entrata in vigore a partire dal 1 luglio 1998 del D.lgs 461/97 concernente la tassazione delle
attività finanziarie ha preso avvio una sostanziale opera di riforma del sistema di tassazione dei
redditi conseguiti sugli investimenti in strumenti finanziari. Con tale intervento di riforma è stata
riconosciuta valenza fiscale ai cosiddetti CAPITAL GAIN, ovvero guadagni in conto capitale
(capital gain) legati ad eventi incerti che possono dar luogo a utili (plusvalenze) o perdite
(minusvalenze) e calcolati come differenza fra il prezzo di acquisto e di vendita degli strumenti
finanziari (art. 67 TUIR, redditi diversi).

Ma come sono tassate le plusvalenze?


La novità più importante inserita nella riforma riguarda i regimi di tassazione previsti per i redditi
finanziari non relativi ad attività di impresa. Il contribuente, infatti, ha la possibilità di scegliere tra
tre regimi diversi:

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- regime della dichiarazione;
- regime del risparmio amministrato;
- regime del risparmio gestito.

Il primo viene considerato quello ordinario per l’assoggettamento a tassazione dei redditi in
questione, mentre gli altri due sono opzionali, in quanto il contribuente deve effettuare un’apposita
scelta in tal senso. L’opzione può essere esercitata all’atto della stipula del contratto e, nel caso dei
rapporti in essere, anteriormente all’inizio del periodo d’imposta (1° gennaio). Per i contratti
derivati l’opzione può anche essere esercitata all’atto della conclusione del primo contratto nel
periodo d’imposta da cui l’intervento dell’intermediario trae origine. L’opzione ha effetto per tutto
il periodo d’imposta e può essere revocata entro la scadenza di ciascun anno solare, con effetto per
il periodo di imposta successivo.

In realtà, tuttavia, le scelte dell’investitore non possono cadere indistintamente su una qualsiasi
delle precedenti alternative (dichiarato, amministrato, gestito), essendo la decisione vincolata al tipo
di rapporto che lega il contribuente con l’intermediario.

Le opzioni possibili sono dunque le seguenti:

- dichiarato  amministrato qualora esista con l’intermediario un rapporto di custodia e


amministrazione;

- dichiarato  gestito qualora esista con l’intermediario un rapporto di gestione (G.P.M. o


G.P.F.) .

Ponetevi la seguente domanda


Qual è il regime fiscale applicabile alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate?

Innanzitutto è necessario capire la differenza che esiste tra

1) possedere una partecipazione qualificata;


2) cedere una partecipazione qualificata.

In base a quanto stabilito dall’art. 67, comma 1), lettera c) si configura una partecipazione
qualificata nel momento in cui si vengono a detenere diritti di voto o una partecipazione al capitale
per percentuali superiori a quelle indicate nella tavola seguente.

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Tavola 1
Le partecipazioni qualificate

Titoli quotati Titoli non quotati


Con diritto di voto in 2% 20%
assemblea ordinaria
Senza diritto di voto 5% 25%

Più complicato è invece stabilire quando un soggetto pone in essere una cessione di partecipazione
qualificata.

Costituisce cessione di partecipazione qualificata la cessione, per percentuali superiori a quelle


indicate nella precedente tavola 1, di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra
partecipazione al capitale od al patrimonio di una delle seguenti fattispecie societarie:
- società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società semplici residenti nel
territorio dello Stato;
- società di fatto;
- le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società
cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
- gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per
oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
- le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio
dello Stato.

Attenzione
Concorrono al raggiungimento delle percentuali suindicate anche la cessione di diritti o titoli
attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni.

E’ molto importante notare che:

- la percentuale di diritti di voto e di partecipazione è determinata tenendo conto di tutte le


cessioni effettuate nel corso di dodici mesi;
- le cessioni possono essere concluse anche con soggetti diversi;
- tale disposizione si applica dalla data in cui le partecipazioni, i titoli ed i diritti posseduti
rappresentano una percentuale di diritti di voto o di partecipazione superiore alle percentuali su
indicate.

La tassazione avviene sempre in funzione della partecipazione ceduta ed attualmente è la seguente:

- partecipazioni qualificate: la base imponibile è data dalla somma algebrica delle


plusvalenze e delle minusvalenze realizzate nel corso del periodo d’imposta. La novità è che
queste grandezze sono rilevanti in misura pari al 40% del loro ammontare (questo 40% entra
a far parte del reddito complessivo del contribuente e quindi nel calcolo dell’IRPEF. Se le
minusvalenze superano le plusvalenze, l’eccedenza può essere portata a riduzione delle
plusvalenze realizzate nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quarto;

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- partecipazioni non qualificate: non si registrano cambiamenti rispetto al passato, infatti
resta la compensabilità tra plusvalenze e minusvalenze (rilevanti al 100%) e
l’assoggettamento a imposta sostitutiva del 12,5% della quota imponibile.

Attenzione
In pratica, un soggetto che realizza una cessione di partecipazione qualificata non può usufruire, per
i redditi in tal modo prodotti, di alcun regime opzionale: egli sarà obbligato a sottostare al regime
della dichiarazione.

Vediamo dunque come funzionano i tre regimi della tassazione per i redditi diversi

IL REGIME DELLA DICHIARAZIONE.

Si presenta come una sorta di bricolage finanziario fiscale che vede il contribuente impegnato dalla
determinazione del guadagno di capitale, al calcolo dell'imposta da versare. Il cliente dovrà tenere
memoria di tutte le operazioni di acquisto per confrontarle con le operazioni di vendita. Questo tipo
di regime può essere utilizzato senza l'intervento di un intermediario finanziario e prevede:

- la tassazione dei capital gain in base al realizzo.

Ciò significa che il contribuente viene tassato solo se effettivamente realizza una plusvalenza, cioè
compra e vende uno strumento finanziario durante l’anno. Facciamo un esempio: se io compro una
azione a 10 euro a maggio e la vendo a 12 euro a luglio ho realizzato una plusvalenza!! Se invece
non vendo l’azione ma la tengo in portafoglio non pago imposte. Si noti, inoltre, che la tassazione
sulla plusvalenza realizzata viene pagata in sede di dichiarazione dei redditi, con tassazione separata
al 12,5%: cioè il contribuente deve tenere la documentazione dell’acquisto e della vendita effettuati,
portare tutto in dichiarazione, e pagare una imposta separata del 12,5% (cioè la plusvalenza non va
ad imponibile, a meno che non sia relativa alla cessione di partecipazioni qualificate).

- il monitoraggio fiscale. L'utilizzo di banche o SIM per l’attuazione di questo regime impone
loro l'obbligo di informare l'anagrafe tributaria delle operazioni svolte. Contrariamente agli altri
due regimi, quindi, quello della dichiarazione comporta la perdita dell’anonimato del
contribuente.

Il regime in questione diventa obbligatorio quando si conseguano plusvalenze sulle cessioni di


partecipazioni qualificate (vedi riquadro precedente).

L’imposta eventualmente dovuta deve essere versata nei termini e nei modi previsti per il
versamento delle imposte sui redditi. I guadagni di capitale sono determinati dalla somma algebrica
tra le plusvalenze, differenziali positivi ed altri proventi, da un lato e minusvalenze, differenziali
negativi e spese di produzione del reddito, dall'altro.

Attenzione
Come più volte sottolineato i regimi di tassazione che si stanno illustrando in questa parte della
dispensa riguardano esclusivamente i CAPITAL GAIN. Non è ammessa dunque la compensazione
dei redditi di capitale (interessi, cedole, dividendi, ecc.) con eventuali minusvalenze realizzate a
fronte di operazioni in titoli.

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Le caratteristiche del regime della dichiarazione sono dunque le seguenti.

Come funziona = Il cliente non delega alla banca l’attività di gestione dei propri soldi e provvede
personalmente agli adempimenti fiscali dovuti. La banca si limita ad effettuare gli adempimenti
fiscali sui redditi di capitale (cioè le imposte su dividendi e interessi continua ad applicarle la
banca!!)

Come si viene tassati = I redditi diversi devono essere indicati nella dichiarazione dei redditi ed
ogni risparmiatore provvederà a pagare l’imposta sostitutiva del 12,50% sulle plusvalenze da
partecipazioni non qualificate. Per quanto attiene le plusvalenze derivanti da partecipazioni
qualificate concorrono alla formazione del reddito in misura pari al 40% del loro ammontare e sono
sommate algebricamente alla corrispondente quota delle relative minusvalenze

Si viene tassati al realizzo (e pago quando dichiaro)

Si possono compensare minusvalenze e plusvalenze con riporto a nuovo delle eventuali


minusvalenze eccedenti per 4 anni, ma non possono compensare redditi diversi e redditi di
capitale

IL REGIME DEL RISPARMIO AMMINISTRATO

È un regime semplice per i risparmiatori che intendono intervenire sui mercati finanziari tramite gli
intermediari.

Esso è in sostanza il regime per il quale è naturale aderire da parte dei soggetti che detengono
attività finanziarie in custodia o amministrazione (in dossier) senza aver conferito
all’intermediario l’incarico di gestire il patrimonio.

Il contribuente ha quindi la facoltà di optare per l'applicazione dell'imposta sostitutiva del 12,5% su
ciascuno dei proventi o delle plusvalenze realizzate ai sensi delle lettere da c-bis) e c-quinquies) del
comma 1 dell'articolo 67 del TUIR.

L’intermediario assume così la figura di sostituto d’imposta, permettendo così all’investitore di


mantenere l’anonimato (non esiste monitoraggio fiscale)

Esattamente come nel regime della dichiarazione, in regime di risparmio amministrato è impossibile
compensare redditi di capitale (interessi, cedole, dividendi, ecc.) con eventuali minusvalenze
realizzate a fronte di operazioni in titoli.
Tuttavia, qualora siano realizzate minusvalenze, perdite o differenziali negativi gli intermediari
computano in deduzione, fino a loro concorrenza, l'importo delle predette minusvalenze, perdite o
differenziali negativi dalle plusvalenze, differenziali positivi o proventi realizzati nelle successive
operazioni poste in essere nell'ambito del medesimo rapporto, nello stesso periodo d'imposta e nei
successivi ma non oltre il quarto.

Ponetevi la seguente domanda


Cosa succede alle minusvalenze subite qualora il contribuente decida di revocare l’opzione o decida di chiudere il rapporto di custodia e amministrazione presso
l’intermediario?

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Qualora ciò accada, le minusvalenze, perdite o differenziali negativi possono:

- essere portati in deduzione, non oltre il quarto periodo d'imposta successivo a quello del
realizzo, dalle plusvalenze, proventi e differenziali positivi realizzati nell'ambito di altro
rapporto di custodia e amministrazione, intestato agli stessi soggetti intestatari del rapporto o
deposito di provenienza;
- essere portati in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi di natura
finanziaria dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata
nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze e le
perdite sono state realizzate (cioè possono essere portate nel regime dichiarativo, ma attenzione,
si possono compensare solo con altri redditi diversi, non con le tasse che normalmente paga il
contribuente)

I soggetti incaricati rilasciano al contribuente apposita certificazione dalla quale risultino i dati e le
informazioni necessarie a consentire la deduzione delle predette minusvalenze, perdite o
differenziali negativi.

Le plusvalenze sono tassate solo al momento in cui vengono effettivamente monetizzate


(principio di cassa o del realizzo).

Il versamento dell’imposta dovuta deve avvenire entro il quindicesimo giorno del secondo mese
successivo a quello in cui è stata applicata, trattenendone l’importo su ciascun reddito realizzato o
ricevendone provvista dal contribuente.

Come sottolineato in sede d’introduzione, l'opzione è esercitata con comunicazione sottoscritta


contestualmente al conferimento dell'incarico e dell'apertura del deposito o conto corrente o, per i
rapporti in essere, anteriormente all'inizio del periodo d'imposta. L'opzione ha effetto per tutto il
periodo d'imposta e può essere revocata entro la scadenza di ciascun anno solare, con effetto per il
periodo d'imposta successivo.

Attenzione
Per i soggetti non residenti l'imposta sostitutiva è applicata dagli intermediari, anche in mancanza
di esercizio dell'opzione, salva la facoltà del contribuente di rinunciare a tale regime con effetto
dalla prima operazione successiva.

Riportiamo dunque le caratteristiche principali del regime del risparmio amministrato

Come funziona = il cliente incarica la banca di provvedere a tutti gli adempimenti fiscali derivanti dai propri
investimenti liberandosi dagli obblighi della dichiarazione

Come si viene tassati = I redditi di capitale sono tassati alla fonte. I redditi diversi sono tassati dalla banca che applica
l’aliquota del 12,50% sulle plusvalenze in occasione di ogni operazione, provvedendo di volta in volta a compensare
con eventuali minusvalenze di operazioni precedenti

L’imposta è pagata solo sulle plusvalenze realizzate e non su quelle semplicemente maturate

Anonimato = Il contribuente non deve indicare nulla in dichiarazione dei redditi

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Compensazione = Non è possibile compensare redditi di capitale e redditi diversi. Si compensano solo minusvalenze
con plusvalenze realizzate successivamente. L’imposta è pagata per ogni singola operazione e non cumulativamente a
fine periodo

In caso di revoca dell’opzione per il regime di amministrazione o di chiusura del rapporto di custodia e
amministrazione, le minusvalenze eccedenti possono essere scomputate dalle plusvalenze realizzate nell’ambito di un
altro rapporto di deposito, custodia e amministrazione titoli intestato allo stesso soggetto del rapporto di provenienza,
ovvero sono portate in deduzione in sede di dichiarazione dei redditi. (non posso però portarle in regime di gestione

Si assume come costo di acquisto il costo medio ponderato di ciascuna categoria omogenea di titoli.

Si considera come cessione a titolo oneroso il trasferimento di titoli ad altro rapporto di custodia e amministrazione
intestato ad un soggetto diverso dall’intestatario di provenienza, nonché ad un rapporto di gestione (no se invece passo
alla dichiarazione)

Avere più depositi titoli presso diverse banche significa non poter compensare le plusvalenze realizzate da una parte con
le minusvalenze realizzate altrove, con la conseguenza si sostenere un maggior carico fiscale complessivo. Diviene più
vantaggioso allora accentrare i rapporti presso una sola banca, semplificando il quadro degli adempimenti
amministrativi e fiscali.

IL REGIME DEL RISPARMIO GESTITO

È il più semplice e conveniente per i risparmiatori che non desiderino intervenire personalmente sui
mercati finanziari. Essi consegnano, infatti, all’intermediario un capitale, il quale provvede a farlo
fruttare (come nel caso delle gestioni patrimoniali) e a compiere tutti gli adempimenti fiscali
relativi. In pratica è il regime che posso scegliere se apro una gestione di portafoglio presso una
banca (cioè il servizio di cui all’articolo 1, comma 5, lettera d del Testo Unico della Finanza!!!)

Analizziamo le caratteristiche principali di questo regime:

- l'incarico può essere conferito solo relativamente a operazioni finanziarie suscettibili di essere
oggetto di una gestione individuale;

- il risultato della gestione non è soggetto alle imposte sui redditi;

- i redditi imputati al patrimonio sono tassati al momento in cui maturano.

E’ questa una caratteristica fondamentale di questo regime. Infatti mentre negli altri due si è tassati
al momento del realizzo, in questo regime il contribuente paga ogni anno in base ai guadagni
maturati!!! Ciò comporta che se a fine anno il mio patrimonio è aumentato pago l’imposta
sostitutiva, ma se poi il mercato scende è vendo in perdita intanto ho già pagato!!!!;

- l'investitore gode dell'anonimato fiscale;

- i redditi esenti e quelli soggetti a ritenuta a titolo definitivo e i proventi che concorrono alla
formazione del reddito complessivo, sono esclusi dal risultato della gestione (vedi più avanti
come si calcola la base imponibile per le determinazione dell’imposta sostitutiva)

- l'opzione è automatica, salvo espressa rinuncia entro il 31-12 e per i rapporti in essere dal 1-7
1998 vale la regola del silenzio assenso (per i contratti cointestati a più soggetti è richiesto
l'assenso della totalità dei cointestatari). Nell'ipotesi in cui il patrimonio gestito includa, titoli,
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quote, certificati, rapporti, partecipazioni non negoziati in mercati regolamentari e il cui valore
annuo superi il 10% , l'investitore può revocare l'opzione limitatamente alle predette voci.

Come funziona dunque questo regime???


Il cliente delega alla banca sia l’attività di gestione che gli adempimenti fiscali relativi ai redditi di
capitale e ai redditi diversi. Questo regime è dunque applicabile sia ai redditi di capitale che ai
redditi diversi. Viene effettuata la compensazione tra redditi di capitale e redditi diversi, ed il valore
del patrimonio tiene conto delle plusvalenze e delle minusvalenze semplicemente maturate anche se
non ancora realizzate. Il risultato di gestione così formato è soggetto ad aliquota del 12,50%. In
caso di minusvalenze, ossia il patrimonio decresce durante l’anno, tali minusvalenze possono essere
compensate nei successivi anni fino al quarto. In caso di chiusura del rapporto di gestione le
minusvalenze eccedenti possono essere portate in altro rapporto di gestione con stesso intestatario
ovvero nel regime del risparmio amministrato o in quello della dichiarazione.

Il risultato maturato della gestione e soggetto ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con
l'aliquota del 12,50 per cento da versare entro il 16 febbraio di ciascun anno (ovvero entro il
sedicesimo giorno del secondo mese successivo a quello in cui è stato revocato il mandato di
gestione). Il risultato della gestione si determina, indipendentemente dall’effettivo realizzo, nel
modo seguente:

patrimonio finale (al lordo dell’imposta sostituiva)


- conferimenti di periodo
+ prelievi di periodo
- redditi soggetti a ritenuta
- redditi che concorrono a formare il reddito
complessivo del contribuente
- proventi di OICR sottoposti ad imposta sostitutiva
- redditi esenti o esclusi
- patrimonio iniziale

Il risultato è computato al netto degli oneri e delle commissioni relative al patrimonio gestito. Si
noti che i proventi sono percepiti al lordo, in quanto tassati solo alla fine del periodo d’imposta, e
possono quindi essere reinvestiti momentaneamente per intero. Le commissioni percepite dal
gestore vanno a ridurre la base imponibile

Attenzione
Dalla modalità di calcolo della base imponibile è intuitivo ricavare come sia ammessa
la compensazione fra dividendi, interessi sui titoli pubblici e dei grandi emittenti, sui
pronti contro termine con le eventuali minusvalenze conseguite.
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Il cliente non deve indicare nulla nella dichiarazione dei redditi. Il principale svantaggio di tale
regime è dovuto al pagamento dell’imposta sul risultato di gestione anche se non ancora realizzato;

LA TASSAZIONE DEGLI DEGLI O.I.C.R.


Non è facile riportare ad unità la disciplina fiscale da applicare alle varie tipologie di OICR (fondi
comuni di investimento e Sicav) in cui è possibile investire le proprie risorse. E’ innanzitutto
necessario individuare e separare le categorie fiscalmente rilevanti:

- azioni o quote di OICR italiani;


- fondi lussemburghesi storici;
- azioni o quote di OICR conformi alle disposizioni di diritto comunitario (armonizzati);
- azioni e quote di OICR esteri diversi dai precedenti (non armonizzati).

FONDI E SICAV ITALIANI E LUSSEMBURGHESI STORICI

In linea di massima le prime due categorie di OICR sono fiscalmente coincidenti e caratterizzate dai
seguenti elementi comuni:

1) assenza di soggettività passiva ai fini delle imposte sui redditi;


2) applicazione, sui redditi di capitale percepiti, di ritenute a titolo d’imposta (anche laddove le
ritenute medesime debbano essere ordinariamente applicate a titolo d’acconto);
3) applicazione di una imposta sostitutiva sul risultato maturato della gestione, determinata con
aliquota del 12,5% (per i fondi lussemburghesi storici l’imposta sostitutiva è dovuta sul
risultato maturato della gestione proporzionalmente corrispondente alle quote collocate in
Italia).

Questo sovrapporsi di regimi sostitutivi, tuttavia, può portare, se non attentamente corretti, a
fenomeni di duplicazione d’imposta.

Il risultato dell’opera di armonizzazione del legislatore è il seguente:


- inapplicabilità di alcune ritenute alla fonte (ad esempio, delle ritenute sui c/c bancari, a
condizione che la giacenza media annua non superi il 5% dell’attivo medio gestito);
- esclusione dal calcolo della plusvalenza tassabile sia dei redditi assoggettati a ritenuta alla fonte;
- esclusione degli utili derivanti da altri OICR soggetti ad imposizione sostitutiva;
- esclusione dei proventi esenti.

Ponetevi la seguente domanda

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Cosa succede se un fondo comune di diritto italiano presenta risultati negativi?

a) Il risultato negativo della gestione di un periodo d'imposta, risultante dalla relativa


dichiarazione:
- può essere computato in diminuzione dal risultato della gestione dei periodi d'imposta successivi,
per l'intero importo che trova in essi capienza;
- può essere utilizzato, in tutto o in parte, dalla società di gestione in diminuzione dal risultato di
gestione di altri fondi da essa gestiti, a partire dal medesimo periodo d'imposta in cui è maturato il
risultato negativo, riconoscendo il relativo importo a favore del fondo che ha maturato il risultato
negativo.

b) Nel caso in cui alla cessazione del fondo il risultato della gestione sia negativo ed esso non sia
utilizzabile dalla società di gestione, quest’ultima rilascia ai partecipanti apposita
certificazione. Tale risultato negativo:
- rileva come minusvalenza utilizzabile in diminuzione delle plusvalenze e dagli altri redditi diversi
in sede di dichiarazione dei redditi;
- può essere utilizzato in diminuzione di eventuali proventi prodotti in seno ad un rapporto di
custodia e amministrazione (o gestione) per il quale sia stato optato per il regime del risparmio
amministrato (o gestito).

Attenzione
L’aliquota d’imposta sostitutiva si attesta al 27% (in luogo del 12,5% ordinario) per quegli OICR
che, congiuntamente, presentino le seguenti caratteristiche:
- investano in partecipazioni qualificate (più del 10% dei diritti di voto di società quotate,
più del 50% negli altri casi);
- dispongano di un numero di partecipanti inferiore a 100.
Naturalmente l’imposta al 27% grava solo sulla parte del risultato di gestione riferibile a tali
partecipazioni.

In termini semplici possiamo dire che la tassazione degli OICR di diritto italiano prevede che venga
applicata in monte l’imposizione sul risultato della gestione e cioè direttamente sugli OICR
(aliquota del 12,50%). Anche se la norma prevede un calcolo annuale dell’imposta, il calcolo
dell’imposta sostitutiva sul risultato della gestione deve essere fatto giorno per giorno, per
consentire la corretta determinazione del debito tributario e quindi del valore delle quote da
utilizzare per regolare le sottoscrizioni e i rimborsi. IN DEFINITIVA IL VALORE DELLA
QUOTA DEVE COMPRENDERE ANCHE L’ONERE FISCALE CHE SI MANIFESTA IN
CAPO AL FONDO

In pratica:

Se dal calcolo emerge un incremento del patrimonio netto, su tale incremento dovrà essere
applicata l’imposta sostitutiva che diminuisce il valore della quota (il valore della quota è
quindi al netto del debito di imposta)
Se dal calcolo dovesse emergere un decremento del patrimonio netto, un risultato di gestione
negativo, sorge in capo al fondo il diritto di portare in diminuzione il risultato medesimo dai
risultati positivi successivamente conseguiti. Ciò si traduce in un credito di imposta che
incrementa il valore della quota

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O.I.C.R. ARMONIZZATI (Non italiani)

1) Collocati in Italia

Sui proventi derivanti dalla partecipazione a organismi di investimento collettivo in valori mobiliari
di diritto estero, situati negli Stati membri dell'Unione europea, conformi alle direttive comunitarie
e le cui quote sono collocate nel territorio dello Stato, i soggetti residenti incaricati del pagamento
dei proventi medesimi, del riacquisto o della negoziazione delle quote o delle azioni operano una
ritenuta del 12,50 per cento.
La ritenuta si applica sui proventi distribuiti in costanza di partecipazione all'organismo di
investimento e su quelli compresi nella differenza tra il valore di riscatto o di cessione delle quote
od azioni e il valore medio ponderato di sottoscrizione o di acquisto delle quote. In ogni caso come
valore di sottoscrizione o di acquisto si assume il valore della quota rilevato dai prospetti periodici
relativi alla data di acquisto delle quote medesime.

La ritenuta calcolata nel modo suddetto è applicata a titolo d'acconto nei confronti di:
a) imprenditori individuali, se le partecipazioni sono relative all'impresa;
b) società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate;
c) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le
società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
d) gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno
per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
e) stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società e degli enti non residenti.

Nei confronti di tutti gli altri soggetti, compresi quelli esenti o esclusi dall'imposta sul reddito delle
persone giuridiche, la ritenuta è applicata a titolo d'imposta.

2) Collocati all’estero

Nel caso in cui le quote o azioni di OICR armonizzati siano collocate all'estero, o comunque i
relativi proventi siano conseguiti all'estero senza l'applicazione della ritenuta, detti proventi sono
assoggettati a tassazione separata ai sensi dell'articolo 17 del TUIR, se percepiti al di fuori
dell'esercizio di imprese commerciali.

OICR ESTERI (diversi dai precedenti)

I proventi configurati come redditi da capitale derivanti dalla partecipazione a organismi di


investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero (non armonizzati) concorrono a formare
il reddito imponibile dei partecipanti, sia che vengano percepiti sotto forma di proventi distribuiti
sia che vengano percepiti quale differenza tra il valore di riscatto o di cessione delle quote o azioni e
il valore di sottoscrizione o acquisto. Questo implica obbligo di iscrizione di tali voci in
dichiarazione dei redditi e l’applicazione del regime ordinario di tassazione (progressivo a
scaglioni). Logicamente è esclusa l’applicazione dell’equalizzatore.

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Attenzione
Nel caso in cui i proventi suddetti siano percepiti in Italia tramite soggetti residenti incaricati del
pagamento dei proventi medesimi, del riacquisto o della negoziazione delle quote o delle azioni,
tali soggetti operano una ritenuta del 12,50 per cento a titolo d'acconto delle imposte sui redditi.

Alcune specifiche sui fondi comuni di investimento immobiliari


I Fondi comuni di investimento immobiliare sono di due tipi:
• "ad apporto privato" (cfr. Art. 37 D.Lgs. 58/1998);
• "ad apporto pubblico" (cfr. Art. 14 bis L. 86/1994): almeno il 51% dei beni immobili
e diritti reali deve essere apportato dallo Stato o da altri enti pubblici.

La disciplina di riferimento dei Fondi di investimento immobiliari e contenuta nell'Art.12 bis del
Regolamento approvato con DM 24.05.1999 N. 228. In particolare: i fondi comuni di investimento
immobiliari sono quelli il cui patrimonio e' investito esclusivamente o prevalentemente in beni
immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari; i Fondi comuni di
investimento immobiliare devono essere istituiti in forma chiusa. Il requisito della "prevalenza"
dell'investimento presuppone che il patrimonio del Fondo sia investito in misura non inferiore ai 2/3
del valore complessivo del Fondo in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in
società immobiliari; detta percentuale è ridotta al 51% qualora il patrimonio del Fondo sia altresì
investito in misura non inferiore al 20% del suo valore in strumenti finanziari rappresentativi di
operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto beni immobili, diritti reali immobiliari o crediti
garantiti da ipoteca immobiliare. I suddetti limiti devono essere raggiunti entro 24 mesi dall'avvio
dell'operatività.

Disciplina fiscale attuale


I Fondi di investimento immobiliare, sia "ad apporto privato" sia "ad apporto pubblico", non sono
soggetti né alle imposte sui redditi né all'IRAP (Art. 6, comma 1 del D.L. 25.09.2001 n. 351). La
nuova disciplina fiscale dei Fondi di investimento immobiliari in vigore dal 01/01/2004 prevede:

• la soppressione della imposta sostitutiva del 1% del valore netto contabile del Fondo
che veniva applicata in precedenza;

• l'applicazione di una ritenuta del 12,50% sui proventi derivanti dalla partecipazione
al Fondo al momento della loro percezione.

La società di gestione del Fondo deve applicare una ritenuta alla fonte del 12,50%:

• su i proventi distribuiti in costanza di partecipazione al Fondo;


• sulla differenza tra il valore di riscatto o di liquidazione delle quote di
partecipazione al Fondo e il costo di sottoscrizione o acquisto delle quote
(documentato dal partecipante anche a mezzo di dichiarazione sostitutiva).

La ritenuta del 12,50% sui proventi derivanti dalla partecipazione al Fondo è:


• a titolo di acconto se il partecipante al Fondo opera in regime di impresa
commerciale (ad es. imprenditore individuale, società di persone e/o di capitali);

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• a titolo di imposta se il partecipante al Fondo non opera nell'esercizio di impresa
commerciale (e quindi ad es, nei confronti dei privati investitori).

I FUTURI CAMBIAMENTI: COSA BOLLE IN


PENTOLA
Dopo avere descritto i principi fondamentali del diritto tributario, e le regole base della tassazione
dei redditi derivanti dal possesso di strumenti finanziari, occorre effettuare alcune considerazioni su
quelle che sono le ipotesi di cambiamento in atto. In particolare è stato stabilito che si procederà ad
una armonizzazione delle aliquote applicate nella tassazione dei redditi di capitale e dei redditi
diversi, al fine di giungere ad un’unica aliquota del 20% (non dovrebbe essere invece toccata la
tassazione agevolata all’11% per i prodotti di previdenza complementare). Ma il problema non sarà
tanto l’aliquota unica, quanto le modalità che saranno attuate per giungere a tale armonizzazione. Si
vorrebbe infatti procedere ad una revisione globale dei regimi in vigore, probabilmente prevedento
una tassazione per maturazione anche per il risparmio amministrato e per tutti i prodotti. Si
dovrebbe procedere, altresì, ad una equiparazione tra fondi esteri e fondi italiani, passando ad una
tassazione in capo al sottoscrittore in amministrato. Si tratta, tuttavia, di ipotesi ancora in fase di
studio: ab origine, infatti, si pensava di potere giungere all’introduzione della nuova disciplina a
partire dal primo luglio 2007 ma è notizia degli ultimi giorni che vi sarà probabilmente uno
slittamento a gennaio 2008.

Consigliamo, tuttavia, tutti coloro che devono affrontare l’esame orale a tenersi aggiornati
sull’argomento, prestando attenzione a quanto emergerà prossimamente sulla stampa
specializzata!!!

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